CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 luglio 2014
268.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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AUTORIZZAZIONI AD ACTA

  Mercoledì 9 luglio 2014. – Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.

  La seduta comincia alle 13.15.

Domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Giancarlo Galan (doc. IV, n. 8).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 2 luglio 2014.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, comunica che il deputato Galan, nella giornata di ieri, ha trasmesso un'ulteriore breve nota difensiva corredata da alcuni allegati, che è stata immediatamente messa a disposizione dei colleghi.
  Ricorda che, in base all'organizzazione dei lavori concordata nella scorsa seduta in funzione dell'esigenza di concludere l'esame del documento entro il termine – non ulteriormente prorogabile – dell'11 luglio 2014, in data odierna avranno luogo gli interventi di tutti i deputati che desiderano partecipare alla discussione.
  Nella seduta già convocata per domani, giovedì 10 luglio 2014, alle ore 13,15, avrà quindi luogo la votazione finale previe dichiarazioni di voto, per le quali fissa un tempo massimo di intervento pari a cinque minuti per ciascun componente.

  Giulia GRILLO (M5S) rileva come, dall'ordinanza del giudice e dagli ulteriori atti a disposizione della Giunta, emerga un quadro di particolare gravità. Agli occhi dell'opinione pubblica si configurano i contorni di un fenomeno criminale di dimensioni assai notevoli, protrattosi per oltre un decennio, che ha visto il coinvolgimento di numerosi soggetti. Ne costituisce testimonianza l'applicazione di misure cautelari per ben trentacinque indagati, nonché lo svolgimento di procedimenti giudiziari paralleli, diversi dei quali già conclusi con condanne che hanno confermato ed accertato reati e responsabilità penali a fronte di risultanze probatorie ritenute evidentemente fondate.
  Vi sono quindi motivi per ritenere che la ricostruzione proposta dagli organi giudiziari sia del tutto plausibile. Appare, in particolare, provato che vi era un collaudato meccanismo di frodi fiscali e di costituzione di fondi extra bilancio funzionali a costituire provviste usate per ottenere illeciti vantaggi dai diversi esponenti politici coinvolti. È di questi giorni la notizia dell'arresto dell'ex deputato Milanese, il cui nome compare nell'ordinanza per aver ricevuto una consistente somma di denaro in cambio del suo intervento sul Pag. 4CIPE e sul Governo pro tempore per la delibera che assegnava fondi al progetto MO.S.E.
  Nell'ordinanza in oggetto sono evidenziate erogazioni di denaro – ma anche di altre utilità, che vanno dal pagamento di vacanze ad interventi di vario genere nel loro percorso di carriera – a favore di taluni soggetti coinvolti. Si riferisce, ad esempio, agli elementi svelati dall'inchiesta in merito alla designazione del Magistrato delle acque e all'operato di esponenti della Corte dei conti, le cui determinazioni risultano essere state quanto meno concordate con i soggetti destinatari della loro azione di controllo.
  Genera sicuramente perplessità la circostanza che tra i principali protagonisti figuri un personaggio come Baita, già noto alle cronache per vicende legate al fenomeno di Tangentopoli, risalente a più di vent'anni fa. Gli organi di informazione hanno perfino riportato che a tale soggetto sono riconducibili quasi trecento conti correnti bancari e che sia in possesso di software in grado di proteggere le operazioni commerciali effettuate in via telematica.
  Ancor più allarmante il fatto che – a quanto pare – il gruppo Mantovani si fosse dotato di una struttura istituzionalmente dedicata ad agire sui titolari di poteri pubblici al fine di tutelare i propri interessi in modo illecito e di proteggere le società ad esso aderenti perfino dai controlli delle forze dell'ordine.
  Giancarlo Galan, per numerosi anni Governatore del Veneto, non sembra certamente estraneo a questo contesto di gravi illeciti, così come il suo stretto collaboratore, l'assessore Chisso.
  Gli elementi a carico del deputato discendono dall'incrocio di numerose deposizioni tra loro concordanti, che hanno trovato riscontro in altre attività investigative e in documenti acquisiti agli atti. Si limita a ricordare come l'ingegner Mazzacurati abbia addirittura affermato che Galan era «a libro paga» del Consorzio Venezia Nuova.
