CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 ottobre 2013
103.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
Pag. 3

  Martedì 15 ottobre 2013. — presidenza della Presidente Laura BOLDRINI.

  La seduta comincia alle 14.20.

Comunicazioni della Presidente conseguenti agli episodi accaduti in Assemblea nella seduta del 10 ottobre 2013 nonché in quelle del 24 luglio e del 10 settembre 2013.

  Laura BOLDRINI, Presidente, rivolge anzitutto un saluto ai deputati Questori che ha ritenuto opportuno invitare all'odierna riunione: l'argomento in titolo implica, infatti, l'esame di profili regolamentari che investono anche il tema delle sanzioni, sul quale gli stessi Questori stanno svolgendo uno specifico esame in vista della formulazione di una proposta di riforma dell'articolo 60 del Regolamento.
  Venendo quindi al merito della questione, ricorda che nella Conferenza dei presidenti di Gruppo del 10 ottobre scorso è emersa l'esigenza di procedere ad un approfondimento sulla capacità degli strumenti regolamentari vigenti a garantire il rispetto delle regole di correttezza degli interventi e l'ordine delle sedute.
  La richiesta trae origine da quanto accaduto in Aula lo stesso 10 ottobre e in due sedute precedenti, richiamate nell'ordine del giorno della odierna riunione.
  Rammenta, in particolare, che nella seduta di giovedì 10 ottobre, nel corso di un intervento sulla legge sul finanziamento dei partiti, il deputato Fraccaro ha pronunciato le seguenti parole: «....voi vi arroccate nel bunker, in basso, per tenervi stretto il malloppo. E noi, Presidente, continueremo ad opporci e continueremo a chiamarvi ladri». Vi sono stati richiami della Presidenza di turno, ma la situazione prodottasi ha determinato la necessità di una sospensione prolungata della seduta e, su richiesta del Presidente del Gruppo PD, la convocazione della Conferenza dei capigruppo. Sull'episodio sono tornati, con email indirizzate alla Presidenza della Camera, i deputati Gigli e Balduzzi.
  Il Presidente Brunetta ha, inoltre, richiamato all'attenzione anche quanto accaduto nella seduta-fiume del 24 luglio, quando la deputata Ruocco, a conclusione del suo intervento, affermava: «ci dovete riconoscere che, pur sedendo negli scranni, siamo differenti, ontologicamente differenti, con buona pace del vostro presidente Brunetta, capo indiscusso del gruppo unico dell'affare, del malaffare, delle larghe intese e dell'inciucio». Nella stessa seduta, a seguito di un richiamo successivo dell'on. Brunetta e dopo aver Pag. 4preso atto del resoconto, dal momento che non presiedeva l'Aula quando la deputata è intervenuta, ha dunque constatato come l'espressione utilizzata fosse «oggettivamente pesante e offensiva, quindi inappropriata per quest'Aula e, dunque, censurabile».
  È stato altresì riproposto l'episodio del 10 settembre in cui il deputato Di Battista affermava: «Quando noi sosteniamo che il PD è uguale al PdL, non è vero, ci siamo sbagliati: il PD è peggio del PdL.» E ancora: «prima sbattete fuori dalle istituzioni i ladri !» Anche in quella occasione ricorda di aver ripetutamente richiamato il deputato ad usare un linguaggio consono e non offensivo ed di aver sottoposto la questione all'Ufficio di Presidenza (il 12 settembre): i Questori hanno, in quella sede,.segnalato l'esigenza di una revisione dell'impianto regolamentare, sia quanto alle fattispecie, sia nell'apparato sanzionatorio.
  Gli elementi da considerare sono i seguenti.
  Il Regolamento, in diverse disposizioni, esclude che possano trovare ingresso nel dibattito parlamentare espressioni offensive o sconvenienti. Tale principio generale è stato ulteriormente specificato in successive circolari e pareri della Giunta per il Regolamento (circolare del Presidente della Camera del 21 febbraio 1996 sull'ammissibilità degli atti di sindacato ispettivo, parere della Giunta del 24 ottobre 1996 e riunione della Giunta per il Regolamento del 21 ottobre 2010).
  In particolare, nell'ordinamento della Camera dei deputati:
  se un deputato pronunzia parole sconvenienti in Aula, il Presidente lo richiama nominandolo (articolo 59, c. 1). Come chiarito dalla Giunta nel 1996 e nel 2010, in questa fattispecie rientrano anche le espressioni volgari o ingiuriose e le insinuazioni atte ad offendere, a recare discredito o comunque a ledere persone o Istituzioni. Si tratta infatti di espressioni che – come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 249 del 2006) – non possono essere ammesse nel dibattito parlamentare e sono dunque da considerarsi di per sé estranee all'oggetto della discussione;
  in applicazione dell'articolo 39, comma 3, la Presidenza toglie la parola – anche indipendentemente da precedenti richiami – ad un oratore quando ciò risulti necessario ad impedire la prosecuzione di interventi sconvenienti o offensivi (v. Giunta per il Regolamento del 21 ottobre 2010);
   il Presidente può disporre l'espulsione di un deputato se questi ingiuria uno o più colleghi (articolo 60, c. 1);
   il Presidente della Camera può inoltre proporre all'Ufficio di Presidenza di applicare la sanzione della censura con interdizione dai lavori parlamentari al deputato che usa espressioni ingiuriose nei confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato (articolo 60, c. 3).

