CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 gennaio 2014
152.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
Pag. 3

  Mercoledì 8 gennaio 2014. – Presidenza della Presidente Laura BOLDRINI.

  La seduta comincia alle 12.15.

Seguito e conclusione della discussione di carattere generale sullo schema di modifica regolamentare predisposta dal Gruppo di lavoro sulle riforme del Regolamento della Camera.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ricorda che la discussione sullo schema di riforma regolamentare è stata avviata nella seduta del 12 dicembre, con l'illustrazione dell'articolato da parte dei deputati Bressa, Gitti, Melilla, Leone e Pisicchio, ed è continuata nella riunione del 17, nella quale, sul merito, è intervenuto il deputato Catania.
  Ricorda altresì che, nell'ultima seduta, è stata avanzata – dal deputato Vito, cui si sono associati i colleghi Toninelli e Corsaro – la proposta di rinviare la conclusione della discussione di carattere generale alla ripresa dei lavori a gennaio. Per quanto non tutti concordassero con tale richiesta, fa presente di averla accolta proprio nello spirito di consentire a quanti lo desiderassero di potersi esprimere e sostenere le proprie posizioni.
  Fa infine presente che nella seduta odierna la Giunta concluderà la discussione di carattere generale, per poi passare alle successive fasi dell’iter.

