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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 595 di martedì 22 marzo 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 10,05.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Benedetti, Berlinghieri, Bindi, Boccia, Borghese, Caruso, Catania, Cicchitto, De Menech, Epifani, Fedi, Ferrara, Fiorio, Fitzgerald Nissoli, Garavini, Gentiloni Silveri, La Marca, Mazziotti Di Celso, Meta, Nicoletti, Parentela, Picchi, Piccoli Nardelli, Porta, Scanu, Schullian, Spadoni, Speranza, Tacconi, Tofalo, Vignali e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centodiciannove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sui gravi attentati verificatisi oggi a Bruxelles (ore 10,10).

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea ed il rappresentante del Governo). Care colleghe e cari colleghi, come è a tutti voi noto, questa mattina, all'aeroporto di Bruxelles e, successivamente, nella metropolitana della stessa capitale belga, vi sono state delle esplosioni che, stando alle notizie fino a questo momento disponibili, potrebbero aver causato almeno tredici vittime e trentacinque feriti.
  Voglio esprimere, a nome dell'Assemblea, la vicinanza e la solidarietà mia personale e di tutta la Camera dei deputati alle autorità belghe e alle famiglie delle vittime e dei feriti per quello che sembrerebbe essere un ennesimo, vile e barbaro attentato terroristico. Di fronte ad un nuovo attacco al cuore della nostra Europa, è indispensabile manifestare la massima fermezza nel difendere le libertà fondamentali e i valori di cui il nostro continente è da sempre portatore.
  Invito ora l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio
  (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brunetta. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Grazie, signora Presidente. Dolore e preoccupazione per i Pag. 2fatti di Bruxelles. Conosco molto bene quell'aeroporto, avendolo frequentato per nove anni nel mio andirivieni di parlamentare europeo. Conosco quell'aeroporto come il cuore non solo di Bruxelles, non solo del Belgio, ma come il cuore dell'Europa, dell'Unione europea, perché quell'aeroporto è l’hub, il centro pulsante della relazionalità in Europa. Per questo, l'attentato – penso che si tratti di attentato – colpisce al cuore la nostra Unione e questa costruzione straordinaria e meravigliosa che è l'Unione europea. Questo è il mio primo pensiero, ovviamente, alle vittime, ovviamente alle autorità belghe e, ovviamente, alle autorità dell'Unione.
  Serve una riflessione, signora Presidente, non rituale e non retorica su quanto è avvenuto e su quanto sta avvenendo. Abbiamo davanti a noi, oltre a quella terroristica, almeno altre due emergenze tra loro correlate: quella dell'immigrazione e quella economica.
  L'emergenza immigrazione, figlia della guerra, dell'incapacità dell'Occidente, ma non solo dell'Occidente, di gestire le tensioni geopolitiche, ha avuto, sta avendo risposte assolutamente inadeguate a livello del nostro continente. Il recente accordo con la Turchia sembra non solo ipocrita, ma, soprattutto, inefficiente, sembra non funzionare. Terrorismo, emergenza immigrazione: se a questo si aggiunge l'emergenza economica che sta nuovamente investendo il nostro continente...

  PRESIDENTE. Colleghi...

  RENATO BRUNETTA. Scusate...

  PRESIDENTE. Colleghi della Lega, scusate. Prego.

  RENATO BRUNETTA. ...ebbene, queste tre emergenze, signora Presidente – terrorismo, immigrazione, crisi economica – rischiano di mandare all'aria le nostre società, le nostre istituzioni.
  A noi sembra che questo Governo – il Governo italiano, il Governo Renzi – non abbia la forza, non abbia la capacità, non abbia la coesione per affrontare, sia a livello interno sia a livello internazionale, queste tre emergenze. E desta preoccupazione... scusate ragazzi... ragazzi, scusate...

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Brunetta, concluda.

