CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 20 marzo 2014
202.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 20 marzo 2014. — Presidenza del presidente della II Commissione Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.45.

Disposizioni in materia di requisiti e remunerazione degli amministratori delle società, nonché di compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.
C. 1489 Di Salvo.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI (PD), relatore per la VI Commissione, prima di illustrare puntualmente, anche a nome del relatore per la II Commissione, Sannicandro, il contenuto della proposta di legge, rileva preliminarmente come la «bolla» che caratterizza spesso le remunerazioni degli alti dirigenti, banchieri e top manager sia simile a quella dei prezzi delle abitazioni o dei prezzi azionari, secondo una dinamica che richiama il fenomeno del cosiddetto «amministratore delegato carismatico», e come sia pertanto necessario impedire a tali manager di adottare comportamenti opportunistici appropriandosi di quote crescenti di valore delle imprese a danno degli azionisti.
  In tale contesto generale ritiene che le norme del provvedimento in esame mirino quindi a impedire ai manager di assumere rischi eccessivi o di assegnarsi remunerazioni assolutamente eccessive, pur in presenza di performance negative.
  Evidenzia infatti come la vita di un'impresa sia molto più lunga della durata dell'incarico di un amministratore delegato e come si renda dunque necessario prevedere un sistema di remunerazione efficace, che costringa l'amministratore delegato a concentrarsi sul lungo periodo, laddove invece i meccanismi di remunerazione dei dirigenti basati sulla distribuzione di azioni o di opzioni su azioni pongono in contrasto gli obiettivi del management con quelli dell'impresa, in quanto incoraggiano la dirigenza aziendale a sfruttare le risorse dell'impresa nel breve periodo e a trascurare i problemi di lungo termine, con conseguenze spesso disastrose. Pag. 8
  Ritiene quindi poco utile emanare norme che incidano direttamente, in termini quantitativi, sulla remunerazione di amministratori, essendo invece necessaria una regolazione sulla struttura dei compensi.
  Evidenzia inoltre la necessità di attenuare il problema specifico del rischio morale, legato al differimento delle informazioni, in base al quale gli amministratori delegati sono incentivati ad assumersi rischi straordinariamente elevati. In tal senso sottolinea come si incentivi una logica distorta che induce i manager a tentare comunque strategie di rapido profitto in una prospettiva di arricchimento personale, correndo anche il rischio di assumere decisioni di gestione che possono rivelarsi fallimentari. Per ridurre tale effetto perverso considera utile differire una parte sostanziale del compenso degli amministratori per un periodo di tempo prolungato, pari a 5 anni.
  In merito alla questione delle distorsioni che possono condizionare negativamente l'azione dei consigli di amministrazione, attraverso processi decisionali interni non equi e trasparenti, condizionati da favoritismi e da logiche di appartenenza personale, ritiene necessario rafforzare l'indipendenza degli stessi consigli di amministrazione attraverso meccanismi di elezione dei consiglieri, rendendo più facile la sostituzione di questi ultimi, nonché accordando agli azionisti il potere di promuovere modifiche allo statuto societario.
  Evidenzia inoltre come un'ulteriore misura possa essere individuata affidando in ogni caso all'Assemblea, sia che vi siano, sia che non vi siano consiglieri di sorveglianza, il potere di determinare il compenso degli amministratori. A tal fine la proposta di legge mira ad introdurre misure volte a evitare che gli amministratori stipulino contratti di consulenza con società controllanti o controllate, facendo in modo che tali soggetti possano dedicare il tempo necessario al loro incarico, con benefici per l'impresa nel medio-lungo periodo.
  Ulteriori disposizioni riguardano la nomina di amministratori indipendenti. A tal fine l'intervento legislativo prevede di:
   tener conto delle dimensioni della società;
   garantire le condizioni di autonomia gestionale;
   perseguire prioritariamente l'obiettivo di elevare il valore delle azioni per gli azionisti;
   stabilire un numero minimo di amministratori indipendenti pari a un terzo o, almeno, nella misura di 2.

  Nella proposta di legge sono altresì indicati criteri per valutare l'indipendenza degli amministratori, di cui si prevede comunque la periodica valutazione da parte del consiglio di amministrazione, stabilendo che tale valutazione, da effettuarsi una volta l'anno, sia resa pubblica.
