CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 maggio 2014
229.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 3

AUTORIZZAZIONI AD ACTA

  Mercoledì 7 maggio 2014. – Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.

  La seduta comincia alle 12.25.

Domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Francantonio Genovese (doc. IV, n. 6).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 6 maggio 2014.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, avverte che nella seduta odierna avrà luogo il seguito delle dichiarazioni di voto sulla proposta del relatore Leone di non concedere l'autorizzazione richiesta, formulata nella scorsa seduta. Comunica, inoltre, che – qualora non si giunga alla deliberazione finale entro le ore 13 – sospenderà la seduta, che riprenderà al termine della seduta antimeridiana dell'Assemblea.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL), intervenendo a nome del suo gruppo, dichiara di condividere i contenuti della proposta del relatore.
  È consapevole che la decisione rimessa alla Giunta presenta profili di particolare delicatezza, impattando su un valore di assoluto rilievo costituzionale quale deve intendersi la libertà personale di un membro del Parlamento. Gli risulta, pertanto, difficile comprendere le posizioni espresse nella precedente seduta dal rappresentante del gruppo del Partito Democratico che, evidentemente, ha la pretesa di porsi in continuità con le posizioni assunte nelle precedenti legislature, sempre favorevoli alle istanze provenienti dalla magistratura.
  A suo avviso, si tratta di un ambito in cui non dovrebbe certo invocarsi l'esigenza di coerenza, dal momento che ciascuna questione sottoposta alla Giunta presenta sue peculiarità e deve pertanto essere valutata esclusivamente nel merito e senza essere condizionati da pregiudizi di nessun genere. Né si può parlare di coerenza per un partito che ha prima candidato Genovese e adesso non si assume le relative responsabilità politiche, probabilmente condizionato dalla risonanza mediatica della vicenda e dei suoi potenziali effetti Pag. 4sull'imminente tornata elettorale. Esprime profondo disappunto per tale atteggiamento.
  Pur non avendo nessun rapporto personale con il deputato Genovese, peraltro esponente dell'opposto schieramento politico, sente che nei suoi confronti si è ancora una volta manifestata una volontà demolitoria nei confronti della politica di parte della magistratura, secondo uno schema ormai noto e diffuso. Auspica che il collega possa dimostrare la sua innocenza ed esercitare le sue prerogative difensive nel corso dei diversi gradi di giudizio, non spettando alla Giunta alcuna valutazione sulla fondatezza delle accuse.
  Certo è che il procedimento, per come si è sviluppato, suscita numerose perplessità, ben evidenziate nella proposta del relatore. In particolare, ricorda l'istanza di astensione sottoscritta dal giudice ed il suo reiterato rifiuto di consentire al deputato di provare in modo tempestivo la sua innocenza mediante incidente probatorio. Né può lasciare tranquilli, a suo avviso, la circostanza che alcuni colleghi della Giunta – si riferisce ai rappresentanti del MoVimento 5 Stelle – fossero giunti in possesso di atti relativi al procedimento con modalità tutte da verificare, ma certamente non trasparenti.
  Ulteriori dubbi sorgono inevitabilmente se si prendono in esame i tempi dell'azione giudiziaria, intrapresa a partire dal 2011 e che più di due anni dopo è addivenuta a questo sbocco.
  Con riguardo, inoltre, alle motivazioni addotte dal giudice a supporto della richiesta di esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere, ritiene che siano formulabili diverse censure. Non sussiste, infatti, nel caso di specie, nessuno dei tre presupposti che legittimano l'adozione di una siffatta misura punitiva secondo il nostro codice di rito.
  Esprime, pertanto, a nome del suo gruppo il voto favorevole sulla proposta del relatore di negare l'autorizzazione richiesta dall'Autorità giudiziaria.

