CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 gennaio 2014
166.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 269

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 28 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.05.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, che modifica la direttiva 93/13/CEE e la direttiva 1999/44/CE e abroga la direttiva 85/577/CEE e la direttiva 97/7/CE.
Atto n. 59
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 22 gennaio 2014.

  Francesca BONOMO (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato), che illustra.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/89/UE che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE Pag. 270per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario.
Atto n. 60
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 22 gennaio 2014.

  Michele BORDO, presidente, ricorda che nella seduta dello scorso 22 gennaio il relatore, onorevole Tancredi, ha illustrato i contenuti del provvedimento e invita i colleghi ad intervenire.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2012/12/UE che modifica la direttiva 2001/112/CE concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana.
Atto n. 62
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 22 gennaio 2014.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Atto n. 50
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).
  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Paolo ALLI (NCD), relatore, ricorda preliminarmente che lo schema di decreto in esame traspone nel diritto interno la normativa europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, recata dalla direttiva 2010/63/UE.
  Prima di entrare nel merito del contenuto del provvedimento, sottolinea che in materia di sperimentazione sugli animali è in corso di svolgimento nel Paese un dibattito particolarmente acceso, che vede contrapposte, da un lato, talune associazioni a difesa degli animali, dall'altro, parte del mondo scientifico e della ricerca in campo medico e farmaceutico.
  Ciò premesso, rileva quindi che lo schema di decreto – su cui la XIV Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza – è volto ad attuare la delega contenuta nell'articolo 13 della legge di delegazione europea 96 del 2013, relativa al recepimento nell'ordinamento interno della direttiva n. 2010/63/UE «sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici».
  Ricorda che l'attuale disciplina interna in materia di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è posta dal D.Lgs. 116/1992, in attuazione della direttiva 86/609/UEE, abrogata dal 1o gennaio 2013, secondo i termini temporali di cui all'articolo 62 della direttiva 2010/63/UE.
  Il percorso di recepimento della direttiva 2010/63/UE è stato avviato dall'articolo 14 della legge Comunitaria 2011, il cui contenuto è stato successivamente trasfuso nell'articolo 13 della legge 96/2013, recante i criteri di delega al Governo.
  A questo proposito ricordo che l'articolo 2 della direttiva non consente di introdurre nella disciplina nazionale misure più rigorose di quelle previste dalla stessa direttiva. Le misure nazionali con livello di protezione più elevato rispetto a quelle delle direttiva, potevano essere mantenute, purché vigenti al 9 novembre 2010 e in tal caso, gli Stati membri interessati, Pag. 271avrebbero dovuto informare la Commissione della loro vigenza entro il 1o gennaio 2013.
  L'esame dell'articolo 13 della legge 96/2013, e la sua successiva approvazione, hanno provocato un acceso dibattito in seno alle Commissioni competenti delle Camere e all'interno del mondo scientifico, proprio perché alcune delle norme di delega previste recano criteri più restrittivi di quelli posti dalla normativa europea.
  Ricorda che l'esame del disegno della legge di delegazione europea 2013 è iniziato al Senato (S. 587), per poi passare alla Camera (C. 1326) dove la Commissione Affari sociali, nel corso della seduta del 24 luglio 2013, ha espresso parere favorevole, «facendo salva l'esigenza di prevedere che, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 13 del disegno di legge in titolo, il Governo si attenga alla disposizione di cui al comma 2 dello stesso articolo, ovvero all'obbligo di conformarsi alla normativa europea nell'applicazione dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1 del medesimo articolo 13».
  Lo schema in esame, pur riproducendo alla lettera buona parte della direttiva, introduce una parte discrezionale con un livello superiore e più restrittivo di regolazione rispetto a quello europeo, la cui applicazione viene in parte differita al 1o gennaio 2017.
  In particolare, vengono introdotte, in difformità della normativa europea in materia, le seguenti disposizioni:
   divieto degli esperimenti e delle procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici;
   divieto di utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche prevedendo una deroga per le esercitazioni didattiche nell'ambito della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell'alta formazione dei medici e dei veterinari;
   divieto di allevare, ma non di utilizzare, nel territorio nazionale cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione.

  Vengono differite al 1o gennaio 2017 le misure relative all'utilizzo di animali per le procedure per gli xenotrapianti e per le sostanze di abuso e quelle relative al riutilizzo di animali se non in procedure successive classificate «lieve» e «non risveglio».
  A questo proposito, la Relazione al provvedimento precisa che la scelta di intervenire con un intervento che supera il livello di regolazione europeo «persegue la finalità, ritenuta primaria e imprescindibile, di rafforzamento della tutela animale, fermo restando l'obiettivo primario delle ricerche finalizzate alla salute umana, anche in ragione delle sensibilità espresse al riguardo da parte delle popolazione (formulate attraverso le associazioni a difesa degli animali)».
  Per quanto riguarda il differimento di alcuni termini al 1o gennaio 2017, la Relazione argomenta tale scelta con la necessità di «consentire ai soggetti interessati opportuni tempi di adeguamento e di poter consentire lo sviluppo di approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni, rispetto a quello ottenuto dalle procedure che usano animali».
  Quanto al contenuto del provvedimento, ricorda che esso è strutturato in VI Capi per un totale di 42 articoli e 9 allegati.
  Il Capo I (articoli 1-6) reca disposizioni generali.
