CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 agosto 2017
866.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà. Atto n. 430.

PROPOSTA DI PARERE DELLE RELATRICI

  Le Commissioni riunite XI e XII,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà (Atto n. 430);
   rilevato che il provvedimento dà attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 15 marzo 2017, n. 33, recante una delega legislativa al Governo riferita all'adozione di norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali;
   osservato che l'impianto del provvedimento recepisce le indicazioni contenute nel Memorandum d'intesa sottoscritto tra il Governo e l'Alleanza contro la povertà in Italia in merito all'attuazione della citata legge n. 33 del 2017;
   considerate le osservazioni e le proposte di modifica avanzate dalle Regioni e dai comuni, riportate in allegato all'intesa sancita sul provvedimento, il 6 luglio 2017, dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
   valutati gli elementi acquisiti nel corso delle audizioni informali svolte nell'ambito dell'esame del provvedimento;
   giudicata positivamente la destinazione di almeno il 15 per cento del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale ai servizi sociali, così da rendere strutturale, oltre l'intervento previsto con il «Programma operativo nazionale (PON) Inclusione», il rafforzamento degli stessi, considerati livello essenziale della prestazione insieme al trasferimento economico;
   valutata altresì positivamente la spinta alla gestione associata dei servizi, che consentirà di rendere effettivo l'impianto previsto dalla legge n. 328 del 2000, i cui principi erano rimasti finora in buona parte inattuati;
   sottolineato che attraverso il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale di cui all'articolo 8 si dovrà progressivamente pervenire all'estensione della misura fino all'integrale copertura di tutti i nuclei familiari in condizioni di povertà e all'aumento della durata del beneficio economico;
   ritenuto che i requisiti di residenza e di soggiorno di cui all'articolo 3, comma 1, debbano intendersi riferiti, come può desumersi dal tenore letterale della disposizione, solo al componente del nucleo familiare che richiede la misura e non all'intero nucleo familiare;
   considerata l'opportunità di superare le limitazioni previste dall'articolo 3, comma 2, lettera d), prevedendo il riconoscimento del beneficio economico in presenza di almeno un lavoratore di età pari o superiore a 55 anni di età, in stato di disoccupazione, a prescindere dalla causa di tale stato e indipendentemente da una precedente occupazione;
   rilevata l'esigenza che, all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, si precisi che il progetto personalizzato deve essere comunicato dagli ambiti territoriali all'INPS contestualmente alla sua sottoscrizione;Pag. 35
   segnalata l'opportunità, con riferimento all'articolo 9, comma 5, di prevedere che la concessione condizionata del beneficio sia comunicata dall'INPS non solo agli ambiti territoriali, ma anche ai comuni interessati;
   ravvisata l'opportunità che, analogamente a quanto disposto dall'articolo 9, comma 11, che prevede una semplificazione per l'attivazione delle tariffe agevolate per energia elettrica e gas per i nuclei familiari beneficiari del ReI, siano individuate in via generale modalità semplificate di accesso alle medesime tariffe sulla base delle dichiarazioni ISEE presentate dagli interessati;
   evidenziata l'esigenza di valorizzare il coinvolgimento delle autonomie locali nella programmazione, a livello regionale, delle politiche sociali connesse al contrasto della povertà e dell'esclusione sociale;
   ritenuto che, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 6, sia opportuno precisare le forme di integrazione fra le misure regionali di contrasto alla povertà e il ReI, chiarendo che quest'ultimo possa essere integrato da misure regionali con caratteristiche omogenee a quelle previste dalla misura nazionale;
   segnalata l'opportunità di specificare, all'articolo 14, comma 7, secondo periodo, che l'atto chiamato a disciplinare i rapporti finanziari tra l'amministrazione regionale e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è una convenzione;
   osservato che, al fine di assicurare un effettivo rafforzamento dei servizi sociali degli enti territoriali, anche in esito al monitoraggio previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera d), si rende necessario introdurre specifiche deroghe ai divieti e alle limitazioni previsti dalla legislazione vigente per le assunzioni di nuovo personale nelle pubbliche amministrazioni al fine di consentire agli enti interessati un adeguato svolgimento dei compiti assegnati dal provvedimento in esame;
   rilevata l'esigenza di verificare l'opportunità, in considerazione dei compiti attributi all'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) dalla legislazione vigente e dall'articolo 15, comma 5, del provvedimento in esame, di prevedere un coinvolgimento del medesimo Istituto nelle attività dell'Osservatorio sulla povertà di cui all'articolo 16;
   considerata l'opportunità, con riferimento all'articolo 21, commi 2 e 3, di prevedere che facciano parte della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, sullo stesso piano del Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio, anche rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero della salute e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ragione delle rispettive competenze;
   segnalata l'opportunità di una revisione, sotto il profilo formale, della formulazione di alcune disposizioni del provvedimento,

  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:

  all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: regione di competenza aggiungere le seguenti:, all'INPS;

  all'articolo 6, comma 8, aggiungere, in fine, le parole: nonché promuovendo, laddove possibile, anche il coinvolgimento attivo dei minori per la parte del progetto a loro rivolto;

  all'articolo 7, comma 1, lettera e), aggiungere, in fine, le parole: e servizi di prossimità;

  all'articolo 7, comma 5, si preveda un termine massimo di 60 giorni per il trasferimento delle risorse per il potenziamento dei servizi dalle Regioni agli ambiti territoriali;

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  all'articolo 8, comma 1, lettera c), dopo le parole: all'articolo 3, comma 2, aggiungere le seguenti: a partire da quelli con persone di età pari o superiore a 55 anni, prive dei requisiti di cui al medesimo articolo 3, comma 2,;

  all'articolo 8, comma 1, lettera f), aggiungere, in fine, le parole: a decorrere dal terzo Piano il massimale del beneficio economico può essere elevato oltre detto ammontare;

  all'articolo 8, comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   l) il limite mensile di prelievo di contante mediante la Carta ReI, nonché le categorie di beni e servizi di prima necessità acquistabili mediante la medesima Carta;

  all'articolo 8, comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'estensione della platea è individuata prioritariamente tra i nuclei con persone di età pari o superiore a 55 anni non già inclusi all'articolo 3, comma 2;

  all'articolo 9, comma 2, sostituire le parole: entro dieci giorni con le seguenti: entro quindici giorni;

  all'articolo 9, comma 4, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Il possesso dei requisiti, anche ai fini della determinazione del beneficio, è verificato dall'INPS con cadenza trimestrale, ove non diversamente specificato, ferma restando la necessità di aggiornare l'ISEE alla scadenza del periodo di validità dell'indicatore;

  all'articolo 10, comma 7, premettere le seguenti parole: A decorrere dalla data indicata nel decreto di cui al comma 3,;

  all'articolo 12, comma 11, aggiungere, in fine, le parole: nei casi di cui al comma 8, e decorsi sei mesi negli altri casi;

  all'articolo 15, comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: nel monitoraggio delle criticità, specifica attenzione è rivolta alla presenza in organico di adeguate professionalità in materia sociale e alle ragioni delle eventuali carenze;

  all'articolo 16, comma 6, lettera a), si preveda che il Rapporto biennale sulla povertà sia trasmesso alle Camere;

  all'articolo 17, comma 2, si preveda che per i soggetti ai quali continua ad essere erogato il SIA venga consentito l'accesso al prelievo di contante entro il limite mensile di cui all'articolo 9, comma 7;

  all'articolo 17, comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, fatta salva la fruizione del beneficio maggiore;

  all'articolo 24, comma 1, si modifichi il nome dell'istituendo sistema informativo dei servizi sociali, che potrebbe assumere la denominazione di «Sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS)», al fine di non ingenerare confusione tra l'istituendo «Nuovo sistema informativo dei servizi sociali (NSISS)» e il già esistente «Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS)» del Ministero della salute;

  all'articolo 24, comma 8, secondo periodo, sostituire le parole: del presente comma con le seguenti: del comma 7;

  all'articolo 24, siano indicati i termini per l'adozione dei decreti di cui ai commi 9 e 10;

  all'articolo 24, aggiungere, in fine, il seguente comma: 14. Le province autonome di Trento e di Bolzano adempiono agli obblighi informativi previsti dal presente articolo secondo procedure e modelli concordati con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel rispetto delle competenze ad esse attribuite, comunque provvedendo nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali già previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

