Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 455 di lunedì 6 luglio 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 15,30.

  VALERIA VALENTE, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 giugno 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Artini, Baldelli, Bellanova, Benamati, Berlinghieri, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Fauttilli, Fava, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gagnarli, Galgano, Gallinella, Garofalo, Giacomelli, Giammanco, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Migliore, Monaco, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Sberna, Scagliusi, Scalfarotto, Scotto, Simonetti, Sisto, Tidei, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 luglio 2015, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
  «Conversione in legge del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92, recante misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale» (3210) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, XI, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal Pag. 2comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione della proposta di legge: S. 344-359-1009-1073 – D'iniziativa dei senatori: De Poli; Ranucci; Padua ed altri; Zanoni: Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie (Approvata, in un testo unificato, dalla 12a Commissione permanente del Senato) (A.C. 2985-A); e delle abbinate proposte di legge: Biondelli ed altri; Faraone ed altri; Argentin ed altri; Calabrò ed altri (A.C. 143-1167-2288-2819) (ore 15,34).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dalla 12o Commissione permanente del Senato, n. 2985-A, d'iniziativa dei senatori: De Poli; Ranucci; Padua ed altri; Zanoni: Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie; e delle abbinate proposte di legge: Biondelli ed altri, Faraone ed altri; Argentin ed altri; Calabrò ed altri, nn. 143-1167-2288-2819.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al Resoconto stenografico della seduta del 3 luglio 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2985-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI, Relatrice. Signor Presidente, il progetto di legge sull'autismo approvato al Senato il 18 marzo 2015, in sede deliberante e giunto alla Camera il 1o aprile, è stato calendarizzato in Commissione XII il 9 aprile stesso; era un disegno di legge con molti aspetti positivi, ma anche con qualche ombra, che ha richiesto una riflessione approfondita da parte della XII Commissione per venire incontro alle aspettative non solo delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie, ma anche a quelle dei professionisti impegnati a vario titolo nel complesso lavoro di diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi dello spettro autistico. Dopo l'approvazione del disegno di legge al Senato, molte famiglie riunite in varie associazioni hanno espresso concordemente una loro, sia pure parziale, ma molto concreta soddisfazione e si aspettano di poter contare su questo strumento normativo per affrontare in condizioni migliori i problemi che di giorno in giorno si pongono alla loro attenzione. Certamente la legge ha avuto un iter preferenziale, almeno sotto il profilo dei tempi parlamentari, segno evidente che tutta la Commissione XII, e tutte le altre Commissioni coinvolte nel dare il loro parere, hanno colto il profondo valore umano, scientifico e sociale, di una presa in carico fortemente personalizzata per ognuna delle persone e per tutta la persona, la cui diagnosi rientra nello spettro autistico. Il testo approvato in XII Commissione contiene alcune novità e nel corso dell'esame sono stati inseriti gli articoli 4 e 5. Il primo prevede che il Ministero della salute provveda all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità degli interventi assistenziali e il secondo dispone che lo stesso Ministero promuova lo sviluppo di progetti di ricerca. Ma forse vale la pena fermarsi un attimo a chiederci che cos’è l'autismo. Alcuni genitori capiscono sin da quando i loro figli sono piccolissimi che sono diversi.

Pag. 3

  Lo sanno, sentono che c’è un problema e questo suscita in tutti loro un certo stato di ansia e in molti casi anche una preoccupazione molto concreta.