  L'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione, coincidente con quello tracciato dalla Direttiva 2010/63/UE definendo, al comma 1, gli aspetti peculiari della protezione degli animali da laboratorio. Il comma 2 consente l'utilizzo degli animali per finalità scientifiche e didattiche soltanto quando, per ottenere il risultato atteso, non sia possibile utilizzare un altro metodo o una strategia di sperimentazione che non implichi l'impiego di animali vivi (lo schema in esame rafforza il dettato della direttiva che dedica all'argomento Pag. 272l'articolo 4, il cui comma 1 stabilisce che gli Stati membri assicurano, ove possibile, che possa essere utilizzato in sostituzione di una procedura, un metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente soddisfacente che non comporti l'uso di animali vivi). I successivi commi 3 e 4 definiscono gli animali a cui si applica il decreto.
  L'articolo 2 definisce le fattispecie escluse dalla disciplina. Sottolinea che, mentre il D.Lgs. 116/1992 classifica come esperimento qualsiasi utilizzo degli animali in grado di causare dolore, sofferenza, angoscia o danni durevoli, lo schema di decreto, come la direttiva, esclude dal campo di applicazione quelle procedure che causano un dolore inferiore a quello provocato dall'inserimento di un ago, stabilendo così una soglia più oggettiva, anche se difficilmente quantificabile, per la valutazione del dolore, rispetto al D. Lgs. 116/1992.
  L'articolo 3 reca le definizioni. Contestualmente vengono individuate anche le Autorità competenti dell'applicazione del provvedimento in: Ministero della salute, regioni e province autonome, Comuni e Aziende sanitarie locali, secondo gli ambiti di rispettiva competenza, come specificato dal successivo articolo 4 per il Comune e l'Azienda sanitaria.
  L'articolo 5, comma 1, stabilisce le finalità per le quali possono essere autorizzate le procedure (identiche a quelle autorizzate dalla direttiva). Il comma 2, indica al contrario come procedure non autorizzabili, quelle finalizzate a: 1. la produzione e il controllo di materiale bellico; 2. i test tossicologici con i protocolli della Lethal Dose-LDSO e della LethalConcentration-LCSO, tranne i casi in cui risulti obbligatorio da legislazioni o farmacopee nazionali o internazionali; 3. la produzione di anticorpi monoclonali tramite l'induzione dell'ascite, qualora esistano altri metodi di produzione e non risulti obbligatorio da legislazioni o farmacopee nazionali o internazionali; 4. le ricerche sugli xenotrapianti precedentemente definiti come trapianti di uno o più organi effettuati tra animali di specie diverse; 5. le ricerche sulle sostanze d'abuso; 6. le esercitazioni didattiche svolte nelle scuole primarie, secondarie e nei corsi universitari, ad eccezione della facoltà di medicina veterinaria, nonché dell'alta formazione universitaria dei medici e dei medici veterinari.
  Ricorda in proposito, che a parte i punti 2. e 3., le altre finalità sono state definite in attuazione di quanto previsto dai criteri di delega ed in particolare dal criterio di cui all'articolo 13, comma 1, lettera f), della legge di delegazione europea 2013. Si ricorda inoltre che il comma 2 dell'articolo 5, ora illustrato, introduce un livello autorizzativo più restrittivo della direttiva.
  L'articolo 6, stabilisce i metodi di soppressione, e rinvia, come la direttiva, all'allegato IV che fornisce la lista dei metodi di eutanasia più idonei per le diverse specie animali.
  Il Capo II (artt. 6-10) reca disposizioni sull'uso di taluni animali nelle procedure.
  L'articolo 7, al comma 1, stabilisce un divieto generale di utilizzo delle specie in via di estinzione, ivi compresi i primati non umani. Il comma 2 prevede una deroga al divieto generale, autorizzabile dal Ministero della salute, qualora la specie utilizzata sia l'unica che consente di acquisire informazioni medico-scientifiche essenziali, o nel caso in cui le ricerche si propongano come fine la salvaguardia e la conservazione della specie oggetto della sperimentazione. Il comma 3 introduce una ulteriore deroga al divieto di impiego di primati non umani appartenenti alle specie in via di estinzione qualora le procedure siano condotte allo scopo di evitare, prevenire e diagnosticare o curare affezioni umane debilitanti e potenzialmente letali. Resta esclusa ogni possibilità di deroga al divieto generale di utilizzo delle scimmie antropomorfe.
  L'articolo 8 è dedicato ai primati non umani non appartenenti alle specie in via di estinzione. Al primo comma si introduce il divieto generale di impiego nelle procedure, valido anche per le scimmie antropomorfe. Al comma successivo è prevista la possibilità che il Ministero della Pag. 273salute autorizzi, in via eccezionale, l'impiego di primati non umani, escluse le scimmie antropomorfe, in talune procedure qualora queste siano finalizzate a specifici ed indicati scopi, nonché qualora sia scientificamente provata l'impossibilità di raggiungere lo scopo della procedura utilizzando specie diverse dai primati non umani.
  Ricorda che l'articolo 8 della direttiva, ugualmente dedicato ai primati non umani, stabilisce al comma 3 che le scimmie antropomorfe (scimpanzè, bonobi, gorilla e oranghi) non possono essere utilizzate nelle procedure, fatta salva la clausola di salvaguardia (articolo 55 della direttiva), in virtù della quale uno Stato Membro può adottare misure provvisorie che ne autorizzano l'uso, previa trasmissione alla Commissione delle informazioni necessarie affinché questa possa prendere una decisione entro 30 giorni dalla comunicazione.
  In merito agli articoli 7 e 8 segnalo che alcune limitazioni all'utilizzo dei primati non umani sono state introdotte in attuazione dei criteri di delega di cui all'articolo 13, commi 1, lettera b), e successivo comma 2 della legge di delegazione europea 2013, che vieta l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità. Il successivo comma 2 prescrive che, nell'applicazione dei principi e criteri direttivi, il Governo rispetti gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali.
  L'articolo 9 vieta l'impiego nella sperimentazione degli animali selvatici. La deroga, autorizzata dal Ministero della salute, è concessa unicamente nel caso in cui sia scientificamente provata l'impossibilità di ottenere i medesimi risultati utilizzando animali provenienti da allevamenti.
  L'articolo 10 stabilisce il principio generale secondo il quale gli animali appartenenti alle specie elencate nell'Allegato I del provvedimento in esame possono essere utilizzati nelle procedure solo se provenienti da stabilimenti autorizzati. Il comma 4 consente l'allevamento di animali geneticamente modificati solo previa valutazione di: rapporto tra danno e beneficio; effettiva necessità della manipolazione; possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali; potenziali rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente.
  La disposizione discende direttamente dal criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera e), della legge 96/2013. Nella direttiva, gli animali geneticamente modificati sono presi in considerazione per quanto riguarda la fine di una procedura (articolo 17 della direttiva) e nella classificazione della gravità delle procedure, nell'allegato VIII, Sezione III. Pertanto, sebbene la direttiva includa gli animali transgenici nella tutela del benessere degli animali di laboratorio, molta della dottrina ritiene che, per la loro condizione biologica e le caratteristiche fenotipiche non sempre facilmente valutabili e prevedibili, la normativa comunitaria in materia possa essere ancora implementata e precisata.
  Il comma 5 vieta l'allevamento di cani, gatti e primati non umani per le finalità di sperimentazione scientifica.
  Anche questa disposizione discende direttamente dal criterio di delega recato dall'articolo 13, comma 1, lettera g), della legge 96/2013. Il divieto non è contenuto nella direttiva, in tal senso, la norma reca una disciplina più restrittiva della direttiva, ponendosi in contrasto con l'articolo 2 della stessa.
  L'articolo 11 vieta l'utilizzo degli animali randagi o provenienti da canili o rifugi, nonché di animali selvatici appartenenti alle specie domestiche, consentendo tuttavia una deroga, autorizzata dal Ministero della salute, nel caso in cui gli studi abbiano come finalità la salute e il benessere di tali animali o riguardino gravi minacce per l'ambiente, l'uomo o gli animali.
  La Relazione al provvedimento sottolinea che la misura era già presente nell'ordinamento Pag. 274interno (articolo 2, comma 3, della legge 281/1991), d'altra parte la direttiva, all'articolo 11, comma 1, prevede che «Gli animali randagi e selvatici delle specie domestiche non sono utilizzati nelle procedure», disponendo deroghe in linea con quelle concesse dall'articolo 11 dello schema in esame.
  Il Capo III (articoli 12 –19) disciplina le procedure.
  L'articolo 12, al comma 1, stabilisce il principio generale secondo il quale l'utilizzo degli animali nelle procedure può aver luogo solo all'interno degli stabilimenti degli utilizzatori autorizzati e nell'ambito di un progetto di ricerca, anch'esso autorizzato; la deroga può essere concessa dal Ministero della salute sulla base di giustificazioni scientifiche. Il comma 3 prevede il divieto generale di eseguire interventi che rendano afoni gli animali, vietando altresì il commercio, l'acquisto e l'uso di detti animali. Come evidenziato dalla Relazione, anche in questo caso si tratta di una «misura più rigorosa» rispetto a quelle previste dalla direttiva che è stato possibile mantenere in quanto anch'essa già vigente nell’ ordinamento nazionale (articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 116/1992) e preventivamente comunicata, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva.
  L'articolo 13 introduce e disciplina il principio della sostituzione della riduzione e del perfezionamento dell'uso degli animali a fini scientifici.
  L'articolo 14, al comma 1, prevede il divieto generale di attuare esperimenti e procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici. Si ricorda che tale divieto è contenuto nei criteri di delega ed in particolare nell'articolo 13, comma 1, lettera d). La relazione ricorda che tale divieto deve tenere conto di quanto disposto dal successivo comma 2 della legge di delegazione europea 2013, secondo il quale, nell'applicazione dei principi e criteri direttivi, il Governo è tenuto a rispettare gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali. Il successivo comma 2 dello schema in esame, consente infatti, fatto salvo il divieto generale posto precedentemente, le procedure condotte in assenza di anestesia generale o locale secondo quanto disposto dalla legislazione o farmacopea nazionale, europea o internazionale, ovvero qualora si ritenga che l'anestesia è per l'animale più traumatica della stessa procedura ovvero risulta essere incompatibile con le finalità della stessa. I successivi commi stabiliscono che, cessati gli effetti dell'anestesia o in assenza della stessa, gli animali sono immediatamente sottoposti ad un trattamento analgesico adeguato o ad un altro metodo appropriato per ridurre la percezione del dolore o della sofferenza; ciò salvo non sia incompatibile con le finalità della procedura.
  Ricorda che per quanto riguarda l'anestesia, l'articolo 14, paragrafo 1 della direttiva, recita: «Gli Stati membri assicurano che, salvo non sia opportuno, le procedure siano effettuate sotto anestesia totale o locale, e che siano impiegati analgesici o un altro metodo appropriato per ridurre al minimo dolore sofferenza e angoscia. Le procedure che comportano gravi lesioni che possono causare intenso dolore non sono effettuate senza anestesia». Il successivo paragrafo 2 aggiunge: «Allorché si decide sull'opportunità di ricorrere all'anestesia si tiene conto dei seguenti fattori: a) se si ritiene che l'anestesia sia più traumatica per l'animale della procedura stessa; e b) se l'anestesia è incompatibile con lo scopo della procedura». Lo schema in esame contiene pertanto una misura più rigorosa di quella stabilita dalla direttiva, sebbene, le successive deroghe rendano il divieto attuabile negli stessi casi previsti dalla normativa europea.
  L'articolo 15 classifica la gravità delle procedure secondo i criteri indicati dalla direttiva ed elencati nell'Allegato VII in: «non risveglio», «lieve», «moderata» e «grave». Il comma 2 vieta le procedure che comportano sugli animali dolori, sofferenze o distress intensi che possono protrarsi e non possono essere alleviati. La Pag. 275direttiva contiene al pari il divieto di attuare procedure che comportano sugli animali dolori, sofferenze o distress intensi, ma fa salva la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 55, paragrafo 3, della stessa direttiva.
  L'articolo 16 prevede il riutilizzo degli animali da laboratorio in più procedure qualora ricorrano alcune specifiche condizioni. La Relazione segnala che la norma attua il criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera c), della legge di delegazione europea 2013: «considerare la necessità di sottoporre ad altre sperimentazioni un animale che sia già stato utilizzato in una procedura, fino a quelle in cui l'effettiva gravità delle procedure precedenti era classificata come «moderata» e quella successiva appartenga allo stesso livello di dolore o sia classificata come «lieve» o «non risveglio».
  La norma recata dall'articolo 16, nella parte attuabile dal 2017, contiene norme più rigorose di quelle previste dalla direttiva, ma anche di quelle previste dal criterio di delega.
  Il comma 2 dell'articolo in esame prevede, in linea con la direttiva, che, in casi eccezionali, il Ministero della salute possa autorizzare il riutilizzo di un animale, già usato in procedure classificate come «gravi», previo parere favorevole del veterinario designato nell'ambito del progetto, anche in procedure classificate come «lieve», «moderata» o «non risveglio».
  L'articolo 17 introduce i parametri che definiscono la fine della procedura.
  L'articolo 18, stabilisce che il Ministero della salute promuova, senza nuovi oneri per lo Stato, la definizione di programmi per la condivisione, tra gli utilizzatori, di organi e tessuti di animali allevati e soppressi a fini sperimentali.
  L'articolo 19 reca norme sulla liberazione e il reinserimento degli animali, trasponendo nel diritto interno quanto previsto dalla direttiva (artt. 19 e 29).
  Il Capo IV (articoli 20-35) reca le autorizzazioni e i requisiti per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori.
  L'articolo 20 reca la procedura di autorizzazione per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori rinviando a quanto precedentemente stabilito all'articolo 4 sulle Autorità di competenza.
  L'articolo 21 prevede che, qualora l'autorità competente successivamente al rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di attività di allevamento, fornitura o di utilizzazione degli animali, accerti il mancato rispetto dei requisiti, siano prescritte misure correttive da attuare entro un termine definito o sia disposta la sospensione per tre mesi e, nei casi più gravi, la revoca dell'autorizzazione.
  L'articolo 22, con l'Allegato III dello schema in esame, cui fa espresso rinvio, è dedicato ai requisiti strutturali degli impianti, delle attrezzature nonché alla sistemazione e cura degli animali.
  L'articolo 24 prevede che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore disponga di medico veterinario designato, esperto in medicina degli animali da laboratorio ed in possesso di requisiti di esperienza e di formazione specifica.
  Come previsto dalla direttiva (articolo 26), l'articolo 25 prevede che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore istituisca un Organismo preposto al benessere degli animali, composto almeno dalla persona o dalle persone responsabili del benessere e della cura degli animali, dal veterinario e, nel caso di un utilizzatore, da un membro scientifico.
  L'articolo 26, comma 1, disciplina l'attività dell'Organismo preposto al benessere degli animali individuandone i compiti minimi.
  L'articolo 27, stabilisce, conformemente a quanto disposto dall'articolo 30 della direttiva, che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore tenga presso ogni stabilimento un registro non modificabile, di tipo informatico o cartaceo, con le informazioni necessarie ai fini della tracciabilità degli animali. Il registro, aggiornato con cadenza settimanale (previsione non discendente dalla direttiva) è tenuto per un minimo di cinque anni e messo a disposizione dell'Autorità competente.
  L'articolo 28 traspone nel diritto interno le norme relative all'obbligo di istituzione di un fascicolo individuale per Pag. 276ogni cane, gatto e primate non umano, contenute nell'articolo 31 della direttiva.
  L'articolo 29, al pari dell'articolo 32 della direttiva, stabilisce che ogni cane, gatto o primate non umano sia contrassegnato con un marchio permanente di identificazione individuale, da apporre entro la fine dello svezzamento, nel modo meno doloroso possibile.
  L'articolo 30 stabilisce che le Autorità competenti effettuino ispezioni regolari sugli allevatori, sui fornitori e sugli utilizzatori ed i rispettivi stabilimenti, nonché sull'esecuzione del progetto per verificarne la conformità con i requisiti previsti dalla legge.
  L'articolo 31 traspone nel diritto interno gli articoli della direttiva in materia di attività ispettiva, stabilendo al comma 1 il principio generale secondo il quale l'esecuzione di ogni progetto di ricerca è soggetta al rilascio preventivo, da parte del Ministero della salute, di una specifica autorizzazione, in conformità della quale deve essere di conseguenza eseguito il progetto. A differenza di quanto stabilito dalla direttiva, l'Organismo del benessere animale è l'organo competente della trasmissione della domanda, inoltrata per via telematica e certificata al Ministero e per conoscenza alla Azienda sanitaria competente (nella direttiva la competenza è in capo all'utilizzatore o alla persona responsabile del progetto). Inoltre il comma 3, rafforza l'iter autorizzativo previsto dalla direttiva, con la previsione obbligatoria di una valutazione tecnico-scientifica richiesta dal Ministero della salute all'Istituto superiore di sanità o ad altri enti tecnico-scientifici ovvero al Consiglio superiore di sanità in caso di utilizzo di primati non umani, cani, gatti ed esemplari di specie in via di estinzione.
  Ricorda al proposito che l'articolo 13, comma 1, lettera b), quale criterio di delega ha vietato l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità.
  L'articolo 32 disciplina le modalità di effettuazione della valutazione retrospettiva del progetto (articolo 39 della direttiva) da parte del Ministero della Salute, nel caso in cui questa sia stata prevista dalla autorizzazione.
  L'articolo 33 ammette una procedura amministrativa semplificata (articolo 42 della direttiva) per i progetti di ricerca che prevedono l'utilizzo di animali a fini di produzione o diagnostici nei quali siano presenti procedure classificate come «non risveglio», «lievi» o «moderate» e che non contemplano l'utilizzo di primati non umani.
  L'articolo 34 stabilisce che la sintesi non tecnica del progetto, di cui si garantisce la tutela della proprietà intellettuale e delle informazioni riservate ivi riportate, compilata dal responsabile del progetto, deve avere come contenuto minimo almeno le informazioni specificate dall'Allegato IX dello schema in esame.
  L'articolo 35 stabilisce che la documentazione relativa al progetto, ivi compresa l'autorizzazione dello stesso, nonché il risultato della valutazione retrospettiva, deve essere conservata per almeno tre anni dalla data di scadenza dell'autorizzazione, o comunque sino al completamento della valutazione retrospettiva ove prevista, e messa a disposizione del Ministero della salute.
  Il Capo V (articoli 36-38) reca misure per evitare duplicazioni e approcci alternativi.
  L'articolo 36 traspone nel diritto interno l'articolo 46 della direttiva che pone il principio generale della riduzione di duplicazioni.
  L'articolo 37 al comma 1 stabilisce, in attuazione al criterio di delega di cui al comma 1, lettera a) dell'articolo 13 della legge di delegazione europea 2013 di «orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi», e in completo accordo con l'articolo 47, paragrafo 1, della direttiva, impegna il Ministero della salute a contribuire allo sviluppo di approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello, o un Pag. 277livello più alto d'informazione di quello ottenuto nelle procedure che usano animali, che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose.
  Come previsto dall'articolo 49 della direttiva, l'articolo 38 dello schema in esame istituisce, senza nuovi o maggiori oneri, il Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici. Il Comitato, istituito presso il Ministero della salute, può avvalersi di esperti in relazione agli specifici ambiti di trattazione.
  Il Capo VI (articoli 39-42) reca le disposizioni finali.
  L'articolo 39, al comma 1, prevede l'adozione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la rideterminazione delle tariffe spettanti al Ministero per l'esame delle domande di autorizzazione, di modifica o rinnovo all'esercizio di uno stabilimento di utilizzazione di animali (di cui all'articolo 20), per l'esame delle domande di autorizzazione, di modifica o di rinnovo dei progetti (articolo 31), per l'esame della procedura amministrativa semplificata (di cui all'articolo 33), nonché per l'attività collegate alla valutazione retrospettiva (di cui all'articolo 32). Il comma 2 specifica che l'entrate così ottenute sono riassegnate, con decreto del MEF, ad appositi capitoli del Ministero della salute per le attività sopra elencate.
  L'articolo 40 reca le fattispecie sanzionatorie previste per la violazione delle disposizioni contenute nel testo in esame. L'articolo risponde al criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera h) «definire un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del Titolo IX-bis del libro II del codice penale – Dei delitti contro il sentimento per gli animali».
  L'articolo 41 reca al comma 1 la clausola di invarianza finanziaria per gli adempimenti in materia di attività di vigilanza, ispettiva e di controllo, coincidenti con quelli già previsti dalla normativa vigente (cfr. articoli 7, 8, 9 e 12 del D.Lgs. 116/1992 e articolo 6 dalla legge 833/1978). Il comma 2 dell'articolo 41 fissa invece la copertura finanziaria degli adempimenti in tema di sviluppo dei metodi alternativi (articolo 37, comma 1).
  L'articolo 42 reca, per alcuni adempimenti, dei differimenti di termini. Per consentire alle attività interessate opportuni tempi di adeguamento, l'articolo 42, comma 1, differisce, al 1 gennaio 2017, l'entrata in vigore dei seguenti divieti:
   per le ricerche sugli xenotrapianti (articolo 5, comma 2, lettera d);
   per le ricerche sulle sostanze di abuso (articolo 5, comma 2, lettera e);
   per il riutilizzo degli animali se non in procedure successive classificate come «lieve» o «non risveglio» (articolo 16, comma 1, lettera d, da cui discende la contestuale abrogazione della precedente lettera c).

  Il comma 2 stabilisce che il provvedimento in esame non si applica ai progetti di ricerca già autorizzati ovvero comunicati ai sensi del D.Lgs. 116/1992, a cui continuano ad applicarsi le disposizioni di riferimento. Il comma 3 infine stabilisce che, dalla data di entra in vigore del presente provvedimento, sono abrogati il D.Lgs. 116/1992, nonché la legge 924/1931.
  Ricorda conclusivamente che il 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione inviando all'Italia una lettera di messa in mora (ex articolo 258 TFUE) per il mancato recepimento della direttiva 2010/63/UE (procedura di infrazione n. 2013/42), dando come termine ultimo per conformarsi il 2 aprile 2013. La direttiva avrebbe dovuto essere attuata nei singoli Stati membri entro il 10 novembre 2012.

  Vega COLONNESE (M5S) evidenzia che il suo gruppo ha svolto sul tema oggetto dello schema di decreto diversi colloqui con associazioni animaliste, tra le quali la LAV – Lega anti vivisezione, dai quali sono emersi alcuni profili critici in ordine alla rispondenza tra lo schema di decreto e quanto previsto dalla legge di delegazione Pag. 278europea per il 2013 e dalla direttiva oggetto di recepimento.
  Sottopone pertanto alla valutazione dei colleghi alcuni aspetti che ritiene opportuno evidenziare nel parere che la XIV Commissione è chiamata ad esprimere, formulando a tal fine alcune condizioni.
  In particolare, evidenzia che l'articolo 1, comma 3, dello schema – in conformità con la direttiva oggetto di recepimento – amplia l'ambito di applicazione della disciplina di tutela, includendovi, accanto ai vertebrati vivi, le forme vive fetali di mammiferi (tale estensione è circoscritta alla fase corrispondente all'ultimo terzo del loro normale sviluppo) e i cefalopodi vivi. Il comma 4 dello stesso articolo 1 specifica che rientra nell'ambito di applicazione anche il caso in cui la procedura si applichi sull'animale vertebrato prima delle fasi di sviluppo menzionate, qualora sia probabile che gli effetti – di dolore, sofferenza, stress-angoscia o di danno prolungato – sussistano dopo il raggiungimento della medesima fase di sviluppo.
  Le procedure (fonte di danno prolungato o di dolore, sofferenza o stress-angoscia per l'animale) sono definite dall'articolo 3, comma 1, il quale (insieme con il precedente articolo 2, comma 1, lettera f)) inserisce – rispetto alla corrispondente norma interna vigente – il parametro di riferimento del livello di dolore (o sofferenza o danno prolungato o stress-angoscia) provocato dall'inserimento di un ago secondo le buone prassi veterinarie (parametro previsto anche dalla direttiva oggetto di recepimento); di conseguenza, le procedure che determinino un livello quantomeno equivalente di dolore (o sofferenza o danno prolungato o stress-angoscia) rientrano nella disciplina restrittiva.
  Le finalità per le quali sono ammesse quelle procedure sono stabilite dall'articolo 5, comma 1, in conformità con la corrispondente norma della direttiva oggetto di recepimento. Rispetto alle norme interne vigenti, si fa riferimento anche alla finalità di ricerca, applicata o traslazionale, intesa al miglioramento delle condizioni di produzione per gli animali allevati a fini zootecnici o alle indagini medico-legali; inoltre, si ammette, senza condizioni, la finalità della ricerca di base, mentre la norma interna vigente fa riferimento agli esperimenti preordinati al conseguimento di acquisizioni scientifiche di base solo per il caso in cui queste ultime siano propedeutiche agli altri esperimenti ammessi. Il comma 2 dell'articolo 5 esclude l'ammissibilità delle procedure per alcune fattispecie. Le esclusioni di cui alle lettere a), d), e) e f)- esclusioni tra le quali rientra quella concernente gli xenotrapianti, cioè i trapianti di uno o più organi tra animali di specie diverse – corrispondono al principio di delega di cui alla lettera f)del citato articolo 13, comma 1, della legge n. 96, mentre le altre esclusioni non risultano specificamente previste dalla disciplina di delega.
  Rileva che, ai sensi dell'articolo 42, comma 1, le esclusioni di cui alle citate lettere d) ed e) – tra cui quella concernente gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso – operano soltanto a decorrere dal 1o gennaio 2017. A tale riguardo, ritiene che opportuno che nella proposta di parere si esprima parere non ostativo a condizione che si introducano tali divieti per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso con effetto immediato e non a far data dal 1 Gennaio 2017 e sia vietato espressamente qualsiasi esperimento e/o esercitazione per le altre formazioni universitarie diverse dalla facoltà di medicina-veterinaria.
  Gli articoli 7 e 8 ridefiniscono le fattispecie in cui il Ministero della salute può autorizzare l'applicazione delle procedure sugli animali in via di estinzione e sui primati non umani (l'autorizzazione non può riguardare le scimmie antropomorfe).
