CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 dicembre 2014
354.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
Pag. 95

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 10 dicembre 2014.

Audizioni, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 1560 Terzoni sui limiti all'impiego di sostanze diserbanti chimiche, di rappresentanti di Coldiretti, della CIA, della Confagricoltura e dell'Alleanza delle Cooperative.

  Le audizioni informali si sono svolte dalle 16.15 alle 16.45.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 10 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Ermete REALACCI.

  La seduta comincia alle 17.

Revisione della parte seconda della Costituzione.
C. 2613 Cost. Governo, approvato dal Senato, ed abb.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Enrico BORGHI, relatore, rileva che Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del prescritto parere alla I Commissione, il disegno di legge del Governo di riforma costituzionale (C. 2613 cost.), che reca disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
  Tale disegno di legge è stato presentato al Senato l'8 aprile 2014 (A.S. 1429) ed è stato esaminato dalla Commissione Affari costituzionali a partire dal 15 aprile 2014, congiuntamente a diverse altre proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare. Il 6 maggio 2014 il disegno di legge del Governo è stato adottato come testo base. L'esame in sede referente si è quindi concluso nella seduta del 10 luglio 2014.
  L'Assemblea del Senato ha avviato la discussione generale del testo, risultante dalle modifiche approvate dalla Commissione, Pag. 96il 14 luglio 2014; nella seduta dell'8 agosto 2014, concluso l'esame delle proposte emendative presentate, il Senato ha approvato in prima lettura il provvedimento, apportandovi diverse modifiche.
  Il disegno di legge, originariamente composto da 35 articoli, contiene – nel testo all'esame della Camera – 40 articoli, ripartiti in sei Capi, di cui 37 articoli recanti novelle alle disposizioni della Costituzione e gli ultimi 3 articoli (artt. 38, 39 e 40), che prevedono, rispettivamente, norme transitorie (articolo 38), disposizioni finali (articolo 39), e norme sull'entrata in vigore (articolo 40).
  Ciò premesso, si sofferma sugli ambiti di stretta competenza della Commissione, con particolare riferimento alle disposizioni relative alla revisione del Titolo V della Costituzione.
  In proposito, segnala che l'articolo 29 modifica il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, introdotto con la riforma del 2001, che disciplina l'ipotesi di estensione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (cosiddetto «regionalismo differenziato» o «regionalismo asimmetrico»). A seguito delle modifiche introdotte al Senato, viene ridotto l'ambito delle materie nelle quali possono essere attribuite particolari forme di autonomia alle regioni ordinarie. In particolare, è confermata la possibilità di attribuire alle regioni forme e condizioni di particolare autonomia nelle materie della tutela e valorizzazione dei beni e culturali e paesaggistici, dell'ambiente e dell'ecosistema e del governo del territorio. Non rientra più, invece, in tale ambito, la materia della protezione civile. L'articolo in esame introduce, in secondo luogo, una nuova condizione ai fini dell'attribuzione di autonomia, essendo necessario che la regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. Una terza modifica riguarda il procedimento di attuazione: l'iniziativa della regione interessata non è più presupposto necessario per l'attivazione del procedimento legislativo aggravato, ma condizione solo eventuale. Infine, l'attribuzione delle forme speciali di autonomia avviene con legge «approvata da entrambe le Camere», senza però richiedere più la maggioranza assoluta dei componenti, ferma restando la necessità dell'intesa tra lo Stato e la regione interessata.
  L'articolo 30 riscrive ampiamente l'articolo 117 Cost., in tema di riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e regioni.