  La proposta prevede inoltre, per le società quotate, che all'interno del consiglio di amministrazione sia costituito un comitato per la remunerazione formato da amministratori indipendenti e a tal fine detta criteri soggettivi per la nomina dei componenti oltre a disciplinare i loro compiti.
  Si stabilisce quindi che gli emolumenti degli amministratori siano individuati in rapporto con il costo del lavoro medio annuo unitario, collegando in tal modo il monte salari al compenso dell'amministratore.
  In particolare si prevede di bilanciare la componente fissa e quella variabile della remunerazione in funzione degli obiettivi strategici, stabilendo che:
   la parte variabile non sia superiore ad un terzo;
   non siano previsti emolumenti aggiuntivi;
   sussista il divieto di cumulo;Pag. 9
   in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi sia corrisposta solo la parte fissa del compenso;
   vengano fissati obiettivi misurabili;
   l'80 per cento della componente variabile sia differita di almeno 5 anni.

  Con riferimento alle modifiche al Testo unico della finanza (TUF), la proposta di legge prevede che vengano fornite al mercato informazioni in materia di attribuzione di strumenti finanziari a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori, prevedendo che l'attuazione di questi strumenti debba essere subordinata al conseguimento di risultati, stabilendo che il termine per l'esercizio del diritto di opzione non sia inferiore a 5 anni.
  Il provvedimento prevede altresì di estendere l'applicazione di diverse disposizioni del TUF riguardanti le società quotate anche alle società non quotate, al fine di facilitare il controllo da parte dei piccoli azionisti.
  Viene inoltre soppresso il potere degli amministratori di emettere strumenti finanziari partecipativi nonché di autorizzare l'acquisto di azioni proprie.
  Si stabilisce ulteriormente che non venga corrisposto agli amministratori alcun bonus all'uscita, che, in caso di cessazione del rapporto, l'indennità percepita sia pari ad un dodicesimo della parte fissa per ogni anno di durata della carica e che non vi siano incentivi agli esodi né benefici pensionistici discrezionali, oltre a fissare limiti ai piani di remunerazioni basati su azioni.
  Si attribuisce inoltre alla sola assemblea la competenza a determinare i compensi e sono stabilite sanzioni per la violazione delle disposizioni sulle retribuzioni.
  Con riferimento agli amministratori e ai dipendenti di società controllate da amministrazioni pubbliche (di cui al decreto-legge n. 201 del 2011), si stabilisce che il trattamento economico annuo del primo Presidente della Corte di cassazione diventi parametro omnicomprensivo degli emolumenti di questi soggetti, prevedendo il divieto di riconoscere bonus o indennità e benefici economici di fine mandato.
  Tale ultimo parametro si applica anche agli amministratori, dipendenti e consulenti di società private che percepiscono contributi pubblici per un importo superiore ad un terzo del totale del proprio volume d'affari.
  Passando quindi a un'illustrazione puntuale del provvedimento, che si compone di 5 articoli, suddivisi in due capi, rileva come l'articolo 1 incida su una serie di norme del codice civile.
  In particolare, i commi 1 e 2 apportano modifiche di tenore analogo, rispettivamente, agli articoli 2364 e 2364-bis del codice civile (concernenti i poteri dell'assemblea ordinaria sia nelle società prive di consiglio di sorveglianza sia in quelle dotate di tale organo), affidando in ogni caso all'assemblea il potere di determinare il compenso degli amministratori, anche ove esso sia previsto dallo statuto. Si specifica inoltre che le attribuzioni all'assemblea ivi elencate, nonché le attribuzioni di cui all'articolo 2389 del codice (in materia di remunerazione degli amministratori), non possano essere delegate.
