CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 giugno 2013
37.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 19

SEDE REFERENTE

  Giovedì 13 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Ferri.

  La seduta comincia alle 10.35.

Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
C. 331 Ferranti e C. 927 Costa.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 giugno 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti (vedi allegati 1 e 2) al testo unificato in esame. Segnala che i relatori ed il Governo hanno presentato oggi degli emendamenti (vedi allegato 2). Dà quindi la parola al rappresentante del Governo, che ha chiesto di illustrare l'unico emendamento presentato. Successivamente i relatori illustreranno i loro emendamenti.

  Il sottosegretario Cosimo FERRI illustra l'emendamento del Governo 1.500, volto a modificare l'ambito applicativo delle pene detentive non carcerarie previste dall'articolo 1 del testo unificato. L'esigenza di intervenire in tal senso è emersa anche nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, nell'ambito delle quali il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il presidente dell'ANM e rappresentanti dell'Avvocatura hanno evidenziato come la soluzione adottata dal testo, secondo cui non si può applicare la pena della reclusione presso il domicilio ai delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, determinerebbe una scarsa applicazione della nuova pena che si intende introdurre tra le pene principali previste dal codice penale. A conferma di tale preoccupazione vi sono i dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, secondo i quali, a fronte del drammatico Pag. 20sovraffollamento delle carceri, la nuova pena verrebbe applicata a poco più di mille detenuti. Nel caso di condanna per reati puniti con la pena massima non superiore nel massimo a quattro anni solitamente la pena irrogata non è superiore ai tre anni, per cui si applicano le pene alternative. Al fine di superare questo rischio di applicabilità ridotta della nuova normativa, l'emendamento prevede che per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni, il giudice, tenuto conto dei criteri indicati dall'articolo 133 del codice penale, possa applicare la reclusione presso il domicilio in misura corrispondente alla pena irrogata. All'innalzamento della soglia di applicabilità della nuova pena corrisponde la valutazione di meritevolezza che in concreto deve fare il giudice sulla base dei parametri dettati dall'articolo 133 del codice penale, i quali attengono alla gravità del reato sulla base di valutazioni relative alle modalità dell'azione, alla gravità del danno, all'intensità del dolo o al grado della colpa nonché alla capacità a delinquere del colpevole. Un ulteriore contemperamento all'innalzamento della soglia di applicazione della pena è contenuto nel principio di delega previsto dall'emendamento, secondo cui il legislatore delegato deve valutare la possibilità di escludere l'applicazione della reclusione presso il domicilio per singoli reati di grave allarme sociale se puniti con pene non inferiori nel massimo a quattro anni. Si è preferito non prevedere espressamente nel testo un elenco di delitti puniti con una pena massima tra i quattro ed i sei anni per i quali non sia applicabile la nuova pena, in quanto per stilarlo occorre una valutazione estremamente attenta dei profili di pericolosità sociale di ciascun delitto compreso in questa fascia. Naturalmente vi sono dei delitti che ritiene di potere indicare già da ora tra le possibili esclusioni oggettive come, ad esempio, lo stalking ed i maltrattamenti in famiglia.

