CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 novembre 2014
328.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 120

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 4 novembre 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. – Intervengono i sottosegretari di Stato per la salute, Vito De Filippo e per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova.

  La seduta comincia alle 11.40.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015).
C. 2679-bis Governo.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017.
C. 2680 Governo.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 (limitatamente alle parti di competenza).
Tabella n. 4: Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 (limitatamente alle parti di competenza).
Tabella n. 14: Stato di previsione del Ministero della salute per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017.
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che venerdì 31 ottobre sono stati assegnati i disegni di legge recanti «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015)» (C. 2679-bis) e «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017» (C. 2680).Pag. 121
  Fa presente che, ai sensi di quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'articolo 119 del Regolamento, la Commissione dovrà sospendere ogni attività legislativa, fatte salve le attività dovute, finché non avrà espresso il parere di competenza sui predetti disegni di legge.
  Fa presente, altresì, che la Commissione è chiamata oggi a esaminare congiuntamente i predetti disegni di legge, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, per le parti di propria competenza. In particolare, per quanto riguarda il disegno di legge di bilancio, la Commissione esaminerà lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella n. 2) (limitatamente alle parti di competenza), nonché lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tabella n. 4) (limitatamente alle parti di competenza) e, ovviamente, lo stato di previsione del Ministero della salute (Tabella n. 14).
  L'esame si concluderà con la trasmissione alla Commissione bilancio di una relazione per ciascuno degli stati di previsione esaminati e delle connesse parti del disegno di legge di stabilità, e con la nomina di un relatore, il quale potrà partecipare alle sedute di quella Commissione.
  In questa fase la Commissione può approvare emendamenti, che vengono quindi trasmessi alla Commissione Bilancio in allegato alla relazione approvata e approvare ordini del giorno riferiti agli specifici ambiti materiali di rispettiva competenza.
  Per quanto riguarda il disegno di legge di stabilità, ricorda che devono essere presentati presso le Commissioni di settore gli emendamenti che riguardano esclusivamente le singole parti di competenza della Commissione medesima che comportino variazioni compensative in tale ambito; tuttavia, in via di prassi, è ammissibile, la presentazione dei suddetti emendamenti direttamente in Commissione bilancio; presso le Commissioni di settore possono essere presentati emendamenti al disegno di legge di stabilità che determinano variazioni nell'ambito delle parti di competenza la cui compensazione è effettuata su parti di competenza di altre Commissioni; non possono, in ogni caso, essere presentati emendamenti «a scavalco» tra disegno di legge di bilancio e disegno di legge di stabilità.
  Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono allegati alle relazioni che queste trasmettono alla Commissione Bilancio e s'intendono presentati, a nome della Commissione di settore, presso la Commissione Bilancio medesima. Quest'ultima li esamina insieme agli altri emendamenti, presentati dai deputati e dal Governo. Ai fini della ripresentazione in Assemblea, gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore e respinti dalla Commissione bilancio devono essere ripresentati su iniziativa dei deputati.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore devono essere invece ripresentati presso la Commissione Bilancio, anche al solo scopo di consentire a quest'ultima di respingerli ai fini della ripresentazione in Assemblea.
  Per quanto riguarda il disegno di legge bilancio, ricorda che gli emendamenti recanti variazioni compensative all'interno dei singoli stati di previsione devono essere presentati presso le Commissioni in sede consultiva. Gli emendamenti approvati saranno inclusi nella relazione della Commissione, mentre gli emendamenti respinti potranno essere successivamente ripresentati nel corso dell'esame in Assemblea. Potranno, inoltre, essere presentati e votati in Commissione anche emendamenti concernenti variazioni non compensative ovvero variazioni compensate non all'interno del medesimo stato di previsione; anche tali emendamenti, ove approvati, saranno inclusi nella relazione della Commissione. Nel caso in cui tali ultimi emendamenti fossero respinti, è invece necessario che gli stessi vengano ripresentati alla Commissione bilancio, anche al solo fine di consentire a quest'ultima di respingerli ai fini della ripresentazione in Assemblea.
  Fa presente, poi, che la valutazione circa l'ammissibilità degli emendamenti presentati nell'ambito dell'esame in sede consultiva sarà effettuata dai presidenti Pag. 122delle medesime Commissioni prima che gli stessi vengano esaminati e votati, secondo le previsioni del Regolamento della Camera e della legislazione vigente in materia. In sostanza si tratta di una valutazione che attiene, da un lato, alla presenza negli emendamenti di materie estranee al contenuto proprio della legge di stabilità e della legge di bilancio, e dall'altro, alla presenza di una adeguata copertura finanziaria. La valutazione sull'ammissibilità degli emendamenti verrà in ogni caso effettuata anche dal presidente della V Commissione bilancio, su tutti gli emendamenti ivi presentati.
  Con riferimento alla presentazione degli ordini del giorno, ricorda che presso le Commissioni di settore devono essere presentati tutti gli ordini del giorno riferiti alle parti di rispettiva competenza del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge di stabilità. Gli ordini del giorno accolti dal Governo o approvati dalla Commissione sono allegati alla relazione trasmessa alla Commissione bilancio. Gli ordini del giorno respinti dalle Commissioni di settore o non accolti dal Governo possono essere ripresentati in Assemblea.
  Gli ordini del giorno concernenti l'indirizzo globale della politica economica devono invece essere presentati direttamente in Assemblea.
  Ricorda, infine, che il termine per la presentazione degli emendamenti ai documenti di bilancio è fissato alle ore 17 di mercoledì 5 novembre. Gli emendamenti saranno quindi esaminati e votati e successivamente, entro la giornata di giovedì 6 novembre, si passerà alla votazione delle relazioni.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), relatore, fa presente che il disegno di legge di bilancio 2015-2017, pur confermando rispetto alla legge di bilancio 2014 il numero delle missioni in 34, presenta una profonda revisione delle unità di voto nell'articolazione e nel numero, ora pari a 181 (precedentemente erano 174).
  Tali modifiche conseguono prevalentemente dalla riorganizzazione effettuata da diversi Ministeri sulla base del processo di spending review avviato dal decreto legge n. 95 del 2012, e ulteriormente accelerato con il comma 4 dell'articolo 16 del decreto legge n. 66 del 2014 che ha avuto impatto rilevante sulla struttura degli stati di previsione.
  Variazioni nelle denominazioni di alcune missioni e di numerosi programmi hanno consentito di mettere in luce la rilevanza che il Governo assegna ad alcune politiche. Il contenuto di molteplici programmi, che non necessariamente hanno cambiato denominazione, è mutato anche per una collocazione delle voci di spesa che meglio rappresenta le finalità dei singoli capitoli del bilancio sottostanti.
  Fa presente, poi, che al fine di offrire una rappresentazione sintetica della complessiva allocazione delle risorse del bilancio tra le principali politiche, gli stanziamenti delle missioni, riclassificati in coerenza con la struttura del bilancio per il 2014, sono stati raggruppati in otto categorie tematiche.
  Per quanto riguarda i temi di interesse della Commissione segnala che oltre il 30 per cento delle risorse del disegno di legge del bilancio 2015-2017, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, sono destinate al finanziamento delle politiche di Previdenza, assistenza, e altre politiche di sostegno (in media sul triennio, il 18 per cento della spesa) e Salute ed istruzione (in media il 15 per cento della spesa).
  Per quanto concerne le politiche della salute, ricorda che i relativi stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero della salute (Tabella 14), e del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2).
  Per quanto concerne il primo dicastero segnala che la Missione 20 Tutela della salute, suddivisa in dodici programmi, presenta una riduzione del 15,6 per cento degli stanziamenti per il 2015 (843,6 milioni), rispetto alle previsioni assestate di bilancio 2014 (999,5 milioni). Tale riduzione è ascrivibile principalmente ai programmi 20.2 Sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti (-10,9 per cento), 20.3 Programmazione sanitaria in materia di livelli essenziali di assistenza e Pag. 123assistenza in materia sanitaria umana (-62,8 per cento) e 20.7 Vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (- 2,5 per cento).
  Il programma 20.2 presenta una riduzione di circa 5 milioni di euro, rispetto al dato assestato 2014 (46,9 milioni). La previsione per il 2015 è pertanto di 41,9 milioni, cifra che è prevista mantenersi stabile nel triennio. La riduzione è ascrivibile, sia alle spese di funzionamento, sia, soprattutto, alle spese per interventi che diminuiscono di 3,3 milioni di euro, per effetto dell'ulteriore contrazione, pressoché di pari importo, delle spese ascritte al cap. 5391 (rimodulabile) relative al potenziamento della sorveglianza epidemiologica delle encefalopatie spongiformi.
  Segnala, quindi che la previsione di bilancio per il programma 20.3 per il 2015 è di circa 81 milioni, e non varia sostanzialmente nei due anni successivi. Essa sconta una riduzione di 136,5 milioni di euro rispetto al dato assestato 2014, pari a 217,5 milioni. Tale riduzione è ascrivibile in prevalenza (-131,2 milioni di euro) alle variazioni in diminuzione del cap. 4391 Rimborso per spese di assistenza sanitaria all'estero, nonché spese connesse, di natura obbligatoria.
  In proposito ricorda che la legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 222, ha incrementato lo stanziamento di tale capitolo di 121 mln di euro per il solo 2014, in quanto tali risorse, come chiarito dal Ministero della salute, erano finalizzate a ripianare i debiti per la mobilità sanitaria internazionale passiva pregressa e non per il recepimento della Direttiva sulle cure trasfrontaliere 2011/24/UE, entrata in vigore il 25 ottobre 2013.
  Il programma 20.5 sconta una diminuzione di circa 13,8 milioni di euro, passando da un dato assestato 2014 pari a 552,9 milioni di euro a una previsione per il 2015 di 539 milioni, che si riduce ulteriormente a circa 490 milioni per ciascuno dei restanti anni del triennio di programmazione. La spesa di funzionamento si riduce di 1,4 milioni di euro, ma è quella per interventi a far registrare il maggiore calo, pari a 12,5 milioni, imputabile al cap. 2401 (rimodulabile) relativo alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con soggetti emotrasfusi per azioni di risarcimento danni (-7,4 milioni di euro).
  Segnala peraltro che il ddl di stabilità, al comma 17 dell'articolo 17 prevede l'attribuzione alle Regioni e alle province autonome di un contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2015, di 346 milioni per l'anno 2016 e di 289 milioni per l'anno 2017 relativo agli oneri finanziari derivanti dagli indennizzi e dagli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale.
  La Missione 17 Ricerca e innovazione è rappresentata quasi interamente dal programma 17.20 Ricerca per il settore della sanità pubblica e che determina la variazione in diminuzione delle risorse dell'intera Missione, riducendosi da un dato assestato 2014 di 303,6 milioni di euro a un dato previsione per il 2015 di 282,3 milioni (-20,8 milioni).
  La riduzione è prevalentemente ascrivibile al decremento del cap. 3392 (rimodulabile, esposto in Tab. C) relativo al Fondo per il finanziamento delle attività di ricerca corrente e finalizzata e per la sperimentazione in materia sanitaria (-17,7 milioni). Si segnala che la Tab. C del ddl di stabilità prevede, per il 2015, un'ulteriore riduzione a carico del cap. 3392, pari a 17,2 milioni di euro e 16,8 negli anni successivi. Rispetto allo stanziamento previsto per il 2014 dalla precedente legge di stabilità si verifica quindi nel 2015 una riduzione di 34,8 milioni di euro (da 288,7 a 253,9 milioni).