  Il comma 3, inserendo tre nuovi commi nell'articolo 2383 del codice civile, in materia di nomina e revoca degli amministratori, stabilisce che essi:
   1) non possono avere in essere o sottoscrivere contratti di consulenza da parte di altre società controllanti o controllate dalla società di cui sono amministratori;
   2) devono accettare il loro incarico quando ritengono di poter dedicare allo svolgimento diligente dei loro compiti il tempo necessario, anche tenendo conto dell'impegno connesso alle proprie attività lavorative e professionali, del numero di cariche di amministratore o sindaco da essi ricoperte in altre società quotate in mercati regolamentati anche esteri, in società finanziarie, bancarie, assicurative o di rilevanti dimensioni; in tale contesto si prevede che il consiglio di amministrazione, sulla base delle informazioni ricevute dagli amministratori, rileva annualmente Pag. 10e rende note nella relazione sul governo societario le cariche di amministratore o sindaco ricoperte dai consiglieri nelle predette società;
  In merito al contenuto del numero 2), il quale prevede che il Consiglio di amministrazione della società rilevi annualmente le cariche da essi ricoperte «sulla base delle informazioni ricevute dagli amministratori», segnala l'opportunità di prevedere uno specifico obbligo informativo in capo agli amministratori, al fine di rafforzare l'efficacia di tale previsione.
   3) devono agire e deliberare con cognizione di causa e in autonomia, perseguendo l'obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio o lungo periodo;

  In merito alla formulazione del numero 3) osserva come la locuzione «cognizione di causa» appaia eccessivamente generica ed atecnica; sembrerebbe opportuno, piuttosto, fare riferimento ad un dovere di comportamento secondo diligenza specifica nello svolgimento del compito dell'amministratore di società. Esprimendo analoga considerazione per quanto riguarda la locuzione «creazione di valore» contenuta nella disposizione.
  Il comma 4 introduce nel codice civile tre nuovi articoli (2383-bis, 2383-ter e 2383-quater), ripresi in larga misura dal Codice di autodisciplina delle società quotate, sia pure con alcune modifiche.
  Al riguardo ricorda che l'adesione al Codice di autodisciplina delle società quotate è volontaria.
  Ogni società italiana con azioni quotate («emittente») che aderisce al Codice fornisce nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari («relazione sul governo societario») informazioni accurate e di agevole comprensione, se pur concise, sui comportamenti attraverso i quali le singole raccomandazioni contenute nei principi e nei criteri applicativi sono state concretamente applicate nel periodo cui si riferisce la relazione. Qualora l'emittente non abbia fatto proprie, in tutto o in parte, una o più raccomandazioni, fornisce adeguate informazioni in merito ai motivi della mancata o parziale applicazione. In particolare, il Codice raccomanda – tra l'altro – l'istituzione di un comitato per la remunerazione, definendone altresì composizione e competenze. Il Codice raccomanda inoltre che un numero adeguato di amministratori non esecutivi siano indipendenti, nel senso che non devono intrattenere o avere di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con l'emittente o con soggetti legati all'emittente, relazioni tali da condizionarne attualmente l'autonomia di giudizio.
  In particolare, il nuovo articolo 2383-bis del codice civile concerne la nomina di amministratori indipendenti, stabilendo che il numero e le competenze di tali soggetti siano adeguati alle dimensioni del consiglio di amministrazione e all'attività svolta dalla società. Si prevede inoltre che, ove la società sia soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte di terzi ovvero sia controllata da un soggetto operante, direttamente o attraverso altre società controllate, nello stesso settore di attività o in settori contigui, la composizione del consiglio di amministrazione della società deve essere idonea a garantire adeguate condizioni di autonomia gestionale e a perseguire prioritariamente l'obiettivo della creazione di valore per gli azionisti della società.
  Nelle società quotate in mercati regolamentati, anche esteri, almeno un terzo del consiglio di amministrazione è costituito da amministratori indipendenti. Se a tale quota corrisponde un numero non intero, quest'ultimo è arrotondato per difetto. In ogni caso gli amministratori indipendenti sono almeno due.
  Le disposizioni recano inoltre i criteri per valutare l'indipendenza di un amministratore, considerati tuttavia non tassativi. In estrema sintesi si prevede che il Consiglio di amministrazione valuta l'indipendenza degli amministratori sulla base di criteri fattuali (tra cui l'esercizio di influenza notevole o controllo sul soggetto emittente; presenza di significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale con l'emittente o le controllanti; Pag. 11ricezione di emolumenti anche sotto forma di partecipazione a piani di incentivazione legati ai risultati aziendali) ovvero personali (l'aver ricoperto o il rivestire cariche apicali nella società, nonché i legami di parentela con eventuali soggetti che rivestono cariche apicali o non appaiono indipendenti secondo i criteri dettati con la disposizione stessa). L'indipendenza è periodicamente valutata dal consiglio di amministrazione dopo la loro nomina e, successivamente, con cadenza annuale. L'esito delle valutazioni del consiglio è reso pubblico.