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  all'articolo 25, comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per coloro che effettuano la richiesta del ReI nel mese di dicembre 2017 e non sono già beneficiari del SIA, l'ISEE deve essere aggiornato entro il termine del primo trimestre 2018;

  all'articolo 25, aggiungere, in fine, il seguente comma: 7. Sono in ogni caso fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà. Atto n. 430.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI DALL'OSSO, LOREFICE, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, TRIPIEDI, NESCI, GRILLO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, BARONI

  Le Commissioni XI e XII,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà;
   premesso che:
    il provvedimento in titolo disciplina l'introduzione del «Reddito d'Inclusione (ReI)» che dovrebbe rappresentare «una misura unica nazionale di contrasto alla povertà», nonché il «rafforzamento degli interventi in materia di servizi sociali»;
    come si evince dalla relazione tecnica del Governo, il ReI si caratterizza come «misura d'ultima istanza», volta a coprire la distanza da una certa soglia di risorse e a cui si accede quando non si ha diritto ad altre specifiche prestazioni che permettono il superamento della soglia di 3.000 euro, cui va applicata la scala equivalente dell'ISEE per riparametrarla rispetto alla dimensione del nucleo familiare. In sede di prima applicazione, la soglia è coperta per tre quarti ed ha un massimale pari al valore, su base annua, dell'assegno sociale, ossia pari a 485 euro mensili;
    il suddetto «reddito d'inclusione» è finanziato nei limiti delle risorse del «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», di cui all'articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015, a cui affluiscono anche le «eventuali» economie derivanti dal riordino delle prestazioni assistenziali;
    ai fini dell'erogazione del beneficio del ReI il limite di spesa è di 1.482 milioni di euro per l'anno 2018 e 1.568 milioni di euro per l'anno 2019; a queste risorse si aggiungono quelle del Programma Operativo Nazionale (PON) Inclusione 2014-2020, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo. È la prima volta, infatti, che si fa ricorso ai fondi strutturali per finanziare politiche di inclusione sociale. La definizione dei livelli minimi di alcune prestazioni sociali, è uno dei principali contributi del PON volto a garantire una maggiore uniformità delle prestazioni in tutte le regioni italiane;
    i principali oneri connessi con l'introduzione del Reddito d'inclusione (ReI) riguardano in particolare la platea dei beneficiari, individuati ai sensi dell'articolo 3, attraverso una definizione di povertà che concettualmente dovrebbe essere analoga a quella alla base della misura di povertà assoluta definita dall'Istat (articolo 1);
   valutato che:
    secondo l'approccio adottato dall'Istat la soglia di povertà (corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi, essenziale per uno standard di vita accettabile, necessario a escludere gravi forme di esclusione sociale) varia a seconda delle caratteristiche della famiglia in termini di numero ed età dei componenti, della regione di residenza, del tipo di comune;Pag. 39
    in definitiva, le soglie di povertà dell'Istat si differenziano tra le famiglie anche per il differente costo che uno stesso bene o servizio ha nelle diverse zone del paese e nei contesti locali;
    nello schema di decreto in titolo, il suddetto approccio è vanificato: le soglie per poter accedere ai benefici economici (ISEE, ISRE, patrimonio immobiliare, patrimonio mobiliare, ecc.) sono stabilite a livello esclusivamente nazionale, così come l'importo del contributo economico stesso;
    secondo i dati recentemente diffusi dall'Istat, nel 2016 in Italia si stimano in 1 milione e 619mila le famiglie in condizione di povertà assoluta, pari al 6,3 per cento delle famiglie residenti. In termini di individui si tratta di 4 milioni e 742mila persone, il 7,9 per cento dell'intera popolazione. Negli ultimi quattro anni l'incidenza di povertà assoluta, con riferimento alle famiglie, è rimasta sostanzialmente stabile intorno al 6,0 per cento. Nel 2016, soltanto nel Centro Italia è stato registrato un incremento significativo rispetto all'anno precedente (5,9 per cento da 4,2 per cento) sebbene continui a essere il Mezzogiorno l'area del Paese con l'incidenza più elevata (8,5 per cento);
    le tipologie familiari che risultano più vulnerabili sono le famiglie con stranieri o di soli stranieri, per le quali si stima un'incidenza pari rispettivamente al 27,4 per cento e il 25,7 per cento, e le famiglie con tre o più figli minori per le quali l'incidenza è pari al 26,8 per cento;
    anche la povertà relativa risulta in aumento. Nel 2016 riguarda il 10,6 per cento delle famiglie (10,4 per cento nel 2015), per un totale di 2 milioni 734 mila, e 8 milioni 465 mila individui, il 14,0 per cento dei residenti (13,7 per cento l'anno precedente);
    nel 2016 anche la povertà relativa è diffusa tra le famiglie con quattro componenti (17.1 per cento) o cinque componenti e più (30,9 per cento);
    la povertà relativa colpisce di più le famiglie giovani, raggiungendo il 14,6 per cento degli under 35, e scendendo al 7,9 per cento nel caso di un ultra sessantaquattrenne;
    l'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per gli operai e assimilati (18,7 per cento) e per le famiglie con componenti in cerca di occupazione (31,0 per cento);
    il ReI è de facto una misura basata su condizioni categoriali limitate e arbitrarie, con l'intento, ad avviso delle Commissioni, di sostenere la spesa;
    come rilevato dall'INPS, nel corso della recente audizione, la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, lettera d), esclude sia i disoccupati di lunga durata di età inferiore a 55 anni, nonché i lavoratori con età pari o superiore a 55 anni, in stato di disoccupazione a seguito di scadenza del termine finale di un contratto a tempo determinato e gli ultra 55enni collaboratori, sia i giovani che vivono in famiglia, se non rientrano tra le categorie previste. A tale riguardo, l'Istat informa che i giovani non coniugati, che vivono con almeno un genitore, di età compresa tra i 18 e i 34 anni sono quasi il 64 per cento;
    alla luce di quanto sopra detto, il ReI viene definito «erroneamente» una misura essenziale ed universale, in quanto non si traduce in un diritto esigibile per tutta la popolazione individuata, che si trovi in condizioni di fragilità economica e sociale, e nei limiti di risorse insufficienti a coprire le necessità di 1.619 mila famiglie in stato di povertà assoluta;
   valutato altresì che:
    tra gli elementi che non permettono di considerare il ReI una misura universale e adeguata di contrasto alla povertà assoluta, oltre ai criteri per l'accesso, l'entità esigua del beneficio, la sua modalità di calcolo, vi sono quelli relativi all'investimento sui servizi alla persona, in quanto sarebbe oltremodo necessario porre in essere adeguati servizi alle famiglie per garantire loro una maggiore inclusione sociale, in aggiunta ai trasferimenti monetari;Pag. 40
    a tal proposito, il Rei contempla la valutazione multidimensionale dei casi e la stesura di un progetto personalizzato, e cioè di servizi alla persona identificata, in esito ad una valutazione del bisogno del nucleo familiare che terrà conto, tra l'altro, della situazione lavorativa e del profilo di occupabilità, dell'educazione, della condizione abitativa e delle reti familiari, di prossimità e sociali della persona e servirà dunque a dar vita a un «progetto personalizzato» volto al superamento della condizione di povertà;
    pertanto altra condizione per ottenere il reddito di integrazione sociale è l'impegno del richiedente a sottoscrivere un progetto personalizzato volto a uscire dalla situazione di difficoltà, infatti all'articolo 6 dello schema all'esame, si prevede che il contributo economico sia fornito solo successivamente alla sottoscrizione del progetto personalizzato da parte dei componenti del nucleo familiare interessato;
