CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 31 ottobre 2013
115.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (IV e X)
COMUNICATO
Pag. 5

  Giovedì 31 ottobre 2013. — Presidenza del vicepresidente della X Commissione, Ignazio ABRIGNANI.

  La seduta comincia alle 9.05.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Verso un settore della difesa e della sicurezza più concorrenziale ed efficiente.
COM(2013) 542 final.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Ferdinando ADORNATO, relatore per la IV Commissione, rileva che la Commissione europea ha pubblicato lo scorso 24 luglio la Comunicazione in titolo che rientra nel quadro delle iniziative dell'Unione europea volte a rafforzare il grado di integrazione della politica di sicurezza e di difesa comune e si fonda sull'attività svolta dalla task force istituita nel 2011 dal Vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, e dal Commissario, Michel Barnier, con il coinvolgimento del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e dell'Agenzia europea per la difesa (AED). La Comunicazione costituisce, inoltre, il contributo della Commissione alla preparazione del Consiglio europeo di dicembre che, per la prima volta, sarà dedicato al tema della difesa europea. A tal proposito ricorda che il Consiglio europeo del dicembre del 2012 aveva programmato a un anno di distanza una propria sessione dedicata specificamente al tema della difesa, con ciò confermando la rilevanza del tema che già da alcuni anni è entrato a pieno titolo fra gli obiettivi della Commissione.
  Rammenta, inoltre, che il Trattato di Lisbona prevede che la Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC)comprenda la graduale definizione di una strategia comune dell'Unione europea, da adottare all'unanimità da parte del Consiglio europeo. La PSDC, infatti, è tuttora rimessa in larga parte alla sovranità nazionale e le decisioni riguardanti le capacità militari restano prerogativa degli Stati membri. L'Unione europea, tuttavia, detiene politiche e strumenti per realizzare cambiamenti strutturali e delineare un quadro strategico comune.
  Evidenzia, altresì, che a livello europeo già da tempo è stata avviata una riflessione su come migliorare la capacità dell'Unione europea di fronteggiare le sfide poste in termini di difesa e sicurezza, considerando, da un lato, la rapidità con cui evolve la situazione internazionale e, dall'altro, l'impatto della crisi finanziaria Pag. 6sui bilanci nazionali per la difesa. Da tale quadro emerge, pertanto, l'importanza del documento in titolo, che rappresenta un notevole passo in avanti rispetto al raggiungimento dell'obiettivo di una strategia di difesa comune, affermato nel Trattato di Lisbona e lungi dall'essere stato perseguito.
  Svolge a titolo di premessa alcune considerazioni di scenario, che potrebbero essere oggetto di indirizzi da parte del Parlamento italiano alle istituzioni europee. Innanzitutto, ritiene che potrebbe rivelarsi illusorio immaginare una strategia comune di difesa senza un'unione politica pronta a gestirla. In altri termini, occorre fare attenzione a non considerare la difesa soltanto come un mercato da integrare e come invece essa debba essere considerata un elemento centrale della stessa identità europea: il monopolio della forza legittima è caratteristica fondante di uno Stato, ma uno Stato è tale se parla con una sola voce in politica estera e nella politica di difesa. Il Parlamento italiano, quindi, non può non leggere questa Comunicazione all'interno del work in progress per raggiungere tale traguardo.
  La seconda considerazione riguarda il rilievo che la Comunicazione assume nello scenario della globalizzazione. Le più avvertite analisi sulla globalizzazione impongono una profonda riflessione sul potere dello Stato nel mondo contemporaneo rispetto a uno o due decenni addietro. Al riguardo, fa presente che secondo molti studiosi assistiamo ad un processo di disgregazione dei poteri tradizionali, laddove la logica dei veti inibisce l'efficacia e la possibilità stessa della decisione. L'impotenza del potere segnerebbe, dunque, l'attuale tempo storico: nessuno è in grado di assumere decisioni, ma tutti sono in grado di impedire che tali decisioni siano assunte. È una preoccupazione che incide sul tema della seduta odierna. Il sistema europeo della difesa, la zoppicante integrazione politica europea e anche la sempre più difficile opera di risoluzione pacifica delle controversie internazionali da parte dell'ONU e della comunità internazionale sono già esempi palpabili di questo rischio. Ecco perché lo sforzo di integrare i sistemi di difesa europei, se letto in parallelo allo sviluppo dell'integrazione politica, possono essere la grande risposta dell'Europa al pericolo dell'indecisionismo cronico e delle perdite di credibilità del potere degli Stati rispetto a una crescente massa di cittadini europei. Se il potere, infatti, non decide, la sfiducia nei suoi confronti è destinata ad aumentare e nessun Parlamento nazionale può ignorare il fatto che il potere europeo sia oggi investito da una crisi di fiducia.