  Negli atti si ricostruiscono dazioni di denaro di rilevante entità, partecipazioni azionarie tramite prestanome acclarate su base documentale e, finanche, suoi ipotetici interessi in investimenti nel mercato indonesiano curati dal suo commercialista, anch'egli colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere.
  Non può, pertanto, in alcun modo essere ipotizzabile un intento persecutorio nei suoi confronti.
  Tra gli addebiti, quello che appare politicamente più significativo – a suo avviso – risulta essere la modifica delle responsabilità concernenti gli organi di controllo. L'ordinanza rileva che l'attribuzione della Presidenza Commissione VIA al Settore Infrastrutture, avviene in violazione della Legge Regionale 10/99, che ne prevede l'attribuzione al Settore Ambiente. Analogamente, Giancarlo Galan avrebbe estromesso un organo di controllo terzo, ovvero l'I.S.P.R.A. – emanazione del Ministero dell'Ambiente – dal monitoraggio dei lavori del MO.S.E. Entrambe le decisioni testimoniano un abuso delle sue funzioni e risulta che abbiano portato addirittura ad una censura degli organi competenti dell'Unione Europea.
  Altrettanto grave è che gli effetti di queste deliberazioni anomale – così le definisce il giudice – non sono stati rimossi, circostanza che, presumibilmente, comporterà un'ulteriore procedura di infrazione a livello europeo. Peraltro, non risulta che siano nemmeno rimossi i funzionari regionali coinvolti che, anzi, sono tornati in servizio sia pure con altri incarichi.
  Soffermandosi sulle motivazioni addotte dal giudice a sostegno della misura cautelare della custodia in carcere, evidenzia come – per quanto detto – il rischio di perpetuazione dei fenomeni corruttivi è decisamente elevato. Al riguardo, è innegabile che Galan continui a godere di una rete di rapporti tali da poter comunque incidere nell'esercizio di funzioni pubbliche. E ciò assume rilevanza se si considera che una delle contestazioni nei suoi confronti riguarda anche l'appoggio all'approvazione di project financing proposti da aziende del gruppo Mantovani nelle quali aveva diretti interessi personali.Pag. 5
  Segnala che i suddetti project financing riguardano l'esecuzione di lavori tutt'altro che marginali, tra i quali si può ricordare persino la costruzione di un ospedale.
  Non ritiene utile soffermarsi, infine, su altri capi di imputazione, quali ad esempio quelli relativi agli oneri di ristrutturazione della sua abitazione, né sulle argomentazioni difensive prodotte in Giunta dal deputato interessato, reputando che non siano decisive in ordine alle valutazioni di competenza della Giunta, su cui si riserva, eventualmente, di ritornare in sede di dichiarazione di voto.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) intende svolgere alcune valutazioni riservandosi comunque di approfondire determinate problematiche in sede di dichiarazione di voto, auspicando di avere tempi anche più ampi di quelli indicati dal presidente.
  Esprime preliminarmente tutte le sue perplessità per le affermazioni – rese poc'anzi dalla collega Grillo – secondo cui la vicenda concernente il deputato Galan assumerebbe una rilevanza di natura politica più che giuridica.
  Considera, infatti, che il compito della Giunta, al di là dell'appartenenza politica dei suoi componenti, sia quello di esaminare gli atti processuali e le problematiche di carattere giudiziario e di fondare le proprie determinazioni basandosi esclusivamente sui profili giuridici delle questioni.
  A tal proposito, confessa di essere rimasto fortemente deluso dalla decisione assunta a suo tempo dalla Giunta di autorizzare la custodia in carcere del deputato Genovese. A suo avviso, alla base di tale decisione – principalmente per quanto concerne la scelta di voto del gruppo di appartenenza del deputato interessato – hanno prevalso ragioni di natura prettamente politica su quelle squisitamente tecnico-giuridiche che avrebbero dovuto condurre ad un diverso esito. Ne è prova il fatto che l'onorevole Genovese è stato trattenuto in carcere per due soli giorni, essendo stata poi disposta nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari.
  Tale vicenda rafforza in lui il convincimento che vi sia da parte di alcuni magistrati un uso distorto delle misure cautelari, di fronte al quale è compito della Giunta valutare in modo serio e approfondito la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per la loro applicazione.
  Pur non volendo apparire come pregiudizialmente orientato, sottolinea che la problematica sopra evidenziata è particolarmente avvertita dal suo gruppo che ha spesso costituito l'obiettivo di strumentali azioni giudiziarie.
  Con riferimento alla domanda in esame, osserva preliminarmente che la procura di Venezia ha svolto a suo avviso una buona indagine fondata per alcuni aspetti su solidi elementi. Tuttavia, si domanda se la custodia in carcere rappresenti la misura cautelare più adeguata nei confronti dell'onorevole Galan, tenuto conto che egli non riveste più da anni la carica di presidente della Regione e del notevole lasso di tempo trascorso dal compimento dei fatti che gli vengono contestati.
  Invita, quindi, i colleghi a riflettere in particolare su tre aspetti.
  In primo luogo, segnala che la nuova formulazione dell'articolo 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale, a seguito della novella introdotta dall'articolo 8 del decreto-legge n. 92 del 2014, fissa il principio secondo cui non può più applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni. Nel sottolineare come la predetta modifica sia condivisa da un ampio spettro di forze politiche, osserva che, anche qualora venissero accertati i reati contestati all'onorevole Galan, egli è incensurato ed è nelle condizioni di ricorrere ad uno dei riti abbreviati. Se si tiene conto, altresì, delle attenuanti speciali sicuramente applicabili Pag. 6in questo caso, l'eventuale condanna nei suoi confronti sarà certamente inferiore ai tre anni di reclusione.
  In secondo luogo, pone l'attenzione sul fatto che l'iscrizione dell'onorevole Galan nel registro delle notizie di reato è avvenuta il 17 aprile 2013, vale a dire alcuni mesi dopo le deposizioni della sua ex segretaria Claudia Minutillo e dall'emersione di elementi a carico di Giancarlo Galan. Il codice impone al pubblico ministero di iscrivere immediatamente la persona interessata nel registro degli indagati e tale obbligo è rimasto invece a lungo inadempiuto.
  Manifesta, infine, le sue perplessità in merito alla pubblicazione da parte di alcuni organi di stampa del contenuto degli interrogatori svolti nell'ambito dell'indagine ancor prima che gli atti stessi fossero messi a disposizione delle parti e dello stesso giudice procedente.
  In particolare, con riferimento alla vicenda della ristrutturazione della villa di Cinto Euganeo, ricorda che Giancarlo Galan ha sostenuto essersi conclusa già nel 2007, circostanza che smentisce l'accusa nei suoi confronti; su questo aspetto si sofferma anche l'ultima nota difensiva trasmessa, citando la testimonianza resa da un collaboratore dell'architetto che si occupava dei lavori, assunta dai pubblici ministeri solo lo scorso 24 giugno e non comunicata né alle parti né al giudice procedente. Si chiede per quali ragioni non è ritenuto credibile il citato testimone – vale a dire colui che ha eseguito la ristrutturazione – mentre vengono considerate attendibili le dichiarazioni rese da Baita.
  Nel riservarsi di evidenziare ulteriori incongruenze in sede di dichiarazione di voto, sottolinea la necessità di pervenire con coscienza ed obiettività ad una decisione scevra da condizionamenti ideologici e da eventuali pressioni – soprattutto mediatiche – di matrice giustizialista.
  In caso contrario ne risulterebbe a suo avviso svilita, se non del tutto annullata, la funzione di garanzia della Giunta. Questa, nel caso in esame, è chiamata ad esprimersi sulla esistenza del fumus persecutionis attraverso la verifica della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per l'applicazione della misura cautelare più afflittiva, quale l'arresto. L'esigenza di un'attenta verifica di tali presupposti si pone in termini ancora più stringenti nel caso di specie, se si considera che tale misura non è stata richiesta o è stata prontamente revocata nei confronti di alcuni coindagati che si trovano ormai da tempo in regime di libertà, finanche al di fuori dal territorio nazionale.

  Antonio LEONE (NCD), richiama preliminarmente l'attenzione dei membri della Giunta sul delicato ruolo di preminente rilevanza costituzionale di quest'organo. Le sue decisioni non si riflettono esclusivamente sulla posizione del singolo deputato interessato alla deliberazione, ma declinano un principio costituzionale dettato a tutela dell'istituzione parlamentare.
  Trattandosi, a suo avviso, di un principio ineludibile di protezione della sfera di indipendenza del potere legislativo da altri poteri dello Stato, ha sempre coerentemente ispirato il suo comportamento all'applicazione del medesimo, indipendentemente dall'appartenenza politica del deputato per il quale viene chiesta la carcerazione preventiva.
  Richiamando alcune riflessioni già svolte dal collega Chiarelli nel suo intervento, si chiede se vi siano, nel caso di specie, le condizioni per superare i dubbi sulla presenza del fumus persecutionis, dal momento che in più fasi del procedimento giudiziario sono emersi evidenti indici sintomatici di vizi procedimentali gravi.
  Si chiede ulteriormente se essi siano tali da configurare fumus persecutionis in senso oggettivo, che, per costante giurisprudenza parlamentare, si ravvisa quando l'azione giudiziaria è «oggettivamente ingiusta», in quanto assume una direzione distorta e volta a colpire l'esponente politico ben al di là delle esigenze di accertamento delle responsabilità penali. Non viene, quindi, in discussione alcun intento persecutorio soggettivo da parte Pag. 7dell'autorità giudiziaria, ma oggettivi indici sintomatici di uno sviamento della funzione, che di seguito riassume.
  Il primo consiste nel rifiuto dei pubblici ministeri di aderire alla richiesta di Galan di esporre la sua versione dei fatti. È agli atti la richiesta con cui Galan chiede di interloquire con l'autorità giudiziaria. Tiene a segnalare che non si dichiara disponibile solo a rendere spontanee dichiarazioni, ma chiede di essere sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio.
  Pertanto, la motivazione con cui viene rigettata tale istanza è inconferente: si legge che «il fine difensivo di dichiarazioni spontanee – per loro stessa natura dispersive e incomplete – ben può essere perseguito attraverso il deposito di una articolata e documentata memoria», ma nulla si dice invece sulla possibilità di svolgere un vero interrogatorio.
  Tale circostanza insospettisce in quanto sembra sottendere che la volontà degli organi inquirenti sia quella di ascoltare il deputato solo nella situazione di soggezione dovuta alla carcerazione. Ma ciò, oltre a non essere degno di uno Stato di diritto, rivela inequivocabilmente l'intento oggettivamente persecutorio.
  Il secondo è rappresentato dalla circostanza che di fronte alla Giunta si sia palesato un grossolano e gravissimo errore non tanto della magistratura quanto degli apparati di polizia, e segnatamente della Guardia di finanza, struttura in cui peraltro, anche per ragioni familiari, dichiara di avere grande fiducia.
  Tuttavia, gli esiti degli accertamenti patrimoniali sulla famiglia Galan sono assolutamente falsati: non solo non vengono calcolati i suoi averi nel periodo precedente al 2000 ma addirittura – e ciò appare particolarmente grave – non sono compresi introiti che erano dovuti per legge da aziende private e da enti pubblici e che, più di ogni altro cespite patrimoniale, potevano e dovevano facilmente essere computati dalla polizia giudiziaria.
  Un ulteriore indice sintomatico dell'irregolare svolgimento del procedimento giudiziario consiste nella inspiegabile omissione di qualsiasi valutazione sulla maturazione della prescrizione.
  Rileva come già dalla prima lettura dell'ordinanza ciascun membro della Giunta si è posto il quesito se fosse o meno maturata la prescrizione di gran parte dei fatti contestati, risalendo alcuni di essi allo scorso decennio (dal 2005 in poi). Orbene, da nessun elemento recato nell'ordinanza traspare l'avvenuta interruzione del decorso della prescrizione.