  Marco DI LELLO (Misto-PSI-PLI) confessa un certo disagio, che sfocia in un sentimento di frustrazione, per il ruolo e la funzione che la Giunta è chiamata a svolgere. Considera il caso in esame un'occasione per una riflessione ad ampio raggio, ancora una volta, sul senso dell'esistenza di tale organo, soprattutto nell'Italia attuale. Ricorda che l'introduzione in Costituzione della prerogativa di cui all'articolo 68 trova la sua ragione d'essere come garanzia di libertà del Parlamento alla luce di quanto accaduto durante il Ventennio; oggi però tale garanzia di libertà viene considerata dal Paese come un insopportabile privilegio di casta.
  Esiste, a suo avviso, un problema che deve essere affrontato, in questa come in altre occasioni, e che origina dal fatto che, da un lato, nelle vesti di parlamentari i membri della Giunta sono espressione del consenso popolare cui si riconnette il dovere di rispondere dei loro comportamenti dinanzi al corpo elettorale e, dall'altro lato, sono chiamati a svolgere una funzione paragiurisdizionale di applicazione delle norme giuridiche, proprio a partire dal dettato costituzionale.
  Pur non ritenendo di doversi soffermare sulla ricostruzione del quadro indiziario e sulla mole di documentazione trasmessa alla Giunta, manifesta perplessità sul fatto che un magistrato abbia potuto emettere un'ordinanza di custodia cautelare in carcere sulla base di indagini che egli stesso, in più occasioni nella propria ordinanza, definisce frammentarie e incomplete.
  Posto che la Giunta non è chiamata a celebrare un processo, considera doveroso per i componenti della Giunta porsi la domanda se il Giudice per le indagini preliminari avrebbe richiesto la misura di custodia cautelare in carcere qualora Genovese non fosse parlamentare. Si tratta di un interrogativo legittimo in quanto connesso alla valutazione circa la sussistenza del fumus persecutionis.
  Osserva che, a partire dal 9 luglio 2013, nei confronti di altri indagati non sono mai stati adottati provvedimenti cautelari di custodia in carcere, bensì misure meno afflittive. Soltanto nei confronti del signor Elio Sauta è stata disposta, ma da parte Pag. 5del collegio per il riesame, la custodia in carcere, mai eseguita, in sostituzione degli arresti domiciliari, in quanto ritenuto il vertice dell'organizzazione criminale.
  In modo del tutto singolare, e certamente non conforme alle regole basilari della geometria, ai fini della richiesta in esame il GIP individua nella persona di Francantonio Genovese un ulteriore vertice dell'organizzazione gerarchica dell'associazione in virtù della quantità ed intensità dei rapporti dallo stesso intrattenuti con soggetti all'interno delle istituzioni. A suo giudizio, per l'onorevole Genovese si decide per il carcere solo perché è un uomo politico, un parlamentare e, quindi, in quanto tale può delinquere.
  Richiamando la proposta del relatore, si chiede cosa sia cambiato nel periodo tra il 9 luglio 2013 – quando viene scoperchiata la pentola del malaffare a Messina – al 18 marzo 2014, atteso che durante questo periodo Genovese non è stato destinatario di nessun provvedimento restrittivo e attesa la frammentarietà e l'incompletezza delle indagini. Tale circostanza ingenera dubbi nei componenti della Giunta sulla congruità della misura richiesta.
  Peraltro, il GIP ha meritoriamente dimostrato una sua autonomia di giudizio, non sposando interamente l'ipotesi accusatoria del Pubblico ministero, salvo poi discostarsi dalle valutazioni del collegio del riesame e della Corte di cassazione in ordine alla qualificazione giuridica dei reati contestati.
  Reputa, inoltre, necessario richiamare l'attenzione sull'atteggiamento della Procura in ordine alle modalità delle intercettazioni telefoniche, la cui problematica non è stata, a suo giudizio, debitamente considerata dalla Giunta in relazione a casi analoghi verificatisi nel corso di questa legislatura. Ancora, appare censurabile l'atteggiamento del GIP che ha negato l'incidente probatorio pur in presenza, come già sottolineato, di un quadro indiziario definito dal medesimo magistrato frammentario e incompleto.
  Si tratta, a suo avviso, di atteggiamenti che non aiutano a fugare i dubbi in merito alla sussistenza del fumus persecutionis.
  Chiarisce di non nutrire simpatie personali nei confronti dell'onorevole Genovese, ritenendo che, ove le accuse fossero provate, il comportamento di una persona facoltosa che lucra sulle risorse pubbliche sarebbe meritevole del massimo disprezzo. Non è però compito della Giunta celebrare il processo.
  Evocando l'impatto mediatico che la vicenda ha avuto, si sente di esprimere apprezzamento per il travaglio – il solo ‘travaglio’ per lui degno di apprezzamento – di alcuni componenti della Giunta, posto che dalla loro decisione dipenderà se un cittadino conoscerà o meno le patrie galere e che probabilmente, almeno in fase cautelare, non avrebbe conosciuto se costui non fosse stato un parlamentare.
  Manifesta, infine, il proprio disagio al pensiero che qualcuno voglia o possa utilizzare questo voto nel corso della campagna elettorale: la galera in cambio del consenso è pratica solo dei peggiori regimi.
  Annuncia pertanto il suo voto favorevole sulla proposta del relatore e auspica che l'Assemblea si esprima sulla richiesta in esame solo all'indomani delle elezioni europee al fine di evitare qualsiasi strumentalizzazione.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, concordando sull'opportunità di evitare ogni forma di strumentalizzazione politica delle deliberazioni assunte in quest'organo, precisa che non è competenza della Giunta assumere determinazioni in ordine all'iscrizione della questione all'ordine del giorno dell'Assemblea.