  La parola autismo deriva dal greco autòs che significa se stesso e venne usata per la prima volta in psichiatria da Bleuler per descrivere uno dei sintomi tipici della schizofrenia, il ripiegamento su di sé, caratteristico di alcune fasi della patologia. Anche per questo, molto spesso, l'autismo è stato considerato una forma di schizofrenia infantile. Nel 1943, Leo Kanner, utilizzò il termine «autismo infantile precoce» per descrivere un complesso di sintomi, una sindrome presente in un gruppo di undici bambini, riassumibile in tre aspetti: c’è compromissione dell'interazione sociale, è compromessa la comunicazione verbale e non verbale, il comportamento, gli interessi e le attività sono ristretti, ripetitivi e stereotipati. Questi sintomi, nella maggior parte dei casi, sono riscontrabili fin dal primo anno di vita dei bambini. Il linguaggio, quando è presente, circa la metà dei casi, è ripetitivo, ecolalico, fa uso della terza persona al posto della prima, viene usato in forma non adeguata a comunicare. La carenza dell'immaginazione e dell'imitazione non consente il normale gioco infantile, sostituito da movimenti stereotipati, apparentemente però – sottolineo: solo apparentemente – privi di senso.
  Questi sintomi, ripresi nelle classifiche internazionali delle malattie, DSM-IV e ICD-10 hanno un esordio precoce (in genere prima dei tre anni di età del bambino) e durano nel corso della vita, modificandosi con il progredire dell'età. La prognosi è severa per quanto riguarda l'autosufficienza e la comparsa di comportamenti a volte aggressivi o agitati.
  Alla base della sindrome vi sono diversi deficit su base organica, che la moderna ricerca genetica va progressivamente individuando.
  La prevalenza della sindrome riguarda un caso su cinquecento nati.
  Quando le cause sono ignote manca la possibilità di una terapia causale e radicale: l'unico intervento di provata efficacia resta quindi quello di tipo riabilitativo e quello di una pedagogia speciale personalizzata, volta a colmare i deficit mediante una paziente relazione psico-educativa, che deve iniziare precocemente e coinvolgere i familiari, la scuola e la società in modo coerente e pragmatico.
  Le persone con autismo presentano una marcata difficoltà nella ricerca spontanea della condivisione delle emozioni: gioie, interessi o obiettivi con altre persone. Vi è una grave difficoltà a sviluppare relazioni con gli altri e ad interpretarne i gesti, l'espressione mimica, le posture e le norme (esplicite o implicite) che regolano le interazioni sociali. C’è una marcata compromissione della comunicazione, con ridotte capacità verbali e non verbali. Ad esempio, vi può essere ritardo, o totale mancanza, dello sviluppo del linguaggio parlato. Ci può essere una marcata compromissione delle capacità ad iniziare o sostenere una conversazione con altri. L'uso del linguaggio si presenta spesso molto ridotto, con poche espressioni utilizzate con grande frequenza. La persona con autismo mostra difficoltà nel comprendere il linguaggio «simbolico» e spesso ha problemi nel cogliere metafore, modi di dire. Hanno una modalità di comprensione letterale delle parole, che spesso crea difficoltà a comprendere ciò che viene realmente espresso da un discorso. In generale vi è incapacità di integrare le parole con la gestualità o di capire l'umorismo o gli aspetti non letterali del discorso, come l'ironia o i significati impliciti. Il gioco di immaginazione è spesso assente o notevolmente compromesso.
  Le persone con autismo presentano modalità di comportamento, interessi, e attività – si diceva, in un certo senso – ristretti, ripetitivi e stereotipati. Ci sono delle abitudini, o rituali specifici, manierismi motori tali da condizionare il normale svolgimento di altre attività più funzionali. Mostrano una gamma di interessi, che in qualche modo può anche giungere a un elevato livello di sviluppo, ma che è circoscritta ad aree molto precise. Ci sono ragazzi con una grande abilità nel calcolo, Pag. 4nella classificazione degli oggetti o nel collezionismo, ma sono sempre aspetti molto circoscritti della loro vita.
  I medici non amano il termine «autismo», non amano porre la diagnosi di autismo e li sentiamo spesso diagnosticare disturbi da alterazione globale dello sviluppo psicologico, disturbo generalizzato dello sviluppo, disturbo affettivo, ma la parola autismo raramente viene pronunciata nei centri di diagnosi e riabilitazione. E, se già non è facile per un genitore accettare la verità e conseguentemente muoversi per ottenere una cura adeguata, il primo ostacolo che debbono superare è quello legato ai pregiudizi che accompagnano questa diagnosi, che ancora oggi viene percepita come molto grave.