  Il Presidente della Camera ha poi facoltà di dichiarare inammissibili ordini del giorno o emendamenti formulati con frasi sconvenienti (articolo 89). Sono altresì inammissibili le mozioni, interpellanze e interrogazioni lesive della sfera personale e dell'onorabilità dei singoli e del prestigio delle istituzioni e non sono pubblicati gli atti contenenti espressioni sconvenienti (articolo 139-bis). In particolare, la circolare del Presidente della Camera del 21 febbraio 1996 prevede l'inammissibilità degli atti del sindacato ispettivo che contengano espressioni non consone alla dignità del Parlamento ovvero termini ingiuriosi, ironici, sarcastici o provocatori, nonché insinuazioni atte ad offendere o recare discredito attraverso connessioni, allusioni o reticenze.
  La ragione di questa disciplina complessiva sta nel fatto che, se è dovere della Presidenza garantire nei dibattiti parlamentari la più ampia espressione dei diritti di manifestazione del pensiero e di critica e denunzia politica – diritti tutelati dalla insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni –, al contempo, ed allo stesso modo, la Presidenza deve assicurare che tali fondamentali diritti Pag. 5siano esercitati nella forma adeguata al ruolo costituzionale del Parlamento ed alle normali regole di correttezza e nelle forme appropriate al linguaggio parlamentare, in modo che non abbia a trascendere nella diffamazione personale o nell'ingiuria o nel vilipendio di organi dello Stato (così il parere della Giunta per il Regolamento del 24 ottobre 1996).
  La verifica della disciplina regolamentare cui la Giunta è oggi chiamata dipende dal progressivo, grave scadimento del linguaggio parlamentare. Non si tratta certo di un processo di scadimento iniziato in questa legislatura, né di verifiche nuove per la Giunta: da ultimo si veda il dibattito svoltosi il 21 ottobre 2010, che sembra un copione perfettamente utilizzabile anche oggi, punto per punto. Ma il fenomeno tende ad assumere oggi contorni e caratteri di reiterazione sistematica, che vanno affrontati. La verifica potrà quindi riguardare: la definizione più puntuale per via regolamentare delle fattispecie sanzionabili; i poteri esercitabili dalla Presidenza nel corso della seduta.
  Invita i membri della Giunta a pronunciarsi sul tema in esame.

  Danilo TONINELLI dichiara l'apprezzamento, da parte del Gruppo cui appartiene, per la scelta di discutere in seno alla Giunta per il Regolamento di episodi attinenti all'ordine delle sedute, che, ricorda, hanno visto più volte membri del suo Gruppo fatti oggetto di violenze fisiche e verbali anche nell'ambito delle sedute testè menzionate. Ciò che non può essere, invece, accettato è che in questa sede si svolga una sorta di messa sotto accusa unilaterale del Gruppo del MoVimento 5 Stelle, che sembra suonare come un'inammissibile opera di censura preventiva delle posizioni politiche del Movimento. Ciò appare tanto più inaccettabile ove solo si consideri la speciale prerogativa dell'articolo 68 della Costituzione che evidentemente attribuisce ai parlamentari, attraverso lo strumento dell'insindacabilità, un diritto di critica più ampio di quello ordinario goduto dagli altri cittadini. Considerato che le norme regolamentari sanzionano le espressioni ingiuriose o calunniose rivolte alle singole persone, circostanza che non ricorre negli episodi citati dalla Presidente, non si può ritenere che la stessa sede regolamentare possa comprimere quella libertà di espressione e di critica cui l'articolo 68 della Costituzione – norma al vertice del sistema del sistema delle fonti – conferisce il massimo grado di espansione; né possono trovare, all'interno del diritto parlamentare, un rilievo sanzionatorio espressioni che anche la giurisprudenza considera irrilevanti sotto il profilo penale.
  Ritiene che proprio le fonti citate poc'anzi dalla Presidenza, e cioè il parere della Giunta per il Regolamento del 24 ottobre 1996 e le precisazioni rese nella riunione della Giunta del 21 ottobre 2010, definiscano con sufficiente precisione i limiti entro i quali si muovono i poteri ordinatori della Presidenza, che sono rivolti, da un lato, a garantire l'ordine della seduta e, dall'altro, a tutelare i terzi estranei alle discussioni parlamentari, senza possibilità tuttavia di interferire con le posizioni politiche di merito, tutte coperte dall'articolo 68 della Costituzione quando si sostanzino in critiche di carattere generale e non in espressioni ingiuriose rivolte a singole persone.
  In proposito dichiara di condividere in toto le affermazioni rese dal collega Bressa nella riunione della Giunta del 21 ottobre 2010 quando ebbe a dichiarare che, pur nel rispetto delle istituzioni che al massimo grado esprimono la vita democratica, nelle aule parlamentari «il confronto tra le forze politiche deve comunque potersi dispiegare al massimo grado, anche quando non rispetti i crismi di un felpato o ovattato scambio di opinioni, per svolgersi, invece, su un piano dialettico più aspro e spigoloso».
  Nel rinnovare la denunzia del fatto che episodi di aggressione verbale e fisica indirizzati a colleghi del suo Gruppo non sono stati in alcun modo oggetto di censura, ribadisce la sua posizione favorevole alla massima estensione del diritto di critica politica da parte di ciascun parlamentare, diritto di critica dal quale non Pag. 6può ritenersi esonerata anche la figura del Presidente della Repubblica; riferendosi, infatti, ad un recente episodio in cui un deputato del suo Gruppo è stato richiamato dalla Presidenza per essersi rivolto al Presidente della Repubblica con i termini di «Re Giorgio» e «Innominato», ritiene che non si possa limitare il diritto di critica al Capo dello Stato proprio in Parlamento, cioè nell'organo che, oltre ad essere la massima espressione della democrazia e del pluralismo, è altresì l'organo legittimato dalla Costituzione a mettere sotto accusa il Presidente della Repubblica, nei casi previsti dalla Costituzione.