  RENATO BRUNETTA. E destano ulteriore preoccupazione le notizie di queste ore, di questi giorni, circa le nomine che il Governo intende fare, o abbia fatto, o vorrebbe fare, in tema di sicurezza, in tema di intelligence, di servizi; come destano preoccupazione gli asseriti – leggiamo dalla stampa – contrasti tra Governo e Quirinale su questi stessi temi: pensiamo al tema della cyber-sicurezza.
  Per questa ragione, noi diamo la più totale disponibilità, a livello parlamentare, come a livello politico, ad affrontare insieme queste tre emergenze, purché ci siano da parte del Governo una volontà e una capacità di ascolto e disponibilità. Signora Presidente, non è pensabile che questo Governo, senza una maggioranza al Senato, se non acquisita di volta in volta, senza una coesione strategica, senza una capacità democratica di ascoltare il Paese, sia in grado di rispondere a queste tre emergenze. Noi diamo il massimo della nostra disponibilità, a nome del nostro gruppo parlamentare e del nostro partito, per far sì che queste emergenze vengano affrontate in un quadro di unità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Ancora una volta, quest'Aula, questo Parlamento è costretto a commemorare morti per mano del terrorismo jihadista, che, nel corso degli ultimi mesi, ha colpito profondamente l'Europa, il suo sistema di convivenza, i suoi valori. Quei valori che dobbiamo confermare, come lei diceva nel suo intervento, quei valori che dobbiamo difendere, quei valori che sono alla base del nostro cammino comune; Pag. 3quel cammino comune che ha costruito l'Europa democratica e le sue istituzioni.
  Colpiscono Bruxelles per colpire l'Europa; colpiscono Bruxelles per dare un colpo a chi immagina che questo continente debba andare avanti in pace, in democrazia e dentro una dimensione di dialogo multiculturale.
  Il terrorismo va sradicato, va combattuto senza «se» e senza «ma». Io penso che noi, come grande Paese, abbiamo bisogno di mettere in campo un'iniziativa forte a livello europeo, di messa in comune di intelligence, di risorse, di forze di polizia, di indagini, ma abbiamo bisogno anche di riflettere sul modello, che, evidentemente, non riesce a reggere più. Il collega Brunetta parlava di unità nazionale: l'unità nazionale appartiene ad altre stagioni; io penso che noi dobbiamo parlare di coesione, dobbiamo parlare di una iniziativa comune, che veda maggioranza e opposizione impegnate per allontanare e sradicare questa minaccia. Ma questo lo discuteremo nei prossimi giorni, non è oggi il momento in cui abbiamo bisogno di affrontare questi nodi; oggi è il momento del raccoglimento, del cordoglio, della solidarietà a Bruxelles e al suo popolo, di fronte a notizie che, ancora, in queste ore e in questi minuti, si stanno, come dire, affastellando, rispetto alla metro, rispetta all'aeroporto, rispetto alla contabilità dei morti e dei feriti. Quindi, da parte del gruppo di Sinistra Italiana, un saluto e un messaggio di solidarietà a Bruxelles, al suo popolo e all'Europa intera (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Grazie, Presidente. Come diceva, giustamente, il collega Scotto, questo è il momento del dolore e dell'apprensione per quanto è accaduto e per quanto sta accadendo, purtroppo, a Bruxelles, nell'aeroporto, alla metropolitana, con tanti cittadini europei presi nuovamente come vittime di un'azione terroristica volgare, cattiva, fatta al centro dell'Europa, fatta contro tutti noi, perché colpire Bruxelles, colpire Parigi, vuol dire colpire l'Europa, vuol dire colpire anche noi.
  Noi riteniamo che questo sia un momento di commozione e riflessione, quello che stiamo vivendo in queste ore, a cui deve seguire una risposta forte delle istituzioni europee, che devono far sentire la loro capacità di agire e di agire unite, di agire con solidarietà, di agire con forza e con coordinamento, perché c’è bisogno di un'azione più coesa, c’è bisogno di un'azione più forte. C’è anche bisogno di un'azione, di un sentimento che, qui, in questo Paese, sia quello di un senso di coesione, un senso di condivisione, di preoccupazione comune: è quello che ci chiedono i nostri elettori, i nostri militanti, i nostri vicini di casa, che si aspettano che tutte le forze politiche e tutti i loro rappresentanti, che qui siedono, siano capaci di trovare parole comuni, fatti comuni, per rispondere a quanto sta accadendo.
  La situazione è comprensibile a tutti, la risposta deve essere unitaria, la battaglia è contro terroristi, che hanno in mente di ledere e di ferire alla radice le nostre libertà, la nostra capacità di essere un popolo che sa vivere in pace, e la nostra risposta deve essere all'altezza: unità ferma e coesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Presidente, oggi per l'ennesima volta piangiamo delle vittime – non sappiamo ancora quante, perché si sta facendo ancora la conta – vittime di una guerra innescata dal terrorismo islamico, una guerra che pare non aver fine, una guerra alla quale noi non rispondiamo.
  E noi – le dico francamente – siamo stanchi di commemorazioni, siamo stanchi di piangere i morti, noi chiediamo – e lo chiedo a lei, perché si faccia da tramite con la Presidente – un dibattito serio in quest'Aula sulla questione del terrorismo islamico, un dibattito serio dove il Governo, Pag. 4il Presidente del Consiglio, ci venga a dire per filo e per segno quali misure, in sostanza, sono state messe in atto. Noi non vogliamo piangere altri morti e a gente che prega, a quelli che pregano affinché noi possiamo pregare sui nostri morti, va messo un punto. Ci vuole una reazione e che sia una reazione concreta e non una reazione unitaria solo nelle commemorazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO LUPI. Signor Presidente. Io credo non sia un rito formale quello che noi, purtroppo, ci ritroviamo a fare, quasi periodicamente, qui, in quest'Aula, nel luogo che rappresenta le istituzioni e l'istituzione per eccellenza nel nostro Paese, dove sono rappresentati gli oltre 60 milioni di cittadini italiani; non può essere un rito formale l'espressione di cordoglio e di vicinanza alle istituzioni e alle famiglie delle vittime, e non sappiamo ancora drammaticamente quante saranno; così come non è un rito formale capire, comprendere e giudicare quello che sta accadendo, che ci sta accadendo ormai da mesi e che coinvolge l'Occidente in tutte le sue espressioni, da Parigi a Bruxelles, dai teatri agli stadi, dagli aeroporti alle metropolitane, dai musei ai luoghi di incontro, ai luoghi pubblici, alle agorà che hanno caratterizzato, da sempre, la storia dell'Occidente, perché la storia dell'Occidente è il luogo dell'incontro, è il luogo dove la comunità si incontra, dove gli uomini non vivono singolarmente, ma hanno la coscienza di essere insieme agli altri.
  Ed è evidente che il terrorismo islamico vuole colpire questo cuore, questo cuore dell'Europa, e vuole colpire questo cuore e questa cultura dell'Occidente. Ma noi siamo convinti e siamo certi, non per esserlo, ma perché l'Occidente e la sua storia hanno sempre dimostrato che le ragioni della vita prevalgono sempre sulle ragioni della morte, ad una condizione: che ce ne sia coscienza, che si usino gli strumenti tali perché questa coscienza – che è innanzitutto culturale, che educativa, che è il sentimento di popoli che si trovano insieme e si riconoscono in una visione comune – diventi poi azione, prevenzione, azione comune.
  Ecco, io credo che la solidarietà di oggi e ancora una volta il trovarci insieme ci debbano continuare a dettare la doppia strada: quella del non demordere un minuto, affinché le ragioni della vita prevalgano sulle ragioni della morte, e queste ragioni della vita si riscoprono solo nelle radici culturali, ideali e valoriali, che hanno creato venti secoli di cultura, che è quella dell'Occidente, ma si riscoprono anche se – ed è questa una constatazione che dobbiamo vedere – ormai la lotta al terrorismo non può che essere una lotta che vede unita l'Europa, che vede unito l'intero Occidente. Qualche domanda dovremmo farcela, dovrebbero farsela le stesse istituzioni europee: se non è il caso che, di fronte alla lotta al terrorismo, anche gli strumenti di prevenzione inizino ad essere assolutamente unitari; se non è il caso che, per la lotta al terrorismo, si costituiscano strumenti eccezionali come un FPI europea; sono tutte considerazioni che ci mobilitano e che verranno dopo.
  Credo che, ancora una volta, oggi, dall'Occidente emerga una sola risposta, una risposta possibile, tra l'altro, per chi è credente nella settimana santa: noi siamo convinti che questo non sia il calvario dell'Occidente, ma che sia la strada perché le ragioni della vita prevalgano sempre sulle ragioni della morte (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Michele Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Grazie, Presidente. Quelle che ci giungono da Bruxelles sono notizie terribili, siamo vicini al popolo belga e ci uniamo al dolore dei familiari delle vittime, con l'auspicio che chiunque si sia macchiato di questi barbari attacchi sia quanto prima assicurato alla giustizia. Colgo anche l'occasione, visto Pag. 5quanto accaduto, per chiedere anche al Ministro Alfano una informativa sullo stato della sicurezza interna in Italia, che naturalmente dovrà essere sotto controllo nei prossimi giorni e bisognerà capire se ci sono rischi anche a Roma e da noi. Continuiamo ad unirci al cordoglio per queste vittime e speriamo che fatti del genere non si ripetano mai più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Grazie, Presidente. Anche noi ci associamo alle parole di cordoglio per le vittime, che abbiamo sentito prima, e ci associamo soprattutto alla grande preoccupazione per questo momento. È stato detto: è un attacco, l'ennesimo, al cuore dell'Europa che, come spesso molti dicono, sarà anche vecchia, stanca, sarà anche burocratica, sarà ferma, sarà lontana dalla vita della gente ma comunque l'Europa è la nostra casa, è la casa dei diritti umani, è la casa della democrazia, del pluralismo, è la casa dei nostri valori di civiltà ed è contro questa nostra casa comune che questo ennesimo attentato scaglia tutto il suo potenziale di violenza e di terrore. Non è la prima volta nella storia che questi nostri valori sono insidiati e comunque questi valori hanno sempre vinto. Credo che noi, anche in questa occasione, dobbiamo essere fedeli a questi valori, a questo insieme di valori. Non è questo il tempo degli isterismi: è il tempo, invece, dei nervi saldi, della saldezza della democrazia. Non è il tempo degli isterismi né disinteressati né interessati. È questa una prova importante di maturità e di tenuta della nostra democrazia e della nostra comune civiltà. Noi pensiamo che sia anche il tempo della coesione, della coesione europea e della coesione interna. Per quanto ci riguarda il nostro Governo ha seguito e sta seguendo una linea giusta, chiara, che noi condividiamo e in ogni caso non è questo il tempo delle polemiche domestiche. Auspichiamo anche noi che, a partire dagli incontri che so essere convocati anche domattina molto presto con tutti i gruppi parlamentari della maggioranza e dell'opposizione, il Governo sappia costruire e rafforzare un clima di coesione che deriva però naturalmente dalla responsabilità di tutti, non solo dentro le istituzioni ma anche nell'opinione pubblica (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Aggiungo le mie parole a quelle accorate che ho ascoltato dai colleghi in un clima direi di costernazione perché questo è il primo sentimento che ci occupa il cuore in momenti come questi. Credo naturalmente che sia doveroso esprimere solidarietà alle vittime e solidarietà alle istituzioni europee e a quelle del Governo belga, colpiti così duramente questa mattina, e credo tuttavia che sia davvero il momento della compostezza, della serietà, del richiamo ai valori fondanti dell'Europa, a quelli della nostra civiltà. L'Europa, come quella di cui noi parliamo spesso nei nostri interventi, è una costruzione politica: la nostra civiltà è una cosa ben più profonda. Entrambe si fondano sul rispetto dell'uomo. Oggi affrontiamo un nemico che invece non nutre questo medesimo rispetto, che quindi ci colpisce nei nostri valori più profondi e al quale è davvero difficile pensare di dare delle risposte. Credo però che la compostezza non possa significare che tutto continui come prima. Credo che sia indispensabile che le istituzioni europee e quelle dei singoli Stati adottino misure di ulteriore attenzione e, se dovremo rinunciare a qualcuna delle nostre abitudini in cambio di una maggiore sicurezza, forse anche questo è il momento di porsi il problema fino a che punto possiamo continuare a vivere come prima. Temo che andare avanti come abbiamo fatto in questo momento sia coerente con il nostro modo di pensare ma non sia più produttivo; oggi occorrono risposte caute, ferme, serie ma più efficaci e, in questo spirito, noi rinnoviamo naturalmente la nostra fiducia al Pag. 6nostro Governo e a tutte le istituzioni europee nella convinzione che sapranno trovare risposte adeguate in questo momento gravissimo.