  Nel dibattito che si è svolto in Commissione sono state sollevate alcune perplessità in merito alla proposta di legge, ed è anche probabile che riemergano nel dibattito in Aula. Se ne sono fatti portavoce anche colleghi favorevoli all'approvazione di una legge sull'autismo. Tra queste perplessità, la previsione di invarianza finanziaria preoccupa un po’ tutti, ma il timore di un lungo ed estenuante braccio di ferro con il MEF, che avrebbe non solo rallentato l'approvazione della proposta di legge ma avrebbe potuto perfino avviarla su un binario morto, ci ha spinti a concentrare la nostra attenzione su tre aspetti chiave della proposta di legge, che sono sembrati a tutti particolarmente importanti.
  Prima di tutto, vi è la necessità di avere una norma di rango nazionale, come l'attuale, per ottenere che tutte le regioni adottino velocemente le linee guida formulate dall'Istituto superiore di sanità che, a sua volta, si impegna ad aggiornarle in un arco di tempo non superiore a tre anni.
  In secondo luogo, vi è l'urgenza di vedere pubblicati, quanto prima, i nuovi livelli essenziali di assistenza. Sappiamo che sono alla Conferenza Stato-regioni e ora, giunti al termine delle elezioni nelle diverse regioni, ci auguriamo che davvero la Conferenza possa licenziare quanto prima i livelli essenziali di assistenza. Ne abbiamo potuto, comunque, apprezzare l'ampiezza e la completezza, ma certamente è indifferibile la loro entrata in vigore perché possano assumere il necessario carattere prescrittivo.
  Il ruolo delle regioni è preso in considerazione nell'articolo 3 di questa proposta di legge, che dedica un'attenzione particolare, come vedremo, al ruolo delle regioni, non in termini di nuove funzioni o di funzioni aggiuntive quanto, piuttosto, in termini di consapevolezza. Urge un coordinamento organizzativo dei servizi per la diagnosi e la cura dell'autismo, ma anche un coordinamento centrato sulla persona con disturbi dello spettro autistico e un coordinamento delle équipe multiprofessionali che debba aiutare a superare la frammentazione degli interventi.
  Il provvedimento, nella sua formulazione attuale, consta di 6 articoli e, nonostante la sobrietà del testo, bisogna riconoscere che ci sono i punti essenziali per migliorare l'organizzazione dei servizi, da un lato, e la centralità del soggetto, dall'altra. L'articolo 1, come è ovvio, riguarda le finalità e prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita, l'inserimento sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico. La formulazione è generica, ma è possibile considerare moltissime attese delle famiglie incluse nell'espressione «inserimento sociale», soprattutto perché fa riferimento alla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 2012. Questa risoluzione, a sua volta, richiama, nel preambolo, la dichiarazione di Dacca del 25 luglio 2011, sui disordini dello spettro autistico e le disabilità nello sviluppo. La risoluzione esorta gli Stati membri a rafforzare l'accesso a servizi appropriati e alle pari opportunità, al fine dell'inclusione e della partecipazione sociale delle persone con disordini dello spettro autistico, disordini nello sviluppo e disabilità associate, avendo di mira i bisogni e i diritti di queste persone. Voglio sottolineare l'enfasi che viene messa sulla parola «diritti». Non stiamo facendo un piacere, non c’è del buonismo nella proposta Pag. 5di legge; c’è soltanto il riconoscimento di un diritto e l'attuazione di un diritto di queste persone.