  Enrico COSTA (PdL), relatore, illustra gli emendamenti dei relatori, che cercano di risolvere alcune questioni evidenziate dagli auditi, soffermandosi in particolare sull'emendamento 2.130, che amplia la portata applicativa del nuovo istituto della messa alla prova che il testo unificato limita ai delitti puniti con pena edittale non superiore a quattro anni. Oltre che a questi delitti, l'emendamento prevede che l'istituto possa applicarsi anche ai delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale, relativo ai reati per i quali si ammette la citazione diretta, tra i quali ricorda il furto aggravato e la ricettazione. A suo parere si tratta di un primo passo sperimentale verso una apertura maggiore, come richiederebbe la ratio dell'istituto. Per quanto timido è pur sempre un segnale che merita di essere apprezzato, in quanto è un passo in avanti.
  L'emendamento 2.100 è volto ad esaltare la funzione riparatoria della messa alla prova a favore della parte offesa nonché a prevedere che l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma possa implicare anche attività di volontariato di rilievo sociale.
  L'emendamento 2.101 prevede, come il testo originario del disegno di legge presentato dal Governo nella scorsa legislatura, che la sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di due volte, né più di una volta se si tratta di reato della stessa indole, sembrando eccessivamente restrittiva la scelta fatta dal testo unificato, secondo cui una seconda concessione è possibile solo per reati commessi prima del primo provvedimento di sospensione. Appare più opportuno consentire una seconda concessione con l'unica eccezione del caso in cui il secondo reato sia della stessa indole del reato per il quale è stata già concessa la messa in prova.
  È importante anche l'emendamento 3.100 che è stato presentato in considerazione del fatto che in alcuni casi, come quello in cui si intenda chiedere il rito abbreviato, il termine per la presentazione di un programma elaborato dall'UEPE risulta essere così ravvicinato da rendere impossibile la elaborazione stessa. Per tale Pag. 21ragione si prevede che per la presentazione della richiesta di messa alla prova sia sufficiente, qualora non sia stato possibile l'elaborazione del programma, la richiesta di elaborazione del predetto programma all'UEPE.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatore, sottolinea come gli emendamenti dei relatori siano volti a conferire maggiore effettività all'istituto della messa alla prova, senza tuttavia estenderne in maniera eccessiva la portata. Proprio per tale ragione si è utilizzato il rinvio alla norma che prevede i casi di citazione diretta, al fine di ampliarne l'applicazione a reati per i quali il legislatore ha già compiuto una valutazione di non scarso allarme sociale. È significativa anche la scelta di sottolineare la funzione riparatoria dell'istituto a favore della parte offesa. Si è anche voluto prevedere, con l'emendamento 4. 100, che debba esservi l'adesione al programma da parte dell'ente coinvolto. Si prevede, a tutela della parte interessata, che il pubblico ministero, anche prima di esercitare l'azione penale, possa avvisare l'interessato, ove ne ricorrano i presupposti, che ha la facoltà di chiedere di essere ammesso alla prova, ai sensi dell'articolo 168-bis del codice penale, e che l'esito positivo della prova estingue il reato.
  Per monitorare l'applicazione dell'istituto si prevede che entro il 31 maggio di ciascun anno, il Ministro della giustizia riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito all'attuazione delle disposizioni in materia di messa alla prova. Si stabilisce inoltre che il Ministro della giustizia, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della legge, debba adottare un regolamento allo scopo di disciplinare le convenzioni che il Ministero della giustizia o, su delega di quest'ultimo, il Presidente del tribunale, può stipulare con gli enti o le organizzazioni di cui al terzo comma dell'articolo 168-bis del codice penale.

  Nicola MOLTENI (LNA) ritiene evidente che con gli emendamenti presentati dal Governo e dai relatori si aggravi notevolmente la dannosità di un provvedimento che diventa ancora più inaccettabile e che lo stesso sottosegretario Ferri aveva definito «inutile». Riservandosi ogni considerazione di merito sulle proposte emendative, chiede alla presidenza di fissare un congruo termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento 1.500 del Governo e agli emendamenti dei relatori.
  Con specifico riferimento all'emendamento 1.500 si limita, per il momento, ad osservare come la lettera c-bis) configuri una vera e propria «delega in bianco» e come i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni siano in genere di gravissimo allarme sociale.

  Tancredi TURCO (M5S) si associa alla richiesta di fissare un congruo termine per esaminare gli emendamenti presentati oggi e per presentare subemendamenti.

  Anna ROSSOMANDO (PD) ritiene che il Governo e i relatori debbano essere ringraziati per il lavoro che hanno svolto traendo spunto dai rilievi emersi nel corso delle audizioni, al fine di conferire una maggiore efficacia al provvedimento. Sottolinea come con quest'ultimo si introducano rilevanti novità nella concezione stessa della pena, privilegiandone gli aspetti dell'effettività e la funzione rieducativa, secondo uno schema che consente al contempo di ottenere un maggiore livello di tutela per i cittadini e per le vittime dei reati.

