CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 dicembre 2013
134.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
Pag. 3

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO

  Mercoledì 4 dicembre 2013. — Presidenza del presidente Salvatore CICU.

  La seduta comincia alle 9.

Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni.
C. 1542-A Governo.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione – Parere con condizioni e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Salvatore CICU, presidente, ricorda che la convocazione odierna del Comitato è stata disposta a seguito della richiesta, trasmessa lunedì scorso dalla Presidenza della I Commissione Affari Costituzionali, avente ad oggetto il disegno di legge n. 1542-A, recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni – attualmente all'esame dell'Assemblea – che contiene, tra l'altro, due norme di delega. Non avendo il Comitato reso il parere di competenza nel corso dell'esame in sede referente, la Presidenza della Camera, analogamente a quanto avvenuto in altra occasione nella passata legislatura, ha accolto la richiesta della Commissione ed ha perciò autorizzato il Comitato ad esprimersi in questa fase, considerato che si è svolta la discussione generale e non si è ancora passati all'esame degli articoli.

  Gianluca PINI, relatore, nel dare brevemente conto delle caratteristiche del provvedimento, evidenzia in particolare che, fatti salvi gli aspetti relativi al profilo dell'omogeneità di contenuto, che appaiono pienamente rispondenti ai parametri valutativi del Comitato, il testo all'esame presenta in numerosi suoi punti notevoli carenze e incongruenze, nonché vere e proprie criticità.
  Formula, quindi, la seguente proposta di parere:
  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il testo del disegno di legge n. 1542-A e abbinate, recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni, nel testo licenziato dalla I Commissione Affari Costituzionali Pag. 4al termine dell'esame sede referente;
   rilevato altresì che:
  sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:
   esso presenta un contenuto omogeneo, in quanto reca disposizioni che incidono sull'organizzazione e sul funzionamento degli enti locali, a tal fine prevedendo: l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane (affidata al Capo II e, limitatamente alla Città metropolitana di Roma capitale, al Capo IV), la definizione di una nuova disciplina delle province quali enti di area vasta (contenuta al Capo III), l'introduzione di una nuova disciplina organica delle unioni di comuni e di fusioni di comuni (Capo V). Da ultimo, il Capo VI reca le norme finali, disciplina l'ambito di applicazione della legge e interviene in materia di entrata in vigore;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   il testo licenziato dalla Commissione, intervenendo sull'istituzione delle Città metropolitane, nonché in materia di funzionamento e organizzazione delle Province, delle unioni e delle fusioni di comuni, incide sull'ambito materiale oggetto del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, senza che, tuttavia, esso venga novellato, ed in assenza degli opportuni coordinamenti e delle necessarie abrogazioni, compromettendone così i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività, propri di un testo unico riferito ad un determinato settore disciplinare. Peraltro, anche laddove, come nel caso della disciplina delle Unioni di comuni, le nuove disposizioni vengono formulate in termini di novella al testo unico, tali novelle sono tuttavia incomplete e parziali (ad esempio, all'articolo 18, mentre il comma 2 interviene in via testuale sull'articolo 32 del testo unico, il successivo comma 3 lo modifica in via non testuale);
   difetti di coordinamento si rinvengono altresì con riferimento alla disciplina contenuta nella recente legge n. 215 del 2012, recante Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei Consigli e nelle Giunte degli enti locali e nei Consigli regionali, che, in relazione all'elezione del consiglio metropolitano (articolo 5, comma 4) e all'elezione del consiglio provinciale (articolo 12-ter, comma 6) si prevede trovi applicazione solo nel corso dei prossimi quattro anni, per essere poi sostituita da una normativa ad hoc contenuta, rispettivamente, al comma 3 dell'articolo 5 e al comma 5 dell'articolo 12-ter, i quali operano però al di fuori di una novella alla succitata legge n. 215;
   il provvedimento contiene talune disposizioni meramente descrittive in quanto ricognitive di norme vigenti che vengono fatte salve (per esempio, all'articolo 2, comma 1) ovvero semplicemente richiamate (per esempio, all'articolo 16, comma 2); disposizioni meramente dichiarative sono altresì contenute all'articolo 21, commi 11 e 13, che si limitano ad esplicitare quanto consegue all'attuazione del disegno di legge (ad esempio, all'articolo 21, comma 11, si afferma che: “Ai fini di cui all'articolo 37, comma 4, del testo unico, la popolazione del nuovo comune corrisponde alla somma delle popolazioni dei comuni estinti”), ovvero ad indicare le diverse ipotesi che si possono verificare (ad esempio, all'articolo 3, comma 7, primo periodo, si stabilisce che: “Le città metropolitane, ove alla data del 30 settembre 2014 non si verifichi quanto previsto al comma 9, subentrano definitivamente alle province alla medesima data; diversamente si applica quanto previsto al comma 9”);
   il testo contiene altresì disposizioni meramente ricognitive di norme di rango costituzionale; ad esempio, l'articolo 9, comma 2 e l'articolo 11, comma 2, primo periodo, ripetono con identica formula, riferita rispettivamente alle città metropolitane ed alle province, che “Restano comunque ferme le funzioni delle regioni nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 Pag. 5della Costituzione”; richiami impliciti a norme costituzionali sono inoltre contenuti all'articolo 4, comma 3-bis, che stabilisce, al primo periodo, che “Ferme restando le competenze della legge statale in materia elettorale, lo statuto [della città metropolitana] può prevedere forme di elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano”, riaffermando dunque la competenza esclusiva statale in materia sancita dall'articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione e demandando poi allo statuto della città metropolitana l'eventuale disciplina dell'elezione diretta;
   non appare infine chiara la portata normativa delle disposizioni contenute all'articolo 2, comma 1, ultimo periodo (che recita: “Alle città metropolitane si applicano, in quanto compatibili e fatte salve le eventuali modifiche apportate dalle leggi regionali, le disposizioni di cui alla presente legge”) e all'articolo 21, comma 9, alinea (che, in relazione ad alcuni aspetti della disciplina delle unioni di comuni fa “Salva diversa disposizione della legge regionale”), che sembrano configurarsi come cedevoli rispetto ad eventuali leggi regionali, senza però che le formulazioni utilizzate siano di immediata comprensione;
  sul piano dei rapporti con le altre fonti del diritto:
   sul piano dei rapporti con le fonti subordinate, il disegno di legge, nel testo modificato dalla Commissione, all'articolo 15, comma 6, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare sulla base di una complessa procedura, che prevede la proposta del ministro competente per materia, concerti e intese, la definizione dei criteri generali per l'individuazione di beni e risorse da trasferire dalle province agli enti subentranti. In relazione all'anzidetta disposizione, che affida compiti attuativi ad una fonte atipica, si ricorda che, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione in circostanze analoghe, tale modalità di produzione normativa non appare conforme alle esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria e, segnatamente, di un regolamento interministeriale da emanare a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
