CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 aprile 2014
225.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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AUTORIZZAZIONI AD ACTA

  Martedì 29 aprile 2014. – Presidenza del vicepresidente Danilo LEVA.

  La seduta comincia alle 13.20.

Domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Francantonio Genovese (doc. IV, n. 6).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 16 aprile 2014.

  Danilo LEVA, presidente, comunica che, a seguito della deliberazione assunta dalla Giunta nella riunione del 16 aprile scorso, la Presidente della Camera ha concesso la proroga di trenta giorni del termine entro cui la Giunta è tenuta a riferire all'Assemblea. Nella sua lettera viene specificato che si prende atto dell'esigenza di acquisire taluni documenti dall'autorità giudiziaria competente, nonché dell'impegno della Giunta di riprendere l'esame non appena essi siano acquisiti al fine di assumere le relative deliberazioni nei tempi più brevi possibili. Il nuovo termine scade pertanto il 18 maggio.
  Nella citata seduta della Giunta del 16 aprile è stata, altresì, approvata la richiesta di acquisire dall'autorità giudiziaria le pronunce relative alle misure cautelari disposte nell'ambito del procedimento penale nonché la documentazione – ulteriore rispetto a quella già presente negli atti trasmessi – concernente la società Training service.
  Quanto ai provvedimenti cautelari, il Presidente del tribunale di Messina, che ringrazia a nome della Giunta per la sollecita cooperazione, ha inviato i suddetti atti. Quest'ultimo ha altresì comunicato che la documentazione concernente la società Training service è nella disponibilità della locale procura della Repubblica, alla quale il presidente della Giunta ha immediatamente rivolto la medesima richiesta.

  Antonio LEONE (NCD), relatore, ritiene opportuno offrire ai colleghi una sintetica disamina degli elementi istruttori prodotti dal deputato interessato, ovvero acquisiti dalla Giunta su propria iniziativa nel corso dell'esame della domanda.
  Già nella relazione introduttiva aveva fatto cenno ai contenuti della prima memoria difensiva prodotta dal deputato interessato, poi integrata – oltre che in sede di audizione presso la Giunta – da altre note e documenti, in parte richiesti dalla Giunta e in parte da lui spontaneamente prodotti.
  Nelle sue memorie difensive, nonché nella sua audizione, Genovese formula Pag. 4argomentazioni a sostegno della sussistenza, nei suoi confronti, di un evidente fumus persecutionis.
  Ciò sarebbe desumibile, in primo luogo, dall'abuso di mezzi investigativi, caratterizzato dall'acquisizione e dall'uso indebito delle intercettazioni delle sue conversazioni; inoltre, secondo Genovese, vi sarebbero state distorsioni macroscopiche nell'interpretazione delle norme penali sostanziali applicate, con lo scopo di formulare – in modo artificioso e meramente funzionale all'obiettivo di pervenire a pene edittali più elevate e rendere più plausibile la misura cautelare della custodia in carcere (oltre che aumentarne i termini massimi) – fattispecie di reato più gravi e, segnatamente il peculato in luogo del reato di truffa (in contrasto con il giudicato cautelare interno: Cass. VI sez. pen. n. 5889/2014) e – soprattutto – il riciclaggio.
  Ad avviso del deputato Genovese, si assisterebbe inoltre ad un travisamento dei fatti per come ricostruiti nel corso dell'indagine, cui si accompagnerebbe un immotivato rifiuto di approfondire o addirittura acquisire – mediante incidente probatorio – prova su elementi di fatto essenziali per l'integrazione delle figure di reato contestate.
  Nelle memorie difensive si palesa anche la possibile manipolazione di alcune fasi processuali, in quanto la contestazione del reato nei suoi confronti sarebbe dovuta eventualmente avvenire in una fase precedente e non quando effettivamente è accaduto, con lo scopo di affievolire la sua posizione difensiva.
  Il deputato interessato ha anche richiamato elementi di condizionamento del giudice procedente, testimoniati dalla formulazione di un'istanza di astensione, per gravi ragioni di convenienza, che sarebbe stata rigettata dal Presidente del tribunale di Messina, in quanto essa non avrebbe enunciato in modo completo i rapporti tra alcuni imputati e la moglie ed il cognato del giudice, peraltro emersi ben prima della decisione sulla richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti.
  Infine, il deputato Genovese denuncia la sistematica fuga di notizie che avrebbe caratterizzato, anticipandone i contenuti, ogni atto giudiziario relativo all'inchiesta, così da sollecitare nell'opinione pubblica la convinzione della colpevolezza degli indagati e rendere doverose le ordinanze di custodia in carcere.
  Quanto poi alla sua posizione nell'ambito delle vicende oggetto di indagine, Genovese – nei suoi atti difensivi – ha posto all'attenzione della Giunta alcuni elementi di valutazione, che si riassumono di seguito.
  In primo luogo, la limitatissima incidenza che le somme contestate avrebbero in ordine alla sua complessiva posizione patrimoniale, maturata in trenta anni di partecipazioni societarie e attività politica e professionale.
  In secondo luogo, il mancato riconoscimento – senza prove ed al solo scopo di configurare una condotta, invero anomala, di riciclaggio – dell'effettivo svolgimento da parte sua di attività professionale fatturata alle società a lui riferibili e dell'attività della sua società Caleservice, erroneamente definita dal giudice come una «cartiera», senza riconoscere il notevole patrimonio – superiore ai 15 milioni di euro – e senza preoccuparsi di acquisirne i bilanci, circostanza che smentisce in radice l'accusa di false fatturazioni e di frode fiscale.