  Danilo TONINELLI, preliminarmente, annuncia che intende svolgere, a nome del suo Gruppo, un intervento corposo, considerata l'importanza dell'argomento, comunque rientrante nel limite di trenta minuti fissato dall'articolo 39 del Regolamento. L'intervento riguarda metodo e merito delle proposte di riforma del Regolamento della Camera e ha la finalità di spiegare le ragioni del dissenso del suo Gruppo parlamentare rispetto alla proposta presentata dal Comitato ristretto e le ragioni per le quali ha inteso presentare una proposta alternativa.
  Ricordato che il suo Gruppo ha inviato una lettera alla Presidente nella quale si chiede parità di trattamento rispetto agli altri Gruppi, stigmatizza il fatto che la Presidente, nella seduta della Giunta del 17 dicembre scorso, ha ufficialmente negato al Gruppo MoVimento 5 Stelle la possibilità di poter svolgere la relazione di opposizione, definendo tale scelta incomprensibile ed inaccettabile.
  Ciò premesso, rileva come, dopo le sedute del 12 e del 17 dicembre, appaia di tutta evidenza come, da parte dei sette firmatari dell'articolato, cioè di tutte le forze politiche presenti nel Gruppo di lavoro – ad eccezione del MoVimento 5 Stelle – e da parte della Presidente, ci sia la fretta scellerata di concludere il lavoro di riforma del Regolamento, secondo lo schema tipico e non meno scellerato della nostra produzione legislativa, che è talmente Pag. 4frettolosa e raffazzonata da avere affossato la conoscibilità e la certezza del diritto, e quindi tale da aver comportato molti più danni che benefici al nostro Paese. Considerato l'imminente deposito di una proposta di riforma costituzionale ed istituzionale, annunciata più volte dal Presidente del Consiglio dei ministri Letta e ribadita nel suo discorso prima del voto di fiducia dell'11 dicembre, riforma che vedrebbe abolito il bicameralismo con evidenti e radicali ricadute sui lavori della Camera dei deputati, ritiene di non sbagliare nel definire quantomeno controproducente non attendere l'esito di siffatta riforma prima di mettere mano al Regolamento. Osserva come sarebbe al limite accettabile intervenire su quelle parti che risultano autonome ed indipendenti rispetto ai contenuti e alle ripercussioni della riforma costituzionale in parola, quali ad esempio effettività del Regolamento, proposte di iniziativa popolare, pubblicità e trasparenza dei lavori, procedure di collegamento con l'Unione Europea.
  Per quanto il suo Gruppo non pretenda di avere ragione e accetti che chi ha la maggioranza decida, esso non accetta, però, di non avere pari chances con le altre forze politiche, e cioè di non poter esprimere le proprie idee. Per cui, al di là delle forme, se le forze politiche, in accordo con la Presidenza, hanno avuto la possibilità di depositare i propri documenti a sostegno delle proprie tesi, allo stesso modo pretende, a nome del Gruppo MoVimento 5 Stelle, di avere parità di trattamento. A causa della decisione della Presidente di far svolgere le relazioni esclusivamente a coloro che sono a sostegno della proposta di maggioranza, dichiara di trovarsi nella difficoltà di dover comprimere il suo pensiero e quello del suo Gruppo, che rappresenta il 25 per cento degli elettori e che siede in Parlamento con una proporzione reale e non drogata da un premio di maggioranza incostituzionale, come invece accade per altre forze politiche.
  Chiede sin d'ora, per permettere all'Aula di potersi esprimere in modo completo e coerente, che le proposte del Gruppo di lavoro siano adeguatamente suddivise, e non nelle sole cinque parti che sono state convenute e accettate dalla Presidenza, ma in un numero di parti tale da permettere un adeguato dibattito sufficientemente circostanziato e non impossibile da affrontare per l'ampiezza della materia singolarmente trattata. Ciò al fine di mettere il suo gruppo e l'Aula nella condizione di potersi esprimere.
  Quanto alle valutazioni sul testo presentato dalla maggioranza, denuncia in primo luogo l'assenza di una seria istruttoria. In proposito, ricorda che nella seduta della Giunta del 30 maggio 2013 si è dato vita ad un Gruppo di lavoro per presentare una proposta di riforma del Regolamento della Camera; tale Gruppo ha iniziato a lavorare nel mese di giugno e in diciotto incontri è riuscito a licenziare un testo di riforma condiviso da tutti i Gruppi, salvo che dal MoVimento 5 Stelle. Dichiara come il dissenso del suo Gruppo è motivato, oltre che da ragioni di merito che si riserva di illustrare in seguito, da motivazioni di metodo che lo hanno indotto a non sottoscrivere la lettera inviata dagli altri colleghi membri del Gruppo di lavoro. In particolare, non condivide il contenuto di tale lettera laddove si afferma che i lavori sono stati approfonditi e si sono svolti attraverso un seria attività di studio e di analisi delle tematiche inerenti il funzionamento della Camera.
  Ritiene che la divergenza sia dovuta al modo di concepire le caratteristiche di una seria istruttoria. D'altro canto, sin dall'avvio dell'attività del Gruppo di lavoro, aveva esplicitato, anche attraverso l'invio di una lettera indirizzata alla Presidente, ai membri del Gruppo di lavoro e alla segreteria della Giunta per il Regolamento, cosa fosse a suo avviso una seria istruttoria. Per essere tale, quest'ultima avrebbe dovuto perseguire alcune finalità: in primo luogo, individuare, attraverso precisi dati empirici, se vi siano e quali siano i problemi procedurali concreti ai quali si rende necessario porre rimedio; in secondo luogo, determinare quale sia la direzione verso la quale devono muovere eventuali interventi Pag. 5di riforma; in terzo luogo, verificare se tali profili di criticità siano risolvibili o quantomeno migliorabili attraverso un intervento di riforma regolamentare piuttosto che attraverso altre fonti o strumenti; in quarto luogo, effettuare un analitico studio comparativo con altri ordinamenti democratici in riferimento alle soluzioni adottate in tali Paesi rispetto a problematiche comuni alle nostre, verificando quindi quali effetti abbiano sortito le eventuali riforme ivi adottate; in quinto luogo, infine, individuare le possibili soluzioni idonee a risolvere ciascuna delle criticità evidenziate dallo studio empirico effettuato con specifico riguardo al nostro ordinamento, cercando di compiere attendibili studi di previsione sulle ricadute concrete che tali soluzioni determinerebbero.
  A queste richieste istruttorie, ancorché avanzate per iscritto, né la Presidente, né gli altri membri del Gruppo di lavoro hanno mai dato una risposta. Soprattutto, l'attività istruttoria richiesta non è mai stata svolta. Nelle sedute nelle quali si è riunito il Gruppo di lavoro ci si è infatti limitati ad esaminare il testo di varie proposte già formalizzate in articoli, alcune provenienti dai Gruppi, ma la maggior parte proveniente dagli Uffici della Camera. Ma discutere testi non costituisce attività istruttoria: non determina un'acquisizione di dati, né rappresentazioni razionalizzate della realtà del Parlamento italiano e di quelli stranieri, che possano condurre ad una seria individuazione delle problematiche, di come il Regolamento possa contribuire a risolverle o di quali siano le soluzioni alternative o concorrenti che possano essere adottate.
  Ritiene provato che nessuna attività istruttoria di questo tipo sia stata svolta dalla circostanza che l'articolato sottoposto alla Giunta risulta essere privo di una qualsivoglia documentazione volta ad attestare la necessità di quegli stessi interventi o a sostegno delle soluzioni che vengono prospettate. D'altro canto, nel corso delle riunioni del Gruppo di lavoro non si è audito alcun esperto, non si è svolto alcun confronto comparativo rispetto ad altri ordinamenti, non sono stati né elaborati né analizzati studi relativi ai singoli istituti presi di volta in volta in considerazione. L'unico ausilio istruttorio messo a disposizione è stato un dossier predisposto dagli uffici della Camera relativo all'elaborazione e all'attuazione del diritto dell'Unione europea in altri Stati, studio peraltro risalente al 2010 e dunque non aggiornato rispetto alle modifiche successivamente intervenute.
  Chiede se davvero si pensi che, senza una seria analisi dei problemi, delle soluzioni alternative e delle best practices che l'esperienza nostra e quella che gli altri Parlamenti offrono, si possa licenziare un buon lavoro, e se non si stiano forse riproducendo anche in questo procedimento i difetti più gravi del modo di legiferare, vale a dire senza sapere e senza giustificare ciò che si fa e dunque al solo scopo propagandistico di affermare che è stata fatta una riforma, per poi ritrovarsi punto e a capo nel giro di pochi mesi e reclamare la necessità di una nuova riforma.
  Queste sono le ragioni per le quali continua a chiedere che i lavori siano rimessi su un binario più corretto e serio e che le attività istruttorie che sono state omesse finalmente si svolgano.
  Passando al merito del testo licenziato, ritiene necessario mettere in luce gli aspetti che maggiormente ne evidenziano l'inadeguatezza rispetto agli obiettivi perseguiti.
  Osserva innanzitutto che obiettivo comune alle varie proposte avanzate dai Gruppi consisteva nella valorizzazione del lavoro fatto dalle Commissioni, nel senso di impedire che esso possa essere stravolto durante l'esame in Assemblea. A tal fine, la proposta uscita dal Gruppo di lavoro si concentra però sulla sola sede referente di esame dei progetti di legge e, quanto agli accorgimenti introdotti per preservare il lavoro della Commissione, incide sui soli emendamenti presentati dai Gruppi in Assemblea, con un taglio drastico. Non si interviene invece né sul numero né sul termine entro il quale la Commissione e il Governo possono presentare emendamenti Pag. 6in Assemblea ai sensi dell'articolo 86, comma 5. L'unico accorgimento previsto in proposito riguarda il divieto di porre in votazione gli emendamenti presentati in Aula prima che sia trascorso un giorno dal loro deposito. Tale misura, invero, è già prevista per gli emendamenti che importino conseguenze di carattere finanziario, ai sensi dell'articolo 86, comma 5-bis, il che accade molto spesso, ma, come la prassi dimostra, essa non ha alcuna efficacia deterrente né consente ai deputati di utilizzare il termine dilatorio come pausa di riflessione sulle novità approntate dal Governo e/o dalla Commissione, posto che, nel frattempo, l'Aula continua a discutere e votare le parti del progetto di legge non interessate dagli emendamenti dell'ultim'ora. Tra l'altro, la riforma proposta va nella direzione opposta a quella di disincentivare il ricorso da parte del Governo e della Commissione agli emendamenti «fuori sacco», posto che taglia drasticamente, in tal caso, anche i subemendamenti presentabili dai Gruppi.
  Come dimostrano i dati empirici, tuttavia, non sono le proposte emendative dei Gruppi (specie di quelli di opposizione) a mettere a rischio il lavoro svolto dalla Commissione in sede referente e a vanificarne l'esito, ma sono quelle del Governo e della Commissione (vale a dire, della maggioranza) che determinano lo stravolgimento in Assemblea del testo licenziato dalla Commissione e che portano addirittura, in alcuni casi, ad inserire durante l'esame in Assemblea, in forma di emendamenti, nuovi argomenti «fuori sacco» mai considerati dalla Commissione. Ne consegue che le misure volte a tagliare i soli emendamenti dei Gruppi, lungi dal realizzare l'obiettivo della tutela del testo varato dalla Commissione, si spiegano, semmai, solo in funzione antiostruzionistica. Peraltro, va notato che l'esperienza delle passate legislature dimostra che la prassi delle votazioni a scalare – sorta per deflazionare i lavori d'Aula in presenza di emendamenti meramente ostruzionistici – è stata sistematicamente applicata anche quando gli emendamenti dei Gruppi non avevano tale carattere (cita a titolo di esempio il richiamo al Regolamento del deputato Boccia nella seduta del 29 luglio 2004).
  A suo avviso, la riforma proposta, in definitiva, non servirà all'obiettivo di tutelare il lavoro svolto dalla Commissione, riducendosi essenzialmente ad un intervento penalizzante del diritto dei deputati non presenti in Commissione di proporre emendamenti, aggravando ancor di più il disequilibrio nei poteri emendativi tra Commissione (vale a dire maggioranza) e Governo, da un lato, e Gruppi di opposizione, dall'altro. Per rafforzare un minimo la blanda proposta della maggioranza del Gruppo di lavoro, anziché prevedere il rinvio di un giorno della votazione degli emendamenti presentati in corso di seduta ai sensi dell'articolo 86, comma 5, si dovrebbe piuttosto ristabilire la parità tra i soggetti del procedimento legislativo, riaprendo anche per i deputati i termini per la presentazione di emendamenti in Assemblea qualora il Governo e la Commissione decidano di presentare i così detti emendamenti «fuori sacco». Tale eventualità avrebbe almeno il pregio di indurre il Governo e la Commissione a riflettere sull'opportunità di valersi del potere emendativo dell'ultim'ora, se ciò determinasse la necessaria riapertura dei termini anche in favore dei Gruppi. Il Governo e la maggioranza rischierebbero così di veder allungati i tempi del procedimento per aver deciso di intervenire con nuove proposte di modifica sul testo già maturo per la decisione.
  Inoltre, se passasse la riforma dell'articolo 85-bis sul taglio degli emendamenti dei Gruppi, essendo pochissimi gli emendamenti presentabili dai deputati, sarà probabile che le proposte emendative diventeranno amplissime nei contenuti. Ciascuna proposta, tuttavia, non potrà comunque essere discussa che per cinque minuti da ciascun Gruppo e solo immediatamente prima del voto, essendo eliminata la fase di discussione degli articoli. Ciò comporterà un dibattito ancor più ridotto e farsesco di quello attuale e la diminuzione delle già ridotte possibilità Pag. 7dei parlamentari di informarsi sul contenuto degli emendamenti prima di votarli.
  Ricorda, inoltre, che, per realizzare l'obiettivo di valorizzare l'esame in Commissione, il Gruppo di lavoro si era inizialmente orientato nel senso di rivedere le norme sulla sede redigente, una procedura attualmente poco usata se non addirittura desueta, per rivitalizzarla fino a renderla la sede ordinaria di esame dei progetti di legge. Muovendosi in questa direzione, si potrebbe in effetti realizzare quella separazione dei ruoli tra Assemblea e Commissione che è accolta nella gran parte dei sistemi parlamentari europei (ad esempio in Inghilterra, Germania e Spagna). Rileva tuttavia che nella riunione del Gruppo di lavoro dedicata ad affrontare proprio tale tema, è stata invece sottoposta una nuova proposta di riforma che, con un improvviso mutamento di strategia, si è orientata piuttosto nel senso di rafforzare la sede referente quale sede ordinaria di esame degli emendamenti e che poi, come illustrato, ha però mancato anche tale obiettivo, concentrandosi sui soli emendamenti dei Gruppi. Viceversa, proprio la sede redigente avrebbe riequilibrato la posizione di tutti gli attori istituzionali, escludendo del tutto il potere di emendamento dell'Assemblea (che dovrebbe però poter conservare il potere di dettare principi e criteri emendativi da svolgere in Commissione, così come previsto dall'articolo 96 del Regolamento e sul modello dei rapporti Assemblea-Giunta per il Regolamento per l'approvazione delle modifiche regolamentari) e, quindi, eliminando anche i «fuori sacco» del Governo e della Commissione. Peraltro, il successo della sede referente, preponderante nelle ultime legislature sulle altre modalità di esame dei progetti di legge, sembra da ascriversi soprattutto alla circostanza che solo in Aula il Governo può porre la questione di fiducia e, pertanto, esso e la maggioranza rifuggono da altre modalità di esame proprio per potersi avvalere della questione di fiducia sugli emendamenti presentati in Assemblea dove, spesso d'improvviso e solo all'ultimo, Governi e maggioranze politicamente deboli fissano il loro indirizzo.
  Anche per tale ragione, ritiene che occorrerebbe tornare a riflettere sull'opportunità di valorizzare la sede redigente che, da questo punto di vista, renderebbe il passaggio parlamentare più trasparente e la delineazione dell'indirizzo politico perseguito chiara fin da principio. Ciò assicurerebbe peraltro il superamento della peggiore prassi distorsiva, prodotta dall'abbinamento dei maxiemendamenti con la questione di fiducia, eliminando senz'altro i maxiemendamenti in Assemblea.
  Proprio con riguardo al problema dei maxiemendamenti, osserva che la proposta del Gruppo di lavoro consiste soltanto nella riformulazione delle norme sulla ricevibilità degli emendamenti (con una previsione di contenuto identico per gli emendamenti in Commissione e in Assemblea), che dovrebbe impedire la presentazione di «emendamenti interamente sostitutivi di un articolo e contestualmente soppressivi di altri o in ogni caso volti a introdurre una pluralità di modifiche fra le quali non sussista una evidente consequenzialità logico-normativa», e nell'eliminazione dell'inciso «di regola» dalla previsione dell'articolo 86, comma 1, che dovrebbe rendere cogente l'obbligo di svolgere gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi in Commissione. Rileva tuttavia come tali proposte appaiano insufficienti a causa del fatto che esse rimandano in ogni caso ad una valutazione presidenziale, e non a dati oggettivi incontrovertibili, e che la sola giurisprudenza presidenziale non offre adeguate garanzie per una corretta applicazione del Regolamento. Ricorda che, a proposito dell'efficacia di interventi sul Regolamento che riguardino la formulazione degli emendamenti ma che lascino comunque spazi alla decisione presidenziale, è stato autorevolmente espresso scetticismo e proprio a causa della circostanza che, alla luce dell'esperienza, «si può dubitare della attitudine dei Presidenti di Assemblea ad assumere decisioni procedurali forti che si pongano in urto frontale con le posizioni sostenute dal Governo» (si veda Daniele Ravenna, La patologia dei maxiemendamenti e i possibili rimedi, Relazione Pag. 8al seminario svoltosi alla LUISS il 1o ottobre 2009). Per la stessa ragione, con riferimento all'obiettivo di preservare l'omogeneità dei decreti-legge fin dall'origine e, successivamente, della legge di conversione, non può bastare la mera codificazione dei limiti stabiliti dalla legge n. 400 del 1988, posto che l'omogeneità dei decreti è un requisito ascrivibile in primo luogo all'articolo 77 della Costituzione e che la legge n. 400 del 1988 già oggi dovrebbe comunque vincolare Governo e Parlamento, e considerato altresì che, già l'articolo 96-bis del Regolamento, recepisce le disposizioni vigenti volte ad arginare l'abuso della decretazione d'urgenza.
