CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 dicembre 2014
360.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 14

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 17 dicembre 2014. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 11.40.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 2738, approvata dal Senato, C. 1735 Leva, C. 1850 Brunetta, C. 990 Gozi e C. 2140 Cirielli.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 dicembre 2014.

  Donatella FERRANTI, presidente avverte che sono stati presentati emendamenti al testo base C. 2738 ed invita il relatore ed il Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti (vedi allegato 1).

  Danilo LEVA (PD), relatore esprime parere contrario su tutti gli emendamenti presentati.

  Il viceministro Enrico COSTA, esprime parere conforme al relatore.

  Michela MARZANO (PD), ritira l'emendamento 3.1 a sua firma.

  Andrea COLLETTI (M5S), rileva che considerati i pareri del relatore e del Pag. 15Governo si comprende che il provvedimento è blindato e non c’è nessuna volontà di confronto. Chiede ai deputati di maggioranza se sono veramente convinti che il testo trasmesso dal Senato non sia migliorabile in alcun punto.

  Rocco PALESE (FI-PdL), sottoscrive tutti gli emendamenti presentati dall'onorevole Chiarelli.

  La Commissione respinge l'emendamento 2.18 Chiarelli.

  Michela MARZANO (PD) illustra la ratio dell'emendamento 2.1 sulla clausola di salvaguardia, che non deve essere limitata da una lettura riduttiva, come ha più volte ribadito la Corte Costituzionale, in quanto non si può restringere l'attività valutativa del magistrato essendo questa coessenziale alla attività giurisdizionale.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) ritiene che l'effetto finale dell'emendamento è l'esclusione di qualsiasi ipotesi di responsabilità del magistrato.

  La Commissione, con diverse votazioni, respinge gli emendamenti 2.1 Marzano, 2.11 Molteni, 2.15 Chiarelli, 2.9 Molteni e 2.30 Parisi.

  Michela MARZANO (PD) osserva come l'emendamento 2.2 sia diretto a reintrodurre nella nozione di colpa grave la negligenza inescusabile, affinché sia evidenziato meglio la necessaria correlazione tra la responsabilità del magistrato e l'elemento psicologico.

  Andrea COLLETTI (M5S) dichiara che il suo gruppo è contrario all'emendamento per così come è formulato. A tale proposito osserva che il riferimento alla falsificazione del fatto attiene al dolo piuttosto che alla colpa grave. Anche l'alterazione delle prove non sembra essere attinente alla colpa.

  La Commissione respinge l'emendamento 2.2 Marzano.

  Andrea COLLETTI (M5S), raccomanda l'approvazione dell'emendamento 2.14, che prevede la responsabilità civile nel caso di discostamento senza motivazione dalla interpretazione della legge espressa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. L'emendamento non nega la possibilità di una interpretazione diversa e evolutiva, ma impone, a tutela dei cittadini, che questa nuova interpretazione sia motivata. L'emendamento, quindi, tutela il diritto del cittadino che si appresta ad adire la giustizia sulla base di una determinata interpretazione delle Sezioni Unite della Cassazione. Nel momento in cui la decisione del giudice di merito si discosterà da questa interpretazione, il cittadino dovrà poter conoscere le ragioni per le quali il suo diritto, riconosciuto fino ad allora dalla Cassazione, non è riconosciuto anche dal giudice di merito. L'emendamento avrebbe, inoltre, un effetto deflattivo sull'appello ed il ricorso in Cassazione. Chiede, quindi, le ragioni del parere contrario del relatore e del governo.