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito della discussione del decreto-legge n. 18 del 2016 in materia di riforma delle banche di credito cooperativo. Tuttavia, poiché la Commissione Bilancio non ha ancora espresso il parere di competenza sul provvedimento, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 10,45.

  La seduta, sospesa alle 10,35, è ripresa alle 11,20.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (A.C. 3606-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3606-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio.
  Ricordo che, nella seduta di ieri, si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore per la maggioranza e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 3606-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 3606-A) nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 3606-A).
  Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A – A.C. 3606-A).
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – A.C. 3606-A).
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: Busin 15.01, 15.03 e 15.02, Sandra Savino 16.16, 16.03, 16.04, 16.05, 16.06, 16.07, 16.08, 16.09 e 16.010, Marcon 17-quinquies.01, analogo all'articolo aggiuntivo Marcon 15.04.
  Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo, in particolare, a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine il gruppo Lega Nord è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
  Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti il deputato Simonetti. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Posso intervenire per 15 minuti ?

  PRESIDENTE. Sì, al massimo per 15 minuti.

  ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Il tema di questo decreto è l'ennesimo tema che, settimanalmente, il Governo dà in dote al Paese, che è quello legato al mondo delle banche. Ne abbiamo più o meno discusso, perché, quando si interviene per decreto, è chiaro che i tempi sono molto più ristretti e poi c’è aria di fiducia e, quindi, è molto probabile che la discussione venga troncata. Quindi, Pag. 7non si può definire un dibattito vero quello legato al mondo delle banche: mi riferisco al decreto sulle banche popolari per la cancellazione di questa tipologia di sistema bancario; al «decreto salva banche», quello che è oggetto, tra l'altro, di grande attenzione, visto il susseguirsi di iniziative, anche di carattere giudiziario, che una banca, un CdA di una banca, sta seguendo, in particolare quello della banca del fallimento, della Banca Etruria, per non parlare poi del bail-in e tutto quello che ha provocato, anche in termini di valutazioni di rating e di capacità di stare sul mercato del settore bancario.
  E siamo arrivati al decreto-legge n. 18 del 2016, legato alla riforma del credito cooperativo e delle banche di credito cooperativo. Voi volete sostanzialmente creare una grande holding che faccia capo a diverse banche di credito cooperativo, tutte quelle che sono sotto i 200 milioni di capitale netto, la quale deve quindi fare molto probabilmente una sintesi di tutto ciò che è mutualistico, di tutto ciò che deve essere a carattere mutualistico, andando però a cancellare quel contatto diretto che hanno queste piccole – così voi le definite – banche di credito cooperativo, che svolgono una funzione anche sociale, ad annullare quel credit crunch che le grandi imprese attuano nei confronti delle imprese e delle famiglie proprio perché non conoscono e non vogliono conoscere i territori, non vogliono conoscere le idee, non premiano le iniziative dei singoli, non premiano le professionalità storiche delle imprese come, invece, fanno le banche di credito cooperativo e le banche popolari.
  Voi, però, volete perseguire nell'annientamento delle identità locali. Lo fate da un punto di vista costituzionale, lo fate da un punto di vista istituzionale, l'avete fatto e lo farete da un punto di vista di legge elettorale e lo state facendo anche nel sistema bancario, annientando le differenze e annientando il contatto diretto fra sistema economico e sistema locale, il sistema delle economie territoriali.
  Quindi, voi volete creare un grande gruppo che comunque grande non è: è grande nei confronti dei territori, ma è piccolo nei confronti delle consorelle europee, le quali hanno dei patrimoni che sono quasi dieci e venti volte rispetto al limite massimo – anche cento volte, mi dice il collega Busin – perché sono patrimonializzate a 10, 20, 100 milioni, e questo fa sì che si creino degli ibridi che non risolveranno il problema. Non risolveranno il problema perché è vero il contrario: è vero che le piccole realtà danno maggiori risposte e sono molto più solvibili rispetto ai grandi gruppi.
  Voi, tra l'altro, date tale possibilità, perdendo comunque il carattere mutualistico e di cooperazione in tutte quelle realtà che hanno un patrimonio netto superiore ai 200 milioni, le quali affrancando il 20 per cento di questo patrimonio hanno la possibilità di rimanere autonome, ma trasformandosi in spa, trasformandosi, quindi, in realtà che non hanno più il carattere mutualistico, tanto che loro possono tenersi quelle parti dei fondi di riserva che prima, invece, si sarebbero dovuti destinare al Fondo mutualistico legato all'articolo 11 della legge n. 59 del 1992, recante nuove norme in materia di società cooperative, che impone come oggetto sociale di questi fondi mutualistici, che sono implementati tutte le volte che ci sono delle cooperative in liquidazione, che appunto cambiavano la loro natura, la promozione del finanziamento di nuove imprese, di iniziative di sviluppo della cooperazione, con preferenza per i programmi diretti all'innovazione tecnologica e all'incremento dell'occupazione. Questo è il Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui all'articolo 11 della legge n. 59 del 1992, che fa comunque riferimento a delle normative precedenti.
  Noi diciamo che non è vero che grande sia bello piuttosto che piccolo, tanto che l'affrancamento del 20 per cento potrebbe creare delle problematiche a quelle banche che sceglieranno di non entrare nella holding e di rimanere autonome, perché questa tassazione, diciamo così, andrebbe a modificare i rapporti Core Tier 1, creando così una diminuzione della patrimonializzazione delle banche stesse e questa Pag. 8diminuzione di patrimonializzazione determinerà in modo notevole la garanzia che questa banca avrà per la copertura dei debiti che essa ha in pancia. Questo è uno degli indici, il Core Tier, con il quale si può facilmente dimostrare che la diminuzione della patrimonializzazione nei fatti non consentirà più alle banche di proseguire le loro attività, quindi andando a costringere tutte queste realtà a fondersi in un unicum del quale la Banca d'Italia molto probabilmente preferisce...

  PRESIDENTE. Onorevole Taricco, mi scusi... grazie.

  ROBERTO SIMONETTI. ...molto probabilmente, dicevo, la Banca d'Italia preferisce la fusione del settore bancario, non tanto per creare delle grandi realtà che, come ho detto, non diventano certamente più competitive, ma molto probabilmente perché avrà da svolgere minori controlli, avrà minori compiti istituzionali, avrà minori numeri da verificare e, ovviamente, per il controllore meno cose da controllare ci sono e certamente meglio è. Però, molto probabilmente, non sarà meglio per la realtà imprenditoriale, sociale ed economica del Paese.
  Poi, all'interno del provvedimento vi è anche una parte che noi consideriamo nuovamente una regalia al settore bancario. Può aiutare il disincaglio di taluni prestiti inesigibili, però dà la possibilità nuovamente al settore bancario, rispetto alla gente comune, di avere delle soddisfazioni. Riguardo alla tassazione, sto parlando della tassazione agevolata, legata all'imposta di registro, catastale e ipotecaria in aliquota fissa, in imposta fissa, 200 euro, per le vendite di tutti quegli immobili fatte ad attività di impresa per l'acquisto di immobili soggetti a vendite giudiziarie. È tutta una partita abbastanza delicata. In Commissione è vero che questa possibilità è stata estesa anche alle persone fisiche che acquistano questo immobile con finalità di prima casa, con la tassazione a 200 euro e non al 9 per cento. È chiaro però che molte banche stanno attivando o hanno già attivato la nascita al loro interno di – diciamo così – società immobiliari che acquisteranno gli immobili della banca stessa con questa tassazione agevolata, per poi rimetterli sul mercato a prezzi notevolmente più alti, anche perché i bandi hanno portato a dei valori non certo di mercato, ma decisamente molto più bassi rispetto a tutti questi immobili che continuano ad essere per le banche un peso riguardo ai loro bilanci. Voi arrivate quindi anche a fare una sorta di cartolarizzazione; fate una cartolarizzazione, promuovete una cartolarizzazione di tutti questi crediti attraverso l'emissione di una garanzia dello Stato, che non è stata considerata fortunatamente onerosa da parte dell'Unione europea, molto probabilmente perché questa viene pagata da chi ne farà uso. Noi siamo intervenuti, l'Italia è intervenuta un po’ in ritardo nel difendere il sistema bancario da tutti questi crediti e prestiti deteriorati, perché – come lei sa, Viceministro – gli aiuti di Stato negli altri Paesi, ante riforme europee, sono stati consistenti. Io ricordo che la Germania ha versato 238 miliardi di euro nel sistema bancario, la Spagna 52 miliardi, l'Irlanda 42 miliardi, la Grecia 40 miliardi, l'Olanda 36 miliardi, l'Austria 28 miliardi, il Portogallo 19, il Belgio 19, l'Italia un miliardo, che tra l'altro è già anche stato restituito. Quindi diciamo che noi abbiamo dormito molto, il Paese, durante il periodo di Monti, ha dormito; diciamo che è stato molto sveglio a tagliare le pensioni, ad aumentare le tasse, a mettere l'IMU sulla prima casa – in questo sì, è stato veramente molto sveglio e molto veloce –; la parte invece del risanamento di quella che doveva essere una delle vie per il sostentamento dell'economia, quella quindi di aiutare il sistema bancario, il quale a sua volta avrebbe dovuto aiutare il sistema economico, non è stata fatta, come ho ricordato. Adesso si corre ai ripari cercando di fare delle cartolarizzazioni che prevedono quindi la messa sul mercato attraverso delle società veicolo di tutti questi crediti deteriorati, che ovviamente dovrebbero quindi alleggerire i bilanci delle banche e renderle più competitive. Pag. 9Chiaro è che bisogna poi capire chi comprerà e a che prezzo verranno comprati questi titoli e che fine faranno questi titoli, in modo tale da non andare quindi a infettare l'economia nuovamente attraverso degli acquisti incauti.
   Cosa è successo nel settore bancario ? Da dove nasce tutta questa difficoltà di recupero di questi crediti ? Nasce sostanzialmente dal fatto che le imprese ed i debitori non sono riusciti a intervenire in merito alle loro incombenze, ma non sono riusciti perché la crisi economica gli ha tagliato la possibilità di farlo, perché un altro problema di questo Governo è che non è stato aumentato il PIL negli anni, perché dal PIL a cento nel 2008, nel 2009 in Italia è sceso a 93, per poi scendere nel 2015 a 91. Rispetto al 2008, quindi, abbiamo meno nove punti percentuali dal 2008 al 2015 in valori di PIL, mentre nella Germania, sì, è sceso nel 2009 a 94, ma nel 2015 è aumentato a 105, quindi del più 5 per cento rispetto al PIL del 2008.
  Negli USA, 97 nel 2009, 100 nel 2010, addirittura 110 nel 2015: là sono state fatte delle politiche, in America molto espansive, in cui l’austerity non è stata perseguita; mentre la Germania ha voluto l’austerity in tutta l'Europa, ma per rafforzare se stessa, impoverendo gli altri. Quindi noi paghiamo, il sistema bancario e produttivo paga anche lo scotto di un mancato aumento del PIL e di una mancata ripresa che fa sì che il volano non faccia chiudere il cerchio e quindi non faccia rientrare le banche dai crediti da parte dei debitori. E infatti il volume dei crediti deteriorati è passato dai 100 miliardi del 2008 a 360 miliardi, di cui 200 miliardi in sofferenze e 150 miliardi in incaglio. Non sto a dire quali siano le differenze perché l'Assemblea ne è conscia. Quindi, noi arriviamo in una situazione veramente complicata e questo Governo deve far vedere la luce in fondo al tunnel dell'economia nazionale. Qui, se non riparte la ripresa, se non si dà la possibilità alle imprese di essere competitive, se non si dà la possibilità di avere un turnover in modo tale da bloccare la disoccupazione, se non si rendono stabili tutti gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato, se non si sblocca la burocrazia, non si aumenta il PIL e, di conseguenza, non ci sarà la possibilità e non ci sarà il volano di ritorno per riuscire a disincagliare tutti questi crediti, talvolta inesigibili.
  Noi vediamo un'Europa che è attonita – oggi l'abbiamo già ricordato – e non è a mio avviso attonita solo da un punto di vista della sicurezza: è attonita soprattutto da un punto di vista economico, da un punto di vista della mancata ripresa, e soprattutto non ha in sé la possibilità di avere una vera spina dorsale politica ed economica unitaria, proprio perché l'Europa, così com’è, non esiste.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Presidente, innanzitutto, noi vogliamo sottolineare che la scelta del decreto-legge a noi non sembra quella adeguata per operare una riforma di questa portata. Probabilmente si sarebbe dovuta battere la strada del normale iter legislativo, anche perché in questa maniera è stata negata la possibilità di un vero e proprio confronto per addivenire eventualmente a una riforma in questo ambito. D'altro canto lo stesso copione l'avete già recitato, quando avete messo mano alla riforma delle banche popolari. Il decreto-legge poi in oggetto, secondo noi, sconvolge l'attuale panorama del settore cooperativo, ridisegnando un sistema formato da piccole realtà territoriali con la creazione di un'unica holding, che oltre a far perdere il carattere di mutualità e cooperazione, non riesce nemmeno a replicare modelli presenti in altre nazioni, come faceva notare anche il collega che mi ha preceduto.
   In altre nazioni europee, per evidenti disparità dimensionali, gruppi olandesi, francesi o tedeschi, costituiti in holding di banche di credito cooperativo, sono cinquanta, sessanta, cento volte più grandi della dimensione ipotizzata per il costituendo gruppo bancario cooperativo italiano. Rischiamo di generare qualcosa di non ben definito, che perde le caratteristiche Pag. 10specifiche, che fa perdere le caratteristiche specifiche della cooperazione nel settore creditizio, tese invece a valorizzare le specificità locali, culturali, socio-economiche dei diversi territori italiani e, nel contempo, non è in grado di paragonarsi ad omologhi gruppi con cui confrontarsi nel mercato creditizio mondiale. Andate poi a prevedere l'obbligatorietà di appartenenza a un gruppo bancario cooperativo, la cui capogruppo si costituisca in forma di società per azioni, al fine di favorire l'accesso al mercato dei capitali e alla patrimonializzazione.
   Nella stessa relazione che accompagna il vostro provvedimento, si attesta che una simile ristrutturazione non altererebbe in alcun modo la qualificazione delle banche di credito cooperativo di cooperative a mutualità prevalente. Non si può certo negare che una simile impostazione provenga e discenda dalle tesi ormai maggioritarie sviluppate dalla Banca d'Italia in merito alla convinzione piuttosto infondata che sia impossibile poter vigilare correttamente su piccole entità bancarie. Su questo è intervenuto Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento della vigilanza bancaria e finanziaria dalla Banca d'Italia, in sede di audizione in Commissione, e ha espresso una posizione nettamente favorevole ad operazioni di concentrazione, soprattutto per le banche di medie e piccole dimensioni. La tesi è poi stata ulteriormente ribadita e confermata in sede di audizione sul decreto in oggetto il 1o marzo 2016, e sempre il capo della vigilanza ripeteva ancora una volta in audizione che nella prolungata fase di crisi economica l'aumento della rischiosità e la stasi dell'erogazione hanno eroso i profitti rendendo più vulnerabili le banche di credito cooperativo, caratterizzate da dimensioni contenute e da un operatività concentrata in ambiti territoriali ristretti che si ripercuote sulle possibilità di diversificazione del rischio, quasi a voler sottolineare che è la dimissione di questi particolari istituti di credito il vero problema. Invece noi riteniamo semmai il contrario: queste piccole banche hanno indici di solidità ben superiori ai grandi gruppi, esse rappresentano un vitale elemento di democrazia economica nonché un validissimo esempio di totale separazione dalle attività speculative e per questo costituiscono la parte più sana del nostro sistema creditizio, che eroga circa un quarto dell'intero credito a imprese e famiglie, cose che magari i grandi istituti non fanno. È giusto e sarebbe tempo, come sottolineavano diversi rappresentanti di quel mondo che voi oggi volete sacrificare, che il mondo dell'informazione e l'opinione pubblica mettano sotto i riflettori anche le grandi banche d'affari, il loro rapporto talora incestuoso con le agenzie di rating, che le rende in grado di speculare sui debiti sovrani determinando la perdita di molti posti di lavoro e i tagli al welfare, che fanno salire vertiginosamente il numero dei poveri in ogni parte d'Europa; cosa che invece non riguarda sicuramente le banche di credito cooperativo, che invece sono un valore, un valore per il territorio, sicuramente un valore per i territori che voi con questo decreto-legge sacrificate sull'altare di non ben definiti interessi. Questa tesi, cioè il fatto che le banche di credito cooperativo per le piccole dimensioni siano un problema, seppur suggestiva forse in qualche salotto, non trova alcun riscontro nella realtà, apparendo pertanto completamente strumentale al raggiungimento di fini non dichiarati. Al contrario, le drammatiche vicende vissute dalle banche popolari venete, con le gravi ricadute sui risparmiatori e sull'intera economia di una delle regioni trainanti per l'intero Paese, dimostrano che la dimensione è tutt'altro che un requisito utile ad agevolare il controllo da parte degli enti preposti. Proprio nei confronti di queste che erano nel novero dei cinque maggiori istituti di credito del Paese, Banca d'Italia e Consob hanno evidenziato gravi carenze, se non connivenze, nell'adempiere al loro ruolo istituzionale di vigilanza e tutela. Non risulta pertanto alcuna evidenza empirica secondo la quale istituti di maggiori dimensioni – lo ripetiamo – siano più facilmente controllabili e più stabili, eventualmente è vero il contrario; né tanto meno che le Pag. 11sofferenze dei piccoli istituti mettano in pericolo la stabilità dell'intero sistema bancario dal Paese. In Italia le banche più piccole hanno 17 miliardi di euro di sofferenza a fronte dei 39 delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche, con un credito erogato che per le banche di medie e piccole dimensioni si attesta tra i 156 e i 178 miliardi di euro. Ancora e di più, non si comprendono a fondo le ragioni di una simile riforma quando anche la Banca d'Italia ha confermato la gestione più prudenziale delle banche di minore dimensione, in prevalenza di credito cooperativo, anche per effetto del peso più elevato delle garanzie sui prestiti.
  Sembra essere scontato dunque che tutta questa riforma sia interessata da una deliberata eterogenesi dei fini, dove gli obiettivi sono differenti da quelli ufficialmente dichiarati e debolmente giustificati da tesi evidentemente strumentali. Si abbandonano i principi di mutualità per far spazio alle ragioni del libero mercato, agevolando l'entrata anche nelle banche del credito cooperativo, così come è stato fatto nelle popolari, di investitori nazionali e non, ben poco interessati allo sviluppo, al sostegno del territorio e al tessuto delle piccole e medie imprese, fondamentale per l'economia del nostro Paese e strategico con riguardo alla nostra capacità di competere in ambito internazionale.
  Passando poi ad analizzare le misure del provvedimento, non ci trova assolutamente d'accordo la scelta del limite minimo di 1 miliardo di patrimonio netto per la capogruppo, perché questo annulla la valenza territoriale del sistema mutualistico, postulando necessariamente la creazione di un'unica grande holding nazionale governata in modo verticistico. Sarebbe stato forse necessario abbassare il suddetto limite almeno alla metà e dare la possibilità di costituire più holding, con un patrimonio netto di 500 milioni di euro, che rispecchino la differenziazione territoriale, che è il caposaldo necessario della mutualità. La seconda grande incongruenza di questa riforma attiene alla clausola del way out: si prevede che soltanto gli istituti con un patrimonio netto superiore a 200 milioni possano, corrispondendo all'erario un'imposta straordinaria pari al 20 per cento dello stesso, scorporare l'attività bancaria conferendola ad un istituto di credito costituito in società per azioni. Quindi da un lato il Governo e questa maggioranza ritengono la soglia del miliardo di euro come minima per poter operare come gruppo bancario cooperativo in forma di Spa nel mercato del credito; e dall'altro, contraddicendosi, valutano congruo un capitale netto inferiore a 200 milioni per poter operare nella stessa forma e nello stesso mercato, in piena sicurezza in riferimento ai valori patrimoniali. Risulta fin troppo evidente che questo limite dei 200 milioni sia stato determinato in assenza di qualsiasi valutazione razionale che considerasse caratteristiche del settore, del mercato e indici di solidità patrimoniale, e del resto nessuna spiegazione ci è mai stata fornita dal Governo e dalla maggioranza in questo senso. La soglia dei 200 milioni è stata determinata in modo del tutto arbitrario, in funzione della consistenza delle banche di credito cooperativo toscane, vicine, molto vicine all'attuale Primo Ministro e ad altri membri del suo Governo, insieme a esponenti della nuova maggioranza che si volevano evidentemente salvaguardare, assolvendole dall'obbligo di aderire al gruppo bancario cooperativo. In questo modo non solo si contravviene al principio di uguaglianza sancito dal dettato costituzionale, ma si indebolisce la portata della riforma, contraddicendone i presupposti e le finalità, perché il costituendo gruppo bancario cooperativo risulterà evidentemente indebolito dalla mancata partecipazione delle banche del credito cooperativo di maggiori dimensioni. A giugno del 2015 infatti le BCC con patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro erano 14 e rappresentavano circa il 21 per cento degli attivi della categoria, mentre quelle con patrimonio netto compreso tra i 100 e i 200 milioni erano 28 e rappresentavano il 18 per cento degli attivi. Stante dunque la vaghezza, l'ambiguità generale del provvedimento in Pag. 12esame, è previsto invece in maniera chiara ed esplicita che in caso di esclusione dalla super holding, la BCC possa continuare la sua attività solo con l'autorizzazione di Bankitalia e la trasformazione in Spa, pena la liquidazione, ma è esclusa – come invece è stato fino ad oggi – la fusione con banche di diversa natura da cui risultino banche popolari. La disposizione, molto criticabile, è stata infatti attaccata da più fonti perché inficerebbe gravemente la tutela dei depositari. Non a caso la deroga all'intrasformabilità delle BCC prevista sino ad oggi non è stata mai modificata, e la motivazione risiede non soltanto in ragioni di stabilità, ma anche nella necessità di tutelare l'interesse dei creditori in situazioni di difficoltà. Noi abbiamo provato, attraverso una serie di emendamenti, a dare il nostro contributo, una serie di emendamenti orientati alla soluzione delle gravi contraddizioni che caratterizzano questo decreto; ma è evidente che il Governo ha deciso di battere un'altra strada, è evidente che il Governo in questa come in tante altre occasioni si dimostra sprezzante, sprezzante dell'opposizione e della possibilità di trovare un punto di accordo, a seguito di una confronto sereno, soprattutto in una materia così delicata, negando quindi il confronto, e decide di andare avanti per una strada che non solo noi come Lega Nord, non solo le opposizioni criticano, ma è criticata anche dai vertici, dai maggiori rappresentanti di quel mondo che oggi con questo decreto-legge andate fortemente a penalizzare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Presidente, l'oggetto principale di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2016 è, appunto, una riforma organica del sistema delle banche di credito cooperativo, accanto alle non meno importanti disposizioni in materia di cartolarizzazione dei crediti deteriorati e di disposizioni fiscali in merito alle procedure di risoluzione.
  Innanzitutto, noi vorremmo porre l'accento sul fatto che per una riforma così complicata, in un sistema così complesso, la scelta che è stata fatta da parte del Governo di procedere tramite decreto-legge non è assolutamente condivisibile, in quanto stravolgere un sistema di una tale portata con un decreto senza una discussione che sia degna di questo nome non è assolutamente sintomo di democraticità e di partecipazione nelle scelte – ripeto – di un così importante sistema che va a toccare la vita di tanti nostri cittadini. Quindi, innanzitutto, noi vorremmo porre l'accento e il nostro disappunto sulla scelta del decreto, in quanto non la riteniamo essere adeguata per operare una riforma di questa importanza.
  Queste considerazioni sono state svolte già da più parti e noi riteniamo che, al di là degli adempimenti giuridici che dovrebbero arrestare un intervento d'urgenza in tal senso – e ci si riferisce qui alle disposizioni normative della legge rinforzata n. 400 del 1988 e al dettato costituzionale violati in maniera così palese –, dovrebbe essere, innanzitutto, il senso di responsabilità politica di questo Governo a far scegliere, per provvedimenti di questa portata, un normale iter legislativo.
  Purtroppo, lo stesso copione che vediamo qui, oggi, è stato seguito anche per la riforma delle banche popolari e, quindi, diciamo che questo è un atteggiamento da parte del Governo che continua ad essere reiterato: Governo e maggioranza che, probabilmente, pensano di avere la verità in tasca e che, quindi, si sottraggono puntualmente, tramite lo strumento del decreto-legge, ad un confronto netto e trasparente, che potrebbe portare delle modifiche assolutamente migliorative, soprattutto in un campo così delicato come quello che stiamo trattando.
  Il decreto-legge in oggetto, infatti, sconvolge l'attuale panorama del sistema cooperativo, ridisegnando un sistema formato da piccole realtà territoriali con la creazione di una holding che, oltre a perdere il carattere di mutualità e cooperazione, garantiti dall'articolo 45 della nostra Costituzione, non riesce nemmeno a replicare Pag. 13modelli presenti in altre nazioni europee per evidenti disparità dimensionali. Gruppi olandesi, francesi o tedeschi, costituiti in holding di BCC, sono da cinquanta a sessanta volte più grandi della dimensione ipotizzata per il costituendo gruppo bancario cooperativo italiano. Rischiamo di generare un ibrido che perderà le caratteristiche specifiche della cooperazione nel settore creditizio, tese a valorizzare le specificità locali, culturali, socio-economiche dei diversi territori italiani e, nel contempo, non sarà in grado di paragonarsi ad omologhi gruppi con cui confrontarsi nel mercato creditizio mondiale. Quindi, una situazione solo italiana, tipicamente italiana: una riforma che, attraverso, appunto, la creazione di questa holding, pare che non – anzi, sicuramente – metterà il nostro sistema cooperativo in parità rispetto a quello degli altri Paesi europei. Quindi, ci sarà assolutamente un problema di concorrenzialità.
  La relazione illustrativa recita che, a causa di alcune debolezze strutturali degli assetti organizzativi e della dimensione ridotta delle banche cooperative, si rende necessario superare l'ostacolo di alcuni tratti costitutivi della forma giuridica cooperativa in quanto tale: prevedendo l'obbligatoria appartenenza a un gruppo bancario cooperativo, la cui capogruppo si costituisca in forma di società per azioni, al fine di favorire l'accesso al mercato dei capitali e alla patrimonializzazione.
  Nella stessa relazione, poi, si attesta che una simile ristrutturazione non altererebbe in alcun modo la qualificazione delle BCC in qualità di cooperative a mutualità prevalente. Non si può certo negare che una simile impostazione provenga dalle tesi, ormai maggioritarie, sviluppate dalla Banca d'Italia in merito alla convinzione, piuttosto infondata, che sia impossibile poter vigilare correttamente su piccole entità bancarie.
  Su questo punto, Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento della vigilanza bancaria e finanziaria dalla Banca d'Italia, in sede di audizione del 9 dicembre del 2015 presso la Commissione VI della Camera dei deputati, ha espresso una posizione nettamente favorevole all'operazione di concentrazione, soprattutto, per le banche di medie e piccole dimensioni.
  La tesi è stata, poi, ulteriormente confermata in sede di audizione sul decreto in oggetto il 1o marzo del 2016, in cui lo stesso capo della vigilanza ha confermato che, nella prolungata fase di crisi economica, l'aumento della rischiosità dei prenditori e la stasi delle erogazioni hanno eroso i profitti, rendendo più vulnerabili le BCC, caratterizzate da dimensioni contenute e da una operatività concentrata in ambiti territoriali ristretti, che si ripercuote sulla possibilità di diversificazione del rischio.
  Ma questa tesi, seppur suggestiva, non trova alcun riscontro nella realtà, apparendo, pertanto, completamente strumentale al raggiungimento di fini non dichiarati. Al contrario, le drammatiche vicende vissute dalle banche popolari venete, con le gravi ricadute sui risparmiatori e sull'intera economia di una delle regioni trainanti per l'intero Paese, dimostrano che la dimensione è tutt'altro che un requisito utile ad agevolare il controllo da parte di enti preposti. Proprio nei confronti di queste, che erano nel novero dei cinque maggiori istituti di credito del Paese, Banca d'Italia e Consob hanno evidenziato gravi carenze, se non connivenze, nell'adempiere al loro ruolo istituzionale di vigilanza e tutela.
  Non risulta, pertanto, alcuna evidenza empirica secondo la quale gli istituti di maggiori dimensioni siano più facilmente controllabili e più stabili, tanto meno, che le sofferenze dei piccoli istituti mettano in pericolo la stabilità dell'intero sistema bancario del Paese. In Italia, le banche più piccole hanno 17 miliardi di euro di sofferenze, a fronte dei 39 miliardi delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche, con un credito erogato che per le banche di medie e piccole dimensioni si attesta tra i 156 e 178 miliardi di euro. Da un rapporto dalla Commissione europea, poi, emerge che nelle banche minori le sofferenze bancarie Pag. 14sono del 9,5 per cento, contro il 10,8 dei cinque maggiori gruppi, che i crediti deteriorati nelle banche minori sono pari al 18,1 per cento, mentre sono del 18,4 per cento nelle prime cinque banche e, ugualmente, che il tasso di copertura sui crediti deteriorati diversi dalle sofferenze sia del 20,9 per cento nelle banche minori rispetto al 27,6 per cento delle prime cinque banche. Questi sono dati che ci vengono forniti dalla Commissione europea e che, quindi, stanno esattamente a dimostrare la tesi contraria a quella che ha spinto questo Governo e questa maggioranza a fare un decreto che sta portando in questa direzione una riforma di un sistema cooperativo che, dal nostro punto di vista, meritava ben altre attenzioni.
  Oltre a questo, non riusciamo a comprendere le ragioni di fondo di una simile riforma, quando anche la Banca d'Italia ha confermato la gestione più prudenziale delle banche di minore dimensione, in prevalenza di credito cooperativo, anche per effetto del peso più elevato delle garanzie sui prestiti: 79,8 per cento, a fronte di una media di sistema del 66,5 per cento. Quindi, anche qui, tutta una serie di dati che vanno esattamente nella direzione opposta rispetto a quella che il Governo ci vuole far credere.
  Anche facendo riferimento, poi, alla crisi americana dei subprime, si è sempre affermato di dover evitare ad ogni costo il rischio del moral hazard, che si può sviluppare nelle grandi banche in ragione del principio «too big to fail», quando, al contrario, nel nostro Paese, si accorpano e si vendono al miglior offerente le piccole banche, quelle che, per quanto evidenziato, non sono suscettibili di grandi shock al sistema. Sembra essere scontato, dunque, che tutta questa riforma sia interessata da una deliberata eterogenesi dei fini, dove gli obiettivi sono differenti da quelli ufficialmente dichiarati e debolmente giustificati da tesi evidentemente strumentali. Si abbandonano i principi di mutualità, per far spazio alle ragioni del libero mercato, agevolando l'entrata anche nelle BCC, così come è stato nelle Popolari, di investitori nazionali e non, ben poco interessati allo sviluppo e al sostegno del territorio e al tessuto delle piccole e medie imprese, fondamentale per l'economia del nostro Paese e strategico con riguardo alla nostra capacità di competere in ambito internazionale.
  Passando poi ad analizzare nello specifico alcune delle misure contenute nel provvedimento, dobbiamo assolutamente affermare la nostra contrarietà sulla scelta del limite minimo di un miliardo di patrimonio netto per la capogruppo, perché questo annulla la valenza territoriale del sistema mutualistico, postulando necessariamente la creazione di un'unica grande holding nazionale, governata in modo verticistico. L'ovvia conseguenza, dal nostro punto di vista, sarà il forte condizionamento che un simile Gruppo eserciterà sulla libertà di azione e sull'autonomia delle BCC in sede locale. Il dubbio che possa verificarsi una tale prospettiva è tanto forte che anche gli stessi promotori della riforma, tra cui la stessa Federcasse, sostengono che si debbano comunque preservare le identità e le autonomie di specifici territori, al fine di tutelarne le particolari forme di coesione ed organizzazione a livello territoriale.
  Peccato, però, che il testo del Governo e della maggioranza riconosca questa identità e specificità alle sole province autonome di Bolzano e di Trento, ignorando invece le altre peculiarità linguistiche, socioeconomiche e culturali, che rappresentano, invece, un importante valore aggiunto dell'intero Paese. Se pur riconosciuta la necessità di salvaguardare specificità culturali e linguistiche, non si comprende perché le stesse non debbano essere riconosciute a tutte le regioni e province italiane. Quindi, ancora una volta, abbiamo visto un Governo che crea regioni e cittadini italiani di serie «A» e di serie «B».
  Dello stesso avviso è anche la Cooperfirst, che ha fatto giustamente notare come, sulla base di esperienze europee, si confermi la necessità di preservare e tutelare la biodiversità degli intermediari bancari, per attenuare l'impatto degli shock provenienti dall'estero, ma anche Pag. 15per rispondere a fasi ordinarie e a bisogni differenti, provenienti dalla società e dal mondo produttivo. Sarebbe necessario, quindi, dal nostro punto di vista abbassare il suddetto limite almeno alla metà e dare la possibilità di costituire più holding, con un patrimonio netto di 500 milioni di euro, che rispecchino, appunto, differenze territoriali, come caposaldo necessario della mutualità. E questa era una prima grande incongruenza, che, dal nostro punto di vista, è contenuta in questo decreto.
  Una seconda grande incongruenza di questa riforma attiene alla clausola del way out. Questa clausola, infatti, prevede che soltanto gli istituti con un patrimonio netto superiore a 200 milioni possano – corrispondendo all'erario un'imposta straordinaria pari al 20 per cento dello stesso – scorporare l'attività bancaria, conferendola ad un istituto di credito costituito in società per azioni. Qui, da un lato, Governo e maggioranza ritengono la soglia del miliardo di euro come minima per poter operare come Gruppo bancario cooperativo in forma di Spa nel mercato del credito e, dall'altro, contraddicendosi, valutano congruo un capitale netto inferiore a 200 milioni per poter operare nella stessa forma e nello stesso mercato in piena sicurezza. Quindi, risulta fin troppo evidente che questo limite dei 200 milioni sia stato determinato in assenza di qualsiasi valutazione razionale e, del resto, nessuna spiegazione convincente ci è mai stata fornita, da Governo e maggioranza, né in Commissione, né qui in Aula.
  In questo modo, dal nostro punto di vista, non solo si contravviene al principio di uguaglianza sancito dal dettato costituzionale, ma si indebolisce la portata della riforma, contraddicendone i presupposti e le finalità, perché il costituendo gruppo bancario e cooperativo risulterà, evidentemente, indebolito dalla mancata partecipazione delle BCC di maggiori dimensioni.
  A giugno 2015, infatti, le BCC con patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro erano quattordici e rappresentavano circa il 21 per cento degli attivi della categoria, mentre quelle con patrimonio netto compreso tra 100 e 200 milioni erano ventotto e rappresentavano il 18 per cento degli attivi. Una simile previsione, inoltre, sembrerebbe difficilmente conciliabile anche con il principio di libera iniziativa economica tutelato dall'articolo 41 della Costituzione. Quindi, in sostanza, al di là dello strumento del decreto che contestiamo, noi reputiamo tutta questa riforma, così come è strutturata e con riferimento alla quale il Governo e la maggioranza non hanno avuto, purtroppo, l'umiltà per recepire alcune nostre proposte emendative...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Borghesi.

