CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 ottobre 2013
104.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
COMUNICATO
Pag. 3

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 16 ottobre 2013. — Presidenza del presidente della IV Commissione, Elio VITO. — Interviene il viceministro degli affari esteri, Bruno Archi.

  La seduta comincia alle 14.05.

DL 114/2013: Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di Polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
C. 1670 Governo.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

  Elio VITO, presidente della IV Commissione, avverte che è pervenuta da parte del gruppo del Movimento Cinque Stelle la richiesta affinché la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso. Se non vi sono obiezioni, ne dispone pertanto l'attivazione.
  Avverte, inoltre, che il Ministro Mauro ha segnalato l'impossibilità per i rappresentanti del Ministero della difesa di prendere parte alla seduta odierna a motivo di impegni di natura istituzionali precedentemente assunti.

Sull'ordine dei lavori.

  Arturo SCOTTO (SEL), come emerso in occasione della riunione di ieri dell'Ufficio di presidenza delle Commissioni riunite, rileva il fermo dissenso del gruppo di SEL rispetto a un'organizzazione dei lavori che prevede l'intervento dei Ministri, programmato per domani, a esame già avviato del provvedimento. Prende inoltre atto della scarsa attenzione da parte del Ministro della difesa rispetto al lavoro delle Commissioni, testimoniata dall'assenza nella seduta odierna dei rappresentanti del suo Dicastero. Evidenzia quale maggiore profilo critico connesso al provvedimento in titolo quello della sua unicità ed onnicomprensività Pag. 4di tutti gli interventi nell'ambito delle missioni internazionali, da cui deriva l'impossibilità per le Commissioni di svolgere un esame accurato in riferimento ad ogni contesto di crisi.

  Donatella DURANTI (SEL) si associa alle valutazioni esposte dal collega Scotto. Ritiene, infatti, non soltanto utile ma anche rispettosa nei confronti del lavoro delle Commissioni che il Governo possa assicurare la presenza dei rappresentanti di entrambi i dicasteri in ogni fase dell’iter del provvedimento. Sottolinea, inoltre, che la seduta odierna avrebbe potuto costituire l'occasione opportuna per il Ministro al fine di riferire al Parlamento sulla decisione presa in merito alla nuova missione nel Mediterraneo denominata Mare Nostrum. Si tratta, a suo avviso, dell'ennesima decisione presa dal Governo sulla materia delle missioni omettendo ogni forma di coinvolgimento del Parlamento.

  Andrea MANCIULLI (PD), relatore per la III Commissione, rileva che l'esame parlamentare dei provvedimenti di finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali costituisce da anni un momento centrale nel dibattito sulle linee guida della nostra politica estera. Osserva che benché in questa circostanza il provvedimento in esame sia limitato all'ultima parte dell'anno, a causa del cambio della legislatura, è comunque opportuno avviare una riflessione generale anche in vista del prossimo anno. Ritiene che, oggi più che mai, sia infatti necessario un ripensamento globale delle missioni internazionali poiché sono i concetti stessi di crisi e di sicurezza globale ad essere profondamente mutati. Fa notare che le violazioni dei diritti fondamentali, la crisi delle istituzioni democratiche e dei sistemi di governance, la povertà, la disuguaglianza, la malnutrizione, l'emergere di flussi migratori di dimensioni bibliche, determinano oggi una diffusa vulnerabilità degli equilibri geopolitici regionali e costringono a ripensare le nozioni stesse di sicurezza e di stabilità elaborate nei primi due decenni del dopoguerra fredda. Rileva che il «nuovo disordine mondiale», la nuova vulnerabilità di vaste aree regionali – si pensi al Mediterraneo meridionale, al Medio oriente, ma anche alla fascia sub-sahariana, dal Mali al Corno d'Africa – ha oggi implicazioni dirette sulla determinazione delle linee strategiche dell'azione esterna di un paese come il nostro e di un'area continentale come l'Europa. Fa presente che, in tale quadro, la partecipazione alle missioni internazionali si conferma uno degli strumenti privilegiati per affrontare le crisi complesse che comportano forti rischi per la sicurezza globale. Ricorda che l'Italia è uno dei pochi paesi che ancora contribuisce in modo significativo alle azioni militari delle Nazioni Unite.
  Osserva che in questo impegno di riduzione dell'instabilità internazionale rimane significativo lo sforzo italiano per giocare un ruolo chiave su tre dimensioni: nell'ambito delle relazioni civili-militari, nelle missioni integrate e nelle operazioni di supporto alla pace. Rammenta che si tratta di una vocazione ormai trentennale, che si è mantenuta con significativa coerenza attraverso le varie fasi politiche e che ha dotato le Forze Armate di una spiccata capacità d'intervento in contesti di crisi, grazie all'elevata professionalità conseguita ed universalmente apprezzata.
  Segnala che appare assai forte ancora oggi nel «modello italiano» di partecipazione alle missioni internazionali – ed è confermato dalle misure adottate nel decreto-legge in esame – il rapporto con le organizzazioni internazionali, le ONG, agenzie umanitarie, le autorità e le comunità locali.
  Ritiene importante sottolineare come questo decreto-legge rifletta peculiarmente questo modello, ispirandosi ad una politica di comprehensive approach, che prevede l'utilizzo integrato di forme d'intervento civile e militare, di cooperazione allo sviluppo e di un'azione politico-diplomatica, economica e umanitaria nelle situazioni di crisi che minacciano la sicurezza internazionale.
  Evidenzia che le risorse umane e finanziarie sono prioritariamente destinate Pag. 5ad alcune aree di crisi del «Mediterraneo allargato» ed in primo luogo a garantire la stabilità dell'Afghanistan (ISAF), del Libano (Unifil), della Libia, del Kosovo e del Corno d'Africa (EUTM Somalia, EUCAP Nestor, Atalanta-Ocean Shield) nonché per la sicurezza della navigazione nel Mediterraneo (Active Endeavour).
  Non intendendo soffermarsi sui profili strategico-militari riguardanti i singoli teatri di crisi, ritiene però opportuno fornire alcuni elementi sui diversi contesti regionali nei quali si situano i diversi interventi finanziati dal decreto-legge.
  Rileva che è indubbio che le maggiori preoccupazioni vengano oggi dalla Libia, dove il rapimento lampo del premier Zeidan – il cui esecutivo vive sotto la costante minaccia di attacchi da parte dei miliziani – sembra evidenziare una progressiva escalation verso la dissoluzione della compagine statale che stenta a controllare la stessa capitale e Bengasi. Osserva come al momento, in Libia non sembri quindi esistere un'autorità politica centrale, condivisa ed effettiva. Gli attacchi contro la popolazione civile, le male addestrate Forze Armate nazionali e le istituzioni si susseguono con cadenza quasi giornaliera e mietono centinaia di vite.
  Fa presente che in questo contesto frammentato e violento, le organizzazioni di ispirazione qaedista si sono ritagliate uno spazio sempre più ampio, arrivando a controllare sostanziose porzioni del territorio libico, soprattutto nelle regioni desertiche meridionali. E le dinamiche interne libiche stanno avendo, inevitabilmente, effetti deleteri sulla sicurezza della regione nordafricana, del Sahel e del Mediterraneo.
  Evidenzia che la situazione della Libia impone il massimo sforzo di stabilizzazione da parte italiana ed europea, perché mette in forse complessivamente l'equilibrio geopolitico del bacino mediterraneo e chiama in causa direttamente la sicurezza nazionale.
  Richiama l'attenzione sulle tragiche vicende dei migranti di Lampedusa che rischiano di diventare cronaca quotidiana. Sostiene che bene ha fatto il Governo a varare una missione militare umanitaria che affronti l'emergenza, ma che altrettanto importante è ricostruire una forma di statualità sulla sponda meridionale del Mediterraneo anche per le implicazioni che il traffico di essere umani sembra avere in loco.
  Per quanto attiene al Libano, rileva che la missione UNIFIL è particolarmente impegnata nel conflict-management e nelle relazioni con le parti, allo scopo di prevenire un rinfocolarsi della tensione. Fa presente che l'acuirsi del conflitto confessionale in Libano è inevitabilmente connesso con la drammatica evoluzione degli avvenimenti in Siria e, in particolare, con il contributo oramai palese che le milizie sciite offrono al regime alawita di Bashar al-Assad.
  Fa notare che l'intervento del Partito di Dio accanto alle Forze lealiste, di fatto, ha generato un incremento dell'attività dei movimenti estremisti all'interno del Paese. La partecipazione operativa di Hezbollah, infatti, ha incentivato i gruppi salafiti presenti tra le fila dei ribelli siriani a reclutare militanti all'interno della comunità sunnita in Libano, così da poter combattere le milizie sciite libanesi su entrambi i fronti.
  Osserva che la tensione, fino ad ora latente, ha portato, nel mese di giugno, a cinque giorni di duri scontri, nella città di Sidone, che hanno coinvolto anche le Forze Armate Libanesi (LAF), intervenute per sedare i disordini. Le violenze di Sidone, hanno messo in luce un'effettiva incapacità delle Forze Armate nazionali di rispondere con efficacia alla crescente instabilità nel Paese.
  Segnala come un interrogativo aperto per il Governo italiano riguardi la maggiore esposizione del contingente UNIFIL a causa della crisi siriana e delle ripercussioni libanesi. Rileva che l'impatto che il procrastinarsi della crisi siriana ha avuto sul Paese dei cedri ha riguardato, inevitabilmente, anche il flusso continuo di profughi che in questi mesi hanno attraversato il confine. Nonostante il governo abbia ribadito il proprio impegno nell'accogliere gli sfollati, nel mese di giugno è Pag. 6stato varato un provvedimento restrittivo che permetterà l'ingresso nel Paese solo ai cittadini siriani provenienti dalla aree interessate dagli scontri, nel tentativo di arginare il malcontento sociale generato dalla precarietà delle condizioni dei campi profughi. Ricorda che attualmente il numero di rifugiati siriani presenti in Libano ammonterebbe a circa 700 mila.
  Fa presente che, come noto, la missione con il più elevato contingente italiano resta quella in Afghanistan in cui è in atto un delicato processo di transizione che vede, da un lato le forze di sicurezza afghane (ANSF) detenere la leadership per la pianificazione e la condotta delle operazioni militari e, dall'altro, le forze ISAF fornire loro il proprio supporto in tutti quei settori in cui non sono ancora del tutto autonome.
  Osserva dunque che, indubbiamente, le forze afghane hanno ancora molta strada da fare prima di essere compiutamente autonome e, perciò, all'inizio di giugno la NATO ha approvato all'unanimità la nuova missione «Resolute Support», che avrà il compito di addestrare, mentorizzare e assistere le forze afghane dopo il 2014. Segnala che secondo il Segretario generale dell'Alleanza atlantica, Rasmussen, la nuova missione avrà una portata più ristretta dell'attuale missione ISAF, anche se continuerà a mantenere contingenti dispiegati nelle regioni nord, sud, est e ovest del Paese, più una presenza nella capitale Kabul. Ritiene che, al riguardo, sarebbe utile avere chiarimenti dal Governo in ordine agli impegni attesi in sede NATO per il post-2014. Fa notare che queste decisioni in merito ai livelli di forza dopo il 2014 avvengono nel contesto di un altro determinante evento in programma per l'anno prossimo, ovvero le elezioni presidenziali, anch'esse al momento circondate da un clima di grande incertezza. Osserva che i preparativi per le elezioni, in calendario il prossimo aprile, sono pesantemente in ritardo, tanto che l'ONU stessa non ritiene possano avere luogo entro la prossima estate. Il rischio, tuttavia, non è semplicemente uno slittamento di qualche mese, bensì è che se i ritardi si accumulano e i passi montani vengono chiusi dalla neve, il voto non potrà tenersi prima del 2015.
  Segnala come il Corno d'Africa versi tuttora in una difficile situazione, anche per i postumi della carestia che nel 2011 aveva investito la regione. Inoltre fa notare che, proprio il paese più fragile, la Somalia (oltre 250.000 morti per la carestia), pur avendo avviato nella seconda metà del 2012 quello che appare un consolidamento istituzionale, con la formazione di un parlamento e l'elezione del nuovo presidente, non può assolutamente dirsi stabilizzata. Evidenzia che gli integralisti islamici di al-Shabaab, pur duramente colpiti, non sono ancora stati neutralizzati e anzi hanno compiuto azioni terroristiche a Mogadiscio, in maggio e in giugno hanno colpito persino le attività delle Nazioni Unite nella capitale somala. Osserva che anche i paesi limitrofi, oltre ad accogliere centinaia di migliaia di profughi, risentono dell'instabilità somala, come ha mostrato il gravissimo raid di al-Shabaab, il 21 settembre, nel più grande centro commerciale della capitale del Kenya, Nairobi, concluso dopo molti giorni di assedio e parecchie vittime. Rammenta che il sostegno internazionale alla somalia si è concretizzato da ultimo con la Conferenza di Londra (maggio 2013) e con l'analogo appuntamento di Bruxelles per un «new deal» per la Somalia svoltosi in settembre in sede UE con la partecipazione, tra l'altro, di USA, Russia, Cina e Giappone. Fa notare che non va da ultimo dimenticato il fenomeno della pirateria, che pur in fase di regressione per il contrasto internazionale trova ancora nell'instabilità regionale un buon alimento. Rileva che, come ha dimostrato la riunione degli Amici dell'IGAD promossa a New York a margine dell'Assemblea generale dell'ONU, l'Italia sta recuperando un significativo ruolo politico per la stabilizzazione della Somalia, confermato anche dalla recente visita a Roma del suo presidente.
  Per quanto attiene al Kosovo, rileva che il giovane Stato balcanico deve fronteggiare un'ampia serie di criticità, tra cui spiccano l'assenza di grandi imprese Pag. 7e l’export pulviscolare, la corruzione, gli intrecci tra politica e criminalità, il calo degli investimenti dall'estero e la generale fatica nel calamitarli, il tasso di disoccupazione enorme, particolarmente accentuato tra la fascia giovanile della popolazione.
  Fa notare che un segnale positivo potrebbe essere rappresentato dalla sottoscrizione degli Accordi di associazione e stabilizzazione con l'Unione europea, una «ricompensa» offerta da Bruxelles, e fortemente sostenuta dal nostro Paese, dopo la recente intesa serbo-kosovara sull'assetto del Kosovo, a sua volta premiata con l'apertura dei negoziati di adesione con Belgrado, che dovrebbe arrivare all'inizio del 2014. L'economia del Kosovo, ancora fragilissima, potrebbe trarre giovamento dall'avvio di una relazione concreta con l'UE. Segnala che le elezioni locali del prossimo novembre saranno di certo un'importante cartina di tornasole per valutare il percorso di avvicinamento tra Belgrado e Pristina.
  Venendo più specificamente alle disposizioni riguardanti i profili di competenza della Commissione Affari esteri, di cui al Capo II del decreto-legge, intende in primo luogo segnalare che il 2013 si caratterizza complessivamente (alla luce della sommatoria degli importi previsti dai due decreti-legge emanati nel corso dell'anno), per un significativo incremento rispetto all'anno scorso degli stanziamenti per iniziative a carattere «civile», poiché si passa dai 120,5 milioni di euro del 2012 ai 132,9 milioni stanziati complessivamente nel corso di quest'anno.