    tuttavia la valutazione multidimensionale richiede tempi ristretti a fronte di fasi piuttosto elaborate, che dovranno essere meglio definite da linee guida, sia per la definizione degli strumenti operativi e sia per la predisposizione di progetti personalizzati, approvate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta del comitato per la lotta alla povertà e d'intesa con la Conferenza unificata; pertanto si corre concretamente il rischio che l'attivazione dei progetti personalizzati di presa in carico stenterà ad avere un concreto impatto nel reinserimento sociale delle persone in situazione di disagio;
   considerato che:
    da sempre, il dibattito sulle proposte di riforma del welfare state in generale e degli schemi di sostegno al reddito in particolare si è sviluppato attorno ad una questione fondamentale e cioè se occorra privilegiare un'impostazione selettiva oppure un'impostazione universale. L'interrogativo, che ha trovato risposte diverse nei vari contesti istituzionali, è se l'erogazione delle prestazioni sociali debba essere subordinata all'accertamento della condizione economica dei potenziali beneficiari, oppure estendersi a tutti i cittadini. Infatti dal punto di vista teorico la scelta tra selettività e universalismo riflette una diversa concezione circa il ruolo dello Stato. Nel primo caso il modello di riferimento è quello di uno stato sociale con compiti residuali, in cui la fornitura delle prestazioni non può che essere subordinata alla prova dei mezzi e il livello dei benefici deve essere appena sufficiente a garantire un livello minimo di risorse. Nel secondo caso, invece, il modello storicamente più evoluto è quello di uno stato sociale con compiti redistributivi la cui funzione è quella di erogare, in moneta o in natura, prestazioni sociali volte a garantire alla generalità dei cittadini un tenore di vita adeguato (comunque commisurato a uno standard di povertà relativa);
    una delle principali motivazioni addotte a favore del ricorso a criteri selettivi è da ricercarsi nella presunta minor onerosità per il bilancio statale unita ad una maggiore efficacia in termini di equità;
    l'intervento dovrebbe avvantaggiare esclusivamente coloro che si posizionano nei decili inferiori della distribuzione. Viceversa, l'erogazione di un beneficio universale comporterebbe benefici anche per le classi medio-alte. L'esistenza di una correlazione diretta tra benefici ottenuti e posizione occupata nella scala dei redditi, suffragata da numerose evidenze empiriche a livello internazionale, ha via via costretto ad assumere un atteggiamento di maggior cautela nei confronti dell'adozione del criterio universale;
    il provvedimento in titolo continua ad applicare le misure tradizionali allo scopo di garantire un livello minimo di sussistenza nel caso in cui i singoli individui non dispongano di fonti alternative di reddito;
    l'unica misura universale, che ha come ambizione principale di riformare il quadro generale dello Stato sociale, nonché le forme di protezione e sostegno al Pag. 41reddito e al consumo non può che essere identificata con il reddito di cittadinanza. Tale meccanismo si propone infatti di completare le garanzie legate al welfare (pensioni, sanità, indennità);
    da un punto di vista legislativo, il diritto individuale di un reddito minimo è evidenziato anche all'articolo 36, primo comma, della Costituzione italiana: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.» Il concetto di «esistenza dignitosa» è ripreso anche dal terzo comma dell'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Emerge quindi che sia la Costituzione italiana, sia l'Onu ed infine l'Unione europea concepiscono come fondamentali gli strumenti in grado di «garantire libertà e dignità» a tutti coloro che non hanno i mezzi sufficienti per poter avere tali diritti;
    la società capitalistica contemporanea, è passata da un sistema fordista-taylorista, dove il lavoro a tempo indeterminato e quindi sicuro rappresentava un pilastro fondamentale, a un sistema in cui il posto fisso è diventato qualcosa di raro e sempre più spesso a tempo determinato e precario, nonostante l'introduzione dei contratti a tutele crescenti;
    gli incentivi occupazionali, pur promossi dal Governo, non risultano determinanti, in quanto essi sono limitati nel tempo. Gli stessi incentivi paiono commisurati ad un periodo di tempo che potrà consentire alle imprese di coprire i costi del licenziamento per poi assumere a costi più bassi, oltretutto conteggiando tali ingressi come nuova occupazione. Del pari non sembrano efficaci le misure annunciate dal Governo in tema di disboscamento delle molteplici tipologie contrattuali esistenti;
    l'economia di mercato sembra quindi non lasciare spazio ad alternative di giustizia e redistribuzione del reddito, a discapito del senso di collettività e convivenza comune;
   valutato che:
    il reddito di cittadinanza si distingue dalle altre tradizionali forme di trasferimento monetario, non solo perché il suo livello è generalmente superiore alla pura sussistenza, ma principalmente per la sua giustificazione e per i criteri di eleggibilità;
    il reddito di cittadinanza non ha natura assistenziale a posteriori;
    un reddito di cittadinanza più elevato, rispetto al Reddito d'inclusione e ai sussidi economici che il provvedimento in titolo intende introdurre, potrebbe ad avviso delle Commissioni contribuire all'alleggerimento del bilancio dello Stato, ad esempio attraverso la riduzione degli ammortizzatori sociali presenti nel sistema. In questa situazione si ritiene infatti che il bilancio dell'INPS verrebbe sgravato di una serie di costi e, in aggiunta, verrebbe garantita una riduzione dei contributi sociali a vantaggio dei salari e redditi da lavoro. Di conseguenza, una riduzione o eliminazione dell'indennità di disoccupazione, di mobilità e cassa integrazione determinerebbero un incremento dei salari da lavoro. In un mercato del lavoro, destinato a diventare sempre più flessibile, il reddito di cittadinanza permetterebbe di avere una continuità economica per i periodi in cui non c’è occupazione, e ciò sarebbe positivo innanzitutto per i lavoratori, ma anche per il mercato stesso;
    sempre per quanto concerne il livello sociale, attraverso una misura di questo genere, sarebbe possibile prevenire l'esclusione sociale degli individui con un reddito non continuo ed esiguo. Con la presenza del reddito di cittadinanza sarebbe possibile combattere il lavoro nero, ci sarebbero meno presupposti per incoraggiarlo, in quanto ci si potrebbe dotare di un minimo vitale e anche perché, nel momento in cui si compie il reato, vi sarebbe la sospensione del sussidio. Tale misura potrebbe inoltre portare ad una diminuzione del costo della politica, perché se già dotati di reddito di base, questo Pag. 42potrebbe essere un fattore che permetta di attribuire una remunerazione minore;
    il reddito di cittadinanza permetterebbe di sviluppare riforme e politiche innovative e sostenibili, determinando un possibile cambiamento storico, o comunque divenendo un importante punto di partenza. Se accostato a politiche di tutela ambientale, il reddito di cittadinanza potrebbe incentivare la cura dell'ambiente e l'ecologia;
    il reddito di cittadinanza è uno strumento che permette effettivamente un cambiamento reale della società contemporanea, è un'idea progressista, che vede l'uomo al centro del progetto e della società che si va a creare;
    ad avviso delle Commissioni, solo sostenendo il reddito di cittadinanza, si potrebbe dare una visione maggiormente universale a favore dei cittadini, superando così la citata impostazione selettiva, con effetti reali contro la povertà e l'esclusione sociale;
    la proposta di legge n. 1148, attualmente in discussione al Senato della Repubblica prevede infatti quanto segue:
    una soglia d'intervento di circa 780 euro mensili; la platea di beneficiari che rientrano nell'ambito della «povertà relativa»; una scala di equivalenza OCSE modificata in ordine alla composizione del nucleo familiare ed all'indicatore ufficiale di povertà monetaria dell'Unione europea (at risk of poverty), di valore pari ai 6/10 del reddito mediano equivalente familiare, quantificato per la persona singola nell'anno 2014 in 9.360 euro annui e 780 euro mensili. La misura è quindi riferita al valore mediano del reddito che in Italia è stato fissato nel 2013 da Eurostat a 15.514 euro; la durata è indeterminata, ma condizionata dall'obbligo di fornire disponibilità al lavoro presso i centri per l'impiego territorialmente competenti, seguire il percorso per l'inserimento lavorativo, impegnarsi in modo attivo per la ricerca del lavoro tramite un piano di azione individuale, seguire le istruzioni indicate dai servizi competenti, seguire se necessario un percorso formativo, sostenere colloqui ovvero prove di selezione per attività lavorative attinenti alle competenze certificate; il costo della misura è di 14,9 miliardi di euro, con un impatto sui conti pubblici dell'1,80 per cento e un costo in percentuale del PIL dello 0,48 per cento;