  Una delle principali novità del nuovo riparto di competenze legislative consiste nella soppressione della competenza concorrente tra Stato e regioni. Nel nuovo articolo 117, le materie attualmente di competenza concorrente sono, in massima parte, attribuite alla competenza esclusiva statale. Nell'ambito di quest'ultima, peraltro, alcune materie di competenza concorrente transitano sic et simpliciter, per altre invece la competenza esclusiva statale è riconosciuta, ma limitata a determinati ambiti (ad esempio, alle «disposizioni generali e comuni») e generalmente concorre con la competenza regionale. Nell'ambito delle materie di competenza esclusiva statale può, pertanto, delinearsi una distinzione tra materie di competenza esclusiva integralmente attribuite allo Stato, e materie di competenza esclusiva in cui la competenza statale convive in diverso modo con competenze regionali. A tale proposito, si ricorda che nella materie di propria competenza legislativa esclusiva, lo Stato è titolare anche del potere regolamentare.
  Nell'ambito della competenza regionale, una novità appare l'individuazione di specifiche materie attribuite a tale competenza, che allo stato è individuata solo in via residuale, essendo ascrivibile ad essa tutte materie non espressamente riservate alla competenza statale.
  Di significativo rilievo è inoltre l'introduzione di una «clausola di supremazia», che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell'interesse nazionale.Pag. 97
  Anche i criteri di riparto della potestà regolamentare sono modificati, introducendo un parallelismo tra competenze legislative e competenze regolamentari. La potestà regolamentare spetta infatti allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative (nel sistema vigente invece la potestà regolamentare statale è limitata alle materie di competenza esclusiva, mentre nella materie di competenza concorrente e regionale è riconosciuto il potere regolamentare delle regioni).
  Con particolare riferimento ai profili di competenza della Commissione, richiama l'attenzione sulla nuova ripartizione di competenze tra Stato e regioni nelle materie protezione civile, governo del territorio, infrastrutture e ambiente.
  Quanto alla materia protezione civile, attualmente di competenza concorrente tra Stato e regioni, essa è attribuita, nel nuovo articolo 117, alla competenza esclusiva statale, in cui è peraltro individuata come sistema nazionale e coordinamento della protezione civile.
  La modifica dell'assetto competenziale appare in linea con quanto già affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
  Ricorda in proposito che, con la sentenza n. 284 del 2006, la Corte ha ritenuto che la disciplina statale sugli stati di emergenza ed il potere di ordinanza (articolo 5 della legge n. 225 del 1992) e sulle le funzioni in materia di protezione civile di competenza statale (articolo 107 del decreto legislativo n. 112 del 1998) sono «espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative» delineato dopo il 2001. Nella pronuncia, si sottolinea che lo Stato è, dunque, legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i «principi fondamentali», quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria anche mediante l'adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie. La Corte, inoltre, si è pronunciata più volte sulla materia della «protezione civile» affrontando specifiche questioni riguardanti, tra l'altro, l'edilizia nelle zone sismiche. In tale ambito, la Corte ha sottolineato, con riferimento alla illegittimità di deroghe regionali alla normativa statale per l'edilizia in zone sismiche, che le norme sismiche dettano» una disciplina unitaria a tutela dell'incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010).
  Con riferimento al governo del territorio, ricorda che nell'assetto costituzionale vigente, la materia in questione è attribuita alla competenza concorrente tra Stato e regioni. Non è invece esplicitata la competenza in ordine alle infrastrutture.
  Nel nuovo testo dell'articolo 117 che, come già evidenziato, elimina la competenza concorrente, sono ascritte alla competenza esclusiva dello Stato le disposizioni generali e comuni sul governo del territorio e la materia delle infrastrutture strategiche. Alla competenza delle regioni sono, invece, ricondotte materie quali la pianificazione del territorio regionale e la mobilità al suo interno, nonché la dotazione infrastrutturale.
