CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 luglio 2013
48.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
Pag. 3

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

  Mercoledì 3 luglio 2013. — Presidenza del presidente Salvatore CICU. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 9.20.

Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
Esame C. 1248 – Governo.

(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Esame e conclusione – Parere con condizioni, osservazioni e raccomandazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Andrea GIORGIS, relatore, dopo aver brevemente illustrato i contenuti, estremamente ampi e complessi, del decreto-legge all'esame, fa presente come tale complessità non possa non riverberarsi sulla proposta di parere che ha predisposto, la quale risulta di conseguenza particolarmente articolata.
  Venendo ai profili che più interessano le competenze del Comitato, fa presente, in primo luogo, che il decreto-legge interviene a disciplinare una pluralità di ambiti materiali i quali difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte Costituzionale – da ultimo, con la sentenza n. 22 del 2012 – affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario. Pur comprendendo le ragioni economiche, politiche e sociali che inducono il Governo ad intervenire con un solo provvedimento su molteplici settori, anche allo scopo di fornire ai cittadini risposte da tempo attese, non può non sottolineare come tali esigenze confliggano con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza.
  Quanto all'impatto delle disposizioni sull'ordinamento, osserva come, per quanto non sia sempre agevole individuare a priori e in astratto la minore o maggiore efficacia o la effettiva idoneità delle norme ad incidere concretamente su quelle già vigenti, sia comunque possibile rinvenire nel testo numerose Pag. 4disposizioni meramente descrittive, ricognitive, a vario titolo prive di portata prescrittiva e che possono quindi ragionevolmente considerarsi a priori inidonee ad innovare l'ordinamento. In altri casi, invece, il contenuto normativo delle disposizioni del decreto-legge, per un verso, non è adeguatamente coordinato con l'ordinamento vigente, e, per altro verso, non è agevolmente inquadrabile nell'ambito del sistema delle fonti del diritto.
  Sempre in relazione al coordinamento delle norme contenute nel decreto con l'ordinamento vigente, dà conto della presenza di clausole abrogative generiche che dovrebbero essere opportunamente specificate nonché di disposizioni che intervengono sul tessuto normativo previgente mediante modifiche non testuali, che dovrebbero essere riformulate in termini di novella.
  Si sofferma quindi sul tema dell'immediata applicazione delle norme contenute nel decreto. In relazione a questo aspetto, dà conto della presenza nel testo di norme ad efficacia differita in quanto richiedono l'adozione di numerosi adempimenti ai fini della relativa applicazione oppure prevedono fasi sperimentali prima che entrino a regime, nonché di norme che, espressamente, acquisteranno efficacia solo in un momento distanziato rispetto all'entrata in vigore del decreto legge. Si tratta dunque di verificare la rispondenza delle disposizioni in questione al requisito, previsto da una fonte di rango primario, quale l'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, della «immediata applicabilità» delle misure contenute nel decreto, nonché agli stessi presupposti di necessità e urgenza del provvedimento. A tale ultimo proposito, segnala peraltro che la ricorrenza dei presupposti di necessità e di urgenza non è in radice esclusa dall'assenza di disposizioni prescrittive, poiché, in alcune circostanze, il solo fatto che il legislatore disciplini una fattispecie è sufficiente a considerare l'intervento sorretto dai presupposti di necessità e di urgenza.
  Da ultimo, dà conto della presenza nel testo di autorizzazioni alla delegificazione che non risultano formulate in conformità al modello delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, nonché di disposizioni che sembrerebbero consentire a fonti secondarie di integrare le disposizioni contenute fonti di rango primario.

