CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 giugno 2016
665.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Atto n. 297.

PARERE APPROVATO

  «La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione,
  esaminato lo schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (atto n. 297),
  premesso che:
   la legge n. 124 del 2015, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, costituisce il fulcro della complessiva azione riformatrice della pubblica amministrazione, nell'ambito della quale la qualità della regolazione rappresenta un strumento fondamentale per assicurare la competitività del Paese, l'effettività dei diritti fondamentali dei cittadini, l'efficienza delle pubbliche amministrazioni e la stabilità dei conti pubblici;
   in particolare, l'articolo 18 della citata legge ha delegato il Governo a procedere alla revisione della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare prioritariamente la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e conseguentemente la tutela e la promozione della concorrenza;
   nel corso dell'ultimo decennio la disciplina in materia di partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni è divenuta infatti sempre più complessa, in tal modo facilitando la costituzione di società o il mantenimento di partecipazioni societarie scarsamente produttive o comunque non sempre necessarie al perseguimento dei fini istituzionali delle amministrazioni stesse ovvero favorendo il prodursi di situazioni di inefficienza gestionale;
   in questo quadro, il presente provvedimento intende realizzare, mediante un complessivo riordino normativo, un disegno coerente e di lungo periodo in materia di partecipazioni pubbliche al fine di garantire una efficiente allocazione delle risorse, migliorare i servizi erogati a cittadini e imprese e favorire una maggiore trasparenza della pubblica amministrazione;
   tali obiettivi sono perseguiti non solo mediante la previsione di condizioni e limiti più stringenti per la costituzione, l'acquisizione o il mantenimento delle partecipazioni pubbliche, ma anche attraverso meccanismi di verifica e monitoraggio periodico dell'assetto complessivo delle società partecipate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, nonché attraverso la predisposizione di piani di riassetto per la razionalizzazione, fusione o soppressione delle società stesse;
  considerato che:
   ai fini dell'esame del presente provvedimento questa Commissione congiuntamente alla Commissione affari costituzionali del Senato ha svolto un'intensa attività conoscitiva nel corso della quale sono stati auditi numerosi soggetti nonché il Ministro dell'economia e delle finanze e la Ministra della funzione pubblica;
   nel corso della citata attività conoscitiva sono emersi alcuni profili problematici che richiedono o potrebbero richiedere Pag. 72modifiche al testo del provvedimento in oggetto, di cui si dà conto, rispettivamente, nelle condizioni e nelle osservazioni di seguito riportate;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) con riferimento alla previsione di cui all'articolo 1, comma 6, si preveda che l'esclusione totale o parziale dall'applicazione delle disposizioni del presente decreto sia determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti sul relativo schema di decreto, che ne illustri le ragioni;
   2) all'articolo 2, comma 1, lettera h), si precisi che nella definizione di «servizi di interesse generale» è ricompresa anche quella di «servizi di interesse economico generale» di cui alla successiva lettera i) del medesimo comma 1, inclusi quelli sottoposti a regolazione indipendente, in coerenza con la disciplina comunitaria in materia, in modo da ricomprendere anche la produzione di servizi di interesse economico generale tra le finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione delle partecipazioni pubbliche di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a);
   3) ai fini della definizione di servizi di interesse generale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), le previsioni del decreto siano coerenti con quelle del decreto legislativo, in corso di emanazione, recante testo unico in materia di servizi pubblici locali di interesse economico generale, anche con riferimento alla realizzazione e alla gestione di reti e impianti funzionali alla prestazione dei servizi stessi;
   4) sia riformulata la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera o), o quella transitoria di cui all'articolo 27, comma 4, al fine di includervi le società che abbiano avviato processi di emissione di strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati, diversi dalle azioni, alla data del 30 giugno 2016 e di fare salvi gli atti volti alla quotazione o all'emissione dei suddetti strumenti, già posti in essere alla data di entrata in vigore del decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 7;
   5) all'articolo 3, sia precisato che tra i tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica sono incluse anche le società consortili;
   6) all'articolo 4, comma 2, si precisi che le società a partecipazione pubbliche devono svolgere in modo esclusivo non necessariamente solo una delle attività ivi elencate, ma possono svolgerne anche più di una;
   7) all'articolo 4, comma 2, lettere b) ed e), il riferimento agli articoli 172 e 3, comma 25, dell'abrogato codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, deve essere aggiornato alla luce del decreto legislativo n. 50 del 2016, recante riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici, richiamando rispettivamente gli articoli 193 e 3, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo n. 50;
   8) all'articolo 4, comma 3, la possibilità di acquisire partecipazioni in società tramite conferimento di beni immobili sia circoscritta alle sole società che abbiano come oggetto esclusivo l'attività di riqualificazione e valorizzazione degli immobili;
   9) all'articolo 4, sia esplicitato che l'attività di intermediazione finanziaria esercitata dalle società finanziarie regionali rientra fra gli ambiti per i quali è ammessa la costituzione di società a partecipazione pubblica ovvero l'acquisto o il mantenimento di partecipazioni in società, o, in alternativa, le stesse siano inserite nell'Allegato A;
   10) siano integrate le disposizioni di cui all'articolo 4, prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sia fatto divieto alle società strumentali degli enti locali, ad eccezione delle holding, di costituire nuove società o acquisire partecipazioni in altre Pag. 73società, assicurando, con riferimento alle medesime holding, la trasparenza dei dati finanziari relativi alle singole partecipazioni;
   11) all'articolo 5 sia modificata la rubrica sopprimendo il riferimento agli obblighi di dismissione, giacché tali obblighi non sono disciplinati dal medesimo articolo;
   12) l'intervento della Corte dei Conti di cui all'articolo 5, commi 3 e 4, sia previsto mediante la trasmissione della delibera adottata per finalità conoscitive e in relazione alla verifica di coerenza con il piano di razionalizzazione previsto dall'articolo 20;
   13) siano escluse dall'applicazione delle disposizioni in materia di composizione del consiglio di amministrazione e di divieto di stipula di patti di non concorrenza, di cui rispettivamente ai commi 2, 3 e 10 dell'articolo 11, le società nelle quali l'affidamento del contratto di appalto o di concessione sia avvenuto a seguito di una procedura ad evidenza pubblica (gara o gara a doppio oggetto);
   14) si preveda che, in caso di partecipazioni rilevanti, il socio pubblico possa proporre agli organi di amministrazione di introdurre limitazioni analoghe a quelle previste all'articolo 11, commi 6 e 10, in ordine agli emolumenti degli amministratori, dei componenti degli organi di controllo, dei dirigenti e dei dipendenti delle società a controllo pubblico;
   15) si definiscano criteri puntuali volti a limitare l'ambito di applicazione del divieto di nominare dipendenti pubblici negli organi di società a controllo pubblico, di cui all'articolo 11, comma 8;
   16) l'articolo 12 sia riformulato prevedendo l'azione di responsabilità di competenza della Corte dei conti, riferita agli amministratori della società, in relazione all'intero danno subìto dal patrimonio sociale per le società sulle quali l'amministrazione esercita il controllo analogo, e, per le altre tipologie di società, nei soli limiti della quota di partecipazione;
   17) all'articolo 12, il comma 2 sia riformulato prevedendo che costituisce danno erariale esclusivamente il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che abbiano, con dolo o colpa grave, nell'esercizio dei propri diritti di socio, pregiudicato il valore della partecipazione;
   18) sia sostituita la rubrica dell'articolo 14, in coerenza con i contenuti dell'articolo medesimo, con la seguente: «Crisi d'impresa di società a partecipazione pubblica»;
   19) i compiti di monitoraggio e controllo di cui all'articolo 15, per quanto riguarda le società partecipate dallo Stato, ferma la competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, siano affidati a una struttura apposita onde evitare potenziali conflitti tra l'esercizio dei poteri dell'azionista e l'attività di controllo;
   20) all'articolo 16 si provveda ad armonizzare, nel rispetto della normativa e della giurisprudenza comunitaria, la disciplina delle società in house, con particolare riferimento ai requisiti identificativi e alla qualificazione dell'affidamento in house, con quella di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che reca principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico, tenendo conto altresì della disciplina sulle modalità di gestione del servizio di cui all'articolo 7 dello schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308);
   21) con riferimento alle previsioni di cui all'articolo 17, al fine di salvaguardare il principio di legittimo affidamento – riconosciuto dalla normativa e giurisprudenza europea a tutela del partner privato – sia introdotta, con riferimento agli affidamenti in corso, una disciplina transitoria Pag. 74volta a derogare alle disposizioni del medesimo articolo 17 che impongono un oggetto esclusivo alle attività che le società a partecipazione mista pubblico-privata possono svolgere e modificano gli statuti posti a base delle gare;
   22) all'articolo 19 si preveda l'applicazione della disciplina lavoristica del trasferimento d'azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell'affidamento a seguito di procedura competitiva – analogamente a quanto previsto dal comma 9 dell'articolo 25 – evitando anche che i lavoratori interessati debbano ricorrere alla ricongiunzione per il raggiungimento dei requisiti pensionistici;
   23) sia ridefinita l'applicazione dei vincoli gestionali in materia di personale, di cui all'articolo 19, commi 5, 6 e 7, alle società che hanno ottenuto l'affidamento del contratto di appalto o di concessione in seguito ad una procedura ad evidenza pubblica (gara o gara a doppio oggetto), e sia assicurato, in presenza di contrattazione di secondo livello, il confronto con le rappresentanze aziendali dei sindacati maggiormente rappresentativi per i provvedimenti volti al contenimento dei costi di cui al comma 6 del medesimo articolo;
   24) all'articolo 20, in materia di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, si ridefinisca, quale presupposto per la predisposizione obbligatoria di un piano di riassetto, il limite di un milione di euro, di cui alla lettera d) del comma 2, riferito al fatturato medio nei tre anni precedenti, anche prevedendone la riduzione eventualmente collegandola ad altri criteri maggiormente idonei a misurare l'efficienza e l'economicità della gestione, posto che in caso contrario si rischierebbe di penalizzare società virtuose;
   25) al predetto articolo 20 sia modificata altresì la lettera e) del comma 2, che, quale presupposto per la predisposizione obbligatoria di un piano di riassetto, fa riferimento alle partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio di interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, precisando che il risultato negativo non deve comunque risultare inferiore al 5 per cento del fatturato, in modo da prevedere l'attivazione del piano di riassetto nei casi in cui effettivamente sia messa a rischio l'economicità della gestione;
   26) in merito al rinvio operato dall'articolo 20, comma 8, si provveda ad operare un coordinamento tra le norme fatte salve al fine di evitare scadenze estremamente ravvicinate di adempimenti di contenuto analogo, a tal fine salvaguardando i piani attuati a seguito della legislazione vigente e rinviando la decorrenza dell'obbligo della revisione ordinaria all'anno 2017;
   27) con riferimento alle disposizioni transitorie in materia di personale di cui all'articolo 26:
    a) sia ridotto il periodo temporale di durata del blocco delle nuove assunzioni al fine di non imporre vincoli immeritati alle aziende virtuose;
    b) sia chiarito che per profilo «infungibile» si intende il possesso di competenze specifiche;
    c) si preveda l'inserimento del personale eccedente nell'elenco di cui al comma 1 solo a seguito di mobilità in ambito regionale e la trasmissione di tale elenco all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (anche mediante le amministrazioni preposte al ricollocamento) in luogo del Dipartimento della funzione pubblica, ferma restando la possibilità di attivare per tale personale anche gli ulteriori strumenti previsti dalla normativa nazionale e regionale nei casi di ricollocazione a seguito di crisi aziendali, con particolare riferimento alle norme contenute nel decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 e in quelle contenute nel decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148; Pag. 75
  e con le seguenti osservazioni:
   1) si valuti l'opportunità di coordinare la disciplina dei «servizi pubblici locali di interesse economico generale a rete», con quella contenuta nello schema di decreto legislativo sui servizi di interesse economico generale e nelle relative normative di settore, salvaguardando le specificità in esse contenute;
   2) si valuti l'opportunità di individuare le tipologie di società in cui è ammessa la partecipazione da parte della pubblica amministrazione, definendo, come risulta dal parere reso dal Consiglio di Stato, una distinzione più netta tra «società a controllo pubblico», «società a partecipazione pubblica» e «società quotate», con deroghe al codice civile di intensità decrescente, nonché tra «società strumentali» e «società in house», con deroghe al codice civile di maggiore intensità, valutando altresì l'opportunità di elencare per ciascuna delle predette tipologie le norme del decreto che risultano applicabili;