  Si stabilisce inoltre che gli amministratori indipendenti si devono riunire almeno una volta all'anno in assenza degli altri amministratori.
  Il nuovo articolo 2383-ter obbliga le società quotate in mercati regolamentati anche esteri a costituire all'interno del Consiglio di amministrazione un comitato per la remunerazione, composto da amministratori indipendenti; in alternativa, il comitato può essere composto da amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti. In tal caso, il presidente del comitato è scelto tra gli amministratori indipendenti. Si prevede inoltre che almeno un componente del comitato per la remunerazione deve possedere un'adeguata conoscenza ed esperienza in materia finanziaria o di politiche retributive, valutata dal consiglio di amministrazione al momento della nomina.
  Il suddetto comitato formula all'assemblea dei soci proposte perché essa formuli le linee guida generali per la remunerazione degli amministratori.
  Inoltre il comitato ha il compito di:
   a) valutare periodicamente l'adeguatezza, la coerenza complessiva e la concreta applicazione delle linee guida generali adottate per la remunerazione degli amministratori esecutivi, degli altri amministratori investiti di particolari cariche e dei dirigenti con responsabilità strategiche, avvalendosi a tale ultimo riguardo delle informazioni fornite dagli amministratori delegati, e formula all'assemblea dei soci proposte in materia;
   b) presentare all'assemblea dei soci proposte o pareri sulla remunerazione degli amministratori, monitorando l'applicazione delle decisioni adottate dall'assemblea dei soci e verificando, in particolare, l'effettivo raggiungimento degli obiettivi.

  Al riguardo ricorda che, secondo il Rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane, presentato dalla CONSOB nel novembre 2013, 215 società quotate su 247 presenti nel listino hanno introdotto un comitato per la remunerazione, mentre 218 si sono dotate di comitati di controllo interno e di gestione del rischio.
  Il nuovo articolo 2383-quater definisce quali devono essere i contenuti della politica generale per la remunerazione degli amministratori delle società quotate.
  In particolare il primo comma stabilisce che:
   a) gli emolumenti degli amministratori delle società quotate e non quotate sono individuati dall'assemblea dei soci secondo criteri trasparenti ed equilibrati e in rapporto con il costo del lavoro medio annuo unitario; tale rapporto stabilisce una correlazione che lega, per l'intero mandato dell'organo amministrativo, la variazione in aumento del compenso massimo dell'amministratore a quello dell'intero monte salari aziendale: a tale proposto segnala l'opportunità di specificare se il parametro del costo del lavoro medio annuo unitario deve essere valutato in seno alla società ovvero se è ancorato a specifici parametri statistici generali;
   b) la componente fissa e la componente variabile devono essere adeguatamente bilanciate in funzione degli obiettivi strategici e della politica di gestione dei rischi dell'emittente;
   c) le componenti variabili non possono superare un terzo della remunerazione complessiva di ogni singolo amministratore;
   d) gli amministratori non possono percepire emolumenti aggiuntivi per lo svolgimento di particolare funzioni delegate Pag. 12o di funzioni dirigenziali loro attribuite; si vieta il cumulo degli emolumenti, in caso di nomina di un proprio dipendente quale amministratore;
   e) la componente fissa è sufficiente a remunerare la prestazione dell'amministratore nel caso in cui la componente variabile non sia erogata a causa del mancato raggiungimento dei risultati indicati dall'assemblea dei soci;
   f) i risultati economici e gli eventuali altri obiettivi specifici cui è collegata l'erogazione delle componenti variabili, compresi gli obiettivi definiti per i piani di remunerazione basati su azioni, sono predeterminati, misurabili e collegati alla creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio o lungo periodo;
   g) la corresponsione dell'80 per cento della componente variabile della remunerazione è differita di almeno cinque anni rispetto al momento della maturazione;
   h) non sono previsti bonus all'uscita e altre indennità comunque denominate, retribuzioni anticipate, premi per acquisizioni e vendite;
   i) al momento della cessazione del rapporto di amministrazione, per qualsiasi causa e a chiunque imputabile, all'amministratore compete un'indennità ragguagliata alla retribuzione fissa, nella misura di un dodicesimo per ogni anno di durata della carica, con esclusione di ogni altra indennità, indennizzo o risarcimento;
   l) non possono essere corrisposti agli amministratori incentivi agli esodi anche connessi con operazioni straordinarie o con processi di ristrutturazione aziendale;
   m) non sono previsti per gli amministratori benefici pensionistici discrezionali.