  Dopo che Laura BOLDRINI, Presidente, ha ricordato che l'odierna riunione della Giunta trae origine da un'espressa richiesta in tal senso formulata in seno alla Conferenza dei Presidenti di Gruppo, Antonio LEONE reputa che nell'odierna discussione non si possa non partire da alcuni capisaldi.
  Il primo di questi è costituito dall'attuale disciplina normativa sull'ordine delle sedute che rappresenta una base giuridica consolidata ed estesa per la sanzionabilità, a diversi livelli, dei comportamenti che contrastino con le consolidate regole che governano il confronto parlamentare. Si tratta di una disciplina fondata sul dettato regolamentare, ma alla quale concorrono anche interpretazioni e prassi adeguatrici successive.
  Ricorda come già nella passata legislatura, nella lettera che il Presidente Fini ebbe ad inviare, l'11 ottobre 2010, a tutti i Vicepresidenti pro tempore (tra cui lui), fu richiamata l'esigenza di procedere con la massima fermezza nell'applicazione dei principi regolamentari vigenti per garantire l'impiego nei dibattiti dei modi corretti e delle forme appropriate di linguaggio parlamentare. E proprio una ricognizione compiuta della materia e dei principi che la regolano era stata fatta in seno alla Giunta per il Regolamento il 21 ottobre 2010, sollecitata in particolare dai comportamenti e dalle espressioni cui era solito ricorrere un deputato; in quella occasione i membri della Giunta pervennero alla conclusione che non fosse necessaria una modifica regolamentare valutandosi «l'attuale normativa, anche alla luce della prassi applicativa che la integra, pienamente idonea a regolare in modo compiuto la materia».
  Se questo è il quadro d'insieme delle norme, una riproposizione sic et simpliciter di quelle conclusioni non pare del tutto soddisfacente, dal momento che nel frattempo sono ulteriormente mutati alcuni elementi di contesto. È, infatti, sotto gli occhi di tutti come, soprattutto a fronte di un'amplificazione mediatica dei dibattiti parlamentari, certamente ignota al momento in cui fu scritto il Regolamento, il livello del linguaggio parlamentare abbia subito uno scadimento drammatico, del quale egli non può che prendere amaramente atto pur avendo vissuto altre stagioni della vita politico-parlamentare non certamente ireniche. Lo scadimento non è, infatti, certamente una novità di oggi, ma oggi – cioè in questa legislatura – si manifesta in forme più eclatanti e massicce, essendo divenuto strumento sistematico della battaglia politica, in particolare da parte di qualche gruppo, oltre che – come in passato – di singoli deputati.
  Tali circostanze impongono, dunque, a suo avviso, un'applicazione particolarmente rigorosa delle norme e delle regole attualmente vigenti e un richiamo ad un puntuale rispetto dei limiti già previsti. Quanto sopra detto non esclude ovviamente la possibilità di un intervento, potendo suonare l'inerzia come una sorta di legittimazione di questo ulteriore degrado della vita parlamentare. In tal senso quindi si potrebbe valutare, anche in seno al Gruppo di lavoro che si sta occupando della riforma regolamentare (in cui si riserva di farsene promotore), la riscrittura delle norme, non per aggravarne la disciplina, ma per far confluire nel testo del Regolamento le regole più chiaramente acquisite in via di prassi.
  Si dichiara, infine, estremamente preoccupato dalle considerazioni testè espresse dal collega Toninelli che rivelano una concezione della prerogativa parlamentare di cui all'articolo 68 della Costituzione Pag. 7– sulla cui applicazione, ricorda, competente a decidere è sempre l'Assemblea previo esame della Giunta per le autorizzazioni – assai lontana dalla sua ratio originaria e che si risolve in una sorta di licenza d'insulto ovvero in una sorta di scudo dietro il quale coprirsi per poter affermare impunemente qualsiasi cosa, finendo così per giustificare qualsiasi offesa rivolta agli avversari politici.

  Dopo che Danilo TONINELLI ha ribadito che la prerogativa di cui all'articolo 68 Cost. copre affermazioni critiche di carattere politico e non potrebbe certo essere invocata per giustificare affermazioni che nulla avessero a che fare con comportamenti politici, ma che fossero accuse e insinuazioni di carattere esclusivamente personale, del tutto svincolate dal contesto e dal dibattito politico, Antonio LEONE conclude che, ferma restando la necessità di dare piena e rigorosa applicazione ai principi già vigenti, appare opportuna una valutazione di un intervento di riforma delle regole, che, senza inasprire la disciplina, dia positiva certezza alle prassi ed intepretazioni affermatesi e non esattamente contenute nel dettato regolamentare.

