CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 gennaio 2014
157.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 136

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 15 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 14.20.

DL 133/2013: Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
C. 1941 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla VI Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 14 gennaio 2014.

  Teresa PICCIONE (PD), relatore, in considerazione delle limitate competenze della Commissione affari sociali in relazione al provvedimento in esame, che attengono esclusivamente al comma 9 dell'articolo 1, di cui condivide il contenuto, illustrato nella seduta di ieri, propone di esprimere un parere favorevole alla Commissione di merito.

  Andrea CECCONI (M5S), pur ritenendo condivisibile il contenuto della norma recata dal decreto-legge in titolo che attiene alle competenze della XII Commissione, richiamata dal relatore, dichiara tuttavia il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere favorevole, stante una contrarietà al provvedimento nel suo complesso, in quanto si tratta dell'ennesimo intervento in materia di IMU, non essendo il Governo riuscito a trovare la copertura finanziaria sufficiente per consentire l'esenzione dal pagamento della seconda Pag. 137rata dell'IMU per il 2013 con riferimento all'abitazione principale.
  Perplessità suscitano, a suo avviso, anche le disposizioni concernenti la Banca d'Italia, pur esulando queste ultime dalla sfera di competenza della Commissione affari sociali.

  Ileana Cathia PIAZZONI (SEL) dichiara, a nome del suo gruppo, l'astensione verso la proposta di parere del relatore.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 15 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 14.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
(Atto n. 54).

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato nella seduta del 14 gennaio 2014.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il sottosegretario Fadda, in considerazione del fatto che non è ancora pervenuto il parere della Conferenza Stato-regioni e che il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione affari sociali è stato fissato al 13 gennaio prossimo, ha assicurato la disponibilità del Governo ad attendere il parere della Commissione medesima, ove espresso dopo tale termine, prima di procedere con l'emanazione del decreto.
  Ricordando, quindi, che nella riunione dell'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 9 gennaio scorso si è convenuto sull'opportunità di avviare l'esame degli schemi di decreti legislativi anche in mancanza del suddetto parere della Conferenza Stato-regioni, senza pronunciarsi definitivamente su di essi, da, quindi, la parola al relatore, onorevole Monchiero, per lo svolgimento della relazione introduttiva sul provvedimento in titolo.

  Giovanni MONCHIERO (SCpI), relatore, fa presente che lo schema di decreto in titolo, volto al recepimento della direttiva 2011/24/UE, sull'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza transfrontaliera, nonché della direttiva 2012/52/UE, recante misure per agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro, rafforza il diritto di accesso alle cure sanitarie affermando il principio della circolazione e della libera scelta dei pazienti nell'ambito dell'Unione europea. Il recepimento della normativa europea non si concluderà con l'adozione del provvedimento in esame, ma richiederà una serie di ulteriori passaggi attuativi di cui darò conto nel prosieguo della relazione.
  Ricorda che il provvedimento in oggetto è stato predisposto in attuazione dell'articolo 1, comma 1, della legge di delegazione europea 2013 (legge n. 96 del 2013).
  Evidenzia come, in vero, la portata pratica del provvedimento in esame non si prospetta dirompente poiché, sulla base della normativa vigente, è già possibile fruire di prestazioni sanitarie in uno Stato diverso dal proprio. Al riguardo, ricorda i due regolamenti comunitari in vigore dal 1o maggio 2010, che garantiscono l'assistenza a determinate categorie (fra le quali: cittadini che si recano all'estero per turismo, studenti, lavoratori, pensionati, familiari di lavoratori residenti) e per specifiche situazioni (temporaneo soggiorno Pag. 138o residenza all'estero per motivi di lavoro, trasferimento all'estero per cure).
  In particolare, l'articolo 20 del regolamento CE n. 883/2004 subordina ad autorizzazione preventiva la possibilità di ricevere le cosiddette cure programmate in un altro Stato membro dell'Unione europea; tale autorizzazione è concessa a condizione che le cure da dispensare figurino tra le prestazioni sanitarie previste dalla legislazione del proprio Stato, ma che non possono essere praticate nel Paese di residenza entro un lasso di tempo accettabile. Il rimborso delle spese viene effettuato nei limiti e alle condizioni previste dalla legislazione dello Stato in cui le cure sono state prestate.
  Fa presente, quindi, che le principali differenze tra la citata direttiva 2011/24/UE – alla quale lo schema di decreto in esame si propone di dare attuazione – e il suddetto regolamento possono essere riassunte nei termini seguenti: innanzitutto, viene eliminata, in via generale, l'autorizzazione preventiva per cure programmate, che diventa l'eccezione. Inoltre, per quanto riguarda i soggetti che possono effettuare le prestazioni sanitarie, la direttiva prevede che possano operare tutti prestatori, siano essi pubblici o privati, superando così la previsione recata nel regolamento, che limitava tale possibilità al settore pubblico o ai fornitori convenzionati. Inoltre, con riferimento alla copertura del costo delle cure, nel regolamento il costo è a carico dello Stato membro dove il trattamento avviene, mentre nella direttiva il costo è a carico dello Stato membro di affiliazione, ovvero dello Stato membro nel quale il paziente è assicurato.
  Sottolinea come, tuttavia, l'esercizio effettivo del diritto alle cure «transfrontaliere» viene subordinato – nella direttiva e ancor più nello schema di decreto – ad una serie di condizioni e di adempimenti che suscitano non poche perplessità ed evidenziano una certa discrasia fra le intenzioni dichiarate e le norme emanate.
  Entrando nel merito del contenuto dello schema di decreto, che si compone di 19 articoli suddivisi in quattro capi, e di un allegato, rileva che, tra le disposizioni generali recate dagli articoli da 1 a 4, assumono particolare rilievo la definizione dell'oggetto e dell'ambito di applicazione del provvedimento; in coincidenza con quanto stabilito dalla direttiva, sono specificati i seguenti casi in cui l'assistenza transfrontaliera non trova applicazione: servizi assistenziali di lunga durata; accesso agli organi ai fini dei trapianti d'organo; programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose, volti esclusivamente a proteggere la salute della popolazione nel territorio nazionale, e subordinati ad una pianificazione e a misure di attuazione specifiche (articolo 1).
  L'articolo 5 specifica le garanzie e i mezzi di tutela dei pazienti assicurati in altro Stato dell'UE che intendono fruire o fruiscono delle cure nel territorio italiano, quali il diritto alla continuità della cura, assicurando l'accesso ad almeno una copia della cartella clinica, in formato cartaceo o elettronico (comma 5); il principio di non discriminazione sia per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni sia per la definizione delle tariffe (commi 6 e 7).
  Osserva che è prevista, inoltre, la possibilità, per esigenze di pianificazione o per garantire un controllo dei costi e per evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse, di adottate misure limitative all'accesso alle cure. In tal caso, un decreto del Ministro della salute, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce la portata temporale e territoriale di tali limitazioni. Le misure possono infatti essere limitate al territorio di una o più regioni, o a singole aziende o enti del SSN, e possono essere adottate anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (articolo 5, comma 8).
  L'articolo 6 garantisce, a tutela dei pazienti assicurati nel territorio nazionale che intendono fruire o fruiscono di cure in un altro Stato membro dell'UE, il diritto al rimborso delle spese, a una completa informazione su tutti gli aspetti essenziali dell'assistenza sanitaria transfrontaliera, Pag. 139alla continuità delle cure e al controllo medico nel territorio nazionale, nonché alla cartella clinica.
  Evidenzia quindi il ruolo attribuito al «punto di contatto nazionale» presso il Ministero della salute, struttura chiamata a fornire tutte le informazioni necessarie circa le procedure di rimborso e di autorizzazione, nonché in merito agli standard di qualità e di sicurezza e all'affidabilità del prestatore di assistenza sanitaria (articolo 7). Si prevede inoltre che le regioni e le province autonome possano istituire propri punti di contatto regionali.
  Per quanto riguarda specificamente la questione del rimborso dei costi, l'articolo 8 stabilisce che l'assicurato presso il Servizio sanitario nazionale ha diritto al rimborso se e nella misura in cui la prestazione erogata risulta compresa nei livelli essenziali di assistenza.
  Si prevede che i costi siano rimborsati in misura corrispondente ai tariffari regionali vigenti; comunque il rimborso non può superare il costo pagato dal paziente italiano allo Stato membro di cura per la prestazione sanitaria ricevuta (articolo 8, comma 3). È concessa la possibilità alle regioni e alle province autonome di rimborsare le eventuali spese di viaggio, alloggio e i costi supplementari sostenuti a causa di disabilità del paziente, a condizione che degli stessi venga fornita idonea documentazione (comma 4).
  Il comma 8 del medesimo articolo 8 utilizza lo strumento regolatorio previsto dalla direttiva in materia di rimborsi ribadendo che, per motivi imperativi di interesse generale, legati ad esigenze di pianificazione, controllo dei costi e spreco di risorse, il rimborso dei costi può subire delle limitazioni. In tal caso, un decreto del Ministro della salute, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce la portata temporale e territoriale di tali limitazioni. Le predette misure possono essere limitate al territorio di una o più regioni, o a singole aziende o enti del servizio sanitario nazionale, e possono essere adottate anche su richiesta delle regioni e delle province autonome. Si precisa che tali limitazioni devono essere necessarie e proporzionate all'obiettivo da raggiungere e non possono essere arbitrariamente discriminatorie o costituire un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione di merci, persone o servizi (comma 10).
  Questa norma merita, a suo parere, un approfondimento critico. Infatti, mentre porre limiti all'accesso dall'esterno diversificati a livello territoriale in ragione delle effettive capacità di offerta appare assolutamente logico (ai sensi di quanto previsto dall'articolo 5, comma 8), non altrettanto si può dire dei limiti di rimborso delle prestazioni richieste all'estero. Il rischio è che, oltre ad avere venti sistemi sanitari regionali diversi, avremmo anche venti, o più, «sanità transfrontaliere» diverse.
  Osserva, quindi, che l'articolo 9, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva, riguarda i casi di assistenza sanitaria soggetta ad autorizzazione preventiva, che viene limitata a quella che: è soggetta ad esigenze di pianificazione nazionali che comportano: il ricovero di almeno una notte; l'utilizzo di un'infrastruttura o di apparecchiatura medica altamente specializzata o costosa, comprese quelle utilizzate nella diagnostica strumentale; richiede cure ritenute rischiose per il paziente o la popolazione; è prestata da un prestatore che suscita dubbi circa la qualità e la sicurezza delle cure.
  Il comma 4 dell'articolo 9 prevede condizioni particolari per il paziente colpito da malattia rara o per il quale un medico specialista abbia formulato un sospetto diagnostico di malattia rara. In tali casi, il paziente può essere sottoposto a una valutazione clinica da esperti del settore operanti presso un Presidio della rete nazionale per le malattie rare. Se non possono essere reperiti esperti all'interno del territorio nazionale o se il parere dell'esperto non è conclusivo, può essere richiesto un parere scientifico alla struttura estera presso cui il paziente intende recarsi per usufruire della prestazione.
  Precisa che in ogni caso l'autorizzazione preventiva non può essere rifiutata quando l'assistenza sanitaria in questione non può essere prestata sul territorio Pag. 140nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico (comma 5).
  Si prevede quindi che, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, con decreto regolamentare del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, siano individuate le prestazioni per le quali il diritto del paziente a curarsi in ambito UE è subordinato all'autorizzazione, nonché le modalità per l'aggiornamento delle stesse (comma 8).
  Fa presente, poi, che le procedure per la richiesta di autorizzazione preventiva e per la richiesta di rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera sono disciplinate dall'articolo 10.
  In generale, la norma individua la ASL quale soggetto competente sia al rilascio dell'autorizzazione preventiva che all'erogazione del rimborso dei costi.
  Anche nel caso dell'articolo 10, a suo avviso lo schema di decreto appare peggiorativo rispetto alla direttiva. Al riguardo richiama, in particolare, il comma 3, che introduce un obbligo di domanda preventiva per consentire all'ASL competente di valutare se la prestazione che l'utente intende chiedere all'estero debba essere soggetta ad autorizzazione.
  L'articolo 11 introduce poi l'impegno dell'Italia a prestare mutua assistenza agli Stati membri dell'UE nonché a facilitare la cooperazione nell'erogazione dell'assistenza sanitaria transfrontaliera.
  In particolare, si prevede che l'Italia metta a disposizione delle autorità degli altri Stati membri dell'UE le informazioni sul diritto di esercizio della professione da parte dei prestatori sanitari iscritti nei registri nazionali o locali stabiliti nel territorio nazionale (comma 3). Tale scambio di informazione deve avvenire attraverso il sistema di informazione del mercato interno (IMI).
  L'articolo 12 garantisce il rispetto del principio del riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in uno Stato membro diverso da quello in cui si è assicurati, disponendo che i medicinali o i dispositivi medici, di cui è ammesso il commercio in Italia, anche se prescritti in un altro Stato membro, sono dispensati in Italia secondo le norme vigenti, a meno che non esistano fondate esigenze di protezione della salute umana o dubbi legittimi e giustificati circa l'autenticità, il contenuto o la comprensibilità di una singola prescrizione.
  Sono esclusi i farmaci soggetti a prescrizione medica speciale per i quali il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope (decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990) prevede specifiche modalità di distribuzione e prescrizione.
  I commi 8 e 9 dell'articolo 12 recepiscono integralmente la direttiva di esecuzione 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in altro Stato membro. Si prevede che le prescrizioni mediche rilasciate nel territorio nazionale per essere utilizzate in un altro Stato membro devono contenere almeno i dati stabiliti nell'Allegato allo schema di decreto in esame. Con successivo decreto del Ministero della salute, di concerto con il MEF, da emanarsi entro 60 giorni dalla entrata in vigore del provvedimento in oggetto, saranno definite, nel rispetto delle indicazioni minime previste dalla direttiva, le caratteristiche e i contenuti delle prescrizioni che verranno rilasciate nel territorio italiano su richiesta di un paziente che intenda utilizzarle in un altro Stato membro.
  Fa presente che l'articolo in esame si propone l'obiettivo di assicurare la continuità delle cure, ma per i suoi risvolti pratici rappresenta una delle disposizioni di più difficile attuazione fra quelle previste dalla direttiva.
  L'articolo 13 dello schema in esame definisce la partecipazione dell'Italia allo sviluppo delle reti di riferimento europee «ERN», tra prestatori di assistenza sanitaria e centri di eccellenza situati negli Stati membri, nonché l'impegno a promuovere ed agevolare il coordinamento dei centri d'eccellenza situati sul proprio territorio nazionale in vista della partecipazione a tali reti. Il Ministero della salute, di concerto con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, Pag. 141istituisce un organismo di coordinamento e monitoraggio, in armonia con quelli già esistenti in ambito comunitario, per rendere pienamente confrontabili i risultati raggiunti.
  Rileva che nel corpo dell'articolo 13 manca qualsiasi riferimento alle malattie rare, mentre l'articolo 12 della direttiva sostiene lo sviluppo delle reti e dei centri di eccellenza, soprattutto nel settore delle malattie rare.
  L'articolo 14 dello schema è dedicato alle malattie rare e impegna l'Italia a cooperare con gli altri Stati membri e con la Commissione europea allo sviluppo di capacità di diagnosi e di cura.
  Gli articoli 15, 16 e 17, rispettivamente, impegnano l'Italia nella cooperazione e nello scambio di informazioni con gli altri Stati membri operanti nell'ambito di una rete volontaria fra le autorità nazionali responsabili dell'assistenza sanitaria on line, nonché nella cooperazione e nello scambio di informazioni scientifiche nell'ambito di una rete volontaria che collega fra loro autorità e organismi responsabili, oltre a prevedere che il Ministero della Salute fornisca alla Commissione Europea l'assistenza e tutte le informazioni disponibili per la valutazione e la preparazione delle relazioni di cui all'articolo 20 della direttiva 2011/24/UE.
  La direttiva stabilisce che, entro il 25 ottobre 2015, e successivamente ogni tre anni, la Commissione rediga una relazione sul funzionamento della direttiva e la presenti al Parlamento europeo e al Consiglio. La relazione deve contenere le informazioni sui flussi dei pazienti, sulle dimensioni finanziarie della mobilità dei pazienti, sulle norme sulla limitazione dei rimborsi, sull'assistenza sanitaria soggetta ad autorizzazione preventiva nonché sul funzionamento delle reti di riferimento europee e dei punti di contatto nazionali.
  Fa presente, poi, che grazie alla clausola di cedevolezza, prevista dall'articolo 18, le disposizioni dello schema in esame riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano, con carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali non sia ancora stata adottata la normativa di attuazione regionale o provinciale e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest'ultima.
  L'articolo 19, recante le norme finali, impegna le regioni a monitorare in maniera adeguata e costante gli effetti derivanti dalle disposizioni recate dal provvedimento in esame, nonché a darne comunicazione tempestiva al Ministero della salute e al MEF, segnalando le criticità in conseguenza delle quali devono essere adottati i decreti sulle limitazioni all'accesso alle cure per pazienti stranieri (ex articolo 5, comma 8, dello schema) e sui criteri di limitazione del rimborso dei costi (di cui all'articolo 8, comma 8, dello schema).
  Fermo restando che per l'espressione di un parere conclusivo occorre attendere il pronunciamento della Conferenza Stato-regioni, ritiene tuttavia necessario ribadire fin da ora le perplessità che suscitano alcune disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo in esame, con particolare riferimento a quelle previste dagli articoli 8 e 10, per le ragioni sopra illustrate.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento in titolo ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Atto n. 50.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato nella seduta del 14 gennaio 2014.

  Gian Luigi GIGLI (PI) evidenzia l’«italica ipocrisia» che emerge dalla lettura dello schema di decreto legislativo in oggetto, citando a titolo di esempio alcune disposizioni, come quella che stabilisce il Pag. 142divieto di allevare, ma non di utilizzare, nel territorio nazionale cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione ovvero quella che differisce al 1o gennaio 2017 l'entrata in vigore delle misure relative all'utilizzo di animali per le procedure per gli xenotrapianti e per le sostanze di abuso e quelle relative al riutilizzo di animali.
  Ritiene che il dibattito in atto sul tema della sperimentazione sia intriso di populismo, ideologia ed elementi di irrazionalità, fino al punto da considerare l'uomo stesso alla stregua di un animale da sottoporre a esperimenti, ponendo sullo stesso piano uomini e animali.
  Richiama inoltre alcuni episodi verificatisi nel corso degli anni, anche all'estero, dai quali sarebbe emersa l'ideologia di certe associazioni animaliste che in taluni casi si trasforma in violenza.
  Esprime, quindi, la preoccupazione per cui il provvedimento in esame, a causa del suo contenuto, particolarmente rigido ed eccessivamente sbilanciato a difesa degli animali, rischia di estromettere l'Italia dal campo della ricerca in ambito internazionale. Al riguardo, fa riferimento ad alcuni divieti ivi contenuti, considerandoli particolarmente problematici: oltre a quelli già citati, richiama altresì le misure relative all'utilizzo di animali per le sostanze di abuso nonché le limitazioni relative all'allevamento di animali geneticamente modificati, evidenziando come si tratti di procedure essenziali al fine di acquisire determinate conoscenze. Così come, a suo avviso, è criticabile la limitazione prevista dall'articolo 16, circa il riutilizzo di animali da laboratorio, ricordando che tale pratica si è rivelata essenziale, ad esempio, negli studi sull'epilessia, che non possono essere efficaci se non utilizzando un animale più volte.
  Ribadisce, pertanto, che lo sviluppo delle conoscenze in campo scientifico non può subire paralisi, anche al fine di consentire all'Italia di competere con gli altri Paesi occidentali.
  Per le ragioni suddette, reputa essenziale che la Commissione proceda all'espressione di un parere articolato e approfondito e, soprattutto, che non si vada oltre il contenuto della direttiva europea che già prevede disposizioni volte a tutelare gli animali utilizzati a fini scientifici.

  Pia Elda LOCATELLI (Misto-PSI-PLI), dopo aver ringraziato la collega Amato per l'ampia relazione svolta nella seduta di ieri, fa presente di condividere le considerazioni critiche svolte dai deputati Binetti e Gigli con riferimento allo schema di decreto legislativo in oggetto.
  Al riguardo, ritiene opportuno ricordare le ragioni per le quali si è venuta a produrre la problematica situazione in atto, a partire dall'articolo 13 della legge di delegazione europea, che la Camera è stata costretta ad approvare, nel testo trasmesso dal Senato, per evitare al nostro Paese di incorrere in una serie di infrazioni in ambito europeo. Ricorda altresì che, per attenuare la portata di talune disposizioni recate dal citato articolo 13, ritenute particolarmente problematiche, nel parere approvato dalla Commissione affari sociali veniva espressamente richiamata la necessità per cui il Governo, in sede di attuazione della delega, si attenesse comunque alla esigenza espressa al comma 2 dello stesso articolo ovvero di conformarsi alla normativa europea nell'applicazione dei principi e criteri direttivi da esso recati. Ricorda inoltre che nel corso dell'esame in Assemblea del disegno di legge di delegazione europea erano stati presentati ordini del giorno volti a impegnare il Governo nello stesso senso. Osserva quindi come, nonostante tali precauzioni e nonostante l'accoglimento di tali ordini del giorno da parte del Governo, quest'ultimo ha di fatto disatteso gli impegni assunti all'atto della predisposizione dello schema di decreto legislativo in discussione.
  Esprime, pertanto, forti preoccupazioni in merito ai numerosi divieti previsti da tale provvedimento, quali ad esempio quelli concernenti gli xenotrapianti e le sostanze di abuso, che a suo giudizio potrebbero incidere negativamente sul futuro della ricerca in Italia, Pag. 143limitandone le possibilità di applicazione, diversamente da quanto avviene in altri Paesi dell'Europa e, più in generale, dell'area occidentale.
  Considerando sicuramente meritevoli di tutela gli animali che vengono utilizzati nella sperimentazione, apprezza la direttiva europea che rappresenta, a suo avviso, un punto di equilibro perfetto tra le ragioni della scienza, da un lato, e l'esigenza di proteggere gli animali, dall'altro, mentre con l'articolo 13 si è andati ben oltre, rendendo assai più rigorosi divieti e limitazioni.
  Ritiene, inoltre, che non costituisca una soluzione il fatto di aver previsto l'entrata in vigore al 2017 con riferimento ad alcuni divieti, nell'ottica di trovare, nel frattempo, metodi alternativi alla sperimentazione animale. Partendo dal presupposto per cui tutti, compresi gli scienziati, sarebbero ben felici di non dover ricorrere agli animali nell'attività di sperimentazione, fa tuttavia presente che, se nell'arco di tempo indicato non dovessero emergere metodi alternativi, le ricerche e gli studi intrapresi nell'arco di questi tre anni si dovrebbero interrompere, con tutte le gravi conseguenze che ne deriverebbero.

  Michela Vittoria BRAMBILLA (FI-PdL) ritiene innanzitutto doveroso inquadrare correttamente il dibattito rispetto a quanto è stato fatto finora, in quanto non condivide affatto la presunta contrapposizione tra animalisti, da un lato, e mondo della scienza, dall'altro. A suo avviso, si dovrebbe parlare piuttosto di due modi diversi di concepire la ricerca. Al riguardo, fa riferimento a un convegno tenutosi a Roma lo scorso lunedì, dal titolo «La ricerca scientifica senza animali per il nostro diritto alla salute», al quale hanno preso parte scienziati, ricercatori, biologi che non possono certo essere qualificati semplicisticamente come animalisti, tra i quali ricorda Marcel Leist, Luigi Campanella, Susanna Penco, Candida Nastrucci. Precisa, quindi, che in quella sede sono emerse le due diverse posizioni, quella di chi pensa che non sia possibile la sperimentazione senza l'utilizzo degli animali e quella di chi, invece, la ritiene non indispensabile.
  Riferisce, in particolare, sul pensiero del professor Marcel Leist, dell'Università di Costanza, il quale ha evidenziato come vi sia la possibilità di sostituire la sperimentazione sugli animali in molti protocolli, mentre sotto questo aspetto l'Italia si trova indietro rispetto ad altri Paesi.
  Fa presente, quindi, che vi sono molti casi in cui l'applicazione dei metodi in vitro consentirebbe di verificare in maniera più esatta gli effetti e lo controindicazioni di determinati farmaci.
  In proposito, ricorda che nel caso del farmaco «talidomide» si è assistito a un vero e proprio fallimento per quanto riguarda la predittività dei test effettuati sugli animali, con tutte le note conseguenze che ne sono derivate. Fa presente, inoltre, che molti studi effettuati sulla pelle artificiale vengono utilizzati per combattere i melanomi e che nel prossimo futuro nella ricerca medica saranno disponibili il fegato artificiale e i chip.
  Rileva quindi che, rispetto all'evoluzione descritta, l'Italia è in una posizione arretrata, anche perché solo il 16 per cento dei fondi disponibili viene utilizzato al fine di incentivare i metodi alternativi, mentre la parte restante delle risorse è impiegata per finanziare la sperimentazione sugli animali.
  Richiamando, poi, alcuni interventi svoltisi nella seduta odierna e in quella di ieri, anche con riferimento alla recente vicenda di Caterina Simonsen, evidenzia come sia inaccettabile identificare gli animalisti come gli autori degli insulti, ritenendo piuttosto plausibile che casi come quello ricordato vengano utilizzati strumentalmente, allo scopo di screditare le associazioni a difesa degli animali, che invece rifiutano ogni forma di violenza, sia verbale che fisica. Stigmatizza, inoltre, il tentativo di costruire delle vere e proprie «classifiche del dolore», mettendo al vertice coloro che sono favorevoli alla sperimentazione animale e agli ultimi posti gli animali stessi, che non hanno voce.
  Sempre con riferimento al dibattito avviato presso le competenti Commissioni Pag. 144parlamentari della Camera e del Senato, osserva che in questa fase è inopportuno riprendere tematiche che avrebbero dovuto essere discusse in fase di approvazione della legge di delegazione europea, mentre allo stato attuale si tratta propriamente di verificare se il Governo si sia attenuto o meno ai principi e criteri direttivi recati dall'articolo 13 della delega all'atto della predisposizione dello schema di decreto legislativo in esame. Dopo aver ricordato come taluni di tali principi – quali il divieto di allevamento di cani, gatti e primati non umani, il divieto degli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia qualora esse comportino dolore all'animale, gli incentivi alla sperimentazione sostitutiva – siano particolarmente innovativi e all'avanguardia, rileva che essi non sono stati completamente rispettati nel dare attuazione alla delega, come è stato evidenziato nel parere della 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato, in cui si evidenzia una potenziale violazione dell'articolo 76 della Costituzione.
  Con riferimento alle preoccupazioni espresse, in particolare, dal deputato Gigli, ribadisce che la sperimentazione animale non consente sempre di ottenere risultati efficaci in quanto non sempre gli animali sono assimilabili all'uomo, subentrando fattori di tipo psicologico e ambientale. Al riguardo cita, come esempio, gli studi sui disturbi alimentari.
  Alla luce delle considerazioni svolte, ribadisce l'esigenza di rilevare le difformità riscontrabili tra lo schema in esame e i principi e i criteri direttivi contenuti nella norma di delega, prospettando in caso contrario la possibilità di una futura impugnazione del decreto legislativo che dovesse essere comunque emanato dal Governo, come peraltro evidenziato da parte di alcune senatrici in un appello rivolto al Presidente della Repubblica.

  Ileana ARGENTIN (PD), nel condividere l'impostazione ed i contenuti della relazione svolta dalla collega Amato, intende svolgere alcune considerazioni che scaturiscono anche dalle esperienze personali di chi vive nella realtà della sofferenza e del dolore. Chi soffre di gravi patologie, nonostante il rispetto e l'amore per gli animali – che spesso sono tra l'altro anche di grande aiuto pratico nello svolgimento di semplici azioni domestiche – non può tuttavia esimersi dall'assumere posizioni di responsabilità nei confronti del mondo della ricerca e della scienza. Ricorda, infatti, come la qualità della vita di persone affette da patologie gravi, come quelle neuro-muscolari, sia migliorata proprio grazie alla ricerca, basti pensare all'iniziativa di Thelethon dove la disabilità viene addirittura spettacolarizzata a fini scientifici: alla ricerca non c’è infatti alternativa.
  Tiene poi ad evidenziare come la vicenda della ragazza di Padova, alla quale si è fatto in più occasioni riferimento, non sia stata artatamente strumentalizzata, essendo la medesima vittima innocente di atti di populismo e violenza innescati da determinati meccanismi.
  Pertanto, la XII Commissione deve assumersi la responsabilità di fare delle scelte che possano essere di aiuto a tutti e che siano fondate sul riconoscimento dell'importanza fondamentale per la ricerca scientifica della sperimentazione sugli animali, ai quali naturalmente non va arrecato dolore gratuitamente.

  Elena CARNEVALI (PD) fa presente innanzitutto che l'attenzione verso il dolore degli animali è sicuramente tenuto in considerazione da parte della scienza, che ricorre infatti al loro utilizzo laddove sia indispensabile. In tale ottica la direttiva europea prevede una serie di misure specificamente volte alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
  Rileva come, tuttavia, l'articolo 13 della legge di delegazione europea, nel recepire tale direttiva, abbia previsto principi e criteri direttivi che vanno ben oltre il contenuto della citata direttiva, prevedendo anche il divieto degli xenotrapianti e delle sostanze di abuso nonostante si tratti di metodi e di procedure che hanno consentito di salvare diverse vite umane.Pag. 145
  Se, da un lato, ritiene che si possa condividere il mutamento di prospettiva proposto dall'onorevole Brambilla, nel senso di superare la contrapposizione tra animalisti e scienza prospettando piuttosto una diversità di vedute all'interno del mondo scientifico, non comprende, dall'altro lato, perché mai si dovrebbe impedire all'Italia di porsi in una posizione paritaria rispetto agli altri Paesi europei e, più in generale, dell'occidente, nei quali la ricerca viene effettuata anche mediante l'utilizzo di animali.
  Reputa, inoltre, indispensabile che il dibattito sia impostato in termini civili, ciò che non è accaduto fino ad oggi, considerati gli insulti di cui sono stati oggetto coloro che sostengono a qualsiasi titolo la sperimentazione animale, anche mediante mail intimidatorie che i deputati ricevono quotidianamente.
  Rileva altresì che, in fase di approvazione della legge di delegazione europea, era stata sottolineata da più parti e con tutti gli strumenti possibili la necessità di non andare oltre il contenuto della direttiva europea, richiamando espressamente il comma 2 dell'articolo 13, mentre il Governo non ha tenuto conto di questo nella predisposizione dello schema di decreto legislativo in oggetto.
  Ribadisce, quindi, l'esigenza di approvare una normativa conforme a quella degli altri Paesi europei, in modo da consentire all'Italia di contribuire all'evoluzione della ricerca scientifica in condizioni di parità con essi.

  Andrea CECCONI (M5S), prima di entrare nel merito dello schema di decreto legislativo, intende svolgere alcuni rilievi sul metodo seguito dal Governo in questa ed in altre occasioni.
  In proposito, ricorda come sei mesi fa il testo del disegno di legge di delegazione europea trasmesso dal Senato venne sottoposto all'esame della Camera senza possibilità per questo ramo del Parlamento di apportare alcuna modifica, nonostante l'ampio dibattito svoltosi in particolare sull'articolo 13 sia presso questa Commissione che presso la Commissione politiche dell'Unione europea. Il MoVimento 5 Stelle aveva sottolineato l'inadeguatezza del metodo e la necessità che il Governo in sede di predisposizione dello schema di decreto dovesse rispettare i principi, anche più rigorosi rispetto alla direttiva comunitaria, fissati dal Parlamento. Con lo schema di decreto in esame, invece, il Governo ha disatteso gli impegni assunti ed ora quale che sia il parere che la Commissione renderà sarà di fatto ininfluente, ben potendo il Governo non tenerne conto.
  Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, alcuni aspetti centrali sono inaccettabili per il suo gruppo, che riconosce la validità delle ragioni degli animalisti e che è favorevole allo sviluppo e alla diffusione di metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali.

  Vanna IORI (PD), con riferimento all'intervento svolto dalla collega Brambilla, fa presente che, se da un lato può ritenersi condivisibile la considerazione per cui non è corretto contrapporre gli animalisti alla scienza, sembra altrettanto poco corretto contrapporre la «ricerca» alle ricerche alternative. Si domanda, infatti, quale sia l'elemento che porti a definire un metodo «ortodosso» rispetto ai metodi alternativi.
  Per tale ragione, ritiene che occorra individuare in primo luogo l'oggetto che determina ciascun metodo di ricerca.

  Massimo Enrico BARONI (M5S) fa presente innanzitutto come si stia discutendo di una materia in relazione alla quale emerge la contrapposizione fra l'occidente e le altre parti del mondo.
  Al riguardo, osserva che il MoVimento 5 Stelle ha più volte evidenziato, nei blog o mediante altri strumenti, che alcune abitudini assunte dalla scienza in determinati momenti storici siano poi rappresentate come irrinunciabili. Richiama anche l'intervento svolto dal deputato Gigli il quale ha espresso la preoccupazione per cui gli esperimenti finiscano per essere effettuati sull'uomo stesso anziché sugli animali. A suo avviso, considerazioni di questo genere non tengono sufficientemente conto del fatto che l'essere umano Pag. 146è autore dei danni maggiori sul nostro pianeta, a partire dai disastri ambientali.
  Rilevando, quindi, come la scienza abbia da tempo abbandonato paradigmi deterministici e assoluti, ritiene che quando si giustifica in qualche modo il dolore degli animali, in nome di esigenze superiori, si compie un esercizio di falsificazione morale, di giustificazione degli aspetti carnefici della nostra società.
  A titolo di esempio di ciò che può accadere quando la scienza si ribella alla natura, fa riferimento alla scena finale del film «Il miglio verde», in cui c’è un anziano rimasto solo in quanto non muore, non potendosi ammalare, pur avendo assistito alla morte di tutte le persone vicine.
  Ribadisce, dunque, l'opportunità di seguire un approccio nuovo, di tipo dubitativo, che viene seguito anche da parte degli stessi comitati di bioetica, per cui la scienza si prende carico del dolore.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 16.10.