  Infine, l'onorevole Genovese ha ribadito con forza, in ogni suo atto difensivo, l'impossibilità di configurare nei suoi confronti l'ipotesi di reiterazione del reato, atteso che gli enti di formazione oggetto di indagine (LUMEN e ARAN) non sono più accreditati presso la Regione Sicilia e hanno già cessato la loro attività. Residua una sola società a lui indirettamente riconducibile – denominata Training Service – che è ancora operativa nel campo della formazione professionale. Al riguardo, la nota difensiva precisa che i relativi progetti formativi sono stati ammessi al finanziamento nell'agosto del 2012, con la previsione di una prosecuzione per gli anni a venire, come poi avvenuto per il 2014 peraltro con un significativo decremento Pag. 5del finanziamento; l'ente ha un unico contratto (di locazione immobiliare) con una sua società e non ha partecipato ad ulteriori bandi, avendo in corso solo ed esclusivamente l'attività formativa riconducibile alla seconda annualità dell'avviso pubblico n. 20 del 2011, destinata ormai ad esaurirsi nei mesi a venire.
  Come già ricordato dalla presidenza, nella seduta dello scorso 16 aprile la Giunta ha deliberato di richiedere all'Autorità giudiziaria le pronunce in materia di provvedimenti cautelari adottati nell'ambito dei due tronconi del procedimento riguardante l'onorevole Genovese.
  La richiesta di integrazione documentale derivava dal collegamento – posto in evidenza nella stessa ordinanza del GIP oggetto di esame – tra la posizione di Genovese e le esigenze cautelari riferite ad altri indagati tra cui, in particolare, il signor Elio Sauta.
  Per quest'ultimo offre la seguente ricostruzione dei provvedimenti cautelari che lo hanno riguardato: il 9 luglio 2013 è stata emessa l'ordinanza che ne disponeva gli arresti domiciliari; l'8 agosto 2013 il collegio per il riesame ha rigettato il ricorso del Sauta, confermando la misura degli arresti domiciliari, in quanto «unica cautela adeguata allo stato a garantire le prospettate necessità di tutela sociale è da ritenersi quella degli arresti domiciliari, la quale, ampiamente proporzionata alla natura, alla gravità ed al numero degli illeciti contestati, vale a prevenire (...) il pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quelle oggetto di contestazione»; il 14 ottobre 2013, accogliendo invece l'appello della procura, il collegio per il riesame ha disposto la custodia in carcere in sostituzione degli arresti domiciliari, in quanto «solo la misura della custodia cautelare in carcere è idonea a scongiurare il pericolo di reiterazione di reati della medesima natura (...). Ricorre, inoltre, un serio pericolo di inquinamento probatorio»; risulta che l'esecuzione dell'ordinanza sia stata sospesa, essendo stato proposto ricorso in Cassazione; il 23 dicembre 2013, la II sezione penale del tribunale di Messina ha rigettato l'istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari in quanto «permangono inalterate le esigenze cautelari poste a fondamento della misura – fronteggiabili unicamente con una misura custodiale»; il 22 gennaio 2014, la II sezione penale del tribunale di Messina, ha invece revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari in atto, con la seguente motivazione: «l'apertura del dibattimento e l'avvio dell'istruttoria, con l'esame dei primi testimoni e il conferimento degli incarichi peritali costituiscono elementi che (...) assumono sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all'inizio del trattamento cautelare, essendo senz'altro idonei a spiegare piena efficacia deterrente su dei soggetti sostanzialmente incensurati ed alla prima esperienza detentiva; (..) pertanto, possono ritenersi del tutto cessate le esigenze preventive sottese al trattamento cautelare».
  Da ultimo, il 24 marzo 2014, il Collegio per il riesame accoglieva l'appello dei PM e riformava l'ordinanza del 22 gennaio 2014 nel senso del ripristino della misura degli arresti domiciliari in quanto «l'attuale stato di avanzamento dell'attività istruttoria (...) non vale ad escludere che l'imputato, se lasciato libero di ricompattare il sistema di legami e agganci di cui godeva, possa proseguire nell'attività criminosa, anche avvalendosi del paravento costituito dall'interposizione di soggetti terzi. (...). La misura degli arresti domiciliari vale a costituire un sicuro margine alla ripetizione delle condotte illecite»; decisione non esecutiva fino alla sua definitività.
  Per completezza, essendo stata evocata in alcuni passaggi del dibattito in Giunta, offre anche una sintetica ricostruzione dei provvedimenti cautelari adottati nei riguardi della moglie dell'onorevole Genovese, Chiara Schirò: il 9 luglio 2013 è stata emessa l'ordinanza che ne disponeva gli arresti domiciliari; l'8 agosto 2013 il collegio per il riesame ha rigettato la richiesta di riesame della signora Chiara Schirò, confermando la misura degli arresti domiciliari, in quanto «proporzionata alla gravità dei fatti ed idonea ad infrenare il Pag. 6predetto pericolo di reiterazione del reato»; il 23 dicembre 2013, la II sezione penale del tribunale di Messina ha rigettato l'istanza di revoca della misura cautelare in quanto «permangono inalterate le esigenze cautelari poste a fondamento della misura – fronteggiabili unicamente con una misura custodiale»; il 22 gennaio 2014, la II sezione penale del tribunale di Messina, ha invece revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari con la seguente motivazione: «l'apertura del dibattimento e l'avvio dell'istruttoria, con l'esame dei primi testimoni e il conferimento degli incarichi peritali costituiscono elementi che (...) assumono sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all'inizio del trattamento cautelare, essendo senz'altro idonei a spiegare piena efficacia deterrente su dei soggetti sostanzialmente incensurati ed alla prima esperienza detentiva; (...) pertanto, possono ritenersi del tutto cessate le esigenze preventive sottese al trattamento cautelare»; il 3 marzo 2014 il Collegio per il riesame accoglieva parzialmente l'appello dei PM e riformava l'ordinanza del 22 gennaio 2014 disponendo il divieto di dimora a Messina in quanto «possono ritenersi solo affievolite le originarie esigenze cautelari, permanendo, nondimeno, la necessità che l'imputata non operi nel territorio messinese», decisione non esecutiva fino alla sua definitività.
  Alla Giunta sono state altresì trasmesse numerose ordinanze concernenti le misure cautelari reali adottate nel corso del procedimento, sui cui contenuti non si sofferma.
  Resta ancora pendente la richiesta, avanzata dalla Giunta al tribunale di Messina e, successivamente, alla locale procura della Repubblica, di visionare i documenti eventualmente acquisiti agli atti dall'autorità giudiziaria relativi all'attività dell'ente Training Service.
  Si tratta di una richiesta istruttoria chiaramente funzionale a maturare un convincimento sulla fondatezza dell'affermazione recate nell'ordinanza che fonda la misura della custodia cautelare sul presupposto della ragionevole certezza della «reiterazione delle medesime condotte criminose».
  Ricorda che l'ordinanza del GIP cita marginalmente le vicende legate a tale ente, essenzialmente allo scopo di sostenerne la riconducibilità a Genovese e ricordando che essa tra il dicembre del 2011 e il novembre del 2012 ha stipulato cinque contratti di locazione ed un contratto di comodato con la Caleservice e nel dicembre 2012 altri contratti con enti ricollegabili all'onorevole Genovese.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) ringrazia il relatore per aver fornito alla Giunta una guida alla lettura della nuova documentazione pervenuta, corposa ancorché incompleta. In ragione di ciò, ritiene di dover rinviare lo svolgimento del suo intervento nella discussione ad un momento successivo, non essendo stato nelle condizioni di approfondire i nuovi elementi istruttori a disposizione, pervenuti solo nella giornata di ieri, peraltro in modo parziale.