   inoltre, il provvedimento all'esame, all'articolo 15, comma 8, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di disporre “in via transitoria, in attesa dell'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 10” la disciplina di alcuni aspetti che il successivo comma 10 affida, appunto, ad una fonte di rango primario, quale il decreto legislativo, e delineando così una procedura di cui andrebbe verificata la coerenza con il sistema delle fonti;
   infine, il testo all'esame contiene talune disposizioni che, pur ponendo questioni che attengono al corretto uso delle fonti del diritto, sono tuttavia riconducibili a valutazioni di legittimità costituzionale, le quali esulano dunque dall'ambito di competenza del Comitato per la legislazione (ad esempio, l'articolo 11, comma 2, secondo periodo, stabilisce che le regioni riconoscono alle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri “forme particolari di autonomia nelle materie di cui al predetto articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione”, riecheggiando – con norma di rango ordinario – quanto l'articolo 116, terzo comma della Costituzione già prevede in relazione al riconoscimento di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni ordinarie; analogamente, l'articolo 15, comma 1-bis, lettera b), nell'affidare a tali province interamente montane e confinanti la “cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale e enti territoriali di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti”, riecheggia parzialmente – con norma di rango ordinario – quanto l'articolo 117, ultimo comma della Costituzione prevede Pag. 6per le Regioni (“Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”);
  sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:
   il testo licenziato dalla Commissione, agli articoli 15, comma 10, e 22-bis reca due norme, volte, rispettivamente, a delegare il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quelle sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti (articolo 15, comma 10), e a delegare il Governo ad adottare un decreto legislativo recante disciplina organica delle disposizioni concernenti il comune di Campione d'Italia (articolo 22-bis); in relazione alla formulazione di entrambe le norme di delega, si segnala che i principi e i criteri direttivi ivi indicati appaiono presentare elementi di sovrapposizione con l'oggetto della delega, con la conseguenza che, in entrambi i casi, risulta oltremodo dilatato l'orizzonte della scelta discrezionale del Governo;
   inoltre, in relazione alla delega contenuta all'articolo 15, comma 10, non risulta chiaramente individuato il termine ultimo per l'esercizio della delega; il dies a quo per la decorrenza del termine annuale viene infatti individuato per relationem, prevedendo che esso decorra dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 6 del medesimo articolo 15, il quale deve essere a sua volta adottato “entro tre mesi dall'accordo di cui al comma 5”, cui, a norma del suddetto comma 5, dovrebbe pervenirsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge;
   in relazione al coordinamento interno al testo, il provvedimento, all'articolo 1 individua l'oggetto del disegno di legge nella “materia di città metropolitane, province e unioni di comuni”; il successivo articolo 23-bis ne circoscrive invece l'ambito di applicazione alla “struttura organizzativa delle circoscrizioni territoriali degli enti di area vasta definite province e città metropolitane”; entrambe le disposizioni non contengono peraltro alcun riferimento alla disciplina delle fusioni di comuni;
   sempre sul piano del coordinamento interno al testo, il disegno di legge, all'articolo 3, comma 9, primo periodo, consente ai comuni di non aderire alla rispettiva città metropolitana e di continuare a far parte della provincia omonima; l'ultimo periodo fa invece riferimento alla istituzione di non più di una provincia nel territorio dei comuni che hanno optato per la non appartenenza alla città metropolitana; al medesimo articolo 3, al comma 10, ultimo periodo, richiama delle norme del testo che non sono tuttavia presenti (rinviando, ad esempio, ad un decreto di cui al comma 7, quarto periodo e ad un termine di cui al comma 7, sesto periodo); inoltre, all'articolo 10, comma 2, disciplina il trasferimento del personale dalle amministrazioni provinciali a quelle delle città metropolitane, mentre, al successivo articolo 15, comma 9, lettera a), reca una disciplina generale del personale trasferito dalle province ad altre amministrazioni, che si sovrappone alla prima; infine, all'articolo 13, comma 2, si riferisce all'approvazione delle modifiche statutarie da parte del consiglio provinciale, ancorché l'articolo 12, comma 2, assegni a tale organo esclusivamente il potere di proposta dello statuto e delle sue successive modificazioni, spettando invece il compito di approvarlo o di respingerlo all'assemblea dei sindaci;
   infine, talune disposizioni contenute all'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011 formano più volte oggetto di abrogazione da parte di diverse norme del testo: in particolare, l'articolo 18, comma 1, ne abroga integralmente i commi da 1 a 13; il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 22 sopprime nuovamente il terzo periodo del comma 3; il comma 3 dell'articolo 23 abroga nuovamente i commi 5, secondo periodo, 6, 7, 8, 9, 10 e 11; Pag. 7
   sul piano della corretta formulazione del testo e con specifico riferimento alle formule abrogative utilizzate, il disegno di legge, all'articolo 23, comma 8, abroga “le disposizioni vigenti che prevedono obbligatoriamente il livello provinciale o della città metropolitana per l'organizzazione periferica delle pubbliche amministrazioni o che comunque prevedono un collegamento necessario della medesima organizzazione con il territorio dell'ente provincia o della città metropolitana”, recando dunque una formula abrogativa esplicita innominata che, ai sensi della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, andrebbe evitata in quanto “superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale”;
   sempre sul piano della corretta formulazione del testo, il disegno di legge contiene rinvii normativi generici o imprecisi, laddove richiama altre normative in quanto compatibili o applicabili (ciò si riscontra, per esempio, all'articolo 10-bis, comma 1; all'articolo 15-bis, comma 1; all'articolo 18, comma 2, lettera b), capoverso 4); analogamente, un riferimento normativo generico che dovrebbe essere specificato, è contenuto all'articolo 22, comma 2-bis, che, in materia di fusioni di comuni, fa salve “diverse disposizioni specifiche di maggior favore”;
   inoltre, all'articolo 11, comma 3, che reca un riferimento alle “province autonome a statuto speciale di Trento e di Bolzano”, sembrerebbe opportuno uniformare la suddetta definizione a quella contenuta nell'articolo 116, secondo comma, della Costituzione, che si riferisce alle “Province autonome di Trento e di Bolzano”;
   infine, il disegno di legge di conversione è corredato sia della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), sia della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), redatte secondo i modelli stabiliti – rispettivamente – dalla direttiva del Presidente del Consiglio in data 10 settembre 2008 e dal regolamento di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170;

  ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   allo scopo di ovviare al mancato coordinamento delle nuove disposizioni con quelle contenute nel Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, si valuti l'introduzione di un nuovo oggetto di delega nell'ambito di quella contenuta all'articolo 15, comma 10, che potrebbe riguardare il coordinamento e l'unificazione nell'ambito di tale testo unico delle disposizioni vigenti in materia di enti locali, anche al fine di preservarne la struttura di fonte unitaria del settore disciplinare in oggetto;
   all'articolo 15, comma 6 – che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo – sia riformulata la disposizione in questione nel senso di demandare l'adozione della disciplina ivi prevista a un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988;
   per quanto detto in premessa, sia verificata la coerenza della disposizione contenuta all'articolo 15, comma 8, con le regole che presiedono ad un appropriato impiego delle fonti del diritto;
  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   al fine di assicurare un miglior coordinamento interno al testo:
    a) si provveda a coordinare la disposizione contenuta all'articolo 1, che individua l'oggetto della legge, con quella contenuta all'articolo 23-bis, che ne individua Pag. 8invece l'ambito di applicazione (senza tra l'altro fare riferimento alle unioni di comuni), valutando altresì l'opportunità di integrarle con il riferimento all'istituto delle fusioni di comuni;
    b) si sopprima l'ultimo periodo del comma 10 dell'articolo 3;
    c) si chiarisca il rapporto tra le normative contenute all'articolo 10, comma 2, che disciplina il trasferimento del personale dalle amministrazioni provinciali a quelle delle città metropolitane, e all'articolo 15, comma 9, lettera a), che, con normativa più di dettaglio, reca una disciplina generale del personale trasferito dalle province ad altre amministrazioni, valutando in particolare la soppressione della disposizione di cui all'articolo 10, comma 2;
    d) si coordinino le disposizioni contenute all'articolo 12, comma 2, con quelle contenute all'articolo 13, comma 2, in quanto esse assegnano il compito di approvare lo statuto provinciale a due organi diversi (la prima affida infatti tale compito all'assemblea dei sindaci, mentre la seconda al consiglio provinciale);
    e) si sopprimano il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 22 e il comma 3 dell'articolo 23, laddove dispongono l'abrogazione di talune disposizioni contenute all'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011 già abrogate ad opera dell'articolo 18, comma 1;
   all'articolo 11, comma 3, laddove è presente un riferimento alle “province autonome a statuto speciale di Trento e di Bolzano”, si valuti la soppressione della locuzione “a statuto speciale”, al fine di uniformare il suddetto riferimento alla definizione contenuta all'articolo 116, secondo comma, della Costituzione;
   sia valutata la soppressione della formula abrogativa esplicita innominata contenuta all'articolo 23, comma 8, demandando l'individuazione delle specifiche norme da abrogare ad apposito decreto legislativo, che il Governo potrebbe essere autorizzato ad adottare con l'inserimento di tale nuovo oggetto di delega nell'ambito di quella contenuta all'articolo 15, comma 10;