  Segnala, poi, che all'interno dello stato di previsione del Ministero della salute sono presenti le missioni 32 Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche, che raggruppa stanziamenti relativi alle voci di carattere amministrativo del Ministero, e 33 Fondi da ripartire, relativa ad appostamenti di carattere contabile. La Missione 32 presenta una diminuzione del 2,5 per cento rispetto all'assestato 2014 (39,7 milioni di euro), attestandosi a 38,7 milioni di euro per il 2015, cifra sostanzialmente stabile per gli anni successivi. La Missione 33 presenta un Pag. 124incremento di circa il 130 per cento rispetto all'assestato 2014 (14,5 milioni di euro), attestandosi a 33,3 milioni di euro per il 2015, cifra che diminuisce a 31,3 milioni per il 2016 e a 21,3 milioni per il 2017. L'incremento è ascrivibile essenzialmente ai fondi da assegnare per incrementi di parte corrente e di conto capitale effettuati a seguito del riaccertamento straordinario dei residui passivi ai sensi del decreto-legge n. 66 del 2014 (legge n. 89 del 2014).
  Ricorda, poi, che nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono presenti ulteriori missioni di interesse per l'area sanitaria.
  All'interno del programma 3.4 Federalismo, il cap. 2862 Somme da erogare alle regioni a statuto ordinario a titolo di compartecipazione all'IVA presenta una variazione in aumento rispetto all'assestato 2014 (59.243,4 milioni), pari a 8.636,6 milioni di euro, determinando in tal modo una previsione per il 2015 pari a 67.880 milioni di euro.
  La variazione è proposta in relazione alle effettive esigenze connesse con il finanziamento della spesa sanitaria corrente, determinate dal riparto delle risorse destinate al SSN. La variazione è proposta anche in relazione all'eliminazione dei residui passivi di bilancio e alla cancellazione dei residui passivi perenti a seguito dell'attività di riaccertamento straordinario dei residui svolta in attuazione dell'articolo 49, comma 2, lettera c), del decreto legge n. 66 del 2014.
  Il programma 3.6 Concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria presenta una variazione in diminuzione pari a circa 2.163 milioni di euro rispetto al dato assestato 2014 (8.820,5 milioni), attestandosi su un dato previsionale per il 2015 pari a 6.657,6 milioni, che è previsto mantenersi a tale livello anche per gli anni 2016 e 2017.
  Nella Missione 14 Infrastrutture pubbliche e logistica il programma 14.8 Opere pubbliche e infrastrutture, che rappresenta l'intera missione, contiene le dotazioni per il finanziamento dell'edilizia sanitaria.
  Il capitolo 7464 Somma da erogare per interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica, rimodulabile, è esposto in tabella E della legge di stabilità. Il capitolo viene rifinanziato per il 2015 con una variazione in aumento di 610 milioni di euro. Per gli anni 2016 e 2017 è previsto, rispettivamente, uno stanziamento di 1.010 milioni e 521.2 milioni di euro.
  Fa presente che di tali importi, 100 milioni per il 2015 e 500 milioni per il 2016 sono da riferire al rifinanziamento vigente disposto dalla Tab. E della stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) per gli interventi di edilizia sanitaria pubblica, mentre la restante quota di 510 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e 521,2 per il 2017 è da riferire al riaccertamento straordinario dei residui svolto in attuazione dell'articolo 49, comma 2, lettera d) del decreto-legge n. 66 del 2014 (legge n. 89 del 2014) (v. scheda Tab. E).
  In sede di assestamento 2014 sono stati accertati, per tale anno, come da rendiconto al 31 dicembre 2013, residui pari a 1.224 milioni.
  La Tabella E riportata nel ddl di stabilità reca un rifinanziamento di 200 milioni per il 2015, 400 milioni per il 2016, e 1.200 milioni per il 2017 per l'attuazione del programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (finanziaria 1988) ivi compresi gli interventi finalizzati all'adeguamento della sicurezza di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, successivamente sostituito dal decreto legislativo n. 81 del 2008.
  Passando ad esaminare gli stanziamenti relativi alle politiche sociali ricorda preliminarmente che sono iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tabella 4) e del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2).
  Nello stato di previsione del Ministero in esame le principali Missioni riguardanti il settore delle politiche sociali sono: Diritti Pag. 125sociali, politiche sociali e famiglia (24) e Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti (27).
  Fa presente che, nell'ambito della Missione (24) Diritti sociali, politiche sociali e famiglia si registra una riduzione degli stanziamenti pari allo 0,7 per cento, quasi interamente ascrivibile alla contrazione dei capitoli rimodulabili nell'ambito del programma 24.12 relativo ai trasferimenti assistenziali agli enti previdenziali e al finanziamento delle politiche sociali, tra i quali sono ricondotti i trasferimenti del Fondo nazionale per le politiche sociali (cap. 3671) e quelli del Fondo per le non autosufficienze (cap. 3538).
  Il programma 24.12 ha una previsione assestata per il 2014 pari a 27.273,4 milioni di euro, che con la variazione in diminuzione proposta (-174,6 milioni di euro), porta la risultante previsione per il 2015 a 27.098,7 milioni di euro; dotazione che cresce nel 2016 (27.433 milioni) e nel 2017 (27.984 milioni).
  All'interno della Missione 27 Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ed in particolare del programma 27.6 Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate, il cap. 3784 Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, rimodulabile, presenta una previsione assestata 2014 pari a 30 milioni di euro La previsione per il 2015 è pari a 20 milioni di euro; cifra proposta anche per ciascuno degli anni successivi. Segnalo però che la legge di stabilità prevede il trasferimento di tale fondo al Ministero dell'interno.
  Passando ad illustrare le previsioni di bilancio relative ai singoli fondi relativi alle politiche sociali e assistenziali segnala che alcuni di essi (Fondo da ripartire per le politiche sociali, Fondo per le non autosufficienze, Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare) verranno trattati in relazione alla legge di stabilità che prevede il loro rifinanziamento.
  Il capitolo 3527 Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (legge n. 285 del 1997), dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esposto in Tab. C del ddl di stabilità, presenta una previsione assestata per il 2014 di circa 30,7 milioni di euro, derivante dalla legge di stabilità 2014. La previsione per il 2015 è pari a circa 28,7 milioni di euro, confermati anche quale previsione per ciascun anno del biennio successivo. La Tabella C della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) reca una autorizzazione per il 2014 e il 2015 pari a 28,7 milioni di euro, che divengono 28,8 milioni di euro per il 2016.
  Ulteriori fondi di rilievo per le politiche sociali sono allocati nello stato di previsione del MEF nella Missione Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (24). La Missione contiene i programmi 24.5 Protezione sociale per particolari categorie e 24.7 Sostegno alla famiglia.
  Fa presente che nel programma 24.7 è allocato il cap. 2102 Fondo per le politiche della Famiglia, esposto in Tabella C di legge di stabilità, con una previsione assestata per il 2014 di 20,9 milioni. La previsione per il 2015 è pari a circa 18,3 milioni di euro. Le previsioni per il 2016 e per il 2017 sono pari a 17,6 milioni di euro in ciascun anno. La legge di stabilità 2014 prevedeva una dotazione del Fondo, esposta in Tabella C, di circa 20,9 mln euro per il 2014, di 20,3 mln euro per il 2015 e di 20,4 mln euro per il 2016.
  Il cap. 2108, Somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le politiche delle pari opportunità, esposto in Tabella C del ddl stabilità, presenta una previsione assestata per il 2014 pari a 37,1 milioni di euro, di cui sono stati impegnati 8,3 milioni di euro. Le previsioni per il 2015 registrano una cifra pari a 28,8 milioni di euro, mentre quelle per il 2016 sono pari a 28,2 milioni di euro e quelle per il 2017 a 20,3 milioni di euro. Pag. 126La legge di stabilità 2014 prevedeva uno stanziamento per il 2014, esposto in Tabella C, pari a 32,1 mln di euro.
  Nell'ambito della Missione 24 dello stato di previsione del MEF sono inoltre allocate le risorse per l'attuazione delle politiche antidroga. Le risorse, individuabili nel programma 24.4 Lotta alle dipendenze, sono stanziate al cap. 2113 Fondo politiche antidroga, rimodulabile, con una previsione assestata 2014 pari a 8,4 milioni di euro, di cui sono stati impegnati circa 1 milione di euro. Le previsioni per il 2015 sono pari a 7,3 milioni di euro, per il 2016 e il 2017 a circa 5,8 milioni di euro per ciascun anno del biennio.
  Fa presente, poi, che nello stato di previsione del MEF sono altresì allocate le risorse della Missione 22 Giovani e sport, contenente il programma 30.2 Incentivazione e sostegno alla gioventù, al suo interno il cap. 2106 Fondo per le politiche della gioventù, esposto in Tabella C, presenta una previsione assestata 2014 pari a 16,8 milioni di euro, di cui sono stati impegnati 11 milioni di euro. Le previsioni per il 2015 sono pari a 5,8 milioni di euro, quelle per il 2016 a 5,6 milioni di euro, mentre quelle per il 2017 sono pari a circa 6,1 milioni di euro. La legge di stabilità 2014 reca una dotazione del Fondo, esposta in Tabella C, pari a 16,8 mln euro (nel 2013 era pari a 6,2 mln euro). Per il biennio successivo le dotazioni sono pari a circa 6,4 mln euro.
  Passando ad illustrare l'articolato della legge di stabilità, si sofferma sia sulle norme più strettamente di competenza della Commissione affari sociali, sia su quelle che presentano in ogni caso un interesse per il lavoro della XII Commissione.
  Fa presente, quindi, che l'articolo 13 reca misure a favore della famiglia.
  In particolare, i commi da 1 a 5 sono relativi al cosiddetto «Bonus bebè», prevedendo per ogni figlio nato o adottato dal 1o gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro, erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione, allo scopo di incentivare la natalità e di contribuire alle spese per il sostegno.
  Tale assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell'articolo 8 del Testo unico delle imposte sui redditi – è corrisposto, fino al compimento del terzo anno d'età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione, per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno, residenti in Italia.
  Fa presente, poi, che per la corresponsione del beneficio economico si richiede la condizione che i genitori abbiano conseguito, nell'anno solare precedente a quello di nascita del bambino beneficiario, un reddito complessivamente non superiore a 90.000 euro. Tale condizione non opera nel caso di nati o adottati di quinto o ulteriore per ordine di nascita o ingresso nel nucleo familiare.
  L'assegno è corrisposto, a domanda, dall'INPS, che provvede alle relative attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1). Viene rimessa ad un D.P.C.M., da emanare di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'economia, l'attuazione delle disposizioni citate (comma 2).
  L'onere derivante dall'articolo in esame è valutato in 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni di euro per il 2016, 1.012 milioni di euro per l'anno 2017, 1.012 milioni di euro per l'anno 2.018, 607 milioni di euro per l'anno 2019 e 202 milioni di euro per l'anno 2020 (comma 4).
  All'INPS è rimesso il monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dalle disposizioni in commento mediante l'invio di relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Nel caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa si provvede, con Decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, a rideterminare l'importo annuo e il limite reddituale (comma 3). Pag. 127
  Viene inoltre precisato che delle somme erogate ai sensi del presente articolo non si tiene conto anche ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo valido ai fini del riconoscimento di deduzioni, detrazioni o altri benefici per i quali è richiesto il possesso di requisiti reddituali di cui all'articolo 13-bis, comma 1 del testo unico delle imposte sui redditi (comma 5).
  Ricorda, poi, che il comma 6 dell'articolo 13 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo con la dotazione di 298 milioni, per l'anno 2015, da destinare ad interventi a favore della famiglia. Viene rimesso ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione della destinazione del fondo, dei criteri di riparto, degli obbiettivi e delle disposizioni attuative. Segnala in proposito che andrebbero meglio definite le finalità di un Fondo con una dotazione così rilevante.
  L'articolo 14 destina annualmente, a decorrere dall'anno 2015, nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (determinate in circa 112 miliardi di euro per il 2015 dall'articolo 39, comma 2) una quota pari a 50 milioni di euro per la cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo.
  Alla ripartizione dell'importo si provvede annualmente all'atto dell'assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e province autonome a titolo di finanziamento della quota indistinta – non vincolata al perseguimento di particolari obbiettivi –, del fabbisogno sanitario standard regionale, secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard.