  Il secondo comma del nuovo articolo 2383-quater prevede limiti alla predisposizione di piani di remunerazione degli amministratori basati su azioni, affinché tale remunerazione sia dilazionata nel tempo e condizionata al raggiungimento di risultati. Si prevede inoltre l'obbligo di mantenimento di una quota di azioni almeno pari al 50 per cento fino al termine del mandato e si vieta che gli amministratori non esecutivi possano essere destinatari di piani di remunerazione basati su azioni.
  Il comma 5 sostituisce l'articolo 2389 del codice civile, in materia di compensi agli amministratori.
  Al riguardo ricorda che l'attuale disciplina prevede che i compensi spettanti al Consiglio di amministrazione siano alternativamente stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea; essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione. La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità allo statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.
  La nuova formulazione proposta dell'articolo 2389 intende attribuire alla sola assemblea la determinazione dei compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, salvo che per i primi amministratori nominati nell'atto costitutivo. Inoltre, resta ferma la possibilità che i compensi siano costituiti in parte da partecipazioni agli utili, ma agli amministratori non possono essere riconosciuti liquidazioni, bonus all'uscita e altre forme di indennità, retribuzioni anticipate, premi per acquisizioni e vendite. Si prevede altresì che la remunerazione degli amministratori sia definita in modo da allineare i loro interessi con il perseguimento dell'obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio o lungo periodo. Analogamente, la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità allo statuto è stabilita dall'assemblea dei soci e non più dal Consiglio di amministrazione della società.Pag. 13
  In merito alla formulazione della norma osserva come la locuzione «valore per gli azionisti» recata dal terzo comma risulti eccessivamente generica e atecnica.
  Il comma 6 introduce nel codice civile il nuovo articolo 2389-bis, concernente la sanzione amministrativa per la violazione delle disposizioni sulle retribuzioni degli amministratori.
  In particolare, per la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2383-quater e 2389, come modificati dalla proposta di legge, si propone di applicare una sanzione amministrativa pecuniaria pari a tre annualità dell'ultima retribuzione di fatto, comprensiva della componente fissa e di quella variabile, a carico del percettore, fatte salve le pene stabilite per le violazioni delle norme di carattere fiscale e sull'omissione di versamento dei contributi previdenziali a carico di chi ne è responsabile.
  Il comma 7 modifica l'articolo 2409-terdecies del codice civile, relativo alle funzioni del consiglio di sorveglianza, al quale viene tolta la competenza di disporre il compenso dei componenti del consiglio di gestione, che viene invece rimessa all'assemblea dei soci.
  Il comma 8 modifica l'articolo 2441 del codice civile, in tema di diritto di opzione, escludendo tale diritto per le azioni di nuova emissione se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da essa controllate.
  L'articolo 2 reca una serie di modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 114-bis del TUF, relativo all'informazione al mercato in materia di attribuzione di strumenti finanziari a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori.
  Ferma restando la prescrizione secondo cui i piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore di componenti degli organi apicali devono essere approvati dall'assemblea ordinaria dei soci, la lettera a) del comma 1 sostituisce la lettera c) del comma 1 del medesimo articolo 114-bis (la quale attualmente prevede che l'emittente metta a disposizione informazioni su modalità e clausole di attuazione del piano, specificando se la sua attuazione è subordinata al verificarsi di condizioni e, in particolare, al conseguimento di risultati determinati): in tale ambito la modifica proposta prevede che l'attuazione di tali piani sia subordinata al conseguimento di risultati determinati in un arco di tempo non inferiore a cinque anni.
  La lettera b) del citato comma 1, sostituendo la lettera f) del citato comma 1 dell'articolo 114-bis, prevede che i termini entro i quali è consentito o vietato il successivo trasferimento alla stessa società o a terzi dei vincoli di disponibilità gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti non possono essere inferiori a cinque anni.
  Il comma 2 interviene invece sull'articolo 116 del TUF, relativo alla disciplina dei soggetti emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante.
  In particolare, la modifica intende reintrodurre il comma 2-ter del predetto comma 116, aggiunto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 27 del 2010 (che ha attuato nell'ordinamento la Direttiva 2007/36/UE, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate) e successivamente abrogato dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 91 del 2012.
  La disposizione che si intende reinserire renderebbe applicabile anche alle società che emettono azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, ancorché non quotate in mercati regolamentati italiani, diverse disposizioni del TUF concernenti le società quotate, al fine di facilitare il controllo dei piccoli azionisti sulla gestione di tali società.
  Si tratta, in dettaglio, delle seguenti norme del TUF:
   1) articolo 125-bis (relativo all'avviso di convocazione dell'assemblea);
   2) articolo 125-ter (relativo alle relazioni sulle materie all'ordine del giorni);Pag. 14
   3) articolo 125-quater (relativo alle informazioni che devono essere erse disponibili sul sito Internet della società);
   4) articolo 126 (relativo alle convocazioni successive alla prima);
   5) articolo 126-bis (relativo all'integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea e presentazione di nuove proposte di delibera);
   6) articolo 127 (relativo al voto per corrispondenza o in via elettronica).

  La norma demanda in ogni caso alla CONSOB la possibilità di dispensare dall'osservanza delle suddette disposizioni gli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati di altri Paesi dell'Unione europea o in mercati di Paesi dell'Unione europea, in considerazione degli obblighi informativi a cui sono tenuti in forza della quotazione.
  In questo contesto rammenta che, secondo la relazione illustrativa che accompagnava lo schema di decreto n. 446, poi divenuto il citato decreto legislativo n. 91 del 2012, l'abrogazione del predetto comma 2-ter del comma 116 del TUF, la quale estendeva agli emittenti azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante le richiamate disposizioni del TUF in materia assembleare, rispondeva a finalità di semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi ed economici, emerse nel corso della consultazione pubblica avviata dal Ministero dell'economia sul citato schema n. 446: sembra infatti che l'estensione (operata dal decreto legislativo n. 27 del 2010) delle predette norme agli emittenti ammessi su MTF (sistemi multilaterali di negoziazione) avesse determinato sovrapposizioni ed interferenze, nei casi in cui un emittente fosse nel contempo diffuso e negoziato su un MTF.
  Il comma 3 interviene sull'articolo 123-bis del TUF, concernente la relazione sul governo societario e sugli assetti proprietari.
  A tale riguardo la disposizione sopprime in particolare il riferimento al potere, in capo agli amministratori o al consiglio di gestione, di emettere strumenti finanziari partecipativi nonché di autorizzare l'acquisto di azioni proprie.
  Il comma 4 modifica l'articolo 123-ter del TUF, relativo alla relazione sulla remunerazione.
  In particolare, la lettera a) del comma 4 sostituisce la lettera a) del comma 4 del predetto articolo 123-ter, ai sensi della quale detta relazione, per i dirigenti con responsabilità strategiche, fornisce un'adeguata rappresentazione di ciascuna delle voci che compongono la remunerazione, compresi i trattamenti previsti in caso di cessazione dalla carica o di risoluzione del rapporto di lavoro, evidenziandone la coerenza con la politica della società in materia di remunerazione approvata nell'esercizio precedente.
  Per effetto della modifica si specifica che sono comunque esclusi dalla remunerazione, per quanto riguarda i componenti degli organi di amministrazione, i direttori generali e i dirigenti con responsabilità strategiche, ed i trattamenti previsti in caso di cessazione dalla carica o di risoluzione del rapporto di lavoro.
  Inoltre la lettera b) del medesimo comma 4, attraverso una modifica al comma 6 del suddetto articolo 123-ter, rende vincolante la deliberazione dell'assemblea degli azionisti sulla relazione sulla remunerazione degli amministratori.
  L'articolo 3 reca una norma transitoria, la quale stabilisce l'applicazione delle norme in materia di amministratori, organi apicali e remunerazione degli stessi, contenute nel capo I (composto dagli articoli da 1 a 3) del provvedimento, a partire dall'esercizio sociale in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento medesimo.
  L'articolo 4 reca norme sui compensi degli amministratori e dei dipendenti di società pubbliche che svolgono servizi d'interesse generale controllate da amministrazioni pubbliche.
