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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 824 di venerdì 30 giugno 2017

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CLAUDIA MANNINO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alli, Capelli, Dambruoso, Epifani, Faraone, Gregorio Fontana, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Laforgia, Locatelli, Losacco, Lupi, Marazziti, Marcon, Pisicchio, Realacci, Rosato, Valeria Valente e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente cento, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito all'attivazione dei fondi previsti dal “patto per la Puglia”, con particolare riferimento a quelli stanziati per l'ammodernamento della cosiddetta metropolitana di superficie - n. 2-01851)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Massa ed altri n. 2-01851 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Massa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICO MASSA. Diciamo che, complessivamente, l'illustrazione e anche la replica saranno all'interno, molto all'interno, del tempo di cui potrei disporre. In realtà, l'interpellanza muove dal contenuto del “patto per la Puglia”, che si inserisce nel contesto più generale dei patti per il Sud, strumenti pensati per coordinare ed attivare rapidamente le risorse pubbliche disponibili per investimenti nelle aree meridionali.

In particolare, nei patti per il Sud e per quello che, in questo momento, qui interessa, nel patto per la Puglia, sono previsti fondi riferibili alla coesione e sviluppo. Si tratta di fondi già resi disponibili con la delibera del CIPE n. 26 del 2016; nel patto sottoscritto vi è l'indicazione e la previsione di interventi per complessivi 2.071.500.000 euro.

Nell'ambito degli interventi previsti con riferimento ai fondi coesione e sviluppo, vi è quello della cosiddetta “metropolitana di superficie”, in un momento nel quale la struttura dei trasporti nel Mezzogiorno, ed in Puglia in particolare, soffre di una evidente situazione emergenziale. In particolare, quelle linee ferroviarie - ricordo a me stesso che quell'intervento prevede anche la messa in sicurezza dei passaggi a livello - soffrono di standard di sicurezza che definire non eccelsi sarebbe generoso.

La questione che io pongo al signor Ministro è estremamente semplice: a distanza di molti mesi dalla sottoscrizione di quel patto, non risultano attivati gli interventi previsti nel piano medesimo e in particolare non risulta attivato un intervento come quello che sinteticamente viene definito “metropolitana di superficie” e quindi la domanda, l'interpellanza è: perché, a distanza di tanto tempo, uno strumento che era espressamente finalizzato al coordinamento e all'accelerazione degli investimenti non è stato ancora attivato?

PRESIDENTE. Il Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. Grazie, Presidente. In merito a quanto richiesto dall'onorevole Massa, mi sembra utile segnalare, prima di tutto, che, nel patto per lo sviluppo della regione Puglia - di seguito lo chiamerò brevemente patto - sono previsti interventi per un valore complessivo pari a circa 5 miliardi e 400 milioni di euro, di cui oltre 2 miliardi, per la precisione - come ha ricordato l'onorevole interpellante - 2.071.500.000 euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020.

Il Patto, nell'area tematica Infrastrutture, contempla un intervento denominato “metropolitana di superficie Martina-Lecce-Gagliano, elettrificazione ed eliminazione dei passaggi a livello” per il valore di 130 milioni di euro interamente finanziato sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020. Queste risorse, assegnate alla regione Puglia con delibera CIPE n. 26 del 10 agosto 2016, sono immediatamente disponibili a partire dalla data di registrazione della delibera da parte della Corte dei Conti, avvenuta il 2 novembre 2016. In particolare, il processo di trasferimento delle risorse si articola con: un'anticipazione pari al 10 per cento dell'importo assegnato per i singoli interventi, successivi pagamenti intermedi, fino all'85 per cento dell'importo assegnato, su rendicontazione dello stato di avanzamento lavori, i cosiddetti SAL, e infine il saldo finale del 5 per cento dell'importo, alla chiusura dell'intervento.

Per quanto riguarda l'anticipazione delle risorse, il 10 per cento di cui parlavo prima, si precisa che la stessa viene riconosciuta non appena gli interventi siano stati caricati nella banca dati unitaria, gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base di semplice richiesta formulata al Dipartimento per le politiche di coesione dal rappresentante legale dell'Amministrazione o dal competente organismo di certificazione ove già operante.

Per quanto attiene alle informazioni richieste dall'onorevole interpellante, al Governo risulta, allo stato attuale, che la regione Puglia non abbia proceduto al caricamento dei dati relativi al suddetto progetto. Si coglie, inoltre, l'occasione per segnalare che non risultano fino ad oggi presentati e caricati da parte della regione Puglia, nella banca dati unitaria, altri dati relativi agli interventi previsti nel Patto per la Puglia.

Alla luce di quanto esposto, le risorse finanziarie previste per l'intervento richiamato dall'onorevole interpellante, rispetto alle quali si coglie l'occasione per confermare la piena disponibilità delle stesse, verranno erogate con le modalità sopra descritte non appena la regione Puglia procederà al caricamento dei dati relativi al progetto in questione. Il Governo assicura comunque, fin da ora, la propria disponibilità a tenere costantemente aggiornato il Parlamento, laddove richiesto, sugli sviluppi di un progetto che, essendo legato al tema della sicurezza ferroviaria, riveste particolare importanza per l'Esecutivo. Grazie.

PRESIDENTE. Il deputato Massa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICO MASSA. Non è una risposta semplice, nel senso che sono soddisfattissimo della risposta all'interpellanza, perché è stato offerto il dettaglio della situazione relativa a quel patto, a quegli interventi e in particolare a questo intervento. Essendo abituato a dire quello che penso, devo anche dire che sono sorpreso della risposta medesima e negativamente sorpreso con riferimento a quella che appare una, allo stato, inadempienza da parte della regione.

Prendo atto del dato che è stato formalizzato in questa sede. Ritengo che comunque sia utile la chiarezza della situazione anche rispetto al dibattito che spesso ha interessato forse non quest'Aula, ma sicuramente le pagine dei giornali; ringrazio il Governo per la tempestività della risposta e adesso si vedrà come, quando e con quali strumenti sarà possibile attivare investimenti che io ritengo vitali per quel territorio e che considero veramente disdicevole non avere attivato, o non avere posto le condizioni per attivare, nei tempi preventivati. Ringrazio ancora il Ministro per la chiarezza e la nettezza della risposta che mi è stata fornita.

(Chiarimenti in merito all'applicazione del limite retributivo di cui alla legge n. 198 del 2016 ai contratti aventi ad oggetto prestazioni artistiche in favore della Rai - n. 2-01849)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-01849 (Nuova formulazione)(Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RENATO BRUNETTA. Sì, signora Presidente, la ringrazio. Signora Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la soluzione individuata dai vertici RAI per risolvere l'annosa vicenda dei compensi delle cosiddette star della TV di Stato appare del tutto inadeguata ed elusiva della normativa attualmente in vigore.

Dopo aver assistito a continui rimpalli tra Governo e RAI ed essere venuti a conoscenza del discutibile parere dell'Avvocatura dello Stato, i vertici della TV di Stato hanno deciso di schierarsi dalla parte delle star e dei loro maxi cachet, senza alcun rispetto per tutti i cittadini contribuenti. Senza pensarci troppo, il consiglio d'amministrazione della RAI ha deciso di calpestare, come se niente fosse, una norma chiara e precisa che questo Parlamento ha voluto introdurre nell'ordinamento con l'approvazione della legge 26 ottobre 2016, n. 198.

L'articolo 9 della predetta legge stabilisce, in modo inequivocabile, che il limite massimo retributivo di 240 mila euro annui si applica, rispettivamente, agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate (avvocati, ragionieri ed altri).

Da almeno dieci anni conduco la battaglia sulla trasparenza e sui tetti. Devo dire che, da dieci anni, la RAI non ha mai risposto, si è sempre sottratta, ha sempre frapposto pareri legali, ha sempre messo le mani avanti, si è sempre rifiutata non tanto di applicare la legge, quanto di trovare un criterio, un metodo di trasparenza e di corretta remunerazione per i propri dipendenti tutti e anche per i collaboratori, nonché per le star.

Attraverso la stampa, siamo venuti a conoscenza del fatto che, con delibera del 14 giugno 2017, due settimane fa, il consiglio di amministrazione della RAI dovrebbe aver approvato il piano organico di criteri e parametri per l'individuazione e la remunerazione dei contratti con prestazioni di natura artistica, stabilendo, altresì, la riduzione dei compensi in misura pari al 10 per cento, che andrà ad aumentare progressivamente con il salire degli importi. Ho usato il condizionale, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, perché ad oggi non è concesso a nessun cittadino, e ancor meno a nessun membro della Commissione parlamentare di vigilanza RAI, di conoscere nel dettaglio il contenuto di tale delibera.

Con una grande dose di arroganza, i vertici della TV di Stato, durante le audizioni che si sono svolte in Commissione vigilanza anche nei giorni scorsi, hanno dato prova di una completa inadeguatezza nel tentativo di spiegare il contenuto di tale delibera, che non sta in piedi in alcun modo e che mostra evidenti caratteri di contraddittorietà e farraginosità, al di là del fatto che non si conosce, ma le cose che si conoscono non stanno in piedi.

Mi spiego: in merito all'ipotetico piano, mi preme fare due importanti precisazioni: i vertici RAI sostengono da sempre che il principio ispiratore nel complicato processo di deroga, che hanno attuato rispetto alla legge e al tetto dei 240 mila euro, è quello di stare sul mercato e di mantenere l'azienda attrattiva nei confronti dei migliori fattori produttivi. Alla luce di tale ragionamento, aver previsto il contenimento dei compensi del 10 per cento è una vera e propria contraddizione in termini, in ragione del funzionamento del mercato, ma soprattutto, in virtù di tale limite, non si capisce il motivo per il quale non si sarebbe applicato il tetto di 240 mila euro annui già previsti per legge. In sostanza, la RAI dice: facciamo le deroghe per le star; bene, ma nella stessa delibera dice: applichiamo un taglio del 10 per cento. Allora, o c'è la deroga o c'è il tetto o c'è il taglio del 10 per cento: le tre cose non stanno insieme.

In secondo luogo, non si ravvisa alcuna ragione sostanziale nella distinzione tra prestazione di natura artistica e non artistica. Dalla radice etimologica del termine “artista”, ognuno di noi, nel momento in cui eccelle, deve essere considerato un creatore di valore e, quindi, è fuori da ogni logica far rientrare in tale categoria soltanto coloro che prestano il loro servizio dietro una telecamera a discapito di tutte le altre categorie di lavoratori. Non è che, a questo punto, il concetto di artista sia estensibile all'infinito: o siamo tutti artisti o sono artisti solamente quelli che hanno prestazioni particolarmente, come dire, codificate in questo campo. Ma pensare che siano artisti e, quindi, oggetto di deroga giornalisti, piuttosto che conduttori che svolgono funzioni di infotainment e così via, mi sembra alquanto confuso.

Inoltre, il piano è da considerare viziato alla base, perché avrebbe recepito le indicazioni contenute nel sempre discutibile parere dell'Avvocatura dello Stato in merito all'interpretazione della legge n. 198 del 2016. Tale discutibile parere, che, tra l'altro, è pieno di espressioni perplesse e dubbiose, propenderebbe per la tesi di non includere nel limite dei 240 mila euro annui i contratti caratterizzati da prestazioni di natura artistica.

Nello specifico, è totalmente irragionevole, come fanno i solerti avvocati dello Stato, fare riferimento al contenuto dell'articolo 3, comma 44, della legge finanziaria del 2007, perché nel frattempo sono passati dieci anni e il legislatore è intervenuto in quattro occasioni diverse, con la legge n. 69 del 2009, con il decreto-legge n. 201 del 2001, con il decreto ministeriale n. 166 del 2013 e con la legge n. 198 del 2016. Nessuno di questi provvedimenti ha previsto un'eccezione circa l'applicabilità del tetto ai compensi delle cosiddette star.

Per di più, la norma contenuta nella legge finanziaria del 2007, ai sensi dell'articolo 15 delle preleggi, è da ritenere tacitamente abrogata dalla legge n. 198, l'ultima del 2016, perché la nuova disciplina regola l'intera materia già prevista dalla legge anteriore, rendendola implicitamente obsoleta. Non è possibile andare a ritroso al 2007, pescare un'eccezione ai compensi e, su questa base, non tenere in nessuna considerazione le quattro normative organiche successivamente prodotte, per dire: c'è questa eccezione e, quindi, potete usare questo articolo per l'eccezione e per le prestazioni di natura artistica; è semplicemente, ripeto, ridicolo dal punto di vista sistematico.

Onorevoli colleghi, oltre alle considerazioni giuridiche, permettetemi di fare una precisazione: in un'azienda, tutti i fattori produttivi, se inseriti nel processo di produzione, sono indistintamente titolari potenziali di valore aggiunto. Tale valore aggiunto non è altro che il portato al prodotto finale, conseguito da parte dei singoli fattori di produzione che sono: capitale, lavoro, organizzazione, tecnologia. Da questo punto di vista, non possiamo considerare l'ipotesi che solo alcuni dipendenti o collaboratori dell'azienda sono portatori di valore aggiunto, perché in una azienda correttamente di mercato lo sono indistintamente tutti i dipendenti. Il vero problema, quindi, non è considerare chi è o non è portatore di valore aggiunto, ma come si calcola tale valore, attribuendo possibilmente a ciascun fattore della produzione l'esatto suo contributo alla valorizzazione finale del prodotto.

Quello che recentemente abbiamo sentito da parte della stessa presidente della RAI, e cioè che, senza il contributo dell'intrattenitore e del conduttore Fazio, la RAI sarebbe precipitata nel suo ruolo di servizio pubblico, è semplicemente ridicolo. Da ciò ne deriva il fatto che, sia nel pubblico quanto nel privato, è necessario non solo pagare e pagare bene i propri dipendenti, ma anche pagarli in maniera giusta ed equilibrata, in ragione della loro produttività assoluta e relativa. Purtroppo, questa presa di coscienza in RAI ancora non c'è perché in RAI ci sono figli e figliastri, evidentemente.

Il meccanismo dei tetti o il dibattito sui tetti e sui rapporti relativi di remunerazione non esiste solo nel settore pubblico, ma esiste da tempo anche nel settore privato.

Negli anni della bolla finanziaria, gli amministratori delegati proponevano previsioni trimestrali e semestrali preventive da sballo, cioè fortemente gonfiate, poiché in ragione di queste venivano date loro le stock option. Dopodiché, una volta incassate le stock option e nel momento in cui si realizzavano le previsioni iniziali, gli amministratori venivano remunerati con le stesse stock option e il loro comportamento manageriale veniva drogato dalle loro stesse previsioni.

Gli amministratori diventavano, quindi, poco professionali perché, sulla base del risultato di bilancio, prendevano le stock option facendo il bene dell'azienda. In sostanza, si drogavano le previsioni, sulla base delle previsioni si ottenevano le stock option, se le previsioni non si realizzavano loro avevano già intascato le stock option e il risultato era il collasso dell'azienda. La creazione di bolle remunerative, variamente identificate, non ha mai fatto bene al buon andamento delle aziende.

Cambiate i termini “risultato di bilancio” e metteteci vicino i termini “audience pubblicitaria”, “share”, “pubblicità”; togliete “stock option” e metteteci “remunerazione delle star”: le due questioni si assomigliano molto, perché sia dall'una sia dall'altra scaturiscono comportamenti devianti e drogati. Sia chiaro: personalmente non amo i tetti, ma ci tengo a precisare che da liberalsocialista quale sono, credo nel mercato e che lo stesso mercato debba essere un luogo di regole e non di assenza di regole.

Il fatto che alle star non possa applicarsi quanto previsto dalla legge lo trovo aberrante. Insomma, si applica il tetto dei 240 mila euro al Primo presidente di Corte di cassazione e non lo si può applicare a Fabio Fazio? Questo è il quesito che mi arrovella il cuore, nonché il cervello. Non dico che non ci debba essere il premio per chi è più bravo, per chi fa più audience in termini differenziali, ma non si può fare come hanno fatto i manager che hanno distrutto le loro aziende basandosi su bilanci e previsioni drogati per avere le stock option. Non facciamo lo stesso errore in RAI.

Pertanto, onorevoli colleghi, l'adozione da parte del consiglio di amministrazione della RAI della citata delibera potrebbe prefigurare una responsabilità per danno erariale dei consiglieri stessi, che hanno palesemente violato, a mio modesto avviso, quanto stabilito dalla legge n. 198 del 2016.

In qualità di legislatore, il mio compito è quello di presentare atti di sindacato ispettivo come questo e, in questo caso, sarà mia premura trasmettere la presente interpellanza urgente alla Corte dei conti, che è l'organo competente chiamato a valutare se la delibera del consiglio di amministrazione della RAI sia coerente o meno con la normativa attualmente in vigore. Perché mi consenta, signora Presidente e signor sottosegretario, se il Governo pensava che la normativa in vigore fosse sbagliata, confusa o non chiara, aveva lo strumento legislativo a sua disposizione: poteva fare un decreto correttivo in maniera tale da chiarire, anche su richiesta pressante della RAI, la questione. Perché il Governo non ha chiarito per via legislativa i dubbi della RAI, della concessionaria? Perché si è avvalso di un parere dell'Avvocatura dello Stato, lasciando tutta la responsabilità in capo al consiglio d'amministrazione della RAI stessa? Se la legge non è chiara, si cambia la legge; ma se non si cambia la legge, la si applica. Non è che un parere dell'Avvocatura dello Stato possa sostituire un processo limpido e razionale come quello indicato.

Come se non bastasse - le cose non sono ancora finite, signor Presidente, la cosa è divertente -, il 23 giugno 2017, il consiglio di amministrazione della RAI ha approvato la delibera con cui è stato rinnovato il contratto in esclusiva per quattro anni al conduttore Fabio Fazio, che, come riportato delle maggiori agenzie di stampa, ammonterebbe a circa 11,2 milioni di euro, ovvero 2,8 milioni di euro annui, mentre quello precedente era di un milione e otto euro annui. Grande è stato lo sconcerto dell'opinione pubblica, perché, dopo tutto il dibattito sui tetti, dopo il rovello tra Governo, RAI, consiglio d'amministrazione e Commissione di vigilanza, dopo la sofferta delibera sulle deroghe da parte della RAI e dopo la stessa ammissione da parte della RAI di mettere un “tettino” del 10 per cento in meno rispetto, comunque, alle remunerazioni derogate, il primo contratto formalizzato che si vede è un contratto con base di quattro anni - non si capisce perché, perché va oltre, tra l'altro, la vigenza dell'attuale consiglio di amministrazione - maggiorato di un milione su base annua: altro che taglio del 10 per cento!

PRESIDENTE. Concluda.

RENATO BRUNETTA. Ho finito. Il tutto, tra l'altro, diviso tra la persona del conduttore Fazio e una società ancora da costituirsi. Il tutto, naturalmente, proveniente da indiscrezioni di agenzie di stampa, perché non è nota al Parlamento, non è nota alla Commissione parlamentare di vigilanza la delibera sulla deroga né la delibera del contratto al conduttore Fazio.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta.

RENATO BRUNETTA. Mi chiedo cosa può pensare l'opinione pubblica di tutto questo. Per questa ragione ho svolto questo atto di sindacato ispettivo, per questa ragione chiedo e aspetto la risposta, speriamo di chiarezza definitiva, da parte del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Il tema oggetto dell'interpellanza è stato approfondito dal Ministero dello Sviluppo economico anche attraverso l'intervento dell'Avvocatura dello Stato, che, con il parere reso, ha confermato piena legittimità della tesi che l'articolo 9 della legge n. 198 del 2016, non include nel perimetro di applicazione del limite i contratti caratterizzati da prestazioni di natura artistica.

Il Governo ritiene, tuttavia, necessario ribadire ancora una volta che, come affermato dalla stessa Avvocatura, nel presente contesto normativo, i competenti organi gestionali di RAI sono tenuti a valutare, nella propria autonoma responsabilità e nel rispetto dei principi della contabilità separata, se la prestazione abbia natura artistica, piuttosto che di generica collaborazione.

La necessità di svolgere in modo trasparente e il più possibile oggettivo tale valutazione ha indotto lo stesso Governo, nel trasmettere alla RAI la lettera di parere dell'Avvocatura, a sollecitare gli organi dell'azienda all'obbligo di determinare esattamente parametri e criteri che consentano una trasparente indicazione delle prestazioni artistiche e il senso di una loro utilità rispetto alla missione della stessa RAI.

In risposta a tale sollecitazione, RAI ha riferito che il consiglio di amministrazione ha approvato un piano organico di criteri e parametri al fine di rendere oggettivi criteri di riferimento da adottarsi per l'individuazione delle prestazioni di natura artistica a valore aggiunto. Tale piano si è basato, in primo luogo, su un'analisi della caratterizzazione dei programmi che compongono l'offerta, in secondo luogo, sulla definizione di prestazioni di natura artistica ed infine sull'individuazione delle figure professionali di natura artistica.

In base al primo criterio - caratterizzazione dei programmi che compongono l'offerta RAI - RAI elabora annualmente il documento di contabilità separata sulla base dello schema approvato dall'Agcom, ai sensi dell'articolo 47 del TUSMAR, in cui vengono ripartite le attività aziendali nei due aggregati “A” e “B”. Tale documento viene trasmesso al Ministero dello Sviluppo economico, all'azionista Ministero dell'Economia e delle finanze e all'Agcom, oltre che essere pubblicato sul sito RAI.

In particolare, l'aggregato “A” contiene i costi e i ricavi relativi all'attività di servizio pubblico, secondo i contenuti predeterminati dal TUSMAR e dal vigente contratto di servizio, e comprende i programmi riconducibili a sei generi individuati: informazione e approfondimento generale, programmi e rubriche di servizio, programmi e rubriche di promozione culturale, informazione e programmi sportivi, programmi per minori, produzioni audiovisive italiane ed europee.

L'aggregato “B” contiene, viceversa, i costi e i ricavi inerenti all'attività di programmazione di natura artistica non predeterminata dal TUSMAR e dal vigente contratto di servizio - sostanzialmente, intrattenimento, giochi e produzioni audiovisive extraeuropee -, seppure riconducibile alla missione di servizio pubblico, nonché costi e ricavi relativi ad altre attività commerciali svolte direttamente da RAI.

Partendo da tale inquadramento oggettivo ed ufficiale, è stata adottata la seguente linea di azioni: le prestazioni rese per la realizzazione di programmi inseriti nell'aggregato “B” vengono considerate di natura artistica a valore aggiunto, e dunque escluse dall'applicazione del predetto limite; le prestazioni rese nell'ambito di programmi inseriti nell'aggregato “A” vengono considerate in linea di principio soggette al limite dei compensi fissato dalla predetta normativa, ma vengono effettuate delle estrapolazioni per singoli programmi. Ciò sulla base di un'analisi in termini di elementi artistici presenti nel programma, nonché di attrattività pubblicitaria e capacità di generare introiti commerciali accessori. Alcuni programmi infatti, pur essendo collocati secondo i dati di bilancio 2016 in tale aggregato “A”, in virtù delle proprie peculiarità possono considerarsi comunque caratterizzati da attività di natura artistica a valore aggiunto.

Rispetto al secondo parametro e criterio, ovvero definizione di prestazioni di natura artistica, possono considerarsi di natura artistica le prestazioni in grado di offrire intrattenimento generalista, ovvero di creare/aggiungere valore editoriale in termini di elaborazione di racconto scientifico, divulgativo, del sapere e dello spettacolo nelle relative diverse declinazioni (intrattenimento, sport, musica, eccetera), coerentemente all'obiettivo generale di servizio pubblico. Ciò consente di operare, ove opportuno, un'estrapolazione di programmi anche dall'aggregato “A”, così caratterizzati e realizzati con il contributo delle figure professionali più avanti descritte, nonché in taluni casi dall'attrattività pubblicitaria e dalla generazione di introiti commerciali accessori. Nel quadro sopra sintetizzato, pertanto, sono stati individuati i programmi dell'aggregato “A” che, per le proprie caratteristiche intrinseche, sono caratterizzati da prestazioni riconducibili a quelle artistiche come sopra descritto.

In merito all'ultimo parametro e criterio (individuazione delle figure professionali di natura artistica), una volta definito il parametro delle attività artistiche, viene poi definito quali sono le prestazioni che sono identificabili come artistiche. Dato per acquisito che la figura principale è quella del conduttore, si ritiene possano essere incluse nella definizione di artisti un ristretto numero di professionalità e mestieri, che concorrono in modo determinante e caratterizzante alla connotazione artistica dei programmi, quali il conduttore, i registi, le attrazioni, gli autori, i coreografi, i direttori artistici, i ballerini. Il piano così impostato è soggetto a rivisitazione annuale, sia ai fini di una verifica operativa delle conseguenze applicative, sia per l'annuale aggiornamento degli aggregati di contabilità separata.

Sotto il profilo operativo, ancora, al direttore generale è stato assegnato il ruolo di valutazione editoriale: le singole prestazioni di natura artistica inserite in questo quadro di riferimento vengono caso per caso descritte e motivate in fase contrattuale dalle rispettive strutture aziendali competenti. Al direttore generale, ancora, spetta la valutazione, su motivata indicazione del direttore editoriale competente, di eventuali casi eccezionali che potranno formare oggetto di deroga.

PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RENATO BRUNETTA. Signor sottosegretario, apprezzo il suo sforzo, però devo dirle con grande onestà che non c'ho capito assolutamente nulla. C'è una legge, la n. 198 del 2016, che stabilisce i tetti senza alcuna eccezione, senza alcuna deroga: la stessa legge per la quale il primo presidente dalla Corte di cassazione ha un tetto massimo di remunerazione di 240 mila euro. Questa è la legge!

Siamo venuti a conoscenza del parere discutibile dell'Avvocatura dello Stato, che recupera un comma di una legge di dieci anni fa, che doveva ritenersi assolutamente, totalmente abrogata, per il quale si opera una deroga per le prestazioni artistiche; non tenendo conto, questo parere dell'Avvocatura dello Stato, che da quella data, dal 2007 ad oggi, ci sono state altre quattro norme, quattro leggi organiche che hanno disciplinato l'intera materia, l'ultima delle quali è appunto la n. 198 del 2016, che non prevedevano alcuna deroga.

Che fa la RAI? Prende per buono questo parere dell'Avvocatura dello Stato, che gentilmente gli ha passato il Governo, e applica e approva una direttiva, una delibera che, signor sottosegretario, forse lei conosce, ma che il Parlamento non conosce; o forse gliel'hanno raccontata, perché questa delibera non è disponibile in Commissione di vigilanza, fino all'altro giorno non è stata disponibile in Commissione di vigilanza.

Se ho ben capito le cose che lei ha detto con grande volontà, ci sono due allegati, l'allegato “B” e l'allegato “A”. L'allegato “B” è l'area delle prestazioni per le quali esisterebbero queste figure artistiche, l'allegato “A” no, se ho ben capito; per cui uno potrebbe capire: bene, vado a leggere l'allegato “B”, che non si conosce, ma quando lo conosceremo vedremo queste figure, e individueremo le figure soggette a regola. Però, da quello che ho capito (forse non ho capito bene), anche dentro l'allegato “A” ci possono essere delle figure artistiche, che, sulla base sempre di questo articolo della legge del 2007, consentirebbero la deroga. Insomma, deroghe per tutti!

Dopodiché, una settimana dopo questa fantasmagorica delibera ancora sconosciuta, abbiamo la prima applicazione della stessa, al conduttore, DJ, intrattenitore, barzellettiere Fabio Fazio (tutto con grande rispetto ovviamente nei confronti di Fabio Fazio), e abbiamo una delibera contrattuale per 11,2 milioni di euro su base quadriennale, con un incremento di 1 milione di euro su base annua rispetto alla remunerazione precedente. Naturalmente, ovviamente questa delibera contrattuale si basava sulla delibera delle deroghe della settimana precedente; però, siccome la delibera della settimana precedente delle deroghe non è conosciuta, non è conosciuto neanche il contratto di Fabio Fazio. Il tutto si basa su un parere dell'Avvocatura dello Stato riferentesi ad una legge del 2007, che prevedeva la deroga generica per figure artistiche, che io dico, ma l'opinione comune giuridica dice, non esistente, questo articolo di deroga della legge 2007, perché abrogato dalla produzione normativa susseguente.

Quindi cosa ha fatto la RAI? Si è bevuta il parere dell'Avvocatura, lo ha preso come buono, lo ha fatto perno della delibera non conosciuta con quelle caratteristiche che ci ha raccontato verbalmente il sottosegretario, di cui non ho capito nulla, però probabilmente è una mia mancanza: allegato “A”, allegato “B”, tutto “B”, ma anche “A”, quando si vuole, come si vuole. E dopodiché, una volta approvata questa delibera di deroghe, deroghe per tutti, la prima applicazione della deroga è stata fatta ad un contratto che ha visto l'incremento di 1 milione di euro su base annua alla prestazione del contratto precedente, evidentemente considerandosi Fabio Fazio, la sua prestazione di natura artistica; che si riferisce alla delibera, che si riferisce al parere dell'Avvocatura, che si riferisce alla legge di dieci anni fa, che io dico, ma questo Parlamento dice attraverso la sua legge del 2016, la n. 198, abrogata. Se non siamo nell'assurdo, signora Presidente, signor sottosegretario, poco ci manca.

Ripeto, però: io finisco qui il mio ruolo non solo di legislatore, ma anche di sindacato ispettivo; invio tutta la documentazione alla procura della Corte dei conti, ivi compresa gentilmente, signor sottosegretario, la sua risposta, che fa parte ovviamente del processo conoscitivo in questo Parlamento, nella speranza che la Corte dei conti si faccia dare la delibera della RAI contenente le deroghe, che si basa sul parere dell'Avvocatura che evoca la legge del 2007, e che si faccia dare anche il contratto per il conduttore, dj e barzellettiere Fazio della settimana successiva, che si basa sulla delibera che prevede le deroghe della settimana precedente, la quale si basa sul parere dell'Avvocatura dello Stato, che a sua volta si basa sulla legge di dieci anni fa che non esiste più, perché abrogata dalla legge del 2016.

La ringrazio, Presidente, sarebbe divertente tutto questo, se di mezzo non vi fossero decine di milioni di soldi dei cittadini, pagati con il canone in bolletta, i quali avrebbero diritto a riavere trasparenza e correttezza da parte degli organi amministrativi della RAI. In questa sede, nel Parlamento, cerchiamo almeno di fare trasparenza.

(Iniziative, anche di carattere normativo, volte ad evitare qualsiasi forma di discriminazione, alla luce del principio della parità di genere, nell'ambito dello sport professionistico - n. 2-01859)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Simone Valente ed altri n. 2-01859 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Simone Valente se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. L'articolo 3 della Costituzione garantisce la parità di genere tra uomini e donne, prevedendo in primo luogo che lo Stato e le sue istituzioni si facciano carico di assicurare l'effettiva rimozione di ogni forma di discriminazione, anche in ambito sportivo, attraverso l'equiparazione di trattamento nelle discipline sportive professionistiche.

L'ordimento italiano, tuttavia, non prevede una disciplina organica adeguatamente strutturata per le attività sportive professionistiche praticate dagli atleti di entrambi i sessi, dal momento che si definisce professionista esclusivamente l'attività agonistica svolta dagli atleti di sesso maschile, generando in tal modo un evidente squilibrio nella parità di genere.

Le federazioni sportive nazionali hanno riconosciuto come professionistiche solo le discipline sportive che rappresentano il golf, il basket, il ciclismo e il calcio. La legge 23 marzo 1981, n. 91, è l'unico provvedimento che regola attualmente il professionismo sportivo. Con tale normativa, si interviene per garantire e tutelare i lavoratori in ambito sportivo, ma essa, non assicurando direttamente tutele per tutti gli atleti, ha generato una serie di inevitabili criticità e disparità di trattamento tra uomini e donne anche sul piano retributivo.

In particolare, l'articolo 2 della legge ha demandato a CONI e federazioni sportive la definizione di “professionismo sportivo” distinguendola da quella dilettantistica, determinando, tuttavia, un profondo elemento discriminatorio che, nel corso degli anni, ha penalizzato le donne che praticano sport. Le discriminazioni di genere sono causate non dalla diretta attuazione dell'articolo richiamato, ma dal conseguenze inadempimento del CONI e delle federazioni in relazione alla necessità di definire il settore professionistico per gli atleti di entrambi i sessi.

Il quadro attuale che ne deriva è tale per cui le atlete italiane, che fanno dello sport il loro lavoro, sono penalizzate e costrette a gareggiare da sportive dilettanti, dal momento che, in assenza di un quadro giuridico definito, nessuna federazione permette loro di accedere all'attività professionistica.

La prima conseguenza dell'assenza del riconoscimento del professionismo sportivo nelle donne è la mancanza di un contratto di lavoro; in secondo luogo, la mancata qualificazione delle discipline sportive femminili professionistiche determina pesanti ricadute in termini di assenza di tutela sanitaria, assicurativa e previdenziale e di trattamenti salariali adeguati all'effettiva attività svolta.

Nello specifico le atlete donne non percepiscono né il trattamento di fine rapporto né gli indennizzi o altre tutele per i casi di maternità e sono escluse dalla maggior parte delle forme di tutela presenti nel mondo del lavoro. Inoltre, in caso di infortuni, le spese di cura e di riabilitazione sono a carico delle stesse.

Per ovviare a queste evidenti discriminazioni e per ricevere tutele, molte atlete entrano allora a far parte delle Forze armate o di un Corpo di polizia.

L'attuale assetto dello sport professionistico in Italia, pertanto, costituisce un'inaccettabile e preoccupante situazione, che necessita un'urgente regolamentazione, anche in riferimento alle citate tutele costituzionali.

Alcune federazioni virtuose hanno già affrontato la questione, come ho già detto, adottando i propri statuti nell'ottica del superamento di questo profondo divario, istituendo il settore professionistico femminile e quello maschile.

Risulta però indispensabile, a distanza di trentaquattro anni, dall'entrata in vigore da legge n. 91, che il CONI e le federazioni individuino la definizione stessa di “professionista sportivo” per gli atleti di entrambi i sessi, condizione necessaria ai fini dell'applicabilità delle garanzie previste dalla stessa legge.

Arrivando ai quesiti, chiedo, sulla base della normativa sopra richiamata, se il Governo ritenga urgente e inderogabile un intervento delle federazioni che miri a definire la categoria dei professionisti sportivi, codificando la relativa definizione in tutti gli statuti, con contestuale istituzione dei settori professionistici maschile e femminile, così da estendere anche alle atlete professioniste ogni forma di tutela giuslavoristica.

Inoltre, chiedo, ritenendolo molto importante, quali iniziative intenda assumere il Governo, nei limiti delle sue competenze, al fine di assicurare che il CONI e le federazioni sportive nazionali ottemperino alle disposizioni richiamate in premessa, rendendo altresì note le motivazioni che hanno determinato la mancata estensione della disciplina professionistica anche al mondo dello sport femminile.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Il Ministero per lo sport ha a cuore la questione posta dall'interpellante. Come già illustrato dallo stesso Ministro nel corso dell'esposizione dei propri punti programmatici, davanti alle Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato, il miglioramento della condizione delle donne nello sport rappresenta uno dei principali obiettivi politici del Ministero per lo sport.

È proprio questa la ragione per cui il Ministro Lotti, in accordo con il Ministero del lavoro e coinvolgendo il Dipartimento per le pari opportunità, ha deciso di convocare ad un tavolo tutte le parti coinvolte, dal CONI alle federazioni sportive, passando per le associazioni di categoria, al fine di individuare i principali ostacoli allo sviluppo dello sport femminile nel nostro Paese e per mettere a punto una serie di misure che ne consentano il superamento.

In particolar modo, uno dei principali compiti del tavolo che si costituirà nelle prossime settimane sarà quello di elaborare strumenti per tutelare la maternità delle atlete attraverso meccanismi di protezione che investano sia il piano della continuità sportiva che quello del sostentamento economico.

A questo riguardo, il Ministro per lo sport ha già in mente alcune soluzioni da sottoporre all'attenzione del tavolo ed è convinto che, attraverso una collaborazione anche sul fronte del fabbisogno finanziario con il CONI e con le federazioni coinvolte, si possa riuscire a garantire anche alle nostre atlete, come a tutte le altre lavoratrici, il fondamentale diritto costituzionalmente garantito.

Infine, il Ministro per lo sport è pienamente consapevole della necessità di un superamento della legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo, non soltanto sul fronte dello sport femminile, ma, più in generale, nel suo stesso impianto, figlio di logiche sorpassate e non più attuali. Nondimeno, onorevole Valente, sa bene che una riforma organica della legge n. 91 richiede tempo in misura assai maggiore rispetto a quello che abbiamo di fronte in questo ultimo scorcio di legislatura. È questa la ragione per cui il Ministro ritiene che in questa fase possa essere maggiormente utile la costituzione di un tavolo, con il compito di elaborare uno o più interventi puntuali, piuttosto che mettere mano a una legge complessa come quella menzionata, con il rischio concreto di non raggiungere alcun risultato entro la fine di questa legislatura.

PRESIDENTE. Il deputato Simone Valente ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. Sono passati ormai trentaquattro anni dalla legge n. 91 sul professionismo sportivo ed è evidente a tutti che la legge presenta diverse lacune e, come anche altre forze parlamentari, noi auspichiamo che vi sia una vera riforma.

Tuttavia, c'è un dato di fatto che troppo spesso anche in questa legislatura è stato sottovalutato, non è stato preso in considerazione, che è la discriminazione fortissima, incostituzionale da parte del mondo sportivo e anche della politica per quanto riguarda l'accesso allo sport delle donne. È ovvio che questa legge dava la possibilità di definire lo sport professionistico, ma è chiaro a tutti che c'è stato un inadempimento da parte delle federazioni e del CONI e, su questo, non abbiamo ricevuto risposta su quali motivi non abbiano attuato questa legge.

Allora, è palese a tutti che, senza questa attuazione, le donne non possono avvalersi di quella legge e, quindi, garantirsi quelle tutele che in realtà dovrebbero avere. Stiamo parlando di persone che lavorano con frequenza, che hanno un impegno notevole, però, non sono previste per loro alcune tutele. Io le ho già elencate anche prima, ma è bene ricordarle: la tredicesima, il TFR, le ferie, un'assicurazione valida che protegga da infortuni gravi, la maternità; pensiamo che delle atlete donne di altissimo livello sono davanti a un bivio, sono davanti alla scelta tra maternità o carriera sportiva. Sappiamo benissimo che, se un atleta sceglie di diventare madre e continuare l'attività professionistica, o il suo contratto termina (quindi, la società sportiva la licenzia), oppure con grandissima difficoltà continua la sua attività pur essendo madre e lo farà senza alcuna tutela. Quello che voglio portare all'attenzione è una semplice discriminazione: sappiamo che alcune federazioni hanno definito lo sport professionistico maschile, ma non lo hanno definito per quello femminile.

Allora, pur consapevoli che è un problema anche economico delle società sportive sicuramente, non possiamo più rimandare o girarci dall'altra parte facendo finta che lo sport femminile non esista oppure che sia di un livello inferiore a quello maschile, anche perché quando un atleta decide di intraprendere la carriera sportiva professionista spesso decide di guardare all'estero perché in Italia, se non ci sono le tutele, si decide di andare all'estero. Ci sono esempi in Francia, in Germania, in cui invece lo sport professionistico è maggiormente tutelato, maggiormente preso in considerazione, ed ecco lì che allora noi vorremmo evitare anche questo passaggio delle nostre atlete ad altre nazioni.

Io devo dire che, però, c'è una responsabilità qua. Va benissimo la risposta del sottosegretario, del Ministro, sull'avvio del tavolo, che è giustissimo perché ci sono tantissime associazioni di categoria che ormai da anni portano avanti questi temi, non li portiamo noi in quest'Aula oggi. Va benissimo il tavolo per trovare le soluzioni, però noi ci saremmo aspettati in realtà che la politica, quindi il Ministro, o addirittura l'ex Premier Matteo Renzi, prendessero delle iniziative perché siamo tutti bravi a farci i selfie o a onorare le nostre nazionali di ritorno magari da una olimpiade, da un mondiale o da un europeo, facendo grandissime onorificenze, però poi quando si tratta in realtà di garantire dei diritti costituzionali, allora prendiamo tempo e nulla si risolve.

Quello che voglio dire in conclusione è che questo è un tema, secondo me, fondamentale per portare l'Italia alla pari di tanti altri Stati europei. Non possiamo più rimandarlo. Quindi, la nostra disponibilità è semplicemente di trovare tutte le soluzioni insieme al CONI e alle federazioni, con cui ci confronteremo anche su questo tema, perché questa discriminazione fortissima, che c'è già in tantissimi campi in Italia, nello sport, che in realtà dovrebbe portare avanti dei sani principi e dei diritti, non può essere più tollerata.

Auspichiamo veramente che questo tema sia nell'agenda politica di tutte le forze che in futuro andranno a governare e che vorranno risolvere i problemi del mondo sportivo.

(Adempimenti volti a procedere al bando dei concorsi per l'assunzione di personale destinato all'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo - n. 2-01827)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Quartapelle Procopio ed altri n. 2-01827 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Quartapelle Procopio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente. Nell'agosto del 2014, le Camere hanno approvato una riforma che il settore della cooperazione internazionale attendeva da anni, la legge n. 125 che riforma l'ordinamento per la cooperazione internazionale. Già in luglio, all'approvazione alla Camera, approvammo anche un ordine del giorno che invitava il Governo a procedere il più speditamente possibile nell'indire un concorso per completare l'organico dell'agenzia formata con la legge n. 125. Infatti, la nuova infrastruttura della cooperazione internazionale richiedeva nuove persone, un po' perché un nuovo approccio richiede nuove competenze (certamente c'è un ottimo personale, ma è un personale in agenzia che ha visto le ultime assunzioni negli anni Novanta) e un po' perché l'aumento delle risorse, che è stato uno degli elementi che ha caratterizzato certamente la politica di cooperazione di questa legislatura, richiedeva nuove persone per lavorare di più.

L'agenzia esiste dal 1° gennaio del 2016. Gli stanziamenti per la cooperazione sono andati aumentando ogni anno: nel 2016 si stima che lo 0,26 per cento del reddito nazionale lordo vada finalmente in cooperazione e nella legge di bilancio del 2017 abbiamo stanziato ulteriori aumenti; l'idea è che, entro il 2020, si arrivi allo 0,30 per cento del reddito nazionale lordo, quindi ancora altri aumenti di risorse economiche. E per fare fronte a questi aumenti, a una nuova idea di cooperazione internazionale, che si incrocia con le tante sfide globali, a partire dal tema delle migrazioni, servono urgentemente delle risorse umane.

Nonostante che l'agenzia esista dal 1° gennaio del 2016, il concorso per assumere nuove persone in Agenzia non è ancora stato indetto. In particolare, nella legge di bilancio del 2017 abbiamo fatto un emendamento includendo l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo come ente destinatario del Fondo del pubblico impiego, stanziando 800 mila euro per il 2017 addizionali, aggiungendoli al Fondo per il pubblico impiego, e per il 2018, 3 milioni di euro, quindi aumentando anche le risorse. Dopo sei mesi dalla entrata in vigore della legge di bilancio mancano ancora i decreti attuativi per rendere operativa questa disposizione e questo è particolarmente significativo se si pensa che sono decreti attuativi che richiedono semplicemente il fatto che l'Agenzia possa procedere con il concorso perché le risorse ci sono.

In più c'è una seconda questione che riguarda il rafforzamento dell'organico dirigenziale, ovviamente un aumento di personale richiede anche un aumento dei dirigenti. La nostra interpellanza, quindi, chiede esattamente a che punto siamo con l'emanazione dei decreti attuativi che sono l'ultimo elemento che osta il fatto che l'Agenzia possa finalmente indire il concorso e dare attuazione completa alla lettera della legge n. 125 del 2014, quindi di tre anni fa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Gabriele Toccafondi, ha facoltà di rispondere.

GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. L'onorevole Quartapelle, chiede di conoscere quando saranno emanati i decreti attuativi necessari per procedere al bando di concorso volto al reclutamento di 60 tecnici dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo che appunto istituisce un apposito Fondo da ripartire tra le amministrazioni finalizzato, tra l'altro, all'assunzione di personale a tempo indeterminato delle amministrazioni dello Stato, ivi compresa la citata Agenzia, la quale, il 13 gennaio scorso, ha formulato al Dipartimento della funzione pubblica apposita istanza di autorizzazioni alle assunzioni.

Nel riportare le informazioni fornite dal Dipartimento della funzione pubblica preciso che, successivamente all'istanza dell'Agenzia, è stato adottato il DPCM del 27 febbraio 2017, pubblicato il 30 marzo 2017 nella Gazzetta Ufficiale n. 75, che costituisce il primo atto della procedura di autorizzazione alle assunzioni richieste. Con tale atto è stato dato avvio all'istruttoria per il rilascio delle autorizzazioni alle assunzioni mediante l'adozione di un apposito decreto interministeriale. È previsto, infatti, che le assunzioni di personale a tempo indeterminato, a valere sul Fondo, sono autorizzate con decreto del Ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previa valutazione delle esigenze espresse dalle amministrazioni con apposite richieste.

Per le esigenze di assunzioni a tempo indeterminato dell'Agenzia si provvede nell'ambito del medesimo decreto generale, mediante l'assegnazione delle ulteriori risorse di cui all'articolo 1, comma 364, della legge di stabilità 2017, pari a 800 mila euro per il 2017 e ad euro 3 milioni a decorrere dal 2018.

Nel corso dell'istruttoria, al fine di individuare i criteri e le modalità di reclutamento, l'Agenzia in parola ha ritenuto necessaria una serie di approfondimenti tecnici e pertanto il 17 marzo e il 23 maggio si sono tenuti due incontri presso il Dipartimento della funzione pubblica. In esito a tali incontri, l'Agenzia ha provveduto a un supplemento di istruttoria, volto a precisare i termini e le modalità della richiesta di assunzioni. L'esito di tale supplemento di istruttoria è pervenuto al Dipartimento della funzione pubblica lo scorso 9 giugno, successivamente quindi all'interpellanza. Il Dipartimento, pertanto, sta esaminando la documentazione integrativa per valutare se inserire la richiesta dell'Agenzia nel provvedimento generale, come previsto dal DPCM, ovvero adottare un decreto interministeriale ad hoc per evitare di incorrere in tempi più lunghi connessi all'istruttoria sulle richieste di assunzione delle varie amministrazioni.

Con riferimento, infine, al secondo quesito dell'interpellante, ossia se si intenda adottare le iniziative necessarie per rafforzare anche l'organico dirigenziale dell'Agenzia, preme segnalare che, nelle citate note del 13 gennaio e del 9 giugno, la stessa Agenzia non ha formulato espressa richiesta di assunzione di personale con qualifica dirigenziale, l'Agenzia si è limitata a chiedere l'attivazione di urgenti procedure di mobilità. Al riguardo si evidenzia che secondo l'articolo 1, comma 47, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nel caso di mobilità neutrale, ossia di mobilità tra amministrazioni sottoposte a regime limitativo delle assunzioni a tempo indeterminato, la mobilità non incide sulle risorse destinabili alle assunzioni a tempo indeterminato, fermo restando che la mobilità in uscita non determina risparmi utili ai fini del turnover. In tal caso le amministrazioni, tra cui l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, possono procedere in autonomia senza che sia necessario un provvedimento di autorizzazione.

Detto ciò, si rinvia comunque alle previsioni speciali dell'articolo 19, commi 2 e 3, della legge recante “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo”, con riferimento al personale in comando o fuori ruolo interessato all'adozione di provvedimenti di inquadramento.

Da quanto esposto emerge come alla questione è stata riservata l'attenzione che merita e che l'Agenzia e il Dipartimento sono in continuo e costante contatto per risolverla nel modo più celere e proficuo possibile.

PRESIDENTE. La deputata Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Io ringrazio molto il sottosegretario di tutti i chiarimenti relativi al procedere di questi atti. Ritengo sia abbastanza cruciale che si arrivi nel più breve tempo possibile a una definizione della questione e in particolare, se possibile, a dividere il destino delle assunzioni dell'Agenzia per la cooperazione rispetto al pacchetto più ampio del Fondo per il pubblico impiego, trattandosi di provvedimenti molto diversi e, nel caso dell'Agenzia per la cooperazione, di un provvedimento già deciso nel 2014 con risorse proprie stanziate. Ma immagino che questo sia un auspicio di carattere personale, poi il Governo farà una sua valutazione. Rispetto alle procedure di mobilità dei dirigenti, credo anch'io che ci sia un tema di priorità di personale prima che di dirigenti e, quindi, ringrazio anche per le precisazioni in questo senso. Eventualmente sull'una e sull'altra questione ritorneremo.

Ci tengo a ribadire questo: questa legislatura, questo Governo ha fatto davvero tantissimo sul tema della cooperazione internazionale, sia per la riforma della legge che per, finalmente, un aumento costante negli anni dei fondi che, più in generale, per averla individuata come uno strumento prioritario della politica estera e poi anche della gestione delle vicende migratorie. Ritengo, quindi, importantissimo continuare a lavorare affinché ci siano gli strumenti necessari, le risorse, anche umane, necessarie a rafforzare il grande lavoro che questo Governo ha fatto nel valorizzare lo strumento della cooperazione internazionale come un vero strumento utile per l'interesse generale del nostro Paese.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 3 luglio 2017, alle 16:

  Discussione sulle linee generali della mozione Ruocco ed altri n. 1-01594 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

La seduta termina alle 10,40.