CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 novembre 2014
328.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 42

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 4 novembre 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.30.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015).
C. 2679-bis Governo.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017.
C. 2680 Governo.

Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, desidera innanzitutto informare la Commissione di aver inviato una lettera alla Presidente della Camera per sollecitare la calendarizzazione in Assemblea del disegno di legge C. 2577, attualmente all'esame in sede referente in congiunta con la III Commissione Affari esteri, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa F.A.T.C.A. (Foreign Account Tax Compliance Act), nonché disposizioni concernenti gli adempimenti delle istituzioni finanziarie italiane ai fini dell'attuazione dello scambio automatico di informazioni derivanti dal predetto Accordo e da accordi tra l'Italia e altri Stati esteri autorizza la ratifica dell'Accordo tra Italia e USA per l'applicazione della normativa FATCA e reca disposizioni relative agli adempimenti da parte delle istituzioni finanziarie italiane.Pag. 43
  Avverte quindi che la Commissione è chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, il disegno di legge C. 2679-bis, come risultante dallo stralcio, disposto dal Presidente della Camera, delle disposizioni estranee al contenuto proprio del disegno di legge di stabilità contenute nel testo originario del disegno di legge, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» e il disegno di legge C. 2680, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017», nonché le annesse Tabella 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017, e Tabella 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017.
  Fa presente che, ai sensi di quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'articolo 119 del Regolamento, la Commissione dovrà sospendere ogni attività legislativa, fatte salve le attività dovute, finché non avrà espresso il parere di competenza sui predetti disegni di legge.
  Ricapitolando brevemente le modalità di esame dei provvedimenti da parte della Commissione Finanze, rammenta che l'esame si concluderà con la trasmissione alla Commissione Bilancio di una relazione per ciascuno stato di previsione e connesse parti del disegno di stabilità, e con la nomina di un relatore, il quale potrà partecipare alle sedute di quella Commissione.
  Ricorda inoltre che potranno essere presentate proposte di relazione alternative a quelle formulate dal relatore, le quali sarebbero tuttavia poste in votazione solo ove fossero respinte le proposte di relazione del relatore.
  Per quanto riguarda gli eventuali emendamenti riferiti alle parti di competenza della Commissione del disegno di legge di stabilità per l'anno 2015, rammenta che nelle Commissioni in sede consultiva possono essere presentati emendamenti riferiti a tali parti, i quali comunque possono essere presentati direttamente presso la Commissione Bilancio e che tali emendamenti, ove approvati, non godrebbero comunque di alcun trattamento preferenziale rispetto agli emendamenti presentati direttamente presso la Commissione Bilancio. Evidenzia infatti come essi sarebbero semplicemente allegati alla relazione della Commissione e si intenderebbero presentati, a nome della Commissione di settore, presso la Commissione Bilancio medesima; ove respinti, sarebbero invece necessario che gli stessi fossero ripresentati alla Commissione Bilancio. Anche in questo caso, ai fini della ripresentazione in Assemblea, gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore e respinti dalla Commissione Bilancio devono essere ripresentati su iniziativa dei deputati.
  Per quanto attiene all'organizzazione dei lavori, ricorda che la Commissione Finanze dovrà concludere l'esame dei provvedimenti entro la seduta di giovedì 6 novembre prossimo.
  In tale contesto, facendo seguito a quanto indicato già in occasione della riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 30 ottobre scorso, ritiene che le proposte emendative al disegno di legge di stabilità possano essere presentate direttamente presso la Commissione Bilancio, nel termine attualmente fissato alle ore 13 di venerdì 7 novembre.

  Silvia FREGOLENT (PD), relatore, nell'illustrare il contenuto dei provvedimenti in esame, rammenta in primo luogo che la struttura dei documenti di bilancio ha subito rilevanti modifiche a seguito della complessiva riforma realizzata dalla legge n. 196 del 2009, che ha abrogato la normativa previgente contenuta nella legge n. 468 del 1978.
  Ai sensi della citata legge n. 196, la manovra finanziaria triennale si articola ora nella legge di bilancio e nella legge di stabilità (che ha sostituito la legge finanziaria) e, eventualmente, nei disegni di legge collegati.
  Per quanto riguarda in particolare la legge di stabilità, è previsto che essa sia correlata con il carattere triennale della Pag. 44manovra, e che debba contenere norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato nel bilancio pluriennale.
  Più in dettaglio, i contenuti propri della legge di stabilità sono:
   l'indicazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, per ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale (ivi comprese le eventuali regolazioni contabili e debitorie pregresse) e le variazioni di aliquote, detrazioni e scaglioni, nonché le altre misure che incidono sulla determinazione del quantum della prestazione, in relazione alle diverse tipologie di imposte, tasse e contributi, con effetti a partire dal 1o gennaio dell'anno cui la legge di stabilità medesima si riferisce; in relazione alle sole imposte, essa indica altresì le correzioni conseguenti all'andamento dell'inflazione;
   l'indicazione dell'importo massimo da destinare ai contratti del pubblico impiego e alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico;
   le regolazioni meramente quantitative rinviate alla legge stabilità dalle leggi vigenti;
   norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa, ad esclusione delle norme a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio;
   le norme eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del Patto di stabilità interno, nonché a realizzare il Patto di convergenza, come disciplinato dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale;
   le norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi la cui attuazione possa recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica;
   le norme eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del richiamato Patto di stabilità interno e del Patto di convergenza;
   le tabelle in allegato alla legge di stabilità, che sono:
    1) Tabelle A e B: le quali recano, come nella normativa previgente, gli importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, rispettivamente di parte corrente e di conto capitale, che è previsto verranno approvati nel corso del futuro esercizio finanziario;
    2) Tabella C: la quale contiene autorizzazioni legislative di spese a carattere permanente, dalle quali, rispetto a quanto previsto dalla normativa previgente, vengono espunte le autorizzazioni di spese aventi natura obbligatoria, i cui importi sono corrispondentemente riallocati nel disegno di legge di bilancio, attraverso l'istituzione di appositi capitoli di spesa;
    3) Tabella D: la quale riporta i definanziamenti delle autorizzazioni legislative di spesa relativi alla sola parte corrente;
    4) Tabella E: la quale reca i contenuti delle previgenti tabelle D, E e F per le spese in conto capitale, con evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni degli importi destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale. La tabella evidenzia separatamente le voci concernenti la legislazione vigente al momento della presentazione del disegno di legge e l'importo definitivo che sconta gli effetti della stessa legge di stabilità.

  Passando a esaminare il contenuto specifico del disegno di legge C. 2679-bis, recante la legge di stabilità 2015, il quale si compone complessivamente di 47 articoli, evidenzia innanzitutto come in quest'ambito illustrerà solo gli aspetti rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, che costituiscono peraltro il profilo maggiormente qualificante del provvedimento.
  L'articolo 4 intende rendere strutturale il credito d'imposta IRPEF introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014 in favore dei lavoratori dipendenti e Pag. 45dei percettori di taluni redditi assimilati (cosiddetto «bonus 80 euro»), originariamente introdotto per il solo anno 2014.
  In estrema sintesi, fa presente come, attraverso la sostituzione del comma 1-bis dell'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, introdotto dal richiamato decreto-legge n. 66/2014, il comma 1 riconosca alle predette categorie di contribuenti un credito pari ad un importo di 960 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; il credito decresce linearmente al superamento del predetto limite, fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Il bonus non concorre alla formazione del reddito.
  Segnala come, rispetto all'attuale versione del comma 1-bis del predetto articolo 13 del TUIR, la nuova previsione abbia un tenore sostanzialmente identico, con differenze legate in particolare alla natura strutturale dell'agevolazione. In particolare, rimane ferma la spettanza del credito ai soggetti già beneficiari, che si applica in caso di capienza (ove l'imposta lorda sia superiore alle detrazioni).
  In relazione alla natura di misura avente carattere strutturale, l'importo del bonus è adeguato al periodo di spettanza, ovvero l'intero anno solare (in luogo degli otto mesi del 2014). In particolare la somma spettante è pari:
   a 960 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;
   a 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Resta fermo che il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.

  Ai sensi del comma 2 dell'articolo 4, l'agevolazione viene riconosciuta automaticamente dai sostituti d'imposta (come anche il bonus per il 2014, ai sensi dell'articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 66 del 2014, che rimane in vigore). Essi, pertanto, possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari. L'agevolazione viene attribuita sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo al periodo stesso. Rimane fermo altresì (come già previsto dall'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 66 del 2014) che le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di detrazione sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali possono recuperarle anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali. In tale ipotesi viene proposto che l'INPS e gli altri enti gestori di forme di previdenza obbligatorie recuperino i contributi non versati rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario. Con riferimento alla riduzione dei versamenti dei contributi previdenziali conseguente all'applicazione delle predette norme, viene specificato che tuttavia restano ferme le aliquote di computo delle prestazioni.
  L'importo del credito riconosciuto è indicato nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).
  In tale contesto, evidenzia come, in connessione con le modifiche recate dall'articolo 4, l'articolo 45, con finalità di copertura finanziaria delle disposizioni ivi contenute, al comma 1 azzeri l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dal citato decreto – legge n. 66 per finanziarie l'applicazione del bonus nel solo 2014, riducendolo di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni in termini di indebitamento netto per l'anno 2015, di 4.680 milioni per il 2016, di 4.135 milioni per il 2017 e di 1.990 milioni a decorrere dal 2018.
  L'articolo 5, modificando la vigente disciplina dell'imposta regionale sulle attività produttive – IRAP (di cui al decreto legislativo Pag. 46n. 446 del 1997) intende rendere integralmente deducibile dall'IRAP il costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato eccedente le vigenti deduzioni – analitiche o forfetarie – riferibili allo stesso costo. L'agevolazione opera in favore di taluni soggetti sottoposti a IRAP e decorre dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
  In particolare, il comma 1 introduce nell'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 un nuovo comma 4-octies, il quale consente a taluni soggetti IRAP di ridurre la base imponibile IRAP di un importo pari alla differenza tra il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e l'importo di alcune spese già deducibili ex lege.
  Con riferimento a queste ultime, segnala che si tratta delle seguenti componenti di costo:
   i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, alcuni costi sostenuti dagli enti privati (con l'eccezione dei concessionari pubblici) per i lavoratori a tempo indeterminato, ivi compresi quelli per personale impiegato in aree svantaggiate e i contributi assistenziali e previdenziali; le spese per apprendisti, disabili e per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, nonché, per il personale addetto alla ricerca;
   le indennità di trasferta previste contrattualmente, per la parte che non concorre a formare il reddito del dipendente, sostenute dalle imprese di autotrasporto merci;
   i costi sostenuti per il personale dalle imprese del settore privato con componenti positivi che concorrono a formare il valore della produzione IRAP non superiori ad una specifica soglia nel periodo d'imposta (400.000 euro), per un massimo di cinque dipendenti;
   i costi sostenuti per l'incremento della base occupazionale, cioè la deduzione spettante alle imprese private che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato.

  L'agevolazione spetta ai soggetti IRAP che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997, e cioè:
   società di capitali ed enti commerciali (articolo 5 del decreto legislativo n. 446);
   società di persone ed imprese individuali (articolo 5-bis del decreto legislativo n. 446);
   banche ed altri enti e società finanziari (articolo 6 del decreto legislativo n. 446);
   imprese di assicurazione (articolo 7 del decreto legislativo n. 446)
   persone fisiche, società semplici ed equiparate (articolo 8 del decreto legislativo n. 446);
   produttori agricoli titolari di reddito agrario, esclusi quelli con volume d'affari annuo non superiore a 7.000 euro, che si avvalgono dello speciale regime IVA in materia, nonché soggetti esercenti attività di allevamento di animali (articolo 9 del decreto legislativo n. 446).

  Il comma 2 dell'articolo 4 abroga, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, le disposizioni (di cui all'articolo 2, commi 1 e 4 del decreto-legge n. 66 del 2014) che hanno abbassato le aliquote IRAP per tutti i settori produttivi. La disposizione opera dunque per il periodo d'imposta in corso, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 dello Statuto dei diritti dei contribuenti (di cui alla legge n. 212 del 2000) che dispone l'irretroattività delle norme tributarie.
  Conseguentemente a tale abrogazione – salva la determinazione dell'acconto IRAP 2014 – sono ripristinate le precedenti, più alte, misure di aliquota dell'imposta, e cioè:
   l'aliquota ordinaria IRAP applicabile, in via generale, dai soggetti passivi torna ad essere al 3,9 per cento (in luogo del 3,5 per cento) dal 1o gennaio 2015; Pag. 47
   viene innalzata dal 3,80 per cento al 4,20 per cento l'aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;
   è ripristinata dal 4,20 al 4,65 per cento l'aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
   passa dal 5,30 al 5,90 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione;
   torna dall'1,70 all'1,9 per cento l'aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.