  In particolare, rileva che proseguono, come previsto dall'articolo 5, comma 1, le iniziative di cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione ed il sostegno alla ricostruzione civile in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan e Sud Sudan, nonché in paesi ad essi limitrofi, per le quali si prevede uno stanziamento di 23,6 milioni di euro per l'ultimo trimestre dell'anno. Evidenzia che una quota significativa di tale importo sarà destinata agli aiuti umanitari alla popolazione siriana, secondo gli impegni assunti dal Presidente del Consiglio al G20 di San Pietroburgo e rinnovati all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Segnala che una successiva quota sarà stanziata nel decreto-legge relativo al 2014, in quanto l'impegno totale ammonta a 50 milioni di dollari.
  In relazione alle iniziative per lo sviluppo dell'Afghanistan, osserva che i finanziamenti richiesti per l'ultimo trimestre del 2013 sono indirizzati a dare seguito agli impegni di mantenimento del livello di cooperazione allo sviluppo assunti dall'Italia nelle conferenze internazionali di Bonn e Tokyo (luglio 2012).
  Rileva che i settori prioritari indicati dall'Accordo di partenariato firmato nel gennaio 2012, la cui autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la legge 29 novembre 2012, n. 239, attengono prioritariamente alla governance/rule of Law, alle infrastrutture ed allo sviluppo rurale nonché ad ambiti trasversali come il miglioramento della condizione femminile, la sanità e la protezione del patrimonio culturale.
  Fa presente che il mantenimento degli impegni della comunità internazionale nei confronti dell'Afghanistan è un elemento centrale del Mutual Accountability Framework concordato alla conferenza di Tokyo e delle prospettive dell'Afghanistan di una stabilizzazione successiva al ritiro della missione ISAF.
  Ricorda che una delegazione delle Commissioni affari esteri dei due rami del Parlamento si è recata in visita a Kabul ed Herat nello scorso mese di settembre per visitare i siti della cooperazione italiana, unitamente al viceministro Pistelli.
  Osserva che particolare rilievo assume, all'articolo 6, comma 1, l'autorizzazione di spesa di 4.160.000 euro, per il quarto trimestre 2013, destinata agli interventi a sostegno della ricostruzione e stabilizzazione in paesi in situazione di fragilità, conflitto o post-conflitto.
  Segnala che larga parte di tale allocazione, pari a 4 milioni di euro, è destinata all'OPAC (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) per la messa in Pag. 8sicurezza e l'eliminazione del programma chimico siriano, mentre i restanti stanziamenti riguardano l'erogazione di borse di studio per studenti siriani, nonché contributi per il finanziamento di campagne archeologiche in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria.
  Fa presente che il comma 2 autorizza, fino al 31 dicembre 2013, la spesa di 139.872 euro per l'invio in missione di un funzionario diplomatico nell'area di confine turco-siriana. Al funzionario è riconosciuta un'indennità pari all'80 per cento di quella determinata secondo quanto previsto dall'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, che tuttora regola in buona parte l'ordinamento dell'Amministrazione degli Affari esteri, nonchè il rimborso forfettario degli oneri commisurato alla diaria per i viaggi di servizio all'interno della Turchia. Per l'espletamento delle sue attività il medesimo comma autorizza il funzionario ad avvalersi del supporto di due unità di personale, da reperire in loco.
  Rileva che il comma 3 autorizza, per l'ultimo trimestre 2013, una spesa di 800.000 euro per garantire il contributo italiano al Tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano.
  Segnala che il comma 4 autorizza, fino al 31 dicembre 2013, la spesa di 600.000 euro per la partecipazione italiana al Fondo fiduciario della NATO destinato al sostegno dell'Esercito nazionale afghano, nonché al Fondo del Consiglio NATO-Russia destinato al settore elicotteristico, nonché al Fondo fiduciario NATO Serbia IV finalizzato alla distruzione delle munizioni convenzionali ed esplosivi in eccedenza, e al Fondo fiduciario NATO Moldova III per la distruzione di pesticidi e agenti chimici pericolosi.
  Fa presente che, per il periodo 1o ottobre – 31 dicembre 2013, il comma 5 autorizza una spesa di 151.600 euro per assicurare la partecipazione dell'Italia, attraverso esperti nazionali, alle attività civili di peace keeping e di diplomazia preventiva ed ai progetti di cooperazione promossi dall'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).
  Rileva che il comma 6 integra di 1.500.000 euro, relativamente all'arco temporale che va dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013, gli stanziamenti già assegnati per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell'Africa sub-sahariana.
  Fa presente che il comma 7 autorizza, per il quarto trimestre 2013, la spesa di 1, 15 milioni di euro per la partecipazione italiana alla Fondazione Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI).
  Segnala che il comma 8 prevede una spesa, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013, di 4.28 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani e delle strutture della rete diplomatica nei territori ad elevato rischio e nei Paesi in situazione di conflitto e post-conflitto.
  Rileva che il comma 9 autorizza fino al 31 dicembre 2013 una spesa di 1.052.562 euro per il rafforzamento delle misure di sicurezza attiva, passiva e informatica delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari situate in aree ad alta conflittualità.
  Segnala che il comma 10 autorizza, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013, la spesa di 303.907 euro allo scopo di coprire le spese di missione di personale del Ministero degli esteri presso le sedi in Afghanistan, Iraq, Libia, Pakistan, Yemen, Siria, Somalia e in altre aree di crisi. Ricorda che a tale personale è riconosciuta un'indennità, senza assegno di rappresentanza, pari all'80 per cento di quella determinata secondo quanto previsto dall'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18; al personale inviato è riconosciuto il viaggio aereo nella classe spettante.
  Fa presente che il comma 11 autorizza, per l'ultimo trimestre 2013, la spesa di 78.190 euro per la partecipazione di funzionari della carriera diplomatica alle operazioni di gestione delle crisi internazionali, tra le quali le missioni PSDC (ex PESD), nonché per il funzionamento degli uffici dei Rappresentanti speciali dell'Unione Pag. 9europea per le varie aree di crisi. Osserva che la norma precisa, inoltre, che l'indennità da corrispondere ai funzionari diplomatici in oggetto verrà calcolata – detraendo l'indennità eventualmente corrisposta dall'organizzazione internazionale presso cui il funzionario opera, e comunque non computando l'assegno di rappresentanza – nella misura dell'80 per cento di quella determinata in base all'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967. Per i funzionari diplomatici che prestino servizio presso contingenti italiani impegnati in missioni internazionali, l'indennità non può in alcun caso eccedere il trattamento economico di spettanza dell'organo di vertice del contingente stesso. Inoltre, per il personale del Ministero degli Affari esteri in servizio in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Siria, Libia e in altre aree di crisi che si manifestino nel quarto trimestre 2013, lo stesso comma 11 prevede un'ulteriore autorizzazione di spesa di 36.152 euro, da destinarsi ai viaggi di servizio effettuati da detto personale, previsti dall'articolo 186 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, che disciplina il trattamento economico dei viaggi di servizio.
  Rileva che l'articolo 7 disciplina infine il regime degli interventi previsti dal richiamato Capo II. In particolare, è prevista, al fine di assicurare il necessario coordinamento delle azioni e degli interventi sia sotto il profilo politico che organizzativo-funzionale, la costituzione di strutture operative temporanee (task force) mediante uno o più decreti ministeriali non regolamentari e senza oneri per il bilancio dello Stato. Fa presente che è stabilita, altresì, la disciplina per l'adeguamento delle diarie per il personale inviato in missione nell'ambito degli interventi di cooperazione, in analogia con quanto già previsto nei precedenti provvedimenti in favore di altre categorie di personale operante nei Paesi destinatari dell'intervento italiano nell'ambito del presente decreto.
  Segnala che sono previste, inoltre, alcune disposizioni derogatorie, già presenti nei precedenti provvedimenti di proroga, considerate indispensabili, anche alla luce delle difficoltà e delle criticità riscontrate nella realizzazione delle attività e degli interventi programmati nell'ambito dei precedenti decreti-legge.
  Rileva che l'articolo 8 reca la norma di copertura finanziaria delle disposizioni del decreto-legge in esame.