  Con riguardo all'obiettivo di assicurare tempi minimi certi all'esame in Commissione, rileva che la proposta presentata dal Gruppo di lavoro riformula il solo articolo 23, comma 5, che, già oggi, se correttamente interpretato, escluderebbe tanto di poter programmare l'avvio dell'esame in Aula di un progetto di legge prima che siano trascorsi due mesi dall'avvio dell'esame referente in Commissione, quanto la possibilità di aggirare tale termine dilatorio anticipando strumentalmente la conclusione dell'esame referente stesso, senza che esso sia stato effettivamente ed adeguatamente svolto. È noto, tuttavia, come ciò di fatto non accada, ancora una volta a causa della scarsa capacità dimostrata dai Presidenti di Assemblea di assicurare una interpretazione imparziale della chiara norma del Regolamento e di sorvegliare sugli ampi poteri organizzativi dei lavori della Commissione di merito rimessi ai rispettivi presidenti, poteri che, peraltro, la riforma proposta amplifica. Per tale ragione, ritiene che un mero ritocco dell'articolo 23, qual è quello proposto, non sia sufficiente se non accompagnato da garanzie che impediscano interpretazioni parziali a favore del Governo e della maggioranza, e che assicurino che la conclusione dei lavori della Commissione non possa essere dichiarata strumentalmente al solo fine di accorciare i tempi del procedimento legislativo.
  Osserva poi che l'articolo 30, che codifica la possibilità di sovrapposizione tra i lavori d'Assemblea e di Commissione, consentendo ai parlamentari impegnati in Commissione di partecipare ai lavori d'Aula solo quando vi siano votazioni, si ispira ad una filosofia purtroppo diffusa, che le regole parlamentari incentivano e che sarebbe invece bene contrastare, secondo la quale il contributo di un deputato ai lavori parlamentari si riduce al solo voto. Inoltre, rimane invariato il potere del Presidente di Assemblea di revocare le convocazioni delle Commissioni; tale potere può di fatto vanificare la previsione di riservare alcuni momenti della settimana ai lavori in Commissione.
  Fa poi presente che la riforma presentata vorrebbe perseguire l'obbiettivo di approfondire l'istruttoria, onde migliorare la qualità della legislazione, attraverso l'intensificazione degli effetti dei pareri resi dalle Commissioni consultate. Gli accorgimenti previsti sono a suo avviso senz'altro positivi ma rischiano di essere vanificati nella loro pratica realizzazione da diversi fattori.
  In primo luogo, è eliminato il riferimento al termine minimo di otto giorni dall'effettiva distribuzione del testo che l'articolo 73, comma 2, attualmente garantisce di norma alla Commissione consultata per esprimere il parere. Nella proposta presentata, invece, sarebbe in sostanza il presidente della Commissione di merito a poter fissare discrezionalmente il termine per il parere, e per valutare la congruità della decisione presidenziale si dovrebbe prendere a riferimento non più un parametro oggettivo (otto giorni minimo), ma un parametro soggetto ad interpretazione, qual è quello della complessità del testo da esaminare, e quindi strumentalizzabile politicamente.
  In secondo luogo, il pluralismo delle opinioni all'interno della Commissione consultata verrebbe fortemente sacrificato dalla circostanza che il voto sul parere del relatore impedisce, nella riforma proposta, di votare i pareri dissenzienti e, dunque, la Pag. 9Commissione di merito acquisirebbe un solo punto di vista, quello della maggioranza.
  In terzo luogo, la circostanza che siano riformate le regole sull'assegnazione dei progetti di legge, rafforzando notevolmente i poteri presidenziali, eliminando la facoltà per i deputati di provocare una discussione e il voto dell'Assemblea sulla decisione presidenziale, abrogando la richiesta di assegnazione congiunta, rimetterebbe di fatto al solo Presidente della Camera la decisione sul se e come aprire l'istruttoria all'intervento di più Commissioni, mentre tale decisione dovrebbe essere il più possibile corale.
  Infine, osserva come nessun accorgimento sia previsto per valorizzare l'istruttoria sui decreti-legge, sebbene i maggiori problemi ordinamentali siano provocati proprio dalle leggi di conversione; al contrario, si propone di affiancare nuove corsie preferenziali nell'ambito delle quali saranno inevitabilmente sacrificate molte esigenze istruttorie, in primo luogo quella delle Commissioni consultate di poter disporre di tempi congrui per esaminare testi normativi spesso molto complessi. Ed infatti, la nuova procedura d'urgenza con la quale si propone di modificare l'articolo 69, siccome prevede che sia fissato in via preventiva il termine finale di deliberazione del progetto dichiarato urgente dalla maggioranza, determina, ai sensi del comma 4 modificato, l'obbligo per la Commissione di organizzare i propri lavori in modo da assicurare il rispetto del termine finale fissato.
  Questa modifica, che a suo avviso potrebbe tranquillamente essere denominata «la ghigliottina del procedimento legislativo», non esiste in alcun ordinamento europeo e se per introdurla è stato preso ad esempio il modello britannico, rileva che in tale modello la «ghigliottina» non è altro che il contingentamento dei tempi dei lavori d'aula, già esistente nel nostro ordinamento. Il nuovo articolo 69 modifica la procedura d'urgenza fissando una data per la votazione finale del progetto di legge e conseguentemente sottoponendo a contingentamento anche i lavori della Commissione. Quest'ultima scelta, in particolare, rimuove d'un colpo quell'equilibrio tra Commissione ed Aula che dovrebbe trovare la sua garanzia nella riserva di tempi minimi per la Commissione e affida ad una scelta organizzativa a priori, imposta dal Governo e assecondata dalla maggioranza, l'approdo ad un voto finale, anziché costruire il consenso attorno ad un progetto di legge attraverso il perseverare della volontà della maggioranza parlamentare che ne condivida fino in fondo i contenuti. I tempi certi per l'approvazione dell'esame dei disegni di legge del Governo sono già assicurati dalle nostre procedure nell'unico modo conosciuto agli ordinamenti retti da forme di governo parlamentari, ossia attraverso il contingentamento dei tempi che si fonda sull'accordo fra maggioranza e Governo. La pretesa che il Governo detti i tempi dei lavori parlamentari per superare l'ostruzionismo non dell'opposizione ma della maggioranza, invece, è del tutto estranea alle democrazie parlamentari. Non vale a molto, poi, in un contesto nel quale anche i lavori di Commissione saranno contingentati, stabilire che il Comitato per la legislazione dovrà esprimere un parere sulla qualità dei testi: o non avrà il tempo di farlo o lo dovrà fare in tutta fretta o la Commissione di merito non avrà comunque il tempo di prenderlo in considerazione.
  A tale ultimo proposito, ricorda che l'obbiettivo di innalzare la qualità della legislazione viene inoltre perseguito, nella proposta, mediante alcune modifiche che vorrebbero valorizzare i pareri del Comitato per la legislazione. Tale organo è da tutti riconosciuto per l'alto valore tecnico dei suoi pareri e delle sue periodiche Relazioni sullo stato della legislazione, dalle quali i membri della Giunta per il Regolamento sarebbero dovuti partire per elaborare le proposte di riforma del Regolamento e che hanno, invece, fin qui ignorato. Tale risultato è frutto della capacità di quest'organo di operare secondo schemi non partigiani ma collettivamente diretti a suggerire modifiche obbiettive per migliorare l'efficacia, la coerenza, la conoscibilità Pag. 10delle leggi. La composizione paritaria del Comitato e la rotazione nella carica presidenziale, sono le caratteristiche strutturali ed organizzative che hanno consentito allo stesso di affermarsi come organo tecnico e di garanzia. Va peraltro notato come, nell'impianto della riforma del 1997, il Comitato per la legislazione fosse stato immaginato, grazie alla sua composizione paritaria, anche in funzione di riequilibrio del ruolo delle minoranze parlamentari, per divenire la sede neutrale di confronto, analisi e proposta tra le forze politiche, tutte impegnate, su un piano di parità, ad affrontare i problemi della legislazione. La proposta che è fuoriuscita dai lavori del Gruppo di lavoro è invece diretta ad incidere su tali aspetti strutturali ed essa finirebbe, dunque, inevitabilmente, per politicizzare l'attività del Comitato per la legislazione.
  Ritiene che, se il timore è che i suoi pareri, ove avessero efficacia interdittiva o dilatoria del procedimento legislativo, potrebbero essere utilizzati impropriamente dalle minoranze, occorrerebbe piuttosto valorizzarne l'efficacia altrimenti, ed in particolare assicurando che i procedimenti legislativi possano svolgersi in tempi adeguati allo scopo di consentire ai parlamentari di avere contezza dei problemi segnalati dal Comitato prima di deliberare e dunque, specialmente, perseguendo l'obbiettivo di consentire che il procedimento legislativo si svolga con una tempistica orientata all'obiettivo della giusta ponderazione piuttosto che a quello della massima celerità. A questo proposito, sottolinea che la proposta presentata sposa invece un indirizzo esattamente opposto, diretto ad accelerare ulteriormente il procedimento legislativo, senza peraltro che siano mai state spiegate le ragioni di tale scelta che, se accolta, finirebbe probabilmente per aggravare ulteriormente i problemi quantitativi (eccesso di legislazione) e qualitativi (qualità scarsa) della nostra legislazione.
  Evidenzia come l'accelerazione dei tempi del procedimento legislativo sia chiaramente ravvisabile nel testo elaborato dal Gruppo di lavoro e venga realizzata in diversi modi.
  In primo luogo, l'accelerazione della procedura legislativa è realizzata attraverso molteplici tagli dei tempi del procedimento: il nuovo articolo 39 dimezzerebbe il tempo-base di un intervento nel corso di una discussione; il nuovo articolo 40, comma 3, dimezzerebbe i tempi di illustrazione delle questioni pregiudiziali e sospensive; il nuovo articolo 50 dimezzerebbe i tempi delle dichiarazioni di voto e ridurrebbe drasticamente il numero degli interventi per Gruppo; i nuovi articoli 26, comma 1, e 82 determinerebbero l'abolizione del termine dilatorio di 24 ore per inserire un progetto di legge all'ordine del giorno; il nuovo articolo 41 ridurrebbe i tempi di intervento sui richiami al Regolamento e sull'ordine dei lavori; il nuovo articolo 83 ridurrebbe i tempi delle relazioni e degli interventi nella discussione generale; il nuovo articolo 86 ridurrebbe i tempi per spiegare la decisione di ritirare un emendamento; il nuovo articolo 91 limiterebbe a soli dieci minuti per Gruppo le dichiarazioni di voto; il nuovo articolo 126-ter ridurrebbe a 20 giorni la durata – già breve – dei lavori nella Commissione politiche dell'Unione europea sulle leggi attuative degli obblighi comunitari; il nuovo articolo 73, comma 2, eliminerebbe il termine dilatorio di 8 giorni per il parere da parte delle Commissioni consultive.
  In secondo luogo, l'accelerazione della procedura legislativa è realizzata attraverso la soppressione di fasi del procedimento o di facoltà dei parlamentari: con il nuovo articolo 83, commi 4 e 5, è soppressa la possibilità di procedere alla discussione per parti separate, che è invece particolarmente utile in caso di testi eterogenei; il nuovo articolo 85, con l'abrogazione dei commi 2 e seguenti, realizza la completa soppressione della fase della discussione degli articoli e degli emendamenti in Assemblea; il nuovo articolo 85, comma 8, sopprime la possibilità di contestare le modalità con le quali il Presidente procede a votazioni a scalare; il Pag. 11nuovo articolo 72, comma 1, e l'articolo 96-bis, comma 1, sopprimono la possibilità di contestare la decisione del Presidente sull'assegnazione dei progetti di legge; il nuovo articolo 88 riduce drasticamente gli ordini del giorno; il nuovo articolo 123-bis, comma 3, limita gli emendamenti in Aula con riguardo ai collegati alla legge di stabilità; il nuovo articolo 85-bis riduce drasticamente gli emendamenti segnalabili in caso di votazioni a scalare e obbliga alla segnalazione di un numero massimo di subemendamenti, anche in caso di emendamenti «fuori sacco»; il nuovo articolo 79, comma 1, assegna al presidente di Commissione il potere di stabilire sempre, e fin dall'organizzazione dei lavori, il numero massimo di emendamenti da presentare; il nuovo articolo 32 elimina la lettura del processo verbale e, con essa, il diritto di discutere in Assemblea su eventuali rettifiche anche al fine di ritornare su questioni procedurali controverse; il nuovo articolo 46 rende più difficile per le minoranze far risultare l'assenza della maggioranza ai fini del numero legale; il nuovo articolo 41 restringe l'ambito dei richiami al Regolamento e degli interventi sull'ordine dei lavori.
  In terzo luogo, l'accelerazione della procedure legislativa è realizzata attraverso la modifica delle regole sul contingentamento dei tempi in Assemblea e la previsione di un contingentamento «in via generale ed astratta»: con il comma 7 dell’ articolo 24 si introdurrebbe un inciso secondo il quale il contingentamento dei tempi di un progetto di legge deve tener conto «del totale del tempo disponibile nelle sedute dedicate al loro esame». Si tratta, a suo avviso, di una modifica molto pericolosa. Infatti, in base a questa formulazione, il tempo da dedicare ad un progetto di legge dovrà tener conto del calendario. L'ordine logico dovrebbe, invece, essere esattamente inverso e cioè stabilire prioritariamente quanto tempo, in ragione della complessità di un progetto di legge, occorre dedicare ad un progetto e soltanto successivamente fissare il calendario, tenendo conto del monte ore assegnato a tale progetto. Il comma 5 dello stesso articolo, inoltre, è modificato nel senso che devono essere fissate preventivamente le fasi delle sedute in cui si svolgeranno le votazioni. Il combinato disposto delle due norme darà potere ad ogni maggioranza parlamentare di stabilire, a priori e in astratto, il momento del voto finale e di costringere, più che contingentare, i tempi di esame di un progetto di legge in Aula dentro quei limiti, a prescindere dal concreto andamento dei lavori, che potranno essere facilmente ghigliottinati quando scatti l'ora delle votazioni.
  In quarto luogo, le modifiche all'articolo 24, in combinato disposto con le modifiche apportate agli articoli 83, 85, 91 e 85-bis, producono il risultato di accelerare i lavori attraverso il loro contingentamento «in via generale ed astratta». Infatti, quali che siano la complessità di un progetto di legge e l'entità delle sue disposizioni, il complesso di queste disposizioni determina che i tempi di ciascun procedimento saranno il risultato di un mero calcolo sempre uguale dei suoi fattori (pari a 15 minuti per i relatori, il Governo e un deputato per Gruppo nella discussione generale, a 5 minuti per Gruppo per dichiarazioni di voto sugli emendamenti, il cui numero è preventivamente stabilito in via generale dall’ articolo 85-bis, a 10 minuti per Gruppo per le dichiarazioni di voto finale) e che si basa su termini massimi già normativamente preventivati. All'esito di queste riforme il procedimento legislativo ordinario potrebbe concludersi, per un progetto di 10 articoli (a prescindere dalla loro ampiezza interna e dal loro contenuto) in pochissimi giorni e il passaggio in Assemblea sarebbe a dir poco una mera formalità liquidabile in una sola giornata.
  Con riferimento alla questione di fiducia, osserva, inoltre, che non solo l'obbiettivo di disincentivarne il ricorso non è perseguito, ma che la riforma proposta va nel senso esattamente opposto introducendo modifiche assai preoccupanti che consistono nell'eliminazione del termine minimo dilatorio di 24 ore prima di passare al voto, nella perdita del diritto per i Pag. 12deputati di illustrare gli emendamenti preclusi, nella possibilità del Governo di modificare l'ordine delle votazioni. In questo modo, la questione di fiducia diverrà, ancor di più, strumento nelle mani del Governo per incidere sul dibattito parlamentare e sul normale andamento del procedimento legislativo al fine di accelerarlo ulteriormente, piegando definitivamente ogni residuo spazio di discussione e confronto tra i diversi attori parlamentari.
  A suo avviso, la proposta di modifica dell'istituto della questione di fiducia, insieme con quelle volte ad introdurre nuove corsie preferenziali per il Governo, tenta dunque di forzare ancor di più i confini delle competenze fra Camera e Governo, di fatto spostando definitivamente in capo all'Esecutivo la funzione legislativa e relegando ancor più i parlamentari alla sola funzione di dire «sì» o «no» alle leggi confezionate dal Governo.
  Evidenzia, infine, che la proposta del Gruppo di lavoro non contempla alcun efficace meccanismo che sia in grado di risolvere concretamente l'annoso problema dell'effettività del Regolamento. Anzi, così come in altri campi, si tratta di una proposta peggiorativa, giacché molto spesso vengono incrementati i poteri assegnati al Presidente, il quale – come la letteratura parlamentaristica insegna – non si è rivelato, nell'esperienza, un soggetto capace di decisioni super partes. Nella proposta è solamente prevista la possibilità da parte di una minoranza qualificata, su istanza di uno o più presidenti di Gruppi la cui consistenza numerica sia complessivamente pari almeno ad un terzo dei componenti della Camera, di adire la Giunta per il Regolamento per l'esame delle questioni di interpretazione del Regolamento stesso. Giudica questa soluzione ovviamente di per sé inidonea rispetto alla necessità di garantire l'efficacia, il rispetto e una corretta applicazione delle norme regolamentari stante la rappresentanza proporzionale dei Gruppi all'interno della Giunta, ove la maggioranza ha sempre l'ultima parola, così come purtroppo testimoniato dalla prassi, anche più recente.
  Conclude la sua valutazione critica della proposta del Comitato ristretto, osservando che, se la si confronta con il documento Bressa-Leone depositato all'inizio dei lavori, è piuttosto evidente come l'articolato elaborato con l'ausilio degli Uffici ne accolga totalmente le indicazioni: esso è infatti recepito pedissequamente in tutte le sue parti, salvo che per l'indicazione della necessità di rivedere l'organizzazione dei Gruppi e cioè sull'unico argomento rispetto al quale i due esponenti della maggioranza hanno espresso punti di vista diversi. Risulta chiaro, dunque, che una logica esclusivamente maggioritaria ha ispirato fin qui i lavori di riforma, che però dovrebbe essere una riforma delle regole comuni, ossia una riforma il più possibile condivisa da tutti i Gruppi, così come è sempre accaduto nella tradizione parlamentare della Camera dei deputati.
  Chiede infine alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del documento che contiene le proposte di modifica regolamentare elaborate dal Gruppo MoVimento 5 Stelle, già distribuito dalla Presidente ai membri della Giunta (vedi allegato).