  In particolare, la disposizione sostituisce i commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 23-bis del decreto – legge n. 201 del 2011, in materia di compensi di amministratori Pag. 15con deleghe di società a controllo pubblico diretto o indiretto, con tre nuovi commi da 5-bis a 5-quater.
  Il nuovo comma 5-bis individua il trattamento economico annuo del primo presidente della Corte di cassazione quale limite per la determinazione della remunerazione annua omnicomprensiva dei dipendenti e degli emolumenti annui omnicomprensivi degli amministratori (con deleghe e non) di società, quotate e non quotate, che svolgono servizi d'interesse generale, direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Viene inoltre specificato, che, ai fini dell'applicazione del predetto limite, devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno.
  In merito alla formulazione della norma osserva come non risulti chiaro il richiamo a somme «a carico del medesimo».
  Rispetto alla disciplina vigente contenuta nei commi 5-bis e 5-ter del predetto articolo 23-bis, l'ambito di applicazione del nuovo comma 5-bis risulta diverso, in quanto:
   si riferisce non già alle società non quotate a controllo diretto o indiretto pubblico, bensì alle società quotate e non quotate a controllo diretto o indiretto pubblico che svolgono servizi d'interesse generale (sotto tale profilo la disposizione richiama la nozione di società che gestiscono servizi di interesse generale, facendo riferimento a quanto stabilito in sede comunitaria. Secondo tale nozione, i servizi di interesse generale designano attività soggette ad obblighi specifici di servizio pubblico proprio perché considerate di interesse generale dalla autorità pubbliche. Sotto questa voce si ritrovano sia attività di servizio non economico – ad esempio, sistemi scolastici obbligatori, protezione sociale ma anche le funzioni inerenti alla potestà pubblica come la sicurezza, giustizia, la difesa – sia attività di servizio cosiddette di interesse economico generale);
   nell'ambito delle predette società a controllo pubblico che svolgono servizi d'interesse generale, la proposta di legge si riferisce non già al compenso stabilito, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile, dal Consiglio di amministrazione per gli amministratori «con deleghe», bensì agli emolumenti annui onnicomprensivi di tutti gli amministratori, con deleghe e non, stabiliti ai sensi dell'articolo 2389 del codice civile;
   ai fini del computo del limite si considerano cumulativamente tutte le somme comunque erogate all'interessato, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno.

  Relativamente ai nuovi articoli 5-bis e 5-quater, rileva l'opportunità di coordinare tali previsioni con gli ulteriori commi dell'articolo 23-bis del decreto – legge n. 201 del 2011, non modificati dalla proposta di legge.
  Evidenzia inoltre come i nuovi articoli 5-bis e 5-quater andrebbero inoltre coordinati con quanto disposto dall'articolo 4, commi 4 e 5, del decreto – legge n. 95 del 2012 circa l'obbligo di riversamento dei compensi assembleari degli amministratori di società non quotate a controllo pubblico strumentali (nella cui categoria rientrerebbero anche quelle che svolgono servizi di interesse generale) e delle altre società a totale partecipazione pubblica, che sono anche dipendenti dell'Amministrazione azionista o vigilante.
  Il nuovo comma 5-ter prevede inoltre, per gli amministratori con deleghe delle società quotate e non quotate a controllo diretto o indiretto pubblico che svolgono servizi d'interesse generale, il divieto di bonus, indennità ovvero benefici economici di fine mandato a qualunque titolo corrisposti. Si precisa altresì che le eventuali componenti variabili degli emolumenti riconosciuti a tali soggetti non possono Pag. 16essere e rogati da società che registrino un risultato di esercizio negativo.
  In merito ricorda che la disciplina vigente in materia prevede il divieto per gli amministratori di società non quotate partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze e rispettive società controllate e collegate, di inserire nel rapporto contrattuale di amministrazione clausole che prevedano, al momento della cessazione dell'incarico, di benefici economici superiori ad una annualità di indennità (articolo 1, comma 466, della legge n. 296 del 2006).
  Inoltre, per ciò che concerne i dirigenti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, o dai loro enti strumentali, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati e delle società dalle stesse controllate, la normativa vigente prevede il divieto di inserire, in assenza di preventiva autorizzazione dei predetti enti o amministrazioni, clausole contrattuali che al momento della cessazione del rapporto prevedano per i dirigenti benefici economici superiori a quelli derivanti ordinariamente dal contratto collettivo di lavoro applicato. Le clausole inserite nei contratti in essere sono nulle se sono state sottoscritte in difetto dei prescritti requisiti.