  Se così fosse, l'omessa archiviazione da parte dei pubblici ministeri non sarebbe solo un errore procedurale, ma costituirebbe un'ulteriore spia del fumus persecutionis, essendo acclarato che vi era consapevolezza dell'intervenuta prescrizione: nella richiesta di sequestro preventivo depositata dai Pubblici Ministeri infatti, l'individuazione del prezzo del reato è fissata solo sulla base dei fatti che non si sono ancora prescritti. Ciò legittima il sospetto che i fatti siano stati addebitati comunque all'onorevole Galan allo scopo precipuo di rendere più plausibile l'irrogazione della misura cautelare massimamente afflittiva.
  Segnala, altresì, come la data di iscrizione nel registro degli indagati è avvenuta tardivamente e senza nessuna comunicazione, né all'interessato né alla Giunta, ingenerando sospetti sul legittimo sviluppo delle indagini.
  Né dalla copiosa documentazione trasmessa si può conoscere tale data. Tale informazione è stata resa nota alla Giunta ed al deputato interessato solo dopo reiterate richieste di quest'ultimo. L'ultima memoria difensiva presentata dice che l'iscrizione è avvenuta solo il 17 aprile 2013, dunque alcuni mesi dopo le deposizioni della sua ex segretaria, Claudia Minutillo, da cui emergevano elementi a suo carico.
  Ma ciò non costituisce solo una ipotetica iscrizione tardiva, in violazione dell'obbligo per il pubblico ministero di iscrivere «immediatamente» il nome della persona cui il reato è attribuito. Sorge infatti il sospetto che questo dato sia stato celato per poter indagare sul deputato ben oltre il termine che il codice fissa per lo Pag. 8svolgimento e la chiusura delle indagini preliminari, salvo proroghe espresse e notificate all'interessato. È a tutti noto che le attività investigative condotte tardivamente saranno processualmente inutilizzabili.
  Dunque si rivela, anche in questo caso, un'alterazione macroscopica delle regole poste a tutela del diritto alla difesa, costituzionalmente protetto. Costituisce un ennesimo sintomo di un atteggiamento investigativo che – in modo eufemistico – potremmo definire quantomeno disinvolto, ma in realtà altro non è se non oggettivamente persecutorio. Come già ha avuto modo di precisare, ha ragione Giancarlo Galan nell'escludere una volontà di persecuzione del giudice nei suoi confronti, ma sussiste comunque un evidente fumus persecutionis oggettivo.
  Infine, la misura cautelare viene motivata in ragione del solito argomento del pericolo di reiterazione, che il Giudice per le indagini preliminari descrive in modo identico per tutti gli indagati che avrebbero ricevuto dazioni corruttive come «elevatissimo», anzi «certo». Ha già avuto occasione di esprimere l'opinione secondo cui il pericolo di reiterazione dovrebbe essere cancellato tra i presupposti che legittimano la carcerazione preventiva, o – quanto meno – dovrebbe essere legato ad un giudizio prognostico del giudice basato sulla qualità e sugli elementi soggettivi del destinatario.
  Sul punto, si limita ad osservare che il pericolo di reiterazione riguarderebbe condotte risalenti addirittura a tre o quattro anni fa e che il deputato interessato dal 2010 non riveste più la carica di Presidente della Regione. In altre parole, egli non è più in grado di delinquere, nemmeno se volesse.
  Conclusivamente, rileva la necessità di uscir fuori da un equivoco in merito all'applicazione delle prerogative parlamentari. L'operatività della norma che tutela l'insindacabilità delle opinioni e dei voti dei membri delle Camere è stata drasticamente ridimensionata dall'interpretazione datane dalla Corte costituzionale nella sua costante giurisprudenza. Analoga operazione ermeneutica è stata condotta dalla Suprema Corte in ordine al divieto di intercettare le comunicazioni dei parlamentari. Dubbi sulla legittimità delle norme a presidio del principio della autodichia di ciascuna Camera sono altresì formulati in una recente pronuncia della Consulta.
  Per converso, nelle pieghe del recente decreto-legge in materia di pubblica amministrazione, il Consiglio Superiore della Magistratura ha, invece, ottenuto di sottrarre parzialmente le proprie deliberazioni al sindacato della giurisdizione amministrativa.