  Come evidenziato anche dalla relazione tecnica, la disposizione, in tali termini, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto si limita ad individuare una specifica finalizzazione degli importi destinati alle regioni per l'erogazione delle prestazioni sanitarie.
  La verifica della effettiva destinazione delle risorse e delle relative attività assistenziali costituisce adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale ed è effettuata nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA di cui all'articolo 9 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005.
  Segnala che i commi 20-25 dell'articolo 44, di cui tratterò più oltre, recano misure di contrasto al gioco illegale o in assenza di autorizzazione governativa, nonché un aumento dei prelievi statali. Tali norme, che presentano un profilo prevalentemente di carattere fiscale, interessano la nostra Commissione in relazione al contrasto alla ludopatia.
  L'articolo 15, di natura fiscale ma con sicuri profili di interesse per la nostra Commissione, è volto ad elevare da 2.065 a 30.000 euro annui l'importo massimo sul quale spetta la detrazione – pari al 26 per cento a decorrere dal 2014 – per le erogazioni liberali in denaro a favore delle Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Analogo adeguamento a 30.000 euro viene previsto per l'importo massimo deducibile a fini Ires. I nuovi importi si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
  L'articolo 17, sotto la rubrica «politiche invariate» reca il rifinanziamento, a volte in connessione con una revisione normativa, di numerosi disposizioni tra le quali rientrano alcune di competenza o di interesse della Commissione XII.
  Segnala, poi, che in primo luogo, il comma 4 dell'articolo 17 prevede la stabilizzazione della disciplina dell'istituto del 5 per mille IRPEF, disponendo l'applicazione all'esercizio finanziario 2015 e agli esercizi successivi delle disposizioni vigenti in materia, relative al riparto della quota del 5 per mille con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dell'annualità Pag. 128precedente, contenute all'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del decreto-legge n. 40 del 2010.
  Il comma stabilisce altresì che le norme attuative di tale disciplina, contenute nel D.P.C.M. 23 aprile 2010, si applichino a decorrere dall'esercizio finanziario 2014.
  Viene infine indicato in 500 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall'anno 2015. Tale importo è superiore a quanto annualmente autorizzato negli anni precedenti per le finalità del 5 per mille IRPEF (negli ultimi tre anni, sono stati stanziati 300 milioni nel 2011, 400 milioni sia per il 2012 che per il 2013).
  Il comma in esame introduce in via permanente, la possibilità – già prevista dall'articolo 1, comma 205 della legge di stabilità 2013 – che le somme non impegnate relative al cinque per mille alla chiusura dell'esercizio possano essere utilizzate nell'esercizio successivo. Ciò è connesso al fatto che la complessa procedura sottesa, in particolare, all'esame dei soggetti ammissibili al contributo – considerando anche i relativi ricorsi che questi possono presentare – si svolge di media l'arco di due anni.
  Ricorda, poi, che l'istituto del 5 per mille è stato introdotto, con la legge finanziaria per il 2006, con l'istituzione, a titolo iniziale e sperimentale, di un apposito Fondo nel quale far confluire una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito da destinare ad una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca. L'istituto è stato poi annualmente confermato per gli esercizi finanziari successivi, da apposite norme di legge, fino all'attuale. A differenza del primo anno di applicazione (in cui le somme corrispondenti alla quota del 5 per mille sono state determinate «sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti come risultanti dal rendiconto generale dello Stato»), negli anni successivi è stata introdotta una vera e propria autorizzazione legislativa di spesa, da intendersi quale limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille.
  Il comma in esame, per quanto non di competenza della XII Commissione, appare quindi strettamente connesso alle disposizioni sulla materia recate dal disegno di legge di riordino del terzo settore al nostro esame, in relazione al quale fa rinvio al successivo comma 18.
  Il comma 6, incrementa di 250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 il Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti Nel bilancio a legislazione vigente le previsioni per il 2015 registrano uno stanziamento pari a 49,7 milioni di euro. Per gli anni 2016 e 2017 risulta uno stanziamento pari, rispettivamente, a 50,7 milioni e a circa 11,1 milioni di euro.
  Rammenta che le risorse del fondo in questione, istituito dall'articolo 81, comma 29, del decreto-legge n. 112 del 2008 oltre a finanziare la Carta acquisti ordinaria, introdotta dallo stesso provvedimento, sono utilizzate anche per la Carta per l'inclusione di cui all'articolo 60 del decreto-legge n. 5 del 2012.
  La Carta acquisti ordinaria viene concessa ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni e si configura come un trasferimento monetario pari a 40 euro mensili.
  Il citato articolo 60 del decreto-legge 5/2012 ha configurato una nuova carta acquisti, la Carta per l'inclusione, prevedendone una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi nei comuni con più di 250.000 abitanti. La Carta per l'inclusione – il cui importo varia da un minimo di 231 a un massimo di 404 euro mensili – è rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con minori e con un forte disagio lavorativo.
  L'articolo 3 del decreto-legge n. 76 del 2013 ha esteso la sperimentazione della Carta per l'inclusione, già prevista per le aree metropolitane, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Pag. 129
  In ultimo, l'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge 147 del 2013) ha previsto uno stanziamento per il 2014 pari a 250 milioni di euro per il Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare, stabilendo, in presenza di risorse disponibili in relazione all'effettivo numero dei beneficiari della carta acquisti ordinaria, che venga determinata con decreto Ministero del lavoro e delle politiche sociali – MEF: la quota del Fondo da riservare all'estensione su tutto il territorio nazionale, non già coperto, della Carta acquisti sperimentale, di cui all'articolo 60 del decreto-legge 5/2012; le modalità di prosecuzione del programma carta acquisti ordinaria, in funzione dell'evolversi delle sperimentazioni in corso; il riparto delle risorse ai territori coinvolti nella estensione della sperimentazione. La legge di stabilità 2014 ha inoltre stanziato 40 milioni all'anno per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da utilizzare per raggiungere un ammontare di risorse sufficiente per estendere la Sperimentazione della Carta per l'inclusione a tutto il territorio nazionale.
  Fa presente, poi, che il comma 7 dell'articolo 17 incrementa lo stanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015. Ricorda che nel bilancio a legislazione vigente la previsione per il 2015 è pari a circa 13 milioni di euro, e a circa 12,6 milioni di euro per ciascun anno del biennio successivo.
  Il Fondo, istituito nel 1998 dall'articolo 59, comma 44, della legge n. 449 del 1997, è stato definito e rafforzato dalla legge n. 328 del 2000 che ha fra l'altro stabilito che le risorse annualmente attribuite al Fondo devono essere ripartite – con decreto del Ministro competente per le politiche sociali, sentiti i ministri interessati e d'intesa con la Conferenza Unificata Stato-regioni – tra le regioni, i comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il FNPS, le cui risorse sono esposte in Tabella C della legge di stabilità, è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (capitolo 3671).
  Ricorda che la dotazione del Fondo, come esposta in Tabella C, era rispettivamente di: 70 milioni nel 2012 e di 344 milioni nel 2013. La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) ha previsto, per il 2014, una dotazione del FNPS pari a 317 milioni di euro. In seguito, il Decreto 21 febbraio 2014 di Ripartizione delle risorse finanziarie afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali, per l'anno 2014 ha rideterminato le risorse in 297,4 milioni di euro.
  Il decreto di riparto impegna le regioni a utilizzare le risorse loro destinate per aree di utenza e macro-obiettivi di servizio così definiti: servizi per l'accesso e la presa in carico dalla rete assistenziale; servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio; servizi a carattere comunitario per la prima infanzia; servizi a carattere residenziale per le fragilità; misure di inclusione sociale e di sostegno al reddito. La programmazione di questo ultimo macro-obiettivo tiene conto dell'evoluzione della sperimentazione della Carta acquisti intesa come sostegno per l'inclusione attiva, di cui all'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).
  Fa presente, poi, che nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, il secondo periodo del comma 7 individua, all'interno del Fondo nazionale per le politiche sociali, una quota – fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro – destinata al rilancio di un piano di sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, per il raggiungimento di determinati obiettivi di servizio. Tale quota viene individuata in sede di riparto, mediante Intesa in sede di Conferenza unificata.
  Segnala che sinora il piano di sviluppo è stato finanziato con le risorse disponibili a valere sui capitoli di pertinenza Politiche della famiglia del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri Pag. 130e con i Fondi strutturali europei nell'ambito del Piano di azione e coesione (PAC).
  Osserva, poi, che la formulazione letterale della disposizione prevede che la quota destinata al rilancio dei servizi socio-educativi per la prima infanzia sia individuata «nell'ambito delle risorse del Fondo, nella dotazione di cui al cui al comma 9». Tale inciso non appare coerente, in quanto il comma 9 dell'articolo in esame reca l'autorizzazione di spesa per il sostegno alle scuole paritarie – nelle quali non rientra il sistema dei servizi socio-educativi – e anche perché la quota di 100 milioni viene contestualmente imputata a due diverse autorizzazioni di spesa (Fondo nazionale per le politiche sociali e sostegno alle scuole paritarie).
  La norma in esame collega la destinazione vincolata di 100 milioni alla mancata definizione dei livelli essenziali di assistenza in ambito sociale e al raggiungimento dell'obiettivo comune europeo della copertura territoriale del 33 per cento per la fornitura di servizi per l'infanzia.
  Per quanto riguarda la possibilità di decidere centralmente l'utilizzo di risorse in ambiti di competenza regionale residuale o concorrente, ricorda che la Corte costituzionale con la sentenza 423/2004 si è già espressa, con una decisione molto articolata, sul finanziamento delle politiche sociali. La Consulta ha in sostanza sottolineato come non siano consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale concorrente ovvero residuale, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.
  Il comma 8 prevede una dotazione per il Fondo per le non autosufficienze di 250 milioni di euro a decorrere dal 2015, precisando che lo stanziamento del Fondo è rivolto anche agli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Ricordo che nel bilancio a legislazione vigente le previsioni risultanti per il 2015, così come per il biennio successivo, non prevedono alcuno stanziamento dedicato.
  Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi a favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali.
  Ricorda che nel 2012 il Fondo non è stato finanziato, mentre per il 2013, la dotazione, come esposta in Tabella C, era pari a 275 milioni di euro. La legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), commi 199-200, ha confermato un finanziamento di 275 milioni di euro per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze, inclusi quelli a sostegno delle persone affette da SLA e di ulteriori 75 milioni di euro, sempre per il 2014, come aggiunta alle risorse ordinariamente previste dal Fondo, da finalizzare per interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravissime, incluse quelle affette da SLA.
  I commi da 13 a 15 dell'articolo 17 riguardano il tema dei richiedenti asilo e rifugiati, inclusi i minori, di cui la nostra Commissione si è recentemente occupata in occasione dell'espressione del parere alla I Commissione sulla proposta di legge Zampa C. 1658, che introduce modifiche alla normativa vigente in materia di minori stranieri non accompagnati, con la finalità di stabilire una disciplina unitaria organica sui minori stranieri non accompagnati che rafforzi gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento e assicuri maggiore omogeneità nell'applicazione delle disposizioni in tutto il territorio nazionale.
  Fa presente che, in particolare, il comma 13 incrementa di 187,5 milioni di Pag. 131euro annui a decorrere dal 2015 il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, destinato all'ampliamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
  Evidenzia che, secondo i dati recentemente forniti al Parlamento dal prefetto Morcone dall'inizio dell'anno fino a metà settembre del 2014, le richieste di protezione internazionale sono state circa 38.000 a fronte di 26.620 domande presentate in tutto l'anno 2013. L'incremento della presentazione delle domande è collegato alla forte ripresa dei flussi migratori, motivati sempre più dalla situazione politica dei Paesi di provenienza, piuttosto che da ragioni economiche.