  Tale previsione, rispetto al testo vigente appare, a suo avviso, maggiormente incline a delineare con precisione le competenze sul tema, che intreccia numerose competenze esclusive dello Stato quali, ad esempio: l'ordinamento civile (si pensi alla possibilità di derogare alle distanze tra edifici, alle altezze degli edifici ed alle distanze dai confini previsti nei piani urbanistici comunali nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile); l'ordinamento penale (si pensi a tutto il grande tema dell'abusivismo edilizio); la determinazione dei livelli essenziali di prestazione concernenti i diritti civili e sociali (si pensi alla disciplina delle SCIA piuttosto che alla determinazione, al versamento e all'impiego degli oneri di urbanizzazione oppure all'accesso all'edilizia residenziale pubblica con i conseguenti livelli minimali di fabbisogno Pag. 98abitativo connessi alla dignità della persona umana al fine di evitare squilibri o disparità nel godimento del diritto alla casa da parte delle categorie sociali disagiate); la sicurezza degli edifici (si pensi al grado di vetustà di numerosi fabbricati sull'intero territorio nazionale e all'esigenza di una regolamentazione omogenea su tutto il territorio nazionale in materia); la tutela dell'ambiente.
  Tale formulazione appare, a suo giudizio, anche in grado di esaltare la sussidiarietà su questo delicato settore, attribuendo alle Regioni competenze specifiche sotto il profilo della legislazione di pianificazione per il raggiungimento delle finalità di promozione e realizzazione di uno sviluppo sostenibile e durevole, di tutela delle identità storico-culturali e delle qualità degli insediamenti urbani ed extraurbani e di tutela del paesaggio.
   In proposito, va rilevato che la Corte costituzionale è intervenuta con importanti sentenze per risolvere alcuni problemi interpretativi che si sono posti fin dall'inizio in ordine alla delimitazione della materia «governo del territorio». Dopo aver ricondotto alla disciplina del governo del territorio i profili tradizionalmente appartenenti all'urbanistica e all'edilizia (sentenze n. 303 e n. 362 del 2003), la Corte, nella sentenza n. 307 del 2003, ha affermato che il governo del territorio «comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività». L'ampiezza della materia in questione è stata poi riconosciuta anche nella sentenza n. 196 del 2004, laddove la Corte l'ha ricondotta all’ «insieme delle norme che consentono di identificare e graduare gli interessi in base ai quali possono essere regolati gli usi ammissibili del territorio».
  La Corte ha, inoltre, successivamente precisato che l'ambito materiale cui ricondurre le competenze relative ad attività che presentano una diretta o indiretta rilevanza in termini di impatto territoriale va ricercato, non secondo il criterio dell'elemento materiale consistente nell'incidenza delle attività in questione sul territorio, bensì attraverso la valutazione dell'elemento funzionale, nel senso della individuazione degli interessi pubblici sottesi allo svolgimento di quelle attività, rispetto ai quali l'interesse riferibile al «governo del territorio» e le connesse competenze non possono assumere carattere di esclusività, dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la disciplina posta a tutela di altri interessi differenziati (sentenza n. 383 del 2005). Di qui una certa difficoltà a tracciare una delimitazione precisa della materia, che spesso si intreccia ad altri ambiti materiali riconducibili a competenze legislative diverse, quali la tutela dell'ambiente, la tutela dei beni culturali, l'ordinamento civile, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, l'energia, la protezione civile. Per tale ragione, la materia del governo del territorio è stata più volte richiamata con riguardo a normative concernenti la difesa del suolo, la gestione dei rifiuti, la protezione civile o le infrastrutture strategiche.
  Per quanto riguarda le infrastrutture, fondamentale è la sentenza n. 303 del 2003 (in cui sono stati delineati per la prima volta i principi dell'attrazione in sussidiarietà) sulla legittimità costituzionale della cosiddetta legge-obiettivo (legge n. 443/2001), in cui la Corte ha riconosciuto che «predisporre un programma di infrastrutture pubbliche e private e di insediamenti produttivi è attività che non mette capo ad attribuzioni legislative esclusive dello Stato, ma che può coinvolgere anche potestà legislative concorrenti. La disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo, secondo la Corte, «determina una temporanea compressione della competenza legislativa regionale che deve ritenersi non irragionevole, finalizzata com’è ad assicurare l'immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettività». Particolare rilievo viene attributo ai principi di sussidiarietà e adeguatezza, nonché al principio di leale collaborazione, e la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale è subordinata l'operatività della disciplina diviene elemento valutativo essenziale. Pag. 99La sentenza n. 16 del 2010 sottolinea altresì che la nozione di infrastrutture non si presta ad essere ricondotta in quella di «materie». Per infrastrutture, invece, devono intendersi le opere finalizzate alla realizzazione di complessi costruttivi destinati ad uso pubblico, nei campi più diversi, che incidono senza dubbio su materie di competenza legislativa concorrente, ma coinvolgono anche materie di competenza esclusiva dello Stato, come l'ambiente, la sicurezza e la perequazione delle risorse finanziarie.
  Relativamente ai beni culturali, paesaggistici e ambientali, fa presente che il testo attualmente vigente dell'articolo 117 annovera la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali rientra tra le materie di legislazione concorrente.
  Nell'assetto delineato dal disegno di legge in esame, è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, mentre è riconosciuta alle regioni la competenza legislativa per la disciplina, per quanto di interesse regionale, della promozione dei beni ambientali culturali e paesaggistici. A seguito del venir meno della competenza concorrente, la valorizzazione «in senso stretto» dei beni culturali e paesaggistici ascende quindi alla competenza esclusiva statale, mentre la «promozione» è ascritta alla competenza regionale, per ciò che attiene ai profili di interesse regionale. Al riguardo, la reintroduzione, con una dizione ambigua, di un non meglio precisato «interesse regionale» in nome del quale le Regioni dovrebbero disciplinare «la promozione dei beni ambientali e paesaggistici» rischia di vanificare l'obiettivo della riforma, vale a dire l'eliminazione del principio della legislazione concorrente con tutte le complessità, le complicazioni e le farraginosità che esso ha determinato nella concreta applicazione. Peraltro, più volte la Corte ha chiarito e affermato che la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto (e per tale motivo rientrando nella competenza esclusiva dello Stato), precede e comunque costituisce un limite degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali. In particolare, nella sentenza n. 367 del 2007, la Corte chiarisce che «la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Nella sentenza n. 51 del 2006 la Corte riconosce, inoltre, che il «titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione» è comprensivo «tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali».
  Con riferimento al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di ambiente, il testo costituzionale vigente demanda la legislazione in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera s)). In base al nuovo articolo 117, la materia in questione rimane nell'ambito della competenza esclusiva statale, ma muta denominazione da «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» ad «ambiente ed ecosistema». La modifica sembrerebbe assumere carattere sostanziale, in quanto proprio la connotazione finalistica (derivante dal riferimento alla “tutela”) ha fatto sì che la Corte Costituzionale desse una lettura estensiva di questo ambito di competenza. La Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che «non si può discutere di materia in senso tecnico, perché la tutela ambientale è da intendere come valore costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di Pag. 100«materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale» (sentenze n. 278/2012, n. 171/2012, n. 20/2012, n. 235/2011, n. 191/2011, n. 225/2009, n. 12/2009, n. 378/2007). Nella sentenza n. 225/2009, (e analogamente, nelle sentenze nn. 12/2009, 30/2009, 61/2009, 164/2009, 220/2009, 249/2009, 315/2009) si afferma che la «tutela dell'ambiente» ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito ad un bene, l'ambiente, e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso e si pone in evidenza un dato di rilevante importanza: sullo stesso bene (l'ambiente) «concorrono» diverse competenze, le quali, tuttavia, restano distinte tra loro, perseguendo autonomamente le loro specifiche finalità attraverso la previsione di diverse discipline.