  Il comma 3 dell'articolo 5 fa espressamente salvi gli effetti del comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 66 del 2014, ai fini della determinazione dell'acconto IRAP relativo al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, secondo il cosiddetto metodo previsionale (cioè calcolando l'acconto stimando un minor carico fiscale, in tal caso stimando una minore aliquota).
  Il comma 4, con finalità di coordinamento, modifica l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha reso integralmente deducibile dall'IRPEF e dall'IRAP la quota IRAP riferita al costo del lavoro, integrando tale previsione onde consentire di dedurre dalle imposte sul reddito anche la quota residua del costo del lavoro che viene dedotta dalla base imponibile dell'IRAP ai sensi del comma 1 dell'articolo 5.
  Illustra quindi l'articolo 6 il quale, al comma 1, lettera a), prevede l'erogazione (in via sperimentale e per il periodo 1o marzo 2015-30 giugno 2018) di quote del TFR maturando come parte integrativa della retribuzione (liquidata mensilmente) per i dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo) a condizione che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi presso il medesimo datore di lavoro. Tale erogazione avviene in seguito a manifestazione di volontà da parte del lavoratore, e, se esercitata, è irrevocabile fino al termine del periodo sperimentale (30 giugno 2018). All'atto di manifestazione della volontà, il lavoratore deve aver maturato almeno 6 mesi di attività presso il datore di lavoro che eroga la quota di TFR maturando (nel caso in cui non ci sia espressione di volontà rimane fermo quanto stabilito dalla disciplina vigente in materia). La parte erogata è sottoposta a tassazione ordinaria, non rileva ai fini del calcolo del TFR e non è imponibile ai fini previdenziali (su tale somma quindi non vengono calcolati i contributi previdenziali e assistenziali). La previsione non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali e alle imprese dichiarate in crisi ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 297 del 1982 (si tratta delle aziende in crisi che, ai sensi della legge n. 675 del 1977, presentino particolare rilevanza sociale in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore). Il comma 2 dispone che non si tenga conto delle quote di TFR maturando erogate a titolo di integrazione della retribuzione ai soli fini della verifica del reddito complessivo di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR (introdotto dall'articolo 4, comma 1, del disegno di legge). Di conseguenza, le quote di TFR maturando erogate in busta paga al lavoratore non concorrono al calcolo del reddito complessivo rilevante per verificare la spettanza della detrazione (cosiddetto «bonus 80 euro») che il provvedimento attribuisce in via strutturale ai percettori di redditi di lavoro dipendente ed assimilati.
  Ai sensi del comma 3, nel caso in cui i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti non optino per lo schema di accesso al credito, è prevista la totale applicazione di tutte le misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese previste dall'articolo 10 del decreto legislativo Pag. 48n. 252 del 2005, relativamente alle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore.
  In merito rammenta che il richiamato articolo 10 del decreto legislativo n. 252 consente al datore di lavoro di dedurre dal reddito d'impresa rilevante a fini delle imposte sui redditi una percentuale del 4 per cento del TFR annualmente destinato ai fondi pensione e del TFR destinato al Fondo per l'erogazione del TFR. La misura della deduzione è aumentata al 6 per cento per le imprese con meno di 50 addetti. La norma inoltre esonera dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al richiamato Fondo per l'erogazione del TFR. A titolo di ulteriore compensazione dei costi per le imprese (susseguenti al versamento delle quote di TFR maturando sia alle forme pensionistiche complementari sia al Fondo per l'erogazione del TFR), ai datori di lavoro spetta una riduzione degli oneri impropri correlata al flusso di TFR maturando.
  Secondo il comma 4, qualora i datori di lavoro abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti ed optino per lo schema di accesso al credito previsto dal comma 5 (sempre limitatamente alle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore) è prevista l'applicazione del solo comma 2 dell'articolo 10 del predetto decreto legislativo n. 252 (relativo all'esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR). È inoltre previsto il versamento di un contributo mensile al Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti, pari allo 0,2 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali nella stessa percentuale delle quote di TFR maturando liquidate come somme integrative della retribuzione a seguito della manifestazione di volontà da parte del lavoratore.
  I commi da 5 a 6 contengono disposizioni volte a finanziare i datori di lavoro che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con proprie risorse. Più specificamente, il comma 5 prevede la possibilità, per tali datori di lavoro, di accedere ad uno specifico finanziamento, assistito da una duplice garanzia, prestata dal Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti e dallo Stato, in ultima istanza, e assistito dal privilegio speciale di cui all'articolo 46 del Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, ossia dai privilegi costituiti per le operazioni di finanziamento alle imprese. Ai sensi del comma 6, i datori di lavoro che decidano di accedere al finanziamento previsto dal comma 5 hanno l'obbligo di richiedere tempestivamente all'INPS un'apposita certificazione del TFR maturato in relazione ai montanti retributivi dichiarati per ciascun lavoratore. Sulla base della richiamata certificazione il datore di lavoro può presentare una richiesta di finanziamento presso una delle banche o intermediari finanziari aderenti ad un apposito accordo-quadro, da stipularsi tra il Ministero del lavoro e ABI. Ai predetti finanziamenti non possono essere applicati tassi, comprensivi di ogni eventuale onere, tassi superiori a quello di rivalutazione dello stesso TFR previsto dall'articolo 2120 del codice civile (tasso dell'1,5 per cento in misura fissa e del 75 per cento dell'aumento annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo). Al rimborso correlato al finanziamento effettuato dalle imprese non trova applicazione la disciplina dell'azione revocatoria fallimentare, di cui all'articolo 67 della legge fallimentare.
  Il comma 7 istituisce presso l'INPS un Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente le quote di TFR maturando con risorse proprie, con dotazione iniziale pari a 100 milioni per il 2015 e a carico del bilancio dello Stato. Il Fondo, alimentato dal contributo dello 0,2 per cento previsto dal comma 4, ha lo scopo appunto di garantire i datori di Pag. 49lavoro che accedano ai finanziamenti individuati in precedenza. La garanzia del Fondo è a prima richiesta esplicita, incondizionata, irrevocabile ed onerosa nella misura di cui al comma 4. Inoltre, gli interventi del Fondo sono assistiti da garanzia dello Stato, come prestatore di ultima istanza. Tale garanzia è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Fondo di garanzia, inoltre, è surrogato di diritto alla banca per l'importo pagato. Per tali somme si applicano le medesime modalità di recupero dei crediti contributivi. Il comma 8 demanda ad un apposito DPCM, da emanare entro il 31 gennaio 2015, l'individuazione delle modalità di attuazione delle disposizioni dell'articolo, nonché dei criteri, condizioni e modalità di funzionamento del Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti e della garanzia dello Stato come prestatore di ultima istanza. Il comma 9 specifica che ai maggiori compiti a carico dell'INPS derivanti dalle disposizioni dell'articolo si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 7, il quale modifica la disciplina del credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013. In particolare, il comma 1, sostituendo il predetto articolo 3 del decreto-legge n. 145, riconosce, per gli anni 2015-2019, a tutte le imprese (senza limiti di fatturato) che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo un credito d'imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Sottolinea come destinatari dell'agevolazione siano tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato, mentre non è stata ripresa la vigente disposizione che includeva tra i destinatari anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano le attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Ai sensi del comma 2 del novellato articolo 3, per le imprese in attività da meno di tre periodi di imposta, la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da considerare per il calcolo della spesa incrementale è quella risultante dagli investimenti realizzati nel periodo decorrente dalla costituzione delle stesse. In base al comma 3 del novellato articolo 3, il credito d'imposta spetta fino a un importo massimo annuale di euro 5 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 30.000 euro.
  Le attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate al comma 4 del novellato articolo 3, sono:
   a) lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;
   b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi;
   c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati: può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, Pag. 50quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida: rispetto all'attuale previsione è stata espunta la previsione secondo cui «lo sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili»;
   d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

  Il comma 5 del novellato articolo 3 indica le attività non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo: si tratta, in particolare, delle modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Non è riprodotta la disposizione vigente che fa salve le attività che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti.
  Il comma 6 del novellato articolo 3 elenca le spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d'imposta:
   personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico secondo la classificazione Unesco Isced o di cui all'allegato 3: in tal caso ai sensi del comma 7 la misura del credito d'imposta è del 50 per cento;
   quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell'importo risultante dall'applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze del 31 dicembre 1988, che reca i coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell'esercizio di attività commerciali, arti e professioni in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto di IVA;
   contratti di ricerca stipulati con Università, enti di ricerca ed organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative (cosiddetta ricerca extra muros): in tal caso ai sensi del comma 7 la misura del credito d'imposta è del 50 per cento;
   competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale anche acquisite da fonti esterne.

  In tale ambito, segnala che, secondo il comma 8 del nuovo articolo 3, il credito di imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell'IRAP. Il credito d'imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all'articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all'articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari. Il comma 9 del novellato articolo 3 stabilisce, con previsione non contemplata dalla vigente versione dell'articolo 3, che per la fruizione del credito d'imposta non si applica il limite annuale di utilizzazione di 250.000 euro, previsto dall'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, né il limite massimo per la compensazione di 700.000 euro, previsto dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Il comma 10 del nuovo articolo 3 stabilisce che, ove sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste, ovvero a causa Pag. 51dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo indebitamente fruito, maggiorato degli interessi e delle sanzioni previste dalla legge. Il comma 11 del nuovo articolo 3 dispone che i controlli sono svolti sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale (ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2010). Tale certificazione va allegata al bilancio. Per le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale, è fatto obbligo di avvalersi comunque della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti quali attivi nell'apposito registro. Sono esentate da tale disciplina le imprese con bilancio certificato. Il revisore o professionista responsabile della revisione, nell'assunzione dell'incarico, osservano i principi di indipendenza e di obiettività elaborati ai sensi dell'articolo 10 del predetto decreto legislativo n. 39 del 2010, ovvero, in attesa della loro emanazione, il codice etico dell'IFAC (la federazione internazionale dei revisori). Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile da parte delle imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale sono ammissibili entro il limite massimo di 5.000 euro. Il comma 12 del nuovo articolo 3 specifica che, nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile: il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica inoltre la sospensione dall'esercizio della professione (ai sensi dell'articolo 35 del codice penale) e in ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.
  Il comma 13 del nuovo articolo 3 dispone, a decorrere dal 31 dicembre 2014, la cessazione del credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati (di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012) e del credito d'imposta per ricerca e sviluppo (previsto dall'articolo 1, commi da 95 a 97, della legge n. 228 del 2012), destinando tali risorse alla copertura del credito d'imposta previsto dall'articolo 7.
  Il comma 14 del nuovo articolo 3 demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l'adozione delle disposizioni attuative necessarie, ivi comprese le modalità di verifica e di controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione del credito di imposta di cui l'impresa ha fruito indebitamente, mentre il comma 15 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta in esame, al fine di assicurare che l'attuazione della norma non rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
  Il comma 2 dell'articolo 7 inserisce nell'ambito del decreto-legge n. 145 del 2013 l'Allegato 3 al disegno di legge (recante l'elenco delle classi di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico), in relazione alla fruizione del credito d'imposta per le spese relative al personale avente tali titoli di studio. I commi da 3 a 11 dell'articolo 7 introducono un regime opzionale di tassazione agevolata (cosiddetta patent box), per i redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (marchi e brevetti) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione. In particolare il comma 3 prevede che i soggetti titolari di reddito d'impresa possono optare per l'applicazione di un regime opzionale di tassazione agevolata nella misura del 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcuni tipi di marchi e brevetti. L'opzione ha durata per cinque esercizi sociali ed è irrevocabile. Ai sensi del comma 4, i titolari di reddito d'impresa (di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR) possono esercitare l'opzione a condizione di essere residenti in Paesi con i Pag. 52quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo. In base al comma 5, i redditi dei soggetti derivanti dall'utilizzo di opere dell'ingegno, da brevetti industriali, da marchi d'impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili, non concorrono a formare il reddito complessivo per il 50 per cento del relativo ammontare. In caso di utilizzo diretto, il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo beneficia dell'esclusione a condizione che lo stesso sia determinato sulla base di un apposito accordo con l'amministrazione finanziaria. In tali ipotesi la procedura di ruling ha ad oggetto la determinazione in via preventiva ed in contraddittorio con l'Agenzia delle Entrate dell'ammontare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per l'individuazione dei componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi. Analogo accordo è previsto nel caso in cui i redditi siano realizzati nell'ambito di operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa.
  Segnala quindi come, ai sensi del comma 6, il regime di tassazione agevolata preveda altresì l'esclusione dalla formazione del reddito delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali, a condizione che almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali.
  Il comma 7 prevede che l'opzione per il regime di tassazione agevolata è consentita a condizione che i soggetti svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con Università o enti di ricerca ed organismi equiparati.
  Ai sensi del comma 8 la quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l'accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale e i costi complessivi sostenuti per produrre il bene. Il comma 9 specifica che l'opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo dei beni immateriali rileva, oltre che per la determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, anche ai fini IRAP. Il comma 10 demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, di natura non regolamentare, l'adozione delle disposizioni attuative, anche al fine di individuare le tipologie di marchi escluse dall'ambito di applicazione del regime agevolato e di definire gli elementi del rapporto ai fini della quota di reddito agevolabile.
  Rileva altresì come, ai sensi del comma 11, il nuovo regime si applichi a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e venga inoltre stabilito che, in via transitoria, per gli anni d'imposta 2015 e 2016, la percentuale di esclusione dal concorso alla formazione del reddito è fissata, rispettivamente, in misura pari al 30 e al 40 per cento.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 8, il quale prevede la proroga delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica. In particolare, la lettera a) sostituisce i commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, dedicato alle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica. Il nuovo comma 1 del predetto articolo 14, come sostituito dal numero 1) della lettera a), prevede che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010, concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 63) fino al 31 dicembre 2015. In tale contesto segnala come venga, Pag. 53pertanto, prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2014, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applica nella misura del 50 per cento per l'anno 2015.
  Ricorda che la detrazione (dall'IRPEF e dall'IRES) deve essere ripartita in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. L'agevolazione riguarda interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti, riferendosi, in particolare, alle spese sostenute per:
   la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento, nel limite massimo di 100.000 euro;
   il miglioramento termico dell'edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti), nel limite massimo di 60.000 euro;
   l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda, nel limite massimo di 60.000 euro;
   la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale, nel limite massimo di 30.000 euro.

  Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, il nuovo comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 63, come sostituito dal numero 2) della lettera a), prevede l'applicazione della detrazione nella misura del 65 per cento, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 fino al 31 dicembre 2015. Pertanto, viene prorogata di sei mesi la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 3 giugno 2015, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applica nella misura del 50 per cento per le spese sostenute dal 1o luglio 2015 al 30 giugno 2016. La lettera b) modifica l'articolo 16 del predetto decreto – legge n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili. Il numero 1) della lettera b) sostituisce l'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 16, prevedendo che per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell'articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione dall'imposta lorda – fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare – pari al 50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015.
  In tale ambito specifica come, in sostanza, rispetto alla disciplina antecedente, venga prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento, in origine prevista sino al 31 dicembre 2014, mentre viene abrogata la disposizione che prevede che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento per l'anno 2015. Il numero 2) della lettera b) modifica invece il comma 2 dell'articolo 16 del decreto – legge n. 63, prorogando di un anno, fino al 31 dicembre 2015, la detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione:
   mobili;
   grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;
   forni di classe A.

  Ricorda che, ai fini del riconoscimento della detrazione, la norma fa riferimento ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1, cioè a coloro che usufruiscono delle possibilità di detrarre – nel limite massimo di spesa di 96.000 euro – il 50 per cento delle spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel periodo di tempo tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2015.
  La novella recata dal numero 2) prevede, inoltre, che le spese per l'acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. Pag. 54
  A tale proposito rammenta che le spese per l'acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro.
  Illustra l'articolo 9, il quale istituisce, ai commi da 1 a 22, per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l'aliquota del 15 per cento. Tale regime forfetario, che opera come regime fiscale naturale, in quanto i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare una opzione per l'ingresso nello stesso, presenta alcuni punti in comune con il precedente regime dei minimi di cui alla legge n. 244 del 2007 e sostituisce i regimi «di favore» vigenti, ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (con aliquota al 10 per cento), il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (i vigenti «minimi» con aliquota al 5 per cento) e il regime contabile agevolato (per gli «ex minimi»).
  In particolare, il comma 1, lettera a), individua i requisiti per l'applicazione del nuovo regime, circoscrivendone l'ambito soggettivo alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o professione che, nell'anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinate soglie, indicate nell'allegato 4 al disegno di legge, le quali variano a seconda del codice ATECO che ricomprende l'attività d'impresa o professionale esercitata. A seconda delle diverse attività economiche il predetto allegato 4 prevede diversi coefficienti di redditività, i quali determinano il reddito imponibile. A differenza di quanto previsto dal precedente regime dei minimi, i «nuovi minimi» possono operare con l'estero, nel presupposto che la peculiare tipologia di operazioni non rappresenta di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario. La lettera b), a differenza dal precedente regime dei minimi, ricomprende in tale regime anche quanti sostengono spese per lavoro dipendente o per collaboratori, anche a progetto, per importi complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi: in tale limite sono comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati. Ai sensi della lettera c) il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni mobili strumentali alla chiusura dell'anno precedente (stock) non deve superare 20.000 euro, laddove nel precedente regime dei minimi tale limite era di 15.000 euro. Mentre nel vecchio regime non si consideravano eventuali dismissioni di beni strumentali, il nuovo regime, prendendo a riferimento lo stock di fine anno, attribuisce rilevanza anche alle eventuali dismissioni.
  Ai fini del calcolo del limite per i beni strumentali:
   1) per i beni in locazione finanziaria rileva il costo sostenuto dal concedente;
   2) per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell'articolo 9 del TUIR;
   3) i beni utilizzati promiscuamente per l'esercizio dell'impresa, dell'arte o professione e per l'uso personale o familiare del contribuente concorrono nella misura del 50 per cento;
   4) non rilevano i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro;
   5) non rilevano i beni immobili, comunque acquisiti, utilizzati per l'esercizio dell'impresa, dell'arte o della professione.

  Il comma 2 specifica che, per la determinazione dei limiti di ricavi e dei compensi per l'accesso al regime, non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall'adeguamento agli studi di settore e ai parametri; nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da diversi codici ATECO, assume rilievo il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi ai predetti codici. Il comma 3 stabilisce che le persone fisiche che intraprendono l'esercizio di imprese, arti o professioni possono Pag. 55avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione di inizio di attività di presumere la sussistenza dei requisiti di legge.
  Il comma 4 individua le esclusioni soggettive dal regime forfetario:
   a) nel caso in cui il contribuente, anche solo marginalmente, si avvale di regimi speciali ai fini IVA (agricoltura e attività connesse e pesca; vendita di sali e tabacchi; commercio dei fiammiferi; editoria; gestione di servizi di telefonia pubblica; rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta; intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972; agenzie di viaggi e turismo; agriturismo; vendite a domicilio; rivendita di beni usati, di oggetti d'arte, d'antiquariato o da collezione; agenzie di vendite all'asta di oggetti d'arte, antiquariato o da collezione) o i soggetti che fruiscono di altri regimi forfetari di determinazione del reddito;
   b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto (in tal modo, rispetto alla previgente normativa concernente i minimi, è stato ampliato l'ambito soggettivo per il quale è consentito l'accesso al regime);
   c) restano invece ferme le esclusioni previste per i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi, nonché per coloro che, esercenti attività d'impresa o arti e professioni, contemporaneamente partecipano a società di persone o associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all'articolo 116 del medesimo TUIR.

  I commi da 5 a 10 individuano la disciplina del regime forfetario ai fini IVA. In particolare, il comma 5 disciplina l'applicazione dell'IVA alle operazioni attive e passive poste in essere a seconda che le stesse siano:
   a) operazioni nazionali, per le quali il contribuente che si avvale del regime forfetario non esercita la rivalsa dell'imposta di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   b) cessioni di beni intracomunitarie, in relazione alle quali trova applicazione la medesima disciplina delle operazioni interne;
   c) acquisti di beni intracomunitari: entro la soglia di 10.000 euro annui sono considerati non soggetti ad IVA nel Paese di destinazione e rimangono assoggettati a tassazione nel Paese di provenienza;
   d) prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi, che rimangono soggette alle ordinarie regole;
   e) importazioni, esportazioni ed operazioni ad esse assimilate, soggette alle ordinarie regole.

  In ogni caso, per qualunque operazione posta in essere dal contribuente che si avvale del regime forfetario è escluso il diritto alla detrazione dell'IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633.
  Il comma 6 esonera i contribuenti che applicano il regime forfetario dal versamento dell'IVA e da tutti gli altri adempimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. I predetti contribuenti sono, altresì, esonerati: dall'obbligo di effettuare la comunicazione telematica all'Agenzia delle entrate delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (cosiddetto «speso metro»); dall'obbligo di comunicazione telematica all'Agenzia delle Entrate delle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list; dalla comunicazione delle dichiarazioni Pag. 56d'intento ricevute. I medesimi contribuenti sono, invece, tenuti a numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali e a certificare i corrispettivi; per quanto riguarda la certificazione dei corrispettivi resta, pertanto, obbligatoria l'emissione della fattura ovvero, per i soggetti esonerati da tale emissione, il rilascio di scontrino o ricevuta fiscale, secondo le ordinarie regole. Il comma 7 prevede che, in ogni caso, i soggetti che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell'IVA, emettono la fattura o la integrano con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e versano l'imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni. Ai sensi del comma 8, il passaggio dal regime ordinario al regime forfetario determina la necessità di rettificare, ai sensi dell'articolo 19-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, la detrazione dell'imposta assolta a monte già operata secondo le regole ordinarie; il versamento dell'eventuale importo a debito va operato in un'unica soluzione nella dichiarazione IVA dell'ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio inverso dal regime forfetario al regime ordinario è operata un'analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie. Il comma 9 dispone che nell'ultima liquidazione relativa all'anno in cui l'IVA è applicata nei modi ordinari, deve tenersi conto anche dell'imposta relativa alle operazioni per le quali l'esigibilità non si è ancora verificata. È il caso delle operazioni con esigibilità differita effettuate nei confronti dello Stato e degli enti pubblici o dell'IVA liquidata secondo il regime di IVA per cassa.
  Con riferimento a tali disposizioni, segnala come, sostanzialmente, l'accesso al regime agevolato comporti, per il cedente o prestatore che se ne avvalga, la rinuncia al differimento dell'esigibilità. Per converso, nella stessa liquidazione può essere esercitato, sempreché spettante, il diritto alla detrazione dell'imposta relativa alle operazioni di acquisto soggette agli stessi regimi di IVA per cassa ed i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
  Il comma 10 stabilisce che l'eccedenza detraibile che emerge dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti che applicano il regime forfetario, relativa all'ultimo anno in cui l'IVA è applicata nei modi ordinari, può essere chiesta a rimborso, ovvero può essere utilizzata in compensazione.
  Il comma 11 disciplina le modalità di determinazione del reddito imponibile ai fini del regime forfetario: tale reddito è ottenuto applicando ai ricavi e compensi percepiti nel periodo d'imposta un differente coefficiente di redditività in funzione del codice ATECO che contraddistingue l'attività svolta. Pertanto, a differenza del precedente regime, non assumono rilevanza le spese sostenute nello stesso esercizio relative all'attività di impresa o dell'arte o della professione, ad eccezione dei contributi previdenziali versati in base alla legge. L'eventuale eccedenza può essere scomputata dal reddito complessivo come onere deducibile.
  Sul reddito imponibile si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP in misura pari al 15 per cento. Il versamento dell'imposta sostitutiva è effettuato negli stessi termini e con le medesime modalità previste per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Si applicano, quindi, tutte le disposizioni vigenti in materia di versamenti a saldo ed in acconto dell'imposta, compensazione e rateazione della stessa. In caso di imprese familiari, l'imposta sostitutiva è dovuta dall'imprenditore sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari.
  Il comma 12 prevede, all'interno del nuovo regime forfetario, una specifica disciplina di vantaggio per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i due successivi, il reddito imponibile, calcolato secondo quanto prescritto dal comma 1, è ridotto di un terzo. Per poter beneficiare del regime è necessario che:
   a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività Pag. 57di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
   b) l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
   c) qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 1.

  Il comma 13 disciplina il trattamento dei componenti positivi e negativi che hanno avuto origine prima dell'ingresso nel regime forfetario e la cui tassazione o deduzione è stata rinviata agli esercizi di efficacia del regime medesimo, stabilendo che i componenti riferiti ad esercizi precedenti quello di efficacia del regime agevolato, per la parte la cui tassazione o deduzione è stata rinviata per effetto di una facoltà o obbligo di legge, concorrono per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del regime forfetario. In tal modo è stata eliminata la limitazione, prevista dalla precedente disciplina dei minimi, secondo cui le predette quote partecipavano alla formazione del reddito dell'esercizio precedente «solo per l'importo eccedente l'ammontare di 5.000 euro».
  Il comma 14 prevede che i ricavi conseguiti e i compensi percepiti non sono assoggettati a ritenuta d'acconto. A tal fine è necessario che il contribuente rilasci un'apposita dichiarazione al sostituto d'imposta, dalla quale risulti che il reddito cui le somme percepite afferiscono è soggetto all'imposta sostitutiva. Il comma 15 dispone che le perdite fiscali realizzate nei periodi di imposta precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito prodotto nei periodi di imposta di applicazione del regime dei minimi, secondo le regole ordinarie. Il comma 16 prevede che i contribuenti in regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili. Devono, però, conservare i documenti ricevuti ed emessi ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (Tenuta e conservazione delle scritture contabili) e presentare la dichiarazione dei redditi nei termini e con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.
  La disposizione stabilisce inoltre che i contribuenti minimi non sono sostituti d'imposta ma sono tenuti a indicare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dei percettori dei redditi che ordinariamente sarebbero assoggettati a ritenuta alla fonte e l'ammontare dei redditi stessi.
  Il comma 17 consente ai contribuenti che applicano il regime forfetario la possibilità di optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
  Il comma 18 stabilisce che il regime agevolato cessa di avere effetto dall'anno successivo se in corso d'anno viene meno uno dei requisiti per accedere al regime forfetario o si verifica una delle cause di esclusione dal regime. In presenza di un evento tra quelli elencati il contribuente, dall'anno successivo, sarà tenuto a porre in essere tutti gli adempimenti relativi all'applicazione del regime ordinario quali, ad esempio, l'istituzione dei registri contabili e l'addebito dell'IVA.
  Il comma 19 introduce alcune disposizioni volte ad effettuare un coordinamento tra i periodi di imposta nei quali trovano applicazione le nuove regole di determinazione Pag. 58del reddito e i periodi precedenti o successivi con riferimento ai quali risultano applicabili le regole ordinarie. In particolare evidenzia come, al fine di evitare duplicazioni o salti di imposta nei periodi di entrata o di uscita dal regime, sia previsto che, nel caso di passaggio dal regime forfetario a quello ordinario, i ricavi e i compensi che hanno già concorso a formare il reddito nei periodi soggetti al regime forfetario non hanno rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi, ancorché di competenza di tali periodi. Allo stesso modo, i componenti di reddito che, ancorché di competenza dei periodi di imposta di vigenza del regime forfetario, non hanno concorso alla formazione del reddito di tali periodi d'imposta (perché non hanno avuto, ad esempio, manifestazione finanziaria), dovranno assumere rilevanza in quelli successivi. Criteri analoghi si applicano in caso di transizione dal regime ordinario a quello forfetario.
  Il comma 20 prevede che i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario sono esclusi dall'applicazione degli studi di settore e dei parametri. Con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate di approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfetario, peculiari obblighi informativi relativamente all'attività svolta.
  A tale proposito segnala come la relazione illustrativa allegata al disegno di legge specifichi che, pur essendo esclusi dall'accertamento tramite studi di settore, i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario restano soggetti al cosiddetto «redditometro».
  Per quanto riguarda accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, il comma 21 statuisce che si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, IVA e IRAP. Con una norma non presente nella precedente disciplina, è previsto un trattamento sanzionatorio aggravato nell'ipotesi di infedele indicazione dei requisiti e delle condizioni per accedere al regime: in tali casi, infatti, se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato, le misure delle sanzioni minime e massime applicabili sono aumentate del 10 per cento.
  È previsto inoltre che la fuoriuscita dal regime possa avvenire anche a seguito di un avviso di accertamento divenuto definitivo.
  Il comma 22 prevede che il reddito determinato secondo i criteri del regime forfetario sia rilevante, unitamente al reddito complessivo, ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all'articolo 12, comma 2, del TUIR. Il reddito soggetto all'imposta sostitutiva non rileva, invece, ai fini della spettanza delle detrazioni oggettive individuate nell'articolo 13 del TUIR. Pertanto, per tale tipologia reddituale, non spettano le detrazioni ivi indicate.
  Nel complesso sottolinea la rilevanza delle previsioni di cui ai commi 1 da a 22, sulle quali alcuni hanno sollevato rilievi critici, che ritiene potranno tuttavia essere chiariti e, se necessario, superati.
  Ai sensi del comma 23 ai soggetti che si avvalgono del nuovo regime forfetario regolato dai commi da 1 a 22 dell'articolo 9 si applica altresì un regime contributivo agevolato, definito dai commi da 23 a 31 del medesimo articolo 19.
  I commi da 32 a 35 abrogano i regimi agevolati oggi vigenti, di cui all'articolo 13 della legge n. 388 del 2000 (nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo), all'articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011 (regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità) e all'articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117, della legge n. 244 del 2007 (previgente regime dei minimi). Secondo il comma 33 a partire dal 2015, i soggetti che nel 2014 hanno applicato il regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità e il regime contabile agevolato di cui all'articolo 27, comma 3 (regime intermedio per gli ex minimi), del decreto-legge n. 98 del 2011, in possesso dei requisiti previsti dal comma 1, e salvo opzione per l'applicazione dell'imposta sul Pag. 59valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari, accedono al regime forfetario. In base al comma 34 i soggetti che nel 2014 hanno applicato il regime delle nuove iniziative produttive di cui all'articolo 13 della legge n. 388 del 2000 o il regime fiscale di vantaggio di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 possono applicare, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge, i nuovi regimi per le start up di cui al comma 12 per i soli periodi di imposta che residuano al completamento del triennio agevolato. Il comma 35 consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, sono nel regime fiscale di vantaggio di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 («minimi al 5 per cento»), di continuare ad avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio, conseguentemente, pur essendo stato soppresso, si applica limitatamente ai contribuenti che già se ne avvalevano alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, non oltre la data di scadenza naturale (quinquennio o compimento del trentacinquesimo anno di età).
  Il comma 36 dispone che le previsioni dell'articolo 9 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Viene previsto, inoltre, che con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere dettate le disposizioni necessarie per l'attuazione dell'articolo, mentre con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità applicative.
  L'articolo 15, al comma 1, lettera a), eleva da 2.065 a 30.000 euro annui l'importo massimo sul quale spetta la detrazione – pari al 26 per cento a decorrere dal 2014 – per le erogazioni liberali in denaro a favore delle ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale).
  La lettera b) del medesimo comma 1 dispone analogo adeguamento a 30.000 euro per l'importo massimo deducibile a fini IRES.
  In base al comma 2 i nuovi importi si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
  Nell'ambito dell'articolo 17, segnala alcune previsioni attinenti ai profili di competenza della Commissione Finanze.
  Il comma 4 prevede la stabilizzazione della disciplina dell'istituto del 5 per mille IRPEF, disponendo l'applicazione all'esercizio finanziario 2015 e agli esercizi successivi delle disposizioni vigenti in materia, relative al riparto della quota del 5 per mille con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dell'annualità precedente, contenute all'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del decreto-legge n. 40 del 2010. Il comma 5 del medesimo articolo 17 autorizza la spesa di 100 milioni a decorrere dal 2015 in favore dell'Agenzia delle entrate a titolo di contributo integrativo alle spese di funzionamento.
  Ricorda che tale assegnazione integrativa era già stata disposta dall'articolo 1, comma 278, della legge di stabilità 2014, nell'analoga misura di 100 milioni, ma limitatamente all'esercizio 2014.
  Segnala inoltre come nel bilancio a legislazione vigente per il 2015, di cui al disegno di legge C. 2680, le risorse destinate agli oneri di gestione dell'Agenzia delle entrate siano allocate al capitolo 3890 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura di 2.911 milioni per il 2015 (Missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio»; Programma «Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità»).
  Nel bilancio assestato 2014 l'ammontare del capitolo 3890 risulta pari a 3.372 milioni. La diminuzione nel bilancio a legislazione vigente per il 2015 (-461 milioni) è conseguente a quanto disposto dall'articolo 1, comma 74, della legge finanziaria per il 2006 (che prevede la rideterminazione delle dotazioni delle Agenzie fiscali, applicando alla media delle somme incassate nell'ultimo triennio consuntivato, relativamente alle unità previsionali di base dello stato di previsione dell'entrata indicate nell'elenco 4 allegato alla stessa legge finanziaria 2006, una percentuale varabile per ciascuna Agenzia).Pag. 60
  Il comma 16 proroga dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre. Inoltre la disposizione prevede l'accesso nel 2015 al credito d'imposta per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori del settore, previsto originariamente per l'anno 2012 e poi differito all'anno 2014.
  Il comma 19 incrementa di 3.300 milioni di euro per l'anno 2015 la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale, istituito dall'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (alimentato dai risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica e dalle maggiori entrate permanenti rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni). Il secondo periodo del comma 19 subordina l'utilizzo di tali risorse alla verifica circa il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica del medesimo anno, specificando comunque che esso non può avvenire prima del mese di ottobre.
  In merito segnala come nel bilancio a legislazione vigente 2015 le risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale siano allocate sul capitolo 3833 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con stanziamenti pari a 331,5 milioni per il 2015 e 18,5 milioni sia per il 2016 sia per il 2017. Tuttavia l'articolo 45, comma 2, del disegno di legge riduce la dotazione del Fondo di 331,5 milioni di euro per l'anno 2015 e 18,5 milioni a decorrere dal 2016.
  Ricorda inoltre che, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, valutate in 313 milioni di euro annui dal 2014, sono state destinate alla copertura degli oneri del citato decreto-legge che ha, tra l'altro, introdotto il credito d'imposta IRPEF in favore dei lavoratori dipendenti (cosiddetto «bonus 80 euro»).
  Al riguardo segnala inoltre come la Relazione recante variazione alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze 2014, approvata con la risoluzione n. 6-00094, nell'aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica al fine di tenere conto delle osservazioni formulate dalla Commissione europea nel processo di valutazione dei documenti di bilancio per il 2015, indichi la volontà del Governo di adottare, con uno specifico emendamento governativo al disegno di legge di stabilità, misure aggiuntive per rafforzare lo sforzo verso il pareggio di bilancio. In questo contesto la Relazione prevede, tra l'altro, l'utilizzo a tal fine delle maggiori risorse (per 3.300 milioni) stanziate dal disegno di legge di stabilità (in particolare dall'articolo 17, comma 19) sul Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
  L'articolo 18 posticipa dal 15 gennaio 2015 al 15 gennaio 2016 la data di emanazione del DPCM che, ai sensi dell'articolo 1, comma 430, della legge di stabilità 2014, deve disporre la riduzione delle cosiddette tax expenditures qualora gli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica non abbiano prodotto gli effetti previsti.
  Conseguentemente viene soppressa la previsione di maggiori entrate pari a 3 miliardi per il 2015, mentre per gli anni successivi essa è ridotta di 3 miliardi di euro l'anno (passando da 7 a 4 miliardi per il 2016 e da 10 a 7 miliardi di euro a decorrere dal 2017).
  In merito ricorda che l'ammontare complessivo degli effetti dei 282 regimi agevolativi indicato nell'allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del disegno di legge di bilancio 2015 (Stato di previsione delle entrate) è pari a:
   161.147,2 milioni per il 2015 (+8.480,6 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);Pag. 61
   159.903,6 milioni per il 2016 (+7.946 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   161.073,2 milioni per il 2017.

  L'allegato B al medesimo disegno di legge di bilancio indica un ammontare degli effetti delle 14 agevolazioni introdotte da ottobre 2013 a settembre 2014 pari a:
   483,2 milioni per il 2015 (+242,3 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   671,6 milioni per il 2016 (+453,2 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   808,7 milioni per il 2017.

  Nell'ambito dell'articolo 19 segnala alcune ulteriori disposizioni afferenti alle competenze della Commissione Finanze.
  Il comma 1, nel quadro della riduzione di una serie di autorizzazioni di spesa elencate nell'allegato 5 al disegno di legge, riduce, l'altro, le risorse destinate a favore delle zone franche urbane di 50 milioni di euro nel 2016, a fronte di uno stanziamento originario (di cui all'articolo 22-bis, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014) di 100 milioni di euro per il medesimo anno.
  Contestualmente la Tabella E allegata al disegno di legge dispone una riduzione di 75 milioni di euro della dotazione per il 2015, che viene conseguentemente azzerata.
  Conseguentemente, lo stanziamento per le ZFU è azzerato per il 2015, mentre è pari a 50 milioni di euro per il 2016.
  Il comma 11 prevede l'adozione, entro il 30 gennaio 2015, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con cui sono stabilite, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco n. 1 allegato alla legge di stabilità, le quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta, in maniera tale da assicurare effetti positivi sui saldi di finanza pubblica non inferiori a 16,335 milioni per il 2015 e a 38,690 milioni a decorrere dal 2016.
  Le misure annoverate nel citato elenco n. 1 riguardano: il rimborso parziale dell'accisa sulla benzina e sul GPL per autovetture in servizio pubblico di piazza; il gasolio e GPL impiegati per riscaldamento in aree geograficamente o climaticamente svantaggiate; il credito d'imposta per l'agevolazione di nuove iniziative imprenditoriali (acquisto PC); il credito d'imposta per investimenti in campagne pubblicitarie localizzate in determinate aree del Paese; il credito d'imposta a favore delle farmacie pubbliche e private per acquisto di software; il credito d'imposta per opere dell'ingegno digitali; il credito imposta per investimenti di imprese di prodotti editoriali.
  L'articolo 20, al comma 1, dispone la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato in favore di enti e organismi pubblici indicati nell'allegato 6 al disegno di legge in esame, per un importo complessivo pari a 22 milioni per il 2015 e a 21,7 milioni a decorrere dal 2016.
  In particolare, per i profili di interesse della Commissione Finanze, segnala, per ciascun anno del triennio 2015-2017, la riduzione delle spese di funzionamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per 300.000 euro, la riduzione della dotazione della CONSOB per 200.000 euro, la riduzione di 500.000 euro delle somme da erogare all'Agenzia del demanio, la riduzione di un milione di euro delle somme occorrenti per far fronte agli oneri di gestione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  L'articolo 22 reca una serie di modifiche alla legislazione vigente in tema di dismissione di immobili pubblici e di razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni centrali.
  In particolare, il comma 1, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica connessi al programma di valorizzazione e cessione di immobili pubblici (previsto dall'articolo 1, comma 391, della legge di stabilità 2014), introduce la possibilità di dismettere alcuni complessi immobiliari attraverso lo Pag. 62strumento della procedura ristretta, alla quale sono invitati a partecipare e, successivamente, a presentare offerte di acquisto nel rispetto delle modalità e dei termini indicati nella lettera di invito, investitori qualificati, in possesso di requisiti e caratteristiche fissati con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze in relazione alla singola procedura di dismissione. Gli immobili interessati dalla nuova procedura ristretta cui sono invitati a partecipare investitori qualificati sono quelli a cui fa riferimento l'articolo 7 del decreto-legge n. 282 del 2002 il quale autorizza l'Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato individuati negli allegati A e B. La vendita fa venire meno l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita.
  Il comma 2, in tema di razionalizzazione degli spazi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni, alla lettera a) apporta una serie di modifiche al comma 222-quater dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009, il quale assegna alle amministrazioni centrali il compito di predisporre entro il 30 giugno 2015 un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale in modo da garantire una riduzione, dal 2016 rispetto al 2014, di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati.
  In dettaglio, segnala come le modifiche introdotte dalla lettera a) incidano sulla procedura di adozione dei suddetti piani di razionalizzazione, i quali devono essere comprensivi della stima dei costi per la loro concreta attuazione e trasmessi dalle amministrazioni all'Agenzia del demanio, per la verifica della compatibilità con gli obiettivi così fissati, nonché della compatibilità con le risorse finanziarie stanziate negli appositi capitoli di spesa dell'Agenzia del demanio riguardanti la razionalizzazione degli spazi ad uso ufficio. L'Agenzia comunica, entro i successivi 60 giorni, al Ministero dell'economia e delle finanze i risultati della verifica, nonché la disponibilità delle specifiche risorse finanziarie. Nel caso non vi siano risorse, l'attuazione del piano di razionalizzazione è sospesa fino alla disponibilità di nuove risorse. Nel caso di disponibilità di risorse finanziarie e di verifica positiva della compatibilità dei piani di razionalizzazione con gli obiettivi fissati dalla norma, l'Agenzia comunica gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati dal piano, a decorrere dalla completa attuazione del piano medesimo. Fino a metà dei risparmi individuati nel piano possono essere destinati (con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze) al finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei piani medesimi, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio. In caso di verifica negativa (o di mancata presentazione del piano), è previsto che il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia del demanio, effettui una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi dell'amministrazione inadempiente, al fine di assicurare comunque i risparmi attesi.
  La lettera b) del comma 2 introduce inoltre nel citato articolo 2 della legge n. 191 del 2009 un nuovo comma 222-quinquies, con il quale viene istituito un «Fondo di rotazione per la razionalizzazione degli spazi» con un'iniziale dotazione di 20 milioni di euro, con la finalità di finanziare le opere di riadattamento e ristrutturazione necessarie alla riallocazione delle amministrazioni statali in altre sedi. Tale Fondo è alimentato con una quota pari al 10 per cento dei proventi derivanti dalle nuove operazioni di valorizzazione e cessione degli immobili statali versati all'entrata e con una quota pari al 10 per cento dei risparmi derivanti dalla riduzione della spesa per locazioni passive determinati con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze.Pag. 63
  L'articolo 26, al comma 12 interviene sulla disciplina degli obblighi di comunicazione all'Anagrafe tributaria posti in capo agli operatori finanziari, prevedendo l'integrazione delle informazioni che vengono utilizzate ai fini della compilazione della dichiarazione sostitutiva unica per la determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), inserendovi anche il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.
  Nell'ambito dell'articolo 27, il quale interviene sulle spese del Ministro degli affari esteri, segnala, in quanto rilevante per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il comma 2, il quale, oltre a prevedere che il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, con effetto dal 1o luglio 2015, sulla base di rilevamenti di carattere oggettivo, provvede a una revisione complessiva dei coefficienti in base ai quali si opera la maggiorazione dell'indennità di base per il servizio all'estero, in relazione alle caratteristiche della sede di servizio, sempre con decorrenza dal 1o luglio 2015 modifica l'articolo 51, comma 8, secondo periodo, del TUIR, il quale stabilisce che gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all'estero costituiscono reddito nella misura del 50 per cento, prevedendo inoltre, nel caso in cui per i servizi prestati all'estero dai dipendenti delle amministrazioni statali la legge preveda la corresponsione di una indennità base e di maggiorazioni ad essa collegate, concorre a formare il reddito la sola indennità base.
  In tale ambito viene aggiunta l'espressione «nonché il cinquanta per cento delle maggiorazioni percepite fino alla concorrenza di due volte l'indennità base», in modo da considerare quale elemento costitutivo del reddito imponibile IRPEF, oltre all'indennità base nella misura del 50 per cento, anche il 50 per cento delle maggiorazioni percepite fino alla concorrenza di due volte l'indennità base. Tale modifica dovrebbe determinare un maggior gettito fiscale e contributivo quantificato dalla relazione tecnica allegate al disegno di legge in 32,3 milioni di euro annui.
  L'articolo 32, al comma 4, aumenta dal 22 al 26,5 per cento l'aliquota di accisa agevolata (rispetto alla misura ordinaria di accisa) per l'utilizzo di gasolio ai fini dello svolgimento di lavori agricoli, orticoli, di allevamento, legati alle attività di silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
  L'articolo 35, al comma 18 aumenta dal 10 al 20 per cento la quota del fondo di solidarietà comunale che deve essere accantonata per essere redistribuita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard.
  L'articolo 44, ai commi da 1 a 5, prevede l'innalzamento dell'aliquota di tassazione dall'11 al 20 per cento per i fondi pensione e dall'11 al 17 per cento per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto). In particolare, evidenzia come il comma 1 modifichi l'aliquota prevista all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005 in materia di forme pensionistiche complementari (cosiddetti fondi pensione), innalzandola al 20 per cento. Il comma 2 prevede, inoltre, che la base imponibile dell'imposta sostitutiva applicata sul risultato di gestione dei fondi pensione sia determinata, per i redditi dei titoli pubblici, in base al rapporto tra l'aliquota vigente (12,50 per cento) e quella dell'imposta sostitutiva stessa, al fine di evitare una penalizzazione per l'investimento indiretto in tali titoli. Il comma 3 aumenta dall'11 al 17 per cento l'aliquota per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto) al fine – secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa allegata al disegno di legge – di armonizzare il livello di imposizione previsto per le rivalutazioni dei fondi per il TFR con quello previsto per il risultato maturato di gestione delle forme pensionistiche complementari. In base al comma 4, le nuove aliquote introdotte dai commi 1 e 2 per i fondi pensione si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Pag. 64
  La disposizione specifica che, in deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie (previsto dall'articolo 3 dello Statuto del contribuente), l'imposta sul risultato di gestione dei fondi pensione dovuta per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 è determinata con la nuova aliquota; tuttavia, la base imponibile è ridotta del 48 per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per il pagamento dei riscatti ed il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013, maggiorate dei contributi versati nel corso del 2014. Tale meccanismo dovrebbe consentire di evitare che l'incremento di tassazione incida su posizioni già definite, ossia sui rendimenti maturati nel 2014 e compresi nei riscatti liquidati nel corso del 2014 (assoggettate alla minore aliquota pro tempore vigente), e che la maggiore aliquota gravi di fatto sugli altri iscritti.
  Fa quindi presente come, sostanzialmente, per effetto della riduzione della base imponibile nella misura pari al 48 per cento dei rendimenti netti maturati ed erogati durante l'anno, si determini una riduzione dell'imposta dovuta pari al differenziale (8,5 per cento) tra la nuova e la vecchia aliquota, confermando la tassazione all'11,5 per cento vigente al momento dell'erogazione. Infatti, riducendo la base imponibile dell'imposta calcolata al 20 per cento di un importo pari al 48 per cento del rendimento, al netto di un'imposta dell'11,5 per cento, l'imposta dovuta è pari a quella accantonata al momento della liquidazione della prestazione. Per quanto riguarda il TFR, invece, ai sensi del comma 5 la nuova aliquota si applica alle rivalutazioni decorrenti dal 1o gennaio 2015.
  Il comma 6 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e delle partecipazioni in società non quotate, introdotta in origine dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.
  In particolare, la norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1o gennaio 2015; il termine di versamento dell'imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2015 (qualora si opti per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2016, 30 giugno 2016 e 30 giugno 2017); la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il 30 giugno 2015.
  I commi da 7 a 10 incrementano il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile a fini IVA (cosiddetto reverse charge), in particolare estendendo tale sistema anche a ulteriori ambiti del settore edile e del settore energetico, ed introducono il cosiddetto meccanismo di «split payment», ovvero speciali modalità di versamento dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici.
  In particolare, sottolinea come il comma 7, lettera a), numero 2), introduca nell'articolo 17, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, una nuova lettera a-ter), disponendo l'applicazione dell'inversione contabile (reverse charge) anche alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei soggetti prestatori/cessionari dei servizi. Il numero 1) della lettera a) del comma 7 opera una modifica di coordinamento nel testo del predetto comma 6 dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, precisando che il reverse charge previsto in generale per le prestazioni rese nel settore edile da soggetti subappaltatori si applica alle restanti prestazioni di servizi rese nel settore edile, ossia a quelle diverse da pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento relative a edifici, specificamente indicate nella nuova lettera a-ter) del medesimo comma 6 introdotta dal numero 2) della lettera a).
  Il numero 3) della lettera a) introduce le lettere d-bis), d-ter) e d-quater) al Pag. 65comma 6 dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, estendendo in tal modo il reverse charge:
   ai trasferimenti delle quote di emissione di gas-serra operati, nell'ambito del sistema europeo di emission trading (EU ETS);
   ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE, nonché di certificati relativi all'energia e al gas;
   alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore.

  Il comma 8, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 199-bis della direttiva 112/2006/CE circa il carattere temporaneo della misura, che deve avere una durata non inferiore a due anni e non protrarsi oltre il 31 dicembre 2018, prevede che tali nuove ipotesi di reverse charge si applichino per un periodo di quattro anni. La lettera b) del comma 7, attraverso l'inserimento nel decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 di un nuovo articolo 17-ter, introduce il cosiddetto «split payment», ai sensi del quale nel caso di cessioni di beni e di prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle unità sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dai medesimi cessionari o committenti secondo modalità e termini che verranno fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In forza di tale nuova previsione al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell'IVA indicata in fattura; l'imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall'Erario.
  Il comma 9 subordina espressamente l'efficacia del nuovo meccanismo all'autorizzazione da parte degli organismi europei competenti, in particolare al rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE. Il comma 9 prevede inoltre che, in caso di mancato rilascio della suddetta misura di deroga, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015, viene disposto l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 988 milioni di euro a decorrere dal 2015; la norma specifica che il provvedimento direttoriale è efficace dalla data di pubblicazione sul sito Internet dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
  Anche a tale proposito segnala come la Relazione recante variazione alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze 2014, approvata con la risoluzione n. 6-00094, nell'aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica al fine di tenere conto delle osservazioni formulate dalla Commissione europea nel processo di valutazione dei documenti di bilancio per il 2015, indichi la volontà del Governo di adottare, con uno specifico emendamento governativo al disegno di legge di stabilità, misure aggiuntive per rafforzare lo sforzo verso il pareggio di bilancio. In questo contesto la Relazione prevede, tra l'altro, l'estensione del meccanismo del reverse charge al settore della grande distribuzione, che dovrebbe comportare, secondo l'Esecutivo, un miglioramento di 730 milioni di euro annui in termini di indebitamento netto a partire dal 2015, i quali saranno utilizzati negli anni successivi per sterilizzare la clausola di salvaguardia a valere sull'aumento dell'IVA e delle accise prevista dall'articolo 45, commi 3 e 4.Pag. 66
  La lettera c) del comma 7 prevede, per i fornitori interessati dalle operazioni cui si applica lo «split payment», la possibilità di chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile ai sensi dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che viene conseguentemente novellato.
  Il comma 10 dispone inoltre che, a carico della P.A. inadempiente (la quale ometta o ritardi il versamento dell'imposta), siano applicate le sanzioni amministrative previste per gli omessi o tardivi versamenti (trenta per cento di ogni importo non versato) dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, e che le relative somme dovute siano riscosse mediante atto di recupero motivato, emanato dall'Agenzia delle Entrate, da notificare al contribuente.
  I commi da 11 a 18 modificano sotto diversi profili le modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti, al fine di migliorarne la cooperazione ed aumentare l'adempimento spontaneo agli obblighi fiscali (cosiddetta tax compliance). In particolare, il comma 11 stabilisce che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l'utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisite direttamente o pervenute da terzi, relative anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d'affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d'imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti.
  L'ultimo periodo del comma 11 consente al contribuente di segnalare all'Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.
  Ai sensi del comma 12, per le predette finalità l'Agenzia delle entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, gli elementi e le informazioni utili a quest'ultimo per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d'affari, valore della produzione e relativi alla stima dei predetti elementi, anche in relazione ai beni acquisiti o posseduti.
  Il comma 13 affida a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di individuare le modalità con cui gli elementi e le informazioni citati sono messi a disposizione del contribuente. Il provvedimento deve indicare, in particolare, le fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le modalità di comunicazione tra quest'ultimo e l'amministrazione, assicurate anche a distanza mediante l'utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di assistenza ed i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la correzione degli eventuali errori commessi.
  I commi da 14 a 17 apportano specifiche modifiche sostanziali alle modalità, ai termini e alle agevolazioni connesse all'istituto del ravvedimento operoso.
  In particolare, la lettera b) del comma 14 apporta modifiche alla disciplina del predetto istituto, contenute nell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
  La citata lettera b), numero 1), punto 1.1), allunga i termini per avvalersi del ravvedimento, introducendo un'ulteriore ipotesi di riduzione delle sanzioni; viene a tal proposito inserita una nuova lettera a-bis) nel comma 1 dell'articolo 13 del predetto decreto legislativo n. 472, in base alla quale la sanzione è ridotta ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore.
  Di conseguenza il ravvedimento potrà essere esperito anche oltre il termine massimo per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione.
  Il punto 1.2) del numero 1) della lettera b) introduce due nuove lettere b-bis) e Pag. 67b-ter) nel comma 1 del già citato l'articolo 13 del decreto legislativo n. 472, che riducono, rispettivamente, la sanzione:
   ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione; se non è prevista dichiarazione periodica, il termine è entro due anni dall'omissione o dall'errore;
   ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre detto termine.

