CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 27 giugno 2013
46.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
Pag. 55

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Giovedì 27 giugno 2013. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. — Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 9.40.

Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati.
COM(2012)629 final.

Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2013-30 giugno 2014.
17426/12.

Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013.
Doc. LXXXVII-bis, n. 1.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei documenti in oggetto.

Pag. 56

  Andrea ROMANO (SCpI), relatore, fa presente che la relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2013 è stata trasmessa dal Governo al Parlamento il 5 giugno scorso nel medesimo testo che era già stato inviato il 18 gennaio 2013 – nella XVI legislatura – e non esaminato in ragione dello scioglimento delle Camere. Osserva che nella lettera di trasmissione il Ministro per gli affari europei, Moavero Milanesi, motiva la scelta di non predisporre una nuova versione della relazione al fine di «non ritardare ulteriormente l'avvio da parte delle Camere dell'esame della stessa e la conseguente definizione degli indirizzi generali sull'azione europea dell'Italia per l'anno 2013». Evidenzia, inoltre, che il Ministro stesso ha segnalato che il Governo ha fornito le indicazioni in merito alle priorità e agli obiettivi della sua azione in Europa, in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio Letta presso la Camera ed il Senato, lo scorso 21 maggio, in vista del Consiglio europeo del 22 maggio. Segnala inoltre che, nella premessa della relazione, peraltro, si sottolineava che, intervenendo la presentazione del documento alla fine della XVI legislatura, esso rivestiva «un carattere essenzialmente informativo e di orientamento» e che si asteneva – per quanto possibile – «dall'assumere impegni come soltanto un Governo e un Parlamento nel pieno esercizio delle loro funzioni potrebbero fare». Fa presente, inoltre, che la relazione è stata predisposta in applicazione dell'articolo 13 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che riproduce in larga misura l'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, come sostituito dalla legge n. 96 del 2010. In base a tale disposizione, il Governo presenta ogni anno, entro il 31 dicembre, una relazione recante indicazione di obiettivi, priorità e orientamenti che il Governo intende seguire a livello europeo nell'anno successivo, e, entro il 28 febbraio, una relazione consuntiva, recante indicazione delle attività svolte dal Governo a livello europeo nell'anno precedente. Segnala che la relazione sarà esaminata congiuntamente con il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013, presentato il 23 ottobre 2012, in conformità con il parere della Giunta per il regolamento della Camera del 14 luglio 2010. Tale parere ha infatti disposto che la relazione programmatica sia esaminata congiuntamente agli strumenti di programmazione legislativa e politica delle istituzioni europee, secondo la procedura definita dalla medesima Giunta con parere del 9 febbraio 2000 che prevede: l'esame da parte di tutte le Commissioni permanenti – per i profili ricadenti nell'ambito delle rispettive competenze – che approvano un parere; l'esame generale da parte della Commissione politiche dell'Unione europea, che presenta una relazione all'Assemblea; la discussione in Assemblea, che di norma si conclude con l'approvazione di atti di indirizzo al Governo. Fa presente inoltre che, in considerazione del tempo trascorso dalla predisposizione dei due documenti, la presente relazione si concentra sulle indicazioni della relazione programmatica e del programma legislativo che concernono questioni o iniziative ancora in corso di esame o elaborazione a livello europeo e sugli orientamenti dell'azione europea del Governo enunciati nelle richiamate comunicazioni del Presidente del Consiglio Letta e nelle audizioni sulle linee programmatiche. In ordine ai documenti di cui la Commissione avvia l'esame nell'odierna seduta, fa presente che gli stessi rivestono un evidente rilievo, dal momento che le istituzioni europee adottano sistematicamente il metodo della programmazione nell'organizzazione della loro attività. Ciò consente di strutturare in modo ordinato e consequenziale le diverse fasi dei processi decisionali che si aprono con la predisposizione di documenti, quali il programma di lavoro della Commissione oggetto di esame, per proseguire, in genere, con la redazione di documenti di consultazione in esito ai quali vengono infine predisposte, nelle diverse materie, le proposte legislative. Segnala che tale metodo ammette alcune eccezioni quando, in presenza di emergenze e di situazioni imprevedibili, risulta necessario adottare provvedimenti Pag. 57urgenti. Fa presente che al riguardo la materia della finanza pubblica e delle politiche di bilancio è esemplare, avendo le istituzioni europee dovuto adottare, con un ritmo anche convulso, negli ultimi anni, una serie di provvedimenti volti ad arginare gli effetti sempre più gravi delle crisi debitorie e della crisi economico-finanziaria. Osserva tuttavia che, in linea generale, il metodo della programmazione offre il vantaggio di costruire per passaggi successivi e in maniera più ordinata le politiche da adottare a livello europeo. Tale metodo risulta soltanto in parte recepito nell'ordinamento italiano, costituendo, al riguardo, un indubbio progresso la previsione, di cui all'articolo 13 della legge n. 234 del 2012, dell'obbligo del Governo di trasmettere al Parlamento, entro il 31 dicembre di ciascun anno, una relazione recante l'indicazione degli obiettivi prioritari e degli orientamenti che l'Esecutivo intende seguire a livello europeo nell'anno successivo. Evidenzia che, proprio in attuazione di tale previsione di legge, il Governo ha provveduto a trasmettere la relazione, il cui esame viene svolto congiuntamente al Programma di lavori della Commissione europea e al Programma dei diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2013-30 giugno 2014. L'esame congiunto consente infatti di verificare quali siano gli orientamenti del Governo con riferimento agli obiettivi che la Commissione europea intende perseguire nell'anno in corso.
  Osserva che l'esame parlamentare offre una fondamentale occasione per un confronto con l'esecutivo per definire meglio le strategie che il Paese deve adottare nelle sedi negoziali europee. Segnala, peraltro, che le vicende relative allo scioglimento della legislatura, allo svolgimento delle elezioni politiche e alla costituzione del nuovo Governo hanno determinato un notevole ritardo nell'esame dei documenti all'ordine del giorno, rispetto alla tempistica prevista dalla normativa. Tale ritardo inevitabilmente pregiudica, almeno parzialmente, il valore della pronuncia parlamentare che, in esito all'esame presso le diverse Commissioni, si tradurrà nella discussione in Assemblea e, presumibilmente, nell'adozione di atti di indirizzo al Governo. Fa presente che, intervenendo il procedimento ad esercizio ormai avanzato, molte delle indicazioni che il Parlamento avrebbe potuto fornire all'esecutivo risultano già superate, specie quando si tratti di questioni prossime alla definitiva soluzione a livello europeo. Segnala in particolare come in questi primi mesi di attività parlamentare l'Assemblea sia più volte intervenuta su tematiche europee in relazione a importanti appuntamenti, come quello del Consiglio europeo programmato nelle giornate del 27 e del 28 giugno, che tratterà dei problemi relativi alla lotta alla disoccupazione e all'adozione di interventi per promuovere una più solida e duratura ripresa dell'economica europea. Esaminando in particolare i contenuti dei documenti all'ordine del giorno, rileva in primo luogo che essi attribuiscono grande importanza e carattere prioritario, per un verso, al completamento del sistema di governance economica europea, alla luce della tabella di marcia approvata dal Consiglio europeo del dicembre 2012 e, per altro verso, alla necessità di rafforzare le strategie per promuovere la crescita e l'occupazione. Fa presente inoltre che la tabella di marcia approvata dal Consiglio prospetta la realizzazione di un quadro integrato di bilancio e una cornice integrata di politiche economiche che dovrebbero tradursi anche nella possibilità di adottare quegli accordi di natura contrattuale che costituiscono oggetto delle due comunicazioni della Commissione europea che proprio in questi giorni la Commissione bilancio sta esaminando, e su cui si è avviata una approfondita istruttoria. Osserva che il Governo nella sua relazione evidenzia la necessità di procedere, al riguardo, nel pieno rispetto del quadro giuridico dell'Unione europea. In tale senso segnala in particolare l'esigenza di evitare, per il futuro, il ricorso a strumenti adottati fuori dal quadro istituzionale europeo, attraverso accordi internazionali. Ciò è avvenuto recentemente con il cosiddetto Fiscal compact e con il Trattato istitutivo dell'ESM; per il futuro considera Pag. 58opportuno garantire la coerenza complessiva del quadro normativo europeo e ricondurre entro una cornice organica le diverse misure adottate. Ritiene apprezzabile anche l'attenzione che il Governo manifesta per garantire la massima legittimazione democratica dei processi decisionali nell'Unione europea nella materia della governance economica, da realizzare anche mediante il pieno coinvolgimento delle istituzioni parlamentari e l'affermazione del Governo circa la volontà di promuovere un potenziamento dell'autonomia di bilancio dell'Eurozona, anche attraverso l'emissione di titoli volti a finanziare progetti di interesse comune europeo. Auspica che le resistenze di alcuni partner in materia siano al più presto superate, in quanto non si tratterebbe, infatti, di produrre nuovo debito, ma di acquisire risorse a tassi di mercato vantaggiosi per l'emittente, da destinare a progetti, in primo luogo infrastrutturali, cui altrimenti i singoli paesi non potrebbero far fronte e che consentirebbero di tradurre concretamente il valore aggiunto della dimensione europea, in termini apprezzabili per i cittadini europei. Sul tema delle strategie per la crescita e l'occupazione evidenzia come proprio la discussione svolta in Assemblea, con l'intervento del Presidente del Consiglio Letta, abbia consentito di acquisire un quadro aggiornato, anche rispetto ai contenuti dei documenti in esame, sulle priorità e le linee di intervento che il Governo intende perseguire in Europa e sull'importanza che assume in proposito il Consiglio europeo del 27-28 giugno 2013. Come è stato ribadito da più parti, ritiene necessario che il Consiglio adotti conclusioni concrete e rapidamente traducibili in interventi specifici. A suo parere, un fallimento sarebbe infatti catastrofico non soltanto perché la situazione di crisi economico-sociale in molti paesi europei, tra cui l'Italia, ha assunto proporzioni allarmanti, ma anche per evitare di alimentare ulteriormente il sentimento di sfiducia e disaffezione già molto radicato nei confronti delle istituzioni europee e della capacità dell'Europa di adottare con la tempistica necessaria le misure efficaci a invertire l'attuale ciclo economico. Osserva inoltre che, nella discussione in Assemblea, sono state richiamate le dimensioni gravissime del tasso di disoccupazione, specie giovanile, che in Italia ha superato il tetto del 38 per cento, rendendo quindi necessari interventi urgenti, sfruttando tutti gli spazi offerti dalle regole vigenti, comunque nel rispetto degli impegni assunti relativamente al processo di risanamento della finanza pubblica. Evidenzia in particolare l'aumento del numero delle imprese costrette a cessare l'attività o che sono prossime al fallimento, la caduta continua della domanda interna, sia pubblica che privata, che in Italia è soltanto in parte compensata con l'aumento delle esportazioni, l'aumento delle sofferenze e, di conseguenza, la contrazione del credito concesso alle imprese. Ritiene che questi elementi sono sufficienti a richiamare tutti, a partire dalle istituzioni europee, affinché si facciano carico con il massimo senso di responsabilità della necessità di evitare di innescare processi recessivi che rischiano di non essere recuperabili. Per quanto concerne il quadro pluriennale 2014-2020, osserva che la relazione del Governo ricorda la posizione negoziale assunta dall'Italia, contraddistinta dalla sottolineatura della necessità di garantire all'Unione la disponibilità di risorse adeguate allo svolgimento dei propri compiti, in opposizione alle proposte avanzate da diversi partner, tra cui la Germania e il Regno Unito, per un drastico ridimensionamento del bilancio dell'Unione europea peraltro già obiettivamente assai limitato. Rileva che l'Italia ha posto, assai correttamente, l'esigenza di mettere in discussione i meccanismi di correzione di cui si avvalgono alcuni partner, posto che anche il nostro paese è ormai da tempo un contribuente netto dell'Unione europea. Osserva che il Parlamento europeo ha manifestato, sull'accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo, alcune riserve, tra le altre cose segnalando proprio la insufficienza delle risorse stanziate. Ritiene condivisibili tali rilievi e auspica che il negoziato si concluda con un incremento delle Pag. 59dotazioni. In conclusione, evidenzia che i documenti all'ordine del giorno pongono una serie di questioni su cui è opportuno che il Parlamento si pronunci.
  In particolare, per quanto concerne il processo di completamento della riforma della governance economica europea, ritiene opportuno rimarcare l'esigenza di muoversi in un quadro coerente che riconduca ad organicità i diversi interventi. Allo stesso tempo considera indispensabile garantire, per la delicatezza delle materie trattate e l'impatto che le scelte assunte producono sulla generalità dei cittadini e sui sistemi produttivi europei, la massima trasparenza e la più ampia legittimazione democratica dei processi decisionali, valorizzando il ruolo che al riguardo possono svolgere le istituzioni parlamentari. Rinvia invece alle conclusioni cui la Commissione perverrà in esito all'esame delle comunicazioni già all'ordine del giorno relativamente allo strumento di convergenza e al coordinamento delle politiche economiche.

  Il sottosegretario Sesa AMICI si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.

  Francesco BOCCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.55.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 27 giugno 2013. — Presidenza del vicepresidente Girgis Giorgio SORIAL.

  La seduta comincia alle 9.55.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente le modalità di adozione del piano dei conti integrato delle amministrazioni pubbliche.
Atto n. 12.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Federico FAUTTILLI (SCpI), relatore, osserva che lo schema di decreto in esame è predisposto in attuazione dell'articolo 4, commi 3, lettera a), e 8 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 – recante l'attuazione della delega sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, contenuta nell'articolo 2, comma 1, della di legge di contabilità nazionale n. 196 del 2009. Ricorda che il richiamato articolo 4 impone alle amministrazioni pubbliche in regime di contabilità finanziaria l'adozione di un comune piano dei conti integrato, costituito da conti che rilevano le entrate e le spese in termini di contabilità finanziaria e da conti economico-patrimoniali, redatto secondo criteri comuni di contabilizzazione. Rileva che l'adozione del piano dei conti è funzionale alla realizzazione dell'obiettivo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio della amministrazioni pubbliche fissato dall'articolo 2, comma 1, della legge di contabilità n. 196 del 2009 e dal relativo decreto legislativo n. 91 del 2011, ed è finalizzato a perseguire la qualità e la trasparenza dei dati di finanza pubblica, nonché il miglioramento della raccordabilità dei conti delle amministrazioni pubbliche con il sistema europeo dei conti. Rammenta che, a tal fine, il citato articolo 4 prevede che la definizione delle voci del Piano dei conti debba essere coerente con il sistema delle regole contabili enunciate dal provvedimento medesimo, nonché con le regole definite in ambito internazionale e deve avvenire con modalità finalizzate a garantire il rispetto del Regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea. Fa presente che il comma 3, lettera a), demanda appunto a un regolamento da adottarsi con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge Pag. 60n. 400 del 1988, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la specifica determinazione delle voci in cui il piano integrato dei conti deve essere articolato ed il contenuto di ciascuna voce. Ai sensi del comma 8, gli schemi dei regolamenti devono essere trasmessi alle Camere affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti entro 60 giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine per l'espressione dei pareri, i regolamenti possono essere comunque adottati. Osserva che i termini per l'adozione dei suddetti regolamenti, inizialmente fissati in 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 91 del 2011, sono stati differiti dapprima al 31 dicembre 2012 dall'articolo 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 216 del 2011 e poi al 30 giugno 2013 dall'articolo 1, comma 388, della legge di stabilità 2013.
  Rileva che in base al decreto legislativo n. 91 del 2011, i soggetti tenuti all'adozione del Piano sono soltanto le amministrazioni pubbliche, diverse da quelle territoriali, in regime di contabilità finanziaria, come individuate dall'articolo 1, comma 2 della legge di contabilità pubblica. Rientrano nel novero delle pubbliche amministrazioni, secondo la definizione contenuta nella legge di contabilità, gli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto economico consolidato della Pubblica amministrazione – come indicati annualmente dall'apposito Comunicato ISTAT – le Autorità indipendenti, nonché le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001 sul pubblico impiego. Nel complesso, si tratta, a titolo esemplificativo, di enti pubblici di regolazione dell'attività economica, produttori di servizi economici che non assumono forma societaria, assistenziali ricreativi ed assistenziali, enti e istituzioni di ricerca, enti nazionali di previdenza e assistenza e talune amministrazioni locali non territoriali. Evidenzia che, sebbene il decreto legislativo n. 91 del 2011 concerna l'armonizzazione dei sistemi contabili di tutte le Pubbliche amministrazioni, lo schema di regolamento in esame esclude dall'ambito di applicazione delle disposizioni in esso contenute le amministrazioni centrali dello Stato, per le quali comunque opera la delega al Governo per la riforma della struttura del bilancio dello Stato, tutt'ora pendente, da attuarsi entro il 1o gennaio 2014, i cui principi e criteri direttivi sono contenuti nell'articolo 40 della legge di contabilità pubblica. Anche per tali amministrazioni, è infatti previsto, dalla legge di contabilità, l'affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema di contabilità economico-patrimoniale funzionale alla verifica dei risultati conseguiti dalle stesse amministrazioni. Rileva che il Piano è costituito da conti che rilevano, contestualmente, entrate e spese, sia in termini di contabilità finanziaria, sia in termini di contabilità economico patrimoniale, ed è redatto in base a criteri comuni di contabilizzazione. Sottolinea che, ai fini del coordinamento tra il vigente Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici (SIOPE) – che rileva in via telematica gli incassi e i pagamenti effettuati dai tesorieri e dai cassieri delle Amministrazioni pubbliche – e il nuovo Piano dei conti, si prevede che le codifiche SIOPE siano definite in base alla struttura del Piano dei conti medesimo, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Osserva che il Piano dei conti integrato deve essere strutturato gerarchicamente secondo vari livelli di dettaglio. Ai fini del consolidamento e monitoraggio della fase di previsione, gestione e rendicontazione dei conti delle Pubbliche amministrazioni, il Piano deve indicare gli elementi di base secondo cui articolare le rilevazioni contabili assicurate dalle amministrazioni. Fa presente che, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 91 del 2011, il piano dei conti, realizzato mediante un sistema integrato di scritturazione contabile finalizzato alla classificazione delle operazioni effettuate dalle amministrazioni pubbliche e all'adozione del sistema di regole contabili comuni, è finalizzato ai seguenti obiettivi: armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche in Pag. 61regime di contabilità finanziaria; integrazione e coerenza tra le rilevazioni contabili di natura finanziaria con quelle di natura economica; consolidamento dei conti delle amministrazioni pubbliche nelle fasi di previsione, gestione e rendicontazione di entrate e spese, di costi e ricavi, nonché monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica in corso d'anno; maggiore tracciabilità delle informazioni contabili sotto il profilo finanziario, economico e di cassa; maggiore attendibilità e trasparenza dei dati contabili. Rileva che, a tal fine, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare un sistema integrato di scritturazione contabile che consenta di registrare in modo integrato automaticamente ciascuna operazione gestionale contabilmente rilevante in termini di effetti finanziari, economici e patrimoniali ed assicurare la coerenza delle rilevazioni di natura finanziaria con quelle di natura economica e patrimoniale. Evidenzia che il sistema di scritturazione contabile integrato si applica a decorrere dall'esercizio finanziario 2014. Osserva che il piano dei conti rappresenta quindi la struttura di riferimento per la predisposizione dei documenti contabili e di finanza pubblica delle amministrazioni pubbliche. Ciascuna voce – articolazione minima – del Piano deve corrispondere in maniera univoca a un'unità elementare di bilancio finanziario. Al di là dei documenti ufficiali predisposti dalle amministrazioni, tutte le altre informazioni e gli schemi contabili messi a punto dalle amministrazioni ai fini del monitoraggio e del consolidamento dei dati di finanza pubblica in corso d'anno, dovranno essere strutturati sulla base dell'articolazione del piano. Con specifico riferimento al contenuto dello schema all'esame della Commissione, segnala che l'articolo 1 reca le definizioni e le denominazioni funzionali all'individuazione degli ambiti soggettivi e oggettivi dello schema di decreto. In particolare sono definite amministrazioni pubbliche, le amministrazioni pubbliche – ad esclusione delle regioni, degli enti locali, dei loro enti ed organismi strumentali e degli enti del Servizio sanitario nazionale – in contabilità finanziaria di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 91 del 2011, diverse dalle amministrazioni centrali dello Stato. È altresì definito piano dei conti integrato l'elenco delle unità elementari del bilancio finanziario gestionale e dei conti economico-patrimoniali, cd. voci del piano dei conti, basato su una struttura gerarchica a più livelli. Ciascuna voce indica la natura economica degli atti gestionali per la loro classificazione a livello elementare. Il piano dei conti è parte del sistema integrato di scritturazione contabile, definito quale sistema che consente la registrazione di ciascun evento gestionale contabilmente rilevante, cosiddetta transazione elementare, in modo da assicurare l'integrazione e la coerenza delle rilevazioni di natura finanziaria con quelle di natura economica e patrimoniale. Rileva che lo schema del piano dei conti integrato è definito nell'articolo 2 del provvedimento e la sua articolazione è indicata nell'allegato 1. Esso dovrà essere adottato dalle amministrazioni pubbliche in regime di contabilità finanziaria a partire dall'esercizio finanziario 2014, dopo un periodo di sperimentazione di un anno, previsto a decorrere dall'anno 2013 dall'articolo 4. Osserva che lo schema del piano dei conti è stato elaborato, secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa, dall'apposito gruppo di lavoro costituito all'interno del Comitato dei principi contabili, in accordo con l'analogo gruppo di lavoro costituito in seno alla COPAFF (Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale) relativamente agli enti territoriali ed alle aziende sanitarie locali, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 7, della legge n. 196 del 2009. Ciò nell'ottica di realizzare, per quanto possibile, l'armonizzazione dei sistemi contabili delle pubbliche amministrazioni. Fa presente che il Piano, come esposto in allegato 1, è suddiviso in tre «moduli»: Conto economico, Conto finanziario e Stato patrimoniale, ciascuno dei quali è composto, rispettivamente, dall'elenco delle unità elementari dei conti economici, patrimoniali e del bilancio finanziario e rappresenta la struttura Pag. 62di riferimento per la predisposizione dei documenti contabili e di finanza pubblica di ciascuna amministrazione. L'articolazione del piano di cui all'allegato 1 costituisce, dunque, il livello minimo di dettaglio comune a tutte le amministrazioni pubbliche tenute all'adozione del piano stesso. In particolare, l'elenco delle voci del piano dei conti finanziario si articola sino al V livello. Posto che l'allegato 1 costituisce parte integrante dello schema di decreto, osserva che né l'articolo 1, né l'articolo 2 del provvedimento chiariscono il significato e il contenuto dei livelli della articolazione del piano dei conti. L'articolo 2, infatti, si limita a prevedere che il livello minimo di articolazione del piano dei conti, ai fini del raccordo con i capitoli e gli articoli – presumibilmente, del bilancio finanziario – ove previsti, è costituito dal quarto livello in fase di previsione. In fase di gestione e ai fini di consolidamento e monitoraggio, il livello minimo di articolazione del piano è costituito dal V livello. Anche in considerazione dei rilievi espressi dal Consiglio di Stato, ritiene che sarebbe pertanto opportuno – al di là della previsione, pure contenuta nell'articolo 2, comma 6, dello schema di decreto della pubblicazione di un glossario atto a facilitare la corretta classificazione delle transazioni elementari – inserire nelle definizioni di cui all'articolo 2 il significato dei livelli di articolazione del piano dei conti, esplicitando la natura economica e finanziaria delle transazioni riconducibili ad essi. Osserva che, ferma restando la previsione – contenuta nell'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 91 del 2011 – per la quale con decreto ministeriale, per gruppi omogenei di enti, possono essere definiti ulteriori livelli gerarchici di dettaglio del piano dei conti, l'articolo 3 consente alle amministrazioni pubbliche – in relazione alla specificità delle proprie attività istituzionali – di definire gli ulteriori livelli gerarchici utili alle proprie rilevazioni contabili, ottimizzandone la struttura in base alle proprie finalità e comunque garantendo che le sotto articolazioni così create siano riconducibili alle voci di quinto livello del Piano dei conti. Ricorda che l'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 91 del 2011, prevede che con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, sentite le amministrazioni vigilanti, sono definiti, per gruppi omogenei di enti che svolgono attività similare, ulteriori livelli gerarchici di dettaglio del comune piano dei conti, utili alla rilevazione delle operazioni tipiche svolte dagli stessi e comuni a tutti gli enti del gruppo. Le strutture delle codifiche dei vari comparti devono essere coerenti, per assicurare le informazioni necessarie al consolidamento dei conti. Segnala che l'articolo 3 prevede l'obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di affiancare la contabilità economico-patrimoniale alla contabilità finanziaria e di realizzare un sistema integrato di contabilità ai sensi di quanto previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 91 del 2011, in conformità all'allegato 1 dal piano dei conti. L'articolo indica, inoltre, come ciascun atto o fatto gestionale deve trovare corrispondenza in una transazione elementare e deve essere rilevato in modo da assicurare una corrispondenza univoca con una voce del piano relativo alla contabilità finanziaria, secondo il principio contabile della competenza finanziaria contenuto nel decreto legislativo n. 91 del 2011, nonché una voce del conto economico e del conto patrimoniale, laddove la transazione elementare generi un evento rilevante ai fini economico patrimoniali, secondo il principio della competenza economica contenuto nel citato decreto legislativo n. 91 del 2011. Fa presente che, al fine di garantire l'integrazione contabile tra i diversi moduli del piano dei conti, l'articolo 3 prevede che ciascuna voce del piano relativa alla contabilità finanziaria deve essere correlata alle corrispondenti voci del piano relative alla contabilità economico-patrimoniale attraverso «schemi di transizione». Tali schemi sono predisposti periodicamente dal Ministero dell'economia e finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e sono pubblicati sul sito Internet – presumibilmente quello del Ministero dell'economia e delle finanze. Rammenta che l'articolo 8 del decreto Pag. 63legislativo n. 91 del 2011, oltre a prevedere l'univocità del raccordo tra transazioni elementari in chiave economico patrimoniale e finanziaria, stabilisce altresì che ciascuna transazione elementare debba contenere anche elementi conoscitivi in merito ai programmi di spesa ed ai centri di responsabilità coinvolti, in aggiunta alla codifica COFOG. Le amministrazioni che non provvedono ad effettuare la predetta correlazione, sono tenute a darne opportuna motivazione. In particolare, esse sono tenute a definire la correlazione tra il quinto livello di articolazione del piano dei conti finanziario e il piano relativo alla contabilità economico-patrimoniale, indicando – per ogni scostamento – i criteri contabili applicati tra quelli individuati dalle norme e dai regolamenti nazionali ed internazionali. Le informazioni così prodotte devono essere inviate alla Ragioneria generale dello Stato contestualmente a tutti i documenti contabili. Rileva, infine, che l'articolo mantiene ferme le rilevazioni delle scritture contabili della contabilità finanziaria e della contabilità economico-patrimoniale, di cui all'allegato 1 dello schema in esame. Osserva che tale previsione sembra potersi mettere in relazione all'articolo 5 dello schema, che consente di procedere ad eventuali aggiornamenti del piano dei conti solo con un decreto del Ministro dell'economia e finanze, da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale e sul sito del Ministero. Da ultimo, rileva che l'articolo 4 disciplina il periodo di sperimentazione. Tale periodo ha la durata di un esercizio finanziario a decorrere dall'anno 2013 e riguarderà – tra l'altro – la valutazione del livello minimo di articolazione del piano dei conti integrato, la definizione dei livelli gerarchici in relazione alle peculiarità contabili delle amministrazioni, i principi contabili da applicare in relazione alla tenuta del sistema di scritturazione contabile e la tenuta delle scritture di correlazione tra i moduli del piano dei conti. Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e finanze, da adottarsi entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, l'individuazione delle amministrazioni coinvolte nella sperimentazione. L'individuazione è effettuata secondo criteri di rilevanza del loro bilancio in termini di spesa e di rappresentatività nei sottosettori del conto delle amministrazioni pubbliche relativi alle amministrazioni centrali, alle amministrazioni locali diverse da quelle assoggettate al decreto legislativo n. 118 del 2011 e agli enti di previdenza e assistenza sociale. Osserva che alla sperimentazione deve partecipare, per ciascuno dei sottosettori, almeno una amministrazione con le caratteristiche sopra dette e che si prevede che gli esiti della sperimentazione sono tenuti in considerazione ai fini dell'attuazione della delega per la riforma della struttura del bilancio dello Stato di cui all'articolo 40 della legge di contabilità pubblica. Sul punto, sottolinea che il decreto legislativo n. 91 del 2011 prevede una sola tipologia di sperimentazione ed è quella prevista dall'articolo 25. Si tratta di una sperimentazione della durata di due esercizi finanziari, a decorrere dall'anno 2014, da adottarsi con decreto entro il 30 giugno 2013, volta esclusivamente a valutare gli effetti derivanti da un avvicinamento tra contabilità finanziaria e contabilità economico-patrimoniale e, dunque, avente ad oggetto l'adozione di un criterio di competenza finanziaria rafforzato.

  Rocco PALESE (PdL) osserva come le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, siano rimaste a lungo inattuate, auspicando che le pubbliche amministrazioni adottino celermente i nuovi sistemi di contabilizzazione cui si fa riferimento nello schema di decreto.

  Bruno TABACCI (Misto-CD), nel ringraziare l'onorevole Fauttilli per l'esaustività della relazione svolta, osserva come la materia oggetto del provvedimento sia particolarmente tecnica e complessa e come, pertanto, le possibilità di intervento della Commissione appaiano limitate. Rileva altresì come sia necessario acquisire elementi informativi in ordine alla contabilità integrata dei debiti fuori bilancio, in assenza dei quali non è possibile effettuare un efficace controllo sulla quantità e qualità della spesa pubblica.

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  Girgis Giorgio SORIAL, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.10.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

  Giovedì 27 giugno 2013. — Presidenza del vicepresidente Girgis Giorgio SORIAL.

  La seduta comincia alle 10.10.

Sul Seminario parlamentare ad alto livello, organizzato dall'OCSE, sul tema: «Dalla turbolenza economica alla crescita inclusiva: quali insegnamenti trarre dal modello nordico» (Stoccolma, 17-18 giugno 2013).

  Girgis Giorgio SORIAL, presidente, fa presente che l'onorevole Galli ha partecipato al Seminario parlamentare ad alto livello, organizzato dall'OCSE, sul tema: «Dalla turbolenza economica alla crescita inclusiva: quali insegnamenti trarre dal modello nordico», svoltosi a Stoccolma il 16 e 17 giugno 2013. Invita pertanto l'onorevole Galli a riferire alla Commissione sugli esiti della missione.

  Giampaolo GALLI (PD), fa presente che il seminario di alto livello, organizzato dall'OCSE e ospitato a Stoccolma dal Parlamento svedese, si inserisce nell'ambito delle iniziative dell’OECD Parliamentary Network, che ogni anno si tengono alternativamente a Parigi e in un Parlamento nazionale. Lo scopo di tali incontri è quello di costituire a livello parlamentare occasioni di confronto tra parlamentari ed esperti sulle più importanti tematiche affrontate dall'OCSE, anche al di là dei rapporti scritti e dei numerosi studi predisposti dall'Organizzazione. Rileva che il tema affrontato quest'anno si pone in perfetta coerenza con l'attenzione che l'OCSE dedica da molti anni alla questione della «crescita inclusiva» e a tal proposito il modello scandinavo, con particolare riferimento al caso svedese, è sempre stato additato come un esempio. Il seminario ha rappresentato quindi un'occasione preziosa per riflettere su tale assunto e sull'impatto che la crisi economica ha avuto anche sui Paesi scandinavi e sul loro modello di welfare. Ricorda che l'incontro, cui hanno preso parte le delegazioni parlamentari di numerosi Paesi aderenti all'OCSE, si è svolto nelle giornate di lunedì 17 e martedì 18 giugno 2013 ed i lavori sono stati articolati in cinque differenti sessioni, dedicate, rispettivamente, alla promozione della crescita inclusiva; alle modalità attraverso le quali i Parlamenti lavorano con l'OCSE e le altre istituzioni esperte; ai risultati del Better Life Index; alle lezioni che derivano dal modello scandinavo; al lavoro dei Parlamenti nazionali con istituzioni di bilancio indipendenti. Fa presente che, nel corso della prima sessione, dopo i saluti introduttivi dell'on. Anna Kimberg Batra, presidente della Commissione finanze del Parlamento svedese e di Anthony Gooch, capo della Direzione Public Affairs and Communications dell'OCSE, quest'ultimo, in vece del Segretario generale Gurria, ha presentato alcuni studi dell'Organizzazione in tema di crescita inclusiva. Rileva, in particolare, che Gooch ha sottolineato come oltre 200 milioni di persone siano fuori dal mondo del lavoro e la povertà colpisca ancora più massicciamente e ha ricordato il dramma della disoccupazione giovanile e il divario sempre crescente tra ricchi e poveri. In proposito, Gooch ha ricordato come l'OCSE abbia condotto diversi studi in materia già da prima dell'inizio della crisi economica ed abbia presentato un primo rapporto nel 2008. Ha evidenziato come tuttavia, il divario nella distribuzione del reddito sia cresciuto negli anni 2008-2010 in misura maggiore che nei dodici anni precedenti, come conseguenza della crisi stessa, con una concentrazione del rischio relativo di povertà soprattutto sui più giovani con tassi di disoccupazione giovanile in media del 17 per cento nei paesi OCSE, con punte di quasi il 60 per cento in Spagna. Gooch ha evidenziato, inoltre, come tale tendenza stia diventando strutturale, Pag. 65con seri problemi di tenuta sociale. Fa presente che, al fine di porre un freno a tale tendenza, ad avviso dell'OCSE, gli Stati dovrebbero adottare politiche di riforma inclusive, in particolare nei settori della sanità, delle infrastrutture e dell'istruzione, conciliando il necessario rigore di bilancio con un'opportuna attenzione alle questioni sociali, partendo dalle riforme dei sistemi previdenziali al fine di garantirne equità e sostenibilità. Ricorda che a tal proposito, l'OCSE sottolinea come una crescita inclusiva sia spesso impossibile senza adeguate riforme istituzionali, con particolare attenzione ai processi decisionali democratici, rilevando come diventi necessaria, in tale contesto, anche una precisa regolamentazione delle lobby che, nella massima trasparenza, consenta la più ampia partecipazione degli stakeholders alle decisioni politiche. Rileva quindi che, dopo l'inquadramento generale fornito dal rappresentante dell'OCSE, il prof. Andreas Bergh, dell'università di Lund e dell'Istituto di ricerca sull'economia industriale svedese, ha trattato del modello svedese di crescita inclusiva, partendo dalla storia economica della Svezia, caratterizzata, tra il 1840 e il 1870, da grande povertà e da un'emigrazione diffusa. Il professore ha evidenziato come nei 100 anni successivi la Svezia sia invece divenuto il quarto paese al mondo per ricchezza pro capite, mentre dal 1980 essa si sia caratterizzata soprattutto per una distribuzione della ricchezza particolarmente omogenea. Ad avviso del professore, tale esperienza dimostra come non vi sarebbe contraddizione tra l'efficienza e l'equità. Le spiegazioni di tale successo, più che in quelle classiche, rappresentate dall'esportazione di ricchezze naturali e dalla non partecipazione ai conflitti, che in altri paesi hanno generato situazioni molto differenziate, andrebbe piuttosto rinvenuta nel riconoscimento dei diritti di proprietà, dal basso livello di corruzione e dal libero scambio commerciale. Rileva, inoltre, che Bergh ha sottolineato come la chiave del patto sociale sia rappresentata anche dal consenso sul come e dove spendere le risorse derivanti dall'alto livello di tassazione. Come facce della stessa medaglia, il professore ha evidenziato come, al contrario, la diseguaglianza dipenda dalla distribuzione delle terre, dei consumi e dei redditi. Inoltre Bergh ha richiamato l'importanza cruciale per il successo del modello svedese di alcune riforme storiche adottate nel secolo tra il 1870 e il 1970, ricordando in particolare quella della proprietà terriera, quella fondamentale dell'istruzione, il rigido sistema di contrattazione centralizzata del mercato del lavoro, nonché quelle relative all'assicurazione sociale ed all'intervento pubblico nell'economia, che hanno consentito di coniugare capitalismo e welfare state. Fa presente che la sessione è quindi proseguita con l'intervento della professoressa Ása Löfström della School of Business dell'Università di Umeå che si è concentrata sulla relazione tra l'occupazione femminile e la crescita economica. Ad avviso della professoressa, il tasso di occupazione femminile sarebbe rilevante ai fini dell'incremento del PIL e della distribuzione della ricchezza. Secondo i dati riportati nell'intervento, i paesi a più alta occupazione femminile godrebbero anche di più alti livelli di PIL pro capite. Inoltre, una maggiore inclusione delle donne nella forza lavoro attiva ridurrebbe i rischi di povertà per i figli e le donne stesse, favorirebbe l'eguaglianza tra i generi, una maggiore condivisione tra i genitori delle responsabilità affettive ed economiche rispetto ai figli. Le statistiche citate dalla professoressa dimostrano inoltre un aumento del tasso di fertilità delle donne in relazione alla combinazione tra un alto livello dell'occupazione femminile e di incentivazioni fiscali o ordinamentali per la famiglia. Relaziona, quindi, in merito al suo intervento sull'attualità del modello scandinavo, nel corso del quale ha chiesto le ragioni per cui, pur in presenza di un avanzo di bilancio, la Svezia non adotti politiche espansive di sostegno all'occupazione, particolarmente quella giovanile, attesi i dati non incoraggianti in tale settore, anche in relazione ad altri paesi ed in particolare alla Germania. Al quesito ha risposto il prof. Bergh spiegando come sul Pag. 66punto fosse in atto un dibattito volto a superare le rigidità di bilancio ed in particolare la fissazione dei tetti di spesa, ed evidenziando come il modello rappresenti comunque una combinazione tra capitalismo e socialismo. Fa presente che la seconda sessione del seminario è stata dedicata ad un workshop su come i Parlamenti nazionali lavorano con l'OCSE e le altre istituzioni esperte, dividendo i partecipanti in alcuni gruppi di lavoro ristretti. La sessione è stata introdotta dall'on. Göran Pettersson, membro della Commissione finanze del Riksdag, che ha sottolineato la necessità di far fruttare al massimo il rapporto di collaborazione tra Parlamenti nazionali e OCSE attraverso un continuo scambio di informazioni. Rileva che i singoli gruppi di lavoro hanno trattato in concreto le modalità di relazione con l'OCSE. In proposito, i Paesi che, come l'Italia non vi abbiano già provveduto, sono stati invitati ad indicare un focal point, incaricato di tenere stabilmente i rapporti con la rete parlamentare dell'Organizzazione, al fine di verificare di quali informazioni il Parlamento abbia bisogno maggiormente da parte dell'OCSE e secondo quali tempistiche. Osserva che la Camera dovrebbe quindi rispondere all'invito a suo tempo formulato ufficialmente dal Segretario Generale dell'OCSE.
  Con riferimento alla terza sessione, rileva che essa è stata dedicata alla presentazione, da parte di Anthony Gooch, del progetto Better Life, avviato nel 2011 con la pubblicazione del rapporto How's Life, che, facendo seguito a circa 10 anni di studi sull'individuazione di indicatori in grado di misurare il benessere in maniera più completa rispetto al PIL, rappresenta il primo tentativo a livello internazionale di dare conto di un set di indicatori di benessere comparabili e inclusivi per le economie avanzate ed emergenti. Rileva come l'OCSE metta peraltro a disposizione degli utenti anche un indice personalizzato nel quale ciascuno può decidere il peso da attribuire ad ognuno degli 11 indicatori individuati ed ottenere il Paese, tra i 34 considerati, più adatto alle proprie esigenze. L'obiettivo di tale indice personalizzato è anche quello di coinvolgere i cittadini nel dibattito sul progresso sociale e le loro risposte costituiscono un elemento utile per valutare le politiche pubbliche e la loro attuazione. Infine la presentazione si è concentrata sui risultati specifici conseguiti nei Paesi scandinavi. Ricorda peraltro che la Commissione bilancio, nella passata legislatura, ha svolto un'indagine conoscitiva sull'individuazione di indicatori di misurazione del benessere ulteriori rispetto al PIL, conclusasi nella seduta del 19 dicembre 2012 ed i cui lavori potrebbero costituire un'utile base di riflessione anche per il futuro, data la perdurante attualità del tema. Rileva, quindi, che la quarta sessione, svoltasi nella mattinata del 18 giugno, è stata riservata alle lezioni derivanti dai modelli scandinavi. In particolare, il professor Lennart Erixon, dell'Università di Stoccolma, ha tracciato una definizione generale del modello scandinavo, caratterizzato da prestazioni sociali finanziate dall'alto livello della tassazione, da ampi programmi di sostegno ai disoccupati nella ricerca di una nuova occupazione, da alti livelli di partecipazione della forza lavoro, da una tendenziale equità nella distribuzione dei redditi e da un'economia aperta alla concorrenza. Fa presente come, ad avviso del prof. Erixon i principali punti di forza del modello scandinavo siano stati rappresentati da: cambio flessibile, che ha consentito il sostegno delle esportazioni attraverso svalutazioni competitive della corona; buone performances relative, sotto il profilo della crescita e dei conti pubblici durante la crisi; tenuta della domanda interna, grazie al welfare state e all'assenza di bolle speculative immobiliari e crisi bancarie (anche se l'attuale tasso di indebitamento privato ha raggiunto in Svezia vette molto elevate); favorevole composizione delle esportazioni e dei mercati di destinazione delle merci. Oltre ai punti di forza, il prof. Erixon ha richiamato anche quelli di debolezza del sistema, riconducibili essenzialmente ad un eccessivo rigore di bilancio, che rallenta la ripresa, ed ha un impatto negativo sulla curva di Phillips in termini di occupazione, nonché Pag. 67nella necessità di rivedere il sistema fiscale alla luce delle nuove esigenze demografiche, puntando, ai fini del reperimento di risorse, su tasse aventi un minore impatto negativo sulla crescita. Fa presente che il Ministro per i mercati finanziari svedese Peter Norman ha proseguito la sessione dando conto dei principali risultati conseguiti in Svezia dal tasso medio di crescita superiore alla media europea, ad un basso livello di debito pubblico. In particolare, il Ministro ha illustrato le linee guida della politica di bilancio durante la crisi, consistenti in una cornice normativa volta a prevedere l'accumulo di avanzi di bilancio, riforme strutturali, possibilità e credibilità di adottare in caso di bisogno una politica fiscale espansiva, conservazione del contratto sociale basato su alti livelli di welfare. Le principali caratteristiche del quadro giuridico della politica di bilancio consistono: in un approccio top-down alla costruzione del bilancio, introduzione dal 1996 di tetti di spesa per il governo centrale, cui, dal 2000, si affianca l'obiettivo all'avanzo per la pubblica amministrazione e al pareggio per gli enti locali. Per il futuro, il Ministro ha indicato la necessità di intervenire sul cuneo fiscale sulle rigidità del sistema salariale al fine di creare nuovi posti di lavoro; sulle barriere all'ingresso nel mercato del lavoro e sui giovani e gli immigrati. In conclusione, il Ministro ha sottolineato come il modello scandinavo si basi su alti livelli occupazionali, coesione sociale e crescita, nonché su una politica di bilancio che garantisce la credibilità. Rileva, quindi, che, a conclusione della sessione, Paul van den Noord, consigliere del Chief Economist dell'OCSE, ha illustrato una serie di dati elaborati dall'OCSE sul modello scandinavo in comparazione con quello degli altri paesi appartenenti all'Organizzazione. Ricorda, in particolare, che è stato sottolineato come tale modello garantisca contemporaneamente un esteso livello di protezione sociale, un forte mercato del lavoro e un alto tasso di eguaglianza, esattamente all'opposto di quanto accade nei paesi emergenti e con significative divergenze anche rispetto al modello anglosassone e a quello dell'Europa continentale. Van den Noord ha inoltre illustrato l'impatto potenziale sulla crescita che avrebbero le riforme strutturali del mercato del lavoro, del sistema pensionistico, della concorrenza e dell'istruzione, evidenziando come nei paesi scandinavi esso sarebbe abbastanza ridotto, a differenza di altri paesi, tra cui l'Italia, per i quali l'impatto sarebbe maggiore. È stata inoltre dimostrata la stretta correlazione tra tasso di occupazione e politiche attive per il lavoro, con l'esclusione della creazione diretta di posti di lavoro. Ricorda che, durante il dibattito a margine della sessione, ha posto, attraverso il richiamo di dati elaborati dalla stessa OCSE, un quesito sulla perdurante validità del modello scandinavo anche alla luce dell'elevato livello di indebitamento privato, maggiore di quello presente negli Stati Uniti prima della crisi. In proposito, il Ministro Norman ha richiamato la necessità di maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e di una riforma del welfare e della tassazione, ricordando come il Governo abbia deciso l'abolizione della tassa statale sulla proprietà, trasferendola tuttavia a livello locale, e sulle successioni, pur evidenziando la necessità di sostenere il crescente costo del sistema previdenziale e sanitario. Rileva, infine, che l'ultima sessione è stata dedicata alla diffusione di istituzioni indipendenti in materia di bilancio nei paesi dell'OCSE, con le relazioni di Lars Calmfors, professore dell'Università di Stoccolma e ex presidente del Fiscal council svedese, che ha fornito un inquadramento generale sul tema del Fiscal council e delle relazioni con il Parlamento, di Teodora Cardoso, presidente del Consiglio di finanza pubblica portoghese, che ha descritto l'esperienza portoghese, e di Mario Marcel, vice direttore della Direzione Public Governance and Territorial Development dell'OCSE, che ha descritto gli obiettivi che, ad avviso dell'OCSE, tali istituzioni indipendenti dovrebbero perseguire.

  La Commissione prende atto.

  La seduta termina alle 10.20.

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INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 27 giugno 2013. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA, indi del vicepresidente Girgis Giorgio SORIAL.

  La seduta comincia alle 15.10.

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame congiunto delle Comunicazioni della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Verso un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita – Creazione di uno strumento di convergenza e di competitività» (COM(2013)165 def.) e «Verso un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita – Coordinamento ex ante delle grandi riforme di politica economica previste» (COM(2013)166 def.).
Audizione di Roberto Gualtieri, membro del Parlamento europeo.
(Svolgimento e conclusione).

  Francesco BOCCIA, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Roberto GUALTIERI, membro del Parlamento europeo, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono quindi i deputati Giampaolo GALLI (PD), Maino MARCHI (PD), Paolo TANCREDI (PdL), Adriana GALGANO (SCpI), Rocco BUTTIGLIONE (SCpI), Girgis Giorgio SORIAL, presidente, ai quali replica Roberto GUALTIERI, membro del Parlamento europeo.

  Girgis Giorgio SORIAL, presidente, ringrazia l'onorevole Roberto Gualtieri.
  Dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.