  Generoso MELILLA, nello svolgere il suo intervento, desidera partire da una considerazione relativa alle caratteristiche più pregnanti della prerogativa dell'insindacabilità come introdotta dalla Costituzione repubblicana, che ha evidentemente assunto una nozione funzionale di tale prerogativa e non meramente spaziale, propria della tradizione parlamentare inglese. Partendo da questo assunto, e anche in relazione alla sua esperienza pregressa anche a livello regionale, ha constatato come determinate azioni, non ascrivibili in modo ortodosso all'esercizio di funzioni parlamentari, siano state poi riconosciute dalla stessa magistratura come incluse nella nozione di mandato legislativo. Pur muovendo dunque da questa constatazione, non può tuttavia sottacere il pericolo che, in assenza di una qualche remora di ordine regolamentare, possano essere consentite azioni ed affermazioni di indiscriminato carattere offensivo rivolte anche a parlamentari che, come lui, si pregiano di non essere mai stati toccati, in lunghi anni di militanza politica, da indagini della magistratura.
  Paventa quindi il rischio che il giusto grado di comprensione che occorre riservare a inedite testimonianze di vita politica che l'attuale composizione del Parlamento può esprimere possa essere scambiato per una sorta di legittimazione ovvero anche per un'assuefazione a modelli comportamentali comunque non accettabili: al riguardo dà atto alla Presidenza di essersi mossa sempre con grande cautela e prudenza, evitando l'assunzione di atteggiamenti repressivi anche in situazioni la cui reiterazione egli personalmente avrebbe difficilmente tollerato. Non da ultimo, proprio con riferimento alle critiche rivolte al Presidente della Repubblica – al quale tiene a ribadire i sensi della sua massima stima – osserva che l'appellativo di «Re Giorgio» rivolta al Presidente Napolitano potrebbe sottendere un'implicita accusa di attentato alla Costituzione, tanto più intollerabile al cospetto di una figura con una storia politica quale è quella dell'attuale Presidente della Repubblica.
  Conclude, quindi, affermando l'esigenza di un'inflessibile applicazione degli strumenti regolamentari attualmente previsti alla quale si deve procedere senza distinzione alcuna, cioè, ovviamente, nei confronti di qualunque parte politica dalla quale provengano comportamenti censurabili; sottolinea altresì l'esigenza che degli strumenti censori si faccia rigorosa applicazione soprattutto nei casi in cui la violazione delle regole avvenga nel corso di discussioni trasmesse in diretta televisiva, atteso il più grave disvalore che tali violazioni rivestono quando esse siano consumate al cospetto di una vasta platea quale è quella televisiva.

  Pino PISICCHIO conviene con gran parte delle considerazioni svolte dai due colleghi che lo hanno preceduto, alle quali desidera soltanto aggiungere alcune ulteriori riflessioni. Premette, innanzitutto, Pag. 8che il richiamo all'articolo 68 della Costituzione non andrebbe mai disgiunto da quello all'articolo 67 – che non a caso lo precede nella topografia costituzionale – ma sul quale non ha notato da parte dei colleghi del Movimento 5 Stelle analoga sensibilità. Venendo poi al merito delle questioni, osserva come la lettura dei resoconti da parte della Presidente abbia chiaramente evidenziato che non ci si trova di fronte all'espressione di opinioni politiche, ancorchè dure, ma ad espressioni oggettivamente di carattere ingiurioso ed offensivo; il dato, a suo avviso, più rilevante non è tuttavia rappresentato da un vertice di particolare asprezza raggiunto in questi casi, quanto dal grado di sistematicità che questi episodi presentano, che quindi non possono certamente dirsi sporadici o estemporanei. Il loro ripetersi integra un'evidente strategia comunicativa che non può essere accettata.
  Ciò premesso, peraltro, non reputa opportuno intervenire con modifiche regolamentari, giudicando sufficiente l'apparato normativo – di generale applicazione ovviamente – che il Capo XI appronta a tutela dell'ordine delle sedute: la sua attenta e rigorosa applicazione potrà essere in grado di contrastare questi fenomeni, la cui inaccettabilità risiede – tiene a ribadirlo – nella sistematicità assurta evidentemente a dimensione strategica dell'agire politico e nella potenzialità germinatrice di violenza, soprattutto fuori dal Parlamento, del linguaggio utilizzato in queste occasioni. Fa presente, peraltro, che analoga strategia comunicativa adottata nella passata legislatura da un singolo deputato non è stata poi redditizia sul piano del consenso elettorale per la forza politica cui quel deputato apparteneva.

  Gregorio FONTANA, Questore, nel ricordare che sulla materia in discussione i Questori hanno in corso un approfondimento istruttorio relativo ad un'ipotesi di modifica del Regolamento da prospettare eventualmente alla Giunta, osserva come, se da una parte il diritto di critica e denunzia politica non deve mai trascendere in ingiuria ed offesa, sul piano concreto il discrimine tra le due fattispecie risulti spesso alquanto labile, come evidenziato anche dai precedenti.
  Ciò che emerge nelle attuali circostanze, oltre alla valenza offensiva delle espressioni utilizzate, è soprattutto la loro strumentalità, essendo evidentemente pronunciate allo scopo di interrompere l'ordinato svolgimento delle sedute, di pregiudicare la libertà e l'ordine delle discussioni e compromettere in definitiva la stessa funzionalità dell'Assemblea.
  Ritiene, peraltro, che, allo stato attuale delle norme, la Presidenza d'Assemblea disponga già degli strumenti idonei a contrastare questi episodi.

  Federica DIENI conviene con la constatazione del fatto che già oggi il Regolamento contiene norme idonee alla repressione dei comportamenti che turbano l'ordine delle sedute e che di queste norme si è già fatta costante applicazione. Allo stesso tempo tuttavia reputa che quel discrimine già difficile che separa la critica politica dall'offesa non sia stato superato nei casi richiamati dalla Presidente, che presentano tutti, a suo avviso, gli evidenti crismi della denunzia politica, ancorché formulata in termini radicali. A fronte di questi episodi, denunzia invece l'inerzia nel perseguire quelle minacce fisiche e verbali rivolte da altri deputati – in particolare i colleghi Lattuca e Cera – all'indirizzo di componenti del suo Gruppo e che sono rimaste senza alcun seguito sul piano disciplinare; così come priva di sanzione è rimasta la provocatoria iniziativa di un deputato della Lega Nord indirizzata ai componenti di un Gruppo parlamentare. Invoca quindi un'uniforme applicazione delle norme regolamentari.

