CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 luglio 2013
56.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 88

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.30.

Indagine conoscitiva in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante, in relazione all'esame delle proposta di legge C. 925 Costa, C. 1100 Gelmini, C. 1190 Liuzzi, C. 1165 Dambruoso, C. 191 Pisicchio e C. 1242 Molteni.
Audizione dell'avvocato Grazia Volo e dell'Associazione italiana editori.
(Svolgimento e rinvio).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Grazia VOLO, avvocato, e Marco POLILLO, presidente dell'Associazione italiana editori, svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Stefano DAMBRUOSO (SCpI), Francesca BUSINAROLO (M5S) e Franco VAZIO (PD).

  Grazia VOLO, avvocato, e Marco POLILLO, presidente dell'Associazione italiana editori, rispondono ai quesiti posti.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante.
C. 925 Costa, C. 1100 Gelmini, C. 1190 Liuzzi, C. 1165 Dambruoso, C. 191 Pisicchio e C. 1242 Molteni.

(Seguito dell'esame e rinvio – Adozione del testo base).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 27 giugno 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che nell'ultima seduta l'onorevole Dambruoso aveva rappresentato l'opportunità che la Commissione iniziasse a concentrare l'esame su un testo specifico, per arrivare quindi alla fase emendativa. Chiede quindi ai relatori se intendano formulare una proposta di testo base.

  Walter VERINI (PD), relatore, all'esito del dibattito sviluppatosi in Commissione e delle audizioni sinora svolte, ritiene opportuno proporre alla Commissione di adottare come testo base la proposta di legge C. 925 presentata dall'onorevole Costa, la quale non è solamente – sia pure con una rilevante differenza – la riproduzione di un testo già approvato dalla Camera dei deputati nella XIV legislatura pressoché all'unanimità (solo 6 voti contrari e 20 astenuti) e, quindi, il risultato di una sintesi di diverse posizioni afferenti a gruppi di centro-destra e centro-sinistra, ma anche la proposta che più delle altre è strutturata in maniera tale da poter essere utilizzata, attraverso la fase emendativa, per l'elaborazione, anche in questa legislatura, di un testo che sia il più possibile condiviso. Pag. 89
  Rispetto al testo della XIV legislatura vi è una divergenza non secondaria. Si tratta, in particolare, della disposizione contenuta al comma 1 dell'articolo 1 di quel testo originario, secondo cui le disposizioni della legge 8 febbraio 1948, n. 47, la cosiddetta «Legge sulla stampa», si applicano, altresì, ai siti internet aventi natura editoriale. Non ritiene necessario soffermarsi sull'importanza di questa estensione legislativa, limitandosi a precisare che si tratta di una questione che potrà eventualmente essere affrontata in fase emendativa, per quanto la relativa disposizione non sia ricompresa nel testo base proposto.
  Chiarisce, quindi, come tutto il testo sia migliorabile, riferendosi tanto alle questioni emerse nel corso delle audizioni che alle soluzioni adottate dai diversi provvedimenti abbinati, e come i relatori siano pronti al dialogo con spirito costruttivo.

  Enrico COSTA (PdL), relatore, nell'associarsi alla proposta del correlatore Verini, sottolinea come il testo della proposta di legge n. 925, che non è stato da lui elaborato, possa costituire una buona base di lavoro. Ritiene, in particolare, che il testo potrà essere migliorato anche tenendo conto, e con particolare attenzione, dei rilievi che emergeranno nel corso dell'audizione dei direttori di testate giornalistiche di rilievo nazionale, prevista per giovedì 18 luglio prossimo. Ritiene inoltre che si debba valutare l'ipotesi di trasferire l'esame dei provvedimenti in titolo alla sede legislativa.

  Edmondo CIRIELLI (FdI) dichiara che il proprio gruppo concorda con il principio ispiratore della proposta di legge C. 925 Costa, che coincide con la posizione del proprio gruppo, contrario alla previsione della reclusione non solo nel caso di specie ma, più un generale, per tutti i reati di opinione. Ritiene, tuttavia, che la proposta di legge preveda delle sanzioni pecuniarie troppo tenui e, perciò, poco efficaci; che debba essere rafforzata anche sotto il versante della responsabilità deontologica, tenendo conto della credibilità del professionista che scrive; che non debba essere ridotto il termine di prescrizione per l'azione risarcitoria civile. Per questi motivi, se il proprio gruppo fosse rappresentato in Commissione, dichiarerebbe un voto di astensione sulla proposta dei relatori.

  Stefano DAMBRUOSO (SCpI) condivide la proposta dei relatori di adottare come testo base la proposta di legge C. 925 Costa.

  Nicola MOLTENI (LNA) condivide anch'egli la proposta dei relatori.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione adotta come testo base la proposta di legge C. 925 Costa.

  Donatella FERRANTI, presidente, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di lunedì 22 luglio prossimo.
  Sospende quindi la seduta in sede referente per consentire lo svolgimento della seduta in sede consultiva e la riunione del Comitato dei nove.

  La seduta, sospesa alle 14.20, è ripresa alle 14.50.

Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati.
C. 1203 Daniele Farina.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Daniele FARINA (SEL), relatore, osserva come la legge 21 febbraio 2006, n. 49, abbia apportato profonde modifiche al Testo Unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del Pag. 901990) senza risolverne – ma anzi aggravandone – le criticità che lo caratterizzavano.
  La Corte di Cassazione ha recentissimamente sollevato la questione di legittimità costituzionale sotto il profilo dell'estraneità delle norme alla finalità dell'originale contenuto del decreto-legge e in via subordinata circa la sussistenza dei motivi di necessità e urgenza. Su questo dovrà a breve decidere la Corte costituzionale.
  I proponenti sono convinti che, ferma restando la necessità di procedere ad una rivisitazione completa della materia, è possibile intervenire intanto con alcune limitate modifiche, senza dubbio urgenti, in particolare relative all'articolo 73, nonché all'articolo 75 che maggiormente hanno mostrato, alla prova del tempo, evidenti limiti di efficacia e palesi irrazionalità.
  Con le modifiche apportate dalla legge del 2006 a tali articoli, infatti, è stato equiparato il trattamento sanzionatorio per le ipotesi illecite penalmente rilevanti, a prescindere dalla tipologia di stupefacente, fatto che, anche alla luce dei risultati conseguiti, appare privo di qualunque motivazione razionale. Da tale osservazione, congiunta ai dati oggi disponibili, è evidente la necessità di giungere invece a definire un principio sia di individuazione che di graduazione del diverso livello di pericolosità dei comportamenti definiti ed accolti come illeciti. L'amplissimo allargamento dello spettro dei soggetti destinatari delle pesanti sanzioni (anche di natura amministrativa) introdotte con la legge n. 49 del 2006 appare sostenuto da una logica particolarmente contraddittoria. È evidente la scelta totalmente repressiva rispetto al fatto-reato, omologando in una inammissibile oggettività, indebitamente, situazioni fattuali tra loro differenti.
  Peraltro, oggi, è possibile trarre un compiuto bilancio degli effetti della legge n. 49 del 2006 e, più in generale, dell'efficacia dei principi ispiratori posti da decenni a base delle normative e delle azioni di contrasto alla diffusione del consumo e del traffico di stupefacenti; principi repressivi, sostanzialmente confermati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1998.
  Oggi, anche per ammissione di numerosi protagonisti di quella stagione, è infatti diffusa a livello mondiale l'opinione che le politiche di «War on Drugs» siano fallite.
  La guerra globale alla droga è fallita, con conseguenze devastanti per gli individui e le società di tutto il mondo. Cinquanta anni dopo la Convenzione Unica delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti, e a 40 anni da quando il presidente Nixon lanciò la guerra alle droghe del governo americano, sono urgenti e necessarie riforme fondamentali nelle politiche di controllo delle droghe nazionali e mondiali.
  Le immense risorse dirette alla criminalizzazione e alle misure repressive su produttori, trafficanti e consumatori di droghe illegali hanno chiaramente fallito nella riduzione dell'offerta e del consumo.
  Le apparenti vittorie dell'eliminazione di una fonte o di una organizzazione vengono negate, quasi istantaneamente, con l'emergere di altre fonti e trafficanti. Gli sforzi repressivi diretti sui consumatori impediscono misure di sanità pubblica volte alla riduzione di HIV/AIDS, overdosi mortali e altre conseguenze dannose dell'uso della droga. Invece di investire in strategie più convenienti e basate sul evidenza per la riduzione della domanda e dei danni le spese pubbliche vanno nelle inutili strategie della riduzione dell'offerta e della incarcerazione.»
  Dunque «incoraggiare i governi a sperimentare modelli di regolamentazione giuridica della droga per minare il potere del crimine organizzato e salvaguardare la salute e la sicurezza dei loro cittadini. Questa raccomandazione vale soprattutto per la cannabis, ma incoraggiamo anche altri esperimenti di depenalizzazione e regolamentazione legale, che possano raggiungere questi obiettivi e fornire modelli per altri».
  Così non un qualche consorzio di storici non proibizionisti ma il Rapporto della Commissione globale per le politiche sulle droghe del giugno 2011. Organismo Pag. 91internazionale di cui fanno parte, tra gli altri, César Gaviria, ex Presidente della Colombia, Ernesto Zedillo, ex Presidente del Messico, Fernando Henrique Cardoso, ex Presidente del Brasile, George Papandreou, ex Primo Ministro della Grecia, George P. Shultz, ex Segretario di Stato Stati Uniti, Javier Solana, ex Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la Politica Estera e la Sicurezza Comune, Spagna, Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, Paul Volcker, ex Presidente della Federal Reserve degli Stati Uniti e dell'Economic Recovery Board.
  L'approccio fin qui seguito, generalmente e quasi esclusivamente repressivo, appare oggi tanto più anacronistico in quanto in aperto contrasto con le tendenze legislative in atto negli USA, in molti Paesi del Centro e Sud America, nonché con le riflessioni in numerose Paesi europei.
  Si è scelto di utilizzare ai fini della relazione che accompagna l'articolato solo dati ufficiali desunti dalle relazioni annuali della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga del Ministero degli Interni, del Ministero di Grazia e Giustizia, del Dipartimento per le Politiche Antidroga, ben sapendo che proprio sui dati è attiva da tempo una polemica tra soggetti diversi, sia di carattere quantitativo che interpretativo.
  Ricorda soltanto, dalla Relazione annuale al Parlamento del 2012 redatta dal Dipartimento Politiche Antidroga, che i costi imputabili alle attività di contrasto sono ammontati, nel solo 2011, a circa 2 miliardi di euro, di cui il 48,2 per cento per la detenzione, il 18,7 per cento per le attività delle forze dell'ordine e il 32,6 per cento per attività erogate dai tribunali e dalle prefetture. Dagli stessi dati, si evince tuttavia che questa mastodontica attività di contrasto non ha portato significativi risultati sotto il profilo della riduzione dei consumi di sostanze stupefacenti, soggetti, al più, a fluttuazioni di carattere macrogeografico, generazionale o culturale. Né sono percepibili variazioni significative nel flusso di denaro di cui si appropriano annualmente diversi sodalizi criminali, variamente stimato, ma quasi mai inferiore ai 60 miliardi di euro. Tutti i dati illustrati indicano, dunque, la necessità di un radicale cambio di strategia e del mutamento del quadro normativo di riferimento.
  La proposta di legge in esame mira dunque a concentrare l'azione di contrasto sulle sostanze e sulle condotte di maggiore pericolosità e a sanzionare, con pene meno severe, le condotte per fatti di lieve entità, ciò anche in relazione alle sanzioni amministrative attualmente previste all'articolo 75 del Testo Unico.
  Al fine di superare le incertezze che si manifestano in giurisprudenza, peraltro, l'ipotesi di lieve entità viene esplicitamente configurata come reato autonomo con la soppressione del comma 5 dell'articolo 73 e l'introduzione dell'articolo 73-bis, mentre viene esclusa la punibilità della coltivazione «domestica» di cannabis, destinata all'uso personale o ceduta a terzi per il consumo immediato (comma 3-bis aggiunto all'articolo 73). Si prevede altresì, anche con riferimento all'ipotesi ordinaria, di differenziare le pene per i diversi tipi di sostanze, aggiungendo una autonoma figura di reato al comma 1 dell'articolo 73.
  I proponenti avanzano la presente proposta quale contributo alla discussione parlamentare, sempre più urgente, per modificare radicalmente l'attuale disciplina relativa agli stupefacenti, alla luce dei risultati fallimentari delle politiche sul tema adottate sinora.

  Donatella FERRANTI, presidente, in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.20.

Pag. 92

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013.
C. 1326 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013.
C. 1327 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012.
Doc. LXXXVII, n. 1.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatore, avverte che la Commissione Giustizia dovrà oggi iniziare l'esame, in sede consultiva, per le sole parti di competenza, della Legge di delegazione europea 2013, della Legge europea 2013 e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012.
  La Commissione, in particolare, esaminerà prima congiuntamente i predetti documenti. In seguito, si procederà con l'esame disgiunto dei due disegni di legge, che si concluderà con la deliberazione, per ciascuno di essi, di una relazione, alla quale saranno allegati gli eventuali emendamenti approvati, e la nomina di un relatore che potrà partecipare alle sedute della XIV Commissione. L'esame della Relazione consultiva si concluderà invece con l'espressione di un parere.
  Ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti ai predetti disegni di legge scade oggi alle ore 16 e che l'esame dovrà concludersi entro questa settimana. Ciò al fine di consentire alla XIV Commissione di riferire all'Assemblea già nella prossima settimana, in quanto la Conferenza dei presidenti di gruppo ha previsto che i disegni di legge europei siano esaminati dall'Aula entro il mese di luglio.
  Con specifico riferimento agli emendamenti che potranno essere presentati al disegno di legge di delegazione europea e al disegno di legge europea, fa presente che possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica della Commissione Giustizia; gli emendamenti approvati dalla Commissione Giustizia sono trasmessi alla XIV Commissione, che potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale; gli emendamenti respinti dalla Commissione Giustizia non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, invece, essere ripresentati in Assemblea.
  Con riferimento alla Legge di delegazione europea 2013 (A.C. 1326), osserva preliminarmente che gli articoli 1 e 2 contengono delle norme di sistema volte a prevedere i principi ed i meccanismi generali per l'attuazione di atti normativi dell'Unione europea.
  Rientra negli ambiti di competenza della Commissione giustizia, in primo luogo, l'articolo 1, comma 3, in base al quale gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato B sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Tale procedura è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all'allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.
  L'articolo 2 conferisce, invece, al Governo una delega legislativa per l'adozione, entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di decreti legislativi recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ovvero per via non legislativa, o in regolamenti dell'Unione europea direttamente applicabili.
  L'articolo 5 del provvedimento, introdotto nel corso dell'esame al Senato, detta Pag. 93specifici criteri di delega per il recepimento della direttiva 2011/36/UE, sulla tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (ricompresa nell'allegato B del disegno di legge).
  Rispetto alla previgente disciplina, la direttiva provvede a riordinare la materia in maniera più organica proponendo, in particolare, una nuova e più ampia definizione del delitto di tratta di esseri umani, attualmente previsto dall'articolo 601 del nostro codice penale. Nella più ampia fattispecie del reato, l'articolo 1 della direttiva fa rientrare anche l'abuso della posizione di vulnerabilità della vittima, posizione definita da «una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all'abuso di cui è vittima» (articolo 2, par. 2). Uno specifico criterio di delega fornisce la definizione di «persona vulnerabile» in riferimento alla pluralità di aspetti che determinano detto status: dall'età, al genere, alle condizioni di salute, alle violenze subite, eccetera (lettera d)).
  Ricorda che il 30 maggio 2013 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione inviando all'Italia una lettera di messa in mora per il mancato recepimento della direttiva in questione.
  Il disegno di legge di delegazione elenca inoltre le seguenti direttive ai fini della loro attuazione: la direttiva 2010/64/UE, che individua norme minime comuni relative all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, con l'obiettivo di rafforzare la fiducia reciproca tra i paesi dell'Unione europea e di garantire il diritto ad un processo equo; la direttiva 2011/83/UE, che armonizza le disposizioni relative alla tutela dei consumatori nell'ambito dei contratti di vendita di beni e servizi conclusi tra consumatori e commercianti, al fine di realizzare un effettivo mercato interno tra imprese e consumatori che raggiunga il giusto equilibrio tra un adeguato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese; la direttiva 2011/93/UE, che si pone l'obiettivo di ravvicinare ulteriormente le legislazioni penali degli Stati membri in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali; la direttiva 2011/99/UE, che si fonda sul principio del mutuo riconoscimento e disciplina l'ordine di protezione europeo; la direttiva 2012/13/UE, che stabilisce le norme relative al diritto all'informazione, delle persone indagate o imputate, sui diritti di cui godono nel procedimento penale e sull'accusa elevata a loro carico; la direttiva 2012/29, che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato e, sostituendo la decisione quadro 2001/220/GAI, intende creare un contesto generale per la tutela di tutte le vittime, indipendentemente dal tipo di reato o dalle circostanze o dal luogo in cui è stato commesso.
  Passando all'esame della Legge europea (A.C. 1327), rileva come rientri negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia, anzitutto, l'articolo 5, che novella gli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 96 del 2001.
  Il decreto, che ha disciplinato l'esercizio della professione di avvocato in forma societaria, ha previsto che a tale forma di attività associata possano partecipare avvocati stabiliti, provenienti anche da Stati membri diversi. Il vigente articolo 35, comma 1, segnatamente, stabilisce che gli avvocati stabiliti possono essere soci di una società tra avvocati solo se almeno uno dei soci sia in possesso del titolo nazionale di avvocato. Tuttavia, a seguito dell'esame del caso Eu Pilot 1753/11/Mark, la necessità della presenza di almeno un avvocato italiano è stata ritenuta discriminatoria dalla Commissione europea. Da qui la proposta di procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia cui le modifiche in esame intendono porre rimedio, facendo venire meno il citato riferimento al socio nazionale.
  L'articolo 14 opera una revisione delle sanzioni relative alla disciplina in materia di protezione delle galline ovaiole e di registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento. Anche tale disposizione è diretta a sanare una procedura di infrazione. Pag. 94Vengono, in particolare, elevati il minimo ed il massimo della sanzione amministrative pecuniarie comminate per la violazione dei divieti in tema di caratteristiche delle gabbie – di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 267 del 2003 – e degli impianti ed allevamenti – di cui all'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo citato.
  L'articolo 25 modifica la normativa in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, contenuta nella parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006 (norme in materia ambientale), al fine di superare le contestazioni formulate dalla Commissione europea con la procedura d'infrazione 2007/4679 che hanno rilevato la non conformità di alcune disposizioni del citato decreto legislativo alla direttiva 2004/35/CE.
  Si tratta dell'ulteriore tentativo di adeguamento del legislatore italiano alla citata direttiva, dopo che un primo tentativo (con il decreto-legge n. 135 del 2009, convertito dalla Legge n. 166 del 2009) non è stato ritenuto sufficiente a superare le contestazioni mosse dalla Commissione europea.
  Le contestazioni oggetto della procedura d'infrazione 2007/4679 e nel successivo parere motivato complementare la Commissione, evidenziano i profili di non conformità del decreto legislativo n. 152 del 2006 alla citata direttiva. Il decreto legislativo, segnatamente, non sarebbe conforme alla direttiva in quanto: a) restringe la responsabilità ambientale ai casi di dolo e colpa, laddove la direttiva prevede la limitazione del dolo e della colpa, e quindi dell'obbligo di ripristino, per i soli casi di danno alle specie e all’habitat naturale causato dall'esercizio di attività professionali non incluse nell'elenco allegato alla direttiva; b) introduce limitazioni, non previste dalla direttiva, del campo di applicazione delle disposizioni in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. In particolare, la normativa italiana prevede la non applicazione di tali disposizioni alle «situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale»; c) prevede la possibilità di sostituire le misure di riparazione con risarcimenti per equivalente pecuniario, laddove la direttiva dispone una gerarchia di misure di riparazione, complementari e compensative, non prevedendo il ricorso al risarcimento pecuniario. Inoltre, le modalità di calcolo dell'ammontare del risarcimento, previste dal decreto legislativo, appaiono svincolate dall'entità del danno ambientale arrecato.
  Per le indicate finalità di adeguamento, l'articolo 25 in questione, apporta modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006.
  L'articolo 28 disciplina la collaborazione nelle indagini sugli incidenti ferroviari fra l'Organismo investigativo permanente del Ministero dei Trasporti e l'Autorità giudiziaria, la cui inefficacia, secondo la Commissione europea, si sarebbe manifestata nel gravissimo incidente ferroviario di Viareggio, avvenuto nel giugno del 2009.
  La Commissione europea, nell'ambito della procedura EU Pilot 1254/10/MOVE, contesta all'Italia il non corretto recepimento della direttiva 2004/49/CE. In particolare la Commissione contesta la compatibilità con la normativa UE degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162 (Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie)
  La Commissione europea rileva che i sopra citati articoli prevedono un rapporto di subordinazione degli investigatori dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie nei confronti dell'Autorità giudiziaria, mentre l'articolo 20 della direttiva 2004/49/CE prevede che fra tali soggetti sussista un rapporto di collaborazione.