  Renato BALDUZZI, nel ringraziare il collega Giorgis per la puntuale ed articolata relazione, ritiene cionondimeno che alcune considerazioni vadano svolte al riguardo, a partire dagli aspetti concernenti l'asserita non omogeneità del decreto-legge. A tale proposito, non andrebbe a suo avviso pretermesso che la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione esordisce ricordando che il provvedimento trova la propria cornice di riferimento nelle raccomandazioni rivolte all'Italia nel quadro del semestre europeo 2013, presentate dalla Commissione europea il 29 maggio 2013. Nello specifico, si tratta della Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017.
  È questo il contesto da cui origina il decreto-legge e da cui lo stesso, con asserita consapevolezza ed adeguata motivazione, deriva le proprie ragioni di omogeneità. Quindi, pur prospettandosi come un atto complesso, formato da varie misure, alcune di maggiore e altre di minore portata, non può dirsi che il provvedimento sia nell'insieme privo di una sua evidente omogeneità, che sussiste invece sul piano teleologico, essendo i singoli interventi puntuali accomunati dalla finalità di rimuovere, attraverso azioni di stimolo alle imprese e di semplificazione amministrativa, numerosi ostacoli alla crescita economica del Paese. Quanto detto in merito alla omogeneità complessiva del decreto-legge, che – lo ribadisce – gli appare indubitabile, non esclude poi che ci si possa anche interrogare in merito alla rispondenza finalistica di talune sue marginali disposizioni. Anzi vi è sicuramente un caso, quello concernente la composizione della commissione per l'esame di Pag. 5Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, disciplinata dall'articolo 83, in cui l'estraneità appare evidente ictu oculi o, per dirlo in maniera più incisiva, quasi per stessa ammissione della norma.
  Suggerisce poi di sfumare il richiamo, prima operato dal relatore, in relazione al profilo della specificità ed omogeneità di contenuto, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012. Infatti, nella forma stringata in cui verrebbe formulato, esso potrebbe prestarsi anche a indebite strumentalizzazioni, che omettono di considerare sia il complesso delle argomentazioni dispiegate nel caso specifico sia il quadro giurisprudenziale più generale in cui la pronuncia della Corte si colloca. Inoltre, neppure può essere sottaciuto che il nucleo essenziale della citata decisione, quello per il quale essa è nota, investe l'estraneità di disposizioni inserite nel corso del procedimento di conversione e non l'estraneità originaria.
  Un'ultima notazione intende svolgerla in merito alla relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), riguardo alla quale in maniera ricorrente il Comitato osserva che la sua non allegazione alla relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione è stata disposta in base alla dichiarazione di esenzione dall'obbligo di redigerla proveniente da un organo burocratico. A suo parere, l'omissione di tale relazione, che in taluni casi può effettivamente essere giustificata a causa dell'urgenza del provvedere, non implica necessariamente che il Parlamento debba privarsi di un utile documento istruttorio, ove ne ravvisi l'utilità. Nulla vieta infatti che la Camere non possano chiedere al Governo di predisporla in itinere. Anzi, sarebbe buona pratica se una prassi in tal senso si sviluppasse, anche al fine di responsabilizzare maggiormente gli uffici legislativi riguardo all'utilità di predisporla e al fine di supportare adeguatamente le decisioni degli organi politici.