  Laura BOLDRINI, Presidente, non reputa che l'appellativo «ladri» rivolto alla generalità dell'Assemblea possa sostanziarsi in una critica di carattere politico; personalmente diffida, in via generale, di qualsivoglia giudizio formulato in termini generalizzati ed indiscriminati, che, proprio in quanto tale, le appare contrario alla verità delle cose e dei fatti.

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  Antonio LEONE precisa che i giudizi formulati dal collega Di Battista, lungi dall'essere generalizzati, si appuntavano proprio sul Gruppo del quale fa parte e sui suoi componenti.

  Federica DIENI ribadisce la natura politica delle opinioni espresse dai colleghi, ed in particolare dal collega Fraccaro, che ha inteso utilizzare la parola «ladri» per sottolineare il venir meno, da parte degli altri partiti, alla parola data in campagna elettorale in ordine alla rinunzia ai rimborsi elettorali; quanto alle espressioni utilizzate dal deputato Di Battista, non si può negare che le file del Popolo delle libertà annoverino tra i loro componenti un senatore condannato in via definitiva per frode fiscale.

  Dopo che Antonio LEONE ha rilevato che l'ultima notazione della collega Dieni esula completamente dall'argomento in discussione, Andrea GIORGIS ritiene di particolare utilità l'odierna riunione della Giunta, attesa la necessità di individuare, nel rispetto sovrano della libertà di manifestazione del pensiero e di critica politica, una modalità operativa che garantisca la funzionalità dei lavori dell'Assemblea, che rischiano di essere messi a repentaglio da atteggiamenti manifestamente volti, invece, a comprometterla.
  È perfettamente consapevole della labilità della linea di confine tra espressioni che costituiscono legittimo esercizio di un diritto di critica politica ed espressioni ingiuriose ed offensive: è proprio in ragione della difficoltà di tale distinzione che non gli appaiono praticabili altri rimedi, che non quello di sostenere la responsabilità della Presidenza d'Assemblea alla quale in ultima istanza è rimessa la decisione sul superamento o meno di tale linea di confine ed alla quale spetta l'adozione delle misure idonee ad impedire che le strategie di destabilizzazione dei lavori parlamentari possano impiantarsi come normale modus operandi. Sotto questo punto di vista potrebbe essere valutata all'interno del Gruppo di lavoro sulle riforme regolamentari l'elaborazione di una sorta di protocollo che, raccogliendo tutte le prassi ed interpretazioni, possa costituire un valido strumento di supporto nell'esercizio delle responsabilità presidenziali.

  Gianclaudio BRESSA nel confermare la posizione da lui già espressa sull'argomento nell'ottobre 2010 in seno alla Giunta per il Regolamento, poc'anzi richiamata dal collega Toninelli, conviene con la constatazione formulata da più parti circa un obiettivo scadimento e involgarimento del linguaggio parlamentare. Né può negare la possibilità di un reale pericolo che nelle attuali circostanze ci si trovi di fronte non più ad atteggiamenti, ancorchè ripetuti, di singoli parlamentari, ma ad una strategia complessiva posta in essere da un Gruppo politico che utilizza questi metodi per ostacolare la funzionalità dei lavori della Camera.
  Ma, pure a fronte di questo pericolo, non ritiene che si possano adottare misure normative nuove per stroncare un fenomeno che comunque gli appare insito nella stessa vita parlamentare. Consapevole della responsabilità che grava su ciascun parlamentare – e di quelle particolarmente onerose che gravano sulle spalle della Presidenza d'Assemblea – ritiene che, al più, si possa valutare se tutti gli indirizzi e le raccomandazioni già espressi in materia e contenuti in diversi atti, e soprattutto nella lettera ai Vicepresidenti del Presidente della Camera dell'11 ottobre 2010, possano trovare una collocazione più incisiva nel testo del Regolamento. È peraltro consapevole che anche questo tentativo può risultare di assai difficile praticabilità, attesa la rilevanza degli interessi coinvolti e l'estrema scivolosità di una materia nella quale appare quasi impossibile segnare con nettezza, attraverso la predisposizione di un enunciato normativo, una linea di confine tra diverse e opposte valutazioni di opinioni e giudizi formulati nel corso delle discussioni parlamentari.

  Giancarlo GIORGETTI osserva che ciò che rende particolarmente gravoso e denso Pag. 10di responsabilità il compito di chi presiede l'Assemblea è il fatto di dover individuare – nei tempi rapidissimi imposti dalla necessità di gestire la seduta – il punto di equilibrio fra libertà di espressione, tutelata dalla Costituzione, e quanto trascende invece nell'ingiuria e nell'offesa.
  In questa valutazione, naturalmente, come insegna anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione, va considerato il contesto in cui le espressioni vengono dette. Solo che il Presidente di turno, a differenza di un magistrato, non ha un tempo congruo per svolgere istruttorie e studiare le circostanze, ma deve agire con immediatezza e prontezza.
  Il Presidente dispone comunque, a suo avviso, di regole e strumenti adeguati – come il richiamo, l'interdizione della parola, l'espulsione – che deve utilizzare in modo appropriato, per quanto immediato. Meno immediata può essere invece la eventuale valutazione di competenza dell'Ufficio di Presidenza, per le cui istruttorie i tempi sono più lunghi e consentono quindi un maggiore approfondimento.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ribadisce come sia improprio e inaccettabile il clima che troppo spesso si verifica in Aula, fatto di provocazioni, insulti e scontri, più propri di uno stadio che della Camera: richiama perciò i Gruppi a non sottrarsi alle loro responsabilità, ma a collaborare con la Presidenza affinché le sedute possano svolgersi in un clima quanto più sereno possibile.
  La Giunta deve affrontare la questione e domandarsi quali possano essere i rimedi, sul presupposto che l'utilizzo di un linguaggio inappropriato e offensivo – a prescindere dal fatto che sia rivolto a un singolo deputato o a gruppi interi o a tutta l'Assemblea – non pone l'Aula nelle condizioni di lavorare bene.
  Il problema assume un carattere generale e non riguarda solo un singolo Gruppo: è infatti interesse di tutti garantire la correttezza del confronto in modo che l'Assemblea possa essere sempre il luogo in cui si misurano le idee e non gli insulti.

  Marina SERENI, Vicepresidente della Camera, concordando con alcuni colleghi intervenuti, ritiene preliminarmente necessario precisare che, a suo avviso, non occorre riscrivere o interpretare in modo diverso il Regolamento: le interpretazioni adottate nelle passate legislature – e in particolare, da ultimo, nel 2010 – consentono oggi di affrontare adeguatamente le situazioni che insorgono e mantenere l'ordine delle sedute.
  Non può appassionarsi alla ricerca del significato letterale delle espressioni utilizzate negli episodi oggetto di esame, nè alle diverse interpretazioni che qualcuno oggi sta cercando di dare loro: le preme invece evidenziare come l'episodio del 10 ottobre sia occorso all'inizio della seduta, e non in una fase finale di stanchezza e concitazione. È occorso cioè in una fase in cui nessuno – neppure lei, che presiedeva – se lo sarebbe potuto aspettare e dunque ha colto tutti, lei per prima, di sorpresa.
  L'Assemblea è un corpo vivo, che ha vita e reazioni proprie: per questo la critica politica, anche la più dura, deve sempre utilizzare un linguaggio che a nessuno possa apparire come un insulto generalizzato ai deputati o alla Camera. Diversamente si determinano inevitabilmente disordini.
  In particolare, ricorda che, in occasione della sua presidenza nella seduta del 10 ottobre scorso, ha deciso di non dare la parola a deputati che l'avevano chiesta ed ha invitato il deputato Fraccaro a proseguire il suo intervento usando un linguaggio consono, ritenendo questo il modo migliore per gestire la situazione (anche se poi la sua conduzione della seduta è stata criticata sulla rete). È chiaro che la sospensione della seduta diviene inevitabile quando i poteri del Presidente di turno risultano insufficienti – come in quel caso – a garantire l'ordine a fronte delle reazioni dell'Assemblea nel suo complesso.
  Non c'entra nulla, a suo avviso, l'insindacabilità delle opinioni espresse – che è stata tirata in ballo ma che nessuno intende mettere in discussione – ma il fatto che, con comportamenti come quello in esame e nel contesto in cui esso è stato Pag. 11posto in essere, si è impedito all'Aula di lavorare. È questo il punto su cui riflettere, senza pregiudizi di parte ma con senso di responsabilità da parte di tutti.
  Conclude osservando che le norme regolamentari sono chiare, gli strumenti e le sanzioni previsti pure: dunque, considerando anche che si è all'inizio della legislatura, non resta, nell'interesse di tutti, che mettersi d'accordo sulle regole di comportamento e riportare i dibattiti parlamentari fuori dalla patologia ed in un binario di normalità.

  Simone BALDELLI, Vicepresidente della Camera, condivide le considerazioni della collega Sereni, indubbiamente ragionevoli. Ritiene che nella discussione in corso vadano considerati diversi elementi, fra loro concatenati: anzitutto la difficoltà di stabilire un confine preciso fra critica e offesa, operazione che risulta particolarmente complessa quando si presiede l'Aula, nella concitazione che caratterizza le decisioni in quei frangenti.
  Vi è poi l'esigenza di tutela dell'onorabilità, che ha pure indotto qualche collega a sporgere querela per espressioni ingiuriose rivoltegli in Aula. Peraltro, ricorda che a tutela dell'onorabilità il Regolamento prevede anche l'istituto del giurì d'onore, cui si è fatto ricorso – in presenza dei presupposti richiesti – anche, da ultimo, nella passata legislatura.
  Vi è anche la questione dell'apprezzamento delle espressioni utilizzate dai deputati calandole nel contesto in cui esse sono dette: si pensi alle diverse reazioni che può determinare una parola sconveniente pronunciata in un'Aula deserta ovvero in un'Aula piena, quando cioè basta pochissimo per scatenare reazioni. Tale apprezzamento è tutto in capo al Presidente di turno, il quale deve attivarsi tempestivamente sia per richiamare, sia per prevenire e, proprio per questo, è spesso oggetto di critiche, perché con le sue decisioni inevitabilmente finisce per scontentare l'uno o l'altro.
  Serve buon senso, ma purtroppo le regole del buon senso non si possono codificare: per questo gli sembra una buona cosa che la Presidenza abbia consentito, in questa sede come anche nella Conferenza dei capigruppo, lo svolgimento di un dibattito che ha come obiettivo quello di socializzare l'esigenza di assicurare il buon andamento dei lavori e di far leva, oltre che sulla correttezza del comportamento dei singoli, anche sulla responsabilità dei Gruppi, dai quali è giusto pretendere sempre, nei confronti del Presidente di turno, solidarietà e sostegno per le sue difficili decisioni.
  Vi è poi un profilo di responsabilità politica che va richiamato, in particolare quando un Gruppo adotta in modo sistematico comportamenti finalizzati a provocare reazioni, disordini e sospensioni dei lavori: è infatti ovvio che, come è stato chiarito da un presidente di Gruppo in una recente occasione, a fronte di simili comportamenti non si può poi pretendere che venga garantito il tempestivo e sollecito esame in Assemblea degli argomenti che a tale Gruppo interessano.
  Infine – nel ritenere improprio il richiamo fatto nel dibattito alle prerogative di cui all'articolo 68 della Costituzione, che intervengono nell'ambito di procedimenti giurisdizionali, sempre che la Giunta per le autorizzazioni prima e l'Assemblea poi ne riconoscano i presupposti di applicazione – considera il quadro normativo vigente, come declinato dal Presidente della Camera nella lettera inviata ai Vicepresidenti l'11 ottobre 2010, e la relativa strumentazione procedurale – che prevede in capo al Presidente di turno il potere di interdire la parola e di espellere il deputato che rivolga espressioni sconvenienti o ingiuriose – come idoneo a garantire l'ordinato svolgimento dei lavori.