  Gea SCHIRÒ (PI) desidera premettere alla sua dichiarazione di voto un ragionamento di ordine politico sulla figura del deputato Genovese. Già al tempo della sua candidatura, che vi fossero ombre nella sua vita pubblica – e forse anche indagini penali in corso – era cosa nota. I meccanismi che all'interno di un partito e, più in generale, nella politica italiana conducono alla elezione di siffatti rappresentanti sono assolutamente criticabili e combattuti dalla sua parte politica. Personalmente, ritiene che tali meccanismi abbiano creato Pag. 6una frattura insanabile tra le Istituzioni ed i cittadini che, infatti, si sono sempre più allontanati dalla politica. A questo meccanismo non è certamente immune la pratica delle primarie di partito, in cui il deputato Genovese ha raccolto numerosissimi consensi, ponendosi quasi come rappresentante negativo della ‘mala politica’ siciliana.
  Ma tutte queste considerazioni si muovono su un piano squisitamente politico e non possono, né devono, influenzare le decisioni da assumere in questo organo.
  Certamente, avrebbe apprezzato da parte del collega Genovese il gesto di rassegnare le dimissioni da deputato, a testimonianza dell'alto senso delle Istituzioni che dovrebbe muovere chiunque ne faccia parte. Tale gesto non è stato compiuto.
  Non per questo si può abdicare al compito istituzionale di quest'organo di esaminare le singole fattispecie per esprimere un giudizio sulla sussistenza o meno del fumus persecutionis. A questo riguardo, l'analisi degli atti, lo svolgimento del dibattito, la valutazione del diverso atteggiamento che l'Autorità inquirente ha riservato agli altri coindagati, la dubbia legittimità delle intercettazioni del parlamentare, costituiscono elementi oggettivi per ritenere l'inchiesta animata da un intento persecutorio.
  Per tali ragioni esprime il suo voto favorevole sulla proposta del relatore Leone.
  Peraltro, è consapevole della possibile strumentalizzazione politica di ogni deliberazione assunta dalla Giunta nel caso in esame, circostanza che avrebbe reso preferibile sviluppare il dibattito dopo le elezioni europee.

  Daniele FARINA (SEL) avverte la difficoltà di esprimere una posizione in merito ad una vicenda di particolare gravità quale è certamente la richiesta di eseguire la custodia in carcere di un parlamentare.
  Considera meritevoli di riflessione le motivazioni che il relatore ha espresso a sostegno della sua proposta di non concedere l'autorizzazione all'esecuzione di tale misura cautelare. In particolare, suscita anche in lui perplessità l'argomentazione recata dall'ordinanza su cui si fonda la previsione della ragionevole certezza di reiterazione delle medesime condotte criminose. Essa sarebbe sicuramente stata più efficace se la misura custodiale fosse stata coeva a quelle che hanno colpito gli altri soggetti coinvolti nell'inchiesta. Diventa, invece, meno giustificabile se, come è avvenuto, l'ordinanza nei confronti del deputato viene adottata dopo circa otto mesi, dunque in un momento in cui si può ragionevolmente ritenere che la struttura organizzativa del sodalizio criminoso è stata smantellata e resa inoffensiva la capacità di reiterare i medesimi reati.
  Pur non nascondendo le sue perplessità, ritiene tuttavia che non possa configurarsi quell'intento persecutorio dell'Autorità giudiziaria che costituirebbe l'unica ragione d'essere di una decisione di diniego. Per questi motivi, a nome del suo gruppo, dichiara che voterà contro la proposta del relatore di non concedere l'autorizzazione richiesta.
  Conclusivamente, desidera tuttavia che resti agli atti la sua totale censura del comportamento tenuto dai colleghi del MoVimento 5 Stelle in occasione della esibizione di atti giudiziari che, indipendentemente dal fatto che siano coperti o meno dal segreto istruttorio, possono essere acquisiti dalla Giunta solo nelle forme proprie e nel rispetto delle regole.