  Evidenzia che l'onere complessivo derivante dall'attuazione del provvedimento è valutato in 265.801.614 euro, dei quali circa 39 milioni imputabili agli articoli 5-7 di interesse degli affari esteri. Segnala che tale importo è reperito mediante le seguenti coperture: a) quanto ad euro 66.387.523 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni e integrazioni: si tratta del Fondo per le missioni internazionali – cap. 3004 dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che nelle previsioni assestate 2013 registra uno stanziamento di circa 66 milioni di euro; b) quanto ad euro 154.650.000 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, relativa al Fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze a decorrere dal 2013; c) quanto ad euro 5.700.000 mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente; d) quanto a euro 39.064.091 mediante utilizzo delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle operazioni internazionali di pace, versati all'entrata e non ancora riassegnati al citato fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
  In conclusione, ritiene che con l'esame del decreto-legge in oggetto, opportunamente articolato nell'arco di tre settimane – quindi con una settimana supplementare rispetto all'ordinaria prescrizione regolamentare – il Parlamento getti le basi per essere protagonista delle scelte di Pag. 10politica estera e di sicurezza, avviando un lavoro che si perfezionerà in vista dell'imminente Consiglio europeo del mese di dicembre, anche in virtù delle indagini conoscitive già deliberate, e consentirà di affrontare con maggiore incisività sia la legge-quadro sulle missioni che il decreto-legge del prossimo anno.

  Domenico ROSSI (SCpI), relatore per la IV Commissione, evidenzia, preliminarmente, che nella seduta odierna le Commissioni avviano l'esame di un provvedimento di particolare rilievo, assai atteso dal Paese e soprattutto dalle nostre Forze armate, e che, in ragione del suo limitato arco temporale, appare configurare quasi una sorta di «atto parlamentare dovuto», ponendosi come continuazione naturale del precedente provvedimento (il decreto-legge n. 215 del 2012) che aveva rifinanziato per nove mesi le attività connesse alla presenza italiana nelle missioni internazionali.
  Osserva, dunque, come fin da ora sia auspicabile che l'esiguo orizzonte temporale considerato dal decreto-legge in titolo sia prodromico al ripristino, a partire dal 2014, della cadenza annuale dell'intervento di proroga del finanziamento delle missioni. Ciò nell'esigenza di conferire stabilità, continuità e prevedibilità all'azione italiana in tale ambito, sia per quanto concerne i profili militari sia quelli di cooperazione civile. È questo, infatti, un profilo non secondario per l'immagine esterna del Paese, per la sua credibilità ed autorevolezza internazionale, che deve essere ottemperato in omaggio all'impegno a livelli d'eccellenza che i nostri cooperanti e i nostri militari profondono ogni giorno per il ripristino e il mantenimento di condizioni di pace e sicurezza in tutte le aree di crisi in cui ne è stato deciso l'impiego.
  Fatta questa doverosa premessa, prima di approfondire gli aspetti di competenza della Commissione Difesa, sottolinea che il quadro degli impegni italiani relativi al cosiddetto «fuori area» appare sostanzialmente coerente con le tendenze del periodo precedente – riferito questo sia ai primi nove mesi dell'anno in corso, sia al 2012 – con limitate eccezioni derivanti dall'evoluzione dello scenario internazionale nel 2013 e nel solco di una sostanziale continuità delle linee di azione del nostro Paese sul piano internazionale.
  Osserva, quindi, che l'impiego delle Forze armate italiane nelle missioni internazionali ha reso evidente negli anni l'elevatissimo livello di professionalità raggiunto dal nostro strumento militare, sostanzialmente equiparato a quello dei nostri maggiori partner internazionali e universalmente riconosciuto come tale dalla comunità internazionale. Nel valutare la materia oggetto del provvedimento in esame, si deve dunque tenere nel debito conto che ai circa seimila militari, uomini e donne, impegnati ad oggi in diciotto Paesi e in ben trentadue missioni, è affidato quotidianamente un ruolo di alta rappresentanza del nostro Paese, che integra e corrobora lo sforzo dispiegato sul piano politico-diplomatico nelle diverse sedi multilaterali, in cui sono assunte le decisioni sui singoli interventi. A tal proposito, osserva che tutte le missioni che il decreto-legge in esame rifinanzia sono solidamente fondate su atti giuridici deliberati in sede ONU o UE. È, infatti, questa cornice di contesto multilaterale a guidare la nostra azione in sede internazionale ed è per queste ragioni che le nostre Forze armate sono chiamate ad integrare gli standard NATO ed UE di capacity e capability, dipendendo da ciò una quota rilevante della fiducia che gli organismi internazionali ripongono nell'Italia.
  A ciò si aggiunge che negli ultimi cinque anni lo scenario strategico è mutato rispetto all'evento spartiacque rappresentato dall'11 settembre del 2001: infatti, si è passati da un contesto di confronto asimmetrico con il terrorismo internazionale e con i connessi fenomeni di insorgenza ad un contesto di rischi maggiori, legati a crisi di dimensioni regionali e dall'andamento imprevisto, come da ultimo nel caso della crisi siriana. A tale nuovo contesto deve corrispondere uno strumento militare bilanciato, interoperabile, flessibile e tempestivo, per il quale la Pag. 11capacità programmatoria e la disponibilità all'impiego operativo immediato rappresentano priorità assolute. L'emergenza nel Canale di Sicilia ne è la conferma più recente e drammatica e il nostro impegno deve, dunque, muovere in tale direzione.
  Ritiene importante, inoltre, dare risalto alla tendenza crescente nel tempo dei finanziamenti destinati agli interventi di cooperazione allo sviluppo e per la ricostruzione civile nel raffronto con l'impegno finanziario complessivo, anche laddove decrescente (come accaduto dall'anno 2011 all'anno 2012). Ebbene, tale rapporto, pari nel 2011 al 6,79 per cento (per un finanziamento totale di circa 1,4 miliardi di euro), è cresciuto all'8,79 nel 2012 (a fronte di complessivi 935 milioni di euro) e, infine, nel 2013 si è attestato al 10,3 per cento (per un importo totale di circa 1,2 miliardi di euro). Anche il numero di militari italiani impegnati segue tale andamento: dalle 7.375 unità del 2012 si è infatti passati alle 5.595 di quest'anno (6.100 nei primi nove mesi del 2012).
  Oltre al doveroso compiacimento per la destinazione di maggiori risorse finanziarie a favore delle popolazioni colpite da guerre e gravi crisi umanitarie, l'andamento descritto rappresenta una giusta remunerazione sul piano politico e morale per l'impegno profuso negli anni dall'Italia a sostegno dello sforzo della comunità internazionale nei diversi teatri di crisi. Si dimostra, inoltre, che a standard crescenti di pace e sicurezza corrispondono investimenti più cospicui nel campo civile, con marginalità positive in termini sia di ulteriore consolidamento del quadro di stabilità, sia di sviluppo economico e sociale dei contesti regionali e locali.
  Passa, quindi, a delineare un quadro riassuntivo sulla partecipazione italiana nei diversi teatri operativi per gli aspetti che attengono alle competenze della Commissione Difesa, secondo quanto emerge dal testo (articolo 1, commi da 1 a 25 commi) anche nel raffronto con i precedenti provvedimenti. Partendo dalla missione in Afghanistan – la maggiore, in termini di dimensioni e di rilievo politico – rileva che è in drastico calo il rifinanziamento della presenza di personale militare nell'ambito delle missioni ISAF ed EUPOL, da 747,6 milioni di euro per il 2012 a 551 milioni di euro complessivi per il 2013 e, in particolare, da 426,6 milioni di euro per i primi nove mesi del 2013 ai 124,5 milioni di euro per gli ultimi tre mesi dell'anno (-26,29 per cento dal 2012 al 2013), come pure è in calo il finanziamento negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar e a Tampa, dove si svolge una missione che assolve a funzioni connesse con i predetti due mandati in Afghanistan (commi 1 e 11). Significativa è la riduzione del contingente italiano complessivamente presente in Afghanistan, da 4.000 unità nel 2012, a 3.100 nei primi 9 mesi del 2013, alle attuali 2.900 unità, mentre nelle missioni a supporto il contingente resta costante, pari a 95 unità di personale. Non è, invece, più finanziata la presenza del Corpo della Guardia di finanza nell'ambito di ISAF.
  Ricorda, quindi, che storicamente la missione International Security Assistance Force (ISAF) a guida NATO nasce nel 2002 in attuazione di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, con gli obiettivi, confermati dalle Nazioni Unite nel 2012, di assistere il Governo afghano nel mantenimento della sicurezza a Kabul e in tutto il Paese, nonché di supportare gli sforzi umanitari, di risanamento e ricostruzione, contribuendo ad assicurare il necessario quadro di sicurezza agli aiuti civili apprestati dall'UE e dagli organismi internazionali. Ricorda, inoltre, che il nostro contingente è stanziato prevalentemente ad Ovest, a Herat, ed a Kabul e si distingue in particolare per compiti che attengono la formazione, l'addestramento e il sostegno logistico alle Forze di sicurezza afghane. Il nostro, in particolare, è un Paese «framework», nel senso che nella zona di nostra pertinenza siamo responsabili della condotta degli altri Paesi partecipanti. Per tale ragione l'Italia ha ricoperto nel tempo ruoli apicali nella missione, come avviene oggi con l'affidamento dello stato maggiore alla guida del generale Battisti. La recente missione della Commissione Difesa presso il Comando Operativo di vertice Interforze Pag. 12(COI) ha consentito, tra l'altro, di apprendere dell'enorme impegno dispiegato dall'Italia all'interno di ISAF sul versante umanitario a partire dal 2005 con la realizzazione nella città di Herat, grazie a ben 50 milioni di euro destinati dal Ministero della difesa, di progetti di natura civile, tra cui vale la pena di ricordare la costruzione dell'ospedale pediatrico, di un centro di accoglienza per donne vedove, della facoltà di medicina e dell'aeroporto, oltre a centinaia di pozzi artesiani, scuole ed ospedali. Significativa, poi, è la riduzione del numero di vittime sul versante di ISAF che è stato possibile conseguire anche grazie all'utilizzo di sistemi ad elevati requisiti di protezione per i nostri militari come i VTLM Lince.
  Quanto ad EUPOL, osserva che la missione è stata istituita nel 2007 con azione comune del Consiglio dell'UE con finalità di tipo civile, correlate all'istituzione di una polizia civile afghana che garantisca un'interazione con il sistema penale, rispettosa dei diritti umani e degli standard giuridici internazionali. Su questo terreno l'impegno è specifico dell'Arma dei carabinieri. Evidenzia, inoltre, che l'impegno della comunità internazionale in favore dell'Afghanistan sta vivendo nell'anno in corso la sua fase forse più importante, denominata di «transition», vale a dire di progressivo rilascio delle piene responsabilità alle Autorità nazionali afghane a premessa della conclusione della missione di ISAF (fine della fase 4 «transition» ed inizio della fase 5 «redeployment»). Per il post 2014 occorrerà determinare le forme e la quantità del sostegno, sotto il profilo operativo e finanziario, alle forze di sicurezza afghane, nonché definire il contenuto della Enduring Partnership fra NATO e Afghanistan. È questo il senso da attribuire alla decisione assunta da ultimo dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu nei giorni scorsi per una proroga del mandato di ISAF fino al 31 dicembre 2014, finalizzato alla definizione della Resolute Support Mission (RSM), che sarà basata su operazioni «no combat» e relative al solo addestramento delle Forze di sicurezza afghane. Fa presente, quindi, che secondo quanto riferito in occasione della citata visita al COI, con riguardo al nostro contingente, le ultime due sedi di Shindand ed Herat sono destinate ad essere definitivamente chiuse nell'aprile del 2014 dopo le elezioni presidenziali.
  Come intuibile conseguenza della crisi siriana tuttora in atto, appaiono incrementate anche se in misura lieve le risorse finanziarie per la missione UNIFIL in Libano (comma 2): dai 118,5 milioni di euro per i primi nove mesi ai 40,2 milioni di euro per tre mesi del Governo Letta, che complessivamente integrano lo stesso stanziamento dell'anno precedente, pari a 157 milioni di euro. La presenza militare si attesta sulle 1.100 unità già presenti nel 2012, cui devono aggiungersi le 240 unità di personale a bordo del cacciatorpediniere Doria che opera a supporto del contingente italiano presso UNIFIL. Coglie, quindi, l'occasione per ricordare che l'impegno in UNIFIL – la più risalente tra le nostre missioni, anche se in assoluto la più antica deve essere considerata quella di osservazione in Kashmir deliberata dalle Nazioni Unite nel 1949 – ricomprende anche l'impiego di unità navali nell'ambito del Maritime Task Force (MTF) per il controllo delle acque prospicienti il Libano. La missione, riconfigurata dall'ONU nel 2012, ha in questa fase il compito di agevolare il dispiegamento delle Forze armate libanesi nel sud del Libano fino al confine con Israele, assicurando condizioni di pace e sicurezza favorevoli al movimento del personale dell'ONU e dei convogli umanitari e prevenendo il traffico illegale di armi lungo le linee di confine.
  Segnala, poi, l'aumento rispetto alla prima parte del 2013 degli stanziamenti per la partecipazione di personale militare nelle missioni nei Balcani (MSU, EULEX Kosovo, Security Force Training Plan Kosovo, Joint Enterprise), di cui al comma 3: dai 52,5 milioni di euro per i primi nove mesi ai 22,4 milioni di euro per tre mesi a fronte di un drastico calo registrato tra il 2012 e il 2013 (-23,95 per cento). Nei Balcani la tendenza al ridimensionamento sembra dunque arrestarsi per il momento, anche se si deve osservare che s'interrompe Pag. 13il finanziamento delle attività di assistenza alle Forze armate albanesi e della presenza della Guardia di Finanza nell'ambito della missione EULEX Kosovo. Ricorda, dunque, che nei giorni scorsi sono avvenuti fatti nella città di Mitrovica, situata nel nord del Paese, che confermano le cautele manifestate dai responsabili del contingente internazionale, sul permanere di rischi di instabilità a fronte di una situazione complessivamente pacificata soprattutto grazie alla costante azione delle forze internazionali a tutela delle minoranze e dei siti religiosi, con particolare riferimenti ai monasteri cristiano ortodossi. Quanto alla genesi dell'impegno italiano dei Balcani, occorre risalire alla risoluzione delle Nazioni Unite n. 1244 del 1999 adottata a seguito delle drammatiche guerre a sfondo etnico-religioso, esplose dopo la dissoluzione della ex-Jugoslavia. Si tratta in particolare della missione NATO Multinational Specialized Unit (MSU), svolta dall'Arma dei carabinieri con compiti di mantenimento della sicurezza e di supporto al reinserimento dei rifugiati. Quanto ad EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) e UNMIK (United Nations Mission in Kosovo), istituita con risoluzione ONU del 1999, di cui al comma 18, queste missioni hanno numerosi compiti connessi alla nascita di uno Stato kosovaro e alla totale pacificazione tra etnie, consentendo un ritorno sicuro ai rifugiati e dispersi. In particolare, EULEX Kosovo, adottata con azione comune dal Consiglio dell'UE del 2008 e riconfigurata nel 2013, ha per finalità l'assistenza alle istituzioni kosovare per un sempre più stringente rispetto degli standard internazionali, in particolare alle autorità giudiziarie e servizi di contrasto al crimine organizzato nell'impegno per la realizzazione di un sistema giudiziario indipendente, di forze di polizia e doganali multietniche. Deve anche essere richiamata l'importante missione Joint Enterprise, cui spettano compiti di attuazione degli accordi per il cessate il fuoco, di assistenza umanitaria e di supporto per il ristabilimento delle istituzioni civili. Inoltre, il comma 4 conferma la missione UE in Bosnia Erzegovina denominata ALTHEA, istituita con azione comune nel 2004 sulla base di una risoluzione dell'ONU, per dare pacifica attuazione agli Accordi di Dayton e che vede confermata la presenza di 5 unità di personale militare, oltre all'impegno finanziario precedente. Quanto alla presenza di militari nell'intera area, la diminuzione è alquanto significativa rispetto al 2012: da 848 unità a 655 unità (comprensive di personale della Guardia di finanzia e della Polizia di Stato).
  Appare significativo alla luce dei drammatici eventi di queste settimane l'aumento degli stanziamenti per la Guardia di finanza in Libia (comma 21), incaricata di garantire la manutenzione ordinaria delle quattro unità navali cedute dal Governo italiano al governo libico e per lo svolgimento di attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il governo libico rilanciati dalla «Tripoli Declaration» del 21 gennaio 2012 per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani: si passa dai 4,6 milioni di euro per nove mesi del Governo Monti ai 2,9 milioni di euro per tre mesi del Governo Letta. A tale impegno si aggiunge il finanziamento della partecipazione da parte del personale militare e di quattro unità di personale della Polizia di Stato alla nuova missione EUBAM Lybia, di cui alla decisione 2013/233/PESC del Consiglio del 22 maggio 2013, il cui mandato riguarda il sostegno alle autorità libiche per una gestione più integrata delle frontiere (commi 13 e 20). L'autorizzazione di spesa, come chiarisce la relazione di accompagnamento, è estesa alla proroga della missione italiana in Libia per le attività di assistenza, supporto e formazione svolte dal personale militare nel quadro della risoluzione ONU del 12 marzo 2012, che ha modificato il mandato della missione UNSMIL al fine di garantire assistenza per promuovere il processo di transizione democratica, ripristinare la sicurezza, contrastare il traffico di armi e di materiali di armamento collegato, in particolare Pag. 14missili terra aria trasportabili a spalla. L'impegno è di 2,5 milioni di euro per il personale militare (che resta attestato sulle 100 unità) e di 91 mila euro per quattro unità di personale della Polizia di Stato, comprensivi della proroga del finanziamento dell'impiego di personale militare in attività di assistenza supporto e formazione in Libia già previsti nei primi nove mesi dell'anno per un impegno pari a 7,5 milioni di euro. Complessivamente, l'impegno libico per gli ultimi tre mesi del 2013 è pari a 5,4 milioni di euro, dunque in crescita se rapportato a un impegno nei primi nove mesi di 12,1 milioni di euro.
  Con riferimento all'area mediorientale e al conflitto israelopalestinese, gli importi sono lievemente cresciuti con riferimento alle missioni Rafah EUBAM (30.500 euro a fronte di 90.600 euro), Hebron TIPH2 (286 mila euro a fronte di 848 mila euro) ed EUPOL COPPS (euro 33 mila a fronte di euro 96 mila). Al riguardo, in estrema sintesi, ricorda che la missione Temporary International Presence in Hebron (TIPH2), di cui al comma 6, subentrata alla precedente TIPH1, svolge unicamente compiti di monitoraggio e osservazione su richiesta del Governo di Israele e dell'ANP sulla base dell'Accordo interinale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza del 1995. L'Italia vi partecipa insieme ad altri Paesi (Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia) sulla base di un gradimento a livello locale che permane nel tempo. Vi operano 13 unità che nel 2013 hanno potuto contare su risorse finanziarie diminuite del 6,39 per cento rispetto all'anno precedente. La missione EU Border Assistance Mission in Rafah (comma 7) istituita con azione comune nel 2005, parimenti su invito delle due parti, è finalizzata a garantire la presenza di una parte terza al valico di Rafah per contribuire all'apertura del confine tra Gaza e l'Egitto nel quadro di un impegno volto a rafforzare la capacità dell'ANP nella gestione delle frontiere e dell'ordine pubblico. L'Italia è rappresentata da una sola unità di personale. La missione EUPOL COPPS in Palestina (comma 19), istituita con azione comune del Consiglio dell'UE nel 2005, coinvolge 2 unità di personale della Polizia di Stato con lo scopo di contribuire alla istituzione di un dispositivo di polizia efficace sotto la direzione palestinese e conforme a standard giuridici internazionali.
  Appare, poi, quasi raddoppiato sul piano finanziario l'impegno per la proroga della partecipazione militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUTM Somalia e EUCAP Nestor (comma 12), nonché nell'ambito delle ulteriori iniziative dell'Unione europea per la Regional Maritime Capacity Building nel Corno d'Africa e nell'Oceano indiano occidentale: 2,5 milioni di euro per gli ultimi tre mesi del 2013 in raffronto ai 7,5 milioni di euro già autorizzati per i mesi precedenti. Al riguardo ricorda che EUCAP Nestor, di cui alla decisione del Consiglio dell'Unione europea del 2012 e del 2013, è la missione finalizzata ad assistere lo sviluppo nel Corno d'Africa e negli Stati dell'Oceano Indiano occidentale di una capacità autosufficiente per il costante rafforzamento della sicurezza e della governance marittima, compresa la lotta alla pirateria; tale missione integra EUTM Somalia, istituita dall'UE nel 2010, che è volta a contribuire al rafforzamento del governo federale di transizione somalo attraverso l'addestramento e la formazione militare alle Forze di sicurezza somale, in collaborazione con AMISOM, la missione dell'Unione africana. Fa presente, al riguardo, che la relazione tecnica specifica che il personale autorizzato per le due missioni sarà pari a 155 unità, a fronte di un impiego di 22 unità autorizzate dal precedente decreto, per la sola missione EUTM Somalia.
  Rispetto all'impegno in Africa Subsahariana, per la missione EUCAP Sahel Niger, finalizzata a supportare le autorità locali nel contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata, nei primi nove mesi era previsto l'invio di 9 unità di personale sulle 24 complessivamente autorizzate, la cui autorizzazione di spesa (per circa 1 milione e 900 mila euro) ha coperto, altresì, la partecipazione di personale militare italiano alle iniziative dell'Unione europea per il Mali (comma 16). Per i Pag. 15successivi tre mesi l'autorizzazione di spesa cresce in modo significativo (726 mila euro) al fine di sostenere, oltre ad EUCAP Sahel Niger e alla missione europea EUTM in Mali, anche il nuovo impegno rappresentato dalla partecipazione di 27 unità di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Mali denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA), di cui alla risoluzione 2100 (2013) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 25 aprile 2013. Rientra in questo ambito regionale di impegno anche la missione ibrida ONU/Unione Africana UNAMID in Sudan per la pacificazione in Darfur e nella missione ONU nella Repubblica del Sud Sudan (UNMISS), di cui alla risoluzione ONU del 2012 (comma 15).
  Nello specifico del contrasto alla pirateria, le missioni NATO, denominate Active Endeavour, istituita nel Mediterraneo orientale, ed Ocean Shields, avviate in linea con le risoluzione dell'ONU del 2001 e 2002, nonché la missione dell'Unione europea, denominata Atalanta, di cui all'azione comune del Consiglio dell'UE del 2012, che opera al largo della Somalia e nel Corno d'Africa, vedono sostanzialmente confermati gli importi per gli ultimi tre mesi del 2013 (commi 5 e 10). Quanto ad Active Endeavour si tratta della missione, svolta da forze navali ed aeree per la prevenzione e protezione contro azioni terroristiche e di pirateria marittima nell'area del Mediterraneo orientale, attraverso operazioni di contromisure mine, attività di controllo e sorveglianza marittima e servizi di scorta al naviglio mercantile. Ocean Shields e Atalanta svolgono, in modo complementare, attività di contrasto alla pirateria al largo della Somalia in attuazione della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare, convenzione dell'ONU siglata nel 1982 e ratificata dall'Italia nel 1994. Atalanta protegge in particolare le navi del Programma Alimentare Mondiale (PAM) cariche di aiuti alla popolazione sfollata della Somalia anche mediante la presenza di elementi armati a bordo, anche quanto navigano nelle acque territoriali e interne della Somalia, e delle navi mercantili che navigano al largo della Somalia. Quanto all'andamento del finanziamento in relazione alla presenza di militari italiani, per le missioni Ocean Shields e Atalanta a fronte di un calo di importi tra 2012 e 2013 (-8,67 per cento), per cui si passa da 49,6 milioni di euro a 45,3 milioni di euro, la presenza di personale scende dalle 762 unità del 2012 alle 247 unità del 2013 per le due missioni, Atalanta e Ocean Shields, per cui si rende opportuno un chiarimento per comprendere le ragioni della mancata corrispondente diminuzione degli stanziamenti. Quanto ad Active Endeavour l'impegno è di 5 milioni di euro a fronte di un'autorizzazione pari a 14,1 milioni di euro per i primi nove mesi per 347 unità di personale costanti.
  In lieve aumento sul piano finanziario l'impegno nella missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata EUMM Georgia, di cui all'azione comune del Consiglio dell'UE del 2008, che con il supporto di quattro unità di personale svolge compiti di vigilanza civile sul rispetto dell'accordo in sei punti concluso tra Mosca e Tbilisi, raggiunto con mediazione europea (comma 14).
  Nel raffronto con il provvedimento precedente, cessa il finanziamento per conclusione del mandato relativo alla partecipazione di un magistrato alla missione integrata dell'Unione europea sullo stato di diritto per l'Iraq, denominata EUJUST LEX-Iraq, di cui alla decisione 2012/372/PESC del Consiglio del 10 luglio 2012. Non appaiono riferimenti ai fondi, pari a 11,8 milioni di euro, stanziati per il 2013 per la ristrutturazione del Quartiere Generale del Consiglio Atlantico a Bruxelles e, come già richiamato, non è rifinanziata la partecipazione di personale della Guardia di finanza in Libia e l'attività di assistenza alle Forze armate albanesi.
  Non risulta, inoltre, prorogata l'autorizzazione di spesa, prevista dal decreto legge precedente per euro 6.559.400, per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Pag. 16Stato, disposti nei casi di necessità e urgenza dai comandanti dei contingenti militari che partecipano alle missioni internazionali in Afghanistan, in Libano, nei Balcani e nel Corno d'Africa al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali.
  Aumenta invece l'impegno affidato nell'AISE, l'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna che è parte del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica con il compito di intelligence al di fuori del territorio nazionale e nel territorio nazionale per la tutela dell'alta tecnologia e materiale dual use, attualmente diretta dal generale Adriano Santini. L'Agenzia riceverà per le missioni internazionali 4 milioni in tre mesi, a fronte dei 10 milioni stanziati per i nove mesi precedenti. Si tratta di un dato significativo che esprime un'attenzione rafforzata ad uno strumento, quello dell’intelligence, di fondamentale rilevanza per la sicurezza dei nostri militari ma anche dei nostri rappresentanti diplomatici e cooperanti che operano nei teatri di crisi.
  È confermato a partire dal 2013 il finanziamento per il Corpo militare volontario della Croce rossa e per il corpo delle infermiere volontarie, finalizzato al loro impiego in Afghanistan e negli Emirati arabi uniti nel contesto delle missioni in corso, pari a 265 mila euro per un importo complessivo di 1 milione di euro per l'anno in corso e per un impiego di sette unità di personale (comma 23).
  Infine, con una tipologia di disposizione che già figurava nel precedente provvedimento, ai sensi del comma 24 si autorizza la cessione a Gibuti di quattro mezzi veicoli blindati leggeri, mezzi di trasporto e logistici, autorizzando una spesa di 192.000 euro.
  Come di consueto – in assenza di una disciplina stabile per la partecipazione delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali e che nel futuro potrà essere oggetto di esame da parte di queste Commissioni – nel provvedimento in esame trovano ingresso norme che non prorogano missioni in atto ma che si riconnettono all'impegno dei nostri contingenti all'estero e disciplinano aspetti attinenti il trattamento del personale, rilevanti profili di natura penale e contabile.
  Costituisce un elemento estravagante rispetto a questa premessa ma doveroso nel merito la previsione di cui al comma 25 dell'articolo 1, riguardante l'autorizzazione al Ministero della difesa per l'anno 2013 all'erogazione di contributi pari a 674.000 euro in favore delle associazioni combattentistiche, di cui all'articolo 2195 del decreto legislativo n. 66 del 2012.
  Al riguardo ricorda che nel maggio del 2012 il Governo aveva trasmesso alle Camere, ai fini dell'espressione del parere, lo schema di decreto n. 482, concernente il riparto dello stanziamento iscritto nel capitolo 1352 dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, non recante più alcun contributo specifico in favore delle associazioni combattentistiche a differenza delle associazioni d'arma e delle altre associazioni di categoria, per le quali figurava mantenuto il contributo di euro 256.740 previsto dalla legge di stabilità 2012. Dopo il parere della Commissione con cui era stata rilevata la sperequazione, il disegno di legge di assestamento del bilancio per il 2012 (legge n. 182 del 2012) si era fatto carico della questione, appostando sul capitolo in questione uno stanziamento complessivo di euro 674 mila e destinato all'erogazione di contributi ad associazioni, combattentistiche. Con la legge n. 182 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) si è provveduto, quindi, a realizzare le necessarie variazioni al fine di prevedere in Tabella C lo stanziamento di euro 674 mila in favore delle associazioni combattentistiche, in misura identica alle risorse erogate nel corso del 2011. Questa Commissione ha ulteriormente contribuito in tal senso in occasione dell'approvazione della approvazione di una relazione favorevole sul disegno di legge di assestamento per l'anno finanziario 2012, relativamente alla Tabella n. 11 recante lo stato di previsione del Ministero della difesa, con riferimento all'osservazione con cui si rilevava l'opportunità di finanziare le associazioni combattentistiche, Pag. 17come già previsto per le associazioni d'arma, in considerazione del meritorio operato sociale da esse svolto.
  Passando alla disciplina attinente il personale impiegato nelle missioni internazionali, l'articolo 2 detta disposizioni che sostanzialmente riproducono quelle attualmente vigenti, salvo qualche opportuna precisazione con riferimento al computo dell'indennità di missione basata sulla diaria prevista con riguardo ai teatri operativi. In particolare, il comma 4 disciplina talune deroghe ai limiti stabiliti per il compenso forfettario di impiego e alla retribuzione per lavoro straordinario da corrispondere al personale impiegato nelle missioni Active Endeavour nel Mediterraneo, Atalanta dell'Unione Europea e Ocean Shields della NATO al largo delle coste della Somalia e al personale appartenente ai Nuclei militari di protezione (NMP) della Marina.
  Analogamente, rispetto alle disposizioni in materia penale, l'articolo 3 rinvia all'articolo 5 del decreto-legge n. 209 del 2008, convertito con legge n. 12 del 2009, ed all'articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge n. 152 del 2009, entrambi di proroga delle missioni internazionali. Risulta così confermata la disciplina per i reati commessi nei territori o nell'alto mare in cui si svolgono le missioni internazionali e gli interventi umanitari. In particolare, si prevede l'applicabilità al personale militare del codice penale militare di pace e della disciplina prevista da talune disposizioni di cui al decreto legge n. 451 del 2001, relativo alla partecipazione all'operazione Enduring Freedom. In tale ambito sembra significativo richiamare che, grazie al richiamo al decreto-legge n. 209 del 2008, in tema di pirateria ma non solo, ai fini della individuazione della giurisdizione, trovano applicazione le norme contenute negli accordi internazionali di cui è parte l'Italia, mentre con il richiamo al decreto-legge n. 152 del 2009 si prevede la non punibilità del militare che, nel corso delle missioni all'estero, per necessità delle operazioni militari faccia uso della forza o ordini di far uso della forza, purché ciò avvenga in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio, agli ordini legittimamente impartiti; l'applicazione delle disposizioni concernenti i delitti colposi laddove il militare faccia uso della forza o ordini di far uso della forza eccedendo colposamente i limiti stabiliti dalla legge, dalle direttive, dalle regole di ingaggio, dagli ordini legittimamente impartiti o imposti dalla necessità delle operazioni militari. Da ultimo, i commi 2 e 3 dell'articolo 3 recano due modifiche, rispettivamente, al decreto legge n. 152 del 2009 e al decreto legge n. 1 del 2010, entrambi di proroga di precedenti missioni internazionali, al fine di: estendere l'applicazione del termine di dieci giorni per l'effettuazione di accertamenti, rilievi descrittivi o fotografici o altra operazione tecnica disposti dal pubblico ministero su mezzi militari utilizzati per le missioni militari all'estero e sottoposti a sequestro, anche a mezzi militari la cui utilizzazione risulti già formalmente programmata nell'anno di riferimento risultando inserita in specifica determinazione del Capo di stato maggiore di Forza armata; estendere alle attività operative o addestrative svolte al di fuori del territorio nazionale o nell'alto mare o negli spazi aerei internazionali la disposizione in base alla quale «non è punibile a titolo di colpa per violazione di disposizioni in materia di tutela dell'ambiente e tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, in relazione alle peculiarità organizzative riferite alle operazioni e alle attività condotte dalle Forze armate e di polizia fuori dal territorio nazionale e ai sistemi d'arma, mezzi e materiali destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, per fatti commessi nell'espletamento del servizio connesso ad attività operative o addestrative svolte nel corso di missioni internazionali, il militare e l'appartenente alla Polizia di Stato dai quali non poteva esigersi un comportamento diverso da quello tenuto, avuto riguardo alle competenze, ai poteri e ai mezzi di cui disponeva in relazione ai compiti affidatigli».
  La relazione illustrativa evidenzia che, come elemento di novità rispetto ai precedenti provvedimenti di proroga, che limitano Pag. 18l'ambito di applicazione della disciplina alle sole missioni internazionali, l'articolo 3 estende l'applicazione al personale che, seppur non organicamente inserito nelle missioni, vi sia inviato a supporto per fronteggiare imprevedibili e urgenti esigenze, anche connesse con il repentino deteriorarsi delle condizioni di sicurezza nelle diverse aree in cui sono impegnati i contingenti italiani. Diversamente, per tale personale opererebbe la disciplina ordinaria che, in tali contesti, contempererebbe l'applicazione del codice penale militare di guerra.
  L'articolo 4 reca disposizioni in materia contabile che rinviano integralmente alla disciplina già vigente riferita alle missioni internazionali.
  Ancora con riferimento alle norme di competenza di questa Commissione, l'articolo 7 reca le disposizioni per la disciplina degli interventi. Il comma 3 aggiunge un comma 1-bis, ad integrazione dell'articolo 30 della legge 9 luglio 1990, n. 185, in materia di controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, per stabilire che il trattamento economico del personale militare comandato presso l'Autorità nazionale UAMA – l'Unità per le autorizzazioni di materiali d'armamento (UAMA) che rilascia le autorizzazioni e proroghe alle operazioni di esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, e rilascia le autorizzazioni alla prosecuzione delle trattative contrattuali per i Paesi non NATO e UE – sia a carico del Ministero della difesa per le competenze fisse e continuative, a carico del Ministero degli affari esteri per le competenze accessorie. Come spiega la relazione illustrativa, la disposizione si rende necessaria al fine di chiarire che il trattamento economico di tale personale esula dall'ambito applicativo dell'articolo 1777 del codice dell'ordinamento militare, il quale stabilisce che al personale dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che pongono a carico delle amministrazioni utilizzatrici gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. L'impiego di tale personale presso l'UAMA non configura, infatti, una fattispecie di comando in senso proprio. Peraltro, sin dall'istituzione dell'UAMA il Ministero della difesa ha provveduto al pagamento del trattamento economico fisso e continuativo del personale militare in posizione di comando, senza soluzione di continuità. La disposizione, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Infine, l'articolo 8 reca le disposizioni relative alla copertura finanziaria. A fronte di un onere complessivo pari a 265.801.614 euro, il Ministero della difesa risulta destinatario di complessivi 218.000.000 euro, cui devono aggiungersi 1.860.862 euro per l'impiego di Forze di polizia, 2.895.192 euro per la Guardia di finanza e ulteriori 4 milioni di euro per l'AISE. Ai fini di un raffronto, nei primi nove mesi l'impegno complessivo, pari a 935.471.703 euro, vedeva 853 milioni di euro riferiti alle operazioni militari, di cui di cui 832 milioni specificatamente relative alla presenza delle Forze armate nei teatri operativi, 11 milioni per le attività delle Forze di polizia e 10 milioni per l'AISE.
  Alla luce di quanto fin qui esposto, auspica una condivisione il più possibile ampia da parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione sul merito complessivo del provvedimento, soprattutto in considerazione dell'esigenza di procedere il più speditamente possibile alla conversione in legge del decreto-legge in titolo per scongiurare soluzioni di continuità e incertezze interpretative che si possono tradurre in una condizione di maggiore insicurezza per i nostri militari e cooperanti all'estero, soprattutto in vista delle decisioni già assunte rispetto al progressivo disimpegno dalle aree interessate da maggiore instabilità e in vista delle decisioni che il Governo italiano si accinge ad assumere per affrontare l'emergenza in atto nel Mediterraneo.Pag. 19
  Conclusivamente, desidera anche evidenziare che la logica di straordinaria necessità e urgenza sottesa al provvedimento in esame – che, come già in premessa evidenziato contribuisce a connotarlo come una sorta di adempimento dovuto da parte del Parlamento – rafforza in modo determinante gli argomenti a sostegno di un suo positivo e celere iter di esame. Questa riflessione va però di pari passo con quella relativa alla necessità ed anche urgenza di dare seguito alle iniziative legislative finalizzate ad una stabilizzazione delle norme di carattere ordinamentale, attinenti a profili di natura giuridico-economica, e che allo stato attuale abbisognano di essere di volta in volta confermate dai decreti-legge di rifinanziamento delle missioni. L'individuazione di un corpus normativo di cornice alla materia, per l'appunto di una legge-quadro sulle missioni internazionali, rappresenterebbe un percorso coerente con il ruolo del Parlamento e con l'esperienza maturata in questi anni, e che conferirebbe trasparenza e certezza ad una materia di eccezionale importanza per le Forze armate e per tutto il Paese.

  Il viceministro Bruno ARCHI ringrazia preliminarmente il Parlamento per l'attenzione e la sensibilità con cui segue i processi di stabilizzazione e democratizzazione nel mondo a cui l'Italia contribuisce. Nel rinviare alle comunicazioni che saranno svolte domani dai ministri Mauro e Bonino, rimarca come il ruolo dell'Italia sia riconosciuto a livello internazionale come particolarmente importante anche a prescindere dall'entità delle risorse stanziate. Facendo riferimento ai diversi scenari di crisi, con particolare riguardo all'Afghanistan per quanto concerne il post-2014, sottolinea come sia importante per il nostro Paese partecipare alle nuove sfide che la Comunità internazionale dovrà affrontare. Richiama poi il significativo rilievo dei fondi che il presente provvedimento riserva alla cooperazione allo sviluppo per il conseguimento di obiettivi che non sarebbero raggiungibili sulla base delle risorse ordinarie assegnate alla legge n. 49 del 1987. Mette in particolare in risalto il contributo straordinario per l'emergenza siriana a cui l'Italia si è impegnata nel vertice G20 di San Pietroburgo.

  Elio VITO, presidente della IV Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.