  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene che l'attività istruttoria svolta dalla Giunta e dal Gruppo di lavoro non possa certo essere considerata frettolosa o lacunosa: a tale proposito, basta ricordare che i lavori hanno avuto inizio otto mesi fa. Senza stare nuovamente a ricapitolare tutti i vari passaggi – che ha analiticamente illustrato nella seduta del 17 dicembre scorso – che hanno condotto all'elaborazione del testo da parte del comitato ristretto ed alla sua presentazione alla Giunta, si limita in questa sede a ricordare come, sia nella seduta del 22, che in quella del 30 maggio scorsi, l'onorevole Toninelli avesse dichiarato di condividere la necessità di un intervento su molti degli istituti regolamentari che formano oggi oggetto dell'articolato, condividendo al contempo la proposta di demandare la fase istruttoria ad un Gruppo di lavoro. Pag. 13
  Ricorda altresì come, nella riunione del 12 dicembre, non fosse stato affatto negato al collega Toninelli il diritto di intervenire nel dibattito, ma fosse stato piuttosto quest'ultimo a sottrarsi a tale confronto per protesta, solo perché non gli era stato consentito di intervenire quando avrebbe voluto.
  Da ultimo, autorizza la pubblicazione dell'articolato presentato dal MoVimento 5 Stelle in allegato al resoconto della seduta odierna come parte integrante del suo intervento.