  Andrea GIORGIS, relatore, in relazione alle osservazioni del collega Balduzzi, ritiene certamente che il richiamo alla sentenza n. 22 della Corte Costituzionale – la quale ha peraltro assunto una portata che va ben al di là di quanto da essa espressamente stabilito – possa essere sfumato mediante un più generale richiamo alla giurisprudenza della Consulta in tema di omogeneità. Nel contempo, invita tuttavia a tener distinte le questioni attinenti l'opportunità politica da quelle che afferiscono alla tecnica legislativa: risultano infatti certamente evidenti le ragioni per le quali le riforme costituzionali in tema di forma di Governo e le riforme regolamentari volte a razionalizzare il procedimento legislativo siano divenute oramai indifferibili, così come appaiono di tutta evidenza le ragioni per le quali, nel tempo, il decreto-legge da strumento straordinario è divenuto strumento ordinario di produzione normativa. Tali considerazioni, tuttavia, non possono superare una valutazione di carattere tecnico-giuridico che induce a ritenere il provvedimento eterogeneo. Né a suo avviso si può ritenere che un decreto-legge sia omogeneo ove esso sia stato adottato per il perseguimento di una determinata finalità: ciascun provvedimento è infatti sempre preordinato al conseguimento di un risultato e, ove si ritenesse l'unificazione teleologica delle disposizioni sufficiente ai fini dell'omogeneità del contenuto, ogni provvedimento d'urgenza potrebbe di fatto essere considerato omogeneo. Né può affermarsi che il decreto-legge all'esame, pur intervenendo su più ambiti materiali, rechi interventi effettivamente connessi tra loro in quanto l'uno presupposto dall'altro.
  Alla luce delle considerazioni svolte e del dibattito tenutosi in seno al Comitato, illustra quindi la seguente proposta di parere:
  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 1248 e rilevato che:
  sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
   il provvedimento reca un contenuto estremamente vasto ed eterogeneo, in Pag. 6quanto i suoi 86 articoli incidono su un ampio spettro di settori normativi e – come indicato nello scarno preambolo – recano un complesso di misure, spesso di natura ordinamentale, teleologicamente orientate a favorire il rilancio dell'economia mediante:
    a) interventi per la crescita economica (Titolo I), da conseguire grazie a misure di sostegno alle imprese (articoli 1-12); al potenziamento dell'Agenda digitale italiana (articoli 13-17) e al rilancio delle infrastrutture (articoli 18-27);
    b) interventi di semplificazione (Titolo II) amministrativa (articoli 28-49); in ambito fiscale (articoli 50-56) e nell'ambito dell'istruzione, dell'università e della ricerca (articoli 57-60);
    c) interventi finalizzati a incrementare l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile (Titolo III), da realizzare attraverso l'introduzione dell'ufficio del giudice ausiliario (articoli 62-72); la previsione del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari (articolo 73); l'introduzione della figura dei magistrati assistenti di studio presso la Corte di cassazione (articolo 74); la definizione di interventi in materia di svolgimento dei processi civili (articoli 75-80); modifiche all'ordinamento giudiziario (articolo 81), al concordato preventivo (articolo 82), al funzionamento dei servizi di giustizia (articolo 83) e attraverso la reintroduzione dell'istituto della mediazione civile e commerciale (articolo 84);
   a tali ambiti, alle complessive finalità perseguite dal provvedimento nonché alle partizioni del testo nelle quali sono inserite, non appaiono peraltro riconducibili le disposizioni contenute all'articolo 36, comma 1, che reca una disciplina transitoria da applicare nelle more del completamento del riordino di INPS e INAIL; ai commi 1 e 2 dell'articolo 44 in materia di riconoscimento del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni di Stati dell'Unione Europea; all'articolo 46, che interviene ad esonerare dal conto annuale le spese sostenute dagli enti locali per l'organizzazione di Expo Milano 2015 e all'articolo 83, che reca modifiche alla disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato; in proposito, si ricorda che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 22 del 2012, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha individuato, «tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui è inserita», nonché rispetto all'intestazione del decreto e al preambolo;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   il decreto-legge, come già rilevato in altre occasioni analoghe, non appare nel suo complesso coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione: esso interviene infatti su settori disciplinari che hanno formato oggetto, anche in tempi molto recenti, di una profonda stratificazione normativa. A titolo esemplificativo, gli articoli 13, 14, 16 e 17, intervengono sulla disciplina dell'Agenda digitale italiana, sulla quale sono in precedenza intervenuti già i decreti-legge n. 70 del 2011 e nn. 5, 83 e 179 del 2012; l'articolo 21 interviene invece sul regolamento attuativo del codice dei contratti pubblici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, che, a due anni dalla sua entrata in vigore (8 giugno 2011), è stato modificato da 6 decreti-legge, incluso quello in titolo (si tratta dei decreti-legge n. 70 del 2011 e nn. 1, 5, 52 e 73 del 2012), e del quale sono state modificate complessivamente ventidue disposizioni, cui si aggiungono le due disposizioni modificate in via testuale, le due modificate in via non testuale e le tre aggiunte ad opera del decreto-legge Pag. 7all'esame; l'articolo 46 interviene a disciplinare aspetti connessi alla manifestazione «Expo 2015», che ha formato oggetto di numerosi decreti-legge, l'ultimo dei quali, il decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, è stato convertito il 21 giugno scorso; infine, l'articolo 53 novella il comma 2-ter dell'articolo 10 del recentissimo decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35, intervenendo ancora una volta sulla disciplina della gestione delle entrate tributarie e patrimoniali dei comuni e delle società da essi partecipate da parte di Equitalia S.p.a.;
   il decreto-legge, nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, generalmente ricorre alla tecnica della novellazione ed effettua gli opportuni coordinamenti con il tessuto normativo previgente; difetti di coordinamento si riscontrano invece all'articolo 41, comma 6, che, nell'attribuire al Ministro dell'ambiente la possibilità di nominare commissari ad acta per provvedere alla realizzazione e all'avvio della gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, si sovrappone a quanto disposto dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, che attribuisce al Presidente della Regione un'analoga facoltà di nomina di commissari straordinari, la durata del cui incarico è stata di recente prorogata (da 24 a 36 mesi) dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43;
   ulteriori difetti di coordinamento con l'ordinamento (in ragione del fatto che il decreto-legge incide su di esso mediante modifiche non testuali, in assenza delle opportune clausole di coordinamento con le discipline previgenti, oppure introducendo disposizioni che fanno sistema con quelle oggetto di altri provvedimenti, senza, tuttavia, collocarle al loro interno) si riscontrano: all'articolo 23, comma 2, che sopprime la tassa sulle imbarcazioni con lunghezza compresa tra 10,01 e 14 metri, in assenza del necessario coordinamento con la prima parte del comma 3 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 201 del 2011; all'articolo 25, comma 1, che, operando in attuazione dell'articolo 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011, a seguito della mancata adozione dello statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, mantiene l'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza tuttavia procedere ad abrogare le stesse disposizioni riguardanti l'istituzione dell'Agenzia, prevista dall'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98; all'articolo 31, che, ai commi da 3 a 8, integra la disciplina relativa al documento unico di regolarità contributiva (DURC) senza inserirla in un idoneo contesto normativo, rappresentato dal decreto legislativo n. 81 del 2008, recante disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; all'articolo 37, che, intervenendo in materia di zone a burocrazia zero, fa sistema con l'articolo 12 del decreto-legge n. 5 del 2012, in particolare fissando un termine per la sottoscrizione delle convenzioni ivi previste al fine di «attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio» e, infine, all'articolo 54, che integra in maniera non testuale l'articolo 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 216 del 2010, definendo le forme di pubblicità cui sono sottoposti i questionari previsti dal suddetto decreto;
   il decreto-legge contiene numerose disposizioni che appaiono meramente descrittive in quanto prive di portata innovativa dell'ordinamento poiché confermano l'applicazione della normativa vigente, che viene richiamata in modo generico o puntuale (ad esempio, all'articolo 34, comma 1, capoverso 2-quater, si prevede che, nelle more dell'entrata in vigore della nuova disciplina, si applichi quella già vigente, mentre, all'articolo 2, comma 4, terzo periodo, si stabilisce che «I contributi sono concessi nel rispetto della disciplina comunitaria applicabile e, comunque, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 8»), oppure in Pag. 8quanto confermano la vigenza di norme secondarie del diritto (v. articolo 5, comma 4), di norme introdotte dallo stesso decreto-legge all'esame (v. articolo 32, comma 1, lettera b), n. 1), oppure di obblighi o istituti senza che ne sia indicata la fonte istitutiva (v. art. 10, comma 1);
   il provvedimento contiene altresì disposizioni meramente descrittive in quanto volte ad indicare le finalità perseguite oppure a descrivere il contesto nel quale si collocano le norme introdotte (si vedano, a mero titolo esemplificativo, gli articoli 3, comma 4; 4, comma 7; 24, commi 2 e 3 e 25, comma 6, che indicano le finalità perseguite; gli articoli 36, comma 1, e 41, comma 6, che indicano sia il contesto sia le finalità);
   da ultimo, il provvedimento, all'articolo 29, recependo una misura già esistente nell'ordinamento francese, introduce anche in Italia, come peraltro auspicato dal Comitato per la legislazione nella passata legislatura, la previsione in base alla quale gli atti normativi del Governo ed i regolamenti ministeriali debbano fissare la data di decorrenza dell'efficacia degli obblighi amministrativi introdotti a carico di cittadini ed imprese al 1o luglio o al 1o gennaio successivi alla loro entrata in vigore, introducendo così uno scadenzario chiaro e prevedibile per i destinatari delle norme;

  sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
   il provvedimento reca numerose norme i cui effetti finali appaiono destinati a prodursi in un momento significativamente distanziato rispetto alla loro entrata in vigore; nell'ottica del rilancio dell'economia, il provvedimento contiene infatti numerose disposizioni di carattere ordinamentale o che prevedono l'avvio di una fase sperimentale o transitoria (per esempio, l'articolo 28, al combinato disposto dei commi 10 e 12, prevede l'applicazione in via sperimentale dell'istituto dell'indennizzo per ritardo nella conclusione dei procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa per un periodo di diciotto mesi, decorsi quali e alla luce del monitoraggio relativo alla sua applicazione, il Governo potrà emanare un regolamento di delegificazione che confermi, rimoduli o disponga la cessazione delle disposizioni del medesimo articolo 28) o che, ai fini della relativa attuazione richiedono molteplici adempimenti, talora plurimi e/o complessi (si vedano, per tutti, l'articolo 5, comma 3, che prevede l'adozione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e gli articoli 32 e 35, dove è prevista l'adozione di 5 decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare in 4 casi sentite la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e la Conferenza Stato-regioni ed in un caso previa intesa con la Conferenza stessa);
   inoltre, numerose disposizioni contengono un termine iniziale di efficacia distanziato nel tempo; in particolare, diverse disposizioni troveranno applicazione a decorrere dal 2014, tra le quali, si segnalano, ad esempio, l'articolo 5, comma 4, in materia di costi di approvvigionamento di gas naturale; l'articolo 11, comma 1, in materia di credito di imposta cinematografico; l'articolo 17, comma 1, lettera d), capoverso 15-quinquies, recante l'autorizzazione di spesa per la realizzazione dell'infrastruttura centrale del Fascicolo sanitario elettronico; l'articolo 18, comma 8, concernente la destinazione da parte dell'INAIL di fondi per la elaborazione di un piano di edilizia scolastica e comma 9, in materia di autorizzazione di spesa per la realizzazione del programma «6000 Campanili»; si segnala infine l'articolo 23, comma 2, che introduce esenzioni e riduzioni della tassa sulle imbarcazioni sempre a decorrere dall'anno 2014; talune disposizioni ordinamentali in materia di giustizia prevedono inoltre la loro applicazione a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto Pag. 9(articoli 73, comma 20, 75, comma 2, 80, comma 5 e 84, comma 2);
   disposizioni ad applicazione differita sono infine presenti all'articolo 32, che, al comma 6, lettera a), in relazione all'abrogazione dell'articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965 e al comma 7, con riguardo all'applicazione di talune disposizioni in materia di comunicazioni tra varie autorità e l'INAIL, prevede che le suddette disposizioni si applichino a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto previsto dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che avrebbe dovuto essere stato adottato entro 180 giorni dalla data dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 81; differita risulta altresì l'applicazione della nuova disciplina in materia di trasmissione in via telematica del certificato medico di gravidanza di cui all'articolo 34, comma 1 (sei mesi per l'emanazione del decreto ministeriale previsto dal capoverso 1-bis ed ulteriori novanta giorni dalla data di entrata in vigore di tale decreto); infine, l'articolo 49, comma 1, lettera b), proroga dal 1o gennaio al 1o luglio 2014 il termine in materia di riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche fissato dall'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012; in relazione a tutte le succitate disposizioni, appare dubbia la rispondenza al requisito, previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, della «immediata applicabilità» delle misure disposte dal decreto, nonché agli stessi presupposti di necessità e urgenza del provvedimento;
   il decreto-legge, all'articolo 55, reca una disposizione formulata in termini di interpretazione autentica di una previgente disciplina normativa ma, nel fare salve le attività compiute sulla base della stessa, sembrerebbe in realtà produrre effetti ex nunc ed avere dunque la sostanza di una novella;
   infine, il provvedimento, all'articolo 49, comma 2, nel differire in maniera non testuale il termine (scaduto il 7 aprile) entro il quale – a norma dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012 – le regioni, le province e i comuni avrebbero dovuto sopprimere o accorpare enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica o, in ogni caso, assicurare la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per cento, interviene a sanare gli «atti compiuti dagli enti, agenzie ed organismi che hanno proseguito la loro attività oltre il predetto termine»;
  sul piano dei rapporti con le fonti subordinate:
   il provvedimento, in più punti, incide mediante novelle oppure modifiche non testuali su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato (si vedano, al riguardo, l'articolo 4, commi 2, 3, 4 e 5, che interviene in via non testuale sull'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226; l'articolo 21, che differisce al 30 giugno 2014 il termine previsto dall'articolo 357, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in materia di sistema di garanzia globale, già prorogato in via non testuale da una fonte primaria, il decreto-legge n. 373 del 2012; l'articolo 38, che modifica in maniera non testuale l'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o agosto 2011, n. 151, recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi; l'articolo 41, comma 2, che delimita l'ambito di applicazione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 10 agosto 2012, n. 161, sulle terre e rocce da scavo, sul quale, peraltro, è intervenuto – sempre in via non testuale – anche l'articolo 8-bis del decreto-legge n. 43 del 2013); tale circostanza non appare coerente con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente: si integra infatti una modalità di produzione legislativa che, secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare funzionale Pag. 10alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano «un diverso grado di «resistenza» ad interventi modificativi successivi» [si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001];
   il decreto-legge, all'articolo 28, comma 12, introduce l'istituto dell'indennizzo dovuto al ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo, contenendo un'autorizzazione alla delegificazione che si discosta dal modello delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non risultano indicate né le norme generali regolatrici della materia né le disposizioni da abrogare con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti. Tale comma si limita infatti a disporre che il regolamento di delegificazione sia emanato decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in titolo e intervenga sulla base del monitoraggio relativo alla applicazione dell'istituto dell'indennizzo; inoltre, il comma 9 del medesimo articolo – con una disposizione di cui andrebbe verificato il coordinamento con le altre contenute nell'articolo – nel novellare l'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, aggiungendovi il comma 2, richiama tale regolamento, ancora molto di là da venire, disponendo che, «in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400»; in relazione alle succitate disposizioni, si ricorda altresì che la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 149 del 2012, in un obiter dictum, ha lasciato impregiudicata la possibilità di pronunciarsi sulla «correttezza della prassi di autorizzare l'emanazione di regolamenti di delegificazione tramite decreto-legge», nonché «ogni valutazione sulle procedure di delegificazione non conformi al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, quale è quella prevista dalla disposizione impugnata, che non determina «le norme generali regolatrici della materia», né indica espressamente le norme di rango primario da ritenersi abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di delegificazione»;
   inoltre, il provvedimento, all'articolo 32, comma 1, lettera b), n. 2), introduce, nell'ambito dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 81 del 2008, i commi 6-ter e 6-quater, il cui combinato disposto stabilisce che le disposizioni (di rango legislativo) di cui ai commi 5, 6 e 6-bis del citato articolo 29 trovino applicazione fino alla data di entrata in vigore di un «decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», attribuendo così a una fonte di rango subordinato il compito di integrare disposizioni di rango legislativo, secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura;
   sempre in relazione ai rapporti con le fonti subordinate del diritto, il decreto-legge, all'articolo 25, comma 1, e all'articolo 29, comma 4, prevede l'adozione di un atto atipico, quale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in luogo, nel primo caso, di un decreto interministeriale (volto alla individuazione del personale trasferito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e, nel secondo caso, di un regolamento di attuazione (l'articolo 29, comma 4, prevede infatti l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo cui si affida la definizione delle modalità di applicazione delle disposizioni introdotte dal medesimo articolo 29 in materia di data unica di efficacia degli obblighi amministrativi); tale ultima circostanza, Pag. 11come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, non appare coerente con le esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto, ordinariamente a contenuto politico, la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, di un regolamento emanato a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
   il provvedimento prevede inoltre l'adozione di adempimenti indefiniti (si vedano l'articolo 5, comma 4, che, configurando peraltro una sorta di delegificazione secondo una procedura che si discosta da quella delineata dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, dispone l'aggiornamento trimestrale del valore del volume di ricavi indicato dall'articolo 81, comma 16, del decreto-legge n. 112 del 2008, senza indicare quale sia il soggetto competente all'adeguamento né lo strumento previsto, e l'articolo 11, comma 1, secondo periodo, che prevede genericamente l'adozione di un «provvedimento dell'Agenzia delle entrate», senza individuare il soggetto tenuto alla relativa adozione);
   infine, il decreto-legge, all'articolo 18, modifica in via non testuale la delibera CIPE n. 88 del 2010, concernente alcuni collegamenti autostradali di interesse strategico, e, al comma 6, con norma della quale andrebbe verificata la portata applicativa, definisce la condizione affinché il progetto definitivo della tratta Colosseo – Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma possa essere sottoposta al CIPE;