  Il Comitato osserva altresì che:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si dovrebbe verificare la portata normativa delle norme meramente descrittive indicate in premessa;
   all'articolo 2, comma 1, ultimo periodo, e all'articolo 21, comma 9, alinea, si dovrebbe chiarire se si intenda o meno configurare le norme in oggetto come cedevoli rispetto ad eventuali leggi regionali;
   all'articolo 5, comma 3, e all'articolo 12-ter, comma 5, si dovrebbero riformulare le disposizioni ivi contenute in termini di novella alla legge n. 215 del 2012, che reca la disciplina generale in materia di riequilibrio delle rappresentanze di genere negli organi elettivi di Regioni ed enti locali;
   agli articoli 15, comma 10, e 22-bis, si dovrebbero esplicitare i principi e i criteri direttivi di delega ivi indicati al fine di distinguerli più chiaramente dall'oggetto della delega; all'articolo 15, comma 10, si dovrebbe altresì indicare più chiaramente il termine finale per l'esercizio della delega;
  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   si dovrebbero specificare, ove possibile, i richiami normativi generici o imprecisi contenuti all'articolo 10-bis, comma 1; all'articolo 15-bis, comma 1; all'articolo 18, comma 2, lettera b), capoverso 4), e all'articolo 22, comma 2-bis;
   si dovrebbero coordinare le disposizioni contenute all'articolo 3, comma 9, primo periodo, laddove consente ai comuni che non intendano aderire alla rispettiva città metropolitana di continuare a far parte della provincia omonima, con le disposizioni contenute all'ultimo periodo Pag. 9del medesimo comma che, nell'ambito del territorio dei suddetti comuni fa invece riferimento all'istituzione di non più di una provincia».

  Salvatore CICU, presidente, nel condividere pienamente l'impostazione seguita dal relatore che, tenendo anche conto delle particolari circostanze in cui il parere viene reso, ha inteso fornire nella parte dispositiva indicazioni operative ben precise per l'organo di merito, si chiede se, proprio in ragione di ciò, non sia il caso di elevare al rango di condizioni l'osservazione concernente il non chiaro carattere cedevole di alcune disposizioni nonché quella riferita all'articolo 3, comma 9, laddove ingenera il dubbio circa il fatto che nel territorio dei comuni che non intendano aderire alla rispettiva città metropolitana siano mantenute le province preesistenti o ne vengano invece istituite di nuove.

  Tancredi TURCO, esprimendo anch'egli apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, si associa alla proposta testé avanzata dal presidente.