  A suo avviso, anche avendo il coraggio di assumere posizioni non conformi alle populistiche campagne di stampa, occorre affermare la necessità per un sistema democratico di preservare istituti posti a tutela della libera esplicazione del mandato parlamentare, in quanto insostituibili forme di protezione del sistema democratico. Si trova costretto a richiamare alla memoria la decisione assunta appena due mesi fa in relazione alla carcerazione preventiva richiesta per l'onorevole Genovese e concessa dalla Camera. Ebbene, dopo soli due giorni, la misura cautelare è stata derubricata in arresti domiciliari. Ritiene che tale vicenda sia emblematica, anche per il fatto che la richiesta dell'Autorità giudiziaria esplicitamente escludeva l'esigenza di rifarsi ad intercettazioni delle conversazioni del deputato, salvo poi richiederne l'uso processuale pochi giorni dopo la deliberazione della Camera sull'arresto.
  Invita, quindi, i membri della Giunta a riflettere sull'applicazione dell'articolo 68 della Costituzione nel caso di specie, auspicando che prevalga un orientamento contrario alla concessione dell'autorizzazione richiesta.

  Sofia AMODDIO (PD) ricorda che la Giunta non deve valutare se sussistono i presupposti della misura cautelare massimamente afflittiva, ma solo se il GIP manifesta un intento persecutorio verso quel determinato parlamentare in ragione soprattutto della funzione che riveste.Pag. 9
  Nel caso in esame non ravvisa alcun fumus persecutionis da parte del GIP. Quest'ultimo non richiede la custodia cautelare in carcere solo per il parlamentare Galan, ma per tutti i soggetti indagati di corruzione, con una motivazione da cui non trapela nessun intento persecutorio, e che anzi equipara la condotta del deputato Galan a quella di altri indagati.
  Secondo la motivazione dell'ordinanza, per diversi anni, numerosi soggetti – compreso l'onorevole Galan – hanno gestito pubblici uffici, hanno lucrato benefici personali di vario genere, ricevendo denaro o partecipazioni societarie, anche per interposta persona.
  Il giudice motiva la richiesta di misura cautelare con il pericolo di reiterazione, in quanto sarebbe ancora in grado di influire sulle scelte dei pubblici uffici ed in quanto – anche dopo aver lasciato l'incarico da Presidente della Regione – ha continuato ad essere pagato in virtù dei benefici che avrebbe potuto continuare ad assicurare, per il rilievo della sua posizione politica, essendo i funzionari regionali da lui conosciuti attualmente in carica.
  Per escludere il fumus persecutionis da parte dell'Autorità giudiziaria, ritiene opportuno svolgere alcune riflessioni in merito alle tesi difensive illustrate dall'onorevole Galan durante la sua audizione e riportate nelle memorie da lui depositate.
  Nella sua prima memoria lamenta che il pubblico ministero non ha accolto la sua richiesta di interrogatorio non appena sui giornali sono apparse le prime indiscrezioni che si stava procedendo a interrogare Baita e la ex segretaria di Galan Minutillo.
  È utile precisare, in questa sede, che nemmeno da questa circostanza può evincersi il fumus persecutionis, perché ai sensi dell'odierna legislazione la modalità di espletamento delle indagini è rimessa esclusivamente all'organo inquirente. In altre parole, nessun pubblico ministero ha l'obbligo di interrogare la persona nei cui confronti sta svolgendo le indagini. Ricorda che ancora oggi le indagini non sono chiuse. L'obbligo per il pubblico ministero di sentire l'imputato – solo su sua richiesta – nasce dal momento in cui l'indagato riceve l'avviso di conclusione delle indagini e non prima.
  L'onorevole Galan scrive nella memoria di avere richiesto di rendere spontanee dichiarazioni anche dopo aver ricevuto la notifica dell'ordinanza. C’è una enorme differenza tra interrogatorio e spontanee dichiarazioni. Con le spontanee dichiarazioni, l'onorevole Galan può dire ciò che ritiene a lui utile, così come ha fatto in Giunta, ma non può essergli rivolta alcuna domanda, come diversamente avviene nell'interrogatorio. Anche per le spontanee dichiarazioni – in fase di indagini – non sorge alcun obbligo in capo né al GIP né al pubblico ministero.