  In questo senso, è sicuramente da valorizzare l'approccio integrato, incentrato sulla crescita della consapevolezza pubblica e professionale sull'argomento, oltre alla riduzione dello stigma sociale ancora associato a queste condizioni. È di fondamentale importanza che l'approccio integrato rafforzi la diagnosi e l'intervento precoce, sia nel settore dedicato alla salute sia in quello dell'istruzione. Occorre rafforzare i programmi d'istruzione, ritagliandoli sui bisogni di bambini, ragazzi e adulti affetti da autismo. Per questo bisogna accrescere la consapevolezza dei vantaggi dell'inclusione sociale, che è la parola chiave di questa mozione approvata dalle Nazioni Unite. La parola chiave è proprio «inclusione» ed è facendo leva su questa parola, e quindi mettendo in atto tutte le azioni che naturalmente ne derivano, che noi potremo venire incontro ai bisogni di queste persone.
  L'articolo 2, dedicato all'aggiornamento delle linee guida, ci permette di superare uno dei nodi della precedente versione delle «linee guida 21», che si fermavano all'età adolescenziale e nulla dicevano relativamente ai giovani adulti con disturbi dello spettro autistico. Era come se ad un certo punto ci si trovasse davanti a una sorta di black-out e il percorso del bambino autistico con l'età entrasse in un tunnel senza punti di riferimento, neppure sul piano diagnostico. Oggi è diventato indispensabile completare, ampliare ed approfondire quel lavoro iniziato tre anni fa, soprattutto se si pensa al lungo dibattito che si era acceso allora sui diversi approcci riabilitativi ipotizzati nelle prime «linee guida 21».
  Quelle domande possono trovare risposta solo se lo sguardo di chi si prende cura di queste persone assume una maggiore profondità di campo e va oltre l'adolescenza. Per quanto utili gli interventi precoci su base intensiva, quelli proposti dal metodo ABA, e per quanto interessanti i risultati che si conseguono con questo metodo, è evidente come nell'età dell'adolescenza e successivamente con il trascorrere degli anni i soggetti richiedano un intervento meno addestrativo, che faccia più riferimento alle loro motivazioni e alla comprensione delle loro emozioni, per riuscire a interagire più e meglio con un contesto sociale che cambia velocemente nei suoi modelli di riferimento.
  L'articolo successivo, il numero 3: Politiche regionali in materia di disturbi dello spettro autistico, in coerenza con il Titolo V, rimanda tutte le decisioni strategiche in buona sostanza alle regioni. Sappiamo però che molte regioni non hanno mai dato piena attuazione neppure alle linee guida previste nell'articolo precedente; ne scaturisce un quadro variegato, nell'insieme non sempre soddisfacente. Non solo perché le risorse impiegate sono poche e spesso male allocate, ma anche perché la cultura che circonda lo spettro autistico è spesso punteggiata di pregiudizi e a volte conserva lo stigma di vecchie e superate teorie.
  Il riferimento ai livelli essenziali di assistenza, a cui la legge si riferisce, costituisce quel denominatore comune a cui tutte le regioni debbono attenersi per garantire pari opportunità a tutti i soggetti che hanno una stessa condizione di patologia o comunque di disagio. Nell'attuale revisione dei LEA fatta dal Ministero della salute, le principali prestazioni erogate ai soggetti che presentano disturbi dello spettro autistico fanno riferimento alla loro valutazione multidisciplinare e alla qualità dell'accoglienza da riservare al bambino e alla sua famiglia. La sottolineatura di un programma terapeutico e abilitativo-riabilitativo personalizzato è la chiave di volta per interpretare correttamente tutta la rete di servizi messi a disposizione del bambino e della sua famiglia: include aspetti psicologici e psicoterapeutici; abilitazione estensiva ed intensiva in relazione alla possibile compromissione sensoriale, motoria e cognitiva. Di particolare interesse sono gli interventi psico-educativi e di supporto all'autonomia e alle attività della vita quotidiana, in cui lo sviluppo del bambino è inquadrato anche nella logica evolutiva comune ad ogni altro bambino. I Pag. 6nuovi LEA parlano diffusamente d'interazione ed integrazione con le istituzioni scolastiche e di azioni di sostegno rivolte alla famiglia, con la possibilità di accedere a servizi di counseling e di orientamento. Appare definita in modo decisamente migliore la necessità di una progettazione coordinata e condivisa con i servizi di tutela della salute mentale nel percorso di continuità assistenziale dei minori in vista del passaggio all'età adulta.