  Il viceministro Enrico COSTA ricorda che il tema è molto approfondito al Senato con diverse posizioni anche nella maggioranza e che in quella occasione il Movimento Cinque Stelle aveva votato contro. Per lui l'emendamento è contrario allo spirito del provvedimento, che mira ad ampliare la responsabilità dello Stato, legandola alla violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea, al travisamento del fatto o delle prove, ovvero all'affermazione di un fatto o alla negazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa o risulta dagli atti del procedimento ovvero all'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. Vi è una discrasia con la responsabilità del magistrato come si desume dalla disciplina della rivalsa che presuppone il dolo o la negligenza inescusabile di quest'ultimo. Non è la mera assenza o presenza della motivazione a condizionare la sussistenza della responsabilità del magistrato. Occorre piuttosto valutare in concreto Pag. 16la sua condotta e vedere se sia stata determinata in concreto da dolo o colpa grave per poter poi affermare la responsabilità dello Stato. Vi potrebbe essere, ad esempio, da parte di un magistrato una interpretazione provocatoria «in dissenso» con la giurisprudenza della Corte di Cassazione. In questo caso, non deve essere la presenza o assenza della motivazione a determinare la responsabilità dello Stato e indirettamente del magistrato quanto piuttosto le ragioni che hanno portato il giudice a prendere una certa decisione. In particolare, si dovrà valutare se la condotta del magistrato sia riconducibile al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 117 del 1988.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che la responsabilità civile ricorre nel caso di violazione manifesta della legge, alla quale si possono ricondurre in astratta le ipotesi richiamate dal deputato Colletti relativi ad una decisione senza motivazione. In concreto, si dovranno poi verificare tutti gli altri presupposti della responsabilità.

  Alfonso BONAFEDE (M5S), rileva che si è tutti d'accordo sulla possibilità che il giudice si discosti dalla interpretazione delle Sezioni Unite. Il problema sorge quando il giudice non motiva questo discostamento. A suo parere c’è un dato preoccupante che sta emergendo dal dibattito: vi sarebbe una sorta di automatica correlazione tra la mancata motivazione e la violazione manifesta di legge. In realtà l'emendamento si riferisce ad un'altra situazione.

  Danilo LEVA (PD), relatore, osserva che l'emendamento si riferisce alla mancata motivazione di una interpretazione che in realtà non viola alcun principio, considerato che l'ordinamento non prevede il principio della vincolatività della interpretazione delle sezioni Unite della Corte di Cassazione.

  Andrea COLLETTI (M5S), ricorda che l'emendamento si riferisce al caso di mancata motivazione del di scostamento dall'orientamento delle Sezioni Unite.

  La Commissione respinge l'emendamento 2.14 Colletti.

  Daniele FARINA (SEL), illustra l'emendamento 2.7, volto a migliorare la formulazione inerente alla violazione manifesta della legge e del diritto dell'unione europea, sopprimendo il termine «nonché», che potrebbe determinare dubbi interpretativi.

  Alfonso BONAFEDE (M5S), osserva che in realtà la formulazione adottata nella proposta di legge sembra ricollegare la responsabilità del giudice al discostamento dal diritto europeo, che è costituito anche dalla giurisprudenza europea. In sostanza, si tratterebbe di una ipotesi non diversa da quella in cui il giudice si discosta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

  Il viceministro Enrico COSTA, osserva che la parola «nonché» è stata inserita dal Senato per evitare il dubbio che la responsabilità civile fosse limitata alla sola violazione del diritto dell'Unione Europea.

  Alfonso BONAFEDE (M5S), ritiene che anziché la parola «nonché» sarebbe stato meglio utilizzare la parola «oppure».

  Il viceministro Enrico COSTA ricorda che il termine «nonché» è stato inserito dall'Assemblea del Senato anche all'articolo 4, avente ad oggetto l'azione di rivalsa nella parte in cui vengono richiamati i casi di violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'unione Europea.

  La Commissione respinge gli emendamenti 2.7 Farina e 2.3 Marzano.

  Alfonso BONAFEDE (M5S), in relazione all'emendamento 2.12, osserva che per il Movimento 5 Stelle la via maestra sarebbe la soppressione delle parole «travisamento del fatto o delle prove», poiché considerare il travisamento del fatto o Pag. 17delle prove come una causa di responsabilità civile del magistrato significa consegnare i giudici alla mercé di avvocati ed imputati, i quali già oggi, quando soccombono in un processo, affermano che c’è stato da parte del giudice un travisamento del fatto o delle prove. Ciò lo può testimoniare chiunque frequenta le aule giudiziarie. Se proprio non si ritiene di sopprimere questo caso di responsabilità si preveda almeno che il travisamento sia manifesto, così come previsto dall'emendamento in esame. Considerato che questo emendamento costituisce una subordinata rispetto alla soluzione ottimale, prevista dal successivo emendamento 2.13, chiede che questo emendamento sia posto in votazione prima dell'emendamento 2.12.

  Donatella FERRANTI, presidente, pur ribadendo che l'ordine di votazione prevederebbe di votare prima l'emendamento 2.12, dichiara di comprendere il senso politico della richiesta del deputato Bonafede e, acquisendo il consenso della Commissione, avverte che si passa all'esame dell'emendamento 2.13, per poi votare l'emendamento 2.16 e, quindi, successivamente l'emendamento 2.12.

  David ERMINI (PD), interviene sull'emendamento 2.13 diretto a sopprimere le parole «travisamento del fatto o delle prove». Ricorda che ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), della proposta di legge n. 2738, approvata dal Senato, costituisce, in particolare, nuova fattispecie di colpa grave il «travisamento del fatto o delle prove».
  Rileva che questa previsione appare particolarmente delicata, per cui necessita di alcuni chiarimenti che è bene rimangano agli atti, quale parte integrante dei lavori preparatori, anche per orientare in futuro l'interprete circa l'effettiva intenzione del legislatore nel momento in cui va ad introdurre questa nuova fattispecie di colpa grave.
  Ricorda che nel corso del dibattito in Commissione alcuni colleghi avevano sollevato delle perplessità. A questo proposito, vuole porre l'attenzione soprattutto su quanto emerso nel corso dell'audizione non solo dell'Associazione Nazionale Magistrati, ma anche dell'Unione delle Camere Penali Italiane.
  In particolare, ritiene interessante, condivisibile e costruttivo il rilievo secondo il quale le preoccupazioni suscitate dalla nuova ipotesi di travisamento del fatto o delle prove possono essere superate ricorrendo ad un'interpretazione costituzionalmente orientata in base alla quale costituisce travisamento la «affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento» o dalla «negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento», ipotesi peraltro già previste dal vigente articolo 3 comma 2 lettere b) e c) della legge e lasciate intatte dal testo in esame.
  In altri termini, appare necessario chiarire come l'interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame imponga di considerare che l'unico «travisamento» rilevante ai fini della responsabilità civile del magistrato possa essere quello macroscopico, evidente, che non richiede alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo.
  Il travisamento del fatto e delle prove, infatti, coinvolge aspetti tipici dell'attività valutativa, che è connessa ai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità della giurisdizione. Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 1989, la garanzia costituzionale dell'indipendenza del magistrato è diretta a tutelare anzitutto «l'autonomia di valutazione dei fatti e delle prove e l'imparziale interpretazione delle norme di diritto». L'eventualità che l'azione civile possa operare sul giudice come stimolo verso scelte interpretative accomodanti e decisioni meno rischiose in relazione agli interessi in causa, con ricadute negative sull'imparzialità, è, secondo la Corte, impedita in radice proprio escludendo che possa dar luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove. Tali parole rendono chiara, oltre ogni dubbio, la centralità che, ai fini della Pag. 18tutela dell'indipendenza e dell'imparzialità della giurisdizione, assume la salvaguardia della valutazione del fatto e delle prove, alla pari dell'interpretazione del diritto.
  Pertanto, se si vogliono rispettare i citati principi costituzionali occorre evitare il travaso della nozione di travisamento in quelle di interpretazione e valutazione.
  Ove il «travisamento» si traduca in valutazioni manifestamente abnormi del dato normativo o macroscopici ed evidenti stravolgimenti di quello fattuale, allora non ricorrerà più un'attività definibile come interpretazione o valutazione. Solo allora, tramite questa lettura costituzionalmente orientata, il travisamento potrà legittimamente costituire il presupposto della responsabilità civile, lasciando intatta la clausola di salvaguardia che mira a garantire l'autonomia e l'imparzialità del giudice nell'attività di interpretazione di norme di diritto e in quella di valutazione del fatto e delle prove.

  Stefano DAMBRUOSO (SCpI), prende atto delle preoccupazioni dell'onorevole Bonafede e delle precisazioni dell'onorevole Ermini. Ricorda che il travisamento è un concetto che attiene alle impugnazioni, cioè ai vizi dell'atto. Ciò significa che nel momento in cui si utilizza lo stesso termine come presupposto della responsabilità civile il suo significato deve essere necessariamente diverso da quello che ha come vizio dell'atto. Occorre evitare che una categoria processuale diventi presupposte automatico di responsabilità civile.

  Andrea COLLETTI (M5S) sottolinea che nell'attuale formulazione nell'articolo 2, comma 3, le lettere b) e c) già prevedono due ipotesi di responsabilità alle quali si sarebbe potuto riportare il travisamento del fatto o delle prove così come interpretato dal deputato Ermini. Una volta che si inserisce come ipotesi ulteriore di responsabilità il travisamento dei fatti in aggiunta ai casi già previsti dalle lettere b) e c), significa che il travisamento del fatto deve essere qualcosa di diverso di ciò che è già previsto da queste due lettere. Inoltre, se non specifica almeno che deve essere un travisamento manifesto, vuol ci si trova innanzi ad una ipotesi di colpa lieve. Ritiene quindi che il testo in esame così come formulato vada ben oltre la responsabilità diretta dei magistrati, prefigurando una minaccia al corpo dello Stato che viene facilmente messo sotto ricatto dai più forti che non accettano ler decisioni della magistratura.

  Luca D'ALESSANDRO (FI-PdL), ritira l'emendamento 2.16 Chiarelli, dopo averlo sottoscritto.

  Donatella FERRANTI, presidente, rileva che Ermini ha suggerito una interpretazione costituzionalmente orientata della nuova disposizione, che potrà essere utile anche in fase applicativa della norma.

  Danilo LEVA (PD), relatore, ribadisce che il travisamento del fatto o delle prove non costituisce una interpretazione o valutazione, ma un qualcosa in più, come risulta chiaramente da una lettura complessiva dell'articolato. Ritiene comunque opportuno che sia fatta questa precisazione, nei termini riportata dall'onorevole Ermini, anche nella relazione all'Assemblea.

  Alfonso BONAFEDE (M5S), nota come stia nascendo una nuova fonte di diritto: gli interventi dei deputati nel corso dell'esame parlamentare. Ricorda che l'interpretazione si fa sulla base della norma per come è scritta e che i lavori parlamentari possono aiutare il giudice a comprendere meglio il contenuto normativo di una disposizione, ma non certo possono condizionarlo. Ben altro è l'intenzione del legislatore richiamata dall'articolo 12 delle Preleggi, la quale deve essere desunta dal complesso della norma, non andando a coincidere con l'intenzione dei singoli parlamentari. Si tratta di una nuova ipotesi di responsabilità che anche il Presidente Ferranti, qualora fosse ancora magistrato, non condividerebbe.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che l'articolo 12 delle Preleggi prevede Pag. 19l'interpretazione sistematica della norma. In questo ambito è riconducibile anche l'interpretazione costituzionalmente orientata. Da una interpretazione sistematica della legge n. 117 del 1988, così come verrebbe modificata dalla proposta di legge in esame, si desume chiaramente che il travisamento dei fatti o delle prove deve essere manifesto ed abnorme.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) replica al presidente che nel caso in esame il problema è che mentre in tanti casi si prevede che l'errore debba essere manifesto o abnorme nel caso di travisamento non si prevede.

  La Commissione respinge l'emendamento 2.13 Bonafede.

  Andrea COLLETTI (M5S) ritiene che alla luce della interpretazione prospettata dal Presidente occorrerebbe approvare l'emendamento 2.12.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) ritiene che ciascuno si dovrebbe mettere nei panni dei magistrati che devono decidere sapendo di dover dar torto ad una delle parti. Ricorda che in Italia un partito ha addirittura occupato un Palazzo di Giustizia e che i forti schiacciano i più deboli. Ciò significa che da ora in poi ciascun magistrato dovrà preoccuparsi ogni volta in cui darà torto ad una parte, la quale potrà accusarlo di aver travisato i fatti o le prove. Chiede almeno che si renda esplicito ciò che la maggioranza ritiene essere implicito, cioè che il travisamento deve essere manifesto. Lo si scriva, considerato che i rischi che si vogliono evitare alla magistratura valgono il costo di una terza lettura da parte del Senato.

  Michela MARZANO (PD) dichiara di essere stanca di sentire lezioni di morale da chi non è neanche coerente. Il vero cuore del problema non è tanto il comma 3 dell'articolo 2, quanto il comma 2, sul quale lei aveva presentato un emendamento che è stato non votato dal Movimento Cinque Stelle.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) ricorda che il Movimento 5 Stelle ha votato a favore di un emendamento dell'onorevole Marzano.

  La Commissione respinge l'emendamento 2.12 Colletti.

  L'onorevole Marzano ritira gli emendamenti 2.4, 2.5 e 2.6.

  La Commissione respinge gli emendamenti 2.19, 2.17 e 2.20 Chiarelli, 2.10 e 2.8 Molteni.

  L'onorevole Marzano ritira l'emendamento 3.1.

  La Commissione respinge gli emendamenti 3.30 Parisi, 3.2 Molteni, 3.31 Parisi, 4.30 Parisi, 4.6 e 4.5 Molteni, 4.7 Chiarelli.

  L'onorevole Marzano ritira gli emendamenti 4.2 e 4.1.

  La Commissione respinge gli emendamenti 4.3 Farina, fatto proprio dall'onorevole Verini per consentirne la votazione, 4.4 Molteni, 5.1 Colletti.

  L'onorevole Parisi sottoscrive e ritira l'emendamento 5.4.

  Donatella FERRANTI, presidente, constatata l'assenza del presentatore dell'emendamento 5.2, ritiene che si possa desumere che lo stesso vi abbia rinunciato.

  Andrea COLLETTI (M5S), illustra l'emendamento 5.3, che parifica la trattenuta generale prevista per qualsiasi dipendente. Allo stesso momento si spalma la ritenuta in diverse annualità.

  La Commissione respinge gli emendamenti 5.3 Bonafede, 6.1 Molteni e l'articolo aggiuntivo 7.02 Parisi.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) preannuncia per l'esame in Assemblea la presentazione di un emendamento che escluda la responsabilità civile del magistrato almeno per misure cautelari reali. Si tratta di casi Pag. 20in cui il giudice ha una conoscenza sommaria dei fatti ed è quindi esposto ad errori e, quindi, a condizionamenti. Al Senato il Partito Democratico ed il Movimento 5 Stelle erano d'accordo nel sopprimere la norma in esame.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che il testo sarà trasmesso alle Commissioni competenti per il parere. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al codice penale in materia di prescrizione dei reati.
C. 1174 Colletti, C. 1528 Mazziotti Di Celso, C. 2150 Ferranti e C. 2767 Pagano.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 16 dicembre 2014.

  Andrea COLLETTI (M5S) chiede quando la Commissione possa adottare il testo base. Comunica che il gruppo Movimento 5 Stelle è disposto a procedere immediatamente a tale adozione.

  Donatella FERRANTI, presidente, replica che sarà l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, a determinare i tempi d'esame del provvedimento, compreso il momento di adozione del testo base. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Divieto di concessione dei benefìci ai condannati per il delitto di cui all'articolo 416-ter del codice penale.
C. 2719, approvata dal Senato.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 dicembre 2014.

  Giulia SARTI (M5S) dichiara che il proprio gruppo è favorevole al trasferimento in sede legislativa del provvedimento. Invita i rappresentanti degli altri gruppi ad aderire al trasferimento di sede del provvedimento.

  Donatella FERRANTI, presidente, prende atto dell'intervento del deputato Giulia Sarti. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.20.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 17 dicembre 2014. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.20.

Autorizzazione di spesa per la prosecuzione dell'impiego di personale militare per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale in Campania.
C. 2679-quater Governo.

(Parere alla IV Commissione).
(Seguito dell’ esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 16 dicembre 2014.

  Vanna IORI (PD), relatore, tenuto conto dei rilievi espressi nella precedente seduta presenta una proposta di parere favorevole nella quale sono fatte delle precisazioni nella parte motiva (vedi allegato 2).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

  La seduta termina alle 13.25.

Pag. 21

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 17 dicembre 2014. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.25.

Schema di decreto legislativo recante riordino della disciplina della difesa d'ufficio.
Atto n. 123.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  David ERMINI (PD), relatore, osserva che lo schema di decreto legislativo in esame attua la delega per il riordino della disciplina della difesa d'ufficio, conferita al Governo dall'articolo 16 della legge 247/2012, di riforma dell'ordinamento della professione forense. In particolare, l'articolo 16 della legge chiama il Governo, entro 24 mesi dall'entrata in vigore della riforma (il termine scade il 2 febbraio 2015), a riordinare la disciplina della difesa d'ufficio, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: previsione dei criteri e delle modalità di accesso ad una lista unica, mediante indicazione dei requisiti che assicurino la stabilità e la competenza della difesa tecnica d'ufficio; abrogazione delle norme vigenti incompatibili.
  I cinque articoli dello schema di decreto legislativo modificano parzialmente la disciplina della difesa d'ufficio, contenuta nel codice di procedura penale (artt. 97 e 102) e nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (articolo 29), essenzialmente:
   attribuendo al Consiglio nazionale forense il compito di tenere l'elenco unificato su base nazionale dei difensori d'ufficio. Sulla base di tale elenco i singoli consigli dell'ordine predisporranno propri sottoelenchi;
   prevedendo, quale criterio per poter iscriversi nell'elenco, cinque anni (e non solo due, come attualmente previsto) di pregressa esperienza in materia penale o, in alternativa, il conseguimento del titolo di avvocato specialista in diritto penale ovvero la frequenza di specifici corsi di formazione biennali;
   consentendo ai professionisti attualmente iscritti agli elenchi di transitare automaticamente nell'elenco nazionale, salvo l'onere dopo un anno di dimostrare il possesso dei requisiti per la conferma dell'iscrizione (ovvero assenza di sanzioni disciplinari e partecipazione ad almeno 10 udienze penali);
   attribuendo ai consigli dell'ordine il compito di fornire il nominativo del difensore d'ufficio all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, sulla base di propri sottoelenchi e nel rispetto di criteri stabiliti dal CNF.