  Elio VITO ringrazia anzitutto la Presidente per aver acceduto alla sua richiesta di non concludere frettolosamente la discussione di carattere generale a dicembre, richiesta – tiene a precisarlo – non motivata certo dalla circostanza dell'imminente avvio del periodo delle festività natalizie, ma per consentire di meglio valutare il testo di riforma regolamentare presentato dal Gruppo di lavoro – di cui prende atto ed al quale riferirà ora le sue osservazioni – in relazione alle riforme costituzionali e della legge elettorale, anch'esse in cantiere in Parlamento, oltre che per consentire – come sempre accaduto – un raccordo con la Giunta per il Regolamento del Senato, che ritiene opportuno e che chiede anzi alla Presidente, con l'occasione, di attivare.
  Non intende in questa fase intervenire sulle specifiche e puntuali modifiche del testo a suo avviso necessarie, poiché si riserva di farlo presentando appositi emendamenti: a tal proposito chiede che il termine di presentazione delle proposte emendative in Giunta sia sufficientemente ampio, in modo da consentire a tutti compiute valutazioni, anche in ordine all'impatto delle riforme costituzionali ed elettorali sul testo.
  Si sofferma piuttosto sulle questioni che nel testo non sono state affrontate, le stesse questioni, peraltro, che egli aveva già segnalato anche all'inizio di questa legislatura.
  Anzitutto, la priorità da assegnare ai disegni di legge di iniziativa governativa, tema forse apparentemente contraddittorio, o scomodo, in ambito parlamentare, ma che va invece affrontato qui in modo oggettivo, avendo davanti il panorama delle democrazie occidentali più evolute. Solo in Italia, infatti, esiste una sorta di presunzione di priorità dell'iniziativa legislativa parlamentare – o addirittura di quella popolare (del tutto sconosciuta in altri ordinamenti) – rispetto a quella governativa. Occorre invece superare questa sorta di pudore e partire dal presupposto che, in una democrazia compiuta, il ruolo del Parlamento, titolare di poteri propri di indirizzo, di controllo e di valutazione delle proposte del Governo, è distinto da quello dell'Esecutivo, titolare del potere di assumere iniziative legislative da sottoporre al vaglio parlamentare. A ciò devono indurre anche i dati statistici comparati elaborati dal Servizio Studi, che dimostrano come in diversi ordinamenti la totalità o quasi delle iniziative legislative approvate dal Parlamento sia in realtà di origine governativa. E questo, in quegli ordinamenti, non fa scandalo, perché il ruolo del Parlamento – lungi dall'essere in questo modo ridimensionato – si qualifica proprio nella sua interlocuzione con il Governo.
  Si tratta dunque di un tema da affrontare senza infingimenti: del resto, basterebbe limitarsi a guardare la quotidianità dei lavori parlamentari, da decenni ormai – e nonostante la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia – intasati da decreti-legge, che sono diventati la modalità pressocchè esclusiva di esercizio dell'iniziativa legislativa da parte dell'Esecutivo, laddove, nel nostro ordinamento, essa dovrebbe essere confinata a casi straordinari di necessità e urgenza. Perché questo accade ? Perché c’è, a suo avviso, una disfunzione nei Regolamenti parlamentari i quali, non prevedendo procedure che assicurino alle iniziative legislative del Governo (non tutte, ma almeno quelle prioritarie, che contengono ampie riforme di settore) una certezza dei tempi di approvazione, inducono il Governo a riversare sugli altri strumenti esistenti le proprie esigenze normative. L'esperienza da ultimo fatta con la legge di stabilità Pag. 14(esperienza su cui andrà avviata una apposita riflessione) conferma ulteriormente quanto detto: la legge di stabilità, infatti, è tornata ad essere, come ai vecchi tempi (nonostante gli sforzi poderosi, ma evidentemente vani, fatti negli ultimi anni per limitarne il contenuto), un carrozzone nel quale si riversano tutte le esigenze normative del Governo e dei parlamentari, in quanto unico strumento legislativo ordinario – diverso dai decreti-legge – assistito da tempi certi di approvazione nelle due Camere.
  Con le riforme regolamentari della XIII legislatura si era individuata una soluzione a questo problema nella disciplina più garantita della procedura di esame dei disegni di legge collegati (assistiti, nell'articolo 123-bis, dalla fissazione della data di conclusione e dunque da una priorità), disciplina che però, all'atto pratico, ha dato – come è noto – risultati deludenti, con scavallamenti sistematici dei collegati da un esercizio finanziario all'altro.
  Oggi, non ha da offrire una concreta soluzione normativa al problema posto: in particolare non si dichiara necessariamente affezionato alle proposte avanzate nella passata e in questa legislatura sul cosiddetto voto bloccato. Ma quel che è certo è che una soluzione al problema va individuata con una previsione specifica sul voto a data certa dei disegni di legge prioritari del Governo, tale da dare certezza dei tempi dell’iter parlamentare (come in altri ordinamenti) e che non ci si può accontentare dei rimedi previsti nella proposta presentata dal Gruppo di lavoro: quanto alla revisione della procedura di urgenza ivi prevista, in particolare, appare troppo ridotto il limite numerico previsto ai progetti di legge urgenti per ogni programma; né considera soddisfacente la previsione dei tempi assegnati alle Commissioni per riferire. Sono certamente utili altri interventi proposti nel testo oggi all'esame, dalla riduzione dei tempi d'intervento alla riforma della disciplina della questione di fiducia. Ma in mancanza di una soluzione al problema centrale che abbiamo davanti, si rischia di procedere su un percorso riformatore che sembra non avere presenti i veri, necessari obiettivi di una modifica del Regolamento.
  Si sofferma poi sulla questione del mancato contingentamento dei tempi dei decreti-legge, frutto dell'applicazione permanente di una norma transitoria che – ricorda bene avendo fatto parte della Giunta nella XIII legislatura – fu concepita avendo in mente un periodo transitorio che si intendeva considerare consumato all'interno di quella stessa legislatura. Non ritiene pertanto scandaloso (lo ha sempre detto e continua a dirlo anche ora che non fa più parte della maggioranza), anche se chiaramente scomodo, porre finalmente mano a questa stranezza e – in sede di riforma regolamentare – abrogare la norma transitoria dell'articolo 154, comma 1, consentendo finalmente di superare l'assurda sottrazione al contingentamento di tali provvedimenti (di fatto, i soli).
  Manca poi nel testo proposto la ridefinizione del quadro delle Commissioni permanenti, oggi non più congruo rispetto all'ordinamento vigente, al fine di riallinearle anzitutto alla riforma dei ministeri approvata nella XIII legislatura. Comprende che non si sia voluto trattare – nell'ambito del Gruppo di lavoro – un tema che è senz'altro scomodo, e non ne fa certo una colpa ai colleghi: ma ritiene che ciononostante esso non possa essere eluso e vada affrontato in raccordo con il Senato.
  Manca altresì una correzione – a suo avviso necessaria (si tratta anche in questo caso di un tema non nuovo) – che riporti le decisioni sulla programmazione dei lavori a scelte di maggioranza, anziché alla ricerca di quorum altissimi di consenso (quello dei tre quarti in Capigruppo, previsto dal nostro Regolamento e risalente ad un'altra epoca, che sembra, oggi, preistoria) o, in subordine, al trasferimento di tali delicate scelte direttamente in capo alla Presidenza della Camera: così facendo, infatti, se ne contraddice il ruolo e le funzioni, che sono di rappresentanza istituzionale della Camera e non di decisione sui temi da trattare nell'agenda dei Pag. 15lavori parlamentari. Senza arrivare a riproporre – come ha fatto in passato – il caso di un paese vicino nel quale era il Governo a fissare addirittura l'ordine del giorno delle sedute, ritiene opportuno rimettere il complesso di tali decisioni alla maggioranza, come al Senato, preservando così il ruolo terzo del Presidente.
  Infine, non ha trovato nel testo in esame una riforma della disciplina dei Gruppi, pur tanto spesso evocata nei dibattiti parlamentari per reclamare l'esigenza di una corrispondenza fra composizione dei Gruppi e quadro emergente al momento elettorale: e ciò va rimarcato proprio alla luce del contesto attuale, che vede, a seguito della scomposizione del panorama originario dei Gruppi, una significativa ridefinizione, già nel primo anno di legislatura, della geografia parlamentare.
  In conclusione, ed aldilà delle modifiche puntuali del testo che si riserva di presentare sotto forma di emendamenti, ritiene necessario che il percorso riformatore – oltre a mantenere una sua unitarietà complessiva, senza suddivisione del testo in più rivoli autonomi – includa i temi da lui segnalati (sui quali chiede se possa essere lui stesso ad avanzare emendamenti aggiuntivi): ciò per evitare di fare di questa un'occasione persa ed anche al fine di raggiungere quella ampia intesa politica, ben più larga del mero schieramento di maggioranza, che ha sempre assistito le riforme regolamentari alla Camera e che ritiene debba essere ricercata anche oggi, su un testo ampio e fondato su esigenze vere, che superi il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza, alla posizione della questione di fiducia ed all'ostruzionismo. Auspica comunque anche un coinvolgimento della Conferenza dei capigruppo e un raccordo con il Senato.
  Nel rimettersi alle decisioni che assumerà la Presidente sul prosieguo dei lavori, sottolinea nuovamente l'esigenza di assicurare comunque – come chiarito del resto anche dalla Presidente in una precedente seduta – il necessario raccordo fra riforme regolamentari, costituzionali e della legge elettorale, anche alla luce della recentissima sentenza della Corte.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ringrazia il Presidente Vito per l'analisi accurata compiuta sulla bozza di articolato, auspicando che l'esperienza di ciascuno possa contribuire ad arricchirla. Tiene a precisare che in tale bozza è prevista una riforma della disciplina dell'urgenza che, riducendo i termini del procedimento ed assicurando il voto a data certa, dovrebbe costituire un deterrente al ricorso alla decretazione d'urgenza. Quanto alle Commissioni permanenti, ritiene che nel prosieguo dei lavori si potrà verificare come intervenire: certo, una modifica dell'assetto delle competenze risulta opportuna sia alla luce dell'evoluzione dell'ordinamento, sia anche alla luce del fatto che alcuni importanti settori risultano oggi incongruamente ripartiti fra più Commissioni.
  Reputa interessante e utile anche il richiamo del collega Toninelli ad una rivitalizzazione dell'istituto della sede redigente.

  Dopo che Elio VITO ha evidenziato come i temi sollevati nel dibattito dovrebbero essere oggetto di una complessiva valutazione e risposta da parte dei sottoscrittori dell'articolato presentato, Laura BOLDRINI, Presidente, assicura che nel prosieguo dei lavori della Giunta si stabilirà come procedere, valutando le indicazioni emerse nella discussione.

  Massimo Enrico CORSARO considera assolutamente positiva la fase di lavoro svolto e ringrazia la determinazione della Presidente nell'aver avviato sin dall'inizio della legislatura una approfondita fase di analisi per aggiornare il Regolamento. Nonostante ricopra oggi un ruolo di opposizione e di rappresentante, in particolare, di una forza parlamentare allo stato numericamente esigua, non esita a riconoscere la qualità del lavoro prodotto, pur in presenza di molti punti che il suo Gruppo non condivide e che saranno oggetto del confronto nella fase di esame degli emendamenti. Pag. 16
  Certamente il testo presentato è un testo ragionato, serio, che individua ipotesi di soluzioni a taluni problemi.
  Detto questo, non gli sfugge tuttavia, come crede non possa sfuggire ad alcuno, che questo percorso di riforma regolamentare rischia di essere una sorta di «pericolosa incompiuta»: concorda in proposito con molta parte dell'analisi fatta dal collega Vito, evidenziando come vi siano aspetti importanti che appaiono in modo del tutto marginale nel lavoro presentato.
  Una prima questione fondamentale da sottolineare è il radicale cambiamento del contesto istituzionale intervenuto in questo primo anno di legislatura: ciò pone addirittura in dubbio l'efficacia di un percorso di revisione regolamentare in attesa di conoscere l'esito di altri percorsi di riforma in atto. Si riferisce anzitutto all'esistenza o meno di un analogo percorso riformatore del Regolamento del Senato: segnala in proposito la annosa questione del diverso regime di ammissibilità degli emendamenti, che ha visto – anche da ultimo sulla legge di stabilità – integrazioni dei testi da parte dell'altro ramo del Parlamento, con evidenti distorsioni.
  Altro tema è quello delle corsie preferenziali per il Governo: da membro dell'opposizione non dovrebbe dichiararsi favorevole alla loro introduzione; pur tuttavia la sua cultura personale e politica lo induce a riconoscere che chi vince le elezioni deve avere la possibilità di mettersi alla prova cercando di attuare il proprio programma in Parlamento. Ma, nel valutare questa questione, non si può dimenticare lo stato attuale delle Camere, trasformate, ormai da anni, in una sorta di «convertificio» di decreti. La discussione parlamentare è relegata in un po’ di dibattito notturno, nelle sedi di Commissione e, poi (specie dopo l'apposizione della questione di fiducia), nella fase dell'esame degli ordini del giorno, sul cui valore sostanziale è inutile aggiungere ulteriori doglianze a quelle da tempo fatte nelle cronache parlamentari, ma che rimangono spesso l'unico momento nel quale i deputati possono esprimere valutazioni di ordine squisitamente politico sui provvedimenti. Aggiunge incidentalmente che talvolta i rallentamenti dell’iter di alcuni provvedimenti messi in campo dalle opposizioni siano serviti anche al Governo: l'ultima esperienza, a cavallo tra Natale e Capodanno sul decreto-legge regioni ed enti locali, ha dimostrato come un rallentamento serva a far ragionare il Governo sulla necessità di cancellare pericolosi scivoloni.
  Il terzo elemento da considerare è che Governo, maggioranza ed opinione pubblica sono tutti, almeno a parole, concordi oggi nel ritenere ineluttabile una riforma costituzionale e della legge elettorale. Reputa non si possa far finta che questo dato non influisca minimamente sulla riforma regolamentare, perché ciò sarebbe a suo avviso imbarazzante: ad una modifica regolamentare, nella storia repubblicana, non si è certo addivenuti molto frequentemente e intraprenderla oggi, nel modo ampio e ragionato fatto dai colleghi autori della proposta presentata, rischia di non considerare la possibilità che essa venga vanificata – tra l'altro in tempi brevi, a sentire le previsioni che la maggioranza fa sulla conclusione dell’iter delle riforme elettorali e costituzionali – dal radicale mutamento del sistema elettorale e dei rapporti tra potere legislativo ed esecutivo. Non vorrebbe, in sostanza, che si ponesse mano ad un lavoro, nella migliore delle ipotesi inutile, e, nella più probabile, controproducente.
  Scendendo più nel dettaglio della proposta formulata, ritiene insoddisfacente la riforma quanto al riparto di competenze tra Commissioni e Aula. Non si tratta solo di prevedere una ridefinizione del numero e delle competenze delle Commissioni permanenti, per evitare le duplicazioni, ma di individuare un meccanismo procedurale, un differente ambito di competenza fra Commissioni e Aula, che eviti le duplicazioni che spesso si verificano nei dibattiti.