  Agli oneri connessi all'aumento del numero dei richiedenti asilo si è fatto fronte innanzitutto, con il decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure di riequilibrio della finanza pubblica che ha incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ed ha istituito un Fondo presso il Ministero dell'interno per far fronte ai problemi indotti dal fenomeno dell'immigrazione, con una dotazione di 190 milioni di euro per l'anno 2013. Parte della dotazione di quest'ultimo fondo, pari a 30 milioni, sono stati assegnati al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ad integrazione del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo (decreto del Ministro dell'interno 3 giugno 2014).
  L'articolo 1, comma 204, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) ha incrementato di 3 milioni di euro per l'anno 2014 il al fine di realizzare iniziative complementari o strumentali necessarie all'integrazione degli immigrati nei comuni, singoli o associati, che siano sede di Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) con una capienza pari o superiore alle 3.000 unità.
  Il fondo è stato ulteriormente incrementato con il decreto-legge 119 del 2014 di 50,8 milioni di euro per il 2014, finalizzati all'ampliamento delle strutture del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati – SPRAR) oltre a creare un nuovo fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno per fronteggiare l'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale e vi destina per il 2014 62,7 milioni di euro.
  A questi fondi disposti in via legislativa, si aggiungono, per il 2014, 60 milioni provenienti dal fondo di riserva per le spese impreviste, e 53 stanziati in sede di assestamento.
  Il comma 14, istituisce, a decorrere dal 1o gennaio 2015, il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nello stato di previsione del Ministero dell'interno. Nel nuovo fondo confluiscono le risorse dell'analogo Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal decreto-legge 95/2012, che viene contestualmente soppresso. Inoltre, il nuovo fondo è incrementato di 12,5 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2015.
  L'istituzione del nuovo fondo viene giustificata nella disposizione in esame per assicurare una migliore gestione e allocazione della spesa.
  Al 30 settembre 2014 risultano, secondo il monitoraggio effettuato dal Ministro del lavoro, 12.164 minori stranieri non accompagnati segnalati (erano 8.526 il 31 ottobre 2013), di cui 3.163 irreperibili.
  Ricorda che il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è stato istituito con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2012 e faceva parte di una serie di misure, volte ad assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria nel territorio nazionale, ivi comprese le operazioni per la salvaguardia della vita umana in mare, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. La dotazione del fondo è stata successivamente incrementata di 20 milioni per l'anno 2013, dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 120 del 2013 nonché, di 40 milioni di euro per il 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 dall'articolo 1, co. 202 e 203, Pag. 132della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014). Attraverso il Fondo, il Ministro del lavoro provvede alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
  Il comma 15 prevede che i minori stranieri non accompagnati accedono ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, la cui dotazione è incrementata dal comma 13 dell'articolo in esame.
  Segnala che come si evince dalla relazione illustrativa, la norma è finalizzata ad estendere l'assistenza della reta SPRAR anche ai minori stranieri non accompagnati che non hanno richiesto il riconoscimento del diritto di asilo.
  Infatti, attualmente solo i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, ai sensi del richiamato articolo 26 del decreto legislativo n. 25 del 2008, sono immediatamente avviati nelle strutture di accoglienza del rete SPRAR.
  Ricorda che il testo della richiamata proposta di legge Zampa C. 1658, risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione, prevede che all'attuazione delle disposizioni previste dagli articoli 4 e 13 si provveda nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che dovrebbe passare al Ministero dell'interno secondo quanto previsto dal comma 14, articolo 17 della legge di stabilità che ha appena illustrato.
  Il comma 17 dell'articolo 17 prevede l'attribuzione alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di un contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2015, di 346 milioni di Euro per l'anno 2016 e di 289 milioni di Euro per l'anno 2017 relativo: agli oneri finanziari derivati dalla corresponsione – ad opera delle medesime Regioni e province – degli indennizzi in favore di determinati soggetti danneggiati in ambito sanitario (in ragione, tra le altre ipotesi, di alcune fattispecie di vaccinazione, di trasfusione o somministrazione di sangue o di suoi derivati, ovvero di contagio da persone rientranti nelle suddette fattispecie), ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 e della legge n. 210 del 1992 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2012 e il 31 dicembre 2014; agli oneri finanziari derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo fino al 31 dicembre 2011.
  Il citato contributo è ripartito tra le regioni e province autonome interessate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero della salute, da adottare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, in proporzione del fabbisogno derivante dal numero di indennizzi corrisposti dalle regioni e province autonome, come comunicati dalla Conferenza delle Regioni e delle province entro il 31 gennaio 2015 previo riscontro del Ministero della salute.
  Rammento che il primo intervento del legislatore in tema di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, è rappresentato dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210.
  L'articolo 2 della legge citata prevede che l'indennizzo consista in un assegno, reversibile per quindici anni, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. Esso è integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni.
  La rivalutazione su base annua, secondo il tasso d'inflazione programmato, dell'assegno disciplinato dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, non era prevista dal testo iniziale di detta disposizione. Essa fu introdotta con l'articolo 1, comma 1, della legge n. 238 del 1997. Nulla, invece, fu disposto al riguardo Pag. 133per la seconda componente dell'indennizzo, cioè per la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale, ancorché questa avesse per l'appunto funzione integrativa dell'indennizzo medesimo. In proposito, nel corso degli anni, si è registrato un orientamento giurisprudenziale oscillante, e un intervento legislativo (articolo 11, comma 13, decreto-legge 78/2010) diretto ad escludere la rivalutazione poi dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 293/2011.
  Infine, la Corte europea dei dritti dell'uomo con la Sentenza 3 settembre 2013 ha disposto, a carico dello Stato italiano, l'obbligo di liquidazione ai titolari dell'indennizzo di cui alla legge n. 210/1992 degli importi maturati a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale.
  A seguito di tale pronuncia, l'articolo 1, comma 223, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) ha disposto l'incremento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210.
  Segnala, poi, che il comma 18 reca una autorizzazione triennale di spesa per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale con uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2015, 140 milioni per il 2016 e 190 milioni di euro a decorrere dal 2017, quando lo stanziamento dovrebbe essere autorizzato a regime.
  Ricorda che il disegno di legge (A.C. 2617) recante la delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale all'esame della XII Commissione istituisce, all'articolo 7, un fondo rotativo di 50 milioni di euro destinato a finanziare a condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali delle imprese sociali. Lo stesso articolo prevede che nell'ambito della legge di stabilità 2015, possano essere individuate risorse finanziarie ulteriori, per garantire la stabilizzazione e il rafforzamento delle misure previste dal disegno di legge delega in esame in materia di: riforma strutturale dell'istituto della destinazione del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti privati del Terzo settore, determinazione del relativo limite di spesa in coerenza con le risorse disponibili, razionalizzazione dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio nonché semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti agli enti; previsione di un fondo rotativo per le imprese sociali; servizio civile universale.
  Il comma in esame, insieme al precedente comma 4, appare quindi come una sorta di «adempimento» dell'impegno preso in sede di predisposizione del disegno di legge di delega.
  Per quanto di interesse della Commissione segnala che l'articolo 20, al comma 1, dispone la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato in favore di enti e organismi pubblici indicati nell'allegato 6 al disegno di legge in esame, per un importo complessivo pari a 22 milioni per il 2015 e a 21,7 milioni a decorrere dal 2016. Per quanto concerne il Ministero della salute è prevista una riduzione complessiva di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2015-2017 che riguarda: la Fondazione istituto mediterraneo di ematologia (IME); la somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi; le spese di funzionamento per le attività dell'istituto superiore di sanità; le spese di funzionamento per le attività dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali; il Fondo per gli oneri di gestione dell'Agenzia italiana del farmaco.
  Ricorda inoltre che in applicazione dell'articolo 24 (e dalle tabelle C e D) sono previsti risparmi, a carico del Ministero della salute, per complessivi 35,3 milioni nel 2015 e 33,8 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
  L'articolo 26 reca riduzione delle spese e interventi correttivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Per quanto di interesse della Commissione segnala che il comma 2 dispone la soppressione della norma che prevede Pag. 134l'erogazione da parte di INPS e INAIL di prestazioni economiche accessorie corrisposte agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Sistema sanitario nazionale, con oneri a carico delle medesime gestioni previdenziali.
  La disposizione soppressa è l'ultimo periodo del comma 1, articolo 5, della legge n. 323 del 2000 che ha riordinato il settore termale, principalmente a scopo di prevenzione dell'invalidità pensionabile.
  La disposizione in esame dunque prevede l'abolizione degli oneri finanziari a carico degli enti previdenziali corrispondenti a prestazioni che non rientrano nei livelli essenziali di assistenza a carattere accessorio, restando a carico del SSN l'erogazione delle altre prestazioni di assistenza termale previste dalla normativa vigente.
  Segnala, inoltre, che il successivo comma 6 prevede, a decorrere dal 2015, il riversamento, da parte dell'INPS, all'entrata del bilancio dello Stato, di 19 milioni di euro derivanti dai risparmi ottenuti dall'attuazione di quanto previsto dalle disposizioni recate dall'articolo d, inclusa quella prevista dal comma 2. Inoltre il comma 9 dispone, a decorrere dal 2015, il riversamento, da parte dell'INAIL, all'entrata del bilancio dello Stato di 50 milioni di euro a decorrere dal 2015 in relazione agli ulteriori risparmi da conseguire attraverso interventi di razionalizzazione e di riduzione delle spese dell'istituto, tenuto anche conto della previsione di cui al comma 2 con esclusione di quelle predeterminate per legge.
  Per ciò che rientra più propriamente nelle competenze della XII Commissione, ricorda che il comma 12 interviene sulla disciplina degli obblighi di comunicazione all'Anagrafe tributaria posti in capo agli operatori finanziari, prevedendo l'integrazione delle informazioni che vengono utilizzate ai fini della compilazione della dichiarazione sostitutiva unica per la determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), con il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.
  Più in dettaglio, la disposizione integra con questo dato la seconda parte del comma 4, articolo 11, del decreto-legge 201/2011 relativa alle informazioni che devono essere contenute nelle comunicazioni degli operatori finanziari all'Anagrafe tributaria, anche al fine di semplificare gli adempimenti dei cittadini per la compilazione della dichiarazione ISEE da perfezionare in base alle disposizioni dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 109 del 1988.
  Segnala che tale novella è stata richiesta dalle Commissioni parlamentari competenti in sede di parere sullo schema di regolamento che ha disciplinato le nuove modalità di calcolo dell'indicatore di reddito ISEE (DPCM 159 del 2013), considerato che il valore della consistenza media annua di depositi e conti correnti bancari e postali non è di facile reperimento da parte del cittadino che, in questo modo, verrebbe sollevato dall'onere di farne richiesta all'intermediario bancario per assolvere ai suoi obblighi di compilazione della richiamata dichiarazione sostitutiva.
  Sotto il profilo della formulazione del testo, segnala che la norma modificata reca il riferimento all'articolo 4 del D.Lgs. n. 109/1988, ora abrogato, che andrebbe sostituito con il riferimento al decreto del Presidente del Consiglio 5 dicembre 2013, n. 159, recante Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), che lo ha sostituito.
  Ricorda in proposito che il comma 10 del medesimo articolo prevede, per l'esercizio finanziario 2015, la riduzione complessiva e proporzionale di 150 milioni di euro degli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e assistenza sociale di cui all'articolo 13, comma 1, della legge n. 152 del 2001. Segnala questo aspetto in quanto le certificazioni dell'ISEE vengono prevalentemente rilasciate con la collaborazione dei patronati.
  Il successivo articolo 28 reca riduzione delle spese e interventi correttivi del Ministero del dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Per quanto di interesse della nostra Commissione segnalo che i commi Pag. 1356 e 7 modificano la disciplina in materia di comandi, distacchi, utilizzazioni del personale scolastico, con lo scopo di garantire l'offerta formativa.