  La terza considerazione prende le mosse dal fatto che l'Italia ha recentemente avuto un clamoroso esempio dell'urgenza di integrare i sistemi di difesa europei di fronte al rinnovato tragico espandersi dei flussi di migranti e di profughi dalle coste africane. L'Europa ha cancellato i confini al suo interno ma non ha realmente ricostruito e riconosciuto i suoi nuovi confini esterni. Non ha concretamente acquisito l'idea che il Mediterraneo è ormai un confine europeo e ha lasciato sulle spalle dei Paesi rivieraschi ogni problematica legata ai flussi migratori. Ritiene che sia assai importante nel giudizio che il Parlamento esprimerà sulla Comunicazione ricordare quanto, in tema di difesa europea, il nostro Presidente del Consiglio ha chiesto al Consiglio europeo parlando di «misure immediate per mettere in atto la rete europea di sorveglianza delle frontiere esterne, EUROSUR, e rafforzare soprattutto l'operatività di FRONTEX, con l'avvio di una grande operazione nel Mediterraneo e l'aumento delle risorse stanziate dagli Stati membri». Osserva, del resto, che a fronte dei nuovi e vecchi giganti demografici ed economici che stanno assurgendo anche a ruolo di giganti politici e militari – come nel caso di Cina, India e anche Russia – e di fronte a nuove potenziali aggregazioni – quali quelle che si stanno verificando nel mondo arabo pur con le sue sotto-classificazioni, e nel mondo latino-americano – la voce dell'Europa sarà sempre più flebile e confusa se ciascuno Stato reciterà sul palcoscenico mondiale un monologo, addirittura a volte andando in contrasto e concorrenza con Pag. 7altri Stati della stessa Unione europea. Non a caso la Commissione sottolinea che le sfide sempre più numerose, complesse e interconnesse, che travalicano i confini nazionali, rendono meno netta la tradizionale linea di demarcazione tra sicurezza interna ed esterna, e richiedono un approccio globale che armonizzi politiche e strumenti di varia natura. Per tali motivi la politica europea di sicurezza e difesa comune deve essere strettamente coordinata con altre politiche pertinenti dell'Unione europea, segnatamente in tema di sviluppo, sicurezza marittima, sorveglianza delle frontiere e supportata da un'ampia gamma di capacità a livello civile e militare. L'interrogativo se gli Stati membri possano sostenere questo onere individualmente si pone in particolare per il settore della difesa, considerato che i nuovi equipaggiamenti sono spesso costosi e complessi dal punto di vista tecnologico.
  Passa, quindi, ad illustrare gli argomenti più specifici oggetto della Comunicazione. In primo luogo, rileva che questa è stata predisposta, per la prima volta, attraverso un lungo confronto informale con gli Stati membri e con l'industria, coinvolgendo anche l'Agenzia europea di difesa. Come sempre ed inevitabilmente avviene nel complesso quadro istituzionale e politico europeo, si sono manifestate diverse posizioni: da una parte quella di chi punta a un'accelerazione del processo di integrazione del mercato europeo della difesa; dall'altra, quella di chi al contrario teme un ruolo più significativo della dimensione comunitaria a discapito degli Stati membri.
  Sullo sfondo di tale discussione resta il problema già richiamato: la concentrazione e ristrutturazione dell'industria della difesa dovrebbero potersi muovere in un quadro istituzionale che consenta il controllo necessario per tutelare la strategicità del settore, aspetto che il Consiglio europeo di dicembre dovrebbe anche affrontare. Sottolinea come si tratti di un problema assolutamente decisivo, perché i dati offerti dalla Comunicazione e dal Commission Staff Working Document sono tali da lanciare un grande allarme, pur confermando l'importanza della nostra base industriale, come in modo ancor più esauriente verrà evidenziato nella relazione della collega della X Commissione.