  sul piano della corretta formulazione e del coordinamento interno al testo:
   il provvedimento si rapporta alla normativa vigente procedendo in più occasioni mediante richiami effettuati in forma generica, in relazione ai quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare la normativa oggetto del rinvio. A titolo esemplificativo, l'articolo 16, comma 1, richiama genericamente la legislazione vigente in materia di contratti pubblici; l'articolo 19, comma 1, lettera a), n. 1, richiama genericamente «altri atti di consenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente»; l'articolo 25, comma 1, dispone l'applicazione al personale trasferito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, «per quanto non espressamente previsto», delle disposizioni di cui all'articolo 36, comma 5 del decreto-legge n. 98 del 2011; numerose disposizioni richiamano infine determinate normative «in quanto compatibili» (per esempio, l'articolo 19, comma 1, lettera c), capoverso 21-bis, lettera d), capoverso 4-bis, lettera e), capoverso 5-bis e l'articolo 76, comma 1, capoverso Art. 791-bis, terzo comma);
   il decreto-legge contiene altresì rinvii normativi effettuati in maniera imprecisa, in relazione ai quali si segnala la necessità di indicare precisamente la normativa oggetto del rinvio (si veda, ad esempio, l'articolo 25, comma 10, che novella l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge n. 95 del 2012, citandolo come articolo 19, comma 6, della legge di conversione n. 135 del 2012);
   il provvedimento contiene inoltre clausole abrogative formulate in modo generico o inappropriato; ad esempio, l'articolo 5, comma 6, abroga «le disposizioni di cui all'articolo 30, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99, incompatibili con le norme del presente articolo», mentre l'articolo 42, al comma 1, provvede alla soppressione delle varie tipologie di certificati esistenti nell'ordinamento attestanti l'idoneità psico-fisica al lavoro, senza tuttavia disporre anche la puntuale abrogazione delle disposizioni che li concernono (per esempio, si sopprime il certificato di sana e robusta costituzione fisica previsto, tra le altre norme, dall'articolo 2 del regolamento di cui al regio decreto 4 maggio 1925, n. 653, senza che si provveda ad abrogare i commi secondo, terzo e quarto dell'articolo, che riguardano tale certificato);
   sul piano del coordinamento interno al testo, il decreto-legge, al comma 10 Pag. 12dell'articolo 25 novella l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge n. 95 del 2012, prevedendo che le modifiche ed integrazioni a convenzioni in materia di trasporto marittimo con la Sicilia siano approvate con decreto del Presidente della Regione, a differenza delle convenzioni stesse, approvate con decreto ministeriale, laddove il successivo comma 11 demanda ad un decreto ministeriale (che non sembrerebbe peraltro conseguente a procedure convenzionali) le modifiche del testo convenzionale necessarie all'adeguamento alle disposizioni in esame; al già menzionato articolo 28, invece, ai commi da 1 a 8, introduce la disciplina dell'istituto dell'indennizzo per ritardo nella conclusione dei procedimenti amministrativi, ai commi da 10 a 12 ne precisa la natura sperimentale, ne limita la portata applicativa ai soli procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa e prevede l'adozione di un regolamento di delegificazione a conclusione della fase sperimentale, non risultando conseguentemente chiara la portata applicativa del comma 9 che, sempre in relazione al medesimo istituto, opera una novella alla legge n. 241 del 1990 introducendovi una disposizione che riprende – in maniera pressoché letterale – la prima parte del disposto del comma 1;
   infine, il disegno di legge non è provvisto della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR); alla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione è allegata una tautologica dichiarazione di esenzione dall'obbligo di redigerla;
   ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