  In particolare, il comma 6 sopprime, tra l'altro il secondo periodo dell'articolo 26, co. 8, della legge n. 448 del 1998, il quale dispone che possono essere assegnati docenti e dirigenti scolastici: fino a 100 unità presso gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti, iscritti negli albi regionali e provinciali di cui all'articolo 116 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
  Il comma 7 dispone che dal 1o settembre 2015 il personale del comparto scuola (incluso, dunque, il personale ATA) non può essere posto in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o utilizzazione comunque denominata, presso pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, nonché presso autorità indipendenti, enti, associazioni e fondazioni, fatte salve alcune ipotesi.
  Il successivo comma 13 dispone una riduzione delle spese per accertamenti medico-legali che sono sostenute da Università e dalle Istituzioni di Alta formazione artistica e musicale (AFAM) per 700.000 euro a decorrere dal 2015.
  L'autorizzazione di spesa che subisce la decurtazione è quella (complessiva per gli oneri che le pubbliche amministrazioni devono sostenere per accertamenti medico-legali del personale assente per malattia) di cui all'articolo 17, co. 5, del decreto-legge n. 98 del 2011 (legge n. 111 del 2011), introdotto per ottemperare alla sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 10 giugno 2010. Tale sentenza, infatti, ha sancito che gli oneri dei predetti accertamenti medico-legali non devono rimanere a carico delle ASL ma sono sostenuti dalle Amministrazioni interessate.
  Ricorda che l'articolo 35, commi 1-12, stabilisce un contributo aggiuntivo delle regioni alla finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, pari complessivamente a 4 miliardi di euro, ripartito tra le regioni a statuto ordinario per 3.452 milioni e le regioni a statuto speciale e le province autonome per 548 milioni. Inoltre il comma 16 definisce il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica, stabilendo, a decorrere dall'anno 2015, una riduzione della spesa corrente di 1.200 milioni di euro. Osserva in proposito che tali disposizioni sono suscettibili di influenzare i servizi sanitari e sociali erogati.
  Passerà ora ad illustrare diverse disposizioni contenute nell'articolo 39, che recepisce alcune delle misure contenute nell'Intesa tra Governo, Regioni e Province autonome sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, sancita il 10 luglio 2014.
  Prima di soffermarsi sulle singole disposizioni dell'articolo 39, ricorda che il livello di finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo Stato è oggetto di Intese tra Stato e Regioni, recepite successivamente in disposizioni di legge. Il finanziamento relativo al triennio 2007-2009 è stato definito in occasione del Patto per la salute del settembre 2006, poi recepito dalla legge finanziaria 2007, mentre quello relativo al periodo 2010-2012, oggetto dell'Intesa del 3 dicembre 2009, è stato recepito dalla finanziaria 2010. Per il 2013, in assenza di una Intesa programmatica, il livello di finanziamento statale del SSN è stato stabilito dal combinato delle disposizioni contenute nei decreti legge 98/2011, 95/2012 e nella legge di stabilità 2013.
  Il nuovo Patto per la salute per il triennio 2014-2016 rappresenta una novità di rilievo perché si inserisce nel percorso tracciato dal decreto legislativo n. 68 del 2011 sul federalismo sanitario, ed in particolare sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sanitari e registra il riordino dell'assistenza territoriale disegnato dal decreto legge n. 158 del 2012 (cosiddetto Decreto Balduzzi).
  Il Patto del luglio 2014 è quindi un documento molto complesso che in alcuni ambiti si limita a fissare criteri generali, demandando a disposizioni normative di carattere secondario o ad ulteriori procedure Pag. 136concertative tra Stato e Regioni la parte attuativa e di regolamentazione di dettaglio.
  Illustrando sinteticamente le previsioni contenute nel Patto, ricorda che esso stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 si provveda al tanto atteso aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e fissa ulteriori impegni legati alla determinazione del fabbisogno sanitario, che discendono dal D.Lgs. 68/2011 nella parte dedicata al federalismo sanitario, tra cui quello del Ministro della salute di presentare alla Conferenza Stato-Regioni, entro il medesimo termine del 31 dicembre 2014, un documento di proposte per implementare un sistema adeguato di valutazione della qualità delle cure e dell'uniformità dell'assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi.
  Il Patto ha inoltre l'ambizione di delineare l'assistenza sanitaria nelle sue varie declinazioni: assistenza territoriale (articolo 5); assistenza socio-sanitaria (articolo 6); assistenza sanitaria negli istituti penitenziari (articolo 7).
  Il Patto affronta anche il delicato tema della sostenibilità del SSN cercando di rimodulare la disciplina sulla partecipazione alla spesa sanitaria ed il sistema di esenzioni (articolo 8) nonché il sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie (articolo 9). In tal senso, il Patto fissa al 30 novembre 2014 il termine per la revisione del sistema di partecipazione alla spesa e delle esenzioni che si caratterizzi per equità ed universalismo, prevedendo tra l'altro che il sistema di partecipazione alla spesa dovrà considerare reddito e composizione del nucleo familiare.
  Per quanto riguarda il sistema di remunerazione, il Patto conviene di istituire una Commissione permanente (Ministero salute, MEF, regioni, Agenas) per aggiornare le tariffe, individuare funzioni assistenziali e relativi criteri di remunerazione, definire criteri e parametri per classi tariffarie, sperimentare tariffe per percorsi assistenziali.
  Ulteriori contenuti del Patto fanno riferimento a impegni in campo di edilizia sanitaria, sanità digitale, di riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali, sicurezza alimentare, ricerca sanitaria e di attività intramoenia. Con riferimento al Piano nazionale della Prevenzione, le Regioni e le Province autonome confermano la destinazione di 200 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2014-2016, ulteriori rispetto alla quota di finanziamento vincolato, per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale.
  Specifici impegni sono inoltre previsti per la valorizzazione delle risorse umane del SSN e per favorire l'integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e i processi di riorganizzazione dei servizi e la stabilizzazione del personale precario.
  Ricorda, poi, che il Patto definisce specifici impegni anche in tema di assistenza farmaceutica e di dispositivi medici, in relazione ai quali si conviene di definire con decreto, previa Intesa in Conferenza Stato-regioni, le modalità per l'attivazione di una rete di comunicazione dedicata alla dispositivo-vigilanza e di predisporre con Accordo le linee guida per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel Repertorio dei dispositivi medici. Si conviene, infine, di promuovere l'uso di dispositivi medici costo-efficaci, in base cioè al valore da essi generato, al fine di dare attuazione alle norme comunitarie in materia di Health Technology Assessment (HTA).
  Per il monitoraggio del Patto si stabilisce infine la costituzione di un Tavolo politico permanente fra il Governo e la Conferenza Regioni e Province autonome che dovrà servire anche da Cabina di regia per l'elaborazione di proposte per la revisione della spesa interna al settore sanitario. In affiancamento del Tavolo politico, si istituisce presso l'Agenzia per i servizi sanitari regionali un Tavolo tecnico interistituzionale, cui è affidato il compito di monitoraggio e di proposta di indirizzi utili per la spending review sanitaria. Il Tavolo tecnico riferisce ogni sei mesi al Tavolo politico.
  Tornando ora all'illustrazione del disegno di legge di stabilità, segnala innanzitutto che all'articolo 39 sono state inserite Pag. 137e definite solamente una piccola parte delle misure previste dal Patto, restando escluse quelle che impattano in maniera puntuale sull'assetto organizzativo dei servizi sanitari regionali.
  In particolare, il comma 2 fissa il livello di finanziamento statale per il biennio 2015-2016 come segue: 112.062.000.000 euro per il 2015; 115.444.000.000 euro per il 2016.
  Tali risorse possono tuttavia essere rideterminate in attuazione dell'articolo 46, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, come modificato dall'articolo 35, comma 1, del provvedimento in esame.
  Anche l'articolo 1, comma 1, del Patto per la salute specifica che eventuali scostamenti possono essere giustificati in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico.
  L'articolo 46, comma 6, della legge n. 66 del 2014 ha stabilito che le regioni sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. La norma stabilisce che in sede di autocoordinamento le regioni decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo. La decisione concordata deve essere recepita con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed entro il 31 ottobre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti.
  Segnala, quindi, che ove non si pervenga all'Intesa, la norma stabilisce che gli importi attribuiti alle singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Sulla base delle determinazioni assunte con il DPCM potranno essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
  Il comma 3 fissa il principio, già stabilito nel precedente Patto per la salute, secondo il quale gli eventuali risparmi nella gestione del Servizio sanitario nazionale, effettuati dalle regioni, rimangono nelle disponibilità delle regioni stesse per finalità sanitarie. A tal fine viene sostituito il terzo periodo dell'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011.
  Il comma 4 stabilisce che la quota del finanziamento SSN vincolata alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario del Piano sanitario nazionale può essere utilizzata dalla regione di riferimento anche per realizzare gli obiettivi prioritari indicati dal Patto per la salute, purché finalizzati al miglioramento dell'erogazione dei Lea.
  Fa presente, inoltre, che ai sensi del comma 5, le regioni e le province autonome possono utilizzare la quota loro assegnata per la realizzazione di alcune o tutte le linee progettuali proposte dal Ministero della salute ed approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ad integrazione delle risorse ordinariamente assegnate a tali aree di attività; le regioni in Piano di rientro possono utilizzare la loro quota per la realizzazione delle linee progettuali da realizzare in coerenza con gli obiettivi dei Piani di rientro approvati.
  L'intervento legislativo è operato con aggiunte e modifiche dei commi 34 e 34-bis dell'articolo 1 della legge n. 662 del 1996 «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica».
  L'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996 specifica che le regioni possono utilizzare la quota vincolata loro spettante per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie. Il successivo comma 34-bis stabilisce la procedura che devono seguire le regioni per accedere alle quote vincolate.
  In seguito alle modifiche introdotte dal comma 5 in esame e all'ampliamento degli Pag. 138obiettivi perseguibili, le parole Piano sanitario nazionale sono sostituite, dalla lettera a), con le parole «comma 34». Il comma 5, lettera b), dopo il secondo periodo del comma 34-bis aggiunge: «Le regioni impegnate nei Piani di rientro individuano i progetti da realizzare in coerenza con gli obiettivi dei Programmi operativi».
  Per quanto riguarda la procedura di riparto delle quote vincolate, il comma 34-bis specifica che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, provvede a ripartire tra le regioni le medesime quote vincolate all'atto dell'adozione della propria delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Al fine di agevolare le regioni nell'attuazione dei progetti di cui al comma 34, il Ministero dell'economia provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata all'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell'anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell'anno successivo, dell'anticipazione del 70 per cento già erogata. A decorrere dall'anno 2013, il predetto acconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'Intesa, in sede di Stato-regioni, di riparto delle quote vincolate per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale.
  Rileva, che anche nell'ultimo periodo del comma 34-bis le parole «Piano sanitario nazionale» andrebbero sostituite con «comma 34», come fra l'altro indicato dal comma 5, lettera a), del provvedimento in esame per il primo periodo.
  Segnala, poi, che quanto previsto dal comma in esame coincide con quanto stabilito in materia dall'articolo 1, comma 5, del Patto per la salute.
  Il comma 6 prevede che a decorrere dal 2015, gli specifici criteri di riparto utilizzati per la spartizione fra le regioni delle quote vincolate per hanseniani, AIDS, fibrosi cistica ed emersione lavoratori stranieri, sono sostituiti dalla quota di accesso derivante dalla ripartizione del fabbisogno sanitario indistinto standard regionale, ripartito in base ai nuovi criteri di pesatura discendenti dal decreto legislativo n. 68 del 2011.