  Per adeguare la disciplina nazionale ai rilievi della Commissione europea, l'articolo 28 in esame novella, quindi, gli articoli 20 e 21 del citato decreto legislativo n. 162 del 2007.Pag. 95
  Con riferimento, infine, alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012, segnala, in particolare, come nella parte prima, vi sia una sezione terza, relativa alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.
  In quest'ambito, dal paragrafo 1, dedicato alla giustizia civile, risulta che nel corso del 2012, il Governo si è occupato principalmente dei negoziati relativi ad atti normativi dell'Unione europea nelle seguenti materie: competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile; diritto comune europeo della vendita; ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari per facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale; procedure di insolvenza aventi carattere transfrontaliero; regimi patrimoniali dei coniugi e delle unioni registrate.
  Nel paragrafo 2, dedicato alla giustizia penale, sono illustrate le attività svolte dal Governo in materia di garanzie procedurali a favore degli indagati e imputati in procedimento penali nel territorio dell'unione; diritto di informazione nei procedimento penali; diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato; ordine di investigazione europeo; protezione degli interessi finanziari dell'UE.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura relativo al funzionamento in Italia, a Perugia, dell'UNESCO Programme Office on Global Water Assessment, che ospita il Segretariato del World Water Assessment Programme, fatto a Parigi il 12 settembre 2012.
C. 1247 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Sofia AMODDIO (PD), relatore, osserva come il Protocollo d'intesa tra l'UNESCO ed il Governo italiano relativo al funzionamento, a Perugia, del Segretariato del Programma mondiale di valutazione delle acque denominato WWAP (World Water Assessment Programme), sia stato sottoscritto a Parigi il 12 settembre 2012.
  Si tratta di uno dei quattro programmi in cui si articola UN-Water, il meccanismo inter-agenzia delle Nazioni Unite incaricato di coordinare le attività relative all'acqua all'interno del sistema ONU. Ospitato dall'UNESCO, il WWAP supervisiona le questioni legate all'acqua dolce per dare raccomandazioni, sviluppare casi di studio, rafforzare la capacità di valutazione su scala nazionale ed informare sui processi decisionali al riguardo.
  L'UNESCO, infatti, ha avviato tale programma permanente di valutazione dell'acqua nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite, al fine di verificare il raggiungimento dell'obiettivo del Millennio consistente nella riduzione, entro il 2015, della quota di popolazione che non ha a disposizione acqua potabile sicura nonché di perseguire l'arresto dello sfruttamento non sostenibile delle risorse idriche
  Il principale prodotto del WWAP è il Rapporto sullo Sviluppo delle Risorse Idriche Mondiali (WWDR) che, dal 2014, avrà cadenza annuale e non più triennale.
  Il Programma mondiale di valutazione delle acque ha avuto sede temporanea a Parigi, presso l'UNESCO, dal 2000 al 2007. In quell'anno il WWAP si è insediato a Perugia.
  L'insediamento a Perugia è avvenuto in virtù di un Accordo fiduciario con l'UNESCO sottoscritto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) il 2 febbraio 2007. Un nuovo negoziato con l'UNESCO sui contenuti economici del Protocollo del 2007 finalizzato a definire la permanenza del Segretariato WWAP a Perugia ha condotto alla firma, il 12 settembre 2012, del nuovo Protocollo d'Intesa in esame.
  Il Protocollo si compone di 11 articoli.Pag. 96
  Gli articoli 8 e 10 rientrano negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia.
  L'articolo 8, in particolare, riserva ai funzionari un trattamento fiscale agevolato pari a quello previsto per il personale di corrispondente livello delle organizzazioni internazionali del sistema Nazioni Unite rappresentate in Italia, in aggiunta ai privilegi ed alle immunità stabiliti dalla Convenzione internazionale del 1947 sui privilegi e le immunità delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite alla quale l'Italia ha aderito nel 1985.
  L'articolo 10 concerne il regolamento delle controversie relative all'applicazione o all'interpretazione del Protocollo in esame, rimette la soluzione delle medesime, quando impossibile per via amichevole, ad un lodo arbitrale inappellabile.
  Pur nella consapevolezza che il parere della Commissione Giustizia deve limitarsi alle disposizioni di competenza, rileva come gli articoli 3 e 8 del Protocollo comportino una spesa a partire dall'anno 2013 di 2.313.000 euro annui. Ritiene che, in un momento nel quale si chiedono agli italiani sacrifici e si invoca costantemente un principio di spending review, assegnare un così alto contributo – ad un'istituzione senz'altro importante, che valorizza il ruolo italiano nell'ambito delle Nazioni unite – imporrebbe, a suo avviso, una riflessione ed un'analisi molto approfondita, al fine di verificare il quantum.
  Per quanto di competenza della Commissione giustizia, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.40.

COMITATO DEI NOVE

  Martedì 16 luglio 2013.

Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso.
Emendamenti C. 204-251-328-923-A.

  Il Comitato dei nove si è riunito dalle ore 14.40 alle ore 14.50.

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