  Dopo che Laura BOLDRINI, Presidente, ha ricordato di avere ella stessa fornito un'indicazione in questo senso nella sua relazione introduttiva del 22 maggio, Pag. 17Massimo Enrico CORSARO si sofferma sul tema del rapporto Governo-Parlamento. Ha già precisato di essere favorevole alla previsione di corsie preferenziali per le iniziative legislative del Governo: ma tale scelta è strettamente collegata a quella sul ruolo del Parlamento, se cioè solo sede di ratifica formale delle indicazioni dell'Esecutivo o di esercizio di competenze e compiti specifici. Difficile però fare questa scelta oggi, non conoscendo né gli sviluppi della riforma elettorale – che incide sulla formazione della rappresentanza politico-parlamentare – né, soprattutto, i contenuti della riforma costituzionale.
  L'esperienza delle ultime settimane alla Camera lo esime dal soffermarsi sull'uso dei decreti-legge.
  Intende invece rimarcare come la logica seguita in molti aspetti toccati dalla bozza presentata dal Gruppo di lavoro appaia spesso volta più a limitare le potenzialità ostruzionistiche che ad individuare soluzioni al rapporto fra Aula e Commissioni e tra potere legislativo e potere esecutivo. Non che la cosa lo scandalizzi, la trova anzi corretta. Ma non crede possa trascurarsi il ruolo del Parlamento, sede nobile di confronto fra le forze politiche. Non mette in discussione – ripete – l'esigenza di individuare corsie preferenziali sui provvedimenti prioritari del Governo, né di prevedere una concentrazione della fase emendativa in un'unica sede – la Commissione o l'Aula, senza duplicazioni, purchè in modo compiuto. Ma non ritiene che ci si debba accanire sulla riduzione dei tempi d'intervento, rischiando di alimentare un'idea – peraltro già molto radicata nell'opinione pubblica – che l'Aula sia una sede dove si schiacciano solo bottoni per votare e nella quale l'azione dei deputati è valutata non già sui contenuti degli interventi, ma solo sul numero di voti fatti.
  In conclusione richiama la necessità di una ponderata valutazione dei tempi di esame della riforma regolamentare, in rapporto con gli altri cantieri di riforme istituzionali aperti in queste settimane in Parlamento, che hanno profondamente mutato il contesto rispetto all'inizio della legislatura.
  A Laura BOLDRINI, Presidente, non sfugge certo l'attuale contesto complessivo, profondamente mutato rispetto all'inizio dei lavori della Giunta a maggio. Quel che però le preme sottolineare è l'intreccio fra i diversi piani in cui si stanno sviluppando le riforme istituzionali – elettorale, costituzionale, regolamentare – ed il fatto che a suo avviso non ci si può limitare ad esaurire il percorso riformatore nella sola modifica del sistema elettorale. I tre piani sono collegati fra loro e vanno portati avanti su binari paralleli, avendo presente l'esigenza di tempi celeri: è dunque oggi, a suo avviso, responsabilità di tutti portare avanti anche le riforme regolamentari, per evitare che, fermando qui il percorso intrapreso, sia dato al Paese un brutto segnale.

  Massimo Enrico CORSARO, intervenendo per una precisazione, condivide il senso del chiarimento offerto ora dalla Presidente. Quel che intende ribadire è però che, per dare una logica complessiva alle riforme, occorre non certo bloccare qui l’iter della modifica al Regolamento (auspicabilmente a quelli di entrambe le Camere), ma riservare l'approvazione definitiva delle modifiche regolamentari ad una fase successiva alla conclusione di quelle elettorali e costituzionali, evitando di fare scelte definitive troppo anticipate sul piano delle procedure parlamentari, in un momento in cui non si conosce neppure la direzione che le altre riforme istituzionali potrebbero prendere.

  A Laura BOLDRINI, Presidente, appare in ogni caso opportuno che la Giunta porti avanti il lavoro sulle riforme regolamentari, fermo restando che l'esito di tale lavoro potrà essere riconsiderato alla luce dei contenuti che saranno assunti dalle altre riforme istituzionali in cantiere.

  Andrea GIORGIS, alla luce del dibattito svolto in Giunta, nel corso del quale sono state avanzate alcune critiche sia di merito Pag. 18sia di metodo, intende svolgere alcune considerazioni.
  Quanto al merito, ritiene che le diverse obiezioni o integrazioni suggerite dai colleghi meritino attenta considerazione ed un adeguato approfondimento, afferendo tutte a tematiche già discusse in sede di Gruppo di lavoro ed in relazione alle quali si è in alcuni casi inteso fornire una soluzione diversa rispetto a quelle oggi prospettate.
  Intende in particolare riferirsi al rapporto tra le competenze assegnate alle Commissioni e quelle affidate all'Aula: la questione ha formato oggetto di riflessione in seno al Comitato ristretto ed in tale sede si è registrata una condivisione di massima sulla proposta oggi formulata dall'onorevole Toninelli, nel senso di concentrare l'attività legislativa nelle Commissioni, limitando nel contempo le funzioni demandate all'Assemblea. A tale proposito, le soluzioni proposte nell'articolato possono dunque essere migliorate anche mediante un ulteriore rafforzamento del ruolo delle Commissioni.
  Analoghe considerazioni si possono svolgere in relazione alla questione, posta dal collega Vito, concernente il rapporto tra iter di esame delle proposte di legge ordinarie e dei disegni di legge che siano espressione del programma di Governo. A tale proposito, intende comunque anticipare una considerazione che formerà presumibilmente oggetto del prosieguo del dibattito e cioè che il rapporto che intercorre tra le diverse fonti del diritto che strutturano la dinamica parlamentare e quella legislativa – e, quindi, Costituzione, legge elettorale e Regolamenti parlamentari – è un rapporto di reciproca influenza e di complementarietà, non di meccanica deduzione di un livello dall'altro. Al riguardo, chiarisce infatti che, non appena si inizierà a ragionare in tema di riforma del sistema elettorale – cosa che si augura avvenga già nelle prossime ore – e a discutere di riforma del bicameralismo e quindi dell'assetto costituzionale, lo si farà muovendo dalla ricerca di soluzioni che consentano di contemperare le necessità di decisione e di governo con quelle della rappresentanza e della discussione. In questa ricerca di equilibrio, ritiene che non si possa prescindere anche da una discussione sui Regolamenti parlamentari perché la stessa riforma elettorale può fornire risposte più o meno incisive alle esigenze di stabilità e di governabilità anche a seconda delle regole procedurali vigenti. La discussione sulle riforme regolamentari non può dunque essere immaginata come conseguente ad un determinato sistema elettorale proprio perché entrambe le fonti concorrono alla risoluzione del medesimo ordine di problemi.
  Conseguentemente, ritiene che un'accurata riflessione e l'approvazione di adeguate riforme regolamentari fornirebbero un contributo non irrilevante alla stessa definizione della legge elettorale, perché è illusorio immaginare che la sola legge elettorale sia in grado di risolvere tutte le questioni che devono essere affrontate, così come è utopico pensare che, da sola, una riforma costituzionale possa assicurare stabilità e governabilità e, al tempo stesso, rappresentatività e capacità di dialogo e di inclusione.
  Da questo punto di vista, condivide dunque pienamente l'intenzione manifestata dalla Presidente di fare in modo che i lavori della Giunta proseguano, perché il loro prosieguo è in un certo senso condizione di successo anche delle riforma elettorale e delle riforme costituzionali.
  Anticipando un'altra questione che formerà certo oggetto di approfondimento quando si passerà alla discussione dei singoli istituti, reputa importante che non si affermi l'idea secondo cui il principio per cui chi vince deve poter governare significhi che a vincere sia solo il Governo. Chi vince le elezioni è infatti anche la maggioranza parlamentare e anche il Parlamento concorre al governo del Paese: non si deve dunque a suo avviso alimentare il luogo comune in base al quale il legittimo diritto della maggioranza ad esercitare il proprio indirizzo politico si consumi esclusivamente nell'attività di governo e non anche nell'attività parlamentare, perché non v’è democrazia al mondo nella quale si sia arrivati a tradurre in Pag. 19termini normativi l'assunto in base al quale le Assemblee parlamentari, pur esprimendo la sovranità popolare, sarebbero soltanto il luogo di ratifica di scelte adottate in altra sede.
  Quindi, poiché il vincitore delle elezioni è lo schieramento politico che detiene la maggioranza parlamentare, non vi è nulla che impedisca, da un punto di vista giuridico, alla maggioranza di approvare in tempi brevi le proposte di legge. Se non vi sono le condizioni politiche e sostanziali perché ciò avvenga, in presenza di maggioranze frammentate, non si può certo pensare di conseguirle surrettiziamente attraverso le riforme regolamentari o l'introduzione di prescrizioni giuridiche ad hoc.
  Confutato dunque l'assunto in base al quale in assenza di apposite prescrizioni giuridiche le maggioranze non sarebbero in grado di legiferare, e ribadito che alle difficoltà di integrazione politica e di raggiungimento di accordi in seno alla maggioranza non può sopperirsi attraverso l'ingegneria regolamentare, legislativa o costituzionale, è proprio da qui che ritiene si debba partire per assumere atteggiamenti ragionevoli e costruttivi.
  Venendo infine alle obiezioni di metodo sollevate dal collega Toninelli, ritiene infondata la critica da questi rivolta al lavoro del Comitato ristretto in quanto, ferma restando la legittimità di ogni dissenso sul merito del testo elaborato, non può certo affermarsi che in quella sede non vi sia stata una discussione e che essa non si sia svolta sulla base di indicazioni di carattere politico. È infatti solo sulla base di tali indicazioni che si è richiesto, volta per volta, agli Uffici, di procedere alla stesura di articolati che consentissero, negli incontri successivi, discussioni più concrete su testi. Tutti i Gruppi, in quella sede, hanno infatti convenuto di richiedere il supporto degli Uffici attraverso la predisposizione di articolati che traducessero in prescrizioni giuridiche le indicazioni politiche di volta in volta emerse; quegli stessi articolati venivano poi ulteriormente approfonditi, discussi, modificati, cambiati in sede di Comitato ristretto. Appare dunque inesatto affermare che l'attività del Gruppo di lavoro sia consistita nella mera ricezione di testi preconfezionati.