  Le restanti quote vincolate per: finanziamento delle borse di studio dei medici di medicina generale (MMG), sanità destinata agli extracomunitari irregolari, fondo per l'esclusività del rapporto dei dirigenti del ruolo sanitario che hanno optato per l'esercizio della libera professione intramuraria, vengono ripartite annualmente in concomitanza con il riparto della quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. In questo caso, per gli importi delle singole linee di finanziamento ed i relativi criteri di riparto, si fa riferimento all'ultima Intesa di riparto disponibile, operando, se possibile, i relativi aggiornamenti dei dati presi a riferimento (comma 7). Nello specifico vengono vincolati: 38,735 milioni di euro per le borse di studio MMG; 30,990 milioni di euro per assistenza sanitaria stranieri irregolari; 41,317 milioni di euro per fondo esclusività.
  Il comma 8 interviene sui criteri di riparto delle quote vincolate per la medicina penitenziaria. Per il 2014, si utilizza la stessa metodologia per il riparto delle quote vincolate per il finanziamento della medicina penitenziaria (compreso il superamento Ospedali Psichiatrici Giudiziari); dal 2015, il riparto delle singole linee di finanziamento deve invece tenere conto di eventuali modifiche dei criteri di riparto individuate nell'ambito del Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria. Le modifiche devono essere approvate in sede di Conferenza Stato-regioni. Il comma 8 quantifica le quote Pag. 139vincolate per la sanità penitenziaria, in applicazione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 230 del 1999, in 6,680 milioni di euro.
  Nel caso in cui i decreti di riparto per il 2014 non siano stati ancora perfezionati, i nuovi criteri e le nuove modalità di riparto si applicano anche per il 2014 (comma 9).
  Il comma 10 impegna le regioni e le province autonome a garantire annualmente la programmazione degli investimenti da effettuare nei propri ambiti territoriali. A tal fine, devono predisporre piani annuali di investimento accompagnati da una adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva.
  L'intervento legislativo riprende letteralmente il comma 7 dell'articolo 1 del Patto per la salute 2014-2016.
  Ricorda, poi, che il comma 11 autorizza, per l'anno 2015, la spesa di 2 milioni di euro, nello stato di previsione del Ministero della salute, per l'avvio dell'implementazione dei flussi informativi per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza primaria.
  In particolare l'autorizzazione di spesa è finalizzata a: il periodico aggiornamento del Nuovo Sistema Informativo Sanitario NSIS finalizzato al monitoraggio della reale attuazione della riorganizzazione delle cure primarie e della appropriatezza, qualità, efficacia ed efficienza dell'erogazione dell'assistenza (articolo 5, comma 11 del Patto per la salute per il 2014-2016); il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dei Presidi Residenziali di Assistenza Primaria Ospedali di comunità (ovvero le strutture sanitarie con un numero limitato di 15-20 posti letto, gestite da personale infermieristico, dove l'assistenza medica è assicurata da medici di medicina generale o da pediatri di libera scelta o altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN e la cui responsabilità igienico-organizzativa fa capo al distretto), nell'ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS). La Cabina di regia del NSIS determina le modalità, i tempi di realizzazione, i contenuti informativi e il periodico aggiornamento per il monitoraggio (articolo 5, comma 18 del Patto);il monitoraggio delle prestazioni di riabilitazione effettuate in strutture territoriali. Anche in questo caso è la Cabina di regia del NSIS che determina modalità, tempi di realizzazione e contenuti informativi del monitoraggio (articolo 5, comma 22, del Patto per la salute 2014-2016).
  Ricorda, poi, che il comma 12 – in attuazione dell'articolo 5, punto 15, del Patto per la salute – rimette ad un Accordo tra Governo e Regioni, da adottare previa concertazione con le rappresentanze scientifiche professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, la definizione dei ruoli, della competenza, delle relazioni professionali e della responsabilità individuale e di equipe su compiti, funzioni, obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. La citata definizione fa salve le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in tema di atti complessi e specialistici in tema di prevenzione, diagnosi e cura e terapia, e deve avvenire senza nuovi oneri per la finanza pubblica.
  Il comma 13 – articolo 10, punto 6, del Patto –, mediante l'inserimento di un comma 7-bis nell'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, riguardante il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, prevede che l'accertamento da parte della regione del mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce grave inadempimento contrattuale per il direttore generale e comporta la decadenza automatica dello stesso.
  Ritiene importante ricordare che l'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 già era stato modificato, ad opera del D.L n. 158 del 2012 cd Decreto Balduzzi, negli aspetti relativi alle modalità di nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale da parte delle regioni e della valutazione dell'attività da questi svolta. Ai fini della nomina, le regioni devono attingere da un Pag. 140elenco regionale di idonei, mentre in merito alla valutazione dell'attività è stato previsto che in sede di Conferenza delle regioni si concordino sistemi per valutare tale attività sulla base di obiettivi di salute e funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, alla sicurezza, all'ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri economico-finanziari di bilancio concordati, avvalendosi dei dati e degli elementi forniti anche dall'AGENAS.
  Il comma 14 dell'articolo 39 qualifica la verifica del conseguimento da parte dei direttori generali degli obiettivi di salute ed assistenziali sopracitati, effettuata nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, come adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale. Pertanto, anche il conseguimento degli obiettivi da parte dei direttori generali viene a condizionare l'accesso al finanziamento integrativo del Servizio Sanitario Nazionale.
  I commi da 15 a 19 dettano alcune disposizioni relative al tema delle misure di contrasto ai disavanzi sanitari e, più in particolare, alle procedure di commissariamento delle regioni in piano di rientro, in ciò attuando gli impegni contenuti nell'articolo 12 del Patto per la salute.
  Gli impegni elencati all'articolo 12 del Patto per la salute fanno riferimento alla necessità di rivedere le regole dei Piani di Rientro, passando a veri e propri piani di Salute e Risanamento. Il Patto ha previsto inoltre che per l'attività di affiancamento delle Regioni in piano di rientro, il Ministero della Salute si avvalga dell'Agenas, che realizzerà uno specifico sistema di monitoraggio a disposizione delle Regioni per rilevare in via preventiva eventuali scostamenti delle performance delle Aziende sanitarie e dei Sistemi Sanitari Regionali, in termini di qualità, quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi erogati.
  Fa presente che in particolare si deve garantire il raggiungimento dei seguenti obiettivi: l'incompatibilità del Commissario ad acta con l'affidamento di incarichi istituzionali; la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure; la realizzazione di un sistema di «allert» che consenta di intervenire prima che si realizzino le condizioni che impongono l'adozione del Piano.
  Conformemente ad alcune delle ricordate previsioni contenute nel Patto, il comma 15 – attraverso modifiche testuali apportate ad alcuni commi dell'articolo 2 della legge finanziaria 2010- prevede che la nomina a commissario ad acta per l'adozione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario sia incompatibile con l'affidamento di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento. Il Commissario deve poi essere in possesso di un curriculum che evidenzi comprovate professionalità ed esperienze di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti.
  Inoltre, modificando il comma 79 del citato articolo 2, relativo alla procedura di nomina del commissario ad acta in caso di riscontro negativo da parte del Consiglio dei Ministri sull'adeguatezza del Piano di rientro presentato, o di mancata presentazione dello stesso da parte della Regione in disavanzo, il comma 15 fa venir meno l'identificazione del commissario con il Presidente della regione per la predisposizione del Piano e la sua attuazione.
  Il comma 16 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 15 si applicano anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 159/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale), ovvero nelle ipotesi particolari in cui nel procedimento di monitoraggio dei singoli Piani di rientro si prefiguri il mancato rispetto da parte della Regione degli adempimenti previsti nei Piani, tale da mettere in pericolo la tutela dell'unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni. In tali casi il Consiglio dei ministri può nominare uno o più subcommissari di comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il Pag. 141commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico.
  Il comma 17 prevede espressamente che i subcommissari svolgano attività a supporto dell'azione del Commissario, essendo il loro mandato vincolato alla realizzazione di tutti o di taluni degli obbiettivi affidati al Commissario con il mandato commissariale.
  Il comma 18 attribuisce al Commissario ad acta il potere di proporre la decadenza dei direttori generali, dei direttori amministrativi e dei direttori sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, quando, in sede di verifica annuale dell'attuazione del Piano di rientro, riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano.
  Il comma 19, modificando il comma 796, lettera b), della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) dispone che il Ministero della salute si avvalga del supporto tecnico-operativo dell'Agenas per l'attività di affiancamento delle Regioni in Piano di rientro.
  I commi 20 e 21 dettano alcune disposizioni relative alla composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie ed ospedaliere.
  Il comma 20, intervenendo sul comma 3 dell'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, prevede che il collegio sindacale delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere dura in carica tre anni e sia composto da tre membri, di cui uno designato dal presidente della giunta regionale, uno dal Ministro dell'economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute.
  Ricorda che attualmente è previsto che il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali.
  Il comma 21 rimette ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la definizione dei requisiti per la nomina dei componenti dei collegi sindacali, che devono garantire elevati standard di qualificazione professionale. Per il componente designato dal Ministro dell'economia e delle finanze rimane fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 19, del decreto-legge 98/2011, ovvero che sia scelto tra gli iscritti in un elenco tenuto dal predetto Ministero e sia in possesso di requisiti professionali stabiliti con decreto di natura non regolamentare adeguati per l'espletamento dell'incarico.
  I commi da 22 a 27 dispongono l'obbligo per le regioni e le province autonome di adottare le disposizioni applicative della normativa, dettata dall'articolo 10 del D.Lgs. 106/2012, di riordino degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali entro tre mesi, prevedendo l'istituto del commissariamento nell'ipotesi di mancato rispetto di tale termine.
  Al fine di attuare il riordino previsto dal decreto legislativo n. 106 del 2012, l'articolo 18 del Patto per la salute 2014-2016 ha impegnato le regioni al riordino di tali Istituti, entro 6 mesi dall'approvazione del Patto stesso, pena il commissariamento dell'IZS da parte del Ministero della salute.
  Più in particolare, il comma 22 obbliga le regioni ad attuare entro 3 mesi la previsione dell'articolo 10, comma 1, del decreto di riordino, riguardante l'esercizio delle competenze regionali. I commi 23-27 regolano il commissariamento, nel caso di mancato rispetto del termine di tre mesi dall'entrata in vigore della legge, prevedendo che il commissario, nominato dal Ministro della salute, sia chiamato a svolgere le funzioni del Consiglio di amministrazione e del Direttore generale previste dal citato decreto legislativo n. 106 del Pag. 1422012, in attesa dell'emanazione dei provvedimenti regionali di attuazione del riordino degli IZS.
  Segnala, poi, che il comma 25 detta l'obbligo di provvedere alla costituzione dei nuovi organi degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali entro tre mesi dall'entrata in vigore delle leggi regionali emanate per l'attuazione della normativa di riordino dei medesimi Istituti ai sensi del richiamato articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 106 del 2012.
  Il comma 27 dispone, infine, l'applicazione al commissario dello stesso trattamento giuridico-economico spettante al direttore generale.
  L'attuazione delle disposizioni in esame, pertanto, non dovrebbe comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Il comma 28 aggiunge ulteriori disposizioni a quelle già vigenti in materia di organizzazione dei dipartimenti di prevenzione delle ASL (contenute agli articoli da 7 a 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992), prevedendo che le aree dipartimentali di tali strutture siano assicurate dalle regioni al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) e l'osservanza degli obblighi comunitari, con riferimento alla sanità pubblica, anche veterinaria, e alla tutela della salute e degli ambienti di lavoro, mediante dotazione di personale adeguato e configurazione delle unità operative dedicate a tali compiti quali strutture complesse, nel rispetto dei vincoli di spesa previsti a legislazione vigente e, ove presenti, dei vincoli previsti dai piani di rientro sanitari regionali.
  Ricorda che l'articolo 19 del Patto per la Salute 2014-2016 ha previsto disposizioni in materia di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare per la valorizzazione delle attività dei servizi veterinari regionali di prevenzione nelle ASL, in special modo in relazione alla protezione dei cittadini/consumatori e al sostegno delle produzioni agroalimentari, anche in previsione dell'EXPO 2015 dedicato a questa materia.