  Dunque, la competenza statale, quando è espressione della tutela dell'ambiente, costituisce «limite» all'esercizio delle competenze regionali, anche in altri ambiti materiali. Le Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, debbono rispettare la normativa statale di tutela dell'ambiente, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, eccetera) livelli di tutela più elevati. La sentenza n. 58 del 2013 ha ribadito che «interventi specifici del legislatore regionale sono ammessi nei soli casi in cui essi, pur intercettando gli interessi ambientali, risultano espressivi di una competenza propria della Regione (sentenza n. 398 del 2006)»; ed «è consentito alla legge regionale incrementare gli standard di tutela dell'ambiente, quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della Regione e non compromette un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato (sentenze n. 66 del 2012, n. 225 del 2009, n. 398 del 2006, n. 407 del 2002)».
  Anche alla luce delle pronunce della Corte costituzionale, ritiene che debba valutarsi positivamente l'allargamento del raggio di azione della competenza legislativa statale alla materia «ambiente» tourt court, senza limitarsi al comparto, significativo, ma parziale, della «tutela».
  In tal modo si configura, infatti, l'ambiente come «valore» costituzionalmente protetto che, in quanto tale, delinea una sorta di materia «trasversale» in ordine alla quale si manifestano competenze diverse che comunque assegnano allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale. Debbono, pertanto, spettare allo Stato alla luce di tale formulazione il potere di fissare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale (in omaggio anche all'altra materia trasversale che attribuisce a quest'ultimo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) nonché la disciplina unitaria e complessiva dell'ambiente come entità organica.
  Ciò comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l'ambiente nel suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato.
  In tale direzione, pertanto, ritiene che si potrebbe riformulare ulteriormente l'articolo 117, lettera s), introducendovi il concetto di «sviluppo sostenibile» nei termini sopra descritti ed articolando in forma plurale il concetto di «ecosistema», in modo da evidenziarne la peculiarità e complessità e aggiungendo in tale sede anche la materia della «difesa del suolo».
  Evidenzia, infine, che la Commissione può e deve esprimersi anche con riferimento alle questioni attinenti alla governance territoriale, oggetto di riforma da Pag. 101parte del presente testo costituzionale, anche in connessione con la strettissima connessione tra l'esistenza e l'efficienza del sistema delle Regioni e degli enti locali e il perseguimento degli obiettivi di tutela e valorizzazione delle materie connesse con l'ambiente, gli ecosistemi, lo sviluppo sostenibile, il governo del territorio e le infrastrutture.
  Di particolare rilievo, a tale proposito, vi è la nuova enucleazione della competenza statale in materia di «disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni», nonché la previsione che per gli enti locali di area vasta che andranno a sostituire le soppresse Province, tenuto conto anche della aree montane, i profili ordinamentali generali sono definiti con legge dello Stato, mentre le «ulteriori disposizioni» sono adottate con legge regionale.
  A tale proposito, andrebbe ravvisato, a suo avviso, un limite nell'attuale stesura del testo di riforma costituzionale, laddove alla lettera p. dell'articolo 117 non si ricollega ai contenuti della disposizione finale di cui all'articolo 39, comma 4, primo periodo. Osserva infatti che l'ordinamento degli enti locali, da un lato, richiede norme generali comuni per tutto il territorio nazionale, dall'altro deve lasciare spazio alle norme generali e all'autorganizzazione delle istituzioni interessate, tra le quali vanno ricompresi anche gli enti di area vasta.
  A tale proposito, nelle disposizioni transitorie di cui all'articolo 39, quarto comma, rileva l'opportunità di introdurre una modifica, al fine contemperare l'esigenza di profili ordinamentali comuni validi sul piano nazionale con l'autonomia che in materia va assicurata alle Regioni, ferma restando l'esigenza di disposizioni peculiari per gli enti operanti in territori interamente montani, come tra l'altro previsto nella legge n. 56 del 2014.