  Luigi DI MAIO, Vicepresidente della Camera, desidera anzitutto sottolineare come la Presidente Sereni, nella conduzione dei lavori nella seduta del 10 ottobre, si sia comportata in modo impeccabile, come anche la Presidenza di turno nelle altre occasioni. Ciò gestendo le varie situazioni con il dovuto tasso di discrezionalità nell'apprezzamento delle diverse circostanze. È infatti chiaro che la portata delle espressioni Pag. 12e delle parole cambia a seconda del contesto in cui vengono pronunciate ed è per questo che occorre, da parte della Presidenza di turno, esercitare la propria discrezionalità, considerando anche i tempi rapidissimi entro i quali, in quei frangenti, le decisioni devono essere assunte.
  Precisa poi che l'utilizzo di espressioni ritenute offensive costituisce un comportamento del quale è responsabile direttamente e politicamente il singolo deputato e non certo il suo capogruppo, non potendo a questi imputarsi atti che rientrano evidentemente nel novero delle iniziative individuali. Aggiunge che – con riferimento ai deputati del Gruppo MoVimento 5 Stelle – si tratta di iniziative del tutto personali e non premeditate, tant’è che nemmeno lui, quando si trova a presiedere le sedute, né è informato preventivamente.
  Ritiene che l'unica strada da percorrere sia quella dell'applicazione rigorosa del Regolamento, senza necessità di ulteriori iniziative: la Presidenza e i Vicepresidenti – come del resto già accade – devono ispirare la loro azione ad un metodo comune, tenendo conto del fatto che costituisce esigenza primaria la prosecuzione dei lavori ma che essa è condizionata dalle reazioni che volta per volta si generano in Assemblea.

  Laura BOLDRINI, Presidente, conviene sulla responsabilità politica dei singoli. Pur tuttavia non può accettare l'idea che la Camera debba assuefarsi al linguaggio ingiurioso o addirittura al turpiloquio e ritiene che, per contrastare il fenomeno, non possa che invocarsi un principio di responsabilità e collaborazione di tutti, Gruppi parlamentari compresi, affinchè episodi del genere non assumano una dimensione sistematica, come tale idonea ad impedire un ordinato svolgimento dei lavori e a danneggiare il decoro dell'Istituzione.
  Quindi, per impedire ciò saranno applicate con rigore le norme regolamentari. In particolare, in attesa di una verifica su alcuni opportuni accorgimenti regolamentari, rimessa – come richiesto in alcuni interventi – al gruppo di lavoro che sta procedendo alla riscrittura del Regolamento, ritiene che vadano in questa sede riaffermati i rigorosi indirizzi interpretativi esposti nella relazione introduttiva e consolidatisi nelle passate legislature. In particolare la Presidenza dovrà richiamare tempestivamente il deputato che pronunzi parole sconvenienti, ivi comprese le espressioni che trascendono nella diffamazione personale o nel vilipendio di organi costituzionali, nonché le espressioni volgari, quelle ingiuriose e le insinuazioni atte ad offendere, a recare discredito o comunque a ledere persone o Istituzioni. La Presidenza potrà inoltre disporre l'espulsione di un deputato che ingiuria uno o più colleghi. Essa toglierà la parola – anche indipendentemente da precedenti richiami – quando ciò risulti necessario in relazione al contenuto delle espressioni utilizzate.
  Infine, alla luce della prassi interpretativa richiamata nella Giunta per il Regolamento del 21 ottobre 2010, possono considerarsi sanzionabili dall'Ufficio di Presidenza, anche con l'interdizione dai lavori parlamentari, oltre alle espressioni ingiuriose nei confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato, anche quelle dirette ad altri deputati, al Presidente di turno o a membri del Governo (in questo senso si veda quanto precisato da ultimo nella riunione dell'Ufficio di Presidenza del 6 agosto 2013).