  Dopo che Laura BOLDRINI, Presidente, ha sottolineato nuovamente che il metodo di lavoro seguito e, segnatamente, la decisione di istituire un Gruppo di lavoro cui demandare lo svolgimento dell'attività istruttoria, sia stato condiviso da tutti i Gruppi, Federica DIENI, rinunciando al proprio intervento nella discussione di carattere generale, si associa alle richieste avanzate dall'onorevole Toninelli.

  Gregorio GITTI osserva come, pur avendo a suo tempo manifestato la propria contrarietà al rinvio della conclusione della discussione di carattere generale, l'incontro odierno sia stato invece utile poiché la discussione rappresenta sempre uno strumento per apprezzare le ragioni e gli argomenti degli altri. Gli interventi odierni hanno inoltre a suo avviso provato quasi plasticamente come il lavoro del Comitato ristretto si sia tenuto scrupolosamente su una linea di compromesso politico alto e rispettoso, ragione per la quale ritiene che il testo elaborato in quella sede debba essere adottato come testo base per il prosieguo dei lavori della Giunta, ferma restando la propria disponibilità a valutare favorevolmente quelle proposte emendative che dovessero andare nel senso di rafforzare il ruolo delle Commissioni nel procedimento legislativo.
  Tale questione – a conferma del fatto che, come osservato dal collega Giorgis, il testo licenziato dal Gruppo di lavoro è stato il frutto di continui riassetti, ripensamenti e limature, che hanno visto un intenso lavoro degli Uffici nella predisposizione di articolati che fossero la sintesi neutrale delle varie opinioni in campo – ha formato oggetto di ampio dibattito nella sede informale. Anzi, con particolare riferimento al rafforzamento della sede redigente, tema che gli è particolarmente caro e sul quale si era registrato un mutamento di indirizzo in seno al Gruppo di lavoro rispetto all'inizio, esprime la propria soddisfazione per le indicazioni espresse dal collega Toninelli, ribadendo Pag. 20nuovamente il proprio sostegno ad eventuali proposte emendative che dovessero andare in tal senso.
  Auspica quindi che, sulla base di un serrato calendario dei lavori della Giunta, si possa giungere rapidamente all'esame delle proposte emendative ed a licenziare il testo per l'Aula in tempo utile da consentirne un esame su un binario parallelo rispetto a quello della legge elettorale.
  È dunque contrario ad un atteggiamento dilatorio che posticipi le riforme regolamentari rispetto alle altre riforme istituzionali, anche considerando i continui cambiamenti di priorità dell'ordine di esame delle varie riforme che i mutamenti della situazione politica hanno fatto registrare.

  Laura BOLDRINI, Presidente, dichiara conclusa la discussione di carattere generale sullo schema di modifica regolamentare predisposto dal Gruppo di lavoro.

  Danilo TONINELLI, sull'ordine dei lavori, chiede come si intenda valorizzare, nell’iter in Giunta, il testo da lui presentato a nome del Gruppo MoVimento 5 Stelle, che assume la natura di un articolato alternativo: in proposito avanza richiesta formale di poterlo brevemente illustrare prima dell'avvio della fase di esame degli emendamenti. Chiede inoltre di valutare la possibilità di suddividere in più parti l'articolato presentato dal Gruppo di lavoro, e già illustrato in Giunta il 12 dicembre presupponendone una sorta di divisione in cinque grandissime macroaree (si riferisce soprattutto a quella relativa al procedimento legislativo): ritiene infatti opportuno uno spacchettamento dell'articolato in parti di contenuto normativo ciascuno ben più limitato.

  Laura BOLDRINI, Presidente, anzitutto conferma la pubblicazione, in via eccezionale, del documento presentato dal deputato Toninelli in allegato al resoconto della seduta odierna. La valutazione del testo e delle proposte in esso contenute competerà poi, ovviamente, alla Giunta, nell'ambito dell'esame degli emendamenti.
  In questa sede quel che va stabilito è il termine per la presentazione delle proposte emendative, da riferire all'articolato predisposto dal Gruppo di lavoro: esso potrebbe essere fissato per fine mese, in modo da non rinviarlo – per quanto detto – ad una data troppo differita, ma consentendo comunque di acquisire le eventuali osservazioni dei Presidenti di Commissione e del Comitato per la legislazione (cui invierà oggi stesso l'articolato in discussione) e di consentire ai Gruppi di confrontarsi. Saranno così poste tutte le premesse per poter arricchire il testo oggi in discussione – che costituisce una base di lavoro – al fine di soddisfare le esigenze di miglioramento e integrazione emerse nel dibattito; tra queste apprezza particolarmente quella di una valorizzazione della sede redigente.
  Ricorda che gli emendamenti, in questa fase, possono essere presentati solo dai membri della Giunta.

  Antonio LEONE chiede che, per chiarezza, sia posta formalmente in votazione la proposta di adottare come testo base per il prosieguo dei lavori lo schema di modifica regolamentare predisposto dal Gruppo di lavoro.

  Danilo TONINELLI, in ragione della particolare intensità dei lavori parlamentari, reputa troppo restrittivo il termine di tre settimane da oggi per la presentazione degli emendamenti. Ne chiede quindi un differimento ad almeno un mese da oggi, auspicando che a questa richiesta si associno le altre minoranze. Ciò anche considerando che non è nota la procedura che sarà seguita: in proposito chiede di conoscere come si svolgerà la fase immediatamente successiva alla presentazione degli emendamenti e se sarà prevista una, a suo avviso doverosa, fase di studio, valutazione e illustrazione dei testi prima dell'avvio della votazione degli emendamenti. Ribadisce infine la richiesta di valutare la possibilità di suddividere l'articolato presentato dal Gruppo di lavoro in numerose proposte separate ed autonome.

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  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene di dover mantenere, in questa fase, il termine di fine mese per la presentazione degli emendamenti, ferma restando la possibilità di una sua rivalutazione nella prossima riunione della Giunta, ove ritenuto necessario. In quella sede la Giunta valuterà anche le modalità del successivo esame dei testi.
  Propone di passare dunque alla votazione sull'adozione del testo-base.

  Danilo TONINELLI chiede che la votazione abbia luogo con voto ponderato, in modo da dare a ciascun Gruppo il peso, nella votazione, corrispondente alla propria consistenza numerica in Assemblea. Solo in questo modo, infatti, sarebbe possibile evitare un pregiudizio evidente che grava in particolare sul MoVimento 5 Stelle, il quale ha ottenuto il 25 per cento dei consensi alle elezioni politiche ma risulta spaventosamente sottorappresentato in Giunta alla luce dell'integrazione disposta con i rappresentanti di Gruppi di consistenza enormemente inferiore (e che hanno conseguito risultati elettorali ben più modesti). Preannunzia, ove la sua richiesta fosse respinta, la formalizzazione della domanda di procedere ad un'ulteriore integrazione della Giunta con due rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, al fine di sanare tale incredibile sproporzione.

  Laura BOLDRINI, Presidente, non può accogliere la richiesta di voto ponderato, non previsto per le deliberazioni della Giunta. Invita in proposito il collega Toninelli a presentare un emendamento all'articolato di riforma per introdurre questa forma di votazione.

  La Giunta adotta come testo base per il prosieguo dei lavori lo schema di modifica regolamentare predisposto dal Gruppo di lavoro sulle riforme del Regolamento.

  Laura BOLDRINI, Presidente, constata come i voti a favore siano stati 10, a fronte di 2 contrari e nessun astenuto.

  La seduta termina alle 13.55.

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