CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 ottobre 2014
314.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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  Martedì 14 ottobre 2014. — Presidenza della Presidente Laura BOLDRINI.

  La seduta comincia alle 10.15.

Seguito dell'esame dello schema di modifica regolamentare predisposto dal Gruppo di lavoro sulle riforme del Regolamento della Camera.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ricorda che nella seduta del 25 settembre, si era stabilito, di rinviare a questa riunione, come richiesto dalla grande maggioranza dei Gruppi, l'illustrazione del lavoro istruttorio svolto dai relatori sugli emendamenti al testo-base di riforma regolamentare.
  Fa presente che gli emendamenti presentati sono già stati a suo tempo trasmessi ai membri della Giunta e saranno pubblicati in allegato al resoconto di questa seduta (vedi allegato 1) e sul sito della Camera; che in data 2 luglio sono stati ritirati gli emendamenti Melilla 79.2, 86.2, 112.1 e 128.1 (limitatamente alla seconda parte) e Pisicchio 15.1 e 126.1; e che tutti gli emendamenti a firma Leone sono stati sottoscritti dal deputato Vignali, al quale rivolge con l'occasione un benvenuto in Giunta, in sostituzione appunto del deputato Antonio Leone.
  Tutti gli emendamenti a firma Bressa, invece, risultano già originariamente sottoscritti da altri deputati della Giunta, tranne l'emendamento 85-bis.3 che si intende pertanto decaduto.
  Ricorda poi che il Gruppo MoVimento 5 Stelle aveva presentato – nella seduta dell'8 gennaio – una sua proposta alternativa, già pubblicata in allegato al resoconto.
  Fa presente che le osservazioni sul testo di riforma pervenute da parte di diversi Presidenti di Commissione sono state immediatamente inviate ai relatori ed agli altri membri della Giunta.
  Infine, il Presidente Giancarlo Giorgetti, cui era stata affidata la materia della finanza pubblica, con una lettera dell'8 aprile scorso, ha comunicato di voler rinunciare a questo incarico. In materia è stato presentato comunque un emendamento dei deputati del Gruppo PD (118-bis.1), che verrà direttamente esaminato dalla Giunta.

  Elio VITO, sull'ordine dei lavori, conferma che la decisione di convocare oggi la Giunta per illustrare il lavoro istruttorio svolto dai relatori era stata assunta con l'accordo della grande maggioranza dei Gruppi: ma, in questa richiamata maggioranza, non erano compresi i rappresentanti dei due maggiori Gruppi di opposizione. Pag. 4Invita quindi la Presidente, per ragioni di metodo, di principio e politiche, a non insistere nel proseguire i lavori della Giunta, dal momento che non è pensabile affrontare una così complessa riforma regolamentare senza il consenso dei due principali Gruppi di opposizione, e ciò tanto più che questi avevano posto un problema di metodo e di raccordo fra riforme regolamentari e riforme costituzionali e, conseguentemente, fra i lavori dei due organi rispettivamente competenti. Insistere oggi a proseguire i lavori a fronte delle obiezioni espresse da Forza Italia e dal MoVimento 5 Stelle non è, a suo avviso, un modo di lavorare produttivo, ma un modo che rischia di produrre una seria frattura nei lavori parlamentari.
  In queste circostanze, la Presidente dovrebbe piuttosto prendere atto che non ci sono le condizioni per esaminare la riforma regolamentare. Ciò non vuol dire, naturalmente, che non sia possibile convocare la Giunta su questioni regolamentari interpretative specifiche, finalizzate a migliorare i lavori della Camera (anche alla luce di quanto sta accadendo in Aula): su questo c’è anzi la disponibilità di Forza Italia a dare il proprio contributo.

  Danilo TONINELLI, sull'ordine dei lavori, condivide i rilievi del collega Vito: è infatti evidente che l'approvazione di riforme regolamentari richiede necessariamente un'ampia condivisione politica fra forze politiche, come è sempre accaduto in passato (e da ultimo nel 1997, in occasione dell'ultima ampia e complessiva riforma regolamentare). Il dato politico attuale non può quindi essere ignorato e deve portare a non avviare l'esame della riforma nel merito, avvio che si verificherebbe se si desse luogo alle relazioni dei relatori. Ciò tanto più che, al di là della contestazione nel merito della riforma da parte del MoVimento 5 Stelle, mancano certezze sul metodo che sarà seguito in questo percorso, ossia sull'organizzazione che si intende dare ai lavori, sia nella Giunta, sia nell'Assemblea: questa mancanza è un elemento di incertezza – e conseguentemente, ad avviso del suo Gruppo, un rischio eccessivo – tale da generare ulteriori tensioni politiche, idonee a rendere il percorso di riforma ancor più difficile.

  Andrea GIORGIS, sull'ordine dei lavori, ritiene necessario chiarire quanto si era concordato nella precedente riunione della Giunta, e cioè che – oggi – i relatori avrebbero illustrato il lavoro istruttorio svolto sugli emendamenti, dandone conto alla Giunta, con l'impegno ad attivare forme di coordinamento con i colleghi relatori sulle riforme costituzionali presso la I Commissione ed a valutare insieme, in questa sede, tempi e metodo del successivo iter.
  Osserva come l'illustrazione del lavoro svolto dai relatori sia un presupposto per poter valutare come effettuare quel coordinamento fra riforme costituzionali e riforme regolamentari su cui pure si insiste anche oggi: non comprende allora perché vi sia contrarietà a conoscere l'esito della istruttoria dei relatori e vi siano obiezioni a far svolgere le relazioni (già richieste peraltro nella precedente seduta), posto che, se manca questo passaggio preliminare, risulterebbe impossibile stabilire un coordinamento fra i procedimenti di revisione costituzionale e regolamentare.

  Laura BOLDRINI, Presidente, nel prendere atto delle obiezioni avanzate dal Presidente Vito, assicura di non avere difficoltà a riaprire nuovamente la discussione su questo punto relativo all'ordine dei lavori della Giunta, lasciando che i rappresentanti dei Gruppi si esprimano nuovamente, e ciò al fine di evitare ulteriori incertezze: ma si tratta di obiezioni già sollevate nella precedente seduta della Giunta e in quella sede discusse, valutate e definite, come risulta oggettivamente dagli atti della Giunta stessa. Peraltro, ricorda che in questa riunione è previsto solo lo svolgimento, da parte dei relatori, delle rispettive relazioni sul lavoro istruttorio compiuto sugli emendamenti, senza chiamare la Giunta ad assumere alcuna deliberazione.

  Elio VITO fa a questo punto presente che, per non riproporre ulteriormente, nelle prossime sedute della Giunta, la stessa questione, si troverà costretto a non Pag. 5partecipare ai successivi lavori della Giunta. E ribadisce che ricade nella responsabilità della Presidenza proseguire nel lavoro di riforma regolamentare senza i due maggiori gruppi di opposizione.

  Gianni MELILLA, nell'associarsi alle osservazioni svolte dalla Presidente e dal deputato Giorgis, rammenta che nel corso dell'ultima seduta la Giunta aveva convenuto che i relatori avrebbero presentato oggi il proprio lavoro alla Giunta. La comunicazione di tale lavoro alla Giunta non preclude la prosecuzione e lo sviluppo di ulteriori contatti con i deputati che lavorano sul fronte delle riforme costituzionali e di quella elettorale (come peraltro egli stesso fa, raccordandosi nell'ambito del suo Gruppo parlamentare con i colleghi della I Commissione), né, a suo avviso, la possibilità eventualmente di un incontro formale con il Presidente della Commissione Affari costituzionali.
  Propone pertanto di proseguire i lavori della Giunta anche per superare le attuali contraddizioni che impediscono alla Camera (come dimostra l'andamento delle ultime sedute) di svolgere i propri lavori con efficacia, efficienza e produttività, sottolineando che le riforme regolamentari sono una vera e propria necessità per il Paese.