   3) all'articolo 1, comma 3, che prevede l'applicazione alle società a partecipazione pubblica, per quanto non derogato dalle norme del presente provvedimento, delle norme contenute nel codice civile e nelle leggi speciali, si valuti l'opportunità di sostituire il richiamo alle «leggi speciali» con quello alle «norme generali di diritto privato», posto che il riferimento alle leggi speciali deve essere correttamente inteso come richiamo alle leggi speciali di diritto privato di portata generale;
   4) in tale contesto, si valuti altresì l'opportunità di richiamare anche le «norme generali di diritto amministrativo», cioè, essenzialmente, quelle contenute nella legge n. 241 del 1990 e nel Codice dei contratti pubblici;
   5) si valuti l'opportunità di precisare, all'articolo 1, comma 4, che, qualora la disciplina specifica applicabile alla singola società non sia esaustiva, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali contenute nel presente provvedimento, effettuando, a tal fine, anche in via amministrativa, dopo l'entrata in vigore del provvedimento medesimo una ricognizione puntuale delle società interessate;
   6) si valuti l'opportunità di eliminare l'ipotesi di società meramente partecipata dalla pubblica amministrazione e/o quella di limitare l'operatività del Testo unico ai soli casi di controllo diretto nella definizione di società quotata di cui all'articolo 2, comma 1, lettera o);
   7) all'articolo 4, comma 2, si valuti l'opportunità di precisare che nell'ambito delle attività consentite rientrano anche gli impianti a fune;
   8) all'articolo 5, comma 5, riguardo ai poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si consideri l'opportunità, dal punto di vista formale, di sostituire la parola «utilizzare» con «esercitare»;
   9) all'articolo 7, comma 1, si valuti l'opportunità di operare espressamente una distinzione tra l'atto amministrativo con cui viene deliberata la costituzione e l'atto costitutivo della società a partecipazione pubblica, che non possono coincidere, giacché detti atti presentano una differente natura e conseguentemente un difforme regime di eventuale impugnabilità dinnanzi a giurisdizioni diverse;
   10) quanto al numero massimo dei componenti degli organi di amministrazione e controllo di cui all'articolo 11, comma 3, si valuti l'opportunità di chiarire se lo stesso vada riferito al complesso dei due organi, ovvero a ciascuno di essi;
   11) valuti il Governo le modalità per garantire adeguata rappresentanza di genere in presenza di un organo amministrativo collegiale o di una pluralità di partecipazioni in capo alla stessa amministrazione, laddove si opti per un amministratore unico;
   12) all'articolo 11, comma 6, al fine di evitare disparità di trattamento – dal punto di vista retributivo e contributivo – Pag. 76per i componenti dell'organo di amministrazione delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni, rispetto al trattamento previsto per la generalità dei dipendenti delle medesime società, si valuti l'opportunità di prevedere che la determinazione del trattamento economico annuo degli amministratori non possa comunque eccedere il limite massimo corrispondente al costo complessivo previsto per la retribuzione dirigenziale di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali;
   13) valuti il Governo la necessità di prevedere una norma transitoria a salvaguardia dei casi in cui le cariche di presidente, amministratore delegato o componente dell'organo di indirizzo siano state conferite, in base alle norme all'epoca vigenti, dall'amministrazione pubblica a propri dipendenti in rappresentanza dell'amministrazione stessa, purché a titolo gratuito, e siano sopravvenute cause di incompatibilità;
   14) all'articolo 14, si valuti l'opportunità di introdurre per le società in house o strumentali, in ragione delle peculiarità del loro assetto organizzativo, un sistema di gestione della crisi di impresa diverso dall'applicazione integrale delle disciplina del fallimento prevista per le altre società a partecipazione pubblica;
   15) si valuti l'opportunità di escludere dall'applicazione dell'articolo 15, commi 2, 4 e 5, in materia di controllo e monitoraggio, le società che hanno acquisito l'affidamento in seguito ad una procedura ad evidenza pubblica (gara o gara a doppio oggetto) considerato che la gran parte di tali società opera in settori regolati;
   16) si valuti l'opportunità di escludere dall'applicazione degli articoli 19, 20 e 26, le società a partecipazione pubblica derivanti da una sperimentazione gestionale così come previsto dall'articolo 9-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992;
   17) si valuti l'opportunità di prevedere il coinvolgimento dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato nella vigilanza sul processo di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche di cui all'articolo 20, commi 3 e 4 e di revisione di cui all'articolo 25, comma 3;
   18) sia valutato attentamente l'impatto delle disposizioni di cui all'articolo 21, commi 1 e 2, che prevedono un obbligo di accantonamento per gli enti locali nei propri bilanci in corrispondenza alle perdite delle società partecipate, anche alla luce del complessivo processo di risanamento che li ha interessati e delle stringenti misure del decreto, prevedendo possibili modulazioni degli accantonamenti in base all'attuazione delle norme relative ai piani di razionalizzazione, fermo restando che dovrebbe essere comunque valutata la coerenza di queste disposizioni con i principi generali dell'ordinamento in materia di responsabilità dei soci delle società di capitali;
   19) valuti il Governo la possibilità di integrare la previsione di cui all'articolo 25, comma 5, al fine di assicurare procedure di liquidazione sostenibili e compatibili con la struttura finanziaria delle società, fermi restando i vincoli ivi previsti;
   20) si valuti l'opportunità di inserire misure anche a carattere finanziario per favorire le aggregazioni, a tal fine prevedendo il mantenimento della concessione in caso di fusione o aggregazione tra gestori con procedura trasparente, come previsto dallo schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308), almeno per i settori ivi disciplinati, o eliminando la possibilità di sciogliere il rapporto societario in caso di fusione di cui all'articolo 17, comma 3;
   21) sia valutata l'opportunità di precisare le ragioni dell'inserimento nell'Allegato A di ciascuna delle società ivi indicate;
   22) siano individuate, anche tenendo conto della sentenza della Corte di giustizia 15 gennaio 2002, causa C-439/99, le modalità di applicazione del presente provvedimento alle società operanti in materia di Pag. 77organizzazione e gestione di spazi fieristici e manifestazioni fieristiche, facendo salve le relative partecipazioni pubbliche;
   23) si valuti l'opportunità di definire idonee modalità di applicazione delle misure contenute nel presente provvedimento alle start up e agli spin off universitari, facendo salve le relative partecipazioni pubbliche;
   24) al fine di incentivare i processi di razionalizzazione e dimissione delle partecipazioni pubbliche, si valuti la possibilità di prevedere misure volte a riassorbire gradualmente entro un adeguato arco temporale le perdite rivenienti dalle procedure di liquidazione delle società pubbliche, nonché a consentire la destinazione dei ricavi derivanti dall'alienazione di partecipazioni societarie facenti capo alle amministrazioni pubbliche al finanziamento di investimenti pubblici.»

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Atto n. 297.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL GRUPPO MISTO-AL-P

  La componente Alternativa Libera-Possibile
   considerato che l'articolo 5 dello schema di decreto prevede specifici obblighi di motivazione relativi alla determinazione dell'amministrazione di costituire una nuova società, obblighi che sono richiamati dall'articolo 7 (Costituzione di società a partecipazione pubblica) e, per relationem, dall'articolo 8 (Acquisto di partecipazioni in società già costituite e che la motivazione del provvedimento, ai sensi del comma 1, deve dar conto del rispetto dei vincoli di scopo pubblico di cui all'articolo 4, comma 1, dello schema (ex articolo 3, comma 27, legge n. 244/2007) e dei vincoli di attività di cui all'articolo 4, comma 2 dello stesso schema (servizi di interesse generale, economico e non, con particolare riferimento alle società con affidamenti in house e a quelle che svolgono servizi strumentali) sarebbe opportuno prevedere che la possibilità di costituzione di nuove società venga condizionata al completamento delle operazioni di razionalizzazione delle partecipazioni in essere;
   considerato che il provvedimento disciplina all'articolo 7 la costituzione delle società a partecipazione pubblica prevedendo alla lettera a), del comma 1, la procedura di adozione dell'atto deliberativo di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società, sarebbe opportuno che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali, fosse vincolato al parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti;
   convenuto che l'articolo 11 del provvedimento in oggetto, per quanto concerne gli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico, dispone al comma 9 lettera b) che gli statuti delle società a controllo pubblico, prevedano l'esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi, sarebbe opportuno prevedere anche l'esclusione di qualunque altro benefit;
   considerato che l'articolo 13, al comma 1, disciplina il controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico, prevedendo che ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale, sarebbe necessario prevedere non tanto una legittimazione quanto un obbligo di presentazione di denuncia;
   ritenuto che l'articolo 14 disciplina la crisi d'impresa di società a controllo pubblico disponendo che «al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta Pag. 79della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e oggetto a registrazione della Corte dei conti», possono essere autorizzati ad intervenire, sarebbe necessario che il decreto suddetto fosse adottato previo parere vincolante delle commissioni parlamentari competenti;
   considerato che all'articolo 17 del provvedimento si disciplinano le società a partecipazione mista pubblico-privata, disponendo che «i criteri di aggiudicazione possono includere, tra l'altro, aspetti qualitativi ambientali, sociali connessi all'oggetto dell'affidamento o relativi all'innovazione,» sarebbe opportuno predisporre dei criteri più stringenti di aggiudicazione quali quelli che aveva previsto la commissione ambiente come condizione del proprio parere sul codice appalti relativamente agli appalti riservati, quando disponeva che la riserva avvenisse «nel rispetto dei criteri di affidamento, delle soglie di valore e delle tipologie dei contratti oggetti di appalto, stabiliti con apposite linee guida, approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, su proposta dell'ANAC, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari,»;
   ritenuto che il provvedimento dispone, nell'allegato A, incomprensibilmente un elenco di società esonerate dall'applicazione della disciplina transitoria del provvedimento in oggetto;
   considerato che le norme del provvedimento in esame individuano i tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica: società per azioni e società a responsabilità limitata, e che la legge delega, tuttavia, impiega il concetto di «tipo» societario in un'accezione più ampia, volta a identificare le caratteristiche delle società partecipate «in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della partecipazione, alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità diretta o mediante procedura di evidenza pubblica dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa all'emissione di strumenti finanziari « criteri idonei a differenziare il «tipo» possono, pertanto, essere sia di natura funzionale, legati all'attività e agli scopi perseguiti, sia di natura strutturale, legati alla misura, qualità e natura della partecipazione nonché alle modalità di affidamento, diretta o non, dei contratti pubblici in particolare, dovrebbe essere definita, nell'ambito di un primo modello generale, una distinzione più netta tra «società a controllo pubblico», «società a partecipazione pubblica», «società quotate», con deroghe al codice civile che assumono connotati di intensità gradualmente più ridotta; sarebbe quindi opportuno inserire, nell'ambito della disposizione in esame, una norma che distingua le società partecipate da pubbliche amministrazioni in: a) società a partecipazione pubblica; b) società quotate; c) società a controllo pubblico; d) società strumentali; e) società in house indicando magari, per ciascuna delle tipologie indicate, le norme del decreto applicabili;
   ritenuto che, secondo il parere del Consiglio di Stato «le norme contenute nel provvedimento presentano qualche criticità in relazione al loro “ambito applicativo” e alla valenza del “vincolo di attività”. In relazione al primo aspetto, non è chiaro se le due norme si riferiscano soltanto alle società in house ovvero anche alle società strumentali di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, che l'articolo 29 dello schema di decreto ha incluso nell'elenco delle disposizioni da abrogare espressamente sia opportuno chiarire, mediante un richiamo espresso nel testo, che sono ammesse entrambe le tipologie di società. Le società strumentali, nella conformazione che di esse ha dato il d.l. n. 223 del 2006, pur ricomprendendo le società in house costituiscono, infatti, una categoria più ampia. Se, infatti, le stesse venissero escluse dal campo di applicazione del decreto si potrebbe porre un problema di compatibilità costituzionale Pag. 80del testo in relazione alle “società pubbliche regionali strumentali”. La Corte costituzionale, infatti, con la sentenza n. 229 del 2013, ha ritenuto lesivo delle sfere di competenza regionale un intervento limitativo del legislatore statale in ordine alla suddetta tipologia societaria, venendo in rilievo a competenza esclusiva delle Regioni in materia di organizzazione amministrativa regionale e si sottolinea come sia opportuno “tenere separate le tipologie di attività e le tipologie societarie, dedicando a quest'ultime apposite disposizioni che rinviano a quella generale sul “vincolo di attività”»;
   considerato che il provvedimento prevede che «Al solo fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio le amministrazioni pubbliche possono (...) acquisire partecipazioni in società tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare, un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato» permettendo, secondo il Consiglio di Stato «alla pubblica amministrazione la partecipazione pubblica in società al solo fine di valorizzare il proprio patrimonio realizzando un «investimento» (..) non viene chiarito quale sia l'effettivo ambito applicativo della norma, che sembra avere una portata ampia, consentendo, da un lato, il conferimento di qualsiasi immobile compresi quelli facenti parte del patrimonio indisponibile dell'amministrazione, dall'altro, la partecipazione in qualsiasi tipologia societaria e non solo in quelle che hanno finalità connesse a tali forme di investimenti. Questa ampiezza applicativa rischia di consentire la costituzione di molte società pubbliche che, mediante l'espediente del conferimento di beni immobili, possano indirettamente continuare a svolgere attività di impresa, in contrasto con l'intento del legislatore delegante che è quello di limitare e non di moltiplicare l'impiego degli strumenti societari in esame» e sarebbe necessaria l'eliminazione della norma in esame;
   ritenuto che relativamente all'articolo 12 del provvedimento concernente la responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate, il Consiglio di Stato reputa sia «necessario verificare se la disposizione in esame sia in linea con il criterio di delega, in relazione ai seguenti punti: – precisa individuazione del regime «delle» responsabilità; – giustificazione della definizione, in senso limitativo, dei presupposti della responsabilità erariale. – completa attuazione del criterio di delega in relazione al perimetro soggettivo delle responsabilità, con riguardo ai dipendenti delle società partecipate e degli «amministratori delle amministrazioni partecipanti»; ritenuto altresì necessario valutare la compatibilità con le norme comunitarie relative agli equilibri di bilancio ed ai disavanzi eccessivi di cui all'art. 126 TFUE ed agli artt 81,119, cost.;
   considerato inoltre che il suddetto articolo, al comma 2 distingue tra danno alla partecipata, la cui valutazione è di competenza del giudice ordinario e danno all'ente partecipante, compreso il danno subito dal patrimonio delle società in house, di competenza della Corte dei conti, senza tener conto del fatto che la responsabilità civilistica è azionata da organi della società e anche eventuali responsabili mentre per la responsabilità contabile l'iniziativa e del pubblico Ministero, sarebbe preferibile prevedere che costituisca danno erariale anche il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dagli enti partecipati conseguente alla condotta degli amministratori e dei dipendenti oltre che il danno subito dagli enti partecipanti in conseguenza della condotta dei rappresentanti degli enti pubblici titolari del potere di decidere per essi che abbiano con dolo o colpa grave trascurato di esercitare i propri diritti di socio pregiudicando il valore della partecipazione;
   ritenuto che, dal controllo esterno della Corte dei conti sul sistema delle esternalizzazioni, incentrato sulla verifica dell'impatto delle relative gestioni sui bilanci degli enti partecipanti/controllanti, si differenziano il monitoraggio, l'indirizzo e il coordinamento sulle società a partecipazione Pag. 81pubblica di cui all'articolo 15 dello schema di decreto, esercitati da una struttura individuata all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze, funzione che dichiaratamente concerne le società a partecipazione pubblica, con attribuzione di poteri ispettivi, intesa a promuovere le migliori pratiche presso tali società, con facoltà di fornire direttive in merito alle regole sulla separazione contabile e sulla trasparenza, considerata la diversità ontologica delle verifiche affidate alla Corte dei conti, rispetto a quelle esercitate all'interno delle amministrazioni pubbliche, sarebbe opportuno coordinare tale obbligo comunicativo con quello, già previsto a regime nei confronti della Corte dei conti dall'articolo 1, comma 612, legge n. 190/2014 (con esclusivo riferimento agli enti territoriali e, quindi, alle Sezioni regionali di controllo), previsto dall'articolo 20, comma 3;
   considerato il crescente ruolo di stazione appaltante rivestito dagli Enti di governo degli ambiti territoriali ottimali (ATO) e dal momento che tale scelta è stata resa «obbligatoria», prevedendo che le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali siano esercitate unicamente dagli enti di governo degli ATO (cfr. articolo 3-bis, co. 1-bis, d.l. n. 138/2011, aggiunto dall'articolo 34, comma 23, decreto-legge n. 179/2012) fino a ad addivenire alla previsione ex articolo 13, comma 2, decreto-legge n. 150/2013, di una sanzione relativa a tale obbligatorietà: la mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ATO, ovvero la mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, determina l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Prefetto e che il mancato rispetto dei predetti termini comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea;
   considerato che, tra le operazioni di riassetto nell'articolo 21 si riproduce lo schema di decreto delle norme recate dall'articolo 1, commi 551 e 552, legge n. 147/2013, in materia di obbligatoria costituzione di un fondo per le perdite reiterate negli organismi partecipate. Dal combinato disposto della predetta norma con l'articolo 28, comma 2, secondo periodo, si desume che le disposizioni della legge di stabilità 2014 restano in vigore per aziende speciali e istituzioni mentre le nuove disposizioni sono indirizzate agli organismi in forma societaria e considerato che è opportuno un aggiornamento della data di vigenza, adeguando la cronologia fissata nella norma riprodotta (prima applicazione per gli anni 2015, 2016 e 2017) e che, di conseguenza, dovrebbero essere aggiornati i riferimenti temporali fissati dall'articolo 21, comma 2, lett. a), chiarendo se il triennio 2011- 2013 è un parametro fisso o a scorrimento come pure sarebbe opportuno aggiornare i riferimenti, contenuti nello schema di decreto, al d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) essendo attualmente vigente il d.lgs. n. 50/2016
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) sia prevista la trasmissione alla Corte dei conti dell'atto deliberativo dopo la sua adozione per permetterle di valutarne la congruità anche in relazione alla «coerenza con il piano di razionalizzazione previsto dall'articolo 20»;
   b) in relazione alle verifiche dei piani di razionalizzazione già assegnate alla competenza della Corte dei conti, si preveda che l'intento dell'amministrazione di costituire nuove società venga apprezzato dalla sezione competente della Corte contestualmente all'esame dei programmi di razionalizzazione;
   c) sia previsto che, per la costituzione delle società a partecipazione pubblica nella procedura di adozione dell'atto deliberativo di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i ministri competenti per materia, Pag. 82previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali, sia vincolato al parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti;
   d) sia prevista l'esclusione di qualunque altro benefit per quanto concerne gli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico;
   e) sia disposto l'obbligo, da parte di ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, di presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale;
   f) sia disposto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti nel caso di crisi d'impresa di società a controllo pubblico «al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata», venga adottato previo parere vincolante delle commissioni parlamentari competenti;
   g) si preveda che, per le società a partecipazione mista pubblico-privata, i criteri di aggiudicazione non includano soltanto gli aspetti qualitativi ambientali, sociali connessi all'oggetto dell'affidamento o relativi all'innovazione, ma vengano predisposti criteri più stringenti di aggiudicazione quali quelli che aveva previsto la commissione ambiente come condizione del proprio parere sul codice appalti relativamente agli appalti riservati, quando disponeva che la riserva avvenisse «nel rispetto dei criteri di affidamento, delle soglie di valore e delle tipologie dei contratti oggetti di appalto, stabiliti con apposite linee guida, approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, su proposta dell'ANAC, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari»;
   h) sia disposta l'applicazione dell'articolo 4 anche alle società elencate nell'allegato A);
   i) siano definite più precisamente i tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica distinguendole in: a) società a partecipazione pubblica; b) società quotate; c) società a controllo pubblico; d) società strumentali; e) società in house indicando magari, per ciascuna delle tipologie indicate, le norme del decreto applicabili;
   l) sia previsto che la disciplina contenuta nel provvedimento in esame si applichi anche agli Enti di governo degli ambiti territoriali ottimali (ATO) a prescindere dalla forma giuridica degli stessi;
   m) si verifichi che, relativamente alla responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate, non solo l'articolo 12 del provvedimento in esame sia in linea con la disciplina europea sui disavanzi eccessivi e sugli equilibri dei bilanci delle amministrazioni pubbliche e con i criteri di delega in relazione all'individuazione del regime «delle» responsabilità, alla giustificazione della definizione, in senso limitativo, dei presupposti della responsabilità erariale e all'attuazione del criterio di delega in relazione al perimetro soggettivo delle responsabilità, con riguardo ai dipendenti delle società partecipate e degli «amministratori delle amministrazioni partecipanti», ma si preveda che costituisca danno erariale anche il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dagli enti partecipati, conseguente alla condotta degli amministratori e dei dipendenti oltre che il danno subito dagli enti partecipanti in conseguenza della condotta dei rappresentanti degli enti pubblici titolari del potere di decidere per essi che abbiano con dolo o colpa grave prodotto danno al patrimonio sociale;
   n) sia prevista la possibilità dell'accorpamento della giurisdizione in tema di responsabilità patrimoniale di amministratori e dipendenti di organismi partecipati nell'unico plesso della Corte dei conti – Pag. 83almeno per le società non quotate – adottando una soluzione chiara ed univoca di riparto della giurisdizione, simmetricamente a quanto previsto dal citato articolo 16-bis, DL n. 248/2007, che ha assoggettato le quotate alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario garantendo in tal modo la concentrazione delle tutele, con il presidio di una garanzia oggettiva più efficace, rappresentata dall'obbligatorietà ed officiosità dell'azione contabile, a fronte della mera eventualità dell'azione civile rimessa e lasciata all'autonoma e solo potenziale iniziativa dello stesso soggetto danneggiato, nei confronti degli amministratori responsabili di atti di mala gestione dell'ente partecipato;
   o) non si permetta di derogare ai vincoli di attività stabiliti dall'art. 4 dello schema di decreto per le società di valorizzazione del patrimonio immobiliare (articolo 4, comma 3), la cui salvaguardia potrebbe generare conflitti con il mercato coinvolgendo le amministrazioni pubbliche in settori estranei alle finalità istituzionali;
   p) sia predisposto un coordinamento dell'obbligo comunicativo del monitoraggio effettuato dalla struttura individuata all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze con quello, già previsto a regime nei confronti della Corte dei conti, dall'articolo 1, comma 612, legge n. 190/2014 (con esclusivo riferimento agli enti territoriali e, quindi, alle Sezioni regionali di controllo), qui riprodotto nell'articolo 20, comma 3.
   q) l'intervento delle competenti sezioni della Corte dei conti di cui all'articolo 5 comma 3 sia previsto mediante la trasmissione della delibera adottata e in relazione alla verifica di coerenza con il piano di razionalizzazione previsto dall'articolo 20.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Atto n. 297.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL GRUPPO M5S

  La V Commissione,
  esaminato lo schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica;
  premesso che:
   il provvedimento all'esame mira a individuare misure che limitino la costituzione di nuove società pubbliche, riducano e razionalizzino il numero di società esistenti, impediscano la proliferazione di società non necessarie e rendano trasparenti i bilanci delle società pubbliche;
   l'utilizzo dello strumento delle società partecipate pubbliche nei fatti si è spesso tramutato in una «fonte di abuso sempre più diffusa, con gestioni inefficienti», in uno strumento che «consente di eludere i vincoli pubblicistici, tra cui gli obblighi di trasparenza e i controlli, come quelli del reclutamento del personale e all'acquisto di beni e servizi, e più in generale, alle misure di finanza pubblica», nonché «è stato utilizzato per moltiplicare incarichi da conferire secondo criteri non trasparenti e selettivi, a carico della spesa pubblica», così come puntualizza l'Associazione Magistrati della Corte dei Conti nella sua audizione;
   da un'analisi dei dati contenuti nella relazione Istat 2015, attualmente ci sono 7.757 organismi attivi (anche diversi dalle società) a partecipazione pubblica, con un totale di 953.100 impiegati. Di questi organismi, circa 5.000 sono società a partecipazione pubblica (con netta prevalenza delle società partecipate da enti territoriali), con un numero complessivo di impiegati intorno alle 500.000 unità. Avendo riguardo alle sole società partecipate dagli enti territoriali, la relazione della Corte dei Conti per l'anno 2015 individua circa 3.000 società che svolgono attività strumentali, a fronte di altre 1.700 che svolgono attività di servizio pubblico. Inoltre, la stessa relazione segnala che: sono 988 le società con numero di addetti inferiore ai membri del consiglio di amministrazione; 2.479 le società con numero di addetti inferiore a 20; 1.600 le società con valore della produzione inferiore al milione di euro; 984 le società con valore della produzione maggiore di un milione e inferiore a cinque milioni di euro;
   risulta evidente come tale situazione sia il prodotto della cattiva qualità della regolazione, che agevola la costituzione di società o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche, non necessarie per perseguire dei fini istituzionali o scarsamente produttive, nonché l'inefficienza della gestione societaria.
  ritenuto che
   anche in questo provvedimento gli obiettivi da perseguire sembrano essere quelli di mere logiche di profitto e di mercato da un lato, e dall'altro di miope riduzione della spesa. Non si pone l'accento su quelli che dovrebbero essere gli obiettivi principali dello Stato, ovvero la tutela e il benessere dei cittadini, l'accessibilità ai servizi da parte dei cittadini, la qualità dei servizi offerti ai cittadini, la Pag. 85garanzia di poterne usufruire e il risparmio degli stessi nell'accedere agli stessi;
   il testo delle criticità, che, secondo il Consiglio di Stato, si sostanziano in questi termini: non piena conformità al criterio di delega, finalizzato al riordino, in unico contesto legislativo, di tutte le diverse discipline speciali; mancanza di idonei criteri di identificazione della normativa fatta salva; indebolimento del principio secondo cui le società pubbliche devono essere costituite per atto della pubblica amministrazione;
   altro punto contestato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato riguarda l'eccesso di potere conferito al Presidente del Consiglio dei Ministri di poter escludere totalmente o parzialmente dall'applicazione delle disposizioni del presente decreto le società partecipate, in assenza dell'indicazione di requisiti oggettivi – così si evince dalla formulazione dell'articolo 1, comma 6;
   laddove dove viene indicato che le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire, acquisire o mantenere partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, comma 1 dell'articolo 4, ancorché al comma 2 viene ribadito che hanno l'obbligo di perseguire la produzione di beni e servizi di interesse generale, andava altresì specificato anche il modus operandi, cioè che le amministrazioni pubbliche possono solo costituire società che operino per il benessere della collettività, ciò al fine di evitare l'utilizzo di tale strumento per fini anomali o comunque lontani dalle reali necessità delle amministrazioni pubbliche che devono perseguire obiettivi legati al benessere dei cittadini e non di mero risparmio economico;
   così come evidenziato dalla Corte dei Conti, in un'ottica di riduzione e razionalizzazione delle società partecipate, andava previsto che la possibilità di costituzione di nuove società dovrebbe essere condizionata al completamento delle operazioni di razionalizzazione delle partecipazioni in essere;
   così come rilevato dal Consiglio di Stato, nel parere reso sul provvedimento, che ritiene «necessario che venga rispettato il principio di legalità sostanziale», occorre «che le precise condizioni per l'esercizio del potere [di deliberare l'esclusione dall'applicabilità della normativa a talune società] siano poste nella norma primaria e cioè nel presente decreto delegato» e che in ogni caso l'esclusione non possa prescindere dalla «applicazione almeno di alcuni principi generali, quali, ad esempio, quello relativo al “vincolo di scopo”»;
   le società affidatarie di un affidamento diretto, non partecipando per definizione a alcuna gara ad evidenza pubblica e quindi trovandosi de facto al di fuori di qualsiasi controllo e pubblicità dei fatti, anche se tale pratica non dovrebbe essere possibile, devono quantomeno esclusivamente operare per l'ente costituente o partecipante o affidante e non dovrebbero, nemmeno in via residuale, poterlo fare per altri, così come invece è previsto nel documento all'esame;
   è da ritenersi non condivisibile il considerare le società a controllo pubblico come mere ripartizioni di quote, ma andava prevista una definizione più ampia della stessa che ricomprendesse tutte quelle situazioni in cui l'ente pubblico esercita una influenza, determinante se pur indiretta, sulle decisioni e gli obiettivi che la società esterna deve adottare;
   con riguardo all'articolo 5, comma 3, si osserva che esso prevede un esame dello schema dell'atto deliberativo da adottare per la costituzione della nuova società o per l'acquisto di quote di partecipazione, al riguardo poiché la funzione individuata per la Corte dei conti, è di complessa collocazione, visto che è previsto l'esame di uno schema di atto deliberativo prima della sua adozione e gli elementi valutativi richiesti afferiscono a valutazioni di merito (convenienza economica, valutazione Pag. 86sulla necessità della società per il perseguimento di finalità istituzionali, possibile destinazione alternativa delle risorse pubbliche), non in linea con le attribuzioni della Corte, la formulazione del comma 3 dovrebbe essere ricondotta nell'alveo di una vera funzione di controllo, come previsto dall'articolo 3, comma 28, della legge 24 dicembre 2007 n. 244;