  Sottolinea che l'industria della difesa contribuisce in modo molto rilevante alla tenuta economica dell'Europa. Essa impiega in via diretta circa 400.000 persone, oltre a generare un indotto pari ad altri 960.000 posti di lavoro. Tra il 2005 e il 2010, però, le spese per il settore all'interno dell'Unione europea si sono ridotte in termini reali di quasi il 10 per cento e un ulteriore 10 per cento di declino è prevedibile – in base ai dati finora disponibili – per il triennio 2010-2013. Dal 2001 al 2010 la spesa complessiva dell'Unione europea si è ridotta da 251 a 194 miliardi di euro. Evidenzia come questo dato sia in forte contrasto con le tendenze a livello mondiale, che prevedono una crescita delle spese pari al 6,8 per cento tra il 2011 e il 2015, seppur con dati disomogenei secondo le aree. Nel complesso, l'Europa rischia, entro il 2017, di vedere ridotte le proprie spese per la difesa del 12 per cento dall'inizio della crisi economica e finanziaria. Nel 2012 per la prima volta le spese per la difesa da parte dei Paesi asiatici hanno superato quelle dei Paesi europei. Ai tagli della spesa si è sommato, inoltre, un aumento dei costi degli equipaggiamenti per la difesa, che raddoppiano ogni 7,25 anni.
  Sottolinea, inoltre, l'impatto negativo di questi dati sulle spese in ricerca e sviluppo nel settore della difesa, che hanno registrato un calo del 14 per cento tra il 2006 e il 2010, portando la cifra a 9 miliardi di euro. Ciò fa sì che, attualmente, per ricerca e sviluppo nel settore gli Stati Uniti spendano da soli sette volte di più rispetto a tutti gli Stati membri dell'Unione europea nel loro insieme. La spesa dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) è in continua crescita e le previsioni per il 2013 si attestano intorno al doppio della spesa complessiva di Gran Bretagna, Francia e Germania. Segnala, inoltre, che nel settore della difesa europea, le riduzioni dei budget sono esacerbate dalla forte frammentazione del mercato, con conseguenti costose Pag. 8duplicazioni e il mantenimento di pratiche protezionistiche ed effetti di sbilanciamento sulla capacità globale di difesa. Secondo la Commissione, la cooperazione e la concorrenza nell'Unione europea continuano ad essere un'eccezione e l'80 per cento della spesa è effettuata a livello nazionale.
  Rileva, infine, che la frammentazione in mercati nazionali si scontra ormai con la necessaria dimensione sovranazionale delle grandi imprese del settore e con la loro esigenza di raggiungere adeguate soglie di produzione. Lo stesso è richiesto dal costo della ricerca e della tecnologia dei moderni sistemi d'arma. La competitività richiede la possibilità di contare su un'efficiente supply chain a base continentale che possa movimentare parti e componenti senza gli extra-costi e extra-tempi dovuti ai sistemi nazionali di controllo delle esportazioni. Di qui le proposte della Commissione per rafforzare l’European Technological and Industrial Base e contribuire, in questo modo, al miglioramento delle capacità europee nel campo della difesa e sicurezza.
  Si sofferma, quindi, a svolgere un'analisi sintetica su quattro temi fondamentali che emergono dalla Comunicazione a partire dalle regole del mercato della difesa. Rileva innanzitutto che non si è ancora pervenuti alla piena applicazione delle due direttive del 2009. Una parte significativa delle acquisizioni viene fatta al di fuori delle regole europee o utilizzando le esenzioni che sono previste per alcune specifiche tipologie di acquisti. Resta, inoltre, una forte propensione agli acquisti nazionali che suscita qualche perplessità sull'effettivo ricorso a scelte basate sulla competizione. Infine, rimane scoperto il fronte della sicurezza degli approvvigionamenti perché il controllo degli investimenti esteri è messo in atto solo da alcuni Paesi e ciascuno si limita a valutarli in un'ottica esclusivamente nazionale senza alcun riferimento alle possibili conseguenze sul piano europeo. Di qui l'intenzione della Commissione di attivare un più stretto monitoraggio sull'applicazione della normativa relativa al procurement militare e quindi sull'apertura dei mercati della difesa degli Stati membri, le modalità di applicazione delle nuove regole in materia di appalti. La Commissione si impegnerà altresì per garantire la sicurezza delle forniture, lanciando un processo di consultazione insieme all'Agenzia europea di difesa che dovrebbe culminare in un impegno da parte degli Stati membri a garantire reciprocamente le forniture concordate o contrattualizzate di beni, materiali o servizi destinati alle Forze armate.
  Segnala che la Commissione intende ottimizzare il sistema dei trasferimenti alla Difesa sostenendo gli sforzi delle autorità nazionali per rafforzare la consapevolezza delle rispettive industrie, stabilendo un registro centrale delle licenze e promuovendo le migliori pratiche nella gestione dei trasferimenti intracomunitari. Osserva, tuttavia, che tale semplificazione dei trasferimenti intracomunitari in molti Stati membri, fra cui l'Italia, è molto indietro. Il nuovo sistema di controllo può, però, essere efficace solo se tutti i Paesi europei lo applicano. Questo è indispensabile anche per spingere le grandi e medie imprese a chiedere la loro certificazione: è una scelta volontaria che deve essere incentivata mostrandone i vantaggi e questo presuppone un'applicazione generale e ampia della licenza generale demandata agli Stati membri col rischio di creare una «torre di Babele» che ne può compromettere l'utilizzo. È, quindi, necessario un maggiore coordinamento fra gli Stati membri per favorire un effettivo ed efficace utilizzo del sistema della licenza generale, altrimenti destinato a rimanere solo sulla carta.
  Il secondo tema riguarda le misure a sostegno della competitività dell'industria della difesa. Oltre all'obiettivo di pervenire alla definizione di standard e certificazioni comuni a livello europeo, che consentano di ridurre i costi e di accelerare lo sviluppo industriale, vi è l'impegno a favore delle small and medium enterprises, definite «il cuore dell'innovazione europea nella difesa», anche attraverso la creazione di clusters europei e di network regionali. L'obiettivo è quello di rafforzare Pag. 9la loro collaborazione con università, centri di ricerca e grandi imprese per valorizzarne il contributo alla crescita tecnologica dell'intero settore. È un tema su cui alcuni Paesi, soprattutto Francia e Regno Unito, si stanno già da tempo impegnando a livello nazionale e su cui è strano che proprio l'Italia, in cui le piccole e medie aziende sono più diffuse, non abbia ancora messo in atto misure specifiche.
  Il terzo tema è dato dall'obiettivo di sfruttare il potenziale dual-use della ricerca e rafforzare l'innovazione. La crescita tecnologica del mercato civile e l'ingresso dell'elettronica in ogni produzione rende oggi possibile un più ampio utilizzo di componenti e parti commerciali nei sistemi d'arma. Questo comporta però che siano individuati e supportati anche alcuni filoni tecnologici di maggiore interesse per il settore della difesa e della sicurezza. Il prossimo avvio del nuovo Programma Quadro europeo della ricerca denominato Horizon 2020 offre l'occasione per assicurare le risorse necessarie. La Commissione intende supportare prioritariamente tre aree: la protezione NBCR (nucleare, batteriologica, chimica, radiologica), i velivoli a pilotaggio remoto e le comunicazioni basate sulla tecnologia della software defined radio. Intende, inoltre, avviare un programma preliminare di ricerche volte a supportare, per la prima volta, la Politica comune di difesa e sicurezza europea. L'Italia ha sempre sostenuto questo approccio e lo ha anche praticato nei limiti delle risorse disponibili.
  Infine, il quarto tema riguarda il piano di azione della Commissione in due specifici settori: lo spazio e l'energia. Anche in questo caso è la prima volta che viene manifestata la volontà di avviare nuovi programmi europei a sostegno delle capacità comuni nel campo della protezione delle infrastrutture satellitari, comunicazione e osservazione. È anche la prima volta che viene esplicitamente riconosciuta da parte della Commissione l'importanza delle applicazioni spaziali per la difesa e la sicurezza dell'Europa. Per questa ragione l'obiettivo è quello di affiancare le capacità nazionali di alcuni pochi Paesi europei, fra cui l'Italia, con queste nuove iniziative comuni. L'unico neo sembra essere quello di non aver sottolineato che l'Europa deve anche garantirsi strategicamente una propria autonoma capacità di accesso allo spazio, senza la quale sarebbe limitata la sua autonomia anche in campo satellitare. È questo un settore in cui l'Italia ha sviluppato significative capacità tecnologiche e industriali attraverso la partecipazione al programma europeo Ariane e, più recentemente, al nuovo programma europeo per il piccolo lanciatore Vega (di cui l'Italia è il maggiore contributore). Per l'energia, invece, è prevista la messa a punto di specifiche misure di risparmio tenendo conto dell'elevato consumo energetico delle strutture militari, avviando uno specifico meccanismo di consultazione con esperti degli Stati membri, che sia focalizzato sui temi dell'efficienza energetica, le energie rinnovabili e i carburanti alternativi, e le infrastrutture energetiche, e sostenendo in particolare il progetto Go Green delle Forze armate europee sull'uso dell'energia fotovoltaica.
  Osserva, quindi, che il Governo italiano è molto determinato a partecipare attivamente e positivamente ai nuovi indirizzi, avendo già pubblicamente ed ampiamente espresso il suo totale appoggio alla Comunicazione europea. Evidenzia, infatti, che proprio a causa dei tagli che già sono stati fatti ai bilanci della difesa italiana, il Governo vede favorevolmente la possibilità di una maggiore integrazione del sistema del mercato della Difesa, proprio perché le minori risorse possano essere ottimizzate in un sistema integrato. Il Governo italiano ha presentato nel marzo scorso concrete proposte sulla difesa europea in vista del Consiglio europeo del prossimo dicembre, sotto forma di un documento intitolato «More Europe». Tra gli argomenti da sottoporre a confronto in sede europea figura la creazione di un vero mercato unico della Difesa europea, rafforzandone altresì la base industriale e tecnologica, e aumentando la concorrenza, in particolare a vantaggio delle piccole e medie imprese. Il Ministro della difesa ha ribadito che l'Italia non intende essere spettatrice degli Pag. 10eventi, ma attrice protagonista di un processo – che intende promuovere e sostenere – per far sì che l'Europa assuma il ruolo che le spetta di «elemento cardine» per la pace e sicurezza a livello internazionale («Defense and Security Matters»). In tale ottica, intende promuovere un dialogo sulle relazioni NATO-PSDC, che superando l'attuale concetto di complementarietà, ricerchi un migliore bilanciamento tra le due organizzazioni.
  La necessità di rafforzare l'industria europea della Difesa è ribadita anche nella proposta di rapporto che l'Alto Rappresentante, Catherine Ashton, ha predisposto in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013. Le proposte dell'Alto Rappresentante hanno, in particolare, mirato a garantire una base industriale e tecnologica per l'industria della Difesa competitiva su scala globale, lavorando sulla sicurezza degli approvvigionamenti, sugli «standard ibridi», sulla certificazione, e incentivando l'avvio di programmi di collaborazione e condivisione delle risorse e a stimolare le sinergie nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell'innovazione, impegnandosi a invertire il processo di tagli alla ricerca nel settore della difesa e a rafforzare la cooperazione tra Stati membri attraverso programmi di ricerca congiunti.
  In conclusione, segnala che la Comunicazione esorta il Consiglio europeo ad avviare un dibattito sulla base delle seguenti raccomandazioni: in primo luogo, le decisioni in materia di investimenti e capacità per la sicurezza e la difesa dovrebbero essere fondate su una comprensione comune delle minacce e degli interessi, per cui occorre che l'Europa sviluppi un approccio strategico che comprenda tutti gli aspetti della sicurezza militare e non militare; in secondo luogo, la politica di sicurezza e di difesa comune è una necessità e deve essere supportata da una nuova politica europea comune delle capacità e degli armamenti; in terzo luogo, al fine di garantire la coerenza degli sforzi la PSDC deve essere strettamente coordinata con altre politiche pertinenti dell'Unione europea; in quarto luogo, in tempi caratterizzati da forti restrizioni di bilancio è particolarmente importante stanziare ed impiegare le risorse finanziarie in modo efficiente, cosa che implica, tra l'altro, la riduzione dei costi operativi nonché la messa in comune della domanda e l'armonizzazione delle prescrizioni in campo militare; infine, per dimostrare il reale vantaggio del contesto dell'Unione è necessario individuare un progetto comune per le capacità fondamentali nel settore della difesa, per le quali potrebbero essere pienamente mobilitate le politiche dell'Unione europea.
  Alla luce dei dibattiti condotti con i capi di Stato e di governo, evidenzia che la Commissione intende sviluppare una tabella di marcia dettagliata con l'indicazione di azioni concrete e del calendario di attuazione. Per la preparazione e l'attuazione di tale tabella di marcia la Commissione istituirà un apposito meccanismo di consultazione con le autorità nazionali. Il meccanismo potrà assumere forme diverse in funzione del settore in esame e coinvolgerà l'AED e il SEAE.
  La strategia della Commissione rappresenta una sfida ambiziosa, soprattutto tenendo conto delle difficoltà attraversate dall'Unione europea sia sul piano politico sia su quello economico. Osserva che uno dei vantaggi derivanti dall'Unione europea è proprio rappresentato dall'integrazione delle capacità nazionali con ripercussioni positive in termini di risparmio e di efficacia e il tema della difesa può rappresentare un passo fondamentale verso l'unione politica. Sarebbe opportuno, in tale ambito, acquisire dal Governo elementi utili circa l'inserimento dei temi richiamati tra le priorità del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, che dovrebbe anche caratterizzarsi come «semestre per la sicurezza e difesa europea».

  Gabriella GIAMMANCO (PdL), relatore per la X Commissione, osserva preliminarmente che la Comunicazione in esame è basata sull'assunto che l'industria della difesa è di importanza strategica per la sicurezza dell'Europa e svolge un ruolo Pag. 11cruciale per l'intera economia europea. Con un fatturato di 96 miliardi di euro nel solo 2012 e di 23 miliardi di euro di esportazioni nel 2011, rappresenta un settore industriale strategico incentrato su ingegneria e tecnologie di alta gamma e in grado di generare innovazione.
  La ricerca di punta condotta in questo ambito ha prodotto sostanziali effetti indiretti in altri settori, quali l'elettronica e l'aviazione spaziale e civile; inoltre garantisce la crescita economica e la creazione di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati.
  La Commissione sottolinea che l'industria della difesa in Europa occupa direttamente circa 400 mila persone e crea fino a 960 mila posti di lavoro indiretti ed è concentrata in sei Paesi (Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito) che coprono l'87 per cento della produzione totale. Tali Paesi ospitano le venti imprese europee che figurano nell'elenco delle 100 maggiori imprese mondiali del settore. Si tratta quindi di un settore il cui mantenimento è essenziale se l'Europa intende continuare ad essere un centro d'avanguardia a livello mondiale nell'ambito delle tecnologie produttive e dell'innovazione. Tuttavia, la Commissione europea sottolinea che il mercato europeo della difesa è ancora largamente regolato a livello nazionale e molto frammentato e che la direttiva sugli appalti 2009/81/CE è troppo recente per poter valutare il suo impatto sull'apertura dei mercati nazionali della difesa. Dai primi dati rilevati, si registra una grande differenza tra i diversi Stati membri.
  Secondo quanto riportato dal documento di lavoro, che accompagna la Comunicazione, un altro aspetto problematico è rappresentato dalla lentezza del processo di consolidamento delle imprese che operano nel settore dell'industria della difesa, processo che viene ritenuto una necessità per raggiungere dimensioni significative ed essere in grado di finanziare l'innovazione (in particolar modo a fronte dei tagli ai bilanci della difesa), operare globalmente e sviluppare servizi adeguati.
  Gli ostacoli al processo di consolidamento individuati dalla Commissione sono essenzialmente la preferenza degli Stati membri per i fornitori nazionali, il disallineamento di requisiti e capacità tra i diversi Stati membri, la diffusa proprietà statale che rende più difficili operazioni di fusione o acquisizione.
  Nel settore della difesa un ruolo centrale è rivestito dalle PMI, che sono spesso destinatarie di subappalti o fornitori di prodotti specializzati e trovano ostacoli per difficoltà di accesso alle informazioni e ai finanziamenti oltre che oneri amministrativi.
  Un'altra questione posta dalla Commissione riguarda la tendenza delle imprese operanti nel settore della difesa a compensare la riduzione delle richieste provenienti dal mercato europeo, da un lato, con l'internazionalizzazione della loro base clientelare (rivolgendosi ai mercati dei paesi terzi, in particolar modo Medio Oriente, Asia e Sudamerica) e, dall'altro, con la diversificazione della produzione. Peraltro, ai prodotti per la difesa e la sicurezza si aggiungono sempre di più i prodotti destinati alle attività civili (il 39 per cento della produzione delle 15 maggiori imprese europee delle difesa è rappresentato da prodotti ad uso civile). I due fenomeni tuttavia, secondo il documento di lavoro, a lungo termine potrebbero condurre ad un indebolimento della competitività dell'industria europea, da un lato, perché gli accordi per l'esportazione di prodotti per la difesa comportano spesso anche trasferimento di tecnologie e di diritti di proprietà intellettuale e, dall'altro, per il rischio di perdere le alte competenze tecnologiche che caratterizzano la forza lavoro delle imprese della difesa.
  Sulla base di tali valutazioni, nella Comunicazione in esame la Commissione europea propone un piano d'azione volto in particolare a potenziare il mercato interno della difesa e della sicurezza.
  Tra le azioni proposte, ricorda il periodico monitoraggio delle modalità di applicazione delle nuove norme sugli appalti da parte degli Stati membri; il miglioramento Pag. 12della sicurezza dell'approvvigionamento tra Stati membri (direttiva 2009/43/CE che introduce un sistema di licenze che agevola la circolazione di prodotti per la difesa nel mercato interno); la pubblicazione di un Libro verde sul controllo delle capacità industriali nel settore della difesa e sicurezza.
  La Commissione si prefigge inoltre di sviluppare una politica industriale della difesa basata su due direttrici: a) il sostegno alla concorrenzialità – compresa l'elaborazione di standard di normalizzazione «ibridi» su prodotti per applicazioni sia civili che militari e la promozione di un approccio comune per la certificazione a livello europeo dei prodotti per la difesa; b) il sostegno alle PMI – compreso lo sviluppo di strumenti strategici europei per la partnership di cluster. Tali concentrazioni sono di norma guidate da un'azienda principale che collabora con società più piccole in una catena di approvvigionamento e fanno spesso parte di reti di eccellenza che riuniscono contraenti principali, PMI, istituti di ricerca e altri settori accademici.
  La Commissione cita a tale proposito due strumenti appositamente concepiti per il sostegno alle PMI come il Programma COSME e la Enterprise Europe Network (EEN – Rete delle imprese europee) per orientare le PMI della difesa verso la creazione di reti e di partnership per la difesa, l'internazionalizzazione delle loro attività, i trasferimenti di tecnologia e il finanziamento di opportunità commerciali.
  La Commissione intende promuovere, inoltre, il collegamento in rete a livello regionale con l'obiettivo di integrare le risorse dell'industria per la difesa e della ricerca in strategie regionali di specializzazione intelligente, in particolare mediante una rete europea di regioni connesse con il settore della difesa.
  Di particolare interesse e rilievo appare la parte della Comunicazione che fa riferimento alla necessità di sfruttare il potenziale a duplice uso della ricerca e rafforzare l'innovazione al fine di garantire l'uso più efficiente delle risorse dei contribuenti europei (ricerca civile e militare, duplice uso nel settore dello spazio, delle comunicazioni satellitari governative militari e dello sviluppo di capacità dell'UE di immagini satellitari ad alta risoluzione, progetti per aiutare le forze armate a ridurre il loro consumo di energia e azioni concordate in tema di energie rinnovabili ed efficienza energetica).
  A tale proposito, segnala che il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, in più occasioni ha sottolineato l'indispensabile permeabilità dei settori civile e militare e la necessità di sostenere gli investimenti nelle tecnologie ad uso duale, con particolare riferimento all'ambito spaziale, delle comunicazioni satellitari. Sarebbe utile conoscere gli orientamenti europei e anche la posizione del governo italiano sull'opportunità di semplificare il sistema di certificazione per i prodotti delle difesa al fine di ridurre i tempi, i costi di produzione, manutenzione e anche di formazione del personale.
  Infine, sottolinea la dimensione internazionale dell'industria della difesa europea, che la Commissione intende rafforzare sia attraverso un dialogo con le parti interessate sulle modalità di sostegno dell'industria europea della difesa sui mercati terzi, valutando altresì le modalità con cui le istituzioni dell'UE potrebbero favorire i fornitori europei nei casi in cui una sola società europea si trovi a competere con fornitori di altre parti del mondo sia attraverso il controllo delle esportazioni che sia adeguato alle condizioni tecnologiche, economiche e politiche in rapido mutamento.
  Osserva che la Comunicazione in esame offre molti spunti di riflessione e, come sottolineato da molti parti, rappresenta un'occasione utile per dibattere a livello interistituzionale sul tema dell'indebolimento del mercato europeo della difesa per il quale è necessario definire una chiara strategia sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Nel secondo caso è evidente che non si può prescindere da una maggiore cooperazione politica.
  Rispetto alle richiamate direttive sul mercato europeo della difesa (2009/43/CE) Pag. 13e sulle modalità d'appalto nel settore della sicurezza e difesa (2009/81/CE), occorre evidenziare che agli Stati membri è stato consentito (in base all'articolo 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) di derogare alle regole del mercato interno nel caso di interessi essenziali della loro sicurezza; ciò ha comportato un'attuazione eterogenea delle suddette misure. Ritiene che su tale aspetto sarebbe opportuno un approfondimento.
  Per quanto riguarda le PMI, che sicuramente soffrono della riduzione dei budget nazionali destinati alla difesa e delle barriere burocratiche e regolamentari per il commercio transfrontaliero, ritiene che occorra acquisire elementi ed informazioni aggiuntive su taluni punti sui quali forse la Comunicazione appare piuttosto vaga. Si riferisce, ad esempio, alla necessità di garantire loro un effettivo spazio di manovra nell'ambito dei cluster industriali e ai problemi connessi all'accesso al credito.
  Ultimo ma non ultimo, l'aspetto squisitamente finanziario. La Commissione sostiene la necessità di utilizzare i fondi strutturali per supportare le PMI ed investire in taluni comparti di ricerca tecnologica. Sarebbe utile, inoltre, conoscere l'intendimento del Governo rispetto all'opportunità di destinare risorse specifiche al settore, scelta che non può prescindere da un'azione politica dei Governi, delle istituzioni europee e anche delle grandi imprese. È evidente che a monte è necessaria una visione comune e la volontà di perseguire i medesimi obiettivi, al fine di rafforzare interoperatività, competitività, leadership industriale e tecnologica dell'Ue.
  Sottolinea infine che sulla Comunicazione in esame sarà necessario acquisire elementi utili – anche attraverso audizioni con esperti del settore, rappresentanti delle istituzioni ecc. – al fine di predisporre un documento finale da trasmettere al Governo e alle istituzioni europee.

  Massimo ARTINI (M5S) osserva che tra le varie riflessioni svolte dai relatori non vi è traccia di uno dei maggiori rischi per il settore della politica di sicurezza e della difesa, derivante dagli attacchi informatici per fronteggiare i quali appare necessario favorire un'integrazione tra gli Stati anche sul piano del software. Al riguardo, ritiene che le Commissioni potrebbero acquisire elementi utili svolgendo l'audizione di due tra le più importanti aziende attive nel settore, vale a dire la SELEX ed Alenia.
  Reputa, inoltre, opportuno che siano auditi anche esperti del settore finanziario al fine di chiarire quali conseguenze possano derivare alle industrie e, più in generale, al settore della difesa dai differenziali dello spread tra i vari Stati membri nella fase dell'acquisizione.
  Manifesta, inoltre, preoccupazione per la circostanza che molte attività in tale settore siano state demandate ad agenzie ed istituzioni europee di secondo livello, il cui grado di democraticità – come noto – è assai basso a differenza dei Parlamenti nazionali ed osserva che il processo verso l'unione politica dovrebbe comportare un graduale rafforzamento della funzione di controllo.
  Infine, ritiene che lo sviluppo di adeguati software, oltre all'impiego dei mezzi tradizionali, rappresenti un elemento centrale nella gestione del flusso di migranti nel Mediterraneo.

  Stefano ALLASIA (LNA) ringrazia i relatori per l'esauriente illustrazione del contenuto della Comunicazione in titolo. Paventa che la Commissione europea possa imporre all'Italia di procedere ad acquisti da aziende estere come avvenuto per il programma F35. Riterrebbe opportuno svolgere un ciclo di audizioni con le principali aziende italiane del settore aerospaziale, quali Alenia e Finmeccanica.

  Elio VITO, presidente della IV Commissione, auspica che alla prossima seduta partecipino rappresentanti del Governo per acquisire anche il loro punto di vista. Ricorda, inoltre, che nella riunione dell'Ufficio di presidenza delle Pag. 14Commissioni riunite si era convenuto di acquisire all'esame della Comunicazione in titolo anche i contenuti dell'audizione del Vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, svolta presso il Senato. Analogamente, potranno essere acquisiti gli esiti delle missioni che la Commissione Difesa si accinge a svolgere a Bruxelles e a Torino sul tema della difesa europea.

  Ignazio ABRIGNANI, presidente, nessun altro chiedendo di parlare, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.40.