  A tale riguardo, occorre inserire nel parere una condizione volta a prevedere che sia esplicitato – in conformità alla direttiva oggetto di recepimento – il divieto di autorizzazione per le scimmie antropomorfe anche nell'articolo 7, comma 3. Rileva, inoltre, che, per le autorizzazioni ministeriali in esame, la disciplina di delega prevede il parere del Pag. 279Consiglio superiore di sanità, il quale non appare contemplato dal testo in esame.
  I commi 4 e 5 dell'articolo 10 – che traspongono in norme i principi di delega di cui al comma 1, lettere e) e g), del citato articolo 13 della legge n. 96 – introducono, rispettivamente, le condizioni per l'allevamento di animali geneticamente modificati e il divieto di allevamento, per le finalità di cui al provvedimento in esame, di cani, gatti e primati non umani.
  A tale riguardo, ritiene opportuno formulare nel parere una condizione volta ad introdurre tali condizioni e divieti relativi all'allevamento, ferme restando le norme restrittive sull'impiego di cani, gatti e primati non umani. Occorre inoltre mantenere i profili di compatibilità con la normativa comunitaria – che, come ricordato, consente che le disposizioni interne assicurino una protezione più estesa degli animali utilizzati a fini scientifici, rispetto a quella prevista a livello europeo, solo qualora le stesse fossero già vigenti alla data del 9 novembre 2010 – e prevedere espressamente che la generazione di ceppi di animali geneticamente modificati deve tenere conto della valutazione del rapporto tra danno e benefici, dell'effettiva necessità della manipolazione e del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali, valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l'ambiente.
  Riguardo ai primati non umani (diversi dalle scimmie antropomorfe), osserva che l'articolo 7, comma 3, e l'articolo 8 prevedono procedure di autorizzazione eccezionale al loro impiego, impiego che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 10, a decorrere dalle date riportate nell'Allegato II, può riguardare soltanto esemplari discendenti da soggetti nati in cattività o esemplari provenienti da colonie autosufficienti. In merito alla specie Uistitì, l'Allegato II reca il termine, già trascorso, del 1o gennaio 2013. A tale riguardo, evidenzia la necessità di inserire nel parere una condizione, al fine di valutare la congruità di tale data iniziale, anche alla luce delle norme transitorie e finali di cui all'articolo 42.
  Riguardo ai cani e ai gatti, l'impiego per gli esperimenti è consentito solo in base a una procedura di autorizzazione eccezionale, rilasciata dal Ministero della salute secondo la disciplina di cui al comma 2 dell’ articolo 11. Anche in questo caso occorre prevedere una condizione affinché, per quest'ultima procedura di autorizzazione, sia inserito l'obbligo del parere del Consiglio superiore di sanità, che non appare contemplato dal testo in esame.
  L'articolo 13 definisce i criteri nella scelta delle procedure e dei metodi, in termini sostanzialmente identici all'articolo 13 della direttiva oggetto di recepimento, ad eccezione della previsione aggiuntiva (posta dallo schema di decreto) del criterio del più favorevole nel rapporto tra danno e beneficio, criterio non contemplato dalla disciplina interna vigente. Occorre inserire nel parere una condizione che inviti il Governo a valutare i profili di conformità di tale criterio con la direttiva oggetto di recepimento, la quale consente che le disposizioni interne assicurino una protezione più estesa (rispetto a quella prevista nella medesima direttiva) solo qualora le stesse fossero già vigenti alla data del 9 novembre 2010.
  L'articolo 14 comma 1 così come proposto lascia la possibilità di continuare ad attuare test dolorosi e angoscianti così come ad esempio irradiazione o chemioterapia in dose subletale, sospensione di cibo, impianto chirurgico di catetere e dispositivi biomedici, induzione di tumori dolorosi e creazione di animali geneticamente modificati. A tale riguardo, occorre prevedere una condizione volta a prevedere il divieto degli esperimenti e delle procedure che non prevedono anestesia o analgesia qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici, e a prevedere un coordinamento più chiaro tra il disposto del primo e secondo comma. Osserva, inoltre, che la disciplina di delega fa salvo, nell'esercizio della delega, il rispetto degli obblighi derivanti da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali.Pag. 280
  L'articolo 16 concerne i casi e le condizioni in cui è ammesso impiegare lo stesso animale in procedure successive a una già effettuata. Nel comma 1, i criteri di cui alle lettere c) e d) – relativi alle categorie (sotto il profilo della gravità) delle procedure successive ammesse – si sovrappongono: in base alla norma transitoria di cui all'articolo 42, comma 1, il criterio di cui alla lettera c) opera fino al 31 dicembre 2016, mentre, a decorrere dal 1o gennaio 2017, vale il criterio di cui alla lettera d). Per ciò che attiene alla procedura di autorizzazione eccezionale di cui al comma 2, relativa all'ipotesi in cui un animale sia già stato sottoposto a una procedura «grave», è escluso il riutilizzo in procedure «gravi». A tale riguardo, si dovrebbe porre la condizione che la corrispondente norma della direttiva oggetto di recepimento ammetta un'autorizzazione eccezionale di riutilizzo – per una sola volta – anche in procedure che comportino «dolore o angoscia intensi o una sofferenza equivalente». La disciplina di delega pare formulare un principio ancora più restrittivo, sembrando escludere, per l'ipotesi in cui la prima procedura fosse grave, la possibilità di una qualsiasi procedura successiva. In ogni caso, dal momento che il comma 2 in oggetto fa riferimento alla lettera c) del comma 1, occorre chiarire se tale rinvio si intenda valido anche dopo il 31 dicembre 2016, in quanto, l'articolo 42, comma 1, dispone l'abrogazione della lettera c) a decorrere dal 1o gennaio 2017.
  L'articolo 18 prevede che, al fine di ridurre il numero degli animali impiegati nelle procedure, il Ministero della salute promuova la definizione di programmi per la condivisione, tra gli utilizzatori interessati, di organi e tessuti di animali allevati e soppressi ai fini sperimentali. Al riguardo, la Commissione dovrebbe inserire una condizione volta a far sì che, nella norma in esame, il riferimento alla circostanza che gli animali fossero stati allevati avvenga alla luce della corrispondente norma della direttiva oggetto di recepimento, la quale fa riferimento alla sola condizione della soppressione.
  I requisiti degli stabilimenti di allevamento o di fornitura degli animali destinati ai fini in esame e i requisiti degli stabilimenti di utilizzazione e dei gestori di questi ultimi, nonché le relative autorizzazioni, sono stabiliti dagli articoli da 20 a 22. Sul punto occorre formulare una condizione volta a far sì che, in relazione all'articolo 4, comma 2, agli animali di cui all'Allegato I , per gli stabilimenti di allevamento o di fornitura, non sia limitata l'ambito dell'esigenza di autorizzazione, atteso che tale limitazione non è presente nella direttiva oggetto di recepimento.
  Alcune norme specifiche sull'esercizio degli stabilimenti, con riferimento ai cani, ai gatti e ai primati non umani, sono contenute negli articoli 28 e 29. A tale riguardo, occorre valutare – a tal fine inserendo una condizione nel parere – se tali disposizioni siano eventualmente contrastanti con il divieto di allevamento – di cui all'articolo 10, comma 5 – di cani, gatti e primati non umani, mentre il mancato recepimento dell'articolo 28 della direttiva 2010/63/UE appare connesso proprio al divieto di allevamento dei primati non umani.
  Le procedure di autorizzazione, da parte del Ministero della salute, dei progetti di ricerca sono dettate dagli articoli 31 e 33.
  L'eventuale valutazione retrospettiva del progetto, da parte del medesimo Ministero, è prevista dall’ articolo 32.
  La pubblicazione a cura del Ministero della «sintesi non tecnica» del progetto, sintesi richiesta nell'ambito della procedura ordinaria di autorizzazione, di cui all'articolo 31, è prevista dall'articolo 34. Rileva al riguardo che la locuzione «ove prevista», nel comma 2, lettera b), dell'articolo 31, è impropria e deve dunque essere eliminata, in quanto la direttiva 2010/63/UE richiede in via tassativa la presentazione, nell'ambito della procedura ordinaria di autorizzazione, della sintesi non tecnica. Anche su questo aspetto auspica la formulazione di una condizione.
  L'articolo 37 prevede solo genericamente la ricerca all'impiego di metodi alternativi. Occorre sul punto formulare Pag. 281una condizione affinché sia chiaramente richiamata la promozione di metodi alternativi e sia introdotta una norma che incentivi la riconversione di stabulari e/o lo sviluppo di progetti in questo ambito.
  L'articolo 40 prevede un quadro sanzionatorio non dissuasivo, le sanzioni pecuniarie sono estremamente basse e non coprono tutti i divieti e vincoli espressi nell'articolato del decreto legge. Anche le misure prese nei casi di gravi negligenze da parte del personale non sono assolutamente «appropriate, effettive, proporzionate e dissuasive.»
  A tale riguardo, occorrerebbe formulare una condizione volta a prevedere che sia definito un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del titolo IX-bis del libro II del codice penale.
  L'articolo 41 prevede la destinazione di una quota nell'ambito di fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi. La quota prevista è limitata al 16 per cento (ovvero 160.000 euro all'anno), quindi assolutamente irrisoria per promuovere lo sviluppo e la diffusione delle alternative, inoltre è destinata a soli IZS penalizzando tutti gli altri centri di Ricerca /Università che lavorano in questo ambito o vorrebbero intraprendere queste tecniche. L'84 per cento è invece destinato alla formazione di chi lavora con gli animali: una percentuale altissima non giustificabile. Inoltre, non viene nemmeno prevista la « banca dei dati nazionali sul recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi». Sul punto occorre formulare una condizione, affinché sia destinata annualmente una quota adeguata nell'ambito di fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi, compatibilmente con gli impegni già assunti a legislazione vigente, a corsi periodici di formazione e aggiornamenti degli stabilimenti autorizzati, nonché siano adottate tutte le misure ritenute opportune al fine di incoraggiare la ricerca in questo settore con l'obbligo per l'autorità competente di comunicare, tramite la banca dei dati nazionali, il recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi.
  Il comma 2 dell'articolo 42 specifica che la disciplina recata dal provvedimento in esame non si applica ai progetti di ricerca già autorizzati o comunicati prima della sua entrata in vigore. Al riguardo, occorre formulare una condizione affinché nello schema di decreto sia inserita la norma transitoria posta nella direttiva 2010/63/UE, che richiede, in ogni caso, il rilascio dell'autorizzazione, secondo la nuova disciplina, per la fase attuativa dei progetti di ricerca che si estenda oltre il 31 dicembre 2017; occorre inoltre che si chiarisca il regime autorizzatorio per gli stabilimenti già in esercizio.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
Atto n. 48.
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/82/UE intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale.
Atto n. 52.

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