  Secondo la normativa vigente non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, ha chiuso in perdita tre esercizi consecutivi (ai sensi dell'articolo 1, comma 734, della legge n. 296 del 2006).
  A tali norme si sono poi aggiunte le recenti previsioni contenute nella legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 554), operanti a decorrere dall'esercizio 2015, per le società a partecipazione maggioritaria, diretta e indiretta, di pubbliche amministrazioni locali prevalentemente titolari di affidamenti diretti da parte di soggetti pubblici (per una quota superiore all'80 per cento del valore della produzione).
  La disciplina in vigore prevede altresì che se tali società, nei tre esercizi precedenti, hanno conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta altresì giusta causa ai fini della revoca degli amministratori, fatta comunque salva l'ipotesi in cui il risultato economico, benché negativo, è coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante.
  Il nuovo comma 5-quater prevede che le disposizioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter si applicano a decorrere dal primo rinnovo dei Consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento ai contratti stipulati e agli atti emanati dopo la medesima data.
  In merito alla formulazione del nuovo comma 5-quater osserva l'opportunità di eliminare, per ragioni grammaticali, l'avverbio successivamente.
  L'articolo 5 dispone che non possono essere superiori al trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione i compensi annui omnicomprensivi degli amministratori, dipendenti o consulenti di società private le quali percepiscono contributi pubblici per un importo superiore ad un terzo del totale del proprio volume di affari.
  Al riguardo considera opportuno specificare il significato della locuzione «volume d'affari», eventualmente chiarendo se tale formula si riferisca alla definizione valida a fini IVA (di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972), secondo cui per volume d'affari si intende l'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate, registrate o soggette a registrazione, con riferimento a un anno solare posto.Pag. 17
  La disposizione prevede la perdita dei finanziamenti per le società che stabiliscono compensi superiori al limite predetto.

  Marco CAUSI (PD) sottolinea innanzitutto come il gruppo del PD apprezzi l'impostazione del Capo I della proposta di legge, in quanto non si interviene direttamente sulla quantificazione degli emolumenti degli amministratori delle società, ma si incide sulla struttura della disciplina societaria in tale materia.
  Suscitano invece talune perplessità le norme del Capo II della proposta, le quali intervengono sulla disciplina, molto complessa e delicata, degli amministratori e dipendenti di società controllate da amministrazioni pubbliche, nonché degli amministratori, dipendenti o consulenti di società private che percepiscono finanziamenti pubblici. A quest'ultimo proposito rileva come il Governo stia predisponendo una propria proposta legislativa su tale tematica, evidenziando come potrebbe risultare preferibile affidare all'iniziativa del Governo le decisioni in merito, concentrando invece l'attenzione delle Commissioni riunite sulle problematiche affrontate dal Capo I della proposta di legge.
  In tale contesto ritiene comunque necessario procedere ad un ciclo di audizioni sul provvedimento, ad esempio ascoltando i rappresentanti della Banca d'Italia, della CONSOB e dell'Assonime, nonché studiosi ed esperti della materia.

  Giovanni PAGLIA (SEL) esprime fin d'ora la disponibilità del gruppo di SEL a discutere senza pregiudizi sui temi affrontati dalla proposta di legge, la quale non ha alcuna finalità di bandiera né, tantomeno, propagandistica, come dimostrato dal fatto che si è scelto di non introdurre nel testo indicazioni quantitative sui compensi degli amministratori delle società. Ritiene, comunque, che occorra compiere una riflessione approfondita sulle eventuali eccessive rigidità degli emolumenti riconosciuti ai manager pubblici, anche in considerazione del fatto che spesso essi si trovano a guidare imprese operanti in mercati protetti, che non devono pertanto confrontarsi con i vincoli di risultato imposti dalla concorrenza.

   Donatella FERRANTI, presidente, fa presente che i tempi per il prosieguo dell'esame del provvedimento, così come il quadro delle audizioni da svolgere, potranno essere definiti nell'ambito di una prossima riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite. Invita pertanto i gruppi a formalizzare le proprie richieste di audizione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.05.