  Pino PISICCHIO rammenta preliminarmente ai colleghi dell'opposizione – che spera gliene diano atto – di avere sempre sostenuto che le riforme regolamentari vanno fatte insieme all'opposizione e non a colpi di maggioranza.
  Comunque, questa seduta ha per scopo solo quello di rendere pubblico e conoscibile il lavoro istruttorio svolto dai relatori, facendo loro svolgere le relazioni ovvero pubblicandole in allegato ai resoconti.
  In ogni caso, tale comunicazione non può pregiudicare le esigenze di approfondimento manifestate dai colleghi Toninelli e Vito, anche avendo come punto di riferimento la maturazione delle dinamiche relative alla riforma costituzionale, né l'esposizione del lavoro svolto dai relatori può pregiudicare il percorso successivo e le decisioni sulla relativa tempistica. Si tratta di decisioni da assumere insieme, perché nessuno – e lui men che meno –
intende immaginare che una partita così importante, così decisiva ai fini anche del percorso costituzionale, possa essere definita – ripete – a colpi di maggioranza.

  Gregorio GITTI ha ascoltato con molta attenzione gli interventi dei colleghi Vito e Toninelli, ricordando che il metodo del confronto e della dialettica maggioranza-opposizioni è stata un elemento cardine del lavoro svolto dall'inizio della legislatura in materia di riforma, a partire dalle riunioni del gruppo di lavoro, in cui tutti i Gruppi hanno potuto esporre le proprie posizioni, le proprie obiezioni, i propri punti di consenso. Il lavoro che ne è emerso, del resto, non può dirsi opera della sola maggioranza. La seduta di oggi, con l'esposizione dell'ulteriore lavoro istruttorio dei relatori sugli emendamenti, completa da un punto di vista tecnico questa fase del processo.
  Con riferimento alla necessità di coordinare le nuove norme sul procedimento legislativo con le riforme regolamentari in corso, saggiamente richiamata dal collega Vito, evidenzia di essersi fatto carico egli stesso, intervenendo presso la Commissione Affari costituzionali in merito alle riforme costituzionali, di evidenziare tale questione, di cui il Presidente Sisto ha preso atto.
  Rammenta quindi il contributo offerto dal deputato Vito nell'elaborazione delle riforme regolamentari anche nelle passate legislature e che anche in questa occasione, attraverso la presentazione di emendamenti su temi importanti e qualificanti nel rapporto maggioranza-opposizioni, ha offerto ai relatori una utile base di lavoro.
  Certo, nessuno può nascondersi come l'esposizione odierna, da parte dei relatori, della istruttoria svolta apra una fase di una partita – che si gioca su più tavoli – la cui delicatezza politica non sfugge.
  Tiene infine a sottolineare, ancora una volta, il contributo offerto dal collega Antonio Leone, nello svolgimento, con equilibrio e saggezza, del suo mandato di relatore.

  Mario CATANIA, nel dolersi della necessità di riaprire una discussione già Pag. 6svolta, sottolinea come sia ineludibile – sia anzi un vero e proprio atto dovuto – il fatto che i relatori, avendo ricevuto un preciso mandato dalla Giunta, riferiscano ora, in questa sede, sull'esito di tale istruttoria. Sarà poi la Giunta a fissare l’iter successivo delle riforme, auspicabilmente già in questa seduta, dopo le relazioni.
  Ribadisce di ritenere la ricerca dell'unanimità doverosa, ma non necessaria, non potendo riconoscersi ad alcuna parte politica poteri di interdizione sulle riforme regolamentari e ciò tanto più nel presente, difficile contesto storico che vede in crisi il funzionamento e l'immagine dell'Istituzione: auspica, quindi, la ricerca del consenso più ampio possibile, purché, correlativamente, sia riscontrabile una vera volontà delle forze politiche di discutere insieme.

  Giancarlo GIORGETTI ricorda di aver ritenuto, nella precedente occasione, come sia doveroso che i relatori riferiscano alla Giunta l'esito del lavoro istruttorio da loro svolto sugli emendamenti. Tra l'altro, questa esposizione aiuterà a comprendere l'effettiva portata dell'intervento riformatore e, conseguentemente, ad affrontare meglio anche la seconda questione posta all'ordine del giorno di questa seduta, ossia l'applicabilità del contingentamento alle riforme regolamentari fin dal primo calendario d'iscrizione, tema sul quale è stato trasmesso ai membri della Giunta il materiale documentale.
  In particolare, ritiene che dalle relazioni emergerà con tutta evidenza come si tratti di una modifica regolamentare così estesa e pervasiva da richiedere, necessariamente, o tout court l'esclusione del contingentamento in Aula o, quanto meno, l'applicazione di un contingentamento così ampio da permettere un dibattito veramente approfondito, rapportato alla complessità della riforma. È vero, infatti, che le riforme regolamentari non richiedono di per sé l'unanimità dei consensi, ma certo devono essere previste le condizioni per discutere e approfondire le materie. In questo senso non giudica infondata la questione sul metodo posta dal collega Toninelli, nel senso che dopo l'illustrazione del lavoro svolto dai relatori sarà doveroso porsi il problema dei tempi e del metodo del lavoro successivo.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene a questo punto concluso il dibattito sull'ordine dei lavori e invita il relatore Giorgis a svolgere la sua relazione.

  Andrea GIORGIS, Relatore, desidera premettere alla relazione una considerazione politica, e cioè che, per quanto riguarda il Gruppo del Partito democratico, la riscrittura delle regole che disciplinano e strutturano la democrazia rappresentativa deve ricomprendere anche la riforma del Regolamento della Camera: in pratica, una soluzione condivisa di riforma costituzionale e una soluzione condivisa di riforma della legge elettorale non possono non essere accompagnate da una soluzione condivisa di riforma dei Regolamenti. Questo è il presupposto sulla base del quale il Gruppo del Partito democratico partecipa all'impegnativo lavoro di riscrittura del Regolamento, consapevole dell'esistenza di questo strettissimo rapporto, che andrà analizzato e valutato proprio perché alla riforma costituzionale e alla riforma della legge elettorale deve accompagnarsi la riforma del Regolamento. Operando diversamente, vi sarebbe il rischio di predisporre riforme che non sono in grado di perseguire fino in fondo quegli obiettivi che pure tutti noi abbiamo dichiarato di voler realizzare.
  Entrando invece nel merito della relazione, fa presente che il lavoro svolto dai relatori – che oggi viene portato a conoscenza di tutti i membri della Giunta dopo diversi mesi di confronto intenso (11 riunioni informali dei relatori, dal 26 marzo al 2 luglio, durate complessivamente oltre 12 ore) – si è concentrato (secondo l'incarico ricevuto) sugli emendamenti presentati e sulle esigenze da essi sottesi, sulle osservazioni pervenute dai presidenti di Commissione, nonché su ulteriori valutazioni compiute dai relatori in ordine all'opportunità di nuove modifiche.
  Il lavoro e le proposte formulate sono fondati sul quadro costituzionale e istituzionale Pag. 7vigente. È ben noto che è in corso un procedimento di riforma costituzionale che incide sulle caratteristiche dell'attuale bicameralismo, prevedendo un diverso riparto di competenze fra Camera e Senato e una nuova disciplina di alcune procedure parlamentari, con particolare riguardo al procedimento legislativo; l’iter di riforma costituzionale dovrà dunque essere attentamente seguito anche dalla Giunta ed a questo proposito i relatori (come richiesto da alcuni interventi in Giunta nell'ultima seduta) si faranno carico di garantire un'interlocuzione informale costante con i relatori in Commissione Affari costituzionali affinché possano essere tempestivamente ed adeguatamente valutate le implicazioni sul piano regolamentare delle riforme costituzionali, così come gli effetti delle proposte di riforma regolamentare sulla costruzione del testo della riforma costituzionale. Il tutto in vista delle eventuali modifiche da apportare ai testi per pervenire, nei due livelli di riforma istituzionale che stiamo discutendo (quello costituzionale e quello regolamentare), alla migliore e più appropriata collocazione delle norme oltre che al loro maggior coordinamento possibile. Su questo aspetto si soffermerà dopo, con riferimento ad un punto specifico.
  Venendo al lavoro svolto dai relatori sugli emendamenti presentati al testo base adottato dalla Giunta, e senza soffermarsi sulle correzioni di tipo tecnico e formale, né sull'impianto originario del testo-base (per il quale rimanda a tutte le relazioni svolte il 12 dicembre 2013), vi è stata una sostanziale condivisione su alcune modifiche, riconducibili ad emendamenti già presentati o da presentare da parte dei relatori ovvero su riformulazioni di emendamenti (avverte fin d'ora che c’è il consenso dei presentatori a tutte le riformulazioni proposte dai relatori sugli emendamenti del PD recanti la sua firma), che hanno ad oggetto principalmente alcuni temi.
  Anzitutto il Comitato per la legislazione e la qualità delle leggi: si tratta di un tema centrale e d'interesse generale. La certezza del diritto e l'efficacia dell'azione politica sono infatti strettamente collegate alla qualità della produzione normativa e alla chiarezza delle disposizioni. Nel confermare l'impianto contenuto nel testo base, è stata però ripristinata la pariteticità dell'organo (facendo prevalere il contenuto tecnico del lavoro su quello strettamente politico-maggioritario) e prevista l'alternanza alla presidenza di due deputati di maggioranza e di opposizione (forse si dovrà valutare anche in questa sede l'inserimento di una clausola che garantisca l'applicazione della pariteticità solo in presenza di opposizioni la cui consistenza numerica sia comunque superiore ad una soglia minima, come previsto in altre norme); del Comitato è stato ulteriormente rafforzato il ruolo con l'assegnazione obbligatoria degli schemi di atti del Governo recanti codici e ampliando l'attività di monitoraggio delle politiche della legislazione. Al Comitato è stato assegnato anche un ruolo fondamentale per assicurare l'omogeneità dei progetti di legge (v. articolo 72, comma 1-bis). È stato inoltre introdotto l'obbligo (previsto già al Senato) di presentazione della relazione tecnica sulle iniziative normative ed emendative del Governo, pena il divieto di esaminarle.
  Venendo ai temi dell'urgenza, dei decreti-legge e della questione di fiducia, osserva che si tratta dei temi più delicati sia, anzitutto, perché sono istituti che incidono sui poteri e sul ruolo del Governo in Parlamento nonché sul ruolo e sulle prerogative delle opposizioni; sia, inoltre, perché – come dimostrano le modifiche apportate nel disegno di legge costituzionale all'articolo 72 Cost. ed all'articolo 77 Cost. – si tratta dei temi sui quali è senz'altro necessario soffermarsi nell'individuazione della sedes materiae (Costituzione o Regolamenti parlamentari) più appropriata e più corretta.
  L'impostazione seguita prima dal gruppo di lavoro, e poi confermata dai relatori nell'istruttoria sugli emendamenti, vede la ricerca di un equilibrio fra Parlamento e Governo nella produzione normativa primaria: anzitutto, evitando qualunque intervento regolamentare che possa favorire il ricorso ai decreti-legge, che oggi, nella pratica di governo, è considerato Pag. 8come l'unico vero procedimento legislativo rapido e certo, in assenza di idonee procedure d'urgenza stabilite nei Regolamenti parlamentari in attuazione dell'articolo 72, terzo comma, Cost. Proprio in attuazione di questa previsione costituzionale (non toccata dal disegno di legge di riforma costituzionale) ci si è impegnati nell'individuazione di una disciplina dell'urgenza efficace, e al tempo stesso garantista, che possa incoraggiare veramente il Governo a farvi ricorso, ridimensionando il numero dei provvedimenti d'urgenza e così ripristinando le condizioni per un più ordinato procedimento legislativo. In questa logica, ed a seguito del lavoro dei relatori, sono state predisposte ulteriori correzioni a tale procedura, come, ad esempio, la precisazione che il termine per il voto finale sui progetti di legge urgenti è individuato entro il trentesimo giorno dalla dichiarazione d'urgenza, riservando all'esame in Assemblea, di norma, due giorni; il rafforzamento delle garanzie per le opposizioni, con la previsione che quando, su richiesta del Governo o di Gruppi della maggioranza, sia stata dichiarata l'urgenza di più progetti di legge, deve essere dichiarata l'urgenza anche di una proposta di opposizione.
  Una disciplina efficace dell'urgenza – che conferisca certezza ai tempi di conclusione dell'esame parlamentare delle iniziative legislative più importanti del Governo – potrebbe contribuire a rafforzare il ruolo di quest'ultimo e l'azione della maggioranza politica che lo esprime e sostiene (così rispondendo alla domanda di «decisione tempestiva»), pur senza incidere in maniera eccessiva sul delicato equilibrio tra Parlamento e Governo che caratterizza la forma di governo parlamentare; equilibrio che verrebbe invece maggiormente inciso dall'eventuale introduzione del cosiddetto voto anticipato o bloccato (che tende a garantire al Governo non tanto la certezza dei tempi, quanto quella dei testi), oggi inserito nel disegno di legge di riforma costituzionale (articolo 72, ultimo comma) e il cui mantenimento in quella sede andrebbe valutato anche partendo dalla ipotizzata riforma regolamentare dell'urgenza.