  Mariano RABINO (SCpI) si associa alle considerazioni formulate precedentemente dai colleghi che si sono espressi a favore della proposta del relatore Leone, di cui sottoscrive integralmente i contenuti.

  Vincenzo CASO (M5S) ritiene che non spetti alla Giunta compiere una valutazione del materiale probatorio acquisito dalla magistratura al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure cautelari, dovendo tale organo limitarsi a declinare i due criteri di valutazione richiamati dal relatore nella sua proposta.
  Si riferisce, in particolare, all'esistenza o meno del fumus persecutionis, nonché all'esigenza di garantire l'integrità dell'organo Pag. 7parlamentare, sacrificabile solo in presenza di casi particolarmente gravi, in cui la natura del reato, la pericolosità del soggetto, l'indispensabilità assoluta della privazione della libertà personale del parlamentare ai fini del corretto progredire del procedimento penale sono tali da prevalere sul principio dell'integrità dell'organo parlamentare.
  Reputa che le memorie difensive e l'audizione del deputato Genovese, considerate alla luce di tali criteri valutativi, non possono condurre a decisione diversa da quella di concedere l'autorizzazione.
  Non può, infatti, accogliersi la prospettazione del deputato Genovese circa la futilità e inconsistenza delle accuse mosse. Fermo restando che non è questa la sede per accertare responsabilità penali, è certo che la contestazione del reato di truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione è di per sé sufficiente a giustificare l'applicazione della misura cautelare adottata. Per di più, il primo capo di accusa riguarda la partecipazione, in veste di promotore e di capo, ad un sodalizio criminale.
  Le argomentazioni circa il preteso intento persecutorio appaiono pertanto palesemente pretestuose e non avvalorate da alcun elemento che possa indurre la Giunta a ritenere l'azione giudiziaria intrinsecamente ingiusta.
  L'eventuale travisamento dei fatti – secondo le censure mosse dal deputato Genovese all'impianto accusatorio – è evidentemente ambito di valutazione in cui è chiamata istituzionalmente la magistratura che non deve e non può rilevare ai fini dell'autorizzazione richiesta alla Camera, così come qualsiasi altra doglianza procedurale o di merito.
  Richiamando i contenuti della proposta del relatore, evidenzia come – in base agli atti processuali – le intercettazioni nelle quali compare anche il deputato Genovese riguardano prevalentemente soggetti terzi. Si tratta, quindi, per buona parte di intercettazioni relative ad altri indagati e quindi di regolare attività di indagine. Sarebbe pertanto azzardato, a suo giudizio, dare credito alle argomentazioni difensive dell'interessato che si basano sul sospetto che le intercettazioni siano state eseguite per trovare a tutti i costi fatti a lui imputabili.
  Quanto alle censure del deputato Genovese in ordine all'interpretazione delle norme penali sostanziali applicate, osserva che ancora una volta il deputato interessato mira a minimizzare e a sviare l'attenzione sulla reale gravita dei fatti e delle fattispecie contestate. Ricorda, infatti, che la misura della custodia cautelare in carcere è stata richiesta con riferimento al reato di associazione a delinquere nonché per taluni reati specifici di peculato, di truffa aggravata, di riciclaggio nonché di reati finanziari commessi attraverso l'attività di alcuni enti di formazione e società ritenuti dai magistrati direttamente o indirettamente riconducibili al deputato Genovese.
  Né può attribuirsi – come pure afferma il deputato Genovese – rilevanza decisiva ad una perizia, asseritamente affidata a consulente inesperto, sulla congruità dei canoni di locazione di contratti, rappresentando tale elemento in realtà solo una delle modalità di realizzazioni delle condotte criminose per le quali il tribunale di Messina sta procedendo.
  Richiama le considerazioni difensive del deputato interessato volte a sostenere l'esistenza del fumus persecutionis e che si basano sull'impossibilità di configurare nei suoi confronti l'ipotesi di reiterazione del reato dato che gli enti di formazione oggetto di indagine – ARAM e LUMEN Onlus – non sono più accreditati presso la regione siciliana e hanno cessato la loro attività; esisterebbe una sola società a lui indirettamente riconducibile, vale a dire la Training Service, titolare di un solo contratto di locazione e con attività di formazione ormai molto ridotta e destinata a scemare nei prossimi mesi.
  A tal proposito, dalla documentazione trasmessa alla Giunta emerge invece che un gran numero di società possono essere ricondotte al deputato. In più, come evidenziato nell'intervento della collega Grillo, assume rilievo decisivo il riconoscimento a Francantonio Genovese di un Pag. 8peculiare know-how, riferibile alle sue conoscenze politiche utilizzate per fini criminali, circostanza che rende quindi plausibile il pericolo di reiterazione dei medesimi reati.
  Osserva, infine, che le argomentazioni svolte in merito alla tipologia di misure di custodia cautelare disposte nei confronti di altri soggetti coinvolti nella medesima inchiesta non consentono di individuare il fumus persecutionis, così come invece sostenuto dal relatore.
  In particolare, quanto alla posizione del signor Sauta, individuato quale figura di spicco dell'organizzazione criminale, ritiene che essa sia assimilabile a quella del deputato in questione, dal momento che anche a quest'ultimo è attribuita una posizione apicale nella medesima struttura criminale, in forme tali da giustificare la richiesta della misura cautelare della custodia in carcere nei loro confronti.
  In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte in queste e nelle scorse sedute, annuncia il voto contrario del suo gruppo alla proposta del relatore.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, come preannunciato in apertura di seduta, sospende il dibattito che proseguirà al termine della seduta antimeridiana dell'Assemblea.

  (La seduta, sospesa alle 13.20, è ripresa alle 14.40).

  Anna ROSSOMANDO (PD), nell'intervenire per dichiarazione di voto, desidera rivendicare il grande senso di responsabilità manifestato dal suo gruppo nell'esame della domanda in titolo, che si è concretizzato nella volontà di approfondire la questione di merito esclusivamente sulla base degli atti a disposizione della Giunta. Nel rifuggire, dunque, ogni posizione pregiudiziale, si è inteso svolgere ogni utile attività istruttoria, nei tempi ritenuti congrui, in relazione alla importanza della decisione da assumere e delle sue potenziali gravi conseguenze.
  In ragione di ciò desidera formulare un sincero ringraziamento a tutti i membri della Giunta per l'atteggiamento costruttivo dimostrato nel corso del dibattito e, in particolare, al relatore Leone per il meticoloso lavoro che ha condotto ad una proposta molto puntuale ed approfondita. Pur riconoscendone la serietà delle argomentazioni, ritiene però di dover dissentire dalla suddetta proposta.
  Naturalmente condivide il richiamo al fondamentale valore che deve essere riconosciuto all'istituto di cui all'articolo 68 della Costituzione, non a caso introdotto dopo un periodo di privazione delle libertà politiche. Esso rappresenta un presidio di tutela alla libertà dell'organo rappresentativo, che non va confusa con la protezione del singolo membro delle Camere, costituendo piuttosto uno strumento di garanzia del corretto e pieno svolgimento della funzione parlamentare.
  La posizione che oggi assume la sua parte politica, ben consapevole del peso e della gravità di tale scelta, si muove proprio nel solco del principio secondo cui la Camera è chiamata ad interpretare l'articolo 68 della Costituzione nel suo spirito più genuino, che impone di negare l'autorizzazione ad una richiesta dell'organo giudiziario solo ove si riconosca in essa un chiaro intento persecutorio.
  Ciò – come detto – in quanto la richiamata prerogativa costituzionale è a tutela dell'Istituzione e non del suo singolo membro, la cui libertà personale e i cui diritti individuali devono trovare piena esplicazione nelle sedi proprie e, segnatamente, nelle procedure definite dal nostro ordinamento processuale.
  Né le posizioni assunte in questa sede possono trovare giustificazione nelle proprie convinzioni politiche in ordine all'utilizzo delle misure cautelari e delle modalità di svolgimento della funzione giurisdizionale, tema che trova ampio spazio di dibattito nelle sedi legislative proprie.
  Non spetta alla Giunta alcuna forma di giudizio parallelo rispetto a quello che si svolge nelle aule giudiziarie, ma solo di valutare se nel caso concreto sia ravvisabile o meno il fumus persecutionis. Coerentemente, da parte sua, anche nei casi precedentemente esaminati da questa Pag. 9Giunta, ha sempre operato un giudizio di merito, assumendo di volta in volta posizioni favorevoli o contrarie alla concessione dell'autorizzazione richiesta in base al caso concreto.
  Così è avvenuto anche in relazione all'esame della domanda riferita all'onorevole Genovese. Non si può, infatti, convenire con le valutazioni espresse dal relatore Leone in merito all'erronea qualificazione giuridica dei reati. In questo ambito il relatore invoca una sorta di contrasto con un giudicato cautelare interno. Si può però rilevare che la citata pronuncia, in quanto tale, non assume alcun valore vincolante per gli organi giudicanti. In più, sono ben otto i capi d'imputazione rilevanti per la decisione del Giudice per le indagini preliminari, che – in ragione delle pene edittali previste dal codice penale – rendono legittima la misura cautelare della custodia in carcere.
