CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 20 gennaio 2014
160.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 13

SEDE REFERENTE

  Lunedì 20 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE.

  La seduta comincia alle 12.30.

DL 133/13: Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
C. 1941 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 15 gennaio scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che sono state presentate circa 145 proposte emendative (vedi allegato), alcune delle quali presentano profili di criticità relativamente alla loro ammissibilità.
  In proposito, ricorda che, ai sensi del comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento, non possono ritenersi ammissibili le proposte emendative che non siano strettamente attinenti alle materie oggetto dei decreti-legge all'esame della Camera.
  Sottolinea come tale criterio risulti più restrittivo di quello dettato, con riferimento agli ordinari progetti di legge, dall'articolo 89 del medesimo Regolamento, il quale attribuisce al Presidente la facoltà di dichiarare inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che siano estranei all'oggetto del provvedimento. Ricorda, inoltre, come la lettera circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997 sull'istruttoria legislativa precisi che, ai fini del vaglio di ammissibilità delle proposte emendative, la materia deve essere valutata con riferimento «ai singoli oggetti e alla specifica problematica affrontata dall'intervento normativo».
  Evidenzia quindi come la necessità di rispettare rigorosamente tali criteri si imponga ancor più a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012 e di alcuni richiami del Presidente della Repubblica nel corso della precedente e di questa Legislatura.
  In particolare, ricorda che nella sentenza n. 22 del 2012 la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale del comma 2-quater dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 del 2010, in materia Pag. 14di proroga dei termini, introdotto nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione, ha sottolineato come «l'innesto nell’iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa possa certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione». «Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o no, in legge un decreto-legge».
  Rileva come il principio della sostanziale omogeneità delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge sia stato altresì richiamato nel messaggio del 29 marzo 2002, con il quale il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, ha rinviato alle Camere il disegno di legge di conversione del decreto legge 25 gennaio 2002, n. 4, e sia stato ribadito nella lettera del 22 febbraio 2011, inviata dal Capo dello Stato ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio dei ministri nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge. Ricorda inoltre che il 23 febbraio 2012 il Presidente della Repubblica ha altresì inviato un'ulteriore lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri, in cui ha sottolineato «la necessità di attenersi, nel valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge, a criteri di stretta attinenza, al fine di non esporre disposizioni a rischio di annullamento da parte della Corte Costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali». Fa presente che da ultimo il Presidente, in una missiva del 27 dicembre scorso inviata sempre ai Presidenti delle Camere il Presidente della Repubblica ha riproposto la necessità di verificare con il massimo rigore l'ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione.
  Evidenzia inoltre come la Giunta per il regolamento della Camera, in un parere recentemente espresso nella Legislatura in corso, abbia affermato che: «a) ad eccezione dei disegni di legge che compongono la manovra economica e che rechino disposizioni incidenti su una pluralità di materie, le norme di copertura che intervengono su materie non strettamente attinenti a quelle oggetto di un decreto-legge sono da ritenersi normalmente inammissibili. In particolare, gli emendamenti contenenti norme di copertura finanziaria, anche a carattere compensativo, sono considerati ammissibili ove la clausola di copertura abbia carattere accessorio, strumentale e proporzionato rispetto alla norma principale cui si accompagna e non ecceda la sua funzione compensativa; b) ove invece la parte di copertura rappresenti il contenuto prevalente dell'emendamento, essa sarà ritenuta ammissibile solo quando risulti strettamente attinente alle materie trattate dal decreto-legge».
  In tale contesto, evidenzia come le Presidenze delle Commissioni siano pertanto chiamate ad applicare rigorosamente le suddette disposizioni regolamentari e quanto previsto dalla citata circolare del Presidente della Camera dei deputati del 1997.
  Con riferimento al contenuto proprio del provvedimento in esame, rileva innanzitutto come, per quanto riguarda gli aspetti tributari, recati principalmente dagli articoli 1 e 2, l'articolo 1 realizzi un ulteriore passo della revisione dell'imposizione comunale sugli immobili, abolendo la seconda rata IMU per l'anno 2013 per una serie di immobili indicati dalla disposizione, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013 nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto all'aliquota di base, regoli il meccanismo di ristoro in favore dei comuni del minor gettito conseguente dall'abolizione e disciplini la fattispecie di insufficiente versamento della seconda rata IMU. Pag. 15In merito all'articolo 2, rileva come esso detti invece disposizioni relative agli acconti IRES ed IRAP per talune categorie di contribuenti (enti creditizi, finanziari e assicurativi e la Banca d'Italia), introduca un'addizionale temporanea dell'aliquota IRES nei confronti degli stessi soggetti, introduca un acconto a carico dei soggetti che applicano l'imposta sostitutiva sul regime del risparmio amministrato, oltre a dettare disposizioni specifiche per i soggetti che hanno esercitato l'opzione per la tassazione di gruppo e per la trasparenza fiscale e a modificare la clausola di salvaguardia contenuta nel comma 4 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 102 del 2013 (che incide sugli acconti IRES e IRAP e sulla misura delle accise di alcuni prodotti).
  Ricorda che l'articolo 3 detta disposizioni in materia di dismissione di immobili pubblici.
  Per quanto concerne le parti del provvedimento relative alla Banca d'Italia, recate dagli articoli 4, 5 e 6, sottolinea come esse riguardino l'aumento del capitale della Banca, il regime dei dividendi attribuibili ai partecipanti al capitale, i limiti al possesso delle quote, le categorie e i requisiti degli investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale dell'Istituto, l'acquisto da parte della Banca delle quote, la loro dematerializzazione e l'iscrizione a bilancio delle stesse, oltre a dettare disposizioni concernenti gli organi della medesima Banca d'Italia e a disciplinare l'adeguamento dello Statuto alle disposizioni introdotte dal decreto-legge.
  Alla luce dei predetti criteri, rileva dunque come siano da considerarsi inammissibili le seguenti proposte emendative, che non recano disposizioni strettamente connesse o consequenziali a quelle contenute nel testo del decreto-legge:
   Paglia 1.12, limitatamente al comma 1-ter, il quale prevede la piena concorrenza al reddito imponibile IRPEF del reddito degli immobili a uso abitativo diversi dall'abitazione principale e non locati;
   Busin 1.68, il quale stanzia, per il 2014, un contributo, volto alla riduzione del debito, in favore delle regioni che non hanno usufruito delle risorse, di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2013, per il pagamento dei debiti pregressi;
   Busin 1.67, il quale interviene sulla disciplina di pagamento dei debiti degli enti locali di cui al decreto-legge n. 35 del 2013, con particolare riferimento alla disciplina del patto di stabilità interno;
   Busin 1.69, il quale incrementa, per il 2014, la quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA attribuita alle regioni confinanti con la Svizzera in relazione alle cessioni di carburante per autotrazione;
   Paglia 1.43, il quale apporta una serie di modifiche all'imposta di soggiorno istituita dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011;
   Busin 1.64, il quale interviene sulla disciplina del patto di stabilità interno relativo al 2013, in particolare per quanto riguarda le sanzioni per il mancato rispetto del patto per i comuni superiori a 5.000 abitanti;
   Busin 1.54, il quale reca una norma di interpretazione autentica di una norma del decreto-legge n. 16 del 2012, al fine di prevedere che l'accesso ai servizi di consultazione delle banche dati ipotecaria e catastale è gratuita ed esente da tributi, se effettuata presso gli uffici catastali nei comuni dove è in atto la sperimentazione per il decentramento delle funzioni in materia;
   Busin 1.58, il quale interviene sulla verifica, da parte della Corte dei conti, degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno;
   Paglia 1.45, il quale intende precisare che gli effetti fiscali delle domande di variazione della categoria catastale, ai fini del riconoscimento del carattere di ruralità degli immobili, si intendono prodotti a far data dal momento della domanda di variazione;Pag. 16
   Busin 1.62, il quale interviene sul patto di stabilità interno per le regioni a statuto ordinario, in particolare per quanto riguarda le modalità di calcolo degli obiettivi di finanza pubblica;
   gli identici Paglia 1.44 e Busin 1.55, i quali prevedono che le planimetrie catastali delle unità immobiliari contenute nelle banche dati ipotecaria e catastale sono messe a disposizione dei comuni in formati e con modalità concordate presso la Conferenza Stato-città;
   Busin 1.53, il quale proroga di 24 mesi la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere, nonché dei canoni di leasing, nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
   Busin 1.57, il quale prevede, a partire dal 2014, che i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti raggiungano l'equilibrio di parte corrente e rispettino il limite di indebitamento stabilito con decreto ministeriale previa intesa in sede di Conferenza Stato-città;
   Busin 1.61, il quale esclude dal patto di stabilità interno le spese sostenute dai comuni del personale addetto alla sicurezza;
   Busin 1.65, il quale prevede che con decreto ministeriale siano indicati, ai fini del patto di stabilità interno, i comuni da inserire nella classe di maggiore virtuosità finanziaria, secondo i parametri indicati dall'articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011;
   Lavagno 1.05, il quale assegna un contributo straordinario ai comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, sulla base delle minori entrate registrate a causa del sisma, nonché dei maggiori costi o delle minori entrate in relazione ai servizi di gestione dei rifiuti solidi urbani;
   Lavagno 1.04, il quale abroga una disposizione introdotta dalla legge di stabilità 2014, relativa ai criteri di ridistribuzione del Fondo di solidarietà comunale sulla base dei fabbisogni standard dei comuni stessi;
   gli identici Laffranco 2.3 e Sberna 2.4, volti ad escludere dalla base imponibile IRES gli utili delle banche di credito cooperativo destinati a riserve indivisibili;
   Lavagno 4.7 e Paglia 6.10, volti a introdurre l'incompatibilità a ricoprire incarichi di governo per coloro che nei sei anni precedenti hanno rivestito la carica di Governatore della Banca d'Italia o hanno ricoperto incarichi dirigenziali nell'ambito dell'Istituto;
   Lavagno 6.4, volto ad introdurre norme in materia di tetto e di obblighi di pubblicità e di trasparenza delle retribuzioni e degli emolumenti del Governatore della Banca d'Italia e dei membri del Direttorio;
   Laffranco 6.15, volto a:
    sopprimere i commi 627 e 628 della legge di stabilità 2014, che escludono gli interventi di sostegno da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi dagli importi che concorrono alla formazione del reddito dei soggetti beneficiari;
    modificare la disciplina delle sopravvenienze attive contenuta all'articolo 88 del TUIR;
    modificare le norme in materia di determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP delle banche e di altri enti e società finanziarie contenute nell'articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997.

  Segnala inoltre come l'emendamento Lavagno 3.4 risulti privo di contenuto normativo, in quanto identico al testo del comma 2-bis dell'articolo 3, introdotto dal Senato, e come esso sia stato pertanto annullato.
  Avverte quindi che il termine per la presentazione dei ricorsi avverso le suddette dichiarazioni di ammissibilità degli emendamenti è fissato alle ore 15.00 e che Pag. 17l'esame del provvedimento proseguirà, nella giornata odierna, dalle ore 16.00 alle ore 19.00.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad una seduta da convocare alle ore 16 di oggi.

  La seduta termina alle 12.40.

SEDE REFERENTE

  Lunedì 20 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 16.05.

DL 133/13: Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
C. 1941 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana odierna.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che è stato presentato ricorso avverso il giudizio di inammissibilità pronunciato nell'odierna seduta antimeridiana sugli analoghi emendamenti Lavagno 4.7 e Paglia 6.10.
  Al riguardo sottolinea come tali proposte emendative incidano sulla disciplina delle incompatibilità per i componenti del Governo, sia pure con riferimento a soggetti che in precedenza abbiano ricoperto cariche apicali nella Banca d'Italia e come tali risultino estranei al contenuto proprio del decreto-legge, il quale non riguarda in nessun modo tale tematica, ma interviene, oltre che sulla disciplina del capitale della Banca d'Italia, sulla composizione e le competenze di alcuni organi della Banca. Pertanto ritiene di confermare il giudizio espresso su tali emendamenti.
  Avverte quindi che il presentatore ha ritirato gli emendamenti Busin 1.60 e 1.31

  Marco CAUSI (PD), relatore, ricorda che, già in occasione dell'esame preliminare del provvedimento, aveva sottolineato come l'imminente scadenza del termine di conversione del decreto-legge non rendesse possibile modificare ulteriormente il testo.
  Esprime pertanto parere contrario su tutte le proposte emendative presentate, pur rilevando come alcune di esse appaiano interessanti. Invita pertanto il Governo ad accogliere taluni ordini del giorno che fossero presentati in materia, ovvero a valutare correzioni al decreto-legge da apportare attraverso successivi interventi legislativi.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA prende atto delle considerazioni formulate dal relatore, esprimendo parere conforme. Dichiara altresì la disponibilità del Governo a valutare gli ordini del giorno che verranno presentati.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) prende atto dell'indisponibilità della maggioranza e del Governo a modificare il decreto-legge, dissentendo completamente dalle considerazioni del relatore circa l'impossibilità temporale di prevedere un'ulteriore lettura al Senato, rilevando, comunque, come non sia responsabilità della Camera se l'altro ramo del Parlamento abbia impiegato circa 45 giorni nell'esame del provvedimento.
  Garantisce, peraltro, come, qualora la maggioranza accogliesse la proposta di sopprimere gli articoli 4, 5 e 6, il suo gruppo assicurerebbe l'approvazione del disegno di legge in tempi rapidissimi.

  Giovanni PAGLIA (SEL) concorda con le considerazioni del deputato Barbanti, ritenendo che non sia possibile affermare che non sussistono le condizioni necessarie per modificare ulteriormente il decreto-legge, richiamando i casi nei quali la terza lettura è stata realizzata in tempi ancor più brevi.
  Sottolinea, inoltre, come molti autorevoli esponenti della maggioranza abbiano espresso pubblicamente diversi rilievi al Pag. 18testo. In primo luogo ritiene necessario sopprimere le norme relative alla Banca d'Italia, dichiarandosi peraltro disponibile a definire in termini consensuali un emendamento che apporti alcune fondamentali correzioni a tali disposizioni, in particolare ampliando le condizioni di mercato rispetto alla circolazione delle quote di Banca d'Italia, sopprimendo le previsioni in materia di riacquisto delle quote stesse da parte del medesimo istituto, nonché escludendo la distribuzione dei dividendi ai quotisti privati e eliminando il termine di 36 mesi entro il quale questi ultimi possono fruire dei dividendi stessi anche per le quote eccedenti il limite del 3 per cento. Qualora la maggioranza ed il Governo accogliessero tale eventualità, ritiene che sia possibile realizzare in tempi brevissimi un'ulteriore lettura al Senato, preannunciando, invece, in caso contrario, l'atteggiamento ostruzionistico del proprio gruppo in occasione della discussione in Assemblea.

  Irene TINAGLI (SCpI), pur comprendendo le argomentazioni del relatore, rileva come il proprio gruppo abbia presentato solo tre proposte emendative che incidono su alcuni aspetti essenziali del provvedimento, quali la previsione di riacquisto delle proprie quote da parte di Banca d'Italia, che, a suo giudizio, non appare necessaria e rispetto alla quale si possono ipotizzare diverse soluzioni. A tale riguardo il suo gruppo chiede, in quanto forza appartenente all'attuale maggioranza, che il Governo assuma un impegno chiaro su un ordine del giorno che si riserva di presentare ai fini della discussione in Assemblea.

  Filippo BUSIN (LNA) concorda con l'opportunità di sopprimere gli articoli 4, 5 e 6 del provvedimento, anche alla luce dei rilievi critici espressi su molti aspetti di tali disposizioni nel parere della Banca centrale europea. In tale contesto non ritiene che sussista alcuna ragione di urgenza ad intervenire su tali delicatissimi temi attraverso un decreto-legge.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ribadisce le considerazioni critiche già espresse sul decreto-legge, in particolare per quanto riguarda le misure relative alla Banca d'Italia, rilevando come anche l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze tenutasi il 16 gennaio scorso non abbia fugato i dubbi su tali aspetti, né chiarito le ragioni d'urgenza che hanno motivato l'adozione di un decreto-legge in merito. Ritiene quindi opportuno che la maggioranza ed il Governo chiariscano se intendano accogliere o meno le richieste di modifica avanzate da tutti i gruppi di opposizione.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA, con riferimento alle considerazioni espresse dai deputati di opposizione, rileva come, sulle tematiche concernenti la Banca d'Italia, il problema principale non riguardi i tempi, ma la diversità di valutazione sul punto tra maggioranza ed opposizione. In tale contesto sottolinea come il Governo intenda salvaguardare l'unitarietà del provvedimento che è già passato al vaglio del Senato, nonché alla valutazione della Camera, relativamente ai suoi presupposti di costituzionalità. Conferma, pertanto, che il Governo non può accogliere le proposte di soppressione degli articoli 4, 5 e 6.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, evidenzia come la maggioranza ed il Governo debbano essere consapevoli delle conseguenze che tale chiusura, rispetto alle proposte di modifica, potrà determinare ai fini del successivo esame del provvedimento in Assemblea.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Paglia 1.1 e 1.2, Lavagno 1.6, Di Salvo 1.5 e Lavagno 1.3.

  Carla RUOCCO (M5S) con riferimento all'emendamento Lavagno 1.4, ritiene fondamentale approfondire i profili di copertura sottesi al testo.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lavagno 1.4, Pag. 19Paglia 1.7, Faenzi 1.8, Paglia 1.12, limitatamente alla parte ammissibile, Palmizio 1.9, Lavagno 1.11, Sberna 1.10 e Paglia 1.13.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Paglia 1.14, il quale specifica che la seconda rata IMU non è dovuta per tutti gli immobili dichiarati inagibili a seguito di calamità naturali. Ricorda che tale proposta emendativa, già presentata in occasione dell'esame degli altri tre decreti-legge emanati in materia di IMU, viene incontro alle esigenze di coloro che si sono visti dichiarare inagibile la casa e che spesso si trovano in una condizione di difficoltà economica resa ancor più grave dall'obbligo di versare l'imposta su tale immobile. Sottolinea, inoltre, come, in passato, lo stesso Governo abbia sollecitato i gruppi parlamentari a presentare un emendamento in merito, ritenendo pertanto che non sussista alcuna motivazione per respingere tale proposta.

  Laura CASTELLI (M5S) ritiene che, qualora la maggioranza e il Governo non intendessero sovvenire alle necessità di quanti sono stati colpiti da calamità naturali, occorrerebbe informare con la massima chiarezza tutti i cittadini circa tale atteggiamento, spiegando loro come mai non si ritengano sufficienti nove giorni per approvare tale proposta, operando un'ulteriore lettura del provvedimento al Senato.

  Daniele PESCO (M5S) ricorda che il Movimento 5 Stelle aveva presentato emendamenti analoghi in occasione dell'esame di altri provvedimenti, segnalando come la proposta risulti particolarmente importante per quei cittadini la cui casa sia stata dichiarata inagibile, a prescindere, in molti casi, dall'effettiva presenza di lesioni strutturali, e ai quali non può essere richiesto di versare anche la seconda rata IMU su tali immobili. Sottolinea come, in caso di atteggiamento negativo della maggioranza, il suo gruppo si riservi di ripresentare tale proposta in ulteriori occasioni, sperando che prima o poi la maggioranza possa mutare atteggiamento.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA, non comprende il problema sollevato dall'emendamento, ricordando come tutte le prime case, sia agibili, sia inagibili, siano già esentate dall'IMU per il 2013 e come, in caso di calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, si provveda, con specifici provvedimenti, alla sospensione dei versamenti tributari.

  Giovanni PAGLIA (SEL) considera corrette le considerazioni del Sottosegretario, rilevando, tuttavia, come la questione riguardi la produttività di reddito imponibile degli immobili dichiarati inagibili.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ricorda che l'esenzione IMU richiamata dal Sottosegretario riguardi solo le prime case di abitazione, richiamando altresì la situazione di alcuni comuni della regione Calabria, segnatamente del comune di Mormanno e del comune di Maierato, nei quali, sebbene essi siano stati colpiti da eventi calamitosi, i cittadini sarebbero stati chiamati a versare l'IMU, qualora i rispettivi sindaci non avessero deciso di impegnare le risorse finanziarie delle amministrazioni per esentarli dal pagamento.

  La Commissione respinge l'emendamento Paglia 1.14.

  Sebastiano BARBANTI (M5S), nel ricordare come il Movimento 5 Stelle intenda abolire l'IMU sulla prima abitazione, evidenzia come il suo gruppo abbia presentato diverse proposte di legge che delineano un quadro più chiaro della materia, rimediando ai numerosi errori compiuti dal Governo in materia, ad esempio con l'introduzione della cosiddetta «mini IMU». A tale proposito contesta le dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo che hanno minimizzato tale problematica, affermando che i cittadini sono chiamati a pagare, attraverso questo ulteriore prelievo, somme marginali, mentre condivide Pag. 20pienamente l'emendamento Busin 1.17 che sopprime completamente tale balzello, reperendo le necessarie risorse finanziarie attraverso tagli delle spese rimodulabili di ciascun Ministero.

  Carla RUOCCO (M5S) ribadisce la necessità di valutare attentamente tutti i profili di copertura sottesi a tale questione.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA ricorda, con riferimento alla questione della «mini-IMU» come il Governo abbia riconosciuto ai comuni il ristoro dell'intero gettito venuto meno a seguito dell'abolizione dell'IMU sulla prima casa, in relazione all'aliquota standard del 4 per mille, nonché al 60 per cento degli incrementi di aliquota deliberati da molti comuni su tale tipologia di abitazione, consentendo inoltre ai comuni stessi di correggere, fino al 9 dicembre scorso, le deliberazioni assunte in materia. In tale contesto evidenzia come circa 2.300 comuni abbiano deciso di confermare le aliquote più alte deliberate sulle prime abitazioni, sebbene fosse ormai chiaro come il Governo avesse esaurito le dotazioni finanziarie per rimborsare a tali enti locali le minori entrate derivanti dall'abolizione dell'IMU su di esse: pertanto evidenzia come il Governo non intenda farsi carico dell'ulteriore 40 per cento della differenza tra l'aliquota base del 4 per mille e quella, più alta, decisa dai singoli comuni.

  Daniele PESCO (M5S), in merito alle considerazioni del Sottosegretario, rileva come il Governo, qualora intenda eliminare un'imposta, debba farsene carico completamente, senza lasciarne in piedi una parte, continuando a gravare sui cittadini. A tale riguardo ritiene che le decisioni assunte dal Governo in merito siano probabilmente volte a confondere i contribuenti e a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica rispetto alle misure, recate dal decreto-legge, sul capitale della Banca d'Italia, che viene sostanzialmente svenduto ad investitori privati, anche stranieri.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA sottolinea come l'IMU costituisca un'imposta comunale che è stata abolita, per quanto riguarda le prime case, addossando il relativo onere finanziario nella massima parte allo Stato.

  Marco CAUSI (PD), relatore, sottolinea come la vicenda della cosiddetta «mini IMU», sia frutto di un conflitto tra Stato e comuni dovuto ad una mancanza di fiducia reciproca. Rileva, infatti, come non sia stato possibile determinare quali comuni abbiano deciso di aumentare l'aliquota IMU sulle prime case di abitazione contando sul fatto che tali aumenti si sarebbero scaricati sullo Stato e non sui contribuenti. Auspica, quindi, che tale situazione, che ha finito per ricadere sui cittadini, non si rinnovi in futuro, rilevando, al riguardo, come le nuove norme in materia di fiscalità immobiliare comunale introdotte per il 2014 possano consentire di superare tale problematica, attribuendo ad ogni comune l'intera responsabilità per le sue scelte di politica tributaria in materia.

  Giovanni PAGLIA (SEL) considera condivisibile il ragionamento del relatore, ritenendo comunque, che non sia opportuno gravare anche i cittadini di quei comuni che avevano aumentato l'aliquota IMU sulla prima abitazione già nel 2012. Ritiene, inoltre, che l'introduzione nel provvedimento della cosiddetta «mini IMU» sia connessa con la volontà del Governo di occultare le previsioni in materia di Banca d'Italia.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) rileva come le esigenze di finanziamento che hanno indotto il Governo ad introdurre la «mini IMU» possano essere risolte aumentando l'aliquota dell'imposta sostitutiva applicabile alle plusvalenze sulle quote di capitale della Banca d'Italia.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Busin 1.17 e 1.16.

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  Carla RUOCCO (M5S) con riferimento all'emendamento Paglia 1.15 sottolinea l'esigenza di approfondire i relativi aspetti di copertura.

  La Commissione respinge l'emendamento Paglia 1.15.

  Giovanni PAGLIA (SEL) illustra il proprio emendamento 1.18 il quale, riprendendo una proposta emersa nel corso del dibattito pubblico sull'IMU, particolarmente acceso in Emilia-Romagna, propone di sopprimere la «mini IMU», sostituendola con un incremento del Prelievo erariale unico sui giochi.

  La Commissione respinge l'emendamento Paglia 1.18.

  Maria Edera SPADONI (M5S) illustra il proprio emendamento 1.19, il quale raccoglie una proposta formulata dall'ANCI dell'Emilia Romagna, sostituendo la «mini IMU» con un incremento del Prelievo erariale unico sui giochi. A tale riguardo sottolinea come le decisioni in materia non possano prescindere dal fatto che la predetta «mini IMU» interessi circa 10 milioni di italiani in 2.300 comuni e come 800 mila persone siano colpite dal fenomeno della ludopatia: in tale contesto ritiene dunque che i concessionari dei giochi pubblici, il cui giro d'affari annuo supera gli 80 miliardi, debbano essere chiamati, come tutti i cittadini, a contribuire maggiormente alla finanza pubblica e che i gruppi politici i quali dichiarano di voler contrastare la piaga del gioco compulsivo debbano garantire maggiore coerenza tra tali affermazioni e le scelte legislative concretamente assunte. A questo proposito ricorda le recenti decisioni della maggioranza, che hanno eliminato il divieto di installare punti di gioco in prossimità di luoghi di interesse sociale, quali gli ospedali e che hanno appoggiato la sanatoria in favore dei concessionari delle slot machine colpiti da una sanzione della Corte dei Conti per oltre 90 miliardi di euro.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Spadoni 1.19 e Rossi 1.20.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che i presentatori hanno ritirato gli emendamenti, Fragomeli 1.21, e Rubinato 1.23 e 1.26.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Busin 1.22, Sberna 1.25, Lavagno 1.24 e Nicchi 1.27.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Busin 1.35, il quale apporta un'opportuna correzione al testo, eliminando, almeno in parte, alcune delle conseguenze negative derivanti per i contribuenti dal fatto che essi sono costretti a versare la «mini IMU» in tempi molto ristretti.

  Marco CAUSI (PD), relatore, suggerisce al presentatore di ritirare l'emendamento 1.35 ricordando come la possibilità di sanare gli insufficienti versamenti della seconda rata IMU 2013 senza sanzioni ed interessi fino al giugno 2014 sia già consentita dalla Legge di stabilità 2014.

  Filippo BUSIN (LNA) rileva come il proprio emendamento 1.35 intenda eliminare una contraddizione in materia tra le previsioni del decreto-legge in esame e quelle della Legge di stabilità.

  Marco CAUSI (PD), relatore, ricorda che il Governo si è già formalmente impegnato a superare tale contraddizione in un ulteriore provvedimento.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA sottolinea come al momento sia in vigore la previsione della legge di stabilità, che consente di effettuare tale sanatoria fino al 16 giugno 2014, ma come, effettivamente, la previsione dell'articolo 1, comma 12-bis del decreto-legge si sovrapponga ad essa e debba pertanto essere corretta. Invita comunque al ritiro dell'emendamento 1.35.

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  Filippo BUSIN (LNA) ritiene di mantenere il proprio emendamento 1.35.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA suggerisce di trasformare l'emendamento in ordine del giorno.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) rileva come la sovrapposizione di norme in materia, riconosciuta dallo stesso Sottosegretario, dovrebbe indurre la Commissione ad approvare l'emendamento 1.35.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA ribadisce come il Governo abbia la preoccupazione prioritaria di rispettare il termine di conversione del decreto-legge e non ritenga, pertanto, possibile un'ulteriore lettura al Senato. In tale contesto, non essendovi dissenso sul merito della proposta emendativa, ribadisce la proposta di trasformarla in un ordine del giorno, evitando su di essa un voto contrario della Commissione.

  Paolo PETRINI (PD) concorda con il suggerimento del Sottosegretario, ricordando che la proposta di sanatoria per gli insufficienti versamenti della seconda rata IMU è frutto di una proposta del gruppo PD e come la proposta avanzata dal rappresentante del Governo costituisca un modo ragionevole per risolvere un problema tecnico insorto dall'incrocio tra l'esame del disegno di legge di stabilità e quello del decreto-legge.

  Laura CASTELLI (M5S) considera eufemistiche le affermazioni del deputato Petrini, rilevando come i cosiddetti problemi tecnici derivanti dall'azione della maggioranza del Governo siano sempre più frequenti e come non sia più sostenibile rinviarne la soluzione a provvedimenti sempre successivi. Ritiene pertanto necessario approvare fin d'ora l'emendamento 1.35.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, invita il presentatore a considerare la proposta del Sottosegretario di trasformare in ordine del giorno il suo emendamento.

  Filippo BUSIN (LNA) ribadisce la volontà di porre in votazione il suo emendamento 1.35.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Busin 1.35 e 1.36, Beni 1.47, Busin 1.70, 1.71, 1.72, 1.66 e 1.48.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) dichiara il voto di astensione del proprio gruppo sull'emendamento Paglia 1.50, esprimendo in particolare contrarietà sulla parte della proposta emendativa che attribuisce una quota del gettito IMU al personale dei comuni del settore entrate, la quale introduce un elemento di discriminazione nei confronti degli altri dipendenti comunali.

  La Commissione respinge l'emendamento Paglia 1.50.

  Albrecht PLANGGER (Misto-Min.Ling.) ritira l'emendamento 1.37, di cui è cofirmatario riservandosi di trasformarlo in ordine del giorno.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sugli identici emendamenti Busin 1.33 e Paglia 1.46, i quali esentando dall'IMU gli immobili di proprietà dei comuni, evitano inutili partite di giro in materia.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli identici emendamenti Busin 1.33 e Paglia 1.46, Busin 1.59, Paglia 1.41 e 1.49, Busin 1.63 e 1.28.

  Sebastiano BARBANTI (M5S), con riferimento all'emendamento Paglia 1.39, sottolinea come le norme incentivano il riciclo dei rifiuti risultino in linea con la disciplina europea, e come pertanto ogni intervento in merito debba essere attentamente valutato, tenendo presente, in particolare, la circostanza che il trattamento dei rifiuti è al centro di affari spesso sospetti in molte aree del Paese e come le discariche costituiscano una ferita aperta nel territorio nazionale depauperando gravemente territori, quali ad esempio Pag. 23la Calabria, che disporrebbero di un notevole potenziale turistico.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Paglia 1.39 e 1.40, nonché gli emendamenti Busin 1.29 e 1.30.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) esprime il voto favorevole del proprio gruppo sugli identici emendamenti Busin 1.32 e Paglia 1.42, i quali prevedono di regolare le agevolazioni in materia di IMU modulandole sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente, tenendo maggiormente in considerazione le esigenze delle persone più disagiate, in linea con gli stessi orientamenti in merito della maggioranza.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Busin 1.32 e Paglia 1.42.

  Azzurra Pia Maria CANCELLERI (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Busin 1.34, concordando con il meccanismo di ripartizione del Fondo di solidarietà comunale previsto dalla proposta emendativa, con particolare riferimento al gettito IMU dei fabbricati di categoria catastale D.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Busin 1.34, Paglia 1.38 e 1.51, nonché Busin 1.52.

  Azzurra Pia Maria CANCELLERI (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Busin 1.56, ricordando come in precedenza fosse stato accolto dal Governo un ordine del giorno a sua prima firma che interveniva anch'esso sulla deducibilità dell'IMU ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni, nonché ai fini IRAP.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ritiene che il Governo dovrebbe smentire la prassi, ormai purtroppo invalsa, secondo la quale gli impegni assunti dall'Esecutivo attraverso gli ordini del giorno non hanno, in realtà, alcun effettivo valore. In particolare, con riferimento all'emendamento 1.56, considera fondamentale recuperare la competitività delle imprese italiane non attraverso strumenti di dumping salariale, ma mediante incisivi sgravi fiscali, ad esempio incrementando la deducibilità dell'IMU ai fini dell'IRES e dell'IRAP.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea la contraddittorietà delle misure decise in materia di IMU dal Governo, il quale, da un lato ha accolto le richieste di alcune categorie di imprese, concedendo loro di non pagare l'IMU sui beni immobili costruiti e destinati alla vendita, attribuendo pertanto un vantaggio ad imprenditori che, in molti casi, hanno sbagliato le loro scelte di investimento, mentre dall'altro non presta attenzione alle ragioni di tutte le altre aziende costrette a pagare l'imposta sui beni strumentali anche in un periodo di crisi, in cui, spesso, la produzione è ferma. Auspica, pertanto, che il Governo sia in grado di comprendere tale situazione, prevedendo la deduzione dell'IMU dalla base imponibile IRAP, nonché procedendo, più in generale, ad una completa rivisitazione di tale imposta.

  Filippo BUSIN (LNA) condivide le considerazioni espresse dai deputati del Movimento 5 Stelle, ricordando come il Governo abbia già accolto, in passato, un ordine del giorno sulla materia della deducibilità dell'IMU.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) rileva come l'ordine del giorno approvato in materia debba impegnare non solo il Governo ma anche la maggioranza che l'ha approvato, ritenendo pertanto necessario, a questo punto, approvare l'emendamento 1.56.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA dichiara la disponibilità del Governo ad accogliere un ordine del giorno che non rechi indicazioni quantitative cogenti rispetto all'ulteriore incremento della deducibilità IMU, ricordando, peraltro, che tale percentuale è già stata recentemente incrementata dal Senato.

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  Laura CASTELLI (M5S) considera privo di senso formulare un ulteriore ordine del giorno su una materia che è già stata oggetto di precedenti atti di indirizzo al Governo.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA ribadisce come la legge di stabilità, a seguito delle modifiche apportate al Senato preveda un incremento della percentuale di deducibilità dell'IMU, evidenziando, quindi, come l'ordine del giorno approvato in materia abbia avuto un effetto non trascurabile.

  La Commissione respinge l'emendamento Busin 1.56.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'articolo aggiuntivo Paglia 1.01, il quale intende assoggettare all'IMU gli immobili degli enti ecclesiastici. A tale proposito non ritiene comprensibile i motivi per i quali non sia già stato disposto tale assoggettamento, il quale appare pienamente fondato, sia alla luce dell'elevato numero di tali immobili, sia dei rilevanti problemi finanziari in cui versano i comuni.

  Daniele PESCO (M5S) ricorda come la questione dell'assoggettamento all'IMU degli immobili di proprietà di enti ecclesiastici, abbia costituito oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo, presentati anche dal suo gruppo. Rileva, quindi, come il Governo appaia molto restio a fare chiarezza sul punto, stabilendo finalmente il principio in base al quale l'IMU deve essere versata in relazione a tutti gli immobili produttivi di reddito.

  Giovanni PAGLIA (SEL) illustra il proprio articolo aggiuntivo 1.01, il quale corrisponde ad altre proposte emendative in materia già presentate in passato ed ha un'evidente natura politica, in quanto è volto a superare le esenzioni IMU attualmente previste per taluni utilizzi di immobili di enti ecclesiastici, che appaiono ormai ingiustificate alla luce dell'attuale condizione delle finanze pubbliche. Auspica, quindi, che la presentazione dell'articolo aggiuntivo possa suscitare un dibattito pubblico in materia.

  Marco CAUSI (PD), relatore, considera poco corretto affrontare la questione solo per quanto riguarda gli immobili della Chiesa cattolica, ricordando come le esenzioni in materia di IMU si riferiscano a tutto il settore del no profit. Ricorda, inoltre, che il tema è stato sostanzialmente risolto, l'anno scorso, da una norma che circoscrive l'ambito di applicazione delle predette esenzioni, facendo riferimento sia a caratteristiche soggettive, sia a requisiti oggettivi, superando in tal modo discriminazioni ideologiche e consentendo di prevedere l'applicazione dell'imposta in termini ragionevoli senza colpire in modo improprio attività meritevoli.

  La Commissione respinge l'articolo aggiuntivo Paglia 1.01.

  Albrecht PLANGGER (Misto-Min.Ling.) ritira l'articolo aggiuntivo 1.015, di cui è cofirmatario, riservandosi di trasformarlo in ordine del giorno.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli articoli aggiuntivi Lavagno 1.02, 1.013 e 1.011.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) dichiara il voto contrario del proprio gruppo sull'articolo aggiuntivo Lavagno 1.014, rilevando come l'abrogazione della norma, contenuta nella legge di stabilità 2014, che prevede riduzioni della TARI per la raccolta differenziata dei rifiuti riferibile alle utenze domestiche, contrasti con l'obiettivo fondamentale di incentivare il riciclo dei rifiuti, eliminando impropriamente uno strumento utile a favorire l'avvio della raccolta differenziata e a sostenere la crescita dell'indotto che ruota attorno a tale settore, i cui effetti positivi compenserebbero ampiamente l'onere, per le finanze comunali, legato a tali agevolazioni.

  Giovanni PAGLIA (SEL), con riferimento alle considerazioni del deputato Pag. 25Barbanti, evidenzia come il gruppo di SEL non abbia rivisto il proprio atteggiamento favorevole nei confronti della raccolta differenziata dei rifiuti, evidenziando come le agevolazioni obbligatorie in materia possano essere ormai superate, in quanto esse hanno già raggiunto, in molte aree del Paese, il loro scopo, mentre in altre zone si sono dimostrate inutili.

  Francesco RIBAUDO (PD) ritiene, sulla base della propria esperienza di sindaco, che la questione riguardi principalmente le amministrazioni comunali, le quali devono organizzare il meccanismo di agevolazione della raccolta differenziata, senza necessità di introdurre previsioni cogenti di legge. Considera invece opportuno applicare effettivamente sanzioni nei confronti di quegli enti locali che non ottemperino al principio comunitario in materia, sottolineando inoltre come si tratti di un problema di natura innanzitutto culturale.

  Daniele PESCO (M5S) rileva come molti comuni abbiano compiuto numerosi passi avanti sulla raccolta differenziata dei rifiuti, che dunque può essere realizzata in ogni area del Paese, evidenziando tuttavia come le scelte assunte dalla maggioranza e dal Governo siano profondamente sbagliate, andando nella direzione opposta di puntare sui meccanismi di incenerimento dei rifiuti. Dissente, quindi, dall'affermazione del deputato Ribaudo, secondo il quale il problema ha natura culturale.

  La Commissione respinge l'articolo aggiuntivo Lavagno 1.014.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Lavagno 1.010, il quale intende sopprimere la norma della legge di stabilità 2014 che esclude la TARI per i rifiuti assimilati avviati al recupero. Ritiene, infatti, che, ferma restando la necessità di ridurre comunque la quantità complessiva dei rifiuti, sia opportuno incentivare tutti quegli strumenti che consentano di limitare il ricorso alle discariche, le quali risultano costose, hanno un impatto fortemente negativo sull'ambiente e contrastano con la disciplina europea in materia.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) dichiara di non condividere il contenuto dell'articolo aggiuntivo 1.010 che riduce le agevolazioni per il riciclo dei rifiuti assimilati, i quali costituiranno, a breve, il più rilevante problema ambientale per il Paese, ritenendo al contrario necessario incentivare più possibile gli operatori economici al riciclo di tali materiali.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli articoli aggiuntivi Lavagno 1.010, 1.07 e 1.06.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) esprime una valutazione positiva sull'articolo aggiuntivo Lavagno 1.08, il quale intende introdurre alcuni opportuni elementi di semplificazione nel settore della tassazione immobiliare comunale, sfrondando la vera e propria giungla normativa introdotta dal Governo e dalla maggioranza con la legge di stabilità 2014, in un comparto dell'ordinamento tributario che ha già subito innumerevoli modifiche nel corso degli ultimi anni.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli articoli aggiuntivi Lavagno 1.08, 1.09 e 1.03.

  Carla RUOCCO (M5S) esprime perplessità sull'articolo aggiuntivo Di Lello 1.012 e sulla prevista esenzione dall'IMU degli immobili oggetti di pignoramento o sequestro giudiziario, che potrebbe tradursi in un vantaggio per le organizzazioni criminali destinatarie di provvedimenti di sequestro.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) condivide le preoccupazioni del deputato Ruocco, ma rileva come tale esenzione potrebbe essere giustificata per le abitazioni oggetto di pignoramento, tenuto conto del modo di operare di Equitalia.

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  Daniele CAPEZZONE, presidente, fa osservare che l'articolo aggiuntivo Di Lello 1.012 prevede non l'esenzione dall'IMU, ma un diverso soggetto passivo dell'imposta, individuato nel custode giudiziario.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ribadisce che non si deve prevedere alcuna forma di alleggerimento degli obblighi fiscali in favore di soggetti criminali.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, l'articolo aggiuntivo Di Lello 1.012, nonché l'emendamento Busin 2.1.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) osserva come si sta rincorrendo di trimestre in trimestre una ripresa che ancora non si realizza, secondo le stime della Banca d'Italia. Si dichiara pertanto favorevole al rinvio al gennaio 2016 dell'aumento delle accise previsto dall'emendamento Busin 2.2, al fine di ridurre l'aggravio sulle categorie interessate e sui consumi, che provoca conseguenze negative per l'economia.

  La Commissione respinge l'emendamento Busin 2.2.

  Mariastella BIANCHI (PD) ritira gli emendamenti Morassut 3.1 e 3.3, di cui è cofirmataria, chiedendo al Governo di aderire ad analoghi ordini del giorno che saranno presentati nel corso dell'esame in Assemblea.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA si riserva una valutazione più approfondita degli ordini del giorno, che orientativamente il Governo potrebbe accogliere.

  La Commissione respinge l'emendamento Busin 3.2.

  Giovanni PAGLIA (SEL) illustra l'emendamento Lavagno 3.5, di cui è cofirmatario, prospettando la possibilità di presentare un ordine del giorno in materia nel corso del successivo esame in Assemblea. Nel merito, osserva che la dismissione degli immobili dello Stato possa determinare un depauperamento del patrimonio pubblico di rilievo ambientale e storico-artistico. L'emendamento propone pertanto di consentire ai Ministeri competenti di compiere una valutazione di tali beni, sottraendo alla dismissione quelli che si ritiene debbano prioritariamente rimanere di proprietà statale e che si ritiene di poter valorizzare in altro modo. Sottolinea che l'emendamento prevede, in particolare, che siano a tal fine valutate le segnalazioni provenienti da enti locali ed associazioni portatrici di interessi diffusi.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lavagno 3.5 e Pastorelli 3.6.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che gli emendamenti Morassut 3.7, 3.8 e 3.9 sono stati ritirati.
  Si sofferma quindi sugli emendamenti Sandra Savino 4.1, che ha sottoscritto, e sugli identici emendamenti Barbanti 4.2 e Boccadutri 4.5, che propongono la soppressione degli articoli 4, 5 e 6, concernenti la Banca d'Italia. Al riguardo, osserva che l'accoglimento di tali proposte delle opposizioni, e in particolare dei gruppi di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Sinistra ecologia e libertà, faciliterebbe enormemente il percorso del provvedimento, che altrimenti potrebbe incontrare nell'esame in Assemblea un'opposizione anche ostruzionistica.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) fa presente che se saranno accolti gli emendamenti soppressivi delle disposizioni sulla Banca d'Italia, che incontrano perplessità anche di parte della maggioranza, il Movimento 5 Stelle garantirà un iter estremamente rapido del provvedimento alla Camera e al Senato.
  Gli articoli 4, 5 e 6 costituiscono infatti un tema cruciale e suscitano perplessità e domande, sulle quali non sono state certe e chiare le risposte del Ministro dell'economia e delle finanze, la cui audizione ha anzi gettato nuove ombre sul provvedimento. Pag. 27
  Chiede pertanto che nella votazione degli emendamenti soppressivi di tali articoli vi sia trasparenza in ordine alla posizione assunta da ciascun gruppo, affinché siano chiare le responsabilità ai cittadini. In ogni caso, il Movimento 5 Stelle avrà cura di informare i cittadini sul significato delle norme in discussione e delle posizioni che saranno assunte in merito dai vari gruppi.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea come la soppressione degli articoli 4, 5 e 6 consentirebbe di concludere celermente l'esame del disegno di legge, ma teme che la maggioranza non voglia ascoltare le richieste delle opposizioni e dei cittadini.
  Nel merito, osserva che non vi alcuna urgenza di compiere una vera e propria rapina a favore delle banche utilizzando le riserve dell'organo chiamato ad esercitare la relativa vigilanza, la Banca d'Italia, avvalendosi in modo distorto dei poteri del Governo e ignorando il Parlamento, che costituisce invece la sede propria per decisioni del genere, in quanto rappresenta gli italiani.