  Passando all'esame del contenuto del provvedimento, ricorda che la prestazione del difensore d'ufficio è obbligatoria e l'esonero può avvenire solo per giustificato motivo (articolo 97, comma 5, cpp).
  In merito, l'articolo 3, commi 2 e 3, dello schema, sostituisce i commi 4 e 5 dell'articolo 97 c.p.p. eliminando il riferimento al giustificato motivo ed esplicitando che l'esonero, con conseguente designazione di un altro difensore d'ufficio, può avvenire solo nei seguenti casi: abbandono della difesa (tale evento, che attualmente comporta la nomina temporanea di un sostituto, diviene presupposto per la revoca della designazione); trasmissione del procedimento ad altra autorità per motivi di competenza territoriale; incompatibilità.
  Per sottolineare la necessità che l'esercizio della funzione di difensore d'ufficio sia quanto più possibile stabile, l'articolo 1 dello schema, nel novellare l'articolo 29 delle disposizioni di attuazione, stabilisce Pag. 22che l'avvocato che ottiene l'iscrizione nell'elenco non possa chiedere la cancellazione prima che siano trascorsi due anni.
  L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, inoltre, modifica l'articolo 29 delle disposizioni di attuazione istituendo l'elenco nazionale degli avvocati disponibili ad assumere la difesa d'ufficio e richiedendo, per l'iscrizione in tale elenco, il possesso di almeno uno dei seguenti requisiti (articolo 29, comma 1-bis, disp.att.): partecipazione, con esame finale, a un corso biennale di formazione e aggiornamento professionale in materia penale, della durata minima di 90 ore, organizzato dal consiglio dell'ordine o dalle Camere penali; iscrizione all'albo degli avvocati da almeno 5 anni ed esperienza documentata in materia penale; conseguimento del titolo di avvocato specialista in diritto penale. Si ricorda che il regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista (A.G. 113, sul quale la Commissione ha espresso il parere lo scorso 19 novembre) non è stato ancora emanato.
  La riforma individua inoltre i presupposti per la permanenza nell'elenco, richiedendo annualmente al professionista di presentare una documentazione che attesti che (articolo 29, comma 1-quater, disp.att.): non è incorso in sanzioni disciplinari definitive superiori all'ammonimento; ha partecipato ad almeno 10 udienze penali (dibattimentali o camerali, con esclusione dei meri rinvii).
  Il rilievo che il legislatore riconosce ai requisiti professionali del difensore d'ufficio è confermato anche dagli articoli 3 (nella parte in cui modifica l'articolo 97, comma 4, c.p.p.) e 4 (che interviene sull'articolo 102 c.p.p.) dello schema di decreto legislativo, in base ai quali anche il sostituto del difensore (tanto di fiducia quanto d'ufficio) deve essere individuato tra gli iscritti all'elenco nazionale, consentendo la designazione di altro difensore immediatamente reperibile, solo quando ciò si renda necessario al PM o alla polizia giudiziaria nei casi di urgenza, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell'urgenza stessa.
  Lo schema di decreto legislativo attua l'articolo 16 della legge 247/2012, che richiede una lista unica dei possibili difensori d'ufficio, demandando al Consiglio nazionale forense, in luogo degli attuali consigli dell'ordine forense, di predisporre e aggiornare, con cadenza trimestrale, l'elenco alfabetico degli avvocati iscritti negli albi, disponibili ad assumere le difese d'ufficio. A tal fine l'articolo 1 dello schema modifica l'articolo 29 delle disposizioni di attuazione.
  Se la riforma prevede la creazione di una lista nazionale, resta comunque centrale il ruolo dei consigli dell'ordine. Ciò è dimostrato dal fatto che tanto la domanda di iscrizione, quanto il parere sul possesso dei requisiti per l'iscrizione, quanto la documentazione per la conferma annuale dell'iscrizione, passano dal Consiglio dell'ordine circondariale. Il CNF si limiterà ad accogliere o respingere la domanda (in caso di rigetto è possibile presentare opposizione dinanzi allo stesso CNF ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971), sulla base del parere allegato dal consiglio dell'ordine, ed a tenere materialmente l'elenco. In caso di mancata presentazione della documentazione per la conferma annuale, il professionista è cancellato d'ufficio dall'elenco nazionale.
  Anche in fase di nomina del difensore d'ufficio, le autorità giudiziarie e la polizia giudiziaria continueranno a rivolgersi al consiglio dell'ordine, e non al CNF. L'articolo 3 dello schema di decreto legislativo, modificando il comma 2 dell'articolo 97 c.p.p., dispone infatti che sulla base dell'elenco nazionale ciascun consiglio dell'ordine deve predisporre «mediante un apposito ufficio centralizzato» un proprio elenco degli avvocati iscritti all'albo e facenti parte dell'elenco nazionale «ai fini della nomina su richiesta dell'autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria».
  Ciò che la riforma demanda al CNF (sottraendola al consigli dell'ordine) è la fissazione, con cadenza annuale, dei criteri generali per la nomina dei difensori d'ufficio Pag. 23sulla base della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità.

  Andrea COLLETTI (M5S) si riserva di far pervenire al relatore alcune osservazioni sul provvedimento, sottolineando di non ritenere condivisibile l'innalzamento da due a cinque degli anni di esercizio della professione necessari per l'iscrizione nell'elenco dei difensori d'ufficio.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.40.

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