  La lettera b) del comma 14, al numero 2) introduce un nuovo comma 1-bis nell'articolo 13, ai sensi del quale le disposizioni così introdotte in materia di ravvedimento si applicano ai tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate. La norma introdotta elimina, per i tributi amministrati dall'Agenzia delle Entrate, la preclusione secondo la quale, a legislazione vigente, non è possibile l'accesso all'istituto del ravvedimento se la violazione è già stata constatata ovvero se sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza. Rimane tuttavia in piedi la preclusione, nel caso in cui è stato notificato un atto di liquidazione o accertamento relativo agli stessi tributi, comprese le comunicazioni di irregolarità (all'esito di controlli automatici, di cui agli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 533 del 1972) e degli esiti del controllo formale delle dichiarazioni (di cui all'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1973).
  Specifica quindi come la lettera c) del comma 14, con la finalità di rendere coerente il nuovo «ravvedimento» con l'attuale impianto normativo, elimini i seguenti istituti:
   il numero 1) sopprime la definizione dell'accertamento mediante adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA;
   il numero 3) sopprime la definizione dell'accertamento mediante adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio ai fini delle imposte indirette diverse dall'IVA, tra cui l'imposta di registro, sulle successioni e donazioni;
   il numero 2) sopprime l'adesione ai processi verbali di constatazione;
   il numero 4) sopprime il comma 2-bis dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997, che stabilisce la riduzione alla metà delle sanzioni previste nel caso in cui il contribuente rinuncia ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, se l'avviso di accertamento o di liquidazione non è stato preceduto dall'invito al contraddittorio.

  Tali modifiche trovano la loro ratio nella necessità di armonizzare il nuovo ravvedimento al sistema complessivo, anche sotto il profilo sanzionatorio: gli istituti che si intende abrogare prevedono infatti la riduzione delle sanzioni alla metà della misura prevista nell'ipotesi di accertamento con adesione, che è pari ad un terzo del minimo stabilito dalla legge. Per effetto delle modifiche proposte all'istituto del ravvedimento, la stessa riduzione della sanzione – prevista per le diverse violazioni contestabili in sede di accertamento – verrebbe disposta dall'articolo 13, comma 1, lettera b-ter), nel caso di regolarizzazione degli errori «oltre termine» (un sesto del minimo). Alla luce delle modifiche apportate dalla disposizione, in caso di rinuncia all'impugnazione dell'avviso di accertamento, le sanzioni verrebbero dunque ridotte ad un terzo di quelle irrogate.
  Rileva quindi come, in conseguenza delle modifiche apportate dalla lettera b) Pag. 68all'istituto del ravvedimento operoso, la lettera a) del comma 14 modifichi l'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta (nonché dell'imposta sul valore aggiunto) per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l'accertamento, fatta salva l'applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria: attraverso la modifica recata dalla lettera a), nella disciplina della dichiarazione integrativa si esplicita che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l'applicazione del ravvedimento operoso, come novellato, coordinando in tal modo esplicitamente i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa e del ravvedimento operoso e raccordando i due istituti.
  I commi 15 e 16 recano alcune norme transitorie, che posticipano l'applicazione delle disposizioni introdotte dal comma 14, in particolare di quelle relative all'accertamento. Da un lato, le disposizioni che disciplinano gli istituti abrogati dal comma 14, lettera c), numeri 1) e 3) (più in dettaglio, la definizione dell'accertamento mediante adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio di cui agli articoli 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del decreto legislativo n. 218 del 1997 e la definizione dell'accertamento mediante adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio di cui all'articolo 11, comma 1-bis, del medesimo decreto legislativo n. 218), come vigenti alla data di entrata in vigore del comma 14, continueranno ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e altre imposte indirette, notificati entro il 31 dicembre 2015; inoltre le disposizioni di cui all'articolo 5-bis dello stesso decreto legislativo n. 218 in materia di adesione ai processi verbali di constatazione (abrogato dal comma 14, lettera c), numero 2) continueranno ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data del 31 dicembre 2015.
  Dall'altro lato, è previsto che l'abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza (operata dal comma 14, lettera c), numero 4) opererà con riferimento agli atti definibili notificati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1o gennaio 2016.
  Il comma 17 dispone un allungamento sia dei termini relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia dei termini relativi all'accertamento, coerenti con le modifiche in materia di dichiarazione integrativa e di ravvedimento. In particolare la lettera a) precisa che, ove sia presentata una dichiarazione integrativa e in tutti i casi di regolarizzazione dell'omissione o dell'errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione, dall'anno successivo a quello di presentazione di tali dichiarazioni. La lettera b) prevede che, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione, i termini per l'accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa. La lettera c) chiarisce che l'allungamento dei termini vale anche per l'imposta di registro, per la quale i termini relativi all'attività di accertamento e riscossione decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione. La lettera d) precisa analogamente che i termini relativi all'imposta di successione e donazione (di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 346 del 1990) decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.
  Illustra il comma 18 il quale, sempre nell'ottica della prosecuzione dell'opera di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, apporta sostanziali modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, operanti a decorrere dalla dichiarazione IVA dovuta per il 2015. In Pag. 69particolare le lettere a) e b) del comma 18 eliminano l'obbligo della dichiarazione unificata. La lettera c) novella l'articolo 8, comma 1, del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, ai sensi del quale – salvo quanto previsto relativamente alla dichiarazione unificata – il contribuente deve presentare tra il 1o febbraio e il 30 settembre la dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'anno solare precedente, precisando in tale ambito che, al fine di semplificare gli adempimenti, i contribuenti dovranno presentare la dichiarazione IVA annuale nel mese di febbraio. La lettera d), abrogando l'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322, elimina l'obbligo di presentazione della comunicazione dati IVA, prevista al fine di ottemperare, nei termini prescritti dalla Direttiva 2006/112/CE, al calcolo delle «risorse proprie» che ciascuno Stato membro deve versare al bilancio UE, compensando tale esigenza con la previsione del termine per la presentazione della dichiarazione IVA a febbraio.
  Il comma 19, modificando l'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 35 del 2013, differisce al 30 giugno 2015:
   il termine entro cui le società Agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei Comuni e delle società da essi partecipate;
   il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l'attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli Enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

  In merito rammenta che la legge n. 23 del 2014, recante delega per la riforma del sistema fiscale, si occupa specificamente del riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo, all'articolo 10, comma 1, lettera c), la revisione della procedura dell'ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. La delega contempla inoltre la revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo dei concessionari, l'emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché l'introduzione di strumenti di controllo e la garanzia della pubblicità. Viene disposto altresì lo snellimento delle procedure di recupero dei crediti di modesta entità e vengono previste iniziative per rafforzare all'interno degli enti locali le strutture e le competenze specialistiche necessarie per la gestione diretta della riscossione, ovvero per il controllo delle strutture esterne affidatarie.
  I commi da 20 a 25 intervengono sulla disciplina dei giochi pubblici. In particolare, il comma 20, in attesa del riordino della disciplina dei giochi pubblici prevista dalla delega di cui all'articolo 14 della legge n. 23 del 2014, detta una serie di disposizioni per disciplinare la situazione determinatasi nel corso degli ultimi anni in relazione ad alcune agenzie di scommesse, collegate tramite i cosiddetti «totem» (terminale da gioco collegato a internet su siti esteri) a bookmakers e casinò off-shore, con sedi all'estero (sia in paesi UE sia in paradisi fiscali), che – per effetto della normativa comunitaria e della giurisprudenza in materia di libera concorrenza e prestazioni di servizi – ritengono di poter esercitare attività di raccolta di gioco in Italia senza concessione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, e conseguentemente non versano alcuna imposta all'erario.
  In dettaglio, la norma si applica a quelle persone che, in assenza di concessione governativa e fino al momento in cui la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  A decorrere dal 2015, quindi, tali soggetti sono sottoposti alle seguenti previsioni:
   a) agli obblighi di identificazione previsti dalla normativa antiriciclaggio di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007 e al Pag. 70conseguente obbligo di tutela dei dati personali;
   b) al divieto di raccolta per eventi non inseriti nel cosiddetto palinsesto (cioè l'elenco delle scommesse ammesse), anche complementare, reso disponibile sul sito ufficiale dell'Agenzia dei monopoli e delle dogane, con sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro;
   c) al divieto di raccolta di scommesse che consentono vincite superiori a 10.000 euro, con sanzione amministrativa da 50.000 a 100.000 euro;
   d) all'applicazione delle disposizioni di lotta alla ludopatia e di tutela dei minori, previste, rispettivamente, dall'articolo 7, commi 5 e 8, del decreto-legge n. 158 del 2012 (divieto di ingresso per i minori nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro; obbligo di apporre formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita, sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi nonché di esporle su apposite targhe nei punti di vendita), con sanzione amministrativa di 50.000 euro e chiusura dell'esercizio o del punto vendita per le violazioni relative alla ludopatia; con sanzione amministrativa da 5.000 a 20.000 euro e chiusura da 10 a 30 giorni dell'esercizio per le violazioni relative alla tutela dei minori;
   e) all'obbligo per il proprietario dell'immobile in cui ha sede l'esercizio o il punto di raccolta ovvero del titolare dell'esercizio o del punto di raccolta – se diverso dal proprietario – di comunicare i dati anagrafici e l'esistenza dell'attività di raccolta di gioco con vincita in denaro all'autorità di Pubblica sicurezza entro 7 giorni dall'entrata in vigore della legge (quindi entro il 7 gennaio 2015) o per le attività successive, entro 7 giorni dall'inizio di tale attività, con sanzione amministrativa di 1.000 euro;
   f) al divieto di installazione di apparecchi da gioco newslot e videolottery e al divieto di iscrizione del titolare nell'elenco dei soggetti incaricati della raccolta delle giocate o all'eventuale cancellazione se già iscritto, con sanzione amministrativa di 1.500 euro per ogni apparecchio installato;
   g) all'assoggettamento all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, la quale si applica su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l'esercizio o il punto di raccolta (desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale delle scommesse nel periodo d'imposta antecedente), cui si applica l'aliquota massima dell'8 per cento; la previsione precisa altresì la non applicazione delle disposizioni in tema di determinazione dell'imposta in caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all'imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, previste dall'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011.

  Il comma 21 interviene sugli apparecchi e congegni da gioco denominati newslot (AWP) e videolottery (VLT), determinando, da un lato, l'aumento del prelievo unico erariale (PREU), e, dall'altro, la riduzione del cosiddetto pay-out, cioè la quota destinata alle vincite. Per le newslot il PREU aumenta dal 13 per cento (come già previsto a decorrere dal 2015) al 17 per cento, mentre la quota destinata alle vincite (pay-out) viene ridotta dal 74 al 70 per cento. Analogamente, per le videolottery il PREU aumenta dal 5 al 9 per cento della raccolta, mentre il pay-out minimo scende dall'85 all'81 per cento.
  Il comma 22 destina le maggiori entrate conseguenti all'aumento del PREU disposto dal comma 21, determinate annualmente a consuntivo, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, previsto dall'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014.
  Il comma 23 dispone che il titolare di un qualsiasi esercizio pubblico nel quale si rinvengono apparecchi del tipo newslot, ovvero qualsiasi apparecchio che sia comunque idoneo a consentire l'esercizio del Pag. 71gioco con vincite in denaro, che non risultino collegati alla rete statale di raccolta del gioco ovvero che in ogni caso non consentono la lettura dei dati relativi alle somme giocate, anche per effetto di manomissioni, è soggetto al pagamento:
   a) per ciascuno degli apparecchi newslot, del prelievo unificato (PREU) previsto a legislazione vigente per tale tipologia di apparecchi (17 per cento) su un imponibile medio forfetario giornaliero di 1.500 euro per 365 giorni di presunta operatività dell'apparecchio (17X1.500/100=255 euro X 365 gg=93.075 euro);
   b) per ciascun altro apparecchio, dell'imposta unica indicata dal decreto legislativo n. 504 del 1998, in ragione di un'aliquota di prelievo del 3 per cento su un imponibile medio forfetario giornaliero di 1.500 euro per 365 giorni di presunta operatività dell'apparecchio (3X1.500/100=45 euro X 365 gg=16.425 euro).