   Non si evince dagli atti alcun fumus persecutionis, nemmeno negli accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza. L'onorevole Galan sostiene che la Guardia di finanza non ha tenuto conto di alcuni introiti – acquisiti da lecite attività nel periodo 1993/1994. Si sottolinea che, tuttavia, la Guardia di finanza ha monitorato il periodo tra il 2000 ed il 2010, che si sovrappone in parte al periodo relativo ai presunti reati a lui contestati.
  Inoltre il giudice, nel richiedere la misura della custodia in carcere non tiene conto soltanto dei dati acquisiti dalla Guardia di finanza, ma si riferisce ai riscontri esterni provenienti dalle dichiarazioni accusatorie di numerosi soggetti (Buson, Baita, Minutillo e Mazzacurati).
  Dai loro interrogatori, ad avviso del GIP, gli indizi risultano gravi e concordanti in quanto riferiscono di somme di denaro consegnate all'assessore regionale Renato Chisso e, per suo tramite, allo stesso deputato Galan, frutto di accordo corruttivo per favorire il Consorzio Venezia Nuova. In particolare, Giovanni Mazzacurati ha dichiarato che l'onorevole Galan, nel corso degli anni, era stipendiato dal Consorzio Venezia Nuova, con un milione di euro annui – previa costituzione di una provvista di fondi neri – al fine di avere l'appoggio della Regione per realizzare l'opera del MO.S.E. e non avere ostacoli al rilascio delle autorizzazioni di competenza regionale. Pag. 10
  In merito al capo d'imputazione rubricato al numero 8), si esclude ancora la sussistenza dell'intento persecutorio in quanto il GIP si riferisce ai riscontri provenienti dagli interrogatori convergenti di Buson, Minutillo e Baita, dalle cui dichiarazioni si rileva che l'onorevole Galan faceva intestare alla società P.V.P. srl le quote detenute per suo conto da Paolo Venuti, suo commercialista, amico e prestanome.
  Precisa, al riguardo, che il giudice motiva la richiesta della misura cautelare sul materiale probatorio acquisito dagli organi inquirenti.
  Non rientra tra i poteri della Giunta valutare se era opportuno disporre una misura meno grave, perché tale giudizio spetta solo alla magistratura attraverso i motivi di gravame previsti dalla legge. L'onorevole Galan, infatti, avrebbe potuto impugnare l'ordinanza del GIP richiedendo direttamente una valutazione al Tribunale del riesame, ancor prima che decida la Giunta, ma ogni scelta in questo ambito riguarda, ovviamente, la sua strategia difensiva; non è comunque dalla gravità della misura che si richiede di eseguire che la Giunta può desumere la sussistenza del fumus persecutionis, perché essa deve essere proporzionale alla gravità dei fatti addebitati.
  Giancarlo Galan, in sede di audizione, ha sostenuto che i reati rubricati al capo di imputazione numero 5) risultano prescritti e che quindi il GIP non poteva richiedere la misura custodiale per le condotte temporalmente collocate nel 2005. Rileva, tuttavia, che al deputato Galan viene contestata una dazione di ben un milione di euro annui anche per il periodo che va anche dal 2008 al 2011, ovviamente non colpite da prescrizione che, in ragione delle attuali pene edittali, matura dopo più di sette anni.
  Inoltre Galan è chiamato a rispondere anche del reato di avere ricevuto denaro e quote della società Adria Infrastrutture che, in ragione della data dei fatti, non può essersi ancora prescritto.
   Ancora non è ravvisabile il fumus persecutionis nemmeno nella circostanza riferita dal deputato Galan, quando sostiene che i soggetti che lo accusano hanno un interesse a farlo.
  Questi soggetti, infatti, non accusano soltanto Giancarlo Galan, ma anche loro stessi: operano quindi una chiamata di correo, dichiarando proprie responsabilità e fornendo elementi di riscontro che diversamente non sarebbero stati scoperti.
  Dagli atti si evince, altresì, che l'onorevole Galan ha operato un versamento di 50 mila euro in un conto bancario da lui stesso aperto a San Marino. L'accusa, sulla base delle dichiarazioni della sua ex segretaria Claudia Minutillo, sostiene trattarsi del corrispettivo che Giancarlo Galan ha ricevuto per favorire il project financing della società Adria Infrastrutture.