   ritenuto che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento hanno indotto le associazioni ed enti auditi a sollevare una serie di eccezioni condivisibili, quali:
   in relazione all'articolo 3, comma 3:
    la Conferenza unificata ha sollecitato un impegno da parte del Governo per l'istituzione di un tavolo di confronto con le amministrazioni regionali in merito alla reintroduzione dello stato di conservazione con riferimento a tutti i soggetti disoccupati, al fine di ovviare una disparità di trattamento tra i disoccupati coinvolti nel ReI e gli altri disoccupati;
   in relazione all'articolo 5, comma 4:
    come evidenziato in sede di audizione, l'attuale versione del comma 5 prevede l'interruzione della fruizione del beneficio economico per sei mesi dopo un periodo di fruizione di diciotto mesi. L'interruzione dell'erogazione del contributo per meri motivi temporali rischia di danneggiare la difficile, e lunga, costruzione di un rapporto di fiducia tra operatori sociali e famiglie, contribuendo altresì a produrre particolari difficoltà nel soddisfare i propri bisogni primari ad alcuni dei nuclei coinvolti;
   in relazione all'articolo 7:
    l'articolo in commento individua i servizi coinvolti per l'accesso e la valutazione e i sostegni da individuare nel progetto personalizzato e destina una quota del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale al loro finanziamento. Si attribuisce notevole rilievo alla valutazione multidimensionale dei casi ed alla stesura di un progetto personalizzato. Nella realizzazione di tali attività gli operatori Pag. 43sociali svolgono un ruolo imprescindibile. Oggi, però, in molti territori non c’è una presenza di operatori sociali numericamente adeguata a tal fine. Senza la possibilità di effettuare nuove assunzioni di operatori sociali l'obiettivo valorizzare la suddetta valutazione multidimensionale e progettazione personalizzata è destinato a rimanere, in misura significativa, puramente teorico;
    come sottolineato dall'Istat, nell'ambito della spesa per il welfare locale, che ammonta complessivamente a poco meno di 7 miliardi di euro, il 17 per cento della spesa totale dei comuni, circa 1 miliardo e 168 milioni di euro annui, è assorbita dai servizi citati;
   nel dettaglio:
    per il segretariato sociale i comuni hanno speso complessivamente nel 2013 76 milioni 317 mila euro. Gli utenti serviti sono circa 2 milioni l'anno, di cui il 50 per cento al Nord. A livello nazionale risulta che circa il 71 per cento dei comuni offre ai propri residenti questo tipo di servizio. La percentuale di comuni che hanno attivato questo servizio varia dal 55,5 per cento nelle Isole all'81,5 per cento nel Nord-ovest;
    la spesa annua dei comuni per il servizio sociale professionale è di circa 362 milioni 486 mila euro, gli utenti presi in carico dagli assistenti sociali sono circa 1 milione 980 mila l'anno. Il 61 per cento dei comuni italiani ha attivato questo servizio. Con la sola eccezione di Calabria (19 per cento) e Campania (32 per cento), la quota di comuni che ha attivato il servizio è superiore al 40 per cento in tutte le regioni;
    per l'inserimento lavorativo i comuni spendono circa 44 milioni di euro l'anno e gli utenti che hanno beneficiato di questo tipo di interventi nel 2013 risultano 31.775. Solo il 28 per cento dei comuni risulta offrire il servizio con una variabilità territoriale particolarmente elevata – si passa dal 62 per cento dei comuni del Veneto all'1 e 2 per cento di Valle d'Aosta e Calabria – e una posizione generalmente peggiore delle regioni meridionali;
    il sostegno socio-educativo domiciliare o territoriale ha avuto 95.963 utenti nel 2013, con una spesa complessiva di circa 119 milioni di euro. Il 34 per cento dei comuni offre il servizio, tale quota supera abbondantemente il 40 per cento nel Nord, è inferiore al 20 per cento nel Mezzogiorno;
    per l'assistenza domiciliare socio-assistenziale i comuni hanno speso 523 milioni 424 mila euro a fronte di 215.894 utenti. Si tratta del servizio che assorbe la quota di spesa e la spesa per utente più elevate. Nonostante ciò è attivo solo nel 38,6 per cento dei comuni, con quote generalmente più basse nelle regioni del Sud ma anche in alcune del Nord, quali Emilia Romagna e Valle d'Aosta;
    il servizio di mediazione familiare è attivo nel 30,3 per cento dei comuni, con una spesa di circa 4 milioni di euro per 10.312 utenti. In quasi tutte le regioni del meridione la quota di comuni che offre il servizio è inferiore alla media;
    il sostegno alla genitorialità ha una spesa annua di circa 21 milioni di euro da parte del 49,1 per cento dei comuni, per un totale di 76.965 utenti. Il servizio raggiunge quote di diffusione molto elevate nel Nord ed è presente in almeno il 30 per cento dei comuni in quasi tutte le regioni del Centro e del Sud;
    il servizio di mediazione culturale, è presente nel 22,3 per cento dei comuni, ha circa 76 mila utenti l'anno e una spesa a carico dei comuni di 7.510.908 euro. La distanza tra Centro-Nord, dove circa un comune su tre offre il servizio, e Mezzogiorno, con circa un comune su venti, è particolarmente elevata;
    il servizio di pronto intervento sociale è disponibile soltanto nel 2,3 per cento dei comuni, la spesa complessiva è stata di circa 10 milioni di euro e il numero di utenti circa 43.300;Pag. 44
   in relazione all'articolo 8:
    l'ammontare di due volte l'assegno sociale risulta inferiore, per diverse tipologie di famiglie, alle soglie di povertà assoluta per i nuclei di cinque o più componenti calcolate dall'Istat. Non si capisce, dunque, il perché dell'inserimento di questo vincolo, anche considerando che non riguarda la prima applicazione del ReI – la quale deve tenere conto dei limiti nei finanziamenti ad oggi disponibili – ma la sua evoluzione nel tempo;
    lo sviluppo dei servizi all'inclusione sia fondamentale per ridurre stabilmente la povertà nel lungo periodo e dare consistenza ai progetti di reintroduzione socio-lavorativa previsti dalla misura. Per tale ragione, Alleanza contro la povertà aveva fissato nel Memorandum d'intesa con il Governo, oltre al limite minimo già indicato nel testo per il finanziamento dei servizi del 15 per cento del Fondo per la lotta alla povertà e alla esclusione sociale, anche un limite minimo annuale del 25 per cento che includesse pure misure a carattere transitorio (oggi ad esempio PON Inclusione) (punto 2.4 del Memorandum), che non viene «esplicitamente citato»;
    l'articolo 9, comma 7, prevede che il beneficio economico sia erogato tramite la Carta ReI e che – oltre che per l'acquisto di generi previsti dalla Carta acquisti – la Carta ReI garantisca la possibilità di prelevare contante entro un limite mensile non superiore alla metà del beneficio massimo attribuibile. Tale limite, però, non trova nel testo attuale corrispondenza negli ambiti di competenza del Piano previsti all'articolo 8;
   in relazione all'articolo 12, comma 4:
    la Conferenza unificata ha chiesto un chiarimento in merito alle modalità di circolazione dei documenti e delle informazioni tra i soggetti coinvolti e alle sanzioni previste in attuazione del ReI, ritenendo necessario chiarire quale soggetto applichi le sanzioni;
   in relazione all'articolo 24:
    la Conferenza unificata ha evidenziato l'opportunità d'inserire i fini del beneficio concernente la messa a disposizione di informazioni integrate da parte di INPS, relative ai beneficiari ReI e alle persone con disabilità e non autosufficienti, anche le Regioni, insieme ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, prevedendo altresì che le informazioni relative ai beneficiari di ciascun territorio siano rese disponibili con le modalità di cui al comma 4 del medesimo articolo, ovvero anche in cooperazione applicativa,

  esprimono

PARERE CONTRARIO.

Pag. 45

ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà. Atto n. 430.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI BRIGNONE E AIRAUDO

  Le Commissioni XI Lavoro e XII Affari sociali, esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà (Atto del Governo n. 430);
   premesso che:
    nel 2016 l'Istat ha stimato, attraverso l'indagine sulle spese per consumi, che 1 milione e 619 mila famiglie residenti in Italia (circa il 6,3 per cento del totale) sono in condizione di povertà assoluta: si tratta di 4 milioni e 742 mila individui, il 7,9 per cento dell'intera popolazione;
    il dato è molto simile a quello del 2015, ma comunque in aumento e in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni;
    risultano in aumento le famiglie con tre o più figli minori in povertà assoluta che salgono dal 18,3 per cento del 2015 al 26,8 per cento, pari a 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui;
    la povertà assoluta aumenta anche fra i minori, da 10,9 per cento a 12,5 per cento, ovvero 1 milione e 292mila nel 2016;
    l'incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9 per cento da 4,2 per cento del 2015) sia di individui (7,3 per cento da 5,6 per cento), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50 mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4 per cento rispetto al 3,3 per cento dell'anno precedente);
    il valore massimo di povertà assoluta si registra tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni, il 10,4 per cento, segno inequivocabile della perdurante precarietà lavorativa o della disoccupazione che incide pesantemente sui giovani e sui quali le politiche dei governi che si sono succeduti fondate su precarietà e agevolazioni contributive non hanno in alcun modo inciso o invertito la situazione;
    per le famiglie in cui la persona di riferimento è un operaio l'incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6 per cento) rispetto a quella del numero totale delle famiglie (6,3 per cento), confermando quanto registrato negli anni precedenti: la povertà assoluta è più contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato, 1,5 per cento, e ritirata dal lavoro, 3,7 per cento;
    a tale situazione molto sinteticamente rappresentata, il Governo tenta di dare una risposta con l'istituzione dal gennaio 2018 del reddito di inclusione (ReI), quale misura universale che costituisce livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione composta da benefici economici e da servizi alla persona. L'erogazione della misura è subordinata alla prova dei mezzi, rappresentata dall'ISEE;
    una misura che viene presentata e rappresentata come universale ma che stante la assoluta insufficienza delle risorse ad essa destinate si rivolge a meno Pag. 46del 30 per cento delle famiglie e dei soggetti in povertà assoluta;
    l'articolo 3 dello schema di decreto legislativo in esame prevede l'adesione a un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa e definisce l'ambito soggettivo dei beneficiari, la sottoscrizione del progetto personalizzato costituisce una condizione per l'erogazione del beneficio economico;
    il Reddito di inclusione (ReI) risulta quindi apparentemente una misura nazionale di contrasto alla povertà, condizionata alla prova dei mezzi e a vocazione universale, come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale ai nuclei familiari in condizione di povertà ma questo, comunque e in ogni caso nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale di cui all'articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015;
    la relazione tecnica che accompagna lo schema di decreto legislativo in esame afferma che le risorse disponibili complessivamente nel Fondo sono pari a 1.759 milioni di euro nel 2018, di cui 15 milioni di euro accantonati per eventuali ulteriori oneri connessi all'ASDI, e a 1.845 milioni di euro a decorrere dal 2019, mentre per le erogazioni del ReI il limite di spesa è pari a 1.482 milioni di euro nel 2018 e a 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, risorse del tutto insufficienti e che certo non rappresentano compiutamente un intervento universale in quanto con le risorse disponibili si interviene su una quota minoritaria delle famiglie in povertà assoluta;
    per sostenere realmente le donne e gli uomini in povertà assoluta sarebbero necessari, invece, circa 7 miliardi di euro;
    nella prima fase di avvio, il ReI sarà prioritariamente rivolto alle famiglie con figli minorenni, con figli con disabilità, con una donna in stato di gravidanza o con componenti disoccupati ultra cinquantacinquenni;
    l'articolo 8 indica i principi ai quali deve attenersi il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, individuato come strumento amministrativo per procedere alla progressiva estensione dei beneficiari e all'incremento del beneficio ma solo in presenza di ulteriori risorse eventualmente disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale e nei limiti delle medesime, senza fornire una credibile indicazione che dia certezza almeno di un aumento delle risorse costante negli anni che porti almeno a coprire l'intera fascia di famiglie e individui in povertà assoluta;
    gli articoli dal 9 al 12 disciplinano le modalità di richiesta, concessione ed erogazione del ReI: le richieste sono comunicate per via telematica all'INPS, che verifica i requisiti sulla base di quanto disponibile nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate, in caso di esito positivo delle verifiche, il beneficio è concesso dall'INPS, tramite la Carta acquisti, che viene denominata Carta ReI; si prevede la cooperazione nello scambio dei dati tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate, del resto già attivo; si determinano le compatibilità del Rel con eventuali attività lavorative; infine si prevedono sanzioni per i beneficiari del Rel che possono prevedere riduzioni o decadenze delle prestazioni con eventuale restituzione delle somme percepite indebitamente;
    gli articoli 13 e 14 disciplinano le funzioni dei comuni e le funzioni delle regioni e delle province autonome per l'attuazione del ReI, queste ultime sono chiamate ad adottare il Piano regionale di lotta alla povertà, le regioni e le province autonome, con proprie risorse possono incrementare la platea dei beneficiari o il beneficio per i residenti nel territorio;
    lo schema di decreto legislativo reca i principi per un'offerta territoriale integrata tra i servizi sociali e gli altri enti od organismi competenti per l'inserimento lavorativo, l'istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute e per la gestione associata dei servizi sociali, ma Pag. 47tali servizi integrati, che attengono ad ambiti di grande rilevanza, se sottoposti alle politiche di bilancio e di spending review che hanno colpito pesantemente con tagli ai trasferimenti agli enti locali o azzerato ad esempio il fondo contributo affitto, appaiono di difficile attuazione anche se condivisibili e necessari;
    il ReI così come delineato nello schema di decreto legislativo sembra ricalcato sull'esempio del Reddito di dignità realizzato dalla Regione Puglia e ormai in essere da oltre un anno. La misura pugliese non sembra che stia producendo i risultati sperati; soprattutto la farraginosità delle procedure e gli errori della burocrazia hanno generato ritardi e disservizi che nulla lascia sperare che non si riprodurranno a livello nazionale;
    la misura recata dallo schema di decreto legislativo in esame rappresenta quindi solo un parziale intervento che non ha nulla di strutturale, limitato nelle risorse e nel numero di famiglie che ne beneficeranno. Essa è lontana dall'essere universale e si inserisce all'interno di politiche del mercato del lavoro del tutto fallimentari attuate dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, come dimostrano i dati sulla irrilevante creazione di nuovi posti di lavoro stabili a fronte di ingenti risorse stanziate a favore delle imprese;
    lo schema in esame pone in capo agli ambiti territoriali la predisposizione del progetto personalizzato per il superamento della condizione di povertà, il reinserimento lavorativo e l'inclusione sociale, e in tale ambito è basilare la valutazione multidimensionale e la presa in carico dei servizi sociali e territoriali. Tali elementi sembrano prefigurare un destino fallimentare per il ReI, dal momento che i servizi sociali dei comuni e degli ambiti territoriali sono sottorganico e non riescono a far fronte alle numerose responsabilità che gli sono affidate;
    non è pensabile gravare ulteriormente i servizi sociali dei comuni senza garantire la facoltà e le risorse necessarie ad effettuare l'assunzione di nuovi assistenti sociali;
    lo schema di decreto in esame prevede che al fine di assicurare omogeneità nei criteri di valutazione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta del Comitato per la lotta alla povertà, siano approvate apposite linee guida che definiscano gli strumenti operativi per la valutazione multidimensionale, ma non è prevista alcuna forma di coinvolgimento, nelle definizione delle stesse, degli enti territoriali e locali e in particolare non sono fissati i termini per l'adozione delle linee guida;
    per garantire efficacia alla misura servirebbero risorse economiche adeguate, sarebbe necessario il superamento del jobs act e delle forme di precariato che lo stesso ha contribuito a far crescere. Si dovrebbe arrivare al superamento completo delle decontribuzioni, decine di miliardi spesi, che hanno prodotto l'esplosione dei contratti a tempo determinato, dei quali solo una minima parte si è trasformata in assunzioni a tempo indeterminato, mentre la precarietà e la disoccupazione giovanile continua ad essere elevatissima;
    a detta del Governo il ReI sarebbe una forma di reddito minimo, ma questo non corrisponde al vero in quanto il reddito minimo si determina come un intervento strutturale che il ReI non è, non essendo accompagnato da piani straordinari per il lavoro;
    il ReI non può chiamarsi né misura universale né diritto universale in quanto non è in grado di garantire neanche al 30 per cento di famiglie e individui in povertà assoluta di collocarsi e di vivere al di sopra della soglia della povertà. Infatti il Rel stabilisce che la famiglia beneficiaria goda di un trattamento di circa 400 euro al mese, quando i minimi vitali anche basati su calcoli diversi, si attestano a non meno di 600 euro;
    la lotta alla povertà non può essere affrontata con scarsità di mezzi e senza Pag. 48una visione complessiva e innovativa del mondo del lavoro, una politica di incremento dei salari e dei diritti dei lavoratori, contrastando lo sfruttamento che è sotto gli occhi di tutti come avviene nella gig economy, con politiche sanitarie che non taglino i posti letti a favore della privatizzazione della sanità e che non ignorino la rinuncia, secondo quanto emerge dai dati Censis, da parte di 11 milioni di italiani a prestazioni sanitarie e alle cure non riuscendo a pagarle di tasca propria;
   per i motivi esposti in premessa,

  esprimono

PARERE CONTRARIO.

Pag. 49

ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà. Atto n. 430.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, SEGONI E TURCO

  Le Commissioni riunite XI e XII,
   considerato che lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà è chiamato a disciplinare l'introduzione di una misura unica nazionale per il contrasto alla povertà, denominata Reddito d'inclusione (ReI), il riordino delle prestazioni finalizzate al contrasto della povertà e il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali;
   ritenuto che il ReI è finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione di cui all'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a cui affluiscono anche le eventuali economie per la finanza pubblica derivanti dal riordino delle prestazioni assistenziali;
   considerato che lo schema di decreto legislativo all'articolo 7 individua gli specifici interventi e servizi che necessitano di rafforzamento a seguito dell'attuazione del ReI come specificata ai sensi degli articoli 5 e 6;
   ritenuto che ad ogni modo le risorse previste nello schema di decreto legislativo eccedono di gran lunga quelle destinate allo specifico dei servizi per la lotta alla povertà a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), lo strumento previsto dalla legge n. 328 del 2000 (articolo 20) per l'attuazione dei livelli essenziali,

  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:

  all'articolo 7, dopo il comma 8, siano aggiunti i seguenti commi:
  «8-bis. Ai fini di permettere un'ulteriore implementazione del ReI, si prevede che siano attribuite al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale il gettito derivante dall'imposizione fiscale sull'attività di produzione e di vendita della cannabis e dei suoi derivati nonché dalle sanzioni irrogate in caso di violazione della disciplina di cui ai commi successivi.
  8-ter. La coltivazione della cannabis con un contenuto di principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) superiore allo 0,3 per cento può essere effettuata soltanto da maggiorenni o minorenni emancipati, secondo le disposizioni del presente articolo. Il coltivatore di cannabis è tenuto a comunicare all'ufficio dell'assessorato regionale competente e alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente l'intenzione di coltivare professionalmente la cannabis e il luogo dove intende impiantare la coltivazione. Nella comunicazione devono essere indicati:
   a) il nome della varietà di cannabis utilizzata;
   b) la quantità di seme utilizzata per ettaro, la superficie seminata, la localizzazione delle particelle catastali e i relativi mappali;Pag. 50
   c) il nome, l'indirizzo e l'eventuale recapito telefonico del produttore;
   d) la data prevista per l'inizio della coltivazione.
  La comunicazione deve essere effettuata entro il quindicesimo giorno antecedente la data prevista per l'inizio della coltivazione. Il coltivatore di cannabis ha l'obbligo, altresì, di conservare, nella documentazione relativa alla coltivazione della cannabis, il disciplinare per il campionamento della coltura. La coltivazione della cannabis può essere effettuata esclusivamente secondo i princìpi dell'attività agricola biologica disciplinata dal regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, dal regolamento (CE) n. 889/2008 della Commissione, del 5 settembre 2008, e dal regolamento (UE) n. 271/2010 della Commissione, del 24 marzo 2010. Nel caso di violazione delle norme sull'attività agricola biologica, al coltivatore di cannabis si applicano la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 100.000 euro nonché l'interdizione dall'attività di produzione di cannabis per un periodo da un anno a cinque anni. Nel caso in cui siano omesse tutte le comunicazioni alle competenti autorità previste, si applicano le sanzioni previste dal comma 8. I proventi delle sanzioni pecuniarie di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo di cui al comma 8-bis. Sono consentite alle persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione personale di piante di cannabis di sesso femminile, nel limite massimo di tre, e del prodotto da esse ottenuto, non destinati al commercio e alla vendita autorizzati secondo le disposizioni del comma 8-quater. Chiunque intenda coltivare cannabis ai sensi del periodo precedente deve inviare all'ufficio dell'assessorato regionale competente una comunicazione recante l'indicazione dei propri dati anagrafici e del luogo in cui intende effettuare la coltivazione; alla comunicazione è allegata la copia di un documento di identità valido dell'interessato. La coltivazione e la detenzione possono essere effettuate a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione. Nel caso in cui il numero delle piante coltivate e detenute ecceda il numero di tre ma non il numero di dieci, il contravventore è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 200.000 euro. Chiunque coltiva un numero di piante superiore a dieci è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da un milione di euro a 50 milioni di euro. I proventi delle multe di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo di cui al comma 8-bis. È vietata l'importazione di cannabis. Chiunque vìoli la disposizione del periodo precedente è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 10 milioni di euro a 100 milioni di euro. I proventi delle multe di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo di cui al comma 8-bis.

  8-quater. Il commercio all'ingrosso e la vendita al dettaglio della cannabis e dei suoi derivati sono legali e possono essere esercitati da maggiorenni o da minorenni emancipati. Con regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Commissioni parlamentari competenti e le regioni, sono disciplinati i presupposti per il rilascio e per la revoca delle autorizzazioni al commercio e alla vendita della cannabis e dei suoi derivati, il loro numero e i controlli conseguenti, le caratteristiche dei prodotti destinati alla vendita all'ingrosso e al dettaglio, la tipologia degli esercizi autorizzati alla vendita e la loro distribuzione nel territorio. Sulle confezioni di cannabis e dei suoi derivati destinate alla vendita al minuto devono essere specificati il livello di principio attivo THC presente nella sostanza, la provenienza geografica della stessa e l'avvertimento che il fumo della sostanza della Pag. 51cannabis e dei suoi derivati produce effetti negativi per la salute. È vietata la cessione della cannabis e dei suoi derivati ai minori di anni diciotto. In caso di violazione il contravventore è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, con la multa da 5.000 euro a 50.000 euro e con la revoca dell'autorizzazione al commercio e alla vendita della cannabis e dei suoi derivati. I proventi delle multe di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo di cui al comma 8-bis.
  8-quinquies. Chiunque ceda, fuori degli esercizi commerciali autorizzati, cannabis a un minore di anni diciotto è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 5.000 euro a 50.000 euro. I proventi delle multe di cui al presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo di cui al comma 8-bis.
  8-sexies. Le persone fisiche, gli enti e le imprese che producono e trasformano a scopo commerciale cannabis e suoi derivati devono trasmettere trimestralmente al Ministero della salute e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un rapporto sulla natura e sulla quantità delle materie prime ricevute e di quelle utilizzate per la trasformazione della cannabis, indicando la quantità e la qualità delle sostanze ricavate e di quelle vendute nel corso del trimestre precedente.
  8-septies. Il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali provvedono, d'intesa tra loro, all'istituzione dell'Anagrafe pubblica della cannabis e dei suoi derivati prodotti a scopo commerciale in Italia, consultabile in formato libero e aperto nei siti internet istituzionali dei medesimi Ministeri. Nell'anagrafe suddetta devono sempre essere indicate chiaramente le caratteristiche dei prodotti destinati alla vendita, con particolare riguardo alla quantità e alla qualità del principio attivo contenuto in ogni prodotto. Sulle confezioni destinate alla vendita al minuto devono essere specificati il livello di principio attivo presente nel prodotto, la sua provenienza, l'indicazione delle malattie che possono essere curate e di quelle che possono essere prevenute mediante il consumo e l'avvertimento degli effetti nocivi per la salute.
  8-octies. Il controllo sulla qualità della coltivazione della cannabis e dei suoi derivati è svolto dalla Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dal Comando carabinieri per la tutela della salute, posto funzionalmente alle dipendenze del Ministro della salute.
  8-nonies. Gli enti locali individuano luoghi nei quali è consentito l'esercizio dell'attività di vendita al dettaglio della cannabis e dei suoi derivati. I suddetti luoghi devono distare almeno 500 metri da edifici scolastici, ospedalieri e di culto, da caserme e stazioni dei mezzi di trasporto pubblici, da impianti sportivi e da luoghi di ritrovo di giovani. Con le suddette modalità possono altresì essere individuati luoghi pubblici nei quali è espressamente vietato l'esercizio dell'attività di vendita al dettaglio della cannabis e dei suoi derivati.
  8-decies. La cannabis e i derivati di essa sono assimilati ai tabacchi lavorati, ai sensi dell'articolo 39-ter del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, per l'applicazione dell'accisa e delle relative sanzioni.».

Pag. 52

ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà. Atto n. 430.

PARERE APPROVATO DALLE COMMISSIONI

  Le Commissioni riunite XI e XII,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà (Atto n. 430);
   rilevato che il provvedimento dà attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1 della legge 15 marzo 2017, n. 33, recante una delega legislativa al Governo riferita all'adozione di norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali;
   osservato che l'impianto del provvedimento recepisce le indicazioni contenute nel Memorandum d'intesa sottoscritto dal Governo e dall'Alleanza contro la povertà in Italia in merito all'attuazione della citata legge n. 33 del 2017;
   considerate le osservazioni e le proposte di modifica avanzate dalle Regioni e dai comuni, riportate in allegato all'intesa sancita sul provvedimento, il 6 luglio 2017, dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
   valutati gli elementi acquisiti nel corso delle audizioni informali svolte nell'ambito dell'esame del provvedimento;
   giudicata positivamente la destinazione ai servizi sociali di almeno il 15 per cento del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, così da rendere strutturale, oltre l'intervento previsto con il «Programma operativo nazionale (PON) Inclusione», il rafforzamento degli stessi servizi, i cui interventi sono considerati livelli essenziali delle prestazioni, insieme al beneficio economico;
   valutata positivamente la spinta alla gestione associata dei servizi, che consentirà di rendere effettivo l'impianto previsto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, i cui principi erano rimasti finora in buona parte inattuati;
   sottolineato che attraverso il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale di cui all'articolo 8 si dovrà progressivamente pervenire all'estensione della misura fino all'integrale copertura di tutti i nuclei familiari in condizioni di povertà e all'aumento della durata del beneficio economico;
   ritenuto che i requisiti di residenza e di soggiorno di cui all'articolo 3, comma 1, debbano intendersi riferiti, come può desumersi dal tenore letterale della medesima disposizione, solo al componente del nucleo familiare che richiede la misura e non all'intero nucleo familiare;
   considerata l'opportunità di superare le limitazioni previste dall'articolo 3, comma 2, lettera d), prevedendo il riconoscimento del beneficio economico in presenza di almeno un lavoratore di età pari o superiore a 55 anni di età, in stato di disoccupazione, a prescindere dalla causa di tale stato e indipendentemente da una precedente occupazione;
   rilevata l'esigenza che, all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, si precisi che il progetto personalizzato deve essere comunicato Pag. 53dagli ambiti territoriali all'INPS contestualmente alla sua sottoscrizione;
   considerata l'opportunità di valutare che, nel caso del finanziamento degli interventi e servizi per i senza dimora, di cui all'articolo 7, comma 9, l'erogazione delle risorse possa essere condizionata al soddisfacimento di taluni standard di servizio, quali le modalità di riconoscimento della residenza anagrafica per le persone senza dimora;
   segnalata l'opportunità, con riferimento all'articolo 9, comma 5, di prevedere che la concessione condizionata del beneficio sia comunicata dall'INPS non solo agli ambiti territoriali, ma anche ai comuni interessati;
   ravvisata l'opportunità che, analogamente a quanto disposto dall'articolo 9, comma 11, che prevede una semplificazione per l'attivazione delle tariffe agevolate per l'energia elettrica e il gas in favore dei nuclei familiari beneficiari del ReI, siano individuate in via generale modalità semplificate di accesso alle medesime tariffe sulla base delle dichiarazioni ISEE presentate dagli interessati;
   evidenziata l'esigenza di valorizzare il coinvolgimento delle autonomie locali nella programmazione, a livello regionale, delle politiche sociali connesse al contrasto alla povertà e all'esclusione sociale;
   ritenuto che, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 6, sia opportuno precisare le forme di integrazione fra le misure regionali di contrasto alla povertà e il ReI, chiarendo che quest'ultimo potrà essere integrato da misure regionali con caratteristiche omogenee a quelle previste dalla misura nazionale;
   segnalata l'opportunità di specificare, all'articolo 14, comma 7, secondo periodo, che l'atto chiamato a disciplinare i rapporti finanziari tra l'amministrazione regionale e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è una convenzione;
   osservato che, al fine di assicurare un effettivo rafforzamento dei servizi sociali degli enti territoriali, anche in esito al monitoraggio previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera d), si rende necessario introdurre specifiche deroghe ai divieti e alle limitazioni previsti dalla legislazione vigente per le assunzioni di nuovo personale nelle pubbliche amministrazioni al fine di consentire agli enti interessati un adeguato svolgimento dei compiti assegnati dal provvedimento in esame;
   rilevata l'esigenza di verificare l'opportunità, in considerazione dei compiti attributi all'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) dalla legislazione vigente e dall'articolo 15, comma 5, del provvedimento in esame, di prevedere un coinvolgimento del medesimo Istituto nelle attività dell'Osservatorio sulla povertà di cui all'articolo 16;
   considerata l'opportunità, con riferimento all'articolo 21, commi 2 e 3, di prevedere che facciano parte della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, sullo stesso piano del Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero della salute e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ragione delle rispettive competenze;
   segnalata l'opportunità di una revisione, sotto il profilo formale, della formulazione di alcune disposizioni del provvedimento,

  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:

  all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: regione di competenza aggiungere le seguenti:, all'INPS;

  all'articolo 6, comma 8, aggiungere, in fine, le parole: nonché promuovendo, laddove Pag. 54possibile, anche il coinvolgimento attivo dei minori per la parte del progetto a loro rivolto;

  all'articolo 7, comma 1, lettera e), aggiungere, in fine, le parole: e servizi di prossimità;

  all'articolo 7, comma 5, si preveda un termine massimo di 60 giorni per il trasferimento delle risorse per il potenziamento dei servizi dalle Regioni agli ambiti territoriali;

  all'articolo 7, comma 9, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Gli interventi e i servizi di cui al presente comma sono oggetto di rilevazione da parte del sistema informativo di cui all'articolo 24 e di specifico monitoraggio da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ne dà conto nel Rapporto di cui all'articolo 15, comma 4;

  all'articolo 8, comma 1, lettera c), dopo le parole: all'articolo 3, comma 2, aggiungere le seguenti: a partire da quelli con persone di età pari o superiore a 55 anni, prive dei requisiti di cui al medesimo articolo 3, comma 2,;

  all'articolo 8, comma 1, lettera f), aggiungere, in fine, le parole:; a decorrere dal terzo Piano il massimale del beneficio economico può essere elevato oltre detto ammontare;

  all'articolo 8, comma 1, dopo la lettera i), aggiungere la seguente:
   l) il limite mensile di prelievo di contante mediante la Carta ReI, nonché le categorie di beni e servizi di prima necessità acquistabili mediante la medesima Carta;

  all'articolo 8, comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'estensione della platea è individuata prioritariamente tra i nuclei familiari con persone di età pari o superiore a 55 anni non già inclusi all'articolo 3, comma 2;

  all'articolo 9, comma 2, sostituire le parole: entro dieci giorni con le seguenti: entro quindici giorni;

  all'articolo 9, comma 4, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Il possesso dei requisiti, anche ai fini della determinazione del beneficio, è verificato dall'INPS con cadenza trimestrale, ove non diversamente specificato, ferma restando la necessità di aggiornare l'ISEE alla scadenza del periodo di validità dell'indicatore;

  all'articolo 10, comma 7, premettere le seguenti parole: A decorrere dalla data indicata nel decreto di cui al comma 3,;

  all'articolo 12, comma 11, aggiungere, in fine, le parole: nei casi di cui al comma 8, e decorsi sei mesi negli altri casi;

  all'articolo 15, comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le parole:; nel monitoraggio delle criticità, specifica attenzione è rivolta alla presenza in organico di adeguate professionalità in materia sociale e alle ragioni delle eventuali carenze;

  all'articolo 16, comma 6, lettera a), si preveda che il Rapporto biennale sulla povertà sia trasmesso alle Camere;

  all'articolo 17, comma 2, si preveda che per i soggetti ai quali continua ad essere erogato il SIA venga consentito l'accesso al prelievo di contante entro il limite mensile di cui all'articolo 9, comma 7;

  all'articolo 17, comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, fatta salva la fruizione del beneficio maggiore;

  all'articolo 24, comma 1, si modifichi il nome dell'istituendo sistema informativo dei servizi sociali, che potrebbe assumere la denominazione di «Sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS)», al fine di non ingenerare confusione tra l'istituendo «Nuovo sistema informativo dei servizi sociali (NSISS)» e il già esistente Pag. 55«Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS)» del Ministero della salute;

  all'articolo 24, comma 8, secondo periodo, sostituire le parole: del presente comma con le seguenti: del comma 7;

  all'articolo 24, siano indicati i termini per l'adozione dei decreti di cui ai commi 9 e 10;

  all'articolo 24, aggiungere, in fine, il seguente comma: 14. Le province autonome di Trento e di Bolzano adempiono gli obblighi informativi previsti dal presente articolo secondo procedure e modelli concordati con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel rispetto delle competenze a esse attribuite, comunque provvedendo nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

  all'articolo 25, comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per coloro che effettuano la richiesta del ReI nel mese di dicembre 2017 e non sono già beneficiari del SIA, l'ISEE deve essere aggiornato entro il termine del primo trimestre 2018;

  all'articolo 25, aggiungere, in fine, il seguente comma: 7. Sono in ogni caso fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.