  Giulia GRILLO (M5S) rileva preliminarmente di intuire dalle parole del collega Chiarelli la volontà di rinviare ulteriormente la conclusione dell'esame già programmata per la seduta di domani.
  Osserva che ciascun gruppo politico può avere una propria legittima posizione ideologica in ordine all'utilizzo delle misure restrittive della libertà personale e che questa posizione può influire sulla decisione che ciascun gruppo è chiamato ad assumere in relazione ai casi sottoposti all'esame della Giunta.
  Tiene a chiarire, per la sua parte politica, che invece il Movimento 5 Stelle non muove da un presupposto di tipo ideologico. Sebbene, infatti, il gruppo al quale appartiene abbia un atteggiamento critico sulla prassi applicativa di alcune prerogative parlamentari che oggi appaiono solo come dei privilegi della classe politica, comprende tuttavia la ratio ad esse sottesa, che è quella di salvaguardare l'autonomia del parlamentare che potrebbe essere inficiata da azioni persecutorie della magistratura. Pag. 7Ciò giustifica le funzioni della Giunta, che è un organo politico, e non tecnico – come dimostra anche il fatto che non è previsto che i suoi componenti abbiano una specifica competenza nel settore giudiziario – in ordine alla valutazione della sussistenza del fumus persecutionis oggettivo o soggettivo.
  Dopo aver esaminato l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP e una parte rilevante della documentazione trasmessa alla Giunta, ritiene di poter concludere che la quantità di elementi probatori enunciati sia dal GIP che dalla procura sia tale da giustificare la richiesta di restrizione della libertà personale nei confronti del deputato Genovese.
  Sottolinea inoltre che vi sono elementi attinenti al contesto storico-ambientale nel quale si inquadra la vicenda in esame che a suo avviso fanno cadere la tesi della sussistenza del fumus persecutionis.
  Osserva infatti che le indagini sugli enti di formazione in Sicilia non si riferiscono solo al Genovese, perché vi sono altri filoni di indagine che riguardano altri esponenti politici di altre province della regione (Palermo e Catania) che evidenziano come il sistema di gestione degli enti di formazione sia particolarmente fallace e si presti ad una concreta e difficilmente controllabile possibilità di truffe da parte di soggetti esterni. Il sistema di acquisizione del controllo degli enti di formazione, che sono enti no profit, consiste sostanzialmente nell'introdurre all'interno del consigli di amministrazione persone di fiducia dei vari politici di turno; diversi esponenti politici hanno infatti operato in Sicilia in questa direzione, servendosi degli enti di formazione come bacino di voti, secondo un meccanismo collaudato. Ne è prova il fatto che in Sicilia, in relazione alla gestione degli enti di formazione, è stata istituita una Commissione d'inchiesta, cui si fa riferimento anche negli atti processuali trasmessi dall'autorità giudiziaria. Ciò fa comprendere anche come l'inchiesta che riguarda Genovese non costituisca un fatto isolato, ma si inserisca in un'indagine più complessa che si è sviluppata in varie direzioni. A suo giudizio questo è un elemento oggettivo che esclude la possibilità di ravvisare un'azione persecutoria della magistratura nei confronti di Genovese.
  Evidenzia poi un ulteriore elemento che, a suo avviso, demolisce la tesi sostenuta dalla difesa di Genovese secondo la quale, venendo meno l'operatività di alcuni enti o di alcune società direttamente o indirettamente riconducibili a Genovese o a suoi sodali, verrebbe meno anche la sua capacità di delinquere, e quindi la sua possibilità di reiterare il reato.
  Ritiene infatti che dagli atti emerga l'esistenza di sistemi abbastanza rodati che consentono la reiterazione del reato e che si basano non tanto sulle caratteristiche degli enti, che possono essere ancora attivi o cessati, ma sulla conoscenza dei meccanismi attraverso i quali operano gli enti stessi e dei metodi di aggiudicazione degli appalti. Si tratta di meccanismi che sono rimasti inalterati, posto che la Regione siciliana non ha introdotto criteri diversi rispetto a quelli che c'erano prima delle indagini; è sufficiente quindi avere questo know how per poter reiterare il reato, sia pure con i tempi più lunghi che si rendono necessari nel momento in cui occorre riattivare un ente o utilizzare un'altra società.
  Pur riconoscendo che oggettivamente le condizioni per poter reiterare il reato si sono fortemente indebolite – visto che alcuni collaboratori del deputato Genovese non hanno più la possibilità di operare in modo occulto e che, anche se non sono incorsi in misure restrittive della libertà personale, certamente non hanno la libertà di attivare contatti telefonici o intrattenere rapporti – osserva però che rimane in piedi il know how che riguarda sia il deputato Genovese che i suoi collaboratori.
  Con riferimento alla Società Caleservice, contesta le affermazioni del deputato Genovese in ordine al fatto che tale società non sarebbe una «cartiera». Dagli atti emerge che questa presunta società di servizi in realtà veniva utilizzata per esigenze personali e familiari di Genovese, come rivelano in modo palese alcune fatture Pag. 8acquisite agli atti. A suo giudizio, pertanto, risulta chiaro che la Caleservice era una società che serviva agli scopi più disparati e che comunque a confondere le tracce su una serie di operazioni, come risulta da una ricostruzione degli inquirenti.
  Da ultimo, valuta gravissimo, nonché pretestuoso e strumentale quanto affermato da Genovese in merito al condizionamento del giudice che ha adottato la misura cautelare. Ne costituisce testimonianza la richiesta di astensione dal procedimento che lo stesso giudice ha formulato al momento in cui è venuto a conoscenza, mediante una intercettazione casuale, della situazione del cognato che svolgeva il suo lavoro all'interno dell'assessorato alla formazione. A suo avviso il comportamento del GIP va letto non come una volontà di persecuzione nei confronti dell'onorevole Genovese ma, al contrario, come la volontà di distaccarsi dalla situazione che si era creata. Pur ritenendo di non dover entrare nel merito delle valutazioni del presidente del tribunale, osserva che questi ha ritenuto che tale elemento non fosse così rilevante da distogliere il GIP dalla conduzione del procedimento. Confessa quindi di non capire come Genovese possa rinvenire in tale situazione un indice di una volontà persecutoria nei suoi confronti, tanto più che alla sua vicenda giudiziaria è stato dato poco risalto dagli organi di informazione e che le poche ricostruzioni apparse in articoli di stampa non appaiono orientate a colpevolizzarlo.

  Antonio LEONE (NCD), relatore, richiamando le affermazioni dell'onorevole Grillo desidera precisare che, nella sua funzione di relatore nonché di membro della Giunta, nessun suo comportamento è orientato da pregiudizi ideologici in ordine all'istituto processuale delle misure cautelari. In questa sede l'unica sua preoccupazione è quella di consentire alla Giunta di svolgere la funzione istituzionale di valutare la richiesta dell'autorità giudiziaria al fine di proporne all'Assemblea l'accoglimento ovvero il rigetto.

  Giulia GRILLO (M5S) accoglie con soddisfazione la precisazione del collega Leone, aggiungendo che, a suo avviso, ad escludere radicalmente il fumus persecutionis milita anche un ulteriore argomento. Non si rinviene, infatti, nell'attività parlamentare del deputato Genovese, che peraltro non riveste incarichi istituzionali o di partito, alcuna iniziativa di particolare rilievo tale da costituire plausibile motivo di accanimento giudiziario persecutorio nei suoi confronti.

  Daniele FARINA (SEL) si domanda quale sia la connessione tra l'attività politica del deputato Genovese e la sussistenza o meno del fumus persecutionis.

  Giulia GRILLO (M5S) precisa che il suo ragionamento muoveva dal presupposto fattuale secondo cui anche l'attività politica potrebbe essere motivo, in estrema ipotesi, di individuare un parlamentare come bersaglio da colpire.

  Anna ROSSOMANDO (PD) ritiene che l'odierno dibattito sia stato molto utile, non solo in quanto ha consentito di apprezzare ulteriori elementi istruttori, ma anche per aver messo l'accento sui parametri di valutazione della Giunta.
  Certamente parametrare l'eventuale sussistenza di un intento persecutorio all'attività parlamentare svolta dal deputato nella presente legislatura costituisce un argomento scivoloso, sebbene non si possa escludere che l'assunzione di posizioni politiche particolarmente accentuate possa esporre il parlamentare anche a rischi di questo tipo.
  Riprendendo inoltre le considerazioni svolte dal relatore e dalla collega Grillo sulla necessità di non assumere posizioni pregiudiziali ed ideologiche, osserva che ciascuna opzione politica è ammissibile nella sede propria. In questo senso è in corso un significativo dibattito nell'ambito della Commissione Giustizia sulla riconfigurazione delle misure cautelari, che tuttavia non deve inficiare in alcun modo le scelte che i membri della Giunta sono Pag. 9tenuti a compiere nell'esame della richiesta che riguarda l'onorevole Genovese.
  Rileva che la Giunta non si è sottratta allo svolgimento di un approfondito lavoro istruttorio e che, allo stato, dispone di un'ampia documentazione, che sarà presumibilmente integrata nei prossimi giorni con gli atti provenienti dalla procura di Messina. Si può dire pertanto che la fase della acquisizione documentale è ormai esaurita, fermo restando che i membri della Giunta non possono sottrarsi allo sforzo di un esame approfondito degli atti, come richiesto dalla delicatezza della decisione che sono chiamati ad assumere.
  Conclusivamente allo scopo di un ordinato svolgimento dei lavori e della definizione della data in cui approdare alla deliberazione finale, invita la Presidenza a convocare un apposito Ufficio di presidenza già nella parte antimeridiana della giornata di domani. Esprime fin d'ora, a nome del Gruppo democratico, l'impegno a svolgere limitati interventi in dichiarazione di voto, per consentire una tempestiva conclusione dei lavori della Giunta.

  Paola CARINELLI (M5S) ricorda che l'Ufficio di Presidenza si è già tenuto la scorsa settimana e che era stata assunta la decisione di addivenire alla deliberazione finale già nella seduta convocata per la giornata del 30 aprile.

  Daniele FARINA (SEL) dichiara di condividere la proposta sull'ordine dei lavori dell'onorevole Rossomando.

  Antonio LEONE (NCD), relatore, esprime a sua volta condivisione per la proposta della collega Rossomando.

  Giulia GRILLO (M5S) invita la collega Rossomando, affinché rimanga agli atti, ad esplicitare le motivazioni della sua proposta. Se, sul piano metodologico, essa si giustificherebbe in ragione di una volontà di approfondimento degli atti, compresi quelli non ancora a disposizione della Giunta, sul piano del merito non appare chiaro che rilievo possa avere questa integrazione documentale concernente la Training Service.

  Anna ROSSOMANDO (PD) si limita a rilevare che la richiesta di acquisire la suddetta documentazione è stata formalmente deliberata dalla Giunta nella scorsa seduta. Spetta quindi alla Giunta assumere una diversa decisione, qualora si ritenga di soprassedere dalla richiesta o di verificarne l'incompatibilità con l'esigenza di concludere celermente i lavori.

  Danilo LEVA (PD), presidente, preso atto degli orientamenti emersi nel dibattito, dichiara che sarà sua cura informare il presidente La Russa sulle proposte concernenti l'ordine dei lavori della Giunta. Rinvia quindi il seguito ad una successiva seduta, già convocata per domani alle ore 13.

  La seduta termina alle 14.10.