  Quest'ultimo ha ammesso di aver aperto il conto bancario, ma sostiene di non avere mai effettuato operazioni su questo conto e che il prelievo di 50 mila euro è avvenuto a sua insaputa.
  Appare francamente poco plausibile l'affermazione dell'onorevole Galan secondo cui – in qualità di Governatore del Veneto – dopo avere stipulato un accordo commerciale con la Repubblica di San Marino, ha aperto un conto bancario per «operare un gesto simbolico a suggello dell'accordo» senza poi versare alcuna somma.
   Analogamente, suscita perplessità l'affermazione circa la falsificazione della sua firma per operare – a sua insaputa – il suddetto prelievo. Se, da un lato, una banca può consentire a terzi di effettuare versamenti, dall'altro, appare più difficile che consenta di prelevare a chi non è titolare del conto o che si accontenti di una semplice delega.
  Ha inteso richiamare tali elementi non certo per valutare la fondatezza delle accuse o le responsabilità penali, ma solo per evidenziare come l'Autorità giudiziaria abbia ricostruito con accuratezza un quadro indiziario grave. Ciò è sufficiente a ritenere sussistenti i presupposti legali per richiedere la misura cautelare e per fugare i sospetti che tale richiesta celi intenti persecutori.Pag. 11
  Desidera, altresì, replicare ai colleghi che hanno fatto riferimento alla precedente deliberazione della Giunta relativa al deputato Genovese.
  A suo avviso, non si può ritenere che l'organo parlamentare abbia commesso un errore per il solo fatto che due giorni dopo gli sono stati concessi gli arresti domiciliari, né è possibile desumere da tale circostanza la sussistenza del fumus persecutionis nella richiesta dell'Autorità giudiziaria.
  Ribadisce che in quell'occasione la Giunta si è correttamente astenuta da ogni valutazione sulla scelta della misura cautelare più idonea. Peraltro, l'onorevole Genovese non è stato posto in libertà, ma agli arresti domiciliari dopo avere sostenuto l'interrogatorio, i cui contenuti non è dato sapere.
  Si sofferma, infine, sugli effetti dell'entrata in vigore della modifica delle norme codicistiche in materia di misura cautelare in carcere, da cui, a suo giudizio, non può discendere alcuna valutazione sul fumus persecutionis.
  Ciò per la semplice ragione che la richiesta è pervenuta ancor prima della adozione del decreto-legge e, in ogni caso, la nuova norma collega i suoi effetti ad un giudizio prognostico rimesso integralmente alla discrezionalità del GIP. Non può la Giunta sostituirsi al giudice nel valutare se l'onorevole Galan – qualora condannato – possa essere sottoposto ad una pena inferiore a tre anni, ovvero superiore, anche in virtù della applicazione della continuazione tra i reati e dell'entità della somma asseritamente percepita.

  Antonio LEONE (NCD), replicando alla collega Amoddio, precisa che, nel suo intervento, ha fatto correttamente riferimento ai contenuti delle istanze avanzate dai legali del collega Galan ai pubblici ministeri, che si esprimono nei seguenti termini: «(...) sottoporre a interrogatorio l'indagato e comunque di consentire la presentazione spontanea dello stesso per rendere dichiarazioni (...)».

  Mariano RABINO (SCpI), relatore, nel ringraziare i colleghi per i preziosi spunti offerti dal dibattito, ritiene di aver ormai maturato una posizione in merito alla domanda in esame. Alla luce degli elementi emersi sia dagli interventi dei colleghi sia dalla ulteriore nota difensiva, intende formulare una proposta motivata in modo articolato.
  A tal fine si impegna a trasmettere informalmente a tutti i colleghi, entro la giornata odierna, il testo della proposta che presenterà formalmente nella prossima seduta, così da consentirne la conoscibilità in tempo utile per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto previste nella giornata di domani.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, preso atto che non vi sono obiezioni, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, giovedì 10 luglio 2014, alle ore 13,15.

  La seduta termina alle 14.45.