CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 febbraio 2015
390.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
Pag. 7

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 18 febbraio 2015. — Presidenza del vicepresidente della I Commissione Roberta AGOSTINI. – Interviene il viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 14.50.

Variazioni nella composizione della I Commissione.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che, per il gruppo del Movimento 5 Stelle, è entrato a far parte della I Commissione il deputato Andrea Cecconi.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della decisione quadro 2006/960/GAI relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge.
Atto n. 136.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, ricorda che le Commissioni riunite I e II avviano oggi l'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della decisione quadro 2006/960/GAI relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge; il termine per l'espressione del parere è il 23 febbraio prossimo.
  Comunica, quindi, che il Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il senatore Giacomo Stucchi, ha trasmesso alla Presidenza, in data 10 febbraio 2015, una lettera in cui, a nome di tutti i componenti del Comitato, richiama l'attenzione «sul fatto che lo schema, a partire dal titolo, adotti il termine «intelligence» che, tuttavia, ad una più attenta disamina, potrebbe creare confusioni ed ambiguità».
  Nella lettera si rileva che – se è pur vero che l'articolo 1, comma 3, lettera g) fa rientrare nell'operazione di intelligence criminale le attività informative e di analisi espletate dalle Forze di polizia al di fuori del procedimento penale e che l'articolo Pag. 82, comma 3, precisa che il provvedimento non si applica agli Organismi di informazione e sicurezza facenti parte del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (DIS, AISE e AISI), nonché al Reparto informazioni e Sicurezza (RIS) dello Stato Maggiore della Difesa – mentre l'attività di intelligence, in ambito europeo, ricade sotto l'operato delle Forze di polizia, il termine «intelligence», in ambito nazionale, designa un'attività a cui è preposto esclusivamente, in virtù del dettato della legge n. 124 del 2007, il sistema di informazione per la sicurezza composto, in particolare, dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), dall'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e dall'Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), nonché il RIS. Per tale ragione viene reputato opportuno che «le Commissioni riunite valutino l'esigenza di richiedere al Governo una più attenta considerazione sull'utilizzo, laddove esso ricorra nel testo, del termine «intelligence».

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore per la I Commissione, ricorda che lo schema di decreto legislativo in oggetto è finalizzato all'attuazione della decisione quadro 2006/960/GAI, volta a consentire di reimpostare la cooperazione di polizia utilizzando i canali di comunicazione esistenti con l'introduzione di una procedura unica e di termini stringenti per lo scambio di informazioni.
  Precisa quindi che, come relatore per la I Commissione, si soffermerà sulle disposizioni recate dal Capo I, dopo aver svolto una illustrazione più generale sulle disposizioni di delega legislativa relative allo schema di decreto legislativo in esame e sul quadro normativo, nazionale e dell'Unione europea, in cui si inserisce il provvedimento.
  Al riguarda, rileva che l'attuazione della decisione quadro 2006/960/GAI del 18 dicembre 2006 (cosiddetta «Iniziativa svedese» in quanto derivante da una proposta del governo svedese) relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence in ambito europeo è stata disposta dall'articolo 6 della legge n. 154 del 2014 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre), che ha delegato il Governo a darvi attuazione, riproducendo l'articolo 51 della legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009) che prevedeva analoga delega al Governo, cui non è stata mai data attuazione.
  La citata decisione quadro prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per conformarsi entro il 19 dicembre 2008. Peraltro, in base alle disposizioni del Trattato di Lisbona (Protocollo n. 36), fino al termine del periodo transitorio (1o dicembre 2014), relativamente agli atti adottati nell'ambito del cosiddetto terzo pilastro (come quello in esame) non erano disponibili meccanismi coercitivi nei confronti degli Stati membri inadempienti. A partire dal 1o dicembre 2014, invece, la Commissione europea ha facoltà di avviare procedure di infrazione (ex articolo 258 TFUE) e la Corte di Giustizia ha piena competenza nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale.
  Evidenzia che il termine per l'esercizio della delega previsto dalla legge di delegazione europea 2013 è pertanto quello di sei mesi dall'entrata in vigore della medesima legge (12 novembre 2014), ossia entro il 12 maggio 2015.
  Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, fa presente che il contenuto dello schema di decreto legislativo è riconducibile alle materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale» e «ordine pubblico e sicurezza», di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere l) e h) della Costituzione.
  Allo schema in esame sono allegati la relazione illustrativa, la relazione tecnica, l'analisi tecnico-normativa e l'analisi si impatto della regolamentazione (AIR). È inoltre allegata una tabella di concordanza tra la decisione quadro e la legislazione nazionale, tra cui la legge di delega.
  In merito al rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, ricorda che ai sensi del comma 3 dell'articolo Pag. 96 della legge n. 156 del 2014, nel dare attuazione a quanto disposto dalla decisione quadro 2006/960/GAI, il Governo deve attenersi – oltre che ai principi ed ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g) della legge n. 234 del 2012 (che detta norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea) – anche agli specifici principi e criteri direttivi dettati dalla legge: prevedere che per «autorità competente incaricata dell'applicazione della legge» debbano intendersi le forze di polizia, come definite dall'articolo 16 della legge n. 121 del 1981, ovvero la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza; prevedere che per «indagine penale», «operazione di intelligence criminale» e «informazioni e/o intelligence» debbano intendersi le procedure, le informazioni e i dati secondo quanto stabilito, rispettivamente, dall'articolo 2, lettere b), c) e d) della decisione quadro; prevedere che per «reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato di arresto europeo» debbano intendersi i reati previsti dalla legge n. 69 del 2005, di attuazione nel nostro ordinamento del mandato d'arresto europeo, agli articoli 7 e 8 nonché i reati connessi al furto di identità relativo ai dati personali; stabilire modalità procedurali affinché le informazioni possano essere comunicate alle autorità competenti di altri Stati membri ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale, specificando i termini delle comunicazioni medesime, secondo quanto stabilito dall'articolo 4 della decisione quadro; prevedere che le informazioni possano essere richieste ai fini dell'individuazione, della prevenzione o dell'indagine su un reato quando vi sia motivo di fatto di ritenere che le informazioni e l’intelligence pertinenti siano disponibili in un altro Stato membro e che la richiesta debba precisare i motivi di fatto nonché le finalità cui sono destinate l'informazione e l'intelligence nonché il nesso tra le finalità e la persona oggetto delle informazioni e dell’intelligence; determinare i canali e la lingua di comunicazione secondo i criteri fissati dall'articolo 6 della decisione quadro; valutare e disciplinare i casi in cui le informazioni e i dati detenuti da autorità estere possono essere utilizzati nei procedimenti penali nei confronti di soggetti che non abbiano avuto modo di contestarne il contenuto; prevedere misure volte ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela dei dati personali e della segretezza dell'indagine; stabilire, fatti salvi i casi indicati all'articolo 10 della decisione quadro, modalità procedurali per lo scambio spontaneo di informazioni e di intelligence; prevedere che, fatti salvi i casi indicati dall'articolo 3, paragrafo della decisione quadro, un'autorità competente possa rifiutarsi di fornire le informazioni e l’intelligence solo nel caso in cui sussistano le ragioni indicate all'articolo 10 della medesima decisione quadro; stabilire che, quando le informazioni o l'intelligence richieste da un altro Stato membro siano correlate a un procedimento penale, la trasmissione delle stesse da parte dell'autorità nazionale richiesta sia subordinata all'autorizzazione dell'autorità giudiziaria procedente, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, paragrafo 4, della decisione quadro; prevedere che, nei casi in cui l'autorità nazionale competente intenda procedere a uno scambio spontaneo di informazioni e di intelligence con le autorità competenti di altro Stato membro, ai sensi dell'articolo 7 della decisione quadro, tale scambio avvenga conformemente a quanto previsto dalla lettera i).
  La citata decisione quadro si inserisce quindi nell'ambito di un assetto normativo relativo alla cooperazione di polizia tra i Paesi dell'Unione europea realizzato attraverso l'utilizzo di diversi strumenti di cooperazione ciascuno dei quali consente di richiedere dati riguardanti alcune specifiche tipologie di reati o fenomeni criminali ed è caratterizzato da specifiche procedure per lo scambio dei dati.
  In tale ambito si è sviluppato un Modello europeo di scambio di informazioni Pag. 10(European Information Exchange Model – EIXM) basato principalmente sul Trattato di Prüm del 2005 (ratificato dall'Italia con la legge 30 giugno 2009, n. 85) e, appunto, sull'iniziativa svedese. Del modello fa parte anche la raccolta dei dati dei passeggeri dei voli aerei (Passenger Name Record – PNR) tuttora in fase di proposta. Tra gli interventi più recenti, ricorda la comunicazione La strategia di sicurezza interna dell'UE in azione: cinque tappe verso un'Europa più sicura (COM(2010)673), presentato dalla Commissione europea il 22 novembre 2010, come previsto nel programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014 e secondo le linee guida deliberate dal Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010. Tra le tre aree di azione individuate dalla strategia per il contrasto alle reti criminali internazionali, al primo posto c’è l'individuazione e lo smantellamento delle reti criminali, attraverso il miglioramento della raccolta e dello scambio di informazioni.
  I canali di comunicazione utilizzati per lo scambio di informazioni transfrontaliero sono basati, in ogni Stato membro, su unità nazionali che utilizzano uno specifico strumento di comunicazione. Tra i principali giova richiamare: gli uffici SIRENE (Supplementary Information Request at National Entry); le unità nazionali di Europol; gli uffici centrali nazionali Interpol, come definiti dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Rafforzare la cooperazione in materia di applicazione della legge nell'UE: il modello europeo di scambio di informazioni (EIXM), del 7 dicembre 2012 (COM(2012) 735 final).
  In merito ai documenti all'esame dell'UE in questa materia, menziona la proposta di regolamento COM(2013)173, presentata il 27 marzo 2013 dalla Commissione europea, volta a fornire un nuovo quadro giuridico a Europol. In particolare la proposta mira a rendere l'Ufficio europeo di polizia (Europol) più efficace nelle attività di raccolta e analisi delle informazioni e nella condivisione di tali analisi con gli Stati membri. La proposta realizza inoltre quanto previsto nei Trattati in materia di controllo democratico da parte del Parlamento europeo associato con i Parlamenti nazionali: il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, secondo la proposta, saranno consultati sul programma di lavoro strategico pluriennale di Europol; infine sia il Parlamento europeo che i Parlamenti nazionali riceveranno ogni anno informazioni attraverso le relazioni annuali di attività e i conti definitivi, oltre alle valutazioni delle minacce, le analisi strategiche e i rapporti generali di situazione.
  Il quadro giuridico di Eurojust è inoltre in via di ridefinizione con la proposta di regolamento COM(2013)535 presentata dalla Commissione europea nel luglio del 2013.
  I più importanti obiettivi perseguiti con la proposta di riforma di Eurojust sono: aumentare l'efficienza di Eurojust fornendo una nuova struttura di governance; migliorare l'efficacia operativa di Eurojust definendo in modo omogeneo lo status e i poteri dei membri nazionali; prevedere un ruolo per il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali nella valutazione delle attività di Eurojust, in linea con il Trattato di Lisbona; garantire che Eurojust cooperi strettamente con la Procura europea, una volta che questa sarà istituita.
  La proposta è tuttora all'esame delle Istituzioni legislative europee: in particolare il Consiglio Giustizia e affari interni del 4-5 dicembre 2014 ha raggiunto un approccio generale parziale sulla proposta (con esclusione del parti relative al coordinamento con l'istituenda Procura europea e alla disposizioni in materia di protezione dei dati personali).
  È infine all'esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di direttiva concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, volta a sostituire la decisione quadro 2008/977/GAI. La proposta fa parte di un pacchetto normativo che include anche una proposta di regolamento Pag. 11COM(2012)11, concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati), volta a sostituire la direttiva 95/46/CE). Inoltre la proposta di direttiva sul Passenger Name Record (PNR) – uso dei dati del codice di prenotazione a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi COM (2011)032, è stata presentata dalla Commissione europea il 2 febbraio 2011 ed è all'esame delle istituzioni UE; essa prevede che i vettori aerei forniscano agli Stati membri dell'UE i dati dei passeggeri che entrano o lasciano il territorio dell'Unione, garantendo al tempo stesso un alto livello di tutela della privacy e dei dati personali.
  Passando al contenuto dello schema di decreto legislativo in esame, segnala come il Capo I contenga disposizioni di carattere generale, attinenti principalmente agli obiettivi del decreto, e l'introduzione di norme definitorie. Finalità del decreto, enunciata all'articolo 1, comma 1, è quella di semplificare lo scambio di informazioni e di intelligence. Come riportato nella relazione illustrativa, lo scambio di informazioni è considerato elemento essenziale per una più incisiva cooperazione nel contrasto ai fenomeni delinquenziali più pericolosi, quali il terrorismo e la criminalità organizzata.
  Per quanto riguarda l'oggetto del decreto, esso riguarda – ai sensi dell'articolo 2 – le informazioni rilevanti ai fini dello svolgimento di indagini penali, ossia di indagini connesse con un procedimento penale, oppure di operazioni di intelligence criminale, ossia operazioni compiute prima dell'avvio di un procedimento penale, a scopo di prevenzione.
  In particolare, il decreto distingue tra informazioni scambiate su richiesta (disciplinate dai successivi articoli 3-6 del Capo II) e quelle trasmesse spontaneamente (di cui all'articolo 16 del Capo IV), sottoposte a procedimenti diversi.
  La richiesta deve essere finalizzata all'individuazione, alla prevenzione e all'indagine su un reato, in base all'articolo 3.
  Inoltre, in ossequio alla direttiva, non viene introdotto alcun obbligo da parte delle autorità competenti di acquisire e conservare informazioni per il solo fatto che ne viene fatta formale richiesta (articolo 2, comma 2). L'obbligo di condivisione riguarda le informazioni già detenute (anche se è prevista la possibilità di diniego in presenza di motivi tassativamente individuati, quali il segreto di stato, articolo 9), anche se nulla vieta l'acquisizione di tali dati ai fini della loro trasmissione.
  Per quanto riguarda i soggetti tenuti a trasmettere e a richiedere le informazioni (le «Autorità nazionali competenti: le forze di polizia autorità nazionali competenti»), essi sono individuati nelle forze di polizia (articolo 1, comma 1 e 3, comma 1), come indicato nella legge delega. Sono espressamente esclusi i servizi di informazione e sicurezza (articolo 2, comma 3) come del resto previsto dalla decisione quadro. La disposizione fa riferimento espressamente alle forze di polizia di cui al primo comma dell'articolo 16 della legge n. 121 del 1981 (Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza) restando così escluse le forze di polizia di cui al secondo comma del medesimo articolo 16 (Polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato).
  Sottolinea quindi che il decreto si applica non solamente nei confronti dei Paesi dell'Unione europea (articolo 1, comma 1), ma anche dei Paesi associati all’acquis di Schengen, che attualmente sono Svizzera, Islanda, Norvegia e Liechtenstein (articolo 2, comma 5). Le informazioni sono scambiate anche con Europol, operativa dal 1999, e Eurojust, istituita nel 2002 (articolo 2, comma 4).
  Inoltre, le disposizioni del decreto non pregiudicano l'applicazione di accordi o intese sottoscritte con altri Paesi, anche non appartenenti all'Unione, in materia di reciproca assistenza giudiziaria o il reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale, purché queste non siano Pag. 12in contrasto con la decisione quadro (articolo 1, comma 2). I commi 3 e 4 dell'articolo 1 recano le definizioni degli istituti e fattispecie disciplinate dal provvedimento.
  Riguardo alla definizione del catalogo dei reati per i quali si applica la decisione quadro sullo scambio di informazioni, si tratta dei «reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato di arresto europeo», individuati in quelli di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 69 del 2005, di attuazione della decisione quadro, e in quelli connessi per realizzare il furto di identità relativo ai dati personali.
  Per quanto concerne il catalogo dei reati previsto dalla legge sul mandato d'arresto europeo, si tratta (articolo 8 della legge 69 del 2005) di tutti i reati puniti con pena detentiva pari o superiore a 3 anni, nonché – a prescindere dalla pena edittale – di una serie di delitti espressamente richiamati (tra i quali si ricordano, a titolo di esempio, l'associazione a delinquere, i delitti contro la personalità dello Stato, i delitti di tratta di persone, di sfruttamento sessuale dei minori, di traffico di stupefacenti o di armi o di materiale radioattivo, i delitti contro la pubblica amministrazione, i delitti informatici, i delitti contro l'ambiente, i delitti di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, il sequestro di persona a scopo di estorsione, la truffa e il furto, la ricettazione di veicoli rubati, i delitti contro la persona come l'omicidio, le lesioni gravi o le mutilazioni genitali femminili).
  La legge delega (articolo 6, comma 3, lettera a), numero 3)) richiede che l'applicazione della decisione-quadro sia riferita anche ai reati «connessi al furto di identità relativo ai dati personali».
  Ricorda quindi che per una definizione del furto di identità nel nostro ordinamento occorre fare riferimento all'articolo 30-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010, in base al quale con questa espressione s'intende: a) l'impersonificazione totale: occultamento totale della propria identità mediante l'utilizzo indebito di dati relativi all'identità e al reddito di un altro soggetto. L'impersonificazione può riguardare l'utilizzo indebito di dati riferibili sia ad un soggetto in vita sia ad un soggetto deceduto; b) l'impersonificazione parziale: occultamento parziale della propria identità mediante l'impiego, in forma combinata, di dati relativi alla propria persona e l'utilizzo indebito di dati relativi ad un altro soggetto, nell'ambito di quelli di cui alla lettera a).
  Recentemente, l'articolo 9 del decreto-legge n. 93 del 2013 ha modificato la fattispecie di frode informatica, prevista dall'articolo 640-ter del codice penale, introducendovi una aggravante per il fatto commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti. L'articolo 640-ter del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro chiunque, «alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». Il legislatore non ha dunque introdotto un'autonoma fattispecie penale relativa al cosiddetto furto dell'identità digitale, ma ha previsto che la sostituzione di tale identità possa rappresentare un'aggravante del delitto di frode informatica.
  Lo schema di decreto legislativo non riprende l'espressione della legge delega ma fa riferimento ai reati «commessi per realizzare il furto di identità relativo ai dati personali»; il Governo ha dunque scelto di considerare il furto di identità come fine cui tendono altri reati, e non come mezzo. In proposito, rileva peraltro considerato che, nonostante la nuova formulazione usata dal Governo, il campo d'applicazione della disciplina dello scambio di informazioni resta sul punto del furto dell'identità può apparire non del tutto definito.

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  Giuseppe GUERINI (PD), relatore per la II Commissione, soffermandosi sulle disposizioni contenute nei Capi dal II al VI, osserva che il Capo II disciplina in concreto le modalità attraverso le quali le forze di polizia italiane presentano richiesta di informazioni alle autorità competenti di altri Paesi. Il successivo Capo III, viceversa, disciplina le procedure di richiesta da parte delle autorità di altri Paesi all'Italia.
  In particolare, l'articolo 3 individua i soggetti competenti e i presupposti della richiesta di informazioni. I soggetti competenti alla formulazione della richiesta sono le autorità nazionali competenti, ossia, come si è detto, le forze di polizia.
  L'articolo 4 (che corrisponde agli articoli 5 e 6 della decisione) reca le modalità di presentazione della richiesta di informazioni. Innanzitutto, per quanto riguarda i destinatari della richiesta, il decreto distingue tra una procedura ordinaria e una di urgenza.
  L'articolo 5, che corrisponde ai paragrafi 3 e 4 dell'articolo 8 e all'articolo 9 della decisione quadro, recepisce il principio che le informazioni ricevute dallo Stato italiano sono utilizzate esclusivamente per le finalità per cui sono richieste e disciplina le eventuali deroghe a tale principio.
  Analoghe disposizioni, valide per le informazioni trasmesse dall'Italia ad altro Paese, sono recate dall'articolo 14. Ai sensi del comma 1, si pone l'obbligo per le forze di polizia italiane di utilizzare le informazioni ricevute dagli altri Paesi esclusivamente per le finalità indicate nella richiesta. A tale principio sono poste due eccezioni: in presenza di un pericolo grave e immediato per la sicurezza pubblica; in presenza di sopraggiunti motivi, diversi da quelli indicati nella richiesta, ma in questo caso è necessaria l'autorizzazione del Paese che fornisce le informazioni (comma 2).
  In ogni caso, deve essere garantita la riservatezza delle informazioni, quando questo sia richiesto dallo Stato membro in relazione alla segretezza delle indagini. Inoltre, le eventuali e ulteriori condizioni e restrizioni che le legislazioni possono imporre (come previsto dalla decisione quadro all'articolo 8, paragrafo 4) sono derogabili (comma 3) esclusivamente in presenza di obblighi di informazione, sanciti da disposizioni del nostro ordinamento, nei confronti dei seguenti soggetti: Parlamento (e, quindi, anche le Commissioni di inchiesta); Autorità giudiziaria; organismi indipendenti, istituiti per legge, competenti ad esercitare compiti di controllo sulle autorità nazionali competenti (ossia sulle forze di polizia). Tale ultima fattispecie, prevista dall'articolo 8, paragrafo 4, della decisione quadro, non sembra avere riscontro nell'ordinamento italiano. Tuttavia, in presenza di tali obblighi di informazione le autorità italiane devono acquisire il parere delle autorità che hanno fornito le informazioni.
  L'articolo 6 disciplina l'utilizzabilità delle informazioni così acquisite da Stati esteri nell'ambito di procedimenti penali interni. Si precisa comunque che non sono mai utilizzabili nel procedimento penale, anche se acquisite con rogatoria, le prove che si siano formate all'estero senza che all'indagato/imputato sia stato possibile, in tale sede, esercitare i propri diritti di difesa (comma 3). Con questa disposizione il Governo dà attuazione a quanto prescritto dalla legge delega (articolo 6, comma 3, lettera e)), ovvero alla richiesta di «valutare e disciplinare i casi in cui le informazioni e i dati detenuti da autorità estere possono essere utilizzati nei procedimenti penali nei confronti di soggetti che non abbiano avuto modo di contestarne il contenuto, anche tenuto conto degli accordi internazionali e bilaterali vigenti». Per l'eventuale utilizzabilità di tali prove, occorre dunque che l'interessato abbia avuto la possibilità giuridica di esercitare diritti e facoltà difensive nella sede estera di loro formazione o acquisizione.
  Il capo III dello schema di decreto disciplina la richiesta di informazioni o intelligence avanzata da parte di altro Stato membro o associato Schengen nei confronti delle competenti autorità italiane.Pag. 14
  Al suo interno, la sezione I è dedicata alle condizioni di ammissibilità della richiesta. La prima condizione, di tipo soggettivo, è rappresentata dal fatto che la richiesta di informazioni deve provenire dall'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge o dal punto di contatto dello Stato membro (articolo 7).
  Per quanto riguarda le condizioni di tipo oggettivo, lo schema di decreto dispone che le informazioni suscettibili di essere comunicate devono essere nella disponibilità delle autorità nazionali competenti, anche se acquisite con mezzi coercitivi precedentemente alla richiesta.
  Viene inoltre specificato che le autorità italiane non sono tenute a comunicare informazioni destinate ad essere utilizzate come prove nell'ambito di un procedimento giudiziario, né, d'altra parte uno Stato membro può liberamente utilizzare le informazioni comunicate come prove dinanzi ad un'autorità giudiziaria, in quanto è necessaria una preventiva autorizzazione da parte dello Stato informatore, disciplinata ai sensi del successivo articolo 15 (articolo 8).
  L'articolo 9 individua i casi in cui le autorità nazionali competenti possono rifiutare la comunicazione delle informazioni richieste da un altro Stato. Il diniego è ammesso quando: sussiste il segreto di Stato sulle informazioni o intelligence richiesti; pur non sussistendo il segreto di Stato, le informazioni sono suscettibili, se comunicate, di recare un danno per la sicurezza della Repubblica; sussiste il segreto relativo allo svolgimento di indagini penali; pur non sussistendo il segreto istruttorio, vi sono fondati motivi per ritenere che la comunicazione delle informazioni possa recare pregiudizio al buon esito di un procedimento penale o di un'operazione di intelligence criminale o, comunque, l'incolumità o la sicurezza delle persone; le informazioni siano state comunicate all'autorità italiana da un altro Stato con specifici vincoli di utilizzabilità e conoscibilità (cosiddetto vincolo di specialità), a meno che detto Stato non abbia dato preventiva autorizzazione alla comunicazione delle medesime informazioni da parte dell'autorità italiana al Paese richiedente; sussistono ragioni di fatto per ritenere che le informazioni siano palesemente eccedenti o irrilevanti rispetto allo scopo per il quale sono stati richiesti; la richiesta di informazioni riguarda un reato per il quale la legge italiana stabilisce la pena della reclusione o dell'arresto non superiore ad un anno. La richiesta di informazioni si riferisce ai nomi degli informatori degli organi di polizia giudiziaria o dei servizi di informazione e sicurezza (ai sensi dell'articolo 203 del codice di procedura penale, posto a difesa del cosiddetto segreto d'ufficio, il giudice non può obbligare la polizia e i servizi a rivelare i nomi dei propri informatori).
  La sezione II disciplina il procedimento da seguire in caso di richiesta di informazioni o intelligence alle autorità italiane.
  In particolare, l'articolo 10 subordina la risposta delle autorità nazionali al rispetto di alcune forme della richiesta (che deve essere inoltrata attraverso i canali previsti dall'UE o dagli accordi internazionali e mediante idoneo formulario) e all'esplicitazione dei suoi fondamenti (in particolare, dovranno essere motivate le finalità della richiesta di informazioni). Tutti i contatti saranno tenuti dalle forze di polizia, in quanto autorità nazionali competenti, e dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, in quanto punto di contatto nazionale.
  L'articolo 12 delinea una procedura speciale in base alla quale la risposta è trattata dal Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero, ed è data entro otto ore.
  Gli articoli 14 e 15 attengono all'utilizzazione, da parte dello Stato estero richiedente, delle informazioni acquisite in Italia.
  In particolare, l'articolo 14 stabilisce che le informazioni dovranno essere utilizzate esclusivamente per le finalità per le quali sono state fornite (che, si ricorda, devono essere esplicitate nella richiesta), nonché, eventualmente, per la prevenzione di un pericolo grave e immediato per la sicurezza pubblica.Pag. 15
  Inoltre, in relazione a informazioni attinenti ad un procedimento penale in corso o ad operazioni di intelligence criminale in corso, le autorità nazionali potranno imporre alle autorità richiedenti particolari cautele e riservatezza nell'uso delle informazioni trasmesse, delle quali potranno anche chiedere conto. Se le informazioni acquisite in Italia dovranno essere utilizzate come prove in un procedimento penale nello Stato membro richiedente, in base all'articolo 15 l'autorizzazione dovrà essere rilasciata dall'autorità giudiziaria (e non dalla polizia o dal dipartimento di PS), con gli strumenti previsti dalla cooperazione giudiziaria; ciò a meno che l'esigenza probatoria non fosse già stata esplicitata al momento della richiesta di informazioni e dunque considerata in sede di risposta.
  L'articolo 16, in via speculare a quanto stabilito dall'articolo 7 della decisione quadro, prevede in quali ipotesi le competenti autorità nazionali di polizia possono procedere di propria iniziativa allo scambio di informazioni con le omologhe autorità straniere.
  Il Capo V – in attuazione dell'articolo 6, comma 3, lettera f) della norma di delega – detta disposizioni in materia di protezione dei dati personali, specificando – all'articolo 17 – che i dati trattati in attuazione del decreto legislativo sullo scambio di informazioni e intelligence devono essere utilizzati esclusivamente per le finalità connesse alle indagini penali e alle operazioni di intelligence criminale.
  Si applicano le disposizioni del Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) relative al trattamento dati da parte delle forze di polizia (articoli da 53 a 57) e si individuano nelle forze di polizia e nel Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno i titolari dei trattamenti (articolo 18).
  L'articolo 19 disciplina la procedura da seguire in presenza di informazioni errate, ovvero quando le autorità nazionali competenti si accorgono che i dati trasmessi all'estero, ovvero i dati ricevuti da altro Stato membro, sono inesatti. In entrambi i casi, le autorità nazionali (polizia o Dipartimento di PS) devono, senza ritardo, informare le autorità estere e provvedere alla cancellazione delle informazioni.
  L'articolo 20 riconosce ai soggetti interessati dai trattamenti di dati personali, effettuati nel contesto disciplinato dallo schema di decreto, i diritti previsti dall'articolo 10, commi 3, 4 e 5, della legge n. 121 del 1981 relativamente alle attività effettuate attraverso il CED (Centro elaborazione dati) Interforze, ossia la banca dati delle forze di polizia. La disposizione prevede che tali diritti sono esercitati previa apposita istanza alla autorità nazionali competenti, con la quale l'interessato può chiedere che dell'esercizio dei diritti venga data evidenza con l'apposizione di un'apposita indicazione. Dell'istanza viene data comunicazione all'autorità o al punto di contatto dello Stato membro interessato.
  Per quanto riguarda le modalità tecniche di archiviazione dei dati, l'articolo 21 rimanda alle disposizioni del Codice della privacy che regolano la sicurezza dei dati e dei sistemi ma stabilisce anche che tanto la polizia quanto il Dipartimento di PS debbano registrare, per quanto di rispettiva competenza, le comunicazioni di informazioni o intelligence in appositi «file di log».
  Con l'espressione «file di log» dovrebbero intendersi dei documenti che risiedono sui server e nei quali, ad ogni collegamento, vengono scritte informazioni relative alla visita dell'utente (IP address, data, ora, pagina richiesta, se la pagina è stata correttamente inviata e le sue dimensioni).
  L'articolo 26 reca, infine, la clausola di neutralità finanziaria, per cui le amministrazioni competenti devono provvedere all'attuazione delle disposizioni con le risorse disponibili a legislazione vigente, in conformità alla disposizione di delega (articolo 6, comma 4, della legge n. 154 del 2014).

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore per la I Commissione, considerato che il termine per il parere scade il prossimo lunedì 23 febbraio e che nelle prossime giornate è prevista un'attività molto intensa in Assemblea, ciò che renderebbe Pag. 16difficoltoso lo svolgimento dei necessari approfondimenti da parte dei componenti delle Commissioni competenti sul provvedimento in oggetto, chiede al rappresentante del Governo, anche a nome del relatore per la II Commissione, la disponibilità a consentire che le Commissioni esprimano il parere di competenza entro mercoledì 25 febbraio.

  Il viceministro Filippo BUBBICO accede alla richiesta avanzata dai relatori, assicurando la disponibilità del Governo ad attendere fino a mercoledì 25 febbraio per l'espressione del parere da parte delle Commissioni competenti.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.20.