  Antonio MAROTTA (PdL) prende atto del fatto che il Governo, con la presentazione dell'emendamento 1.500, individua nell'entità della pena il momento topico del provvedimento, giacché ha ritenuto evidente che l'originaria formulazione del criterio di delega di cui all'articolo 1, lettera a), relativo ai delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, è inefficace al fine di ridurre in modo significativo la popolazione carceraria. Quanto al riferimento ai criteri indicati dall'articolo 133 Pag. 22del codice penale, osserva come la funzione principale del giudice sia quella di applicare la legge, non essendo tuttavia opportuna l'attribuzione di uno spazio discrezionale tanto ampio da consentire la selezione dei reati ai quali applicare o meno la reclusione presso il domicilio. Esprime, inoltre, forti perplessità sulla formulazione della lettera c-bis).

  Michela MARZANO (PD) in replica all'onorevole Marotta, interviene sottolineando l'importanza fondamentale per il diritto dell'attività ermeneutica del giudice.

  Arcangelo SANNICANDRO (SEL) chiede alcuni chiarimenti sulla tecnica di redazione delle proposte emendative, al fine di meglio chiarire la portata normativa dell'emendamento 1.500 del Governo.

  David ERMINI (PD) valuta favorevolmente l'innalzamento della soglia delle pene edittali massime per accedere alla reclusione domiciliare e alla sospensione del procedimento con messa alla prova. Ritiene, peraltro, che occorra molta attenzione nel selezionare i reati da escludere dall'applicazione della reclusione domiciliare ai sensi della lettera c-bis) dell'emendamento del Governo, in considerazione del fatto che il legislatore, al di sotto della soglia dei sei anni, ha previsto sanzioni molto disomogenee rispetto all'effettiva offensività delle condotte punite.

  Sofia AMODDIO (PD) ritiene che siano necessari dei chiarimenti e delle precisazioni sulla modalità della richiesta dei programma all'UEPE.

  Marco RONDINI (LNA) esprime forti perplessità sulla formulazione dell'emendamento 1.500 del Governo e la sua contrarietà al provvedimento nel suo complesso.

  Vittorio FERRARESI (M5S) manifesta la propria contrarietà all'emendamento 1.500 del Governo, in ordine al quale esprime stupore, poiché ritiene che, ricorrendo impropriamente allo strumento della delega legislativa, si pretenda di alterare una valutazione di estrema gravità e, quindi, di elevato allarme sociale già compiuta dal legislatore. Ritiene, inoltre, che la previsione della norma che innalza a sei anni la soglia per l'accesso alla reclusione presso il domicilio sia una sorta di «norma-manifesto», perché poi l'intervento normativo sarà svuotato di contenuto: dal Governo stesso, attraverso le esclusioni previste dal criterio di delega di cui alla lettera c-bis), e dalla realtà dei fatti, giacché è da escludere che l'UEPE possa sostenere l'impatto del provvedimento in esame.

  Ivan SCALFAROTTO (PD) sottolinea come la realtà dei fatti ci ponga piuttosto di fronte ad evidentissime esigenze connesse alla situazione disastrosa delle carceri italiane, che ci espone al pubblico ludibrio della comunità internazionale. Pertanto il legislatore non ha altra scelta se non quella di intervenire tempestivamente e con provvedimenti efficaci. Di fronte ad una simile situazione ritiene inopportuno e tendenzioso manifestare stupore o lamentare asserite violazioni della Costituzione da parte delle disposizioni in esame, ricordando come il rispetto della Costituzione si persegua anche garantendo pene effettive e realmente rieducative.

  Il sottosegretario Cosimo FERRI, dopo aver dichiarato di condividere pienamente l'intervento dell'onorevole Scalfarotto, ritiene opportuno precisare, alla luce del dibattito svoltosi, che non bisogna assolutamente confondere il decreto sulle carceri in corso di presentazione da parte del Governo, che ha per oggetto specifico la questione del sovraffollamento carcerario, con il provvedimento in esame che ha effetti solo indiretti sul sovraffollamento delle carceri. Quest'ultimo provvedimento costituisce, infatti, una norma di sistema dell'ordinamento penale, in quanto è diretto a rompere la dicotomia tra la pena detentiva in carcere e la pena pecuniaria, consentendo al giudice di applicare una pena detentiva che comunque non comporti Pag. 23la carcerazione del condannato. A tale proposito osserva come da dati statistici inconfutabili risulti che più facilmente ricadono nella commissione di nuovi reati propri quei soggetti che hanno subito una detenzione carceraria senza beneficiare di alcuno strumento rieducativo. Ritiene che la detenzione domiciliare, che non significa necessariamente la detenzione presso la dimora del condannato, possa avere, in particolari casi, degli effetti rieducativi ben maggiori rispetto a quella carceraria. Tiene a precisare che non ha mai considerato inutile il provvedimento in esame nel testo approvato nella scorsa legislatura, quanto piuttosto ha voluto sottolineare come il limite della pena massima di quattro anni possa rendere di scarsa applicazione la pena della detenzione domiciliare, in considerazione del fatto che già attualmente colui che viene condannato ad una pena, ad esempio, di tre anni, può godere di una serie di benefici, tra i quali la detenzione domiciliare concessa dal giudice dell'esecuzione.

  Daniele FARINA (SEL) fa presente che il suo gruppo non voterà nessun emendamento volto a restringere l'ambito di applicazione del provvedimento, il cui esame va concluso rapidamente, tralasciando la demagogia e avendo come unico obiettivo l'efficacia dell'intervento normativo. Occorre, in particolare, evitare di continuare a ritenere che la sicurezza si ottenga solo con la pena detentiva, che non solo ha dimostrato di non essere rieducativa ma ha creato ulteriore criminalità.

  Nicola MOLTENI (LNA) precisa di non aver voluto in alcun modo offendere il sottosegretario Ferri, ma di avere ricordato le sue precedenti dichiarazioni circa l'inutilità del provvedimento, così come formulato, proprio a dimostrazione della sua onestà intellettuale. Ricorda altresì come nella precedente legislatura questo giudizio fosse condiviso anche dall'onorevole Rita Bernardini, le cui posizioni politiche non sono certo vicine a quelle della Lega Nord.
  Oggi, a nome del proprio gruppo, ribadisce che il provvedimento in esame, tanto più se modificato come vorrebbero il Governo e i relatori, è non solo inutile ma anche dannoso. E sottolinea come non siano disponibili dati che attestino che il provvedimento sarebbe più efficace ove fosse approvato l'emendamento 1.500 del Governo. Gli unici dati certi di cui disponiamo sono rappresentati dal termine di un anno concesso dalla CEDU per sanare la situazione delle carceri e dal numero esorbitante di detenuti che affollano le carceri.

  Enrico COSTA (PdL), relatore, osserva che sugli emendamenti presentati oggi sono state poste delle questioni dal collega Molteni, alcune delle quali possono essere prese in considerazione.
  Ritiene, tuttavia, contraddittorio che oggi l'onorevole Molteni critichi un provvedimento che viene dalla precedente legislatura e che, rispetto alla formulazione originaria, è stato profondamente modificato tenendo ampiamente in considerazione proprio i rilievi mossi dalla Lega Nord.
  Ribadisce come l'emendamento 2.130 costituisca un primo passo sperimentale verso una apertura maggiore, come richiederebbe la ratio dell'istituto.

  Antonio MAROTTA (PdL) precisa come nel proprio precedente intervento egli non abbia inteso sottovalutare ma, anzi, esaltare l'importanza dei criteri previsti dall'articolo 133 del codice penale.

  Donatella FERRANTI, presidente, sospende la seduta per consentire la riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, al fine di organizzare i tempi di esame degli emendamenti.

  La seduta, sospesa alle 12.10, è ripresa alle 12.15.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha stabilito Pag. 24che gli emendamenti saranno esaminati nella giornata di martedì 18 giugno al fine di consentire alle Commissioni competenti di esprimere il parere entro la giornata di giovedì 20 giugno, nella quale la Commissione giustizia concluderà l'esame in sede referente. Fissa pertanto il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento del Governo e agli emendamenti del relatore (vedi allegato 2) alle ore 12 di lunedì 17 giugno prossimo. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.10 alle 12.15.

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