  Dopo che anche Andrea GIORGIS si è espresso in senso favorevole alla proposta di riformulazione del Presidente, Gianluca PINI, relatore, nel riferire di aver anch'egli nutrito dubbi analoghi a quelli emersi nel corso del dibattito, si dichiara disponibile a riformulare conseguentemente la proposta di parere, considerato altresì che, nel caso all'esame, trattandosi di un provvedimento che investe i rapporti tra livelli istituzionali ed enti, gli aspetti relativi alla chiarezza e proprietà della formulazione delle norme non possono venire affatto tralasciati, ciò anche al fine di scongiurare soluzioni pasticciate e foriere di inevitabile contenzioso tra i diversi livelli di governo del territorio.
  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il testo del disegno di legge n. 1542-A e abbinate, recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni, nel testo licenziato dalla I Commissione Affari Costituzionali al termine dell'esame sede referente;
   rilevato altresì che:
  sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:
   esso presenta un contenuto omogeneo, in quanto reca disposizioni che incidono sull'organizzazione e sul funzionamento degli enti locali, a tal fine prevedendo: l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane (affidata al Capo II e, limitatamente alla Città metropolitana di Roma capitale, al Capo IV), la definizione di una nuova disciplina delle province quali enti di area vasta (contenuta al Capo III), l'introduzione di una nuova disciplina organica delle unioni di comuni e di fusioni di comuni (Capo V). Da ultimo, il Capo VI reca le norme finali, disciplina l'ambito di applicazione della legge e interviene in materia di entrata in vigore;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   il testo licenziato dalla Commissione, intervenendo sull'istituzione delle Città metropolitane, nonché in materia di funzionamento e organizzazione delle Province, delle unioni e delle fusioni di comuni, incide sull'ambito materiale oggetto del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, senza che, tuttavia, esso venga novellato, ed in assenza degli opportuni coordinamenti e delle necessarie abrogazioni, compromettendone così i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività, propri di un testo unico riferito ad un determinato settore disciplinare. Peraltro, anche laddove, come nel caso della disciplina delle Unioni di comuni, le nuove disposizioni vengono formulate in termini di novella al testo unico, tali novelle sono tuttavia incomplete e parziali (ad esempio, all'articolo 18, mentre il comma 2 interviene in via testuale sull'articolo 32 del testo unico, il successivo comma 3 lo modifica in via non testuale);Pag. 10
   difetti di coordinamento si rinvengono altresì con riferimento alla disciplina contenuta nella recente legge n. 215 del 2012, recante Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei Consigli e nelle Giunte degli enti locali e nei Consigli regionali, che, in relazione all'elezione del consiglio metropolitano (articolo 5, comma 4) e all'elezione del consiglio provinciale (articolo 12-ter, comma 6) si prevede trovi applicazione solo nel corso dei prossimi quattro anni, per essere poi sostituita da una normativa ad hoc contenuta, rispettivamente, al comma 3 dell'articolo 5 e al comma 5 dell'articolo 12-ter, i quali operano però al di fuori di una novella alla succitata legge n. 215;
   il provvedimento contiene talune disposizioni meramente descrittive in quanto ricognitive di norme vigenti che vengono fatte salve (per esempio, all'articolo 2, comma 1) ovvero semplicemente richiamate (per esempio, all'articolo 16, comma 2); disposizioni meramente dichiarative sono altresì contenute all'articolo 21, commi 11 e 13, che si limitano ad esplicitare quanto consegue all'attuazione del disegno di legge (ad esempio, all'articolo 21, comma 11, si afferma che: “Ai fini di cui all'articolo 37, comma 4, del testo unico, la popolazione del nuovo comune corrisponde alla somma delle popolazioni dei comuni estinti”), ovvero ad indicare le diverse ipotesi che si possono verificare (ad esempio, all'articolo 3, comma 7, primo periodo, si stabilisce che: “Le città metropolitane, ove alla data del 30 settembre 2014 non si verifichi quanto previsto al comma 9, subentrano definitivamente alle province alla medesima data; diversamente si applica quanto previsto al comma 9”);
   il testo contiene altresì disposizioni meramente ricognitive di norme di rango costituzionale; ad esempio, l'articolo 9, comma 2 e l'articolo 11, comma 2, primo periodo, ripetono con identica formula, riferita rispettivamente alle città metropolitane ed alle province, che “Restano comunque ferme le funzioni delle regioni nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione”; richiami impliciti a norme costituzionali sono inoltre contenuti all'articolo 4, comma 3-bis, che stabilisce, al primo periodo, che “Ferme restando le competenze della legge statale in materia elettorale, lo statuto [della città metropolitana] può prevedere forme di elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano”, riaffermando dunque la competenza esclusiva statale in materia sancita dall'articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione e demandando poi allo statuto della città metropolitana l'eventuale disciplina dell'elezione diretta;
   non appare infine chiara la portata normativa delle disposizioni contenute all'articolo 2, comma 1, ultimo periodo (che recita: “Alle città metropolitane si applicano, in quanto compatibili e fatte salve le eventuali modifiche apportate dalle leggi regionali, le disposizioni di cui alla presente legge”) e all'articolo 21, comma 9, alinea (che, in relazione ad alcuni aspetti della disciplina delle unioni di comuni fa “Salva diversa disposizione della legge regionale”), che sembrano configurarsi come cedevoli rispetto ad eventuali leggi regionali, senza però che le formulazioni utilizzate siano di immediata comprensione;
  sul piano dei rapporti con le altre fonti del diritto:
   sul piano dei rapporti con le fonti subordinate, il disegno di legge, nel testo modificato dalla Commissione, all'articolo 15, comma 6, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare sulla base di una complessa procedura, che prevede la proposta del ministro competente per materia, concerti e intese, la definizione dei criteri generali per l'individuazione di beni e risorse da trasferire dalle province agli enti subentranti. In relazione all'anzidetta disposizione, che affida compiti attuativi ad una fonte atipica, si ricorda che, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione in circostanze analoghe, tale modalità di produzione normativa non appare conforme Pag. 11alle esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria e, segnatamente, di un regolamento interministeriale da emanare a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
   inoltre, il provvedimento all'esame, all'articolo 15, comma 8, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di disporre “in via transitoria, in attesa dell'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 10” la disciplina di alcuni aspetti che il successivo comma 10 affida, appunto, ad una fonte di rango primario, quale il decreto legislativo, e delineando così una procedura di cui andrebbe verificata la coerenza con il sistema delle fonti;