  sotto il profilo della specificità e omogeneità di contenuto:
   tenuto conto della giurisprudenza della Corte Costituzionale richiamata in premessa, sia valutata la soppressione delle disposizioni di cui all'articolo 36, comma 1; all'articolo 44, commi 1 e 2; all'articolo 46 e all'articolo 83;

  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:
   sia valutata la soppressione, nella parte in cui incidono su norme contenute in fonti secondarie del diritto, delle disposizioni contenute agli articoli 4, commi 2, 3, 4 e 5; 21, comma 1; 38, comma 1 e 41, comma 2, oppure, subordinatamente – ove si intenda mantenerle – si valuti di riformularle nel senso di autorizzare il Governo ad integrare la disciplina contenuta nelle fonti secondarie mediante atti aventi la medesima forza;
   all'articolo 5, comma 4 – nella parte in cui prevede che il volume dei ricavi indicati al comma 1 sia aggiornato trimestralmente, senza precisare quale sia lo strumento normativo mediante il quale tale aggiornamento sarà effettuato – si precisi, al fine di scongiurare il rischio che il contenuto di disposizioni di rango primario sia integrato da fonti subordinate, che l'aggiornamento in questione avverrà con legge;
   previa valutazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 149 del 2012, richiamata in premessa, si provveda alla riformulazione della disposizione di cui all'articolo 28, comma 12, al fine di renderla conforme al modello di delegificazione delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988;
   all'articolo 29, comma 4 – che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo – sia riformulata la disposizione in questione nel senso di demandare l'adozione della disciplina ivi prevista a un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988; Pag. 13
   all'articolo 32, comma 1, lettera b), n. 2) – laddove prevede che un decreto ministeriale possa integrare il contenuto di disposizioni di rango legislativo – sia verificata l'appropriatezza dell'impiego dello strumento normativo in questione rispetto al sistema delle fonti del diritto;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 41, comma 6, si provveda a coordinare la disposizione da esso recata con quella contenuta all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, da ultimo modificata dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43;

  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   per quanto detto in premessa, sia verificato il coordinamento interno all'articolo 25, commi 10 e 11;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 28, in relazione alla disciplina dell'istituto dell'indennizzo per ritardo nella conclusione dei procedimenti amministrativi, sia verificato il coordinamento tra le disposizioni recate ai commi da 1 a 8 e da 10 a 12, che introducono una disciplina sperimentale da concludersi con l'adozione di un regolamento di delegificazione, con quella contenuta al comma 9 che, sempre in relazione al medesimo istituto, opera invece una novella alla legge n. 241 del 1990, introducendovi una disposizione che riprende – in maniera pressoché letterale – la prima parte del disposto del comma 1.

  Il Comitato osserva altresì quanto segue:

  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:
   si dovrebbero riformulare le disposizioni indicate in premessa che incidono in via non testuale su previgenti disposizioni legislative in termini di novella alle medesime, nonché inserire in un idoneo tessuto normativo le disposizioni indicate in premessa che appaiono collocate fuori da un appropriato contesto;
   per quanto detto in premessa, si dovrebbe specificare il soggetto competente all'adozione del provvedimento di cui all'articolo 11, comma 1, secondo periodo;
   all'articolo 19, comma 3, lettera d), che novella l'articolo 33 del decreto-legge n. 179 del 2012, prevedendo che le facilitazioni da esso previste al fine di promuovere la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di rilevanza strategica «sono alternative a quelle previste dall'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183», si dovrebbe valutare l'opportunità di inserire entrambe le disposizioni in un unico contesto normativo, al fine di agevolare l'individuazione della disciplina in concreto applicabile;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 25, comma 1, al fine di individuare il personale trasferito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si dovrebbe prevedere l'adozione di un decreto interministeriale in luogo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri cui fa invece riferimento la disposizione in oggetto;
   al fine di conferire loro maggiore forza e conoscibilità, si dovrebbe valutare l'opportunità di inserire i commi 1 e 2 dell'articolo 29 (che introduce anche in Italia la buona pratica di far decorrere l'efficacia degli obblighi amministrativi introdotti mediante atti normativi del Governo e regolamenti ministeriali a carico di cittadini ed imprese al 1o luglio o al 1o gennaio successivi alla loro entrata in vigore) in un idoneo contesto normativo, che potrebbe essere rappresentato, per esempio, dalla legge n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo, o dalla legge n. 400 del 1988, sull'attività normativa del Governo;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 55, si dovrebbe valutare l'opportunità di riformulare la disposizione di interpretazione autentica ivi contenuta in termini di novella;

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  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   in relazione alle disposizioni indicate in premessa, che contengono rinvii normativi generici o imprecisi, si dovrebbe specificare o indicare correttamente la normativa oggetto del rinvio;
   in relazione alle disposizioni indicate in premessa, che contengono clausole abrogative formulate in termini generici, si dovrebbe specificare la normativa oggetto di abrogazione.»

  Il Comitato formula, altresì, le seguenti raccomandazioni:

  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:
   ribadendo il rilievo già più volte formulato dal Comitato sulla necessità che ciascuno strumento normativo sia utilizzato in modo coerente rispetto alle proprie caratteristiche, abbia cura il legislatore di individuare le modalità attraverso cui assicurare la appropriatezza degli strumenti normativi impiegati con particolare riguardo all'esigenza di garantire il rispetto delle norme ordinamentali che definiscono i limiti di contenuto della decretazione d'urgenza, ed in particolare del requisito di immediata applicabilità delle norme recate nei decreti legge, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988;
   abbia altresì cura il legislatore di verificare la portata precettiva delle norme che si introducono nei provvedimenti, specie ove questi, come nel caso all'esame, che si compone di ben 86 articoli e 302 commi, risultino assai lunghi e complessi, evitando in particolare il ricorso a disposizioni che appaiono prive di portata innovativa dell'ordinamento, in quanto generiche, meramente descrittive, di principio, oppure ricognitive della normativa vigente, poiché tutte le anzidette disposizioni, oltre ad accrescere le dimensioni dei testi, non sempre risultano effettivamente funzionali all'esegesi dei testi nei quali sono inserite.»

  Sesa AMICI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, rappresenta il proposito del Governo di avviare un dialogo con il Comitato per la legislazione che sia il più possibile continuativo, instaurando così un rapporto sinergico che possa favorire un miglioramento nella qualità delle norme soprattutto a beneficio dei loro destinatari. Entrando nel merito delle questioni che si pongono in relazione al decreto-legge oggi all'esame, osserva come esso sia molto complesso e chiamato a fornire risposte anche di carattere politico: proprio questo elevato tasso di politicità del decreto ha fatto forse passare in secondo piano, in sede di istruttoria governativa, l'attenzione per alcuni aspetti che coinvolgono la tecnica di redazione del testo i quali, però, anche grazie all'apporto del Comitato per la legislazione, auspica possano essere migliorati.

  Salvatore CICU, presidente, oltre a ringraziare i colleghi per l'approfondita e costruttiva discussione, rileva come l'auspicio espresso dalla rappresentante del Governo circa la possibilità di definire un percorso volto a dispiegare una reciproca ed effettiva collaborazione che possa portare a risultati apprezzabili sul piano del miglioramento della qualità della regolazione si connetta anche al tema della riforma del Regolamento della Camera. In tale contesto, siccome le linee guida tracciate dalla Presidente della Camera investono anche il ruolo del Comitato per la legislazione, ritiene auspicabile che il Comitato stesso possa offrire un contributo al relativo dibattito. A tal fine, osserva come la base di partenza di ogni futura discussione stia nel capire se e fino a che punto si intenda intervenire al fine di consentire al Comitato di incidere con maggiore efficacia sui provvedimenti legislativi.

  Il Comitato approva la proposta di parere.

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Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2013, n. 72, recante misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Esame C. 1260 – Governo.

(Parere alle Commissioni riunite V e XII).
(Esame e conclusione – Parere senza condizioni né osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Marilena FABBRI, relatore, fa presente che il provvedimento all'esame appare molto meno problematico del precedente, essendo il suo contenuto normativo racchiuso in un solo articolo. Esso fa seguito al recente decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 e, in particolare, si collega all'articolo 3 del suddetto decreto-legge, il quale ha previsto un'anticipazione di liquidità in favore delle Regioni per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012 per l'importo complessivo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014.
  Al riparto delle risorse stanziate per il 2013, hanno partecipato le Regioni che hanno presentato la relativa istanza entro il termine del 31 maggio, fissato dal comma 4 del citato articolo 3. Siccome alcune Regioni nonché le due province autonome di Trento e di Bolzano non hanno presentato istanza di accesso per il primo riparto, il provvedimento in esame prevede ora un secondo riparto delle somme residuate dal primo (280 milioni di euro), al quale possono accedere le Regioni che ne facciano richiesta entro il termine del 30 giugno 2013, fermo restando che, a norma dell'articolo 1, comma 1, sarà data priorità alle Regioni che sono sottoposte agli adempimenti di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, conseguenti alla situazione di squilibrio economico-finanziario della spesa sanitaria. Conseguentemente, l'articolo 1, comma 2, sposta dal 30 giugno al 15 luglio – con riferimento all'anno 2013 – il termine entro il quale il commissario ad acta deve adottare i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione.
  In ragione dei sopra descritti contenuti, il provvedimento non presenta profili problematici per quanto riguarda la specificità ed omogeneità delle sue disposizioni. Neppure sono evidenziabili criticità per quanto riguarda gli aspetti riferibili alla tecnica normativa.
  Dopo aver ricordato che il disegno di legge presentato alla Camera non è corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa, né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione, passa ad illustrare la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 1260 e rilevato che:
  sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
   il provvedimento – composto di un solo articolo – reca un contenuto omogeneo, essendo volto unicamente a rendere immediatamente disponibili, per le Regioni che, entro il termine del 30 giugno 2013 lo richiedano, le risorse non attinte da altre Regioni in sede di primo riparto degli stanziamenti erogabili a titolo di anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario regionale, di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. A tal fine, accedono in via prioritaria alla riassegnazione di tali risorse, le Regioni richiedenti che siano sottoposte alla procedura di diffida di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, conseguente alla situazione di squilibrio economico-finanziario della spesa sanitaria;
   il disegno di legge non è provvisto della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR); Pag. 16alla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione è allegata una tautologica dichiarazione di esenzione dall'obbligo di redigerla;
   ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, non vi sia nulla da osservare.»

  Il Comitato approva la proposta di parere.

  La seduta termina alle 9.55.