   in merito alla funzione giurisdizionale nel riparto fra le giurisdizioni è necessario tenere conto di un principio fondamentale: l'adozione di forme privatistiche per l'organizzazione di un ente pubblico o per la sua attività non può avere l'effetto di trasformare il denaro amministrato, che è pubblico in ragione della sua provenienza dalla finanza pubblica, in denaro privato;
   in merito ai criteri di costituzione individuati dall'articolo 7, così come anche rilevato dal Consiglio di Stato il testo in esame non chiarisce il rapporto tra l'atto amministrativo con cui viene deliberata la costituzione e l'atto costitutivo della società, che non possono coincidere;
   lo stesso Consiglio di Stato rileva dubbi in ordine alla mancata previsione di procedure concorsuali da osservare una volta assunta la decisione di acquisto, al fine di evitare operazioni economiche sottratte a qualunque forma di controllo pubblico, auspicando quindi la creazione di un obbligo di motivazione attinente le finalità istituzionali perseguite e non alla scelta della società;
   il Consiglio di stato rileva che l'individuazione puntuale della Presidenza della Regione quale organo deputato ad esercitare i diritti dell'azionista potrebbe ledere le competenze legislative delle Regioni. Ciò in quanto l'individuazione dell'organo amministrativo dell'amministrazione regionale partecipante chiamato ad esercitare i diritti di azionista afferisce alle modalità organizzative la cui competenza è riservata alle Regioni;
   con riferimento all'articolo 8, rubricato acquisto di partecipazione in società già costituite, il Consiglio di Stato ha manifestato alcuno dubbi, almeno per le società non quotate, in ordine alla mancata previsione di procedure concorsuali da osservare una volta assunta la decisione di acquisto, al fine di evitare operazioni economiche sottratte a qualunque forma di controllo pubblico. Si dovrebbe comunque prevedere un obbligo di motivazione, in quanto quello previsto attraverso il rinvio all'articolo 5, comma 1, attiene alle finalità istituzionali perseguite e non alla scelta della società;
   attenta riflessione merita l'articolo 11, comma 6, mediante il quale viene previsto per gli amministratori, i titolari e componenti degli organi di controllo, i dirigenti e i dipendenti delle società a controllo pubblico, quale limite massimo dei compensi, la somma «di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario». La norma vieta espressamente il «cumulo» con «compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni». Sul punto la Commissione speciale del Consiglio di Stato suggerisce di estendere questo divieto anche ai compensi corrisposti «da altre società partecipate», per evitare che il previsto limite massimo dei compensi sia eluso. Quanto al comma 6, secondo periodo, dell'articolo citato, pur condividendo la previsione secondo la quale: «In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell'amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta»; la Commissione speciale ha suggerito di precisare, anche tramite rinvio all'apposita disciplina, le modalità di accertamento della responsabilità dell'amministratore;
   il comma 6 dell'articolo 11 stabilisce che i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione degli amministratori sia commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell'esercizio precedente e che in caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell'amministratore, la parte variabile non possa essere corrisposta;Pag. 87
   invero, al fine di rendere efficace e funzionale la previsione, è di tutta evidenza come sia necessario integrare il suddetto comma con l'inserimento di criteri stringenti anche in merito alla previa valutazione della congruità del costo delle tariffe rispetto alla qualità dei servizi prestati, con l'espresso obiettivo di legare la parte variabile della remunerazione all'effettiva qualità del servizio altresì sottolineando il ruolo di vigilanza delle Authority;
   la detta integrazione della disposizione eluderebbe il rischio di azioni da parte degli amministratori finalizzate a poter beneficiare di bonus e premialità attraverso aumenti delle tariffe a fronte di servizi non effettivamente commisurate ai costi;
   il mutamento del quadro normativo comunitario, con l'adozione dei Trattati concernenti il contenimento dei debiti pubblici nazionali, delle conseguenti modifiche costituzionali in attuazione dei nuovi Trattati (articolo 126 TFUE, artt. 81 e 119 Cost) con particolare riguardo all'obbligo del consolidamento dei bilanci delle società controllate e partecipate dagli enti territoriali (d.lgs. n. 118/2011, integrato dal d.lgs. n. 126/2014) e all'obbligo, per l'ente locale, di costituire un apposito fondo vincolato, di importo pari alla perdita di esercizio, proporzionalmente alla quota di partecipazione (articolo 1, commi 551, 552, 554 e 555, l. n. 147/2013), è avvenuto in tempi successivi al consolidarsi della giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione che ha definito l'ambito della giurisdizione della Corte dei conti in materia (analiticamente esaminata nel parere reso dal Consiglio di Stato);
   l'attuale formulazione dell'articolo 12 del testo unico realizza un mero recepimento di principi giurisprudenziali che devono oggi considerarsi superati dalla successiva evoluzione degli ordinamenti comunitario e nazionale ed ha prodotto un sistema di tutela inefficace. In particolare due sono gli aspetti critici da rilevare, qualora si voglia assicurare un'effettiva tutela dei patrimoni pubblici degli enti partecipanti coinvolti:
    1. Prevedere in via generale l'azione ordinaria di responsabilità sociale riduce fortemente, se non esclude, l'effettività della tutela, in quanto l'esercizio dell'azione è rimesso all'attività dell'assemblea e quindi, in caso di partecipazione totalitaria o comunque di controllo o dominante dell'amministrazione socia, alla volontà del soggetto che ha nominato fiduciariamente gli amministratori che hanno male amministrato la società, cagionando ingenti danni al patrimonio sociale, che con il consolidamento contabile incide direttamente sugli equilibri di bilancio dell'amministrazione partecipante. L'azione viene di fatto rimessa all'iniziativa della stessa amministrazione che ha nominato gli amministratori della società. Se si esamina la casistica giurisprudenziale, pochissime sono le azioni di responsabilità sociale in concreto azionate, e quasi sempre dagli organi della liquidazione o dai curatori fallimentari, quando, cioè, il danno si è ormai consolidato in misura tale da far perdere anche la ragione stessa della partecipazione, lasciando pesanti debiti da coprire.