  Né si può convenire con le argomentazioni del relatore nella parte in cui critica l'ordinanza in esame in quanto formulerebbe imputazioni tra loro alternative. Senza entrare nel merito, occorre tuttavia ribadire che sulle valutazioni operate dagli organi giudiziari in ordine alla qualificazione giuridica delle condotte criminose – a loro avviso avvenute in modo frazionato e dilatato nel tempo e, dunque, riconducibili a differenti figure di reato – non spetta alla Giunta alcuna forma di sindacato, che non deve certo condividerle ma tutt'al più verificarne la congruità e l'adeguata motivazione.
  Ricorda che il relatore ha anche prefigurato una probabile illegittima attività di intercettazione delle conversazioni di un parlamentare. Si tratta, come è a tutti evidente, di un aspetto che non è però oggetto della deliberazione odierna e che potrà venire all'attenzione della Giunta solo se vi sarà un'apposita richiesta dell'autorità giudiziaria di un loro uso processuale.
  Fin da ora si può però osservare che il Giudice ha opportunamente precisato che non è stato fatto alcun uso probatorio delle suddette conversazioni che, dunque, non possono essere al momento considerate decisive sotto il profilo tecnico-processuale.
  Il relatore, nella sua proposta, ha fatto propria anche una censura emersa nelle memorie difensive, relativa alla mancata assunzione di alcune prove in sede di incidente probatorio. Anche per tale aspetto – come già evidenziato dal collega Vazio nel suo intervento – occorre ribadire che le ipotesi che rendono esperibile l'incidente probatorio sono tassativamente predeterminate dal nostro codice di procedura. Pertanto, il diniego del GIP su tale istanza processuale non può certamente configurarsi in termini di fumus persecutionis.
  Infine, richiama la proposta del relatore nella parte in cui individua tra i criteri di giudizio la indispensabilità assoluta della privazione della libertà personale del parlamentare ai fini del corretto progredire del procedimento penale. Tale criterio, che evidentemente può trovare spazio nelle ipotesi in cui la misura cautelare discenda da un pericolo di inquinamento probatorio e, forse, di fuga, non è invece invocabile nel caso di specie. Nessun pregiudizio allo svolgimento dell'azione penale può infatti derivare dalla concessione o dal diniego dell'esecuzione di una misura cautelare di custodia in carcere motivata in ragione del pericolo di reiterazione del reato.
  Conclusivamente, tenuto conto dell'approfondita istruttoria svolta dalla Giunta e delle valutazioni espresse nel corso del dibattito, ritiene che la richiesta di esecuzione della misura cautelare debba essere accolta in quanto non può ravvisarsi nel caso di specie alcun intento persecutorio nei confronti del deputato Genovese. Esprime, pertanto, a nome del suo gruppo il voto contrario sulla proposta del relatore.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, prima di passare alla votazione sulla proposta del relatore di non concedere l'autorizzazione richiesta, avverte che, in caso di reiezione della proposta, si deve intendere che la Giunta abbia deliberato la concessione Pag. 10dell'autorizzazione e, conseguentemente, il conferimento dell'incarico di predisporre la relazione per l'Assemblea ad un nuovo relatore.

  La Giunta respinge la proposta con 12 voti contrari e 5 voti favorevoli, deliberando pertanto nel senso di proporre all'Assemblea la concessione dell'autorizzazione alla esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Francantonio Genovese. Conferisce altresì mandato al deputato Vazio di predisporre in tal senso la relazione per l'Assemblea.

  Franco VAZIO (PD), relatore, in ragione dell'esigenza di assolvere nel modo migliore l'incarico testé conferitogli e di poter esaustivamente riferire all'Assemblea dell'istruttoria svolta e delle motivazioni della deliberazione finale, rappresenta la necessità di disporre di tempi adeguati per la redazione del testo.

  Antonio LEONE (NCD) preannuncia la presentazione di una relazione di minoranza.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) si riserva di presentare, a sua volta, una relazione di minoranza.

  La seduta termina alle 15.10.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI