CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 18 giugno 2013
39.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 130

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 18 giugno 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GALAN.

  La seduta comincia alle 14.15.

Sui lavori della Commissione.

  Giancarlo GALAN, presidente, avverte che la vicepresidente della Commissione, onorevole Ilaria Capua, è stata colpita da un grave lutto familiare. Esprime a lei e alla sua famiglia, anche a nome della Commissione, le più sentite condoglianze.

DL 43/2013: Disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino, di contrasto ad emergenze ambientali, in favore delle zone terremotate del maggio 2012 e per accelerare la ricostruzione in Abruzzo e la realizzazione degli interventi per Expo 2015. Trasferimento di funzioni in materia di turismo e disposizioni sulla composizione del CIPE.
C. 1197 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Luisa BOSSA (PD), relatore, illustra per le parti di competenza della Commissione il testo in esame, che ha conosciuto alcune modifiche nel corso della conversione al Senato, ai fini dell'espressione del parere di competenza alla Commissione di merito. Osserva che il provvedimento reca alcune disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino; altre di contrasto ad emergenze ambientali; altre ancora in favore delle zone terremotate del maggio 2012 oltre a disposizioni per accelerare la ricostruzione in Abruzzo e la realizzazione degli interventi per Expo 2015. Precisa che la stesura iniziale del Pag. 131progetto di legge non comprendeva disposizioni di competenza della VII Commissione, successivamente introdotte – nel corso dell'esame in Assemblea al Senato – all'articolo 1, commi da 2 a 14, del disegno di legge di conversione, relativi al trasferimento delle competenze in materia di turismo al Ministero dei beni e delle attività culturali, che assume la nuova denominazione di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Aggiunge che tali disposizioni, tra l'altro, inseriscono il Ministero indicato tra quelli che fanno parte del CIPE, secondo la nuova composizione del Comitato interministeriale, ridefinita ai sensi dell'articolo 1, comma 9, del provvedimento in esame. Sottolinea che la scelta indicata è stata nettamente voluta dal nuovo Governo, e prontamente raccolta dal Senato. Il testo è un articolato complesso, che tocca molti temi di grande interesse. Segnala alcune questioni ambientali aperte, come quella campana e siciliana, e una modifica avvenuta in sede di conversione presso il Senato, con il nuovo articolo 6-ter dello stesso progetto di legge, concernente gli incrementi di superfici in sede di ricostruzione di taluni immobili, quelli destinati ad attività industriale, agricola, zootecnica o artigianale, a seguito del sisma del 20 e 29 maggio 2012 che ha interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo. In questi casi, si prevede che gli incrementi possono essere fatti solo nel rispetto della normativa in materia di tutela ambientale, culturale e paesaggistica.
  Ritiene che su un provvedimento come quello in esame non si possa che essere favorevoli, proponendo conseguentemente di esprimere parere favorevole. Ribadisce con forza che, anzi, finalmente qualcuno si rende conto che l'Italia economica, soprattutto quella del Sud, può ripartire oltre che dalla bellezza e dalle risorse naturali, ambientali e paesaggistiche, anche e soprattutto dalla storia e dalla cultura, naturalmente integrate con l'immenso patrimonio ambientale. Evidenzia che sono passati, per fortuna, i tempi infausti dell'editto secondo cui «con la cultura non si mangia»; invece, fortunatamente, quando si vuole con la cultura non solo si mangia ma, inserita in un sistema, si può produrre ricchezza. Rileva quindi che il fatto che si attribuisca la responsabilità del turismo al Ministro dei beni culturali lascia intendere che, forse, è davvero arrivato il momento di ripartire dalle vere e inimitabili risorse nazionali. La grande parte del turismo straniero sceglie infatti l'Italia per quello straordinario patrimonio nazionale di paesaggio e memoria, di clima e storia, di geografia e arte che, spesso, purtroppo, non si riesce a valorizzare. Evidenzia che si tratta di un patrimonio culturale italiano che versa in pessime condizioni: non solo Pompei, di cui tanto si è già parlato, ma – per restare a Napoli – i Campi Flegrei, Pozzuoli, Baia, Miseno, i resti archeologici di Capri, il miglio d'oro del Vesuviano, le sue straordinarie ville, ma anche il resto del Paese, dalla Sicilia a Firenze, scontano situazioni di degrado. Un tesoro a cielo aperto, purtroppo mantenuto in condizioni pietose.
  Ricorda infatti che le cronache sono, in questo senso, piene di racconti drammatici: turisti stranieri che con guide alla mano cercano siti archeologici segnalati e si ritrovano rovi di spine, carcasse di auto, cancelli divelti, piccole discariche di rifiuti; oppure trovano gli ingressi sbarrati, sale museali chiuse. L'Italia ha un giacimento, ma finora sembra che nessuno se ne sia accorto. Nonostante limiti e carenze, l'industria culturale italiana – includendo anche il cinema, la musica, lo spettacolo – continua invece a creare ricchezza per quasi 16 miliardi l'anno, dando lavoro a 17mila aziende e a 300mila persone. Si domanda quindi cosa potrebbe succedere se si sfruttasse il potenziale al massimo e non a quel risicato venti, trenta per cento attuale; una svolta per il sistema economico italiano, così in crisi nei settori tradizionali, ma ricco di potenzialità nel rapporto tra proprie specificità e mercati esteri. Ribadisce, quindi, che un turismo che punti su bellezza e cultura può attrarre milioni di persone, mettere in circolo Pag. 132risorse, a patto che venga seguito un progetto complessivo, una visione di insieme, ancora mancante. Accoglie quindi la nascita di un Ministero che integra, nella sua mission, i beni culturali e il turismo come una scelta opportuna, giusta, da sostenere, come segnale che, forse, si sta cominciando a delineare la strada da seguire, seppure, naturalmente, non basta mutare una denominazione per invertire la rotta, ma occorre cambiare le politiche nel settore. Sono necessari infatti investimenti pubblici adeguati, come in Francia, dove per questi settori è stanziato il 2,2 per cento del bilancio statale contro lo 0,21 per cento dell'Italia; nonché capacità di attrarre risorse private, in una cornice di controllo e pianificazione e vigilanza attenta sugli appalti, per riuscire ad attrarre risorse europee con progettazioni adeguate in un sistema organizzato.
  Nel ribadire la proposta di parere favorevole sul provvedimento in esame, auspica infine che l'integrazione dei beni culturali con il turismo in un solo Ministero sia un punto di partenza che consenta di invertire la rotta sinora seguita.

  Giancarlo GIORDANO (SEL) chiede se la Commissione si esprime su tutto il provvedimento o solo per le parti di competenza.

  Luisa BOSSA (PD), relatore, ribadisce che l'esame è limitato alle parti di competenza della Commissione cultura.

  Gianluca VACCA (M5S) preannuncia, anche a nome dei deputati del suo gruppo, l'astensione sul provvedimento in discussione, motivata dalla ristrettezza dei tempi del suo esame da parte della Commissione cultura. Sottolinea in particolare che il trasferimento di funzioni, in materia di turismo, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al rinnovato Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, andrebbe meglio approfondita, poiché potrebbe ingenerare conflitti di interesse tra soggetti privati e soggetti pubblici in tale importante settore.

  La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole del relatore.

  La seduta termina alle 14.25.

SEDE REFERENTE

  Martedì 18 giugno 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GALAN.

  La seduta comincia alle 14.25.

Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professioni dei beni culturali.
C. 362 Madia.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Manuela GHIZZONI (PD), relatore, ricorda che la proposta di legge – che riprende, con alcune variazioni, la proposta di legge della XVI legislatura n. 1614, il cui esame non si è purtroppo concluso – novella il Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. 42 del 2004, in ordine all'esercizio della professione dei soggetti impegnati nelle attività di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e fruizione dei beni culturali e alla istituzione di registri nazionali ai quali sono tenuti ad iscriversi i professionisti idonei allo svolgimento dei suddetti interventi. La proposta interviene, dunque, nell'ambito della disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi, peraltro affrontata di recente dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4. Si tratta di materia che è quindi richiamata nell'ambito della stessa proposta in discussione, poiché l'articolo 1, comma 2, della legge n. 4 dispone che per «professione non organizzata in ordini o collegi» si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, Pag. 133o comunque con il concorso di questo.
  Per quanto qui interessa, osserva che la legge dispone, altresì, che coloro che esercitano la professione possono costituire associazioni professionali di natura privatistica con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza. In particolare, le associazioni professionali e le forme aggregative delle stesse associazioni collaborano all'elaborazione delle norme tecniche UNI, previste dalla direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, relative alle singole attività professionali, e possono promuovere la costituzione di organismi accreditati di certificazione della conformità per i settori di competenza. Questi possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista, anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alle norme tecniche UNI definite per la singola professione. Ricorda che le associazioni professionali, invece, possono rilasciare ai propri iscritti un'attestazione relativa, tra l'altro, agli standard qualitativi e di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell'iscrizione all'associazione e all'eventuale possesso della certificazione di conformità alle norme tecniche UNI. Il possesso dell'attestazione non rappresenta requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale.
  Evidenzia che nella relazione illustrativa della proposta di legge in esame si prevede di intervenire nel settore delle professionalità degli operatori privati, in un'ottica, legge testualmente, «di tutela dei consumatori, (che in questo caso equivalgono all'intera collettività nazionale)». Si rileva, peraltro, che la specifica relativa ai soli operatori privati non è peraltro presente nell'articolato, pertanto tale aspetto merita di essere chiarito anche in relazione a quanto esporrà oltre sul punto. Ricorda, peraltro che, in materia di professioni dei beni culturali, il Codice disciplina solo le figure di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore di beni culturali, ed è su questo punto che interviene la proposta in esame. L'articolo 1 del progetto di legge inserisce, infatti, nella parte prima del Codice l'articolo 9-bis, disponendo che gli interventi di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e fruizione dei beni culturali, ma anche quelli relativi alla loro valorizzazione – infatti, benché non esplicitamente citati, il riferimento ai titoli I e II della parte seconda del Codice relativi, rispettivamente, a «Tutela» e «Fruizione e valorizzazione», indubbiamente li include –, «da qualunque soggetto realizzati», sono affidati, secondo le rispettive competenze, alla responsabilità o alla diretta attuazione di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali, storici dell'arte, «in possesso di adeguata formazione e professionalità», nonché alla responsabilità o alla diretta attuazione degli operatori delle altre professioni già regolamentate. Ritiene, al proposito, che vada esplicitato il significato dell'espressione «da qualunque soggetto realizzati», dal momento che la possibilità che gli interventi possano non essere attuati direttamente dai professionisti citati – ma che, realizzati da altri, a costoro ne sia affidata comunque la responsabilità – è già contemplata dalla medesima disposizione. Sottolinea quindi che l'articolo 2 chiarisce il possesso di «adeguata formazione e professionalità» dei professionisti indicati, introducendo nella parte quinta del Codice – recante, fra l'altro, disposizioni transitorie – l'articolo 182-bis, rubricato «Disposizioni transitorie in materia di professioni dei beni culturali». Questo ultimo prevede – «in conformità con il riordino delle classi di laurea e con la definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni» di cui all'articolo 9-bis – l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di registri nazionali dei professionisti archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali e storici dell'arte idonei allo svolgimento Pag. 134degli interventi di cui all'articolo 9-bis, ai sensi del comma 1 dell'articolo 182-bis. Si introduce, così, una riserva di attività in favore dei soli professionisti iscritti a tali registri; la norma, se approvata, richiederebbe di sostituire all'articolo 2, comma 1 dell'articolo 182-bis del decreto legislativo n. 42 del 2004, ultimo periodo, l'espressione ivi prevista con «ai registri». Il secondo periodo del comma in parola dispone, peraltro, che l'iscrizione è condizione sufficiente per lo svolgimento degli interventi indicati nel nuovo articolo 9-bis. Al riguardo, riterrebbe opportuno coordinare le due previsioni, dal momento che in base al primo periodo, l'iscrizione nei registri nazionali risulta essere condizione necessaria per l'esercizio della professione, mentre, in base al secondo periodo, risulta mera condizione sufficiente. Evidenzia che la transitorietà delle disposizioni – cui fa riferimento la rubrica dell'articolo 182-bis – non si evince, letteralmente, dal testo. Rileva che l'intenzione sembrerebbe, peraltro, quella di far terminare la fase transitoria all'atto della definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni; in tal caso apparirebbe necessario sostituire le parole «e con la definizione dei livelli minimi» con quelle «e nelle more della definizione dei livelli minimi». A differenza della definizione dei livelli minimi di qualificazione per l'accesso alle professioni citate, che restano da definire, evidenzia che per gli ambiti in questione sono stati già definiti i percorsi universitari e le scuole di specializzazione.
  Ricorda quindi che, in base ai decreti ministeriali del 16 marzo 2007, di definizione delle classi di laurea e di laurea magistrale, come modificati dal decreto ministeriale del 28 dicembre 2010, risultano istituite, in particolare, le classi: L-1 Classe delle lauree in Beni culturali; L-43 Classe delle lauree in Diagnostica per la conservazione dei beni culturali; LM-2 Classe delle lauree magistrali in Archeologia; LM-5 Classe delle lauree magistrali in Archivistica e Biblioteconomia; LM-10 Classe delle lauree magistrali in Conservazione dei beni architettonici e ambientali; LM-11 Classe delle lauree magistrali in Scienze per la conservazione dei beni culturali; LM-89 Classe delle lauree magistrali in Storia dell'arte. Infine, il decreto ministeriale del 2 marzo 2011 ha definito la classe di laurea magistrale a ciclo unico LMR/02 in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Con decreto ministeriale del 31 gennaio 2006 sono state definite otto tipologie di Scuole di specializzazione nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 29 del 2001 che riguardano i beni archeologici; i beni architettonici e del paesaggio; i beni storici artistici; i beni archivistici e librari; i beni demoetnoantropologici; i beni musicali; i beni scientifici e tecnologici; i beni naturali e territoriali. Rileva che l'individuazione delle modalità e dei requisiti di iscrizione ai registri e delle relative modalità di tenuta è demandata ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, in collaborazione – tanto per l'individuazione dei requisiti di iscrizione, quanto per la tenuta dei registri – con le relative associazioni professionali individuate ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 206 del 2007 – previsione che sembrerebbe essere riferita alla «rappresentatività delle associazioni a livello nazionale»- e della legge n. 4 del 2013. Si stabilisce peraltro sin d'ora che tra i requisiti per l'iscrizione nei registri è «sufficiente ma non necessaria» la certificazione professionale rilasciata dalle stesse associazioni, in base al comma 2 dell'articolo 182-bis. Aggiunge che per l'emanazione del decreto non è previsto il parere parlamentare, né è indicato un termine, questioni sulle quali invita espressamente i commissari a pronunciarsi.
  Evidenzia, ancora, che in base alla normativa vigente tale provvedimento dovrà assicurare che i requisiti stabiliti per l'iscrizione ai registri nazionali assicurino, in particolare, il rispetto dei principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità. Ciò è necessario soprattutto alla Pag. 135luce del fatto che l'articolato non esplicita che ci si riferisce esclusivamente ai professionisti privati, e non anche ai dipendenti pubblici, in quanto già vincitori di pubblici concorsi banditi dalla pubblica amministrazione, con la qualifica, ad esempio, di bibliotecari, archivisti o archeologi. In materia, ricorda, preliminarmente, che, per il diritto europeo, i professionisti sono, al pari delle imprese, soggetti alle regole di concorrenza, dettate dall'articolo 101 del Trattato sull'Unione europea, ex articolo 81 del Trattato della Comunità europea. L'Unione europea è dunque particolarmente attenta ai cosiddetti diritti esclusivi, ovvero a tutte le regolamentazioni che riservino alcune attività a una ristretta categoria di professionisti. Osserva, in particolare, che l'articolo 16 della «direttiva servizi», direttiva n. 2006/123/UE, prevede, fra l'altro, che gli Stati membri non possono subordinare l'accesso ad un'attività di servizi o l'esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell'ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell'ambiente; c) proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Al proposito, per un'ulteriore precisazione, ricorda che il punto (56) dei considerando della direttiva, peraltro, evidenzia che, cita testualmente, «motivi imperativi di interesse generale» – tra i quali rientrano, in particolare, per quanto qui interessa, la tutela dei consumatori e dei destinatari di servizi, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale, ex articolo 4 della direttiva – «possono giustificare l'applicazione di regimi di autorizzazione e altre restrizioni», fatto salvo il rispetto dei citati principi di necessità e proporzionalità. Ricorda d'altra parte che, in maniera analoga, dispone il decreto legislativo n. 59 del 2010, emanato in attuazione della citata direttiva. In particolare – ribadita all'articolo 8 la definizione di «motivi imperativi d'interesse generale» recata dall'articolo 4 della direttiva – gli articoli 14 e 15 del medesimo decreto prevedono che, fatte salve le disposizioni istitutive relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l'accesso e l'esercizio alle attività di servizi devono essere, tra l'altro, non discriminatorie; commisurate all'obiettivo di interesse generale; chiare ed inequivocabili; oggettive; rese pubbliche preventivamente; trasparenti e accessibili.
  In conclusione, auspica, quindi, che la Commissione possa trovare un'ampia convergenza sul testo in esame – ancorché modificato nelle parti di cui ha sottolineato le incongruenze –, esaminandolo in tempi celeri, data la giusta attesa che i professionisti dei beni culturali, che rivestono un rilevante interesse pubblico, ripongono nelle norme in esame per vedere riconosciuto il proprio ruolo professionale, economico e culturale. Ritiene inoltre utile svolgere, com’è avvenuto nella scorsa legislatura, un ciclo di audizioni informali dei soggetti interessati al provvedimento in esame, rimettendosi alla valutazione della Commissione, se prima o dopo la conclusione dell'esame preliminare. Auspica, infine, che le forze politiche presenti in Commissione possano convergere sulla decisione di ricorrere alla sede legislativa.

  Chiara DI BENEDETTO (M5S) chiede che le audizioni a cui ha fatto riferimento la relatrice si svolgano prima dell'esame preliminare del progetto di legge all'ordine del giorno.

  Flavia PICCOLI NARDELLI (PD) chiede che tali audizioni si tengano invero dopo Pag. 136la discussione generale sul provvedimento, ai fini di un più efficace approfondimento delle principali tematiche che esso coinvolge.

  Giancarlo GALAN, presidente, ringrazia la relatrice per il completo ed esaustivo lavoro svolto. Ritiene che le questioni relative allo svolgimento di eventuali audizioni sul provvedimento possano essere definite dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.