  Claudia MANNINO (M5S), nel riservarsi di valutare attentamente la relazione del collega Borghi, manifesta tuttavia perplessità in merito ad alcune disposizioni del disegno di legge costituzionale in esame. In particolare, valuta negativamente il fatto che, nel nuovo assetto delle competenze delineate dal provvedimento, le regioni, sia a statuto ordinario che a statuto speciale, siano state esautorate delle principali funzioni in materia di ambiente, materia quasi interamente confluita nella competenza statale. Stigmatizza, inoltre, il fatto che le pronunce della Corte costituzionale siano state richiamate a supporto del disegno di legge in esame, mentre sono state, di fatto, ignorate dal Governo quando è stato emanato il decreto-legge c.d Sblocca-Italia. Ritiene pertanto che, nel complesso, la riforma in questione sollevi molti più interrogativi di quanti non ne chiarisca.

  Ermete REALACCI, presidente, osserva che, al fine di garantire una più incisiva tutela dell'ambiente, la materia in questione avrebbe dovuto trovare collocazione anche nella parte I della Costituzione relativa ai principi fondamenti, in particolare all'articolo 9. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Autorizzazione di spesa per la prosecuzione dell'impiego di personale militare per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale in Campania.
C. 2679-quater, Governo.

(Parere alla IV Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Tino IANNUZZI, relatore, rileva che la Commissione è chiamata a esaminare, ai fini del prescritto parere alla IV Commissione, il disegno di legge recante autorizzazione di spesa per la prosecuzione dell'impiego di personale militare per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale in Campania. Tale disegno di legge trae origine dallo stralcio dell'articolo 17, comma 20, del disegno di legge di stabilità disposto dal Presidente Pag. 102della Camera e comunicato all'Assemblea nella seduta del 30 ottobre 2014.
  In particolare, il disegno di legge originario presentato dal Governo è stato modificato dalla IV Commissione, che ha deciso di autorizzare la spesa di 10 milioni di euro per il solo anno 2015 per le esigenze connesse al possibile utilizzo da parte dei Prefetti delle province della regione Campania – nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale – di un contingente di personale militare delle Forze armate, posto a loro disposizione dalle competenti autorità militari.
  La normativa in esame fa salve, anche per l'anno 2015, le disposizioni di cui ai commi 2-bis e 2-quater dell'articolo 3 del decreto legge n. 136 del 2013 (che ha dettato una serie di misure per l'emergenza ambientale e sanitaria nella c.d. Terra dei fuochi. Alla luce di tali norme, nel corso delle predette operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza (comma 2-bis); inoltre agli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa delle Forze armate compresi nel contingente in discorso è attribuita un'indennità onnicomprensiva, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili di cui al citato comma. La predetta indennità onnicomprensiva, aggiuntiva rispetto al trattamento stipendiale o alla paga giornaliera, non può superare il trattamento economico accessorio previsto per il personale delle Forze di polizia (comma 2-quater). Si prevede poi che il personale delle Forze armate è posto a disposizione dei prefetti interessati fino al 31 dicembre 2015.
  All'onere derivante dall'attuazione della legge si provvede – a secondo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 – mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  Ricorda che la Commissione Difesa della Camera aveva iniziato l'esame di proposte di legge (A.C. 833 e abb.), recanti disposizioni concernenti l'impiego di contingenti di personale militare con funzioni di pubblica sicurezza per il contrasto della criminalità ambientale in Campania. Il testo base approvato dalla Commissione (A.C 833), riferito all'anno 2014, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente, contemplava il ricorso ad un contingente massimo di 850 unità di personale militare delle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sicurezza e controllo del territorio, prioritariamente finalizzate alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale in Campania. Su tale proposta la VIII Commissione aveva espresso parere favorevole, evidenziando, nelle premesse, l'apprezzamento per la finalità del provvedimento diretto a reprimere ed a porre un freno al fenomeno dei roghi di rifiuti di diversa natura, che affliggono alcuni territori della Campania, con particolare riferimento alla cosiddetta «Terra dei Fuochi»; attraverso i predetti roghi vengono smaltiti, a bassissimo costo e in grave violazione della legge, materiali spesso tossici e quindi fortemente pericolosi per la salute dei cittadini e per la integrità’ dell'ambiente. Inoltre, nel parere, la Commissione, valutate positivamente le modifiche introdotte nel corso dell'esame in sede referente e dirette a eliminare dal testo qualsiasi riferimento a compiti da affidare al personale militare delle Forze Armate, in qualche modo riconducibili a funzioni di polizia giudiziaria, aveva sottolineato che l'efficacia dell'attività di contrasto alla criminalità ambientale in Campania non può e non deve prescindere da interventi di portata più ampia e, comunque integrati con le operazioni di sicurezza e di controllo del territorio: primo fra tutti l'ampliamento della tipologia e dell'ambito dei delitti contro l'ambiente, attraverso il loro inserimento puntuale nel codice penale e l'inasprimento delle relative sanzioni. La Commissione aveva altresì ritenuto che occorre procedere alla concreta e tempestiva bonifica dei tanti siti inquinati attraverso la rapida esecuzione dei relativi progetti in tempi certi e ravvicinati, il reperimento delle risorse finanziarie Pag. 103occorrenti, la semplificazione e lo snellimento della normativa in materia, il rafforzamento delle azioni di monitoraggio per la tutela dell'ambiente e della salute, per la sicurezza e la qualità delle produzioni agro-alimentari.
  Nel preannunciare di voler seguire con ogni attenzione il dibattito in Commissione sul provvedimento in questione, fa presente che il disegno di legge di stabilità per il 2015, ora all'esame del Senato, a seguito delle modifiche introdotte dalla V Commissione nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, prevede (all'articolo 1, comma 139) l'istituzione di un Fondo per il finanziamento delle esigenze urgenti e indifferibili con una dotazione di 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2018. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – di concerto del Ministero dell'economia – sulla base delle finalità e degli importi indicati nell'elenco 1. Tra tali finalità figura il concorso delle Forze armate alle operazioni di sicurezza e controllo del territorio per la prevenzione alla criminalità organizzata e delitti ambientali nelle province della regione Campania, per 10 milioni per ciascun anno del triennio 2015-2017. Ritiene, pertanto, che ci siano le condizioni perché la Commissione possa esprimere un parere favorevole sul provvedimento in esame.

  Salvatore MICILLO (M5S) sottolinea che la situazione in cui versa la cosiddetta «Terra dei Fuochi» è estremamente grave e complessa, come ha dichiarato il generale Sergio Costa in occasione di una recente audizione. Rileva, infatti, che i frequenti rinvenimenti in tali aree dei rifiuti tossici interrati sono, oramai, un dato di fatto e che i controlli sul soprassuolo non vengono effettuati, come invece richiesto dalla normativa europea. Osserva che la prima domanda che il suo gruppo si è posto è se esistesse già una mappatura di tutti i luoghi dove, sino ad oggi, sono stati rinvenuti i rifiuti tossici e se fosse stata allertata la cittadinanza. Nel richiamare l'attenzione sul fatto che mancano sia i mezzi tecnici che le risorse necessarie ad effettuare un adeguato controllo del territorio, esprime, infine, perplessità sull'impiego dell'esercito con funzioni di ordine pubblico, ritenendo che andrebbe invece impiegato, attraverso una idonea riorganizzazione, il personale del Corpo Forestale dello Stato, specializzato nella prevenzione e repressione dei reati ambientali.

  Tino IANNUZZI, relatore, rileva la necessità che la Commissione monitori attentamente la puntuale applicazione delle disposizioni contenute nel decreto legge n. 136 del 2013. A tal fine, si riserva di proporre, in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, lo svolgimento, già a partire dal prossimo gennaio, di un ciclo di audizioni sul tema.

  Ermete REALACCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 10 dicembre 2014.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 17.45 alle 17.50.