Sui lavori della Giunta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene opportuno fare il punto sullo stato dei lavori in materia di riforme regolamentari. L'apposito Gruppo di lavoro istituito il 30 maggio scorso ha svolto la sua attività in numerose riunioni informali ed ha in programma di continuarle nei giorni seguenti. Nel corso di un incontro, lo scorso 24 luglio, le era stata illustrata una bozza di articolato piuttosto estesa avente ad oggetto numerosi interventi di manutenzione normativa e di razionalizzazione e semplificazione delle procedure, cui il Pag. 13gruppo di lavoro stava pervenendo. In quell'occasione è stato annunciato l'avvio anche dell'analisi e dell'approfondimento di temi sui quali non era ancora stato definito un testo ma che costituiscono indubbiamente la parte politicamente e strutturalmente più significativa della riforma: si trattava del rafforzamento del ruolo delle Commissioni e del Comitato per la legislazione, della procedura d'urgenza, della disciplina di formazione dei Gruppi.
  L'orientamento emerso in quell'occasione, ed il suo personale auspicio, era quello di poter pervenire ad un articolato completo e organico di riforma: a questo fine si era convenuto di non prevedere tempi eccessivamente ristretti per la conclusione dell'istruttoria, in modo da favorire un clima di dialogo e di fattivo contributo di tutti, con l'obiettivo temporale di poter comunque portare in Assemblea il progetto di riforma entro la fine dell'anno.
  Chiede quali progressi abbia fatto nel frattempo il gruppo di lavoro e quali tempi sia possibile prevedere per l'avvio della discussione in Giunta, al fine di programmarne i lavori.

  Antonio LEONE sottolinea come il gruppo di lavoro, di cui fa parte, abbia già confezionato un primo pacchetto di misure sulle quali, anche se manca il consenso unanime dei componenti del gruppo di lavoro, si è registrata comunque la mancanza di conflitti significativi. In un primo momento si era ritenuto di prospettare alla Presidenza, su queste misure, l'avvio del dibattito in Giunta, al fine di coinvolgere anche i colleghi che non fanno parte del gruppo di lavoro e avviare così il confronto. Raccoglie però, condividendola, l'indicazione che è giunta dalla Presidente, ossia quella di non scomporre il progetto di riforma in più percorsi autonomi per favorirne invece uno complessivo e organico. Ritiene difficile in proposito fare una previsione certa sui tempi necessari per giungere ad un testo maturo su tutte le questioni oggetto di analisi nel gruppo di lavoro, ivi comprese cioè quelle a più alta problematicità politica: si sente però di confermare che non servirà un periodo di tempo lungo.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene senz'altro preferibile la via dell'articolato complessivo e organico, che affronti unitariamente tutte le questioni su cui in Giunta si è ritenuto necessario un intervento riformatore. Diversamente, infatti, cioè separando i percorsi in due tempi, potrebbe risultare, a suo avviso, compromessa la stessa riuscita del processo riformatore nel suo complesso. Ciò posto, si tratta di stabilire un termine certo per la conclusione dell'istruttoria da parte del gruppo di lavoro e per l'approdo del testo in Giunta.

  Danilo TONINELLI condivide la necessità di un lavoro organico su tutti gli istituti oggetto di istruttoria, anche in considerazione delle evidenti connessioni fra essi.
  Va detto che, nel merito delle scelte, le posizioni fra i Gruppi sono a suo avviso molto distanti, cosicché sarà molto difficile individuare dei punti di incontro: ritiene infatti che l'articolato sul quale il gruppo di lavoro si sta orientando non sia ispirato all'esigenza di tutelare e rafforzare il ruolo del Parlamento (obiettivo che dovrebbe essere fondamentale in un intervento di riforma), a fronte di un evidente squilibrio a favore dell'Esecutivo, ma, semmai, peggiori ulteriormente le cose.
  Non è in grado di fare previsioni sui tempi, anche in ragione del fatto che – negli ultimi due mesi – si è verificato un obiettivo aggravio sui componenti del gruppo di lavoro a causa del moltiplicarsi delle riunioni dei vari organi di cui fanno parte, e particolarmente della Commissione Affari costituzionali. Ciò rende veramente difficoltoso e frammentato l'andamento delle riunioni.

  Gianclaudio BRESSA osserva che al problema da ultimo posto dal collega Toninelli il gruppo di lavoro ha inteso porre rimedio prevedendo di svolgere le prossime riunioni in modo tale da assicurare Pag. 14ad esse una durata particolarmente prolungata.
  Nel merito, restano da affrontare le questioni più rilevanti: ritiene che l'istruttoria potrà completarsi nelle prossime due o tre settimane e che se si dovesse verificare l'impossibilità, nell'ambito del gruppo di lavoro, di pervenire, su alcune questioni politicamente più complesse, ad un punto comune consolidato, le questioni stesse potranno essere direttamente deferite alla Giunta ed alle sue scelte.

  Dopo che Andrea GIORGIS ha sottolineato come sia stato finora sviluppato un lavoro molto ampio, Laura BOLDRINI, Presidente, prende atto che il gruppo di lavoro continuerà la sua attività istruttoria anche sulle parti in fase di elaborazione meno avanzata, per pervenire ad un articolato organico e complessivo sul quale raccogliere il maggior consenso possibile, rimettendo alla Giunta le questioni sulle quali dovessero verificarsi ostacoli politici significativi.

Seguito dell'esame della richiesta di integrazione della composizione della Giunta avanzata dalla Presidente del Gruppo Fratelli d'Italia.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ricorda la richiesta avanzata dalla Presidente del Gruppo Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, di prevedere in seno alla Giunta per il Regolamento la rappresentanza del suo Gruppo.
  La questione è stata sottoposta alla Giunta nelle sedute del 22 e 30 maggio.
  Preso atto che, in ragione dell'avvio della seduta dell'Assemblea, non sono più presenti diversi componenti della Giunta, rinvia alla prossima riunione la definizione della questione, con l'espressione del parere previsto dall'articolo 16, comma 1, secondo periodo, del Regolamento.

  La seduta termina alle 15.55.