  Giovanni PAGLIA (SEL) evidenzia come gli articoli 4, 5 e 6 del decreto – legge appaiono frutto di una contrattazione non trasparente tra le istituzioni pubbliche e le banche, soprattutto in merito ai termini dell'uscita delle banche stesse dal capitale della Banca d'Italia e alle relative condizioni.
  Per questi motivi, il suo gruppo chiede di sopprimere tali articoli, ritenendo che la materia non possa formare oggetto di trattativa con soggetti privati, o almeno, in via subordinata, di modificarli.

  Paolo PETRINI (PD) fa presente che dopo 77 anni è emersa la necessità, in una fase delicata per il sistema finanziario e creditizio, di dare valore reale al capitale sociale della Banca d'Italia, da sempre posseduto dagli istituti di credito e oggi valutato perfino al di sotto del valore attribuito alla Banca centrale di Cipro.
  Se tale operazione sarà portata a termine con modalità corrette, in particolare quanto alla rivendita delle quote, non costerà nulla all'erario, permetterà di ricapitalizzare le banche, esito utile nella prospettiva degli stress test, e migliorerà la capacità di credito. Per questi motivi, al di là del percorso concitato del decreto-legge, ritiene che si stia percorrendo una strada giusta.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nel sottolineare come l'emendamento 4.1 sia l'unico che ha ritenuto di sottoscrivere, osserva che costituisce un grave errore del Governo e della maggioranza arroccarsi nella difesa di norme così formulate, anche se sul piano dei principi suscettibili di approfondimento.
  Si domanda infatti perché provvedere con lo strumento del decreto-legge. Nel merito, ritiene che ci si nasconda il rischio che prima o poi la Banca d'Italia debba riacquistare le quote di partecipazione in possesso delle banche a un valore che può raggiungere qualche miliardo. Ritiene che si tratti di un'eventualità assai probabile, in assenza di un mercato adeguato e di soggetti disposti ad acquistare tali quote, atteso che le altre banche potenzialmente chiamate ad acquistare tali quote ben difficilmente vorranno favorire loro concorrenti attualmente partecipanti al capitale dell'Istituto. Se tale aspetto non sarà chiarito, il provvedimento rischia di tradursi in un «maxiregalo» per alcuni soggetti. Ritiene pertanto che i cittadini debbano sapere quali forze politiche lo contrastano e quali invece assumono tale responsabilità.

  Giovanni PAGLIA (SEL) rileva come l'obiettivo di rafforzare la capitalizzazione degli istituti di credito, senza un esborso immediato di liquidità, possa anche essere condiviso. Il tema vero è tuttavia quello di chiarire chi e a quali condizioni, a parte la Banca d'Italia, sarà in grado di acquistare le quote di partecipazione eccedenti i limiti percentuali fissati dal decreto – legge che dovranno essere cedute. Al riguardo, dubita che possano intervenire altre banche o i fondi pensione. Ritiene inoltre contraria al diritto europeo la Pag. 28scelta di escludere le banche di altri Paesi dell'Unione. In mancanza di chiarezza su tali aspetti, ritiene che il provvedimento costituisca non una giusta attribuzione di valore, ma un regalo per le banche. Appare invece una presa in giro la motivazione riferita all'apertura del mercato, visti i limiti posti.

  Sebastiano BARBANTI (M5S), premesso che è abituato a parlare di contenuti e non di giudizi, non condivide il giudizio di correttezza sulle previsioni del decreto – legge formulato da taluni deputati di maggioranza intervenuti nel dibattito. Sul piano dei contenuti, ritiene invece di richiamare le affermazioni contenute nella relazione dei saggi chiamati alla valutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia e dello stesso Governatore Visco, dalle quali si evince che tali quote sono frutto di risorse di natura pubblica derivanti in larga misura dell'esercizio, da parte della stessa Banca d'Italia, del diritto di signoraggio. Sottolinea inoltre come le misure adottate costituiscono un aiuto di Stato in favore delle banche, che peraltro non servirà a tutte, perché secondo la Banca centrale europea si tratta di valori non considerabili ai fini degli stress test.
  Ricorda poi che quando entrarono nel capitale della Banca d'Italia le banche in questione erano pubbliche e che il vulnus nell'ordinamento si è creato al momento della loro privatizzazione. La legge n. 262 del 2005 cercò di porre rimedio a tale situazione, prevedendo il trasferimento, entro i successivi tre anni, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici. Tale norma, tuttavia, non ha mai trovato attuazione, perché – come ammesso da un ministro – troppo difficile da realizzare.
  Sul piano del gettito fiscale non ritiene che ci saranno entrate aggiuntive per lo Stato, come ipotizzato, in quanto alcune banche hanno già attribuito un valore superiore delle quote da loro possedute e potrebbero anzi trovarsi in difficoltà laddove dovessero ridurlo.
  Fa poi notare che le banche partecipanti non saranno certo disposte ad accettare un livello di dividendo molto basso per evitare che l'erario pubblico debba registrare minori trasferimenti a seguito dell'innalzamento della quota di dividendi potenzialmente distribuibile ai quotisti. In realtà, ritiene che il dividendo sarà ben maggiore, e che si attesterà tra il 4,5 e il 5 per cento, con un ammanco per lo Stato che si aggirerà tra i 300 e i 350 milioni di euro annui.
  Contesta quindi la motivazione riferita alla ricapitalizzazione degli istituti di credito, nonché il valore attribuito alle quote di partecipazione al capitale della Banca, che è stato fissato al livello massimo di 7,5 miliardi senza alcuna fondata motivazione quando invece avrebbe potuto essere determinato in base alla semplice rivalutazione monetaria del valore nominale delle quote.
  In conclusione, fermo restando che la sua parte politica vuole che la Banca d'Italia sia in mano pubblica, ritiene necessario chiarire le incongruenze segnalate.

  Giampaolo GALLI (PD), rilevando che sul piano politico le valutazioni possono essere diverse, desidera in ogni caso rispondere ad alcune quesiti formulati nel dibattito.
  Quanto ai rilievi sul valore attribuito alle quote di partecipazione formulati del deputato Barbanti, osserva se si dovesse procedere alla nazionalizzazione della Banca d'Italia, come da quest'ultimo auspicato, vi sarebbe un esborso per lo Stato di entità non dissimile a quanto indicato dagli esperti, con una valutazione che ritiene prudente.
  Non crede inoltre sia corretto affermare che il dividendo riconosciuto ai quotisti non risulti congruente con il valore delle quote, rilevando come, se non si riconoscessero dividendi ai partecipanti, questi andrebbero incontro a perdite. A suo giudizio, il punto rilevante è il periodo transitorio e i cambiamenti nel profilo temporale del dividendo, che finora ha avuto una dinamica è crescente, ma che da Pag. 29ora in poi tenderà a rimanere costante nel tempo. Osserva poi che non si inciderà sulle riserve.
  Fa presente quindi di non comprendere le ragioni per le quali si afferma che si starebbe facendo un regalo alle banche, visto che la valutazione finale è corretta. Osserva poi che l'operazione, se non inciderà sui prossimi stress test cui saranno sottoposte le banche, varrà per il futuro, adeguando il valore del loro patrimonio dopo 77 anni e rafforzando il sistema bancario nazionale.
  In conclusione, ritiene ragionevole il provvedimento in esame.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, precisa che – ferma restando la sua contrarietà alla nazionalizzazione – il regalo alle banche è costituito dal rischio, non credibilmente smentito, che la Banca d'Italia sia chiamata al riacquisto delle quote al probabile prezzo di alcuni miliardi, ben maggiore dei 156.000 euro in cui era stabilito il valore nominale delle quote.

  Ferdinando ALBERTI (M5S), riassumendo la questione in termini semplici, osserva che il provvedimento viene motivato dalla necessità di sanare un torto verso le banche dopo 77 anni, e che ciò motiverebbe l'attribuzione di un valore di 7,5 miliardi di euro alle stesse, che sono i soci privati della Banca d'Italia. È evidente che tale favore alle banche non sia la misura più urgente, quando la crisi che si protrae da cinque anni determina la continua chiusura delle aziende e costringe al taglio della spesa sociale e in generale della spesa pubblica.
  Invita pertanto il Governo e la maggioranza a dare conto ai cittadini delle misure adottate.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea le contraddizioni delle motivazioni addotte dal Governo e dalla maggioranza a sostegno del provvedimento.
  In primo luogo, si sostiene che non sarebbe un regalo alle banche, ma allo stesso tempo si afferma che migliorerebbe la loro posizione negli stress test. Se così è, se ne deduce che si stanno dando soldi alle banche, alle quali, se necessario, si potrebbero semmai dare in prestito.
  Considera poi inaccettabile che si basi tale operazione, con cui si sposteranno ben 7,5 miliardi di euro, su un valore definito da tre persone, le quali presumono che i dividendi futuri siano prossimi agli attuali. Si tratta invece di un forte vantaggio che viene conferito alle banche, con danno enorme per le riserve della Banca d'Italia. Dopo aver ricordato i vantaggi già attribuiti alle banche alcuni anni fa, sottolinea che ora si potrebbe arrivare ad attribuire una quota di dividendi fino al 6 per cento. Auspica pertanto che Parlamento e Governo riconoscano che la valutazione dei tre saggi non è affidabile ed espone a forti rischi. Osserva inoltre che le riserve della Banca d'Italia appartengono ai cittadini e devono essere utilizzate per i cittadini.
  Richiama poi le conseguenze derivanti dal fatto che le banche sono soggette alla vigilanza della Banca d'Italia e che tuttavia, in quanto socie della stessa, possono influire sulla scelta dei dirigenti dell'Istituto, determinando un evidente conflitto di interessi, di cui peraltro la maggioranza non vuole accorgersi.
  Ritiene quindi si tratta di un'operazione a vantaggio di pochi soci, che produrrà conseguenze di cui ora la maggioranza non vuole rendersi conto, ma che si manifesteranno in futuro, come avvenuto per il Monte dei Paschi di Siena. È una grossa responsabilità che viene assunta da una classe politica inadeguata, che è mossa da motivi politici nell'incidere sulle delicate funzioni della Banca d'Italia.

  Giovanni PAGLIA (SEL) pur riconoscendo che la pubblicizzazione della Banca d'Italia avrebbe comportato quanto segnalato nel dibattito, ritiene che ciò non giustifica le valutazioni adottate, quando circa il 60 per cento del capitale della Banca d'Italia, il cui ammontare è stato portato a 7,5 miliardi, rischi di dover essere acquistato dalla Banca d'Italia, con denaro pubblico proveniente dalle riserve della stessa Banca. Giudica inoltre improprio Pag. 30che l'organo di vigilanza sulle banche abbia la possibilità di determinare il valore delle quote e incidere così sui bilanci delle stesse banche, visto che potrà decidere se procedere al riacquisto e a quale prezzo. Da questo punto di vista, sarebbe preferibile l'ipotesi di un intervento del Tesoro, che almeno è in posizione di terzietà rispetto alla vigilanza bancaria.
  In conclusione, sottolinea che il decreto-legge non realizza un'operazione di mercato, ma il suo contrario, e che attribuisce un enorme potere alla Banca d'Italia.

  Marco CAUSI (PD), relatore, assume l'impegno a riferire all'Assemblea alcune riserve emerse nel corso del dibattito in Commissione, quanto al metodo utilizzato. Precisa di condividere in parte tali riserve, in particolare circa il ricorso alla decretazione d'urgenza.
  Inoltre, ritiene di dover dare atto al Governo della necessità di trovare le risorse per compensare il mancato gettito derivante dalla abolizione dell'IMU sulla prima casa. Si tratta di una questione che dovrebbe essere tenuta a mente da coloro che hanno condotto la battaglia per l'integrale abolizione dell'IMU sulla prima casa e che invece oggi contrastano il provvedimento in esame.
  Assume altresì l'impegno a riferire all'Assemblea circa alcune perplessità nel merito delle misure adottate agli articoli 4, 5 e 6, che condivide, al di là delle vicende emendative. In particolare, invita il Governo ad una ulteriore riflessione circa due questioni, sulle quali si potrebbe anche intervenire in altra sede, sulla base di un monitoraggio sull'applicazione delle norme in esame.
  In primo luogo, si pone la questione della perimetrazione dei soggetti che possono detenere quote di capitale della Banca, che è ora limitata alle banche nazionali.
  In secondo luogo, le perplessità investono il periodo transitorio di cui all'articolo 6, comma 5, lettera c), dove si prevede un periodo di adeguamento di trentasei mesi durante il quale le quote di partecipazione eccedenti la soglia di possesso non spetta il diritto di voto ma sono riconosciuti i relativi dividendi. Infatti, se risulta conveniente mantenere le quote, non si dovrebbe rendere necessario il riacquisto. In ogni caso, sottolinea che il decreto – legge prevede un meccanismo di incentivi e disincentivi verso le banche che appare difficile valutare appieno.
  Richiama quindi l'attenzione su cinque dati di fatto, a prescindere dalle valutazioni politiche che si possono dare del decreto-legge.
  Il primo riguarda la circostanza che le banche attualmente valutano le quote di partecipazione possedute in modo difforme, in termini di rivalutazione monetaria e di bilancio e sul piano tributario. Il decreto-legge introduce perciò un elemento di omogeneità, opportuno anche in vista della vigilanza unica europea.
  In secondo luogo, le quote di partecipazione non rientrano nel capitale di vigilanza, sulla base di un esplicito divieto della Banca d'Italia.
  Rileva poi che è difficile scorporare il valore proveniente dal signoraggio e quello riferito alla gestione. In terzo luogo ricorda che il precedente Statuto della Banca d'Italia prevedeva per i quotisti il diritto a un dividendo massimo del 4 per cento delle riserve, livello peraltro mai raggiunto in concreto, il che comportava che in passato i dividendi provenivano anche dal signoraggio, mentre ora appaiono invece riferiti ai soli utili.
  In quarto luogo, data la stabilità di valutazione e i parametri di omogeneità introdotti, le quote di partecipazione possono entrare nel capitale di vigilanza e così permettere la ricapitalizzazione degli istituti bancari senza spendere soldi pubblici. Si tratta di un esito che non è riuscito ad altri Paesi europei, che non disponevano di analogo margine di intervento, che pure avrebbero apprezzato.
  Infine, per comprare le quote di partecipazione delle banche lo Stato dovrebbe fronteggiare un esborso fino a 7 miliardi di euro. È il motivo per il quale i Governi che si sono succeduti non hanno mai Pag. 31avuto il coraggio di compiere questo passo, compreso l'allora Ministro Tremonti, che pure nel 2005 volle fortemente prevedere la possibilità di un trasferimento delle quote con l'articolo 19, comma 10, della legge n. 262 del 2005.
  In conclusione, ribadisce che la sua relazione all'Assemblea sul provvedimento in esame non sarà «agiografica», anche se non potrà fare a meno di riportare la difficoltà di attuare il programma di Governo sull'IMU sulla prima casa e la necessità di trovare una soluzione a tale questione. Auspica infine che possa aver luogo una discussione vivace, ma basata su dati di fatto.

  Irene TINAGLI (SCPI) prende atto delle perplessità che il relatore ha dichiarato di condividere circa il merito del provvedimento e valuta positivamente il suo impegno a riferire all'Assemblea tutti gli aspetti critici emersi. Al riguardo, rileva come la durata del periodo transitorio sia legata alla possibilità di incassare dividendi, che dovrebbe invece a suo giudizio essere eliminata.
  Altro punto che va affrontato è invece la questione del riacquisto delle quote, sulla quale il decreto-legge non fornisce dettagli e elementi di trasparenza, soprattutto quanto al prezzo di riacquisto (che potrebbe portare a un danno per la Banca d'Italia), ai tempi ed ai limiti dell'esborso di liquidità che dovrà in tal caso essere sostenuto dalla Banca. In questi aspetti che trova fondamento l'idea di un regalo alle banche. Ricorda in proposito come la Banca centrale europea ha preso atto, nel suo parere sul provvedimento, della mancanza di dati di dettaglio in merito.
  Si augura pertanto che il Governo e la maggioranza si impegnino a definire meglio le condizioni per il riacquisto.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, osserva come il problema non riguardi solo la chiarezza della normativa sul riacquisto delle quote, ma il dato ineludibile che l'unico soggetto che potrà procedere al riacquisto delle quote medesime è la stessa Banca d'Italia, in assenza di altri operatori idonei o disponibili.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) desidera ricordare, senza intenti polemici, che lo scorso 13 dicembre il Ministro Saccomanni precisò che non vi era collegamento diretto tra l'intervento sull'IMU e quello concernente la Banca d'Italia.
  Sottolinea inoltre di aver chiesto al Governo di rivedere la norma sul periodo transitorio di trentasei mesi di cui all'articolo 6, comma 5, lettera c), entro il quale è consentito mantenere le quote di capitale eccedenti il limite del 3 per cento e sulla distribuzione dei dividendi relativi a tale periodo. Al riguardo, ritiene che il decreto-legge sia stato condizionato, rammentando in proposito che il Ministro Saccomanni sembra aver avuto una reazione di disagio quando gli è stato segnalato tale aspetto, che costituisce un disincentivo alla dismissione delle quote di partecipazione, per le quali si può contare su un dividendo che può arrivare al 6 per cento.
  Sottolinea poi che le quote di partecipazione non sono oggi considerate nel capitale di vigilanza sulla base di altre regole.
  In merito al riacquisto delle quote, considera rilevante la circostanza che se la Banca d'Italia vi procederà, spendendo circa 4 miliardi di euro, finirebbe per possedere il 56 per cento di se stessa, con conseguenze rilevanti, per esempio, sulla validità delle assemblee sociali, che finirebbe per essere assicurata in ogni caso, anche se presente un solo socio. A suo giudizio, sarebbe invece necessario evitare tali esiti.
  Per quanto riguarda l'utilizzo delle riserve e la questione del signoraggio, ricorda che in passato le banche erano pubbliche e che in ogni caso si sono sommati decenni di errori. In conclusione, la sua parte politica è contraria all'utilizzo di risorse pubbliche in favore di alcuni soggetti privati, magari prossimi al fallimento, con interventi che non si comprende perché non debbano riguardare anche altri tipi di imprese.
  Osserva poi che se il rischio di fallimento della Banca d'Italia è nullo e dunque assente il rischio insito nella partecipazione al suo capitale, nullo dovrebbe Pag. 32essere anche il rendimento assicurato ai soci. Ritiene pertanto incongrua la valutazione di 7,5 miliardi di euro, in luogo della quale si dovrebbe invece prevedere una rivalutazione monetaria, che porterebbe all'accettabile cifra complessiva di 1 miliardo e 100 milioni di euro.

  Giampaolo GALLI (PD) invita il relatore a considerare nella sua relazione all'Assemblea anche il tema del riacquisto delle quote, che merita l'attenzione del Parlamento e del Governo. Al riguardo, rileva come non vi siano garanzie per le banche, ma sia riconosciuta in merito alla Banca d'Italia discrezionalità, che costituisce del resto una caratteristica intrinseca dell'attività delle banche centrali, come dimostrato dall'operato della Federal Reserve. Il tema che oggi si pone riguarda piuttosto l'intreccio tra discrezionalità e le limitate dimensioni del mercato.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, osserva che il dibattito civile e serio che si è svolto oggi in Commissione lo induca a invitare ancora il Governo e la maggioranza a valutare se sia davvero opportuno procedere nel modo da essi voluto a fronte dei dubbi emersi da più parti.

  Daniele PESCO (M5S), considerate le riserve espresse anche in seno alla maggioranza, si associa all'appello ad un'ulteriore riflessione e alla prudenza. Si rischia infatti di commettere un abuso di potere, considerato che non vi è urgenza nell'intervenire sull'assetto della Banca d'Italia e che appare capzioso anche associare tale intervento a favore di pochi soggetti privati a quello relativo all'IMU. In conclusione, ribadisce che si sta realizzando un utilizzo di liquidità a danno dei cittadini, sul quale la maggioranza dovrebbe avere maggiore cautela.

  Matteo COLANINNO (PD) precisa che, ai fini della valutazione delle quote, il punto di riferimento non può essere costituito dal valore nominale di 156.000 euro, visto che il valore di 7,5 miliardi indicato si basa sul capitale sociale e sul patrimonio netto che si è sedimentato nel tempo a fronte della mancata attribuzione di dividendi ai partecipanti.
  Inoltre, ritiene contraddittorie le affermazioni svolte sul tema del riacquisto delle quote di partecipazione. Infatti, non si può affermare al contempo che è difficile collocare le quote e che la Banca d'Italia presenta un rischio pari a zero. Infatti, in mancanza di rischi derivanti dalla partecipazione al capitale della Banca, ed in presenza di una remunerazione di tale capitale, è infatti prevedibile che nel breve-medio periodo vi sia una controparte disponibile ad acquistare le quote. Va poi considerato che oggi chi deve dismettere tali quote dispone di un asset scambiabile con liquidità. Ritiene piuttosto potrebbe invece costituire un errore l'aver limitato la partecipazione al capitale della banca d'Italia ai soli soggetti italiani.
  In conclusione, ribadisce che il decreto-legge non costituisca un regalo alle banche, soprattutto tenendo conto del fatto che il capitale sociale riflette il valore iniziale e le variazioni positive del patrimonio netto che si è formato nel tempo.

  Carla RUOCCO (M5S) osserva che il vantaggio per l'economia reale sia l'ultima delle motivazioni addotte dal Governo a sostegno dell'intervento sull'assetto della Banca d'Italia. In realtà, il provvedimento non chiede nulla alle banche in cambio del vantaggio ricevuto, né sul piano della trasparenza di bilancio, né sul piano dell'attività creditizia in favore dell'economia reale. Molto diverso è stato invece il trattamento riservato alla generalità delle imprese, in occasione del provvedimento sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione.

  La Commissione, respinge, con distinte votazioni, gli identici emendamenti Savino 4.1, Barbanti 4.2 e Boccadutri 4.5, nonché gli emendamenti Rampelli 4.4, Boccadutri 4.3 e Paglia 4.11.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) esprime il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Pag. 33Paglia 4.12, che riformula gli articoli 4, 5 e 6, in termini condivisibili, in particolare prevedendo che il capitale della Banca d'Italia sia interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, che le relative quote siano incedibili, e che le somme da corrispondere per l'acquisto delle quote da parte degli attuali partecipanti al capitale siano determinate applicando al valore nominale delle partecipazioni medesime, la maggiorazione dell'indice dei prezzi al consumo calcolata dall'ISTAT.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Paglia 4.12 e 4.14, Melilla 4.13, Marcon 4.9, Boccadutri 4.10, Rampelli 4.6 e Paglia 4.15.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Boccadutri 4.16, il quale esclude la distribuzione dei dividendi ai partecipanti, sottolineando come tale previsione risulti pienamente giustificata alla luce del fatto che i veri titolari del capitale della Banca d'Italia sono gli italiani e non le banche private cui le relative quote vennero attribuite.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Boccadutri 4.16, Paglia 4.17 e 4.18 e Lavagno 4.8.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Boccadutri 4.19, che esclude dalla possibilità di acquisire quote del capitale della Banca d'Italia le imprese di assicurazione ed i fondi pensione privati.

  La Commissione respinge l'emendamento Boccadutri 4.19.

  Giovanni PAGLIA (SEL) illustra l'emendamento Lavagno 4.21, di cui è cofirmatario, il quale, sebbene non rispecchi la sua impostazione in merito, intende, quanto meno, fare chiarezza sull'impostazione del decreto-legge, relativamente ai soggetti che possono acquisire le quote del capitale, stabilendo che sono escluse anche le banche o le assicurazioni italiane controllate da soggetti esteri.

  Sebastiano BARBANTI (M5S), con riferimento al tema affrontato dall'emendamento 4.21, sottolinea la rischiosità di consentire a soggetti stranieri di incidere, attraverso la partecipazione a capitale, sulla gestione della Banca d'Italia e sulle nomine di esponenti di vertice.

  La Commissione, respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Lavagno 4.21 e Ricciatti 4.20.

  Filippo BUSIN (LNA) ritira il proprio emendamento 4.23.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Paglia 4.22 e Boccadutri 4.24.

  Irene TINAGLI (SCpI) chiede di accantonare il proprio emendamento 4.25 al fine di verificare, assieme con il Governo, la formulazione di un ordine del giorno nel quale trasfonderne il contenuto.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ritiene che, allo stato attuale dell'esame, non sia possibile procedere all'accantonamento di proposte emendative, il cui esame si dovrà concludere nella seduta odierna.

  Marco CAUSI (PD), relatore, invita il deputato Tinagli a ritirare il suo emendamento 4.25, trasformandolo in ordine del giorno.

  Irene TINAGLI (SCpI) ritira i propri emendamenti 4.25 e 4.28.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Boccadutri 4.26, Busin 4.27, Paglia 5.1 e 6.1, Boccadutri 6.3 e Paglia 6.7.

  Irene TINAGLI (SCpI) ritira il proprio emendamento 6.5.

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  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Paglia 6.6, Boccadutri 6.9, 6.11 e 6.12.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Boccadutri 6.13, il quale sopprime la norma della legge di stabilità 2014 che introduce un'aliquota tributaria di favore per le plusvalenze realizzate sulle quote di capitale della Banca d'Italia, rilevando come tale previsione costituisca un ulteriore regalo in favore delle banche partecipanti.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ritiene che il Governo debba chiarire le motivazioni della norma che l'emendamento 6.13 intende sopprimere.

  La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Boccadutri 6.13 e 6.14.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sull'emendamento Paglia 6.16, il quale sostituisce il comma 6-ter dell'articolo 6, sopprimendo il decreto del Presidente della Repubblica, di approvazione del nuovo statuto della Banca d'Italia, e prevedendo che le modifiche statutarie non possano avvenire prima della conversione in legge del decreto.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Paglia 6.16 e 6.17.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ricorda che sono pervenuti i prescritti pareri del Comitato per la legislazione e di tutte le Commissioni competenti in sede consultiva, ad eccezione di quello della Commissione Bilancio, che si esprimerà direttamente all'Assemblea.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi. Avverte altresì che il gruppo Lega nord autonomie ha designato il deputato Busin quale relatore di minoranza

  La seduta termina alle 19.15.

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