  STEFANO BORGHESI. Concludo, dicendo che reputiamo assolutamente inadeguato questo decreto per riformare un sistema così complesso come quello delle BCC.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare – lo vedo impaziente – il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. La ringrazio, signor Presidente. Indubbiamente, ringrazio anche il Viceministro per la sua volontà di ferro a star qui ad ascoltare la discussione, perché c’è necessità di capire bene...

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Potreste cambiare l'intervento e non farlo proprio uguale al precedente ?

  PRESIDENTE. Onorevole Viceministro...

  STEFANO ALLASIA. Cercherò... cercherò. Se vuole spazio a più largo raggio, però mi hanno chiesto di rimanere sul tema e, avendo solo quindici minuti, è difficile discutere di un argomento in modo approfondito in tempi certi e in tempi chiari. Indubbiamente, ha anche ragione a cercare di portare – sperando – benefici al disegno di legge per le successive modifiche rispetto alle quali sicuramente Pag. 16ci permetterete di fare delle valutazioni, come per qualsiasi altro disegno di legge in termine di proposte emendative, nelle prossime ore.
  Però, indubbiamente, c’è da capire tutto l'iter in cui, normalmente tale provvedimento si è svolto: ci sono audizioni, ci sono stati incontri, c’è stata una valutazione oggettiva sul disegno stesso. Non che abbiamo mai negato che ci dovesse essere una presa di posizione da parte del Governo, della maggioranza o del Parlamento sul tema delle banche cooperative; indubbiamente, viste le situazioni degli ultimi anni, in relazione alle cooperative del cosiddetto «giglio magico», c'era da metter mano in tale ambito per evitare ulteriori danni all'economia di un certo tessuto; però indubbiamente c’è da fare una valutazione, anche con riferimento a ciò che Confcooperative ha detto sul riassetto deciso dal Governo che non è condivisibile. Ciò è stato detto da Confcooperative, perciò parte in causa, non dalla Lega o da Allasia, ma la stessa Confcooperative ha ritenuto inopportuno, inefficace e ulteriormente dannoso questo provvedimento. Noi lo riteniamo tale in ordine ad alcuni – tre – punti fondamentali: il primo è il limite dei 200 milioni, che riteniamo sia stato arbitrario, volto solo ed esclusivamente a favoreggiare alcune banche e salvare alcune banche del «giglio magico», ChiantiBanca e Banca di Cambiano, legate alla famiglia Lotti e alla famiglia Verdini; il secondo è la vicinanza al territorio, dove si perde l'esclusività del sistema cooperativistico, che noi riteniamo assolutamente fondamentale e specifico del nostro Paese, assieme a quello mutualistico; e terzo, si inseguono modelli in cui non ci si riconosce, soprattutto sono lontani dalla nostra posizione: modelli europeisti in cui, per inseguire questo sistema, come si suol dire volgarmente, «si butta il bambino e l'acqua sporca».
  Per questi motivi, noi siamo assolutamente contrari al disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Avverto che tutti gli ulteriori deputati iscritti per intervenire sul complesso degli emendamenti hanno rinunciato ad intervenire.

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 3606-A)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, deputata Maria Elena Boschi. Prego, Ministra, ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie Presidente, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2016 nel testo della Commissione.

  PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata al piano aula per definire l'articolazione del dibattito fiduciario. Dicendo «immediatamente» intendevo dire alle ore 12,20 per consentire l'organizzazione dell'Aula. Dunque alle 12,20 al piano Aula. La seduta riprenderà al termine di tale riunione. Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 13,25.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

  PRESIDENTE. Nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo sul disegno di legge n. 3606 – Conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma Pag. 17delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (da inviare al Senato – scadenza: 15 aprile 2016), si è convenuto che la votazione per appello nominale avrà inizio domani, mercoledì 23 marzo, alle ore 12,10, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 10,15.
  Seguiranno l'esame degli ordini del giorno – il termine per la presentazione dei quali è fissato alle ore 10 di domani –, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.
  Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) previsto per domani dalle ore 15 non avrà luogo.
  Dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge avrà luogo il seguito dell'esame della proposta di inchiesta parlamentare: Modifiche alla deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014, recante istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione (Doc. XXII, n. 62-A).
  Il seguito dell'esame degli ulteriori argomenti previsti è rinviato alla settimana successiva, secondo l'articolazione del calendario.
  Su richiesta unanime delle rispettive Commissioni l'esame della proposta di legge n. 1994 – Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato) ed il seguito dell'esame della proposta di legge n. 1253-A/R ed abbinate – Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte e l'integrazione al trattamento minimo INPS, già previsti per la settimana 29 marzo – 1o aprile, sono rinviati ad altra data.
  La prossima settimana avrà altresì luogo l'esame del disegno di legge n. 3512 – Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi in materia ambientale: a) Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Doha l'8 dicembre 2012; b) Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015; c) Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002; d) Decisione II/14 recante emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Sofia il 27 febbraio 2001; e) Decisione III/7 recante il secondo emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Cavtat il 1o- 4 giugno 2004; f) Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, fatto a Kiev il 21 maggio 2003, con discussione generale martedì 29 marzo e seguito dell'esame da mercoledì 30 marzo, dopo il seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana in corso e non conclusi.
  Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) previsto per mercoledì 30 marzo è differito a giovedì 31 marzo, sempre dalle ore 15. Il termine per la presentazione delle interrogazioni a risposta immediata è fissato a mercoledì 30 marzo, alle ore 12.
  L'organizzazione dei tempi per la discussione del disegno di legge di ratifica di accordi in materia ambientale (A.C. 3512) sarà definita al termine dei lavori delle competenti Commissioni di merito.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

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Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 21 marzo 2016, il deputato Walter Rizzetto, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in data odierna, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 23 marzo 2016, alle 10,15:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (C. 3606-A).
  — Relatori: Sanga, per la maggioranza; Pesco e Busin, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:
   GELLI ed altri: Modifiche alla deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014, recante istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione (Doc. XXII, n. 62-A).
  — Relatore: Fiano.

  La seduta termina alle 13,30.