   infine, il testo all'esame contiene talune disposizioni che, pur ponendo questioni che attengono al corretto uso delle fonti del diritto, sono tuttavia riconducibili a valutazioni di legittimità costituzionale, le quali esulano dunque dall'ambito di competenza del Comitato per la legislazione (ad esempio, l'articolo 11, comma 2, secondo periodo, stabilisce che le regioni riconoscono alle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri “forme particolari di autonomia nelle materie di cui al predetto articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione”, riecheggiando – con norma di rango ordinario – quanto l'articolo 116, terzo comma della Costituzione già prevede in relazione al riconoscimento di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni ordinarie; analogamente, l'articolo 15, comma 1-bis, lettera b), nell'affidare a tali province interamente montane e confinanti la “cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale e enti territoriali di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti”, riecheggia parzialmente – con norma di rango ordinario – quanto l'articolo 117, ultimo comma della Costituzione prevede per le Regioni (“Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”);
  sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:
   il testo licenziato dalla Commissione, agli articoli 15, comma 10, e 22-bis reca due norme, volte, rispettivamente, a delegare il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quelle sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti (articolo 15, comma 10), e a delegare il Governo ad adottare un decreto legislativo recante disciplina organica delle disposizioni concernenti il comune di Campione d'Italia (articolo 22-bis); in relazione alla formulazione di entrambe le norme di delega, si segnala che i principi e i criteri direttivi ivi indicati appaiono presentare elementi di sovrapposizione con l'oggetto della delega, con la conseguenza che, in entrambi i casi, risulta oltremodo dilatato l'orizzonte della scelta discrezionale del Governo;
   inoltre, in relazione alla delega contenuta all'articolo 15, comma 10, non risulta chiaramente individuato il termine ultimo per l'esercizio della delega; il dies a quo per la decorrenza del termine annuale viene infatti individuato per relationem, prevedendo che esso decorra dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 6 del medesimo articolo 15, il quale deve essere a sua volta adottato “entro tre mesi dall'accordo di cui al comma 5”, cui, a norma del suddetto comma 5, dovrebbe pervenirsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge;
   in relazione al coordinamento interno al testo, il provvedimento, all'articolo 1 individua l'oggetto del disegno di legge nella “materia di città metropolitane, province Pag. 12e unioni di comuni”; il successivo articolo 23-bis ne circoscrive invece l'ambito di applicazione alla “struttura organizzativa delle circoscrizioni territoriali degli enti di area vasta definite province e città metropolitane”; entrambe le disposizioni non contengono peraltro alcun riferimento alla disciplina delle fusioni di comuni;
   sempre sul piano del coordinamento interno al testo, il disegno di legge, all'articolo 3, comma 9, primo periodo, consente ai comuni di non aderire alla rispettiva città metropolitana e di continuare a far parte della provincia omonima; l'ultimo periodo fa invece riferimento alla istituzione di non più di una provincia nel territorio dei comuni che hanno optato per la non appartenenza alla città metropolitana; al medesimo articolo 3, al comma 10, ultimo periodo, richiama delle norme del testo che non sono tuttavia presenti (rinviando, ad esempio, ad un decreto di cui al comma 7, quarto periodo e ad un termine di cui al comma 7, sesto periodo); inoltre, all'articolo 10, comma 2, disciplina il trasferimento del personale dalle amministrazioni provinciali a quelle delle città metropolitane, mentre, al successivo articolo 15, comma 9, lettera a), reca una disciplina generale del personale trasferito dalle province ad altre amministrazioni, che si sovrappone alla prima; infine, all'articolo 13, comma 2, si riferisce all'approvazione delle modifiche statutarie da parte del consiglio provinciale, ancorché l'articolo 12, comma 2, assegni a tale organo esclusivamente il potere di proposta dello statuto e delle sue successive modificazioni, spettando invece il compito di approvarlo o di respingerlo all'assemblea dei sindaci;
   infine, talune disposizioni contenute all'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011 formano più volte oggetto di abrogazione da parte di diverse norme del testo: in particolare, l'articolo 18, comma 1, ne abroga integralmente i commi da 1 a 13; il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 22 sopprime nuovamente il terzo periodo del comma 3; il comma 3 dell'articolo 23 abroga nuovamente i commi 5, secondo periodo, 6, 7, 8, 9, 10 e 11;
   sul piano della corretta formulazione del testo e con specifico riferimento alle formule abrogative utilizzate, il disegno di legge, all'articolo 23, comma 8, abroga “le disposizioni vigenti che prevedono obbligatoriamente il livello provinciale o della città metropolitana per l'organizzazione periferica delle pubbliche amministrazioni o che comunque prevedono un collegamento necessario della medesima organizzazione con il territorio dell'ente provincia o della città metropolitana”, recando dunque una formula abrogativa esplicita innominata che, ai sensi della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, andrebbe evitata in quanto “superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale”;
   sempre sul piano della corretta formulazione del testo, il disegno di legge contiene rinvii normativi generici o imprecisi, laddove richiama altre normative in quanto compatibili o applicabili (ciò si riscontra, per esempio, all'articolo 10-bis, comma 1; all'articolo 15-bis, comma 1; all'articolo 18, comma 2, lettera b), capoverso 4); analogamente, un riferimento normativo generico che dovrebbe essere specificato, è contenuto all'articolo 22, comma 2-bis, che, in materia di fusioni di comuni, fa salve “diverse disposizioni specifiche di maggior favore”;
   inoltre, all'articolo 11, comma 3, che reca un riferimento alle “province autonome a statuto speciale di Trento e di Bolzano”, sembrerebbe opportuno uniformare la suddetta definizione a quella contenuta nell'articolo 116, secondo comma, della Costituzione, che si riferisce alle “Province autonome di Trento e di Bolzano”;
   infine, il disegno di legge di conversione è corredato sia della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), sia della Pag. 13relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), redatte secondo i modelli stabiliti – rispettivamente – dalla direttiva del Presidente del Consiglio in data 10 settembre 2008 e dal regolamento di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170;

  ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   allo scopo di ovviare al mancato coordinamento delle nuove disposizioni con quelle contenute nel Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, si valuti l'introduzione di un nuovo oggetto di delega nell'ambito di quella contenuta all'articolo 15, comma 10, che potrebbe riguardare il coordinamento e l'unificazione nell'ambito di tale testo unico delle disposizioni vigenti in materia di enti locali, anche al fine di preservarne la struttura di fonte unitaria del settore disciplinare in oggetto;
   all'articolo 2, comma 1, ultimo periodo, e all'articolo 21, comma 9, alinea, si chiarisca se si intenda o meno configurare le norme in oggetto come cedevoli rispetto ad eventuali leggi regionali;
   all'articolo 15, comma 6 – che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo – sia riformulata la disposizione in questione nel senso di demandare l'adozione della disciplina ivi prevista a un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988;
   per quanto detto in premessa, sia verificata la coerenza della disposizione contenuta all'articolo 15, comma 8, con le regole che presiedono ad un appropriato impiego delle fonti del diritto;
  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   al fine di assicurare un miglior coordinamento interno al testo:
    f) si provveda a coordinare la disposizione contenuta all'articolo 1, che individua l'oggetto della legge, con quella contenuta all'articolo 23-bis, che ne individua invece l'ambito di applicazione (senza tra l'altro fare riferimento alle unioni di comuni), valutando altresì l'opportunità di integrarle con il riferimento all'istituto delle fusioni di comuni;
    g) si sopprima l'ultimo periodo del comma 10 dell'articolo 3;
    h) si chiarisca il rapporto tra le normative contenute all'articolo 10, comma 2, che disciplina il trasferimento del personale dalle amministrazioni provinciali a quelle delle città metropolitane, e all'articolo 15, comma 9, lettera a), che, con normativa più di dettaglio, reca una disciplina generale del personale trasferito dalle province ad altre amministrazioni, valutando in particolare la soppressione della disposizione di cui all'articolo 10, comma 2;
    i) si coordinino le disposizioni contenute all'articolo 12, comma 2, con quelle contenute all'articolo 13, comma 2, in quanto esse assegnano il compito di approvare lo statuto provinciale a due organi diversi (la prima affida infatti tale compito all'assemblea dei sindaci, mentre la seconda al consiglio provinciale);
    j) si sopprimano il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 22 e il comma 3 dell'articolo 23, laddove dispongono l'abrogazione di talune disposizioni contenute all'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011 già abrogate ad opera dell'articolo 18, comma 1;
   si coordino le disposizioni contenute all'articolo 3, comma 9, primo periodo, laddove consente ai comuni che non intendano Pag. 14aderire alla rispettiva città metropolitana di continuare a far parte della provincia omonima, con le disposizioni contenute all'ultimo periodo del medesimo comma che, nell'ambito del territorio dei suddetti comuni fa invece riferimento all'istituzione di non più di una provincia;
   all'articolo 11, comma 3, laddove è presente un riferimento alle “province autonome a statuto speciale di Trento e di Bolzano”, si valuti la soppressione della locuzione “a statuto speciale”, al fine di uniformare il suddetto riferimento alla definizione contenuta all'articolo 116, secondo comma, della Costituzione;
   sia valutata la soppressione della formula abrogativa esplicita innominata contenuta all'articolo 23, comma 8, demandando l'individuazione delle specifiche norme da abrogare ad apposito decreto legislativo, che il Governo potrebbe essere autorizzato ad adottare con l'inserimento di tale nuovo oggetto di delega nell'ambito di quella contenuta all'articolo 15, comma 10;

  Il Comitato osserva altresì che:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si dovrebbe verificare la portata normativa delle norme meramente descrittive indicate in premessa;
   all'articolo 5, comma 3, e all'articolo 12-ter, comma 5, si dovrebbero riformulare le disposizioni ivi contenute in termini di novella alla legge n. 215 del 2012, che reca la disciplina generale in materia di riequilibrio delle rappresentanze di genere negli organi elettivi di Regioni ed enti locali;
   agli articoli 15, comma 10, e 22-bis, si dovrebbero esplicitare i principi e i criteri direttivi di delega ivi indicati al fine di distinguerli più chiaramente dall'oggetto della delega; all'articolo 15, comma 10, si dovrebbe altresì indicare più chiaramente il termine finale per l'esercizio della delega;
  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   si dovrebbero specificare, ove possibile, i richiami normativi generici o imprecisi contenuti all'articolo 10-bis, comma 1; all'articolo 15-bis, comma 1; all'articolo 18, comma 2, lettera b), capoverso 4), e all'articolo 22, comma 2-bis.».

  Dopo che il Comitato ha approvato la proposta di parere, Salvatore CICU, presidente, fa presente che, non risultando al momento possibile presentare proposte emendative, in ragione del già avvenuto incardinamento del provvedimento in Assemblea, provvederà comunque, d'intesa con il collega Pini, a incontrare il presidente della I Commissione, al fine di rappresentargli l'esigenza di tenere adeguato conto dei rilievi espressi dal Comitato. Qualora poi si creassero le condizioni procedurali per la riapertura del termine, verranno altresì predisposti e presentati emendamenti, a firma dei membri del Comitato, volti al recepimento dei rilievi espressi nell'articolato parere.

Comunicazioni del Presidente.

  Salvatore CICU, presidente, comunica che giovedì 12 dicembre, alle ore 9, si terrà l'audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il coordinamento dell'attività di Governo, onorevole Dario Franceschini. L'incontro avrà ad oggetto, nello specifico, l'uso dei principali strumenti normativi dell'Esecutivo e lo sviluppo di forme di interlocuzione con le Camere per una migliore definizione dei contenuti delle norme, anche con riferimento al ruolo del Comitato per la Legislazione.
  Si tratta di tematiche che si connettono a quelle discusse lo scorso 28 novembre, in occasione della presentazione del libro «Politica della legislazione, oltre la crisi», curato da Lino Duilio, già presidente del Comitato per la legislazione nella XVI Pag. 15legislatura. Tale iniziativa – alla quale ha partecipato insieme al Vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, al Ministro Franceschini, al collega Balduzzi, nella sua veste di Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali, e all'on. Bruno Tabacci, Presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione – ha avuto un'ottima riuscita, consentendo di dibattere articolatamente le problematiche riguardanti le evoluzioni in atto nel sistema delle fonti e nell'uso degli strumenti normativi da parte di Governo e Parlamento, anche nella prospettiva di una possibile riforma del Regolamento della Camera.

  La seduta termina alle 9.20.