  Il comma 24 precisa che, in caso di prova documentale contraria, l'imponibile medio forfetario richiamato dal comma 23 è moltiplicato per il numero effettivo di giorni di operatività comprovata dell'apparecchio.
  Il comma 25 stabilisce che per ciascun apparecchio indicato dal comma 23, il titolare dell'esercizio pubblico è soggetto, oltre al pagamento dell'imposta, alla sanzione amministrativa pecuniaria di 20.000 euro. L'apparecchio è in ogni caso soggetto a confisca amministrativa e, qualora non ne sia consentito l'asporto, il titolare dell'esercizio è custode dell'apparecchio confiscato, con obbligo di procedere a sua cura e spese alla distruzione entro 10 giorni, nonché alla consegna alla Agenzia delle dogane e dei monopoli della scheda madre (nel caso di newslot), ovvero dell'apparato hardware di suo funzionamento, in caso di apparecchio di qualunque altra tipologia. Il titolare dell'esercizio è inoltre soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 200 euro per ogni giorno di ritardo nella distruzione dell'apparecchio ovvero nella consegna dei componenti.
  Il comma 26 innalza dal 5 al 77,74 per cento la quota imponibile degli utili percepiti, anche nell'esercizio d'impresa, dagli enti non commerciali (tra cui rientrano a titolo esemplificativo gli enti operanti nel terzo settore, i trust e le fondazioni bancarie). In particolare la disposizione, modificando l'articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 344 del 2003, ai sensi del quale gli utili percepiti, anche nell'esercizio di impresa, dagli enti non commerciali non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95 per cento del loro ammontare, riduce tale quota esente al 22,26 per cento; inoltre la norma sottrae a tale regime gli utili percepiti nell'esercizio d'impresa. La previsione, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 dello Statuto del contribuente, si applica retroattivamente agli utili messi in distribuzione dal 1o gennaio 2014.
  Il comma 27, modificando l'articolo 25, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, eleva dal 4 all'8 per cento la ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici.
  I commi 28 e 29, sostituendo l'ultimo comma dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, circoscrivono l'esenzione tributaria dall'IRPEF per i capitali percepiti in caso di morte, in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, prevedendo invece che dal 1o gennaio 2015, tale esenzione si applichi solo ai capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita a copertura del rischio demografico.
  Al riguardo segnala come la relazione illustrativa al disegno di legge indichi che, in tal modo, resterebbero esenti solo quelle parti di capitale erogate in caso di morte dell'assicurato a copertura del «rischio demografico» (cioè della differenza tra la durata della vita di una persona e la durata media della vita della popolazione). Pertanto, la differenza fra il capitale erogato alla scadenza e il totale dei Pag. 72premi versati sarà esente solo per la parte erogata dalla compagnia in più rispetto al valore della polizza al momento del decesso, con tassazione della quota residua al 26 cento. La stessa relazione illustrativa afferma inoltre che, in forza della modifica proposta, il regime fiscale dei capitali corrisposti per le polizze assicurative sulla vita verrebbe così a diversificarsi, in particolare, tra assicurazioni «temporanee caso morte» e polizze miste. L'assicurazione «temporanea caso morte» ha valore per un determinato periodo di tempo e presenta quindi una scadenza, oltre la quale la morte o l'invalidità permanente dell'assicurato non comportano più alcuna liquidazione in denaro a favore dei beneficiari. Nel caso delle «temporanee caso morte» la copertura del rischio demografico è pari al cento per cento; di conseguenza, il capitale corrisposto sarebbe totalmente esente da IRPEF. Nel caso di polizze miste, invece solo il capitale corrisposto a copertura del «rischio demografico» sarebbe esente, mentre il capitale residuo sarà soggetto alle disposizioni previste dall'articolo 45, comma 4, del TUIR, ai sensi del quale i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l'ammontare percepito e quello dei premi pagati.
  Il comma 30 modifica la disciplina di cui all'articolo 1, comma 373, della legge di stabilità 2013, la quale prevede il finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012 che ha colpito l'Emilia, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013. In tale ambito, sostituendo l'ultimo periodo del comma 373 (il quale fa riferimento ai limiti e alle condizioni delle decisioni della Commissione europea 9853 final e 9471 final del 19 dicembre 2012), viene precisato che l'aiuto è concesso nei limiti e alle condizioni del Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di importanza minore (cosiddetti aiuti de minimis).
  Con riferimento al comma 31, rileva come esso disponga l'eliminazione dell'esenzione dalle tasse automobilistiche per gli autoveicoli e per i motoveicoli ultraventennali (ma di anzianità inferiore a trent'anni) di particolare interesse storico e collezionistico. In particolare la lettera a) sopprime la norma che prevede la predisposizione per gli autoveicoli dall'Automobilclub Storico Italiano (ASI), per i motoveicoli anche dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), di un apposito elenco indicante i periodi di produzione dei veicoli. La lettera b) prevede l'abrogazione dei commi 2 e 3 dell'articolo 63 della legge n. 342 del 2000, i quali, rispettivamente, dispongono l'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli autoveicoli e i motoveicoli di «particolare interesse storico e collezionistico» costruiti da almeno 20 anni e dispongono che i veicoli e i motoveicoli per i quali è possibile fruire dell'esenzione devono essere individuati dall'Automobilclub Storico Italiano (ASI) e dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), con propria determinazione. Rimane fermo che i veicoli e i motoveicoli ultratrentennali sono esentati dal bollo e, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, sono assoggettati ad una tassa di circolazione forfettaria annua.
  Il comma 40 consente di modificare la cosiddetta black list di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 aprile 1992 (recante l'individuazione degli Stati e dei territori non appartenenti alla Comunità economica europea aventi un regime fiscale privilegiato), ai fini dell'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori europea aventi regimi fiscali privilegiati, anche nelle more della emanazione del decreto ministeriale volto all'individuazione dei Paesi cosiddetti white list Pag. 73(di cui all'articolo 168-bis del TUIR), vale a dire quei Paesi che consentono un effettivo scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia. In particolare la disposizione precisa che, fino all'emanazione del predetto decreto ministeriale sulle white list, si farà riferimento al solo requisito della mancanza di un adeguato scambio di informazioni (e non alla verifica se il livello di tassazione sia o meno sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia).
  L'articolo 45, al comma 1, azzera sostanzialmente la dotazione relativa al Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, riducendola di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l'anno 2015, di 4.680 milioni di euro per l'anno 2016, di 4.135 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.990 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018.
  In merito ricorda che il Fondo, istituito dall'articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, è destinato a rendere permanente il bonus fiscale previsto per i lavoratori dipendenti e assimilati dall'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 66.
  La previsione del comma 1 si connette, come già segnalato in precedenza, con l'articolo 4 del disegno di legge, che rende strutturale il bonus IRPEF introdotto dall'articolo 1 del citato decreto-legge n. 66.
  Il comma 2 riduce la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di 331,5 milioni di euro per l'anno 2015 e 18,5 milioni a decorrere dall'anno 2016, azzerandone sostanzialmente la dotazione.
  In merito ricorda che l'articolo 17, comma 19, del disegno di legge incrementa la dotazione del Fondo di 3.300 milioni di euro per l'anno 2015.
  I commi 3 e 4 introducono una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta, rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti di maggior gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) nonché a incrementare le accise su benzina e gasolio. In particolare, il comma 3 prevede, alla lettera a), l'aumento dell'aliquota IVA ridotta (pari al 10 per cento) di due punti percentuali a decorrere dal 1o gennaio 2016 e di un ulteriore punto percentuale (vale a dire fino al 13 per cento) a decorrere dal 1o gennaio 2017. La lettera b) dispone l'aumento dell'aliquota IVA ordinaria (pari al 22 per cento) di due punti percentuali a decorrere dal 1o gennaio 2016, di un ulteriore punto percentuale a decorrere dal 1o gennaio 2017 e di ulteriori 0,5 punti percentuali dal 1o gennaio 2018 (vale a dire fino al 25,5 per cento).
  La lettera c) prevede l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l'anno 2018 e per ciascuno degli anni successivi; detto aumento è disposto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e diviene efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. La disposizione fa espressamente salva la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 18 del disegno di legge.
  Segnala quindi come, ai sensi del comma 4, le misure previste dal comma 3 possano essere sostituite integralmente o in parte da provvedimenti normativi che assicurino gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.
  Per quanto riguarda invece le Tabelle allegate al disegno di legge di stabilità, la Tabella A, relativa al Fondo speciale di parte corrente, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze, reca un'appostazione di 161,957 milioni nel 2015, di 198,798 milioni nel 2016 e di 246,798 milioni nel 2017. Tali risorse sono Pag. 74destinate, secondo le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità, all'attuazione del disegno di legge recante disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem ai fini di studio e di ricerca scientifica (A.S. 1534), del disegno di legge recante disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750) e del disegno di legge concernente istituzione del Premio biennale di ricerca «Giuseppe Di Vagno».
  Con riferimento alla Tabella B, relativa al Fondo speciale di conto capitale, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze reca uno stanziamento di 82,4 milioni nel 2015, di 229,4 milioni nel 2016 e di 376,4 milioni nel 2017. Tali risorse sono destinate, secondo le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità, all'attuazione del disegno di legge concernente delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, per interventi diversi, per il potenziamento e l'ammodernamento della Guardia di Finanza.
  Per quanto attiene alla Tabella C, relativa agli stanziamenti la cui quantificazione annua è demandata alla legge di stabilità, segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il finanziamento in favore della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), che viene stabilito in 337.000 euro per il 2015, 325.000 euro per il 2016 e 324.000 euro per il 2017.
  Nell'ambito della Tabella D, relativa ai definanziamenti delle autorizzazioni legislative di spesa relativi alla sola parte corrente, segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la riduzione di 84.000 euro nel 2015, 75.000 euro nel 2016 e 88.000 nel 2017 dell'autorizzazione di spesa di 1 milione di euro l'anno a decorrere dall'anno 2012 prevista dall'articolo 6, comma 1, della legge n. 183 del 2011 per il conferimento o trasferimento di beni immobili dello Stato, ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, ovvero ad una o più società, anche di nuova costituzione.
  Con riferimento alla Tabella E, relativa agli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali, segnala, con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, gli stanziamenti concernenti:
   la conferma dello stanziamento di 86 milioni di euro annui dal 2015 al 2022 alla Regione Sicilia per la definizione dei rapporti finanziari pregressi riferiti al periodo 2002-2004 a valere sulle spettanze relative alle imposte sulle assicurazioni RC auto;
   la conferma degli stanziamenti di complessivi 40 milioni di euro annui, fino al 2023, per l'ammortamento della flotta, il miglioramento delle comunicazioni e il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo della Guardia di finanza;
   la conferma degli stanziamenti di 30 milioni di euro nel 2015 e di 50 milioni annui, fino al 2020, per l'ammortamento della flotta del Corpo della Guardia di finanza;
   la conferma dello stanziamento di 695,8 milioni di euro nel 2015 e di 704,1 milioni di euro nel 2016 per il finanziamento del Fondo di garanzia per le PMI;
   la conferma dello stanziamento di 18,9 milioni di euro nel 2015, di 30 milioni di euro annui nel 2016 e 2017 e di altri 80 milioni nel periodo 2018-2021 per il finanziamento a tasso agevolato per acquisto di macchinari, impianti e attrezzature a favore delle PMI;
   l'integrale definanziamento, per 75 milioni di euro nel 2015, e la conferma dello stanziamento di 100 milioni di euro nel 2016 per le Zone franche urbane;
   la conferma dello stanziamento di 431,2 milioni annui dal 2015 al 2025 per i crediti di imposta per il sisma del maggio 2012;Pag. 75
   la conferma dello stanziamento di 13,9 milioni nel 2015 e di 18,7 milioni nel 2016 in favore dell'Istituto per il credito sportivo;
   la conferma dello stanziamento di 192,5 milioni di euro nel 2015 e di 187,7 milioni di euro nel 2016 per il finanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa.

  Per quanto riguarda il disegno di legge C. 2680, recante il bilancio annuale di previsione dello Stato per il 2015 e il bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017, ricorda anche in questo caso preliminarmente come la legge n. 196 del 2009 abbia apportato alcune significative modifiche alla struttura del bilancio.
  Rammenta infatti che la nuova articolazione è fondata sulla riclassificazione delle spese dei Ministeri per missioni e programmi e sulla riclassificazione delle entrate per ricorrenza (entrate riferite a proventi la cui acquisizione sia prevista a regime, ovvero limitata a uno o più esercizi) e per tipologia dell'entrata medesima. La nuova classificazione ha operato una profonda revisione in senso funzionale della struttura delle voci di bilancio, volta a meglio evidenziare la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di superare la tradizionale logica incrementale nel rifinanziamento delle politiche di spesa e di rendere più agevole l'attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica. Conseguentemente, sia per le entrate sia per le spese, l'unità di voto parlamentare risulta spostata ad un livello superiore rispetto a quello del quello del macroaggregato (unità previsionale di base) in precedenza previsto.
  In sostanza, segnala che, in luogo delle unità previsionali di base (o macroaggregati), le unità di voto sono ora individuate:
   a) per le entrate, con riferimento alla tipologia, distinguendo i tributi più importanti (Imposta sui redditi, IRES, IVA), i raggruppamenti di tributi con caratteristiche analoghe (ad esempio, imposte sostitutive, imposte sui generi di monopolio), le restanti tipologie di provento secondo aggregati più o meno ampi (ad esempio, proventi speciali, redditi da capitale, entrate derivanti da servizi resi dall'amministrazione statale);
   b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni.

  Passando al contenuto specifico del provvedimento, rileva in primo luogo come il disegno di legge di Bilancio preveda per il 2015, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, entrate finali per 506,4 miliardi di euro e spese finali per 553,3 miliardi. Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta pari nel 2015 a circa 47 miliardi di euro. Per il biennio 2016-2017, il disegno di legge evidenzia un progressivo miglioramento del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, pari, rispettivamente, a 22,7 miliardi nel 2016 e a 15,4 miliardi nel 2017, in corrispondenza a un andamento progressivamente in aumento delle entrate finali, mentre per le spese finali, a fronte di una diminuzione nel 2016, si registra un lieve aumento nel 2017. In termini di cassa, il saldo netto da finanziare è pari a 106,6 miliardi nel 2015, a 80,7 miliardi nel 2016 e a 73,4 miliardi nel 2017. La differenza rispetto al corrispondente valore in termini di competenza dipende essenzialmente dal fisiologico scostamento tra i valori degli accertamenti di entrata e i corrispondenti importi degli incassi.
  Per quanto riguarda lo Stato di previsione dell'entrata (Tabella 1), le entrate finali, al netto dei rimborsi IVA, ammontano nel bilancio a legislazione vigente a 506.364 milioni, in diminuzione rispetto al dato assestato 2014 per un importo di 11.424 milioni. Tale riduzione è determinata da minori entrate tributarie per 6.637 milioni, da minori entrate extratributarie per 4.659 milioni, nonché da un minor gettito da alienazioni e ammortamento di beni patrimoniali per 128 milioni. Per le Pag. 76annualità 2016 e 2017 è previsto un andamento positivo delle entrate tributarie (in aumento del 2,4 per cento nel 2016 e in aumento del 2,0 per cento nel 2017). A fronte dell'incremento delle entrate tributarie, nel bilancio a legislazione vigente si riscontra, invece, una minima diminuzione di quelle extratributarie, sia nel 2016 sia nel 2017.
  Con riferimento specifico alle entrate tributarie, il disegno di legge di Bilancio evidenzia nel 2015 una diminuzione di 13.654 milioni delle imposte sul patrimonio e sul reddito (-5,2 per cento), a fronte dell'aumento di 6.516 milioni delle tasse e imposte sugli affari (+5,2 per cento), dell'aumento di 158 milioni delle imposte sulla produzione, i consumi e le dogane (+0,4 per cento), dell'aumento di 70 milioni dei gettito derivante dai prodotti di monopolio (+0,7 per cento) e dell'aumento di 273 milioni delle entrate nel settore lotto, lotterie e giochi (+2,5 per cento).
  Analizzando più in dettaglio le principali imposte, per quanto attiene alle imposte dirette, rispetto al dato assestato 2014, nel bilancio a legislazione vigente per il 2015 il gettito IRPEF passa da 186.372 a 176.960 milioni e quello relativo all'IRES diminuisce da 50.359 a 42.399 milioni.
  Per quel che concerne invece le imposte dirette, il gettito IVA viene indicato un aumento da 100.462 a 108.126 milioni; risulta altresì in aumento il gettito delle accise e delle imposte sugli oli minerali, che crescono da 26.761 a 27.499 milioni.
  In tale ambito le modifiche alle entrate del bilancio 2015-2017, in termini di competenza (al netto delle regolazioni debitorie e contabili), apportate dal disegno di legge di stabilità 2015, sono indicate nell'Allegato 4 alla Relazione illustrativa dello stesso disegno di legge di stabilità. In particolare rileva un incremento delle entrate tributarie, che passano, rispetto al bilancio a legislazione vigente, da 441,9 milioni a 446,3 milioni nel 2015, da 452,9 milioni a 470,7 milioni nel 2016 e da 461,9 milioni a 486,5 milioni nel 2017.
  Più articolata è invece la variazione delle entrate extratributarie, che passano, rispetto al bilancio a legislazione vigente, da 67,2 milioni a 66,7 milioni nel 2015, da 62,5 milioni a 67 milioni nel 2016 e da 62,1 milioni a 67,7 milioni nel 2017.
  In questo contesto ricorda che, ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a), della legge n. 196 del 2009, gli allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 recano, rispettivamente, gli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti e a quelle introdotte nell'esercizio, recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, con l'indicazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.
  Rispetto alle misure dell'Allegato A inserito nella nota integrativa dello stato di previsione delle entrate per l'anno finanziario 2014, il numero delle disposizioni recanti esenzioni o riduzione del prelievo obbligatorio, nel complesso, è pari a 282 misure, risultante dalla variazione in aumento derivante dall'ingresso di nuove disposizioni di favore (elencate nel'Allegato B) introdotte nell'esercizio (23) e da quella in diminuzione correlata alle disposizioni non più in vigore (2).
  Gli effetti indicati, riferiti al triennio 2015-2017, sono stati aggiornati per tener conto degli affinamenti delle metodologie di stima di alcune misure nonché dei dati delle dichiarazioni dei redditi ultimi disponibili, con estrapolazione all'anno 2015 e proiezioni per il biennio 2016-2017.
  L'ammontare complessivo degli effetti dei predetti 282 regimi agevolativi indicato nell'Allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del disegno di legge (Stato di previsione delle entrate) è pari a:
   161.147,2 milioni per il 2015 (con un incremento di 8.480,6 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   159.903,6 milioni per il 2016 (con un incremento di 7.946 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   161.073,2 milioni per il 2017.

  L'allegato B indica un ammontare degli effetti delle 23 agevolazioni introdotte da Pag. 77ottobre 2013 a settembre 2014, per un ammontare pari a:
   483,2 milioni per il 2015 (con un incremento di 242,3 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   671,6 milioni per il 2016 (con un incremento di 453,2 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014);
   808,7 milioni per il 2017.

  Per quel che riguarda il versante della spesa, con riferimento allo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), segnala innanzitutto, per quanto riguarda i settori di competenza della Commissione Finanze, come la dotazione dell'Agenzia delle entrate (capitolo 3890), preveda stanziamenti di 2.911 milioni nel 2015, di 2.911 milioni nel 2016 e di 2.913 milioni nel 2017. Peraltro occorre ricordare che, per effetto dell'articolo 17, comma 5, del disegno di legge di stabilità la dotazione dell'Agenzia è incrementata di 100 milioni a decorrere dal 2015 (a regime), a titolo di contributo integrativo alle spese di funzionamento.
  Per quanto riguarda invece l'Agenzia del demanio (capitolo 3901) sono previsti stanziamenti di 95,8 milioni nel 2014, di 95 milioni nel 2016 e di 95 milioni nel 2017.
  Con riferimento all'Agenzia delle dogane e dei monopoli (capitolo 3920), sono indicati stanziamenti di 931 milioni nel 2015, di 931 milioni nel 2016 e di 931 milioni nel 2017.
  In merito al finanziamento della CONSOB, il capitolo 1560, il cui ammontare è determinato dalla Tabella C del disegno di legge di stabilità, espone uno stanziamento di 337.766 euro nel 2015, di 325.804 euro nel 2016 e di 324.858 euro nel 2017. Evidenzia peraltro come il disegno di legge di stabilità 2015, all'articolo 20, comma 1, disponga la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato in favore di enti e organismi pubblici, prevedendo in particolare per la CONSOB una diminuzione di 200.000 euro a regime.
  Relativamente ai Centri di assistenza autorizzata fiscale (CAAF) il capitolo 3845 reca stanziamenti per 321 milioni nel 2015, mentre per quanto riguarda la Scuola superiore dell'economia e delle finanze nel disegno di legge di bilancio sono presenti due capitoli: il capitolo 3935, relativo alle spese di funzionamento, con una dotazione di 2,3 milioni, e il capitolo 3937, relativo alle spese di natura obbligatoria, con una dotazione di 9,8 milioni.
  Nel disegno di legge di bilancio per il 2015, relativamente al finanziamento delle restituzioni e rimborsi d'imposta IVA il capitolo 3810 reca risorse per 1.870 milioni per ciascuna annualità, mentre per quanto attiene ai rimborsi IRPEF, IRES e IRAP il capitolo 3811 stanzia risorse per 3.150 milioni per ciascuna annualità, confermando pertanto gli stanziamenti in materia previsti nel disegno di legge di bilancio 2014.
  Le disponibilità del capitolo 3813, relativo a restituzioni e rimborsi delle imposte dirette effettuati dai concessionari, anche mediante compensazione operata sull'IVA sulle somme spettanti alle regioni, all'INPS e agli altri enti previdenziali risultano pari a 8.805 milioni.
  Le disponibilità del capitolo 3814, relativo alle restituzioni e ai rimborsi dell'IVA, effettuati dai concessionari, a richiesta e d'ufficio, anche mediante compensazione operata sulle imposte dirette, sulle somme spettanti alle regioni, all'INPS e agli altri enti previdenziali, ammontano invece a 25.551 milioni.
  Con riferimento alle risorse stanziate per il finanziamento dei crediti di imposta, segnala il capitolo 3882, in cui sono appostate le risorse del Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti (cosiddetto bonus fiscale degli 80 euro), istituito al fine di rendere permanente il predetto bonus; tale capitolo è dotato di 1.930 milioni nel 2015, di 4.680 milioni nel 2016 e di 4.135 milioni nel 2017. Evidenzia peraltro come l'articolo 45 del disegno di legge di stabilità 2015, con finalità di copertura finanziaria delle disposizioni ivi contenute, al comma 1 azzeri l'autorizzazione di spesa relativa Pag. 78al predetto Fondo, riducendolo di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni in termini di indebitamento netto per l'anno 2015, di 4.680 milioni per il 2016, di 4.135 milioni per il 2017 e di 1.990 milioni a decorrere dal 2018.
  Per quanto riguarda il capitolo 3887 (relativo al credito d'imposta fruito dagli enti creditizi e finanziari per le imposte anticipate iscritte in bilancio, in presenza di perdite d'esercizio, derivanti dal riallineamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali per effetto di operazioni straordinarie – rivalutazione di quote in Banca d'Italia) si registra un incremento di 1.766 milioni (con uno stanziamento di 2.251 milioni nel 2015).
  Nel disegno di legge di bilancio 2015 sono inoltre esposti stanziamenti relativi a diversi nuovi crediti d'imposta istituiti nel corso del 2014. Richiama, al riguardo, il capitolo 7766 (relativo ai crediti d'imposta fruiti dagli esercizi ricettivi, dalle agenzie di viaggio e dai tour operator per i costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo), dotato di 15 milioni; il capitolo 7767 (relativo ai crediti d'imposta fruiti dalle imprese turistico-alberghiere per i costi sostenuti per gli interventi destinati alla ristrutturazione edilizia ed alla riqualificazione del settore), dotato di 20 milioni.
  Il capitolo 7809 (relativo ai crediti d'imposta fruiti per l'acquisizione dei beni strumentali per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate) ha subito la decurtazione prevista dal comma 577 della legge di stabilità 2014), con una riduzione di 240 milioni, pari all'85 per cento della dotazione precedente.
  Segnala inoltre il capitolo 7818 (crediti d'imposta fruiti dalle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi), dotato di 204 milioni a decorrere dal 2016, e il capitolo 7819 (credito d'imposta fruito dai soggetti IRES e IRPEF per l'ACE, a riduzione dell'IRAP), dotato di 22.700 milioni.
  Rammenta altresì che l'articolo 19, comma 11, del disegno di legge stabilità 2015 prevede l'adozione, entro il 30 gennaio 2015, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con cui sono stabilite, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco n. 1 allegato al medesimo disegno di legge di stabilità, le quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta, in maniera tale da assicurare effetti positivi sui saldi di finanza pubblica non inferiori a 16,335 milioni per il 2015 e a 38,690 milioni a decorrere dal 2016.
  Per quanto attiene alle risorse destinate al Corpo della Guardia di finanza, esse sono invece considerate nella Missione n. 1 «Politiche economico finanziarie e di bilancio» – Programma n. 1.3 «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali», per la quale si stanziano, in termini di competenza, 2,42 miliardi di euro nel 2015 (con un decremento di circa 37 milioni rispetto alle previsioni assestate 2014), 2,44 miliardi nel 2016 e 2,45 miliardi nel 2017, e nella Missione n. 5 «Ordine pubblico e sicurezza» – Programma n. 5.1 «Concorso della Guardia di Finanza alla sicurezza pubblica», per la quale si stanziano, in termini di competenza, 1,37 miliardi di euro nel 2015 (con un incremento di circa 10 milioni rispetto al disegno di legge di bilancio 2014) e 1,38 miliardi in ciascuno degli anni 2016 e 2017.
  Si riserva quindi di formulare le proposte di relazione sui provvedimenti in esame all'esito del dibattito.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 13.50.