  In base alla normativa vigente i dipartimenti di prevenzione sono istituiti dalle regioni come struttura operativa della ASL a garanzia della tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, e miglioramento della qualità della vita. Tra i compiti dei dipartimenti di prevenzione rientrano la promozione di azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo anche il coinvolgimento di operatori di diverse discipline, e la formulazione di proposte d'intervento nelle materie di propria competenza e di indicazioni sulla loro copertura finanziaria.
  Il comma 29 riduce i termini del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale, attualmente previsto nei casi in cui i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro la data prevista (31 maggio dell'anno in corso), prevedendo tale blocco solo fino all'anno successivo a quello di verifica, mentre attualmente il blocco automatico del turn over del personale del SSN è previsto fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso.
  Si sottolinea che la verifica viene effettuata annualmente e pertanto, in caso di reiterata inadempienza regionale, il blocco si applica anno per anno.
  Segnala che la norma in esame è stata prevista dall'articolo 22, comma 2, del Patto per la salute 2014-2016 in materia di gestione e sviluppo delle risorse umane.
  Il comma 30 estende al 2020 i vigenti parametri di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN, già previsti dalla legge di stabilità 2010, aggiungendo ulteriori condizioni perché una regione sia giudicata adempiente in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione di tale tipologia di spesa.
  Più in dettaglio si prevede che la lettera a) del comma estende al 2020 le norme per il contenimento della spesa per il personale del SSN già previste dalla legge Pag. 143finanziaria 2010 per il triennio 2010-2012 ed estese al 2015 dal decreto-legge n. 95 del 2012 cd. spending review, intervenendo sul comma 3 dell'articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011 (legge n. 111 del 2011); la spesa per il personale del SSN deve quindi ridursi dell'1,4 per cento rispetto al 2004 fino al 2020; la lettera b) interviene sul comma 3-bis, innovando parzialmente i criteri in base ai quali la regione possa essere giudicata adempiente, a seguito della verifica degli obiettivi di contenimento della spesa da parte dell'apposito Tavolo presso il MEF. La regione è infatti giudicata adempiente se si accerta per essa l'effettivo conseguimento degli obiettivi sopra indicati e nel caso in cui la regione non raggiunga tali obiettivi, per gli anni dal 2013 al 2019, essa è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico. Rispetto alla normativa vigente, viene però aggiunta un'ulteriore condizione per gli anni dal 2015 al 2019, in base alla quale la regione potrà essere considerata adempiente se, oltre ad aver raggiunto l'equilibrio economico, abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento, nel 2020, degli obiettivi indicati per la riduzione della spesa del personale.
  Segnala che le disposizioni in esame sono state previste dall'articolo 22 del Patto per la salute 2014-2016 e che in proposito Stato e regioni hanno convenuto sulla necessità di avviare un approfondimento per aggiornare il parametro dell'1,4 per cento di riduzione della spesa per il personale degli enti del SSN rispetto al livello del 2004.
  Il comma 31 modifica la disciplina prevista dal decreto-legge n. 158 del 2012 (cd. Decreto Balduzzi) in materia di Prontuario farmaceutico nazionale, posticipandone – dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2015 – la revisione straordinaria da parte dell'AIFA sull'esplicita base del criterio specifico del costo/beneficio e dell'efficacia terapeutica nonché della previsione di prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee. La revisione straordinaria da parte dell'AIFA deve essere effettuata sulla base delle valutazioni della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso.
  Segnala che la norma è stata prevista all'articolo 23, comma 2, punto n. 1), del Patto per la salute 2014-2016.
  L'articolo 11 del decreto-legge n. 158 del 2012 ha dettato norme finalizzate ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale e a favorire, da parte del SSN, l'impiego razionale ed economicamente compatibile dei medicinali. A tale scopo, l'AIFA avrebbe dovuto, entro il 30 giugno 2013, provvedere ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale escludendo dalla rimborsabilità i farmaci terapeuticamente superati.
  Con riferimento alla valutazione dell'equivalenza terapeutica per la definizione di categorie omogenee, si sottolinea che, l'AIFA, nel marzo 2014, ha messo a punto apposite Linee guida, chiarendo che possono essere considerati equivalenti i farmaci a base del medesimo principio attivo che, ai sensi di altre disposizioni di legge, sono già stati oggetto di specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza da parte delle competenti autorità regolatorie, nonché i farmaci originatori ed i rispettivi equivalenti (generici) e i farmaci biologici di riferimento, inclusi i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari.
  Il comma 32 prevede la definizione, con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle modalità per l'attivazione di una rete di comunicazione dedicata alla dispositivo-vigilanza per lo scambio tempestivo e capillare delle informazioni circa incidenti che interessano dispositivi medici. L'attivazione della rete deve avvenire senza oneri per la finanza pubblica.
  Il decreto dovrà inoltre determinare, nell'ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), i contenuti informativi e le modalità di interscambio dei dati del sistema informativo a supporto della predetta rete nazionale per la dispositivo-vigilanza.Pag. 144
  Segnala che la norma in esame è stata prevista all'articolo 24, commi 1 e 2, del Patto per la salute 2014-2016.
  Il comma 33 prevede l'emanazione di un decreto del Ministero della salute per garantire un'azione coordinata dei livelli nazionale, regionale e delle aziende accreditate del SSN, per il governo dei consumi dei dispositivi medici, sulla base del principio costo-efficacia e in attuazione della direttiva 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera.
  In particolare, il Ministero della salute, avvalendosi dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Na.S) e dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in base ai principi di tutela dell'unitarietà del sistema, sicurezza dell'uso della tecnologia e salute dei cittadini, provvede con il suddetto decreto, senza oneri per la finanza pubblica a definire le priorità a fini assistenziali, attraverso l'istituzione di una cabina di regia, con il coinvolgimento delle regioni ed il supporto tecnico di Age.Na.S e AIFA, sentiti i rappresentanti delle categorie interessate, e considerando le indicazioni del Piano sanitario nazionale; individuare requisiti base e categorie omogenee dei dispositivi medici per la predisposizione dei capitolati di gara e l'attribuzione di prezzi di riferimento; istituire una rete nazionale di collaborazione tra le regioni, coordinata dall'Age.Na.S, per la definizione e l'utilizzo di strumenti per il governo dei dispositivi medici e per l'Health Technology Assessment (HTA) chiamato «Programma Nazionale di HTA dei dispositivi medici».
  Fa presente, quindi, che queste disposizioni attuano l'articolo 26 del Patto per la salute 2014-2016.
  Il comma 34 in esame dispone che l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) predisponga valutazioni di Health Technology Assessment (HTA) per caratterizzare e individuare i percorsi farmaco-terapeutici che possano garantire l'impiego efficiente e costo-efficace delle risorse disponibili.
  Le valutazioni sono predisposte a supporto del Ministero della salute e delle regioni, al fine di garantire un equo ed omogeneo accesso dei pazienti a tutti i medicinali, con particolare riferimento ai medicinali innovativi o di eccezionale rilevanza terapeutica.
  Questa funzione dell'AIFA è prevista inserirsi nell'ambito delle attività previste ai fini dell'attuazione della Direttiva 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera mediante il network permanente per l’Health Technology Assessment (HTA network) anche, con specifico riferimento ai medicinali, al fine di raggiungere gli obiettivi previsti da questa direttiva.
  Per tali finalità, la funzione è prevista a supporto della Cabina di regia istituita presso il Ministero della salute e delle indicazioni del Piano sanitario nazionale.
  Fa presente che la norma ricorda inoltre che le valutazioni nazionali di HTA sui medicinali forniscono informazioni trasparenti e trasferibili ai contesti assistenziali regionali e locali, sull'efficacia comparativa dei medicinali e sulle successive ricadute in termini di costo-efficacia nella pratica clinica, prima dell'immissione in commercio, durante la commercializzazione e l'intero ciclo di vita del medicinale.
  Si prevedono compiti specifici per l'AIFA che, in collaborazione con le regioni, è chiamata a coordinare le valutazioni dei diversi percorsi diagnostico-terapeutici che si sono sviluppati localmente, per garantire l'accesso e l'uso appropriato ai medicinali. Inoltre, le valutazioni, integrate con i dati di utilizzo e di spesa dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali, oltre che con quelli raccolti attraverso i registri di monitoraggio AIFA, sono utilizzate nell'iter istruttorio delle procedure di rivalutazione di prezzo o di rimborsabilità dei medicinali.
  Infine, si prevede che le regioni, senza nuovi o maggiori oneri, si dotino, compatibilmente e nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili, di un presidio HTA a supporto delle pertinenti valutazioni.
  Il comma in esame attua l'articolo 27 del Patto per la salute 2014-2016.
  L'articolo 40 autorizza, per il 2015, fino ad un massimo di 40 milioni di euro di spesa in favore della Regione Molise. L'autorizzazione di spesa è subordinata alla Pag. 145sottoscrizione di uno specifico Accordo Stato-regioni concernente l'intervento straordinario per l'emergenza economico finanziaria del servizio sanitario della regione e il riassetto gestionale dello stesso. L'erogazione della somma a favore della Regione Molise è condizionata all'effettiva attuazione dell'Accordo.
  Tale autorizzazione di spesa è concessa in relazione alla grave situazione economico finanziaria e sanitaria determinatasi nella Regione Molise, al fine di ricondurre la gestione nell'ambito della ordinata programmazione sanitaria e finanziaria anche al fine di ricondurre i tempi di pagamento al rispetto della normativa comunitaria (direttiva 2011/7/UE recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) .
  Fa presente, poi, che al fine di fornire liquidità agli enti dei servizi sanitari regionali e garantire un'accelerazione dei pagamenti ai fornitori, l'articolo 42 stabilisce misure stringenti per l'erogazione, da parte delle regioni, delle somme destinate al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. A tal fine: viene incrementata la percentuale (dal 90 al 95 per cento) delle risorse destinate al finanziamento dei servizi sanitari regionali che le regioni devono erogare agli enti dei propri servizi sanitari entro la fine dell'esercizio; viene fissato entro il 31 marzo dell'anno successivo il termine per l'erogazione della restante quota del 5 per cento.
  L'intervento è operato aggiungendo un periodo al comma 7 dell'articolo 3 del decreto legge 35/2012. La relazione tecnica evidenzia che la disposizione in commento non comporta effetti finanziari poiché si tratta di un mero trasferimento di risorse dalla regione ai propri enti.
  I commi 20-25 dell'articolo 44 ,che recano disposizioni in materia di giochi, rientrano, come ha già accennato, tra i temi di interesse della XII Commissione in relazione alla proposta di legge sulla ludopatia al nostro esame. In particolare, nelle more del riordino della disciplina dei giochi pubblici prevista nell'ambito della delega fiscale di cui all'articolo 14 della legge n. 23 del 2014, il comma 20 provvede a disciplinare una situazione che si è determinata nel corso degli ultimi anni in relazione ad alcune agenzie di scommesse, collegate tramite i c.d. totem (terminale da gioco collegato a internet su siti esteri) a bookmakers e casinò off-shore, con sedi all'estero (sia in paesi UE che in paradisi fiscali), che – per effetto della normativa comunitaria e della giurisprudenza in materia di libera concorrenza e prestazioni di servizi – ritengono di poter esercitare attività di raccolta di gioco in Italia senza concessione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, e conseguentemente non versano alcuna imposta all'erario.
  Al riguardo segnala la risposta del Governo in Commissione Finanze della Camera dei deputati all'interrogazione 5-03560 Busin del 17 settembre 2014, nella quale si stima che la rete parallela sia attualmente composta da circa 5.000 esercizi, mentre quelli autorizzati alle scommesse sportive sono circa 7.400. Gli importi delle scommesse raccolte nel 2013 dagli esercizi autorizzati ammontavano a circa 3,7 miliardi di euro, mentre quelli delle scommesse raccolte dagli operatori privi di concessione sono stimati in una cifra vicina ai 2,5 miliardi di euro.