    2. L'articolo 12, comma 2, prevede, inoltre, una forte limitazione della condotta degli stessi rappresentanti degli enti pubblici partecipanti, rispetto a qualunque altro comportamento posto in essere da amministratori o dipendenti di amministrazioni pubbliche che, con condotta dolosa o gravemente colposa, abbiano cagionato un danno all'amministrazione, in quanto limita la fattispecie di responsabilità alla sola condotta omissiva, quando i danni possono essere ricondotti a comportamenti attivi, ed una ulteriore limitazione oggettiva del concetto di danno, limitato al pregiudizio del valore della partecipazione, anziché sugli effetti negativi sul patrimonio pubblico dei maggiori costi, o dei minori ricavi, che vengono assunti nel patrimonio dell'ente partecipante ad esito dell'operazione di consolidamento dei bilanci delle partecipate, di cui l'amministrazione pubblica è la capogruppo.Pag. 88
   la responsabilità dei titolari dei diritti sociali, intestati all'amministrazione, dovrebbe ricadere nel comune alveo della responsabilità amministrativo contabile, non sussistendo alcuna ragione, né formale né sostanziale, per prevedere una minore responsabilità nei loro confronti, come espressamente suggerito anche dal Consiglio di Stato;
   in tal modo la soluzione più efficace sarebbe quella che l'art. 12 prevedesse l'accorpamento della giurisdizione in tema di responsabilità patrimoniale di amministratori e dipendenti di organismi partecipati, almeno per le società non quotate, nell'unico plesso della Corte dei conti – adottando una soluzione chiara ed univoca di riparto della giurisdizione, simmetricamente a quanto previsto dall'articolo 16-bis, DL n. 248/2007, conv nella legge 3172008, che ha assoggettato le quotate alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, garantendo in tal modo la concentrazione delle tutele;
   il testo dell'articolo12, doveva, quantomeno, prevedere l'azione di responsabilità di competenza della Corte dei conti, riferita agli amministratori della società, in relazione all'intero danno subìto dal patrimonio sociale per le società sulle quali l'amministrazione esercita il controllo analogo, in quanto la diversa soggettività giuridica privata della società assume una valenza puramente formale, e, per le altre tipologie di società, nei soli limiti della quota di partecipazione, in relazione alla quale l'azione di responsabilità è diretta a tutelare non il patrimonio sociale, ma il patrimonio pubblico dell'amministrazione partecipante, che è titolare del risarcimento. Responsabilità che concorre con quella ordinaria secondo il consolidato principio del c.d. «doppio binario» che, quindi, non crea particolari problemi applicativi, in quanto i rapporti tra differenti azioni concorrenti generate dalle medesime condotte illecite sono retti dal principio dell'interesse ad agire (articolo 100 c.p.c.);
   il comma 6 dell'articolo 14 sembra eccedere i criteri ispiratori della legge delega (in particolare, l'articolo 18). Quest'ultima, infatti, pone quale fine prioritario dell'emanando decreto legislativo, la tutela e promozione della concorrenza anche attraverso la preventiva definizione, nell'ottica della razionalizzazione e della riduzione, di condizioni e limiti per la costituzione di società o per l'assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie;
   l'unica misura sanzionatoria prevista dalla legge delega riguarda, infatti, proprio la mancata attuazione dei citati principi di razionalizzazione e riduzione e si concretizza, principalmente, nella riduzione dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni inottemperanti. Nessun veto è invece immaginato, in capo all'ente controllante, in caso di fallimento di società controllata (salvo eventuali responsabilità degli amministratori delle amministrazioni partecipanti o degli organi di gestione e controllo delle società partecipate), e meno che mai la limitazione quinquennale della libertà di scelta della forma di gestione di determinati servizi, la quale, per la gravità del vincolo imposto, non può trovare giustificazione nel solo decreto delegato. Quest'ultimo, infatti, svilendo la funzione stessa dell’in house di salvaguardia di specifici interessi generali, supera la valutazione riservata alla P.A. circa l'eventuale opportunità/inopportunità di ricorrere al mercato e, di fatto, spinge verso una generalizzata privatizzazione dei servizi;
   neppure appare ipotizzabile, nell'ottica di rimuovere l'illegittimità del comma 6 dell'articolo 14 , una eliminazione tout court della disposizione in esame: si produrrebbe, infatti, esclusivamente l'effetto di «autorizzare» gestioni fallimentari dell’in house providing, atteso che nessuna sanzione sarebbe prevista in capo alle amministrazioni che pure esercitavano sulla partecipata il controllo analogo (riportando il testo dell'articolo 2, co. 1, lett. c del decreto attuativo: esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata);Pag. 89
   a contrariis, l'ipotizzata vigilanza da parte dell'organo straordinario di vigilanza (composto da uno o tre membri, a seconda del tipo di amministrazione vigilata) si pone perfettamente in linea con gli intendimenti della legge Madia, nella quale la società in house non viene cancellata ma diventa un fattore della futura riorganizzazione dell'Amministrazione, nei limiti delle esigenze finanziarie di revisione della spesa pubblica;
   risulta del tutto inaccettabile, non trasparente e foriero di eventuali atteggiamenti che favoriscono la corruzione, l'eccezione espressa al comma 2 dell'articolo 10 che permette l'alienazione negoziata direttamente con un singolo acquirente. Tutte le alienazioni di partecipazioni devono essere effettuate nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e non discriminazione;
   manca il contrasto al cosiddetto fenomeno delle «porte girevoli», cioè i manager pubblici che poi diventano amministratori pubblici e viceversa, in pieno contrasto con il principio di separazione tra controllante e controllato;
   vanno rimosse le eccezioni previste dall'articolo 16 che fanno si che le società a controllo pubblico titolari di contratti pubblici ricevuti in affidamento diretto possano avere partecipazioni private;
   l'articolo 18 prevede la possibilità di quotazioni in mercati regolamentati delle società a controllo pubblico, cosa assolutamente deleteria in quanto come abbiamo già più volte puntualizzato lo scopo del pubblico è il benessere dei cittadini e non la speculazione in borsa, è ancora più grave che non ci sia alcuna disposizione che escluda che possano effettuare operazioni utilizzando strumenti finanziari speculativi e/o derivati;
   l'articolo 18, comma 1, lettera i) della legge delega prevede la «possibilità di piani di rientro per le società con bilanci in disavanzo con eventuale commissariamento», nonostante la Commissione si sia limitata a suggerire di introdurre un sistema diversificato per le società a controllo pubblico e soprattutto per le società in house, in questa sede si manifesta la contrarietà con questo tipo di suggerimento, soprattutto se tale opportunità si lega alla scelta che il Presidente del Consiglio dei Ministri può assumere con riferimento all'esistenza o meno di società a partecipazione pubblica;
  Visto in conclusione che:
   così come emerge dall'audizione della Corte dei Conti «si segnala la necessità di coordinare nello schema di decreto i diversi adempimenti richiesti alle amministrazioni pubbliche, che andrebbero ridotti per esigenze di semplificazione»;
   il decreto legislativo, recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, non prevede con riferimento ai contratti di lavoro, di cui all'articolo 19, una proporzione tra il numero dei dirigenti e il personale operativo, nonché non prevede la possibilità di versare eventuali importi derivanti da sanzioni nel bilancio dello Stato o in programmi riferiti al sociale; né tantomeno risulta prescritta una qualsiasi forma di decadenza dal diritto a percepire compensi accessori per almeno 5 anni nel caso dovesse trattarsi di dirigenti responsabili;
   il decreto legislativo non pare abbia fissato un termine per chiudere con effetto immediato tutte le società a partecipazione pubblica che risultano avere nominato solo i componenti dei consigli di amministrazione, senza poi avere assunto personale da almeno sei mesi, né tantomeno risulta prevista alcuna ipotesi di sanzionabilità di tutto il cda qualora non siano stati resi pubblici entro i termini i bilanci delle società cui fanno capo;
   nel decreto legislativo non risulta prevista alcuna ipotesi di rescissione delle partecipazioni nei confronti di tutte quelle società che non perseguono finalità pubbliche;
  esprime

PARERE CONTRARIO.