  I relatori hanno poi affrontato nel modo più oggettivo e distaccato possibile gli emendamenti (di diversi Gruppi, anche di opposizione) che chiedono il contingentamento dei tempi dei decreti-legge. È ovvio che l'assenza del contingentamento dei tempi costituisce un elemento di oggettivo disordine dei lavori parlamentari, determinando imprevedibilità della durata, andamento confuso, incertezze negli orari di lavoro dell'Aula e delle Commissioni. Il contingentamento, al contrario, sarebbe – proprio su provvedimenti (giustificati da esigenze di straordinarietà e urgenza e) sottoposti ad un termine costituzionale di scadenza – un elemento di buon senso, di razionalizzazione e di organizzazione del lavoro parlamentare su cui – in astratto – ci sarebbe poco da obiettare. In concreto, tuttavia, come tutti sanno bene, i termini della questione sono più complessi, lamentandosi da più parti, e da parecchi decenni, un abuso della decretazione d'urgenza che occorre evitare di ulteriormente incentivare. Il presupposto logico e politico del contingentamento dei tempi dei decreti-legge non potrebbe che essere quello di un corretto rapporto fra Governo e Parlamento nella produzione normativa primaria e, dunque, una necessaria limitazione del numero e dei contenuti dei decreti-legge (in questo senso ricorda che il disegno di legge di riforma costituzionale limita significativamente i casi di ricorso ai decreti in base all'articolo 77 Cost.). In questa direzione (e volendo ipotizzare un'organizzazione dei tempi dell’iter parlamentare dei decreti), andrebbe quindi prevista, anche a Costituzione invariata, una procedura parlamentare che assicuri il rispetto del contenuto proprio dei decreti (attualmente stabilito, oltre che dall'articolo 77 Cost., dalla legge n. 400 del 1988), nonché tempi congrui alle opposizioni (ovviamente più ampi di quelli ordinari); ed eviti – in sede di programmazione – l'eccessiva presenza di decreti-legge. Pag. 9
  Si tratta di osservazioni e valutazioni che non hanno comunque condotto a formalizzare una proposta emendativa specifica, né a formulare un parere su quelle presentate dai gruppi: il relatore si riserva di approfondire ulteriormente la questione, tenendo conto anche di quanto potrà emergere nel corso del dibattito in Giunta.
  Con riferimento al regime di ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge, i relatori non propongono ulteriori modifiche rispetto al testo-base ed al suo impianto molto rigoroso (confermativo peraltro di una prassi consolidata), fondato sulla necessaria stretta attinenza degli emendamenti alla materia trattata dal decreto-legge: va detto che il disegno di legge di riforma costituzionale all'esame della Camera prevede, all'articolo 16, la costituzionalizzazione dei limiti di contenuto dei decreti-legge previsti dalla legge n. 400 (ed ai quali fa riferimento anche lo schema di riforma regolamentare) e un regime di inammissibilità degli emendamenti fondato sull'estraneità all'oggetto o alle finalità del decreto, ossia meno rigido di quello attualmente in vigore alla Camera.
  La disciplina della questione di fiducia è stata invece oggetto di una risistemazione e di alcune ulteriori modifiche rispetto al testo-base volte, in particolare, a prevedere la possibilità di porre la fiducia su sospensive e pregiudiziali di merito; abolire la fase di esame degli ordini del giorno quando il Governo pone la fiducia sul mantenimento dell'articolo unico; specificare che il voto sulla fiducia è in ogni caso palese per appello nominale, escludendo dal novero dei possibili oggetti di fiducia anche le votazioni riguardanti persone e le leggi di attuazione del pareggio di bilancio.
  Altro tema è quello del rafforzamento delle Commissioni. Quanto alla sede consultiva, anche su richiesta di alcuni presidenti di Commissione ed al fine di non introdurre meccanismi troppo complicati e potenzialmente «conflittuali», si è accolta la proposta di sopprimere il comma 1-ter dell'articolo 73 (i cosiddetti pareri «super-rinforzati»), che avrebbe posto questioni applicative e conflitti fra Commissioni. È stata ovviamente mantenuta la norma che – quanto alle Commissioni filtro e rinforzate – dà un maggiore valore alle condizioni da esse poste nei pareri, trasformandole in emendamenti in sede referente.
  Quanto alla sede referente sono state concordate modifiche per ulteriormente razionalizzare e scandire il procedimento legislativo in Commissione e per introdurre espliciti riferimenti agli obblighi istruttori sulle coperture finanziarie, da svolgere con il Governo.
  Quanto alla sede redigente, ne è stata totalmente riscritta la disciplina al fine di renderla una procedura ordinaria di esame dei progetti di legge (esclusi quelli oggetto di riserva costituzionale di esame in Assemblea, i decreti-legge e i progetti di legge di eccezionale rilevanza), salva rimessione alla sede referente su richiesta di un quorum qualificato.
  Quanto all'esame degli atti del Governo, si prevede l'obbligo in capo alla Commissione assegnataria di uno schema di decreto legislativo di verificare il rispetto dell'oggetto della delega da parte del Governo e l'obbligo per il Governo – se non intende conformarsi al parere parlamentare – di comunicarne le ragioni.
  Venendo alla programmazione dei lavori e alle quote delle opposizioni, ricorda che si tratta di una parte originariamente trattata dal collega Leone. Rimandando alla sua relazione del 12 dicembre sul testo-base, si limita a segnalare che, a parte alcune modifiche di natura strettamente tecnica, le modifiche concordate hanno riguardato alcune richieste provenienti da deputati anche di Gruppi di opposizione (ad esempio, la modifica del vincolo delle giornate individuate direttamente dal Regolamento nelle quali garantire alle Commissioni la fascia oraria di almeno tre ore). I relatori si sono inoltre riservati di valutare le proposte emendative del deputato Vito circa la possibilità di rimettere le deliberazioni sulla programmazione della Conferenza dei presidenti di Gruppo alla maggioranza.Pag. 10
  Ed ancora: si sono proposte alcune modifiche al fine di rafforzare la tutela dei gruppi di opposizione di vedere discussi i propri progetti di legge. L'obiettivo del rafforzamento delle garanzie delle opposizioni è del resto stato fin dall'inizio dei lavori della Giunta un obiettivo centrale della riforma e trova ora anche un «puntello» costituzionale nel disegno di legge costituzionale, attualmente all'esame della Camera, che rimette ai regolamenti parlamentari la garanzia dei diritti delle minoranze (all'articolo 6 che novella l'articolo 64 Cost.).
   Quanto alla durata degli interventi e alle dichiarazioni di voto, riprendendo anche per questa parte il lavoro già illustrato dal collega Leone e contenuto nel testo base, segnala la proposta di modifica che riguarda la possibilità di intervento anche per i deputati del Gruppo misto non iscritti ad alcuna componente (da accompagnare ad una previsione di tempi specifici nel contingentamento dei provvedimenti) e una limitazione delle dichiarazioni di voto in dissenso – sollecitata da una serie di emendamenti provenienti da deputati di diversa estrazione – in base alla quale esse vengono limitate ai soli interventi in cui si dichiara il voto, senza argomentazioni, salvo ampliamenti riconosciuti dal Presidente. È stato inoltre razionalizzato il ruolo dei relatori di minoranza in sede di espressione dei pareri sugli emendamenti, al fine di consentire loro di intervenire per svolgere osservazioni o rilievi sui pareri dei relatori di maggioranza e del Governo, ma escludendo un'espressione analitica e puntuale del parere su ogni emendamento.
  Riguardo al tema delle votazioni in Assemblea, quanto agli emendamenti, le ipotesi di modifica concordate dai relatori mirano a stabilizzare il nuovo modello introdotto nel testo base, che sposta sulle Commissioni il baricentro delle votazioni sugli emendamenti. In particolare, il regime c.d. «ad emendabilità ridotta» (derogabile da un quorum qualificato ed escluso in ogni caso per decreti-legge, leggi costituzionali e progetti di legge segretabili), viene applicato obbligatoriamente alla legge di stabilità e di bilancio, alle leggi europee, ai disegni di legge collegati e ai progetti di legge dichiarati urgenti (salvo diverso accordo unanime). Quanto agli altri progetti di legge è stata dimezzata rispetto alla attuale la quota di emendamenti votabili (da 1/10 a 1/20 della consistenza numerica del gruppo per ogni articolo); tale quota è raddoppiata solo per i decreti-legge.
  Sono state inoltre previste ulteriori razionalizzazioni quanto al termine di presentazione dei subemendamenti agli emendamenti ordinari e la previsione di un tempo massimo per l'intervento del relatore di minoranza in sede di parere sugli emendamenti.
  È stato inoltre proposto di ridurre a 20 deputati il quorum necessario per la presentazione di subemendamenti ai c.d. emendamenti fuori sacco. Non è invece stata ancora oggetto di valutazione condivisa il tema della previsione di un termine per la presentazione degli emendamenti fuori sacco del Governo e della Commissione.
  Quanto agli ordini del giorno, infine, i relatori hanno convenuto di introdurre il limite dell'omogeneità del loro contenuto e l'abolizione, in sede di dichiarazioni di voto, di quelle a titolo personale.

  Dopo che Laura BOLDRINI, Presidente, ha ringraziato il relatore Giorgis per l'ampia relazione svolta, Danilo TONINELLI, intervenendo sull'ordine dei lavori, fa presente che è iniziata la riunione del Parlamento in seduta comune e la chiama per la relativa votazione: per rispetto dei lavori di una delle sedi istituzionalmente e politicamente più alte e considerata la necessità dei parlamentari di disporre delle condizioni e dei tempi per addivenire alle intese che consentano di superare l’impasse che caratterizza le elezioni all'ordine del giorno del Parlamento in seduta comune, ritiene doveroso chiedere alla Presidenza di interrompere la seduta della Giunta e altrettanto doveroso da parte della Presidenza accedervi.

  Laura BOLDRINI, Presidente, non ne ravvisa le condizioni, essendo in corso la chiama dei senatori, al termine della quale seguiranno le consuete due chiame dei deputati.

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  Danilo TONINELLI comunica allora che, assieme alla collega Dieni, per rispetto del Parlamento, abbandonerà i lavori della Giunta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ne prende atto.
  (I deputati Toninelli e Dieni abbandonano i lavori).
  (Il deputato Giancarlo Giorgetti abbandona i lavori).

  Elio VITO si associa anch'egli alla richiesta di sospendere i lavori della Giunta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ne prende atto e invita il relatore Gitti a svolgere la sua relazione.
  (Il deputato Vito abbandona i lavori).

  Gregorio GITTI, Relatore, formula anzitutto una premessa sul lavoro istruttorio dei relatori relativamente al complesso degli emendamenti: rispetto al testo base che è stato adottato dalla Giunta, i relatori hanno condiviso alcune modifiche migliorative contenute negli emendamenti presentati – di alcuni dei quali si propone la riformulazione (e fin d'ora avverte che c’è il suo consenso alle riformulazioni proposte dai relatori sugli emendamenti a sua firma) – e in nuovi emendamenti dei relatori stessi. Quanto invece al disegno di legge di riforma costituzionale che attualmente è all'esame della Camera, osserva che tale progetto, nel ridisegnare il sistema bicamerale, attribuisce al Senato (articolo 55, così come sarebbe novellato dall'articolo 1 del disegno di legge), tra l'altro, la valutazione dell'attività delle pubbliche amministrazioni, la verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato, il controllo e la valutazione delle politiche pubbliche. Si tratta di attività che lo schema di riforma regolamentare presuppone mantenute anche in capo alla Camera e che del resto costituiscono un presupposto per l'esercizio delle funzioni legislative e d'indirizzo, di sua competenza. Nel richiamare considerazioni già svolte in sede di illustrazione del testo-base, sottolinea come si sia inteso in modo consapevole attribuire alla Camera un ruolo ispettivo profondo, comparabile ad altri modelli europei. Fa presente comunque come, su questo aspetto (come sugli altri richiamati dal collega Giorgis, con cui concorda), potrà essere opportuno un approfondimento alla luce dell'evoluzione dell'iter della riforma costituzionale: a tal fine si potrebbe valutare l'individuazione, fra i relatori in Giunta, degli interlocutori aventi il compito di coordinare questo lavoro con quello di riforma costituzionale.
  Rimandando alla relazione già svolta sul testo base il 12 dicembre, e tralasciando le correzioni di tipo formale o tecnico, si sofferma in particolare su alcune questioni.
  Quanto all'esame delle candidature (tema che si è peraltro rivelato particolarmente di attualità negli ultimi mesi di lavoro parlamentare), anche a seguito delle osservazioni pervenute dai Presidenti di Commissione, si sono convenute alcune ipotesi di modifica in relazione alla considerazione che le nuove disposizioni predisposte sul punto nel testo-base presentano dei margini di incertezza applicativa. Per questo motivo le modifiche proposte disegnano una nuova disciplina che assicura trasparenza e pubblicità nelle candidature e oneri informativi a ciò finalizzati, senza tuttavia caricare le Commissioni di merito di compiti istruttori formali che sono apparsi non congrui.
  Per quanto riguarda gli atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, le ipotesi di modifiche concordate tra i relatori hanno riguardato aspetti non centrali della nuova disciplina, che rimane quindi sostanzialmente invariata rispetto al testo-base. Si sono attenuati soltanto alcuni aspetti di rigidità nell'esame delle mozioni, con riferimento al profilo della loro modificabilità, nonché si è previsto un vincolo regolamentare per il Governo di riferire sugli atti di indirizzo approvati, e alla programmazione dello svolgimento delle interpellanze urgenti. A quest'ultimo riguardo è rimasto da valutare l'emendamento presentato dall'on. Giorgetti (138-bis. 2., prima parte) che ridefinisce quorum e limiti per la presentazione Pag. 12delle interpellanze urgenti. Non è stata invece intaccata la logica semplificatoria degli strumenti di sindacato ispettivo e si è mantenuto altresì l'impianto delle modifiche al question time ipotizzato nello schema di modifica precedentemente elaborato.
  Con riferimento alle attività conoscitive delle Commissioni, si propongono alcuni limitati emendamenti che estendono in particolare la platea dei soggetti che possono essere auditi dalle Commissioni, con particolare riferimento ai rappresentanti delle società a partecipazione statale, non più limitata alle sole società integralmente partecipate dallo Stato, al fine di evitare – dato l'assetto di molte società strategiche – una eccessiva e incongrua delimitazione del perimetro applicativo della norma. Si è poi meglio definito lo sbocco procedurale delle attività di monitoraggio.
  Per quanto riguarda il tema delle sanzioni disciplinari, i relatori hanno convenuto sulla presentazione di una disciplina più aggiornata e più rigida di quella attuale in materia di ordine delle sedute e sanzioni ai deputati che trasgrediscano i canoni di condotta appropriati nelle Aule parlamentari, riformulando emendamenti in tal senso presentati dagli colleghi Catania e Leone (quest'ultimo oggi sottoscritto dal deputato Vignali).
  I relatori si sono inoltre riservati un approfondimento (e spiace che siano assenti i rappresentanti del MoVimento 5 Stelle che hanno firmato tali emendamenti) su alcune proposte emendative che attribuiscono alle Commissioni il potere di accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni e ad ogni altra fonte informativa da esse gestite. Dichiara a titolo personale di condividere questa proposta, ma ritiene necessario anche temperarla (benché la fonte «Regolamento della Camera» si collochi nel sistema delle fonti ad un livello sovra-legislativo) tenendo conto della legislazione vigente in materia di trattamento dei dati, di tutela della sicurezza dello Stato, di tutela del diritto alla riservatezza dei terzi con riferimento ad alcuni dati sensibili. Al di là di queste valutazioni personali, si tratta certamente di un tema da approfondire, eventualmente ipotizzando una riformulazione.
  Si sofferma poi su alcune ulteriori questioni. I relatori hanno definito alcuni emendamenti tesi a definire con maggiore precisione i compiti dei membri dell'Ufficio di Presidenza (vicepresidenti, questori e segretari di presidenza); hanno altresì concordato il parere favorevole su tre emendamenti rispettivamente volti ad aggiornare e razionalizzare la procedura di esame delle domande ex articolo 68 della Costituzione (sanando un ritardo abbastanza sorprendente del nostro regolamento rispetto alla riforma costituzionale dello stesso articolo 68 e alla legge n. 140), a codificare una disciplina – più razionale e più efficace di quella che si è stratificata per prassi – relativa alle procedure in materia di conflitti di attribuzione ed a prevedere la cosiddetta prorogatio degli organi di tutela giurisdizionale, al fine di evitare dei vuoti di tutela.

  Gianni MELILLA, Relatore, condivide quanto affermato dal collega Giorgis sulla relazione stretta che c’è tra la riforma costituzionale e la riforma del Regolamento e la valenza costituzionale anche delle proposte di riforma del Regolamento. Per questo motivo, occorre certamente capacità di ascolto e pazienza nella ricerca di soluzioni condivise, anche se a nessuno può essere attribuito un potere di interdizione, soprattutto in un momento in cui è evidente al Paese, prima ancora che ai parlamentari, un'esigenza effettiva di riforma delle regole parlamentari.
  A riprova della necessità – sulle riforme regolamentari – di allargare il consenso rispetto alle maggioranze semplici previste per le leggi ordinarie, è l'articolo 64 della Costituzione che impone, per l'approvazione dei Regolamenti parlamentari, la maggioranza assoluta dei componenti della Camera. Ed è a questo risultato che in Giunta si sta lavorando ormai da un anno e mezzo, con decine e decine di riunioni informali, alle quali il gruppo Popolo della Libertà (ora Forza Italia) non è stato estraneo, essendovi stato rappresentato – fino all'autunno scorso – dal Pag. 13collega Leone, che vi ha svolto un grande lavoro anche per conto di tale gruppo (che dunque, per questa via, è stato pienamente coinvolto nel lavoro istruttorio), anche se poi l'on. Leone ha aderito al gruppo NCD.
  Avvia quindi la sua relazione sui progetti di legge di iniziativa popolare e sulle petizioni. Su questo tema il testo base adottato l'8 gennaio, innovando sensibilmente sull'attuale assetto, prevedeva l'obbligo per le Commissioni di decidere – entro un mese dall'assegnazione – se prendere in considerazione o meno i progetti di legge di iniziativa popolare, senza obbligarle cioè automaticamente al loro esame. A tal fine si prevedeva l'istituzione di appositi comitati permanenti con compiti istruttori ed in particolare con il compito di formulare una proposta motivata, previa eventuale audizione di un rappresentante dei promotori. Nel caso di deliberazione favorevole la discussione si prevedeva la conclusione dell'esame in Commissione entro due mesi, quindi c'era un tempo certo. La ratio di questo intervento era quella di assicurare in ogni caso una «presa di posizione» parlamentare sulle proposte popolari, assumendo esplicitamente la responsabilità politica di non darvi seguito, ma senza prevedere automatismi nell’iter.
  In un primo momento, i relatori, nell'esame degli emendamenti e delle osservazioni dei presidenti di Commissione, partendo da questa impostazione, si sono limitati ad ipotizzare alcune modifiche di razionalizzazione, senza stravolgerne l'impostazione: per esempio si era accettato di facoltizzare le Commissioni nell'istituzione di appositi comitati, anziché obbligarle; si era ipotizzato di intensificare il dialogo con i promotori delle iniziative rendendone obbligatoria l'audizione; di rafforzare gli obblighi di comunicazione delle decisioni. In questo senso è stato presentato un emendamento sostitutivo che riformula l'articolo 100-bis.
  Nel frattempo è però intervenuto un significativo elemento di novità (a dimostrare – e si rivolge in particolare al collega Vito – che i relatori considerano più di quanto lui creda il raccordo tra la riforma regolamentare e quella costituzionale), contenuto nel disegno di legge di revisione costituzionale approvato dal Senato e oggi all'esame della Camera. Si tratta solo di un disegno di legge in corso di esame parlamentare, il cui iter è lungi dall'essere concluso. Tuttavia, ad avviso del relatore, non si può non tenere conto di un dato politico importante relativo alla riforma costituzionale della disciplina dell'iniziativa legislativa popolare prefigurata in tale testo, poiché essa – per quanto non definitiva – non può non indurre la Camera a riflettere ulteriormente sulla scelta compiuta con il testo base dell'8 gennaio e, forte di questa novità nel frattempo intervenuta, ritornare sulla stessa impostazione originaria per scegliere una via di maggiore incisività della procedura parlamentare di esame delle leggi popolari, comunque possibile anche alla luce del vigente quadro costituzionale e tale da dare maggiori certezze ai firmatari delle proposte. Come è noto, il progetto di riforma costituzionale innalza il quorum di firme necessarie (da 50.000 a 150.000), con ciò maggiormente qualificando le proposte popolari, e prevede che «la discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari». Nella direzione prefigurata dal disegno di legge di riforma costituzionale, dunque, e peraltro in un testo che assorbe pure proposte emendative avanzate dal MoVimento 5 Stelle, è stato presentato – in alternativa rispetto all'altro – un emendamento del relatore che conforma l'articolo 100-bis a tale impostazione, prevedendo l'obbligo di una deliberazione conclusiva della Camera sulle proposte di legge popolari, scandendone conseguentemente i termini per le Commissioni e per l'iscrizione nel calendario dei lavori dell'Aula.
  Quanto alle petizioni, riformulando un emendamento già presentato dal collega Vito, si è previsto che le petizioni siano valutate nell'ambito dell'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, anziché dall'apposito Pag. 14comitato permanente originariamente previsto dal testo-base, che invece non si farebbe più nella riformulazione che aveva il compito di formulare proposte alla Commissione in ordine al loro esame. La deliberazione in ordine all'esame delle petizioni, nel nuovo testo, è invece rimessa all'ufficio di presidenza.
  Per quanto riguarda la pubblicità dei lavori, su questo aspetto, trattato nel testo-base con la previsione della più ampia forma di pubblicità delle sedute, i relatori hanno dovuto prendere atto di quanto è stato rappresentato da diversi presidenti di Commissione con le osservazioni trasmesse a tutti i membri della Giunta. I Presidenti hanno infatti sottolineato le difficoltà e le incongruenze che deriverebbero da una indistinta pubblicità integrale dei lavori delle Commissioni, specie se indiscriminatamente estesa alle sedi referente e consultiva, il cui efficace funzionamento dipende proprio dalla maggiore informalità dei lavori e delle procedure. Tra l'altro, l'indistinta trasmissione integrale dei lavori delle Commissioni nelle sedi meno formali (referente e consultiva) potrebbe produrre, da un lato, l'effetto di trasformare le aule di Commissione in tribune e palcoscenici simili all'Assemblea (e lo spettacolo della settimana scorsa consiglia di non andare in questa direzione), con la conseguenza di indurre comportamenti più orientati alla comunicazione all'esterno che alla mediazione e al dialogo, con snaturamento del senso stesso di tali sedi per come attualmente costruite e pensate dal Regolamento. Da un altro lato, tale estensione potrebbe comportare, per conseguenza, l'esigenza di un irrigidimento delle procedure e dei tempi di discussione nelle sedute formali delle Commissioni (al fine di dare maggiori certezze dei tempi) e, al contempo, una diffusione di sedi di incontro informali e integralmente sottratte a qualsiasi forma di pubblicità, proprio là dove esse si rendano necessarie per favorire la mediazione politica nella costruzione dei testi legislativi. È probabile infatti che un'indifferenziata trasmissione via web di tutti i lavori delle Commissioni possa portare all'effetto paradossale di svuotare di forza il lavoro delle Commissioni che non di rado si svolge al meglio anche in dimensioni meno formali.
  Insomma, tutte queste conseguenze inevitabilmente finirebbero per risultare controproducenti rispetto alla finalità della riforma, che è comunque quella di aumentare – come si fa con questa riforma – la pubblicità dei lavori delle Commissioni, ma senza snaturarne funzioni e procedure.
  Tenendo dunque doverosamente conto delle osservazioni dei presidenti di Commissione, i relatori hanno convenuto di apportare alcuni correttivi alla originaria impostazione. Mantenendo la trasmissione via streaming per tutte le attività conoscitive, si è preferito introdurre una disciplina che preveda questa forma di trasmissione nelle altre sedi solo quando vi sia un consistente consenso delle forze politiche. Inoltre si è prevista una data di entrata in vigore, differita di due anni, in ragione della necessità di disporre comunque di tempi congrui per la realizzazione tecnica delle necessarie innovazioni strutturali e tecnologiche.
  Resta fermo che una diversa valutazione sulla integrale pubblicità dei lavori delle Commissioni potrebbe essere compiuta se queste fossero significativamente ridotte nel numero e conseguentemente rafforzate nel numero dei componenti, nel loro ruolo e nella loro autorevolezza.
  Sulla dematerializzazione degli atti parlamentari non si è toccata la disciplina originariamente proposta dal Gruppo di lavoro, che riguarda le forme di pubblicazione degli atti parlamentari, salvo alcune specifiche di carattere tecnico relativo alla pubblicazione delle sentenze della suprema magistratura costituzionale italiana e di quella dell'Unione europea.
  Un aspetto ulteriore sul quale svolgere un ulteriore approfondimento in Giunta è quello della dematerializzazione delle modalità di presentazione degli atti da parte dei deputati, al fine di incentivarla: In proposito è stato presentato ed accolto dai Questori un ordine del giorno poi votato alla Camera al bilancio interno (Melilla n. 8) che impegna Ufficio di Presidenza e Pag. 15Collegio dei Questori a sollecitare la presentazione per via informatica dei progetti di legge e degli atti di sindacato ispettivo, anche utilizzando la firma digitale. Ove si intendesse rafforzare questa modalità di presentazione, rendendola obbligatoria per tali tipi di atti, si potrebbero introdurre previsioni specifiche in tal senso agli articoli 72 (per i progetti di legge), 110, comma 1 (mozioni), 128, comma 1 (interrogazioni), 138-bis, comma 1 (per le interpellanze urgenti).
  Infine, quanto all'esame in Commissione dei progetti di legge in quota opposizione (parte dell'articolato su cui originariamente aveva riferito alla Giunta il collega Antonio Leone), essa va inquadrata nel tema più generale del rafforzamento delle garanzie delle opposizioni, tema che ha costituito fin dall'inizio dei lavori della Giunta un obiettivo centrale ed è centrale in questo progetto di riforma regolamentare: esso «taglia» trasversalmente pressoché l'intero articolato. Come si è già detto, questo tema trova oggi anche un «puntello» costituzionale, posto che il disegno di legge di riforma costituzionale, attualmente all'esame della Camera, già approvato in prima lettura al Senato, rimette ai regolamenti parlamentari la garanzia dei diritti delle minoranze (articolo 6 che novella l'articolo 64 Cost.).
  Tra le misure contenute nel testo-base si segnala il rafforzamento delle garanzie di esame delle quote di opposizione: nello specifico, con riferimento proprio ai progetti di legge iscritti in quota dell'opposizione (tema di cui si occupa qui), il testo-base prevede che il Gruppo di opposizione ha diritto di ottenere la discussione in Aula del suo provvedimento nel testo originario (ferma restando la possibilità che l'Aula approvi naturalmente poi modifiche): in particolare non è consentito, salvo consenso del Gruppo di opposizione richiedente, l'abbinamento con altri progetti di legge e gli emendamenti eventualmente approvati in sede referente senza il consenso specifico del gruppo di opposizione non possono modificare il testo da sottoporre all'Aula ma devono da questa essere specificamente votati come emendamenti. E, a garanzia della effettività della discussione, si prevede che sono inammissibili questioni pregiudiziali di merito o sospensive o richieste di inversione dell'ordine del giorno, di rinvio in Commissione o di rinvio dell'esame degli argomenti in quota opposizione, salvo il consenso dei Gruppi proponenti. A seguito dell'analisi degli emendamenti, con riferimento specifico alla parte relativa all'esame in Commissione delle proposte di legge in quota opposizione, si è convenuto di introdurre alcune modifiche al fine di rafforzare la tutela dei gruppi di opposizione di vedere discussi i propri progetti di legge senza il pericolo di colpi di mano della maggioranza nell'esame degli emendamenti: in particolare, si è ritenuto di precisare che quando non vi sono le condizioni per procedere all'esame abbinato del progetto di legge di opposizione con altri, la Commissione non può approvare emendamenti senza lo specifico consenso del Gruppo richiedente, formulato quindi con riferimento a ciascun emendamento.

  Pino PISICCHIO, Relatore, ringrazia innanzitutto i colleghi Vignali e Catania i quali sono rimasti presenti alla seduta ad ascoltare le relazioni. In merito, poi, alle osservazioni formulate dall'on. Catania, ritiene di dover precisare che egli sostiene l'esigenza di ricercare un consenso ampio, ma non necessariamente l'unanimità, giacché ciò implicherebbe l'attribuzione a ciascuna parte politica di un vero e proprio potere di veto, non avente alcuna base regolamentare, logica o politica. L'applicazione, comunque, di una logica inclusiva piuttosto che esclusiva appare volta, fra l'altro, a conseguire più agevolmente i risultati prefissati.
  Venendo alla relazione, per quanto riguarda la disciplina dei Gruppi, il gruppo di lavoro si era limitato a modificare l'articolo 14 al solo fine di meglio specificare la peculiare natura del Gruppo misto, senza intervenire sulla disciplina generale di formazione dei Gruppi, in attesa di valutare le proposte emendative e rimettendo alla Giunta le scelte in proposito. I relatori – Pag. 16preso atto del contenuto degli emendamenti presentati – non hanno ritenuto opportuno formulare una proposta di riforma di questa materia senza disporre del nuovo quadro normativo elettorale e si sono dunque limitati a due modifiche, pure oggetto di richieste negli emendamenti presentati, con finalità «antipolverizzazione»: l'abrogazione del comma 2, che consente oggi l'autorizzazione dei gruppi in deroga, e una modifica del comma 5 sulle componenti politiche del gruppo misto volta ad aumentare a 5 il requisito numerico delle componenti minori e a rafforzare il relativo requisito elettorale, imponendo una denominazione delle componenti sostanzialmente corrispondente alla forza politica rappresentata.
  È stato inoltre predisposto un emendamento per adeguare l'articolo 15-ter, comma 7, alla recentissima giurisprudenza della Corte costituzionale (n. 39 del 2014) che è intervenuta con riferimento ad una norma del decreto legge n. 174 del 2012, relativa alle sanzioni in caso di mancata regolarizzazione dei rendiconti dei gruppi dei consigli regionali, del tutto analoga a quella contenuta nel Regolamento della Camera: di qui l'esigenza di adeguare il contenuto dell'articolo 15-ter del Regolamento.
  Sul tema delle questioni regolamentari, rammenta che si tratta di una parte compresa nell'originaria relazione del collega Leone (che desidera nuovamente ringraziare per il lavoro svolto), alla quale fa rinvio; il lavoro istruttorio dei relatori è stato finalizzato a meglio precisare la norma che consente ad un certo quorum di deputati di richiedere la convocazione della Giunta per il regolamento quando insorgano questioni interpretative, al fine di evitare che tale prerogativa possa risolversi sostanzialmente in un diritto di paralizzare indiscriminatamente i lavori parlamentari.
  È stata anche trattata la questione della «pubblicità dei precedenti», contenuta in un emendamento del MoVimento 5 Stelle, volto ad introdurre un Comitato di garanzia con il compito di esprimersi su questioni di interpretazione regolamentare; alla stessa questione fa riferimento un ordine del giorno Di Maio al bilancio interno approvato in Aula il 6 novembre 2013, che invita, per i profili di rispettiva competenza, l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei Questori ad approfondire le caratteristiche degli attuali sistemi di archiviazione dei precedenti in funzione della possibilità di realizzare, previa verifica di fattibilità, una vera e propria banca-dati da mettere a disposizione dei deputati su Intranet. Il tema è ovviamente molto delicato e riguarda da un lato la certezza del diritto e la conoscibilità delle norme non scritte da parte di tutti gli attori della vita parlamentare; da un altro attiene alla nozione stessa di «precedenti» ed al valore da attribuire ad essi nel sistema delle fonti nonché ai criteri per l'individuazione di quelli vincolanti, attività che non può che essere rimessa alla Giunta per il Regolamento e alla stessa Presidenza.
  Ne consegue anzitutto, con riferimento in particolare alla richiesta contenuta nell'ordine del giorno Di Maio, che sul piano metodologico e proprio per quanto detto sopra, la materia della pubblicità dei precedenti deve intendersi di competenza esclusiva della Giunta, laddove le questioni applicative di tipo tecnico-informatico risultano del tutto accessorie e successive rispetto alle decisioni che la Giunta prenderà sulla questione.
  I relatori ritengono ultroneo l'emendamento del MoVimento 5 Stelle (16-bis. 01. Toninelli), che creerebbe una sorta di super-organo di controllo delle decisioni procedurali: i relatori osservano come in realtà la questione dei precedenti posta sia in gran parte destinata a perdere la sua rilevanza essendo la riforma regolamentare in atto finalizzata, tra l'altro, all'aggiornamento del dettato regolamentare con le prassi e le interpretazioni consolidate. In secondo luogo, a smussare ulteriormente la rilevanza pratica della questione, va detto che essendo i precedenti rilevati dagli atti parlamentari, da qualche legislatura integralmente disponibili sul sito web della Camera, la loro ricerca può essere comunque fatta utilizzando i comuni motori di ricerca.
  I relatori hanno ritenuto comunque opportuna una riflessione – per il futuro – su un'ipotesi di pubblicazione periodica di un Pag. 17«Regolamento commentato», contenente pareri interpretativi della Giunta, pronunce della Presidenza in Giunta, circolari e precedenti ritenuti dalla stessa Giunta particolarmente significativi. Inoltre, proprio al fine di evitare quella stratificazione di prassi e precedenti che – non essendo fonti scritte finiscono per dare ai deputati quella sensazione di incertezza del diritto vigente che è avvertita da molte parti – occorrerebbe a suo avviso valorizzare una funzione fondamentale della Giunta per il Regolamento che è quella di proporre sistematicamente e periodicamente, in quanto detentrice della conoscenza dei precedenti e delle prassi, «le modificazioni e le aggiunte al Regolamento che l'esperienza dimostri necessarie» (articolo 16, comma 3), ossia l'adeguamento del diritto scritto a quello non scritto, attività che sarebbe auspicabile effettuare almeno una volta in ciascuna legislatura. Nella stessa logica, constata il fatto che purtroppo questa attività non è stata compiuta con sistematicità da almeno 4 legislature (gli interventi di modifica regolamentare successivi al 1997 sono stati estemporanei e legati a specifiche questioni) – e questo non può che pesare gravemente sulla distanza fra diritto scritto e diritto non scritto; allo stesso tempo segnala anche che quando, come in questa legislatura, si è inteso attivare questa funzione e – per una buona parte del testo di riforma regolamentare – proporre modifiche di adeguamento del diritto scritto alle prassi consolidate, non sono mancate contestazioni e polemiche forse strumentali.
  Al riguardo, si potrebbe forse immaginare la costituzione, presso la Giunta, di un comitato permanente con il compito appunto di svolgere questa attività di monitoraggio costante sul diritto vivente e di formulare conseguenti proposte istruttorie alla Giunta plenaria.
  Sull'argomento della durata degli interventi e delle dichiarazioni di voto, rileva che questa parte è anch'essa stata a suo tempo illustrata dal collega Leone. Rispetto al testo-base i relatori propongono l'allungamento della durata degli interventi nella discussione sulle leggi costituzionali ed elettorali. Altra novità è rappresentata dall'introduzione – con apposito emendamento – di una sorta di contingentamento degli interventi di fine seduta, disciplinati in modo più puntuale e in modo da evitare rischi di dispersione.
  In materia di numero legale e votazioni, riferisce che sono state concordate alcune migliori precisazioni dell'articolo 46 circa il numero legale nelle varie sedi delle Commissioni (confermando l'impianto regolamentare vigente), è stato aggiornato il dettato regolamentare a consolidate prassi circa il voto nominale e la controprova in Commissione, è stata aggiornata la disciplina normativa sulle missioni alle diverse fonti (circolari, pronunce della Giunta per il Regolamento, delibere dell'Ufficio di Presidenza) intervenute negli ultimi 20 anni a modificare in modo sostanziale la disciplina (ferma restando la possibilità – ad esempio quanto alla questione delle astensioni legate alla genitorialità – di individuare eventualmente anche soluzioni diverse) ed è stato dato un fondamento regolamentare al principio della necessaria personalità del voto.
  Per quanto riguarda i temi dell'Unione Europea, il relatore si è limitato ad apportare alcune modifiche per lo più tecniche al testo, accogliendo emendamenti che non alterano il complessivo impianto del testo-base, che a sua volta si inserisce nel vigente contesto regolamentare rafforzando la strumentazione delle Commissioni (di quella specialistica e di quelle di settore) e codificando prassi e pronunce della Giunta per il Regolamento. Sullo sfondo resta una scelta preliminare, ossia quella relativa alla conferma o meno dell'esistenza di una Commissione permanente ad hoc specializzata sulle questioni europee: alla fine è prevalsa fra i relatori, in questa fase, anche su impulso specifico dei relatori Pisicchio e Gitti, la scelta di non toccare la Commissione XIV e ciò sia per ragioni di opportunità, legate anche al particolare momento storico, sia per la consapevolezza della complessità di un cambio radicale di impostazione, che, abrogando la XIV Commissione, potrebbe condurre peraltro a conseguenze non facilmente prevedibili. Ma – posto che gli orientamenti dei singoli relatori sul punto Pag. 18sono diversi, peraltro accomunati senz'altro dalla volontà di rafforzare l'attenzione del Parlamento e la sua sensibilità per le questioni europee e di fare di queste una parte centrale del lavoro in Commissione – il tema sarà certamente oggetto di ulteriore approfondimento in Giunta.
  È peraltro evidente – allo stesso tempo – che la discussione su questo tema è collegata anche alla conferma o meno del numero e delle competenze delle attuali 14 Commissioni permanenti della Camera, tema su cui si era soffermato il relatore Leone e su cui pure sono stati presentati vari emendamenti, di diverso contenuto e finalità e su cui sono state manifestate diverse sensibilità da parte dei relatori.
  Va peraltro necessariamente ricordato che il disegno di legge di riforma costituzionale approvato dal Senato prevede, nel nuovo articolo 55 Cost., che il Senato eserciti «funzioni di raccordo tra l'UE, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica» e partecipi «alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'UE e ne valuti l'impatto». Si tratta di formulazioni normative che richiedono una riflessione circa il loro impatto sulle competenze della Camera.
  Da ultimo, in merito al numero delle Commissioni, si tratta di una parte originariamente affidata al relatore Leone. I relatori hanno convenuto su un'ipotesi di riduzione (a 11) delle Commissioni, lasciando invece impregiudicata la decisione sul tema – che ha intensamente impegnato i relatori – se sopprimere o meno la Commissione XIV per sostituirla con appositi Comitati in ciascuna Commissione dedicati gli affari dell'Unione europea. Si tratta di una materia molto delicata, sulla quale le posizioni personali dei relatori (come anche, probabilmente, dei membri della Giunta) sono differenziate, sulla base di diverse sensibilità ed esperienze, e sulle quali gli emendamenti presentati offrono infatti le più svariate soluzioni (a partire dalla più drastica dell'on. Antonio Leone, favorevole ad una riduzione a 6 del numero delle Commissioni, fino a quelle che propongono di aumentarne il numero). La soluzione qui offerta – che contempera un'esigenza di razionalizzazione complessiva delle competenze che tenga conto anche delle competenze ministeriali, per favorire il confronto continuo fra organi parlamentari ed Esecutivo, con quella di una, per quanto non drastica, riduzione del loro numero – è sembrata quella più mediana e dunque più praticabile. Al fine di non pregiudicare il lavoro in corso nelle Commissioni e di non creare elementi di confusione, si è convenuto di rendere comunque applicabile questa parte di riforma a partire dalla prossima legislatura.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ringrazia i relatori per il lavoro svolto. Riassumendo dunque, i relatori, oltre alle relazioni appena svolte, hanno depositato in Giunta i loro nuovi emendamenti, per le parti di rispettiva competenza (pubblicati nell’allegato 2), le proposte di riformulazione di alcuni emendamenti (vedi allegato 3), nonché l'elenco degli emendamenti sui quali essi esprimono parere favorevole (vedi allegato 4).
  Propone di prevedere un termine ampio per la presentazione degli eventuali subemendamenti – ossia intorno al 15 novembre – e di rinviare ad altra, successiva seduta il seguito dell'esame dell'articolato.

  La Giunta concorda.

Sui lavori della Giunta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, prende atto che, vista l'ora, non c’è il tempo per affrontare la discussione dell'altro punto all'ordine del giorno, relativo al seguito dell'esame di una questione relativa al contingentamento delle proposte di modifica al Regolamento, che sarà dunque discusso in Giunta prima di affrontare nel merito il seguito dell'esame della riforma regolamentare.

  La seduta termina alle 11.50.

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