  Ai sensi dell'alinea del comma 20, sono destinatari delle disposizioni in esame quelle persone che, in assenza di concessione governativa e fino al momento in cui la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  La disposizione precisa, al riguardo, che, essendo il contratto di gioco perfezionato in Italia, è regolato dalla legislazione nazionale, e conseguentemente richiama una serie di disposizioni legislative che trovano applicazione, a decorrere dal 2015, nei confronti dei titolari dell'esercizio e del punto di raccolta (delle scommesse), indicando, in caso di violazione la conseguente sanzione (lettera h) del comma 20). Pag. 146
  Sono richiamate le esigenze di ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei minori e delle fasce sociali più deboli.
  A decorrere dal 2015, quindi, i soggetti in esame sono sottoposti a una serie di norme, tra cui: applicazione delle disposizioni di lotta alla ludopatia e di tutela dei minori, previste, rispettivamente, dall'articolo 7, commi 5 e 8, del decreto-legge n. 158 del 2012 (vale a dire, oltre divieto di ingresso per i minori nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro, l'obbligo di apporre formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita, sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi nonché di esporle su apposite targhe nei punti di vendita) (lettera d); assoggettamento all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (decreto legislativo n. 504 del 1998). L'imposta si applica su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l'esercizio o il punto di raccolta (desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale delle scommesse nel periodo d'imposta antecedente), al quale si applica l'aliquota massima dell'8 per cento (indicata all'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 3.1, del decreto legislativo n. 504 del 1998). La norma precisa altresì la non applicazione delle disposizioni in tema di determinazione dell'imposta in caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all'imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, previste dall'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011 (lettera g).
  Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, osserva che la logica della forfetizzazione della base imponibile sarebbe particolarmente adatta a tali operatori, tenuto conto della difficoltà di omogeneizzare le situazioni passive del rapporto tributario con quelle dei concessionari di Stato. Inoltre, il mancato collegamento al totalizzatore nazionale impedirebbe di ricostruire la raccolta realizzata, dato che i soggetti in questione dichiarano di essere stabiliti all'estero, dove affluiscono le giocate effettuate.
  Il comma 21 interviene in relazione agli apparecchi e congegni da gioco denominati newslot (AWP) e videolottery (VLT), determinando, da un lato l'aumento del prelievo unico erariale (PREU), e dall'altro la riduzione del c.d. pay-out, cioè la quota destinata alle vincite.
  Per le newslot il comma in esame aumenta il PREU dal 13 per cento (come già previsto a decorrere dal 2015) al 17 per cento, mentre la quota minima destinata alle vincite (pay-out) viene ridotta dal 74 al 70 per cento.
  Analogamente per le videolottery il PREU aumenta dal 5 al 9 per cento della raccolta, mentre il pay-out minimo scende dall'85 all'81 per cento.
  Il comma 22 destina le maggiori entrate conseguenti all'aumento del PREU disposto dal comma 21, determinate annualmente a consuntivo, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, previsto dall'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013).
  I successivi commi da 23 a 25 recano disposizioni per la lotta al gioco illegale effettuato attraverso apparecchi che non risultino collegati alla rete statale di raccolta del gioco ovvero che in ogni caso non consentono la lettura dei dati relativi alle somme giocate, prevedendo, oltre a sanzioni, per ciascun apparecchio il pagamento forfetario del prelievo unificato (PREU) e dell'imposta unica indicata dal decreto legislativo n. 504 del 1998. Segnala in proposito che la relazione tecnica prevede un gettito di 600 milioni in relazione al comma 20 e di 300 milioni annui per i commi da 23 a 25, mentre, prudenzialmente, non attribuisce alcun effetto al comma 21.
  Ricorda, infine, nella Tabella A allegata al disegno di legge finanziaria è previsto per il Ministero della salute, un accantonamento di parte corrente pari a 8 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e 10 milioni per il 2017. La relazione che illustra la tabella evidenzia che in tali risorse sono comprese quelle destinate Pag. 147all'emergenza biologica a livello nazionale. Gli accantonamenti di conto capitale per il medesimo ministero ammontano a 8 milioni per il 2015 e a 4 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Poiché la relazione non specifica a quali interventi tali risorse saranno destinate nel corso del triennio di programmazione, chiede chiarimenti in proposito al rappresentante del Governo.

  Paola BINETTI (PI) in relazione alle norme della legge di stabilità che affrontano da diverse angolazioni il gioco d'azzardo, osserva che si tratta sicuramente di un fenomeno complesso che investe le competenze di numerose amministrazioni oltre il Ministero della salute e quello dell'economia. Sottolinea che in ogni caso per la Commissione XII deve essere prioritaria la tutela della salute, posto che il contrasto alle dipendenze rappresenta uno dei determinanti per raggiungere questa finalità. Ricorda in proposito che, al di là del possibile decremento delle giocate, la dipendenza continua ad essere in crescita. Nel sottolineare la forte sensibilizzazione dell'opinione pubblica su questo tema, ricorda le decise prese di posizione che hanno determinato la revoca di un accordo raggiunto tra Confindustria e la Campagna «Mettiamoci in gioco».
  Passando alle altre disposizioni del provvedimento, valuta positivamente la destinazione di risorse per promuovere la natalità, sia attraverso il «bonus bebè» sia con il finanziamento degli asili nido. In merito al Fondo per le non autosufficienze, rilevando la particolare attenzione che si riserva ai malati di SLA, osserva che andrebbero meglio definite, anche ai fini del prosieguo dell'esame delle proposte di legge sul cd. «dopo di noi», le diverse situazioni dal punto di vista della gravità delle condizioni. In relazione all'ISEE ribadisce la necessità di modifiche per tenere conto delle esigenze delle famiglie.
  In merito alle norme sul Patto della salute, chiede preliminarmente chiarimenti sulla tempistica di attuazione. Osserva poi che invece di introdurre norme sulla responsabilità dei direttori generali delle aziende sanitarie sarebbe opportuno effettuare nomine basate sulla competenza e non sulle affinità politiche. In conclusione, soffermandosi sulle norme relative al blocco del turn over nel SSN, rileva che i rapporti di lavoro di tipo precario pongono problemi anche rispetto alla relazione continuativa con il paziente e alla diffusione del sapere residente.

  Paolo BENI (PD), ringraziando la collega Miotto per la chiarezza della sua relazione, sottolinea in primo luogo che lo stanziamento di 300 milioni per il Fondo nazionale per le politiche sociali è appena sufficiente per le sue finalità e che pertanto i 100 milioni destinati agli asili nido dovrebbero trovare un'altra copertura. Invita a considerare l'utilizzo delle risorse previste dal comma 6 dell'articolo 13, rilevando l'opportunità di affiancare alle giuste misure di carattere monetario previste dagli altri commi dell'articolo un potenziamento dei servizi all'infanzia. Ritiene inoltre necessario riportare il finanziamento del Fondo per le non autosufficienze quanto meno al livello del 2014.
  Sottolinea che la legge di stabilità non reca fondi sufficienti per il contrasto alla povertà, soprattutto alla luce della drammatica crisi vissuta dal Paese. Invita, pertanto, a reperire risorse aggiuntive che, a suo avviso, potrebbe essere collocate sul Fondo nazionale per le politiche sociali per garantire interventi più mirati rispetto a quelli della social card. Valutando positivamente il trasferimento del Fondo per l'accoglienza dei minori non accompagnati al Ministero dell'interno, rileva la necessità di individuare stanziamenti ulteriori in ragione del drammatico aumento di arrivi nel nostro Paese. Auspica il reperimento di risorse per il Piano nazionale anti violenza e per la distribuzione delle derrate alimentari agli indigenti e valuta positivamente l'attenzione mostrata verso il terzo settore con le misure fiscali a partire dalla stabilizzazione del 5 per mille. In relazione alle risorse riservate dall'articolo 14 alla cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo, ritiene che si possa migliorare il testo sulla base del Pag. 148lavoro svolto dalla Commissione nel corso dell'esame delle proposte di legge sulla materia.

  Ileana Cathia PIAZZONI (Misto-LED), dopo aver espresso apprezzamento per la relazione svolta dalla collega Miotto, intende soffermarsi in particolare sulle parti della manovra di bilancio relative alle politiche sociali. Pur nella convinzione che la valutazione debba essere complessiva e che in tal senso essa è senz'altro positiva, tuttavia per quanto riguarda il welfare sociale non mancano nella manovra alcuni profili di criticità.
  Se il parametro di riferimento è rappresentato dagli stanziamenti relativi al 2014, la riduzione delle risorse destinate alle politiche sociali è sicuramente di minima entità, ma se invece si tiene conto del fatto che già in partenza, considerato il momento di grande crisi economica, le misure di sostegno e di assistenza sociale sono assai limitate e minimali, qualunque riduzione delle medesime seppur circoscritta appare comunque eccessiva.
  Per quanto attiene in particolare al «bonus bebé» ritiene che questa misura sia apprezzabile tanto quanto l'altra misura disposta dalla legge di stabilità a favore della famiglia, ovvero il miglioramento dei servizi per la prima infanzia. Tuttavia, non condivide che le risorse destinate al rilancio del piano di sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia debbano essere individuate nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali: i relativi stanziamenti dovrebbero essere aggiuntivi.
  Anche la dotazione del Fondo per le non autosufficienze, fissata in 250 milioni di euro a decorrere dal 2015, non appare sufficiente, dovendo a suo avviso essere almeno uguale a quella stabilita dalla legge di stabilità per il 2014.
  In riferimento ai tagli alle regioni e agli enti locali, ritiene opportuno che si diano indicazioni precise e vincolanti ai medesimi sulle tipologie di spese su cui intervenire, altrimenti le regioni procederanno nei settori dove è più facile incidere, pregiudicando magari i servizi e le prestazioni socio-sanitari.
  Anche gli stanziamenti a favore dei minori stranieri non accompagnati e del sistema di protezione dei richiedenti asilo necessitano di uno sforzo finalizzato ad un incremento degli stessi, anche di minima entità ma di indubbio significato politico, mentre per quanto attiene più in generale al tema della lotta alla povertà, su cui il Ministro Poletti nel corso della sua audizione in XII Commissione ha preannunciato un piano serio e articolato, ritiene che non ci si possa limitare a prevedere misure destinate al finanziamento della social card. Sul punto, chiede al sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali se il Governo intenda davvero avviare un piano di interventi completo finalizzato alla lotta alla povertà e, in tal caso, stanziare adeguate risorse.

  Edoardo PATRIARCA (PD), nel valutare positivamente il complesso delle misure della legge di stabilità per il rilancio del Paese attraverso la riduzione del carico fiscale per il lavoro e le imprese e le misure di carattere innovativo che interessano il terzo settore, rileva alcune criticità in relazione alla spesa sociale. In particolare sottolinea l'impossibilità di condividere, e di far accettare nei propri collegi elettorali, la riduzione del Fondo per le non autosufficienze.
  In relazione al «bonus bebè» invita a individuare un limite reddituale più basso di quello previsto dal provvedimento al fine di liberare risorse a favore dei servizi all'infanzia. Propone di riflettere anche sulla possibilità di concedere un contributo per fronteggiare le ingenti spese connesse alle pratiche per le adozioni internazionali. Nel sottolineare la rilevanza sociale del tema dei minori non accompagnati, giudica inaccettabile e non degno di un Paese civile il fatto che molti di loro risultano irreperibili.
  In conclusione, esprime alcune preoccupazioni in relazione all'inadeguatezza delle risorse per il servizio civile, alla prevista riduzione dei contributi ai patronati, evidenziandone il ruolo di rete strategica Pag. 149al servizio della persona e della famiglia, e all'innalzamento della tassazione sui dividendi delle fondazioni bancarie, ricordandone l'importante contributo a favore del terzo settore e di promozione di interventi sociali.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.40.