  In altri termini questa legge trae gran parte della sua forza positiva dai prossimi LEA, in una sinergia positiva a cui guardano con speranza le famiglie dei soggetti che presentano disturbi dello spettro autistico. Nel dibattito in Commissione il termine «possono» riferito alle regioni ha sollevato perplessità, perché tutti avrebbero voluto rafforzare questo atteggiamento, rendendolo più cogente. Ma è proprio in forza dei LEA che quel «possono» diventa paradigma essenziale di un «dover fare», come compete a ciò che definiamo livello essenziale. Allora il fatto che le regioni possano individuare centri di riferimento per coordinare i servizi di assistenza alle persone con disturbi dello spettro autistico e stabilire percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti verificandone l'evoluzione, assume ben altra forza. Nello stesso spirito quando si dice: «Adottano misure finalizzate alla realizzazione di unità funzionali multidisciplinari, alla formazione degli operatori di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria», si lancia un ponte molto solido tra tutela della salute e formazione degli operatori: tra Ministero della salute e Ministero dell'Università e della ricerca. Non è poco quello che questo articolo mette in capo alle regioni: definire équipe territoriali dedicate, introdurre un coordinatore degli interventi multidisciplinari, promuovere progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone affette dai disturbi in esame e inserire nel mondo lavorativo i soggetti autistici adulti; realizzare sul territorio strutture semiresidenziali e residenziali accreditate pubbliche e private, con competenze specifiche. Non è poco, ma nello stesso tempo è quello a cui le regioni sono chiamate dalla loro stessa mission fondativa, dal momento che si tratta di competenze strutturalmente in capo alle regioni.
  Questo articolo lo ricorda e stabilisce un filo rosso ideale, che prende in carico il bambino il prima possibile e lo accompagna, adattandosi ai suoi bisogni e alle sue necessità, senza mai perdere di vista che questa persona, fin da bambino, è più di ogni altro un bambino che ha bisogno di accompagnamento, di un approccio di tipo inclusivo, perché, se autismo vuole dire tendenza all'isolamento, la parola d'ordine di tutti gli interventi riabilitativi, a qualunque scuola di pensiero si rifacciano, deve essere: accogliere, includere, favorire una relazione di reciprocità, creare nuovi canali di comunicazione.
  Sono responsabilità a cui le regioni devono fare fronte a isorisorse e, in tempi di tagli annunciati, quello che inizialmente poteva sembrare un limite adesso può apparire perfino una garanzia, sia detto senza nessuna ironia. Non ci sono risorse aggiuntive, ma non possono e non debbono esserci tagli. Nell'articolo 3 del disegno di legge ci sono servizi diagnostici e centri di abilitazione, si parla espressamente di centri di riferimento e della necessità di creare équipe multidisciplinari.
  Ci sono riferimenti alla formazione e ad un supporto alle famiglie, gli uni e gli altri estesi a tutto l'arco di vita del soggetto. Chi vuole troverà suggestioni adeguate, potrà mettere in gioco la sua competenza e la sua creatività, con la flessibilità di indicazioni normative che stabiliscono principi, segnalano criteri, ma poi rimandano alla responsabilità dei professionisti e delle famiglie, per dare esecuzione completa a quanto la legge dispone.
  Tocca alle regioni mobilizzare talenti e risorse presenti sul territorio, comprese le università, i centri di ricerca, gli IRCCS, gli ospedali, ma tocca anche alle famiglie la straordinaria capacità di avere fantasia nell'individuare quelle strutture che più e Pag. 7meglio rispondono ai bisogni dei loro figli. Non a caso, le migliori esperienze presenti sul territorio sono state, per così dire, immaginate, inventate e messe in piedi dalle stesse famiglie.
  All'articolo 4 trova posto un emendamento espressamente voluto da tutti i capigruppo di maggioranza; si tratta di un articolo che cerca di blindare gli aspetti potenzialmente deboli della legge...

  PRESIDENTE. Concluda.

  PAOLA BINETTI, Relatrice.. .. accentuando – un minuto, Presidente – le responsabilità delle regioni, con un rimando sistematico, come si è già detto, alle linee guida dell'ISS e ai LEA. All'articolo 5 si trova un altro emendamento, proposto dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e accolto convintamente da tutta la Commissione, a conferma del clima in cui si è svolto il lavoro su questo disegno di legge e dell'attenzione di tutti verso il mondo dell'autismo. Più ricerca, dagli aspetti genetici a quelli clinici, dagli aspetti scolastici a quelli professionali, dal contesto familiare a quello sociale.
  Davanti ad una patologia...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  PAOLA BINETTI, Relatrice.. .. o ad uno stato, se si preferisce, che conserva molti aspetti ancora sconosciuti anche alla comunità scientifica, occorre investire in ricerca, in ricerca di base e in ricerca applicata. Oggi la genetica sta mostrando, al di là di ogni ragionevole dubbio, che ciò che definiamo come spettro autistico ha tutte le caratteristiche di un mix di condizioni diverse per eziologia e per evoluzione...

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, lei ha terminato il tempo. Mi rendo conto anche della delicatezza della materia: posso consentirle ancora un minuto e poi, eventualmente, la posso autorizzare a consegnare il testo.

  PAOLA BINETTI, Relatrice. Perfetto, finisco questo pensiero e poi consegno il testo. Dicevo che ciò che definiamo come spettro autistico ha tutte le caratteristiche di un mix di condizioni diverse per eziologia e per evoluzione, e quindi richiede modalità di interventi molto diversi. Gli autismi con cui si confrontano genitori, medici, tecnici della riabilitazione e insegnanti vanno esplorati con una ricerca che si interessi anche di stili cognitivi, di modalità di apprendimento e di comunicazione.
  Occorre una riflessione sugli effetti che possono avere sui bambini gli interventi intensivi precoci, permettendo una valutazione dei risultati che si ottengono non solo sulla base della letteratura scientifica, il cui contributo è indispensabile, ma anche sulla base di quel sapere esperto che matura lavorando con i ragazzi autistici. Ricerca, quindi, biologica, ma anche didattico-pedagogica, clinico-assistenziale e così via.

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, ovviamente, è autorizzata, sulla base dei criteri costantemente seguiti, a consegnare la parte del testo che non è riuscita a leggere per la pubblicazione in calce al resoconto.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  È iscritta a parlare l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

  ILEANA ARGENTIN. Grazie, Presidente, sottosegretario, voglio, prima di ogni altra cosa, ringraziare la relatrice, che ha fatto un ottimo lavoro in Commissione e ha cercato di mettere insieme pezzi di una legge assai aspettata. Voglio cominciare in modo positivo, dicendo che questa legge ha sicuramente superato un'altra barriera culturale. Ci ha permesso, ancora una volta, di affrontare un tema importante, parlando di persone che hanno un deficit gravissimo e che hanno genitori, molte volte, o operatori soli, perché è una patologia che, in qualche modo, porta a un senso di grande solitudine rispetto al resto del mondo.Pag. 8
  Una legge però – lasciatemelo dire, anche se è della maggioranza, e convinta l'ho votata e la rivoterei, mille volte, per il suo scopo culturale – che è un manifesto, nel senso che parla di tanti diritti, li va ad elencare tutti, dalla prevenzione fino ad arrivare al «dopo di noi». Parliamo dell'inserimento lavorativo, della riabilitazione, della formazione, dell'incentivazione, si parla di tutto, ma c’è un ultimo articolo che dice «senza aggiungere un euro». Ma che vuol dire senza aggiungere un euro ? Quando si parla di «sfiga», di disabili, voi avete la strana idea che le cose non costino. Non siamo segnati dal Signore, siamo persone che per avere servizi hanno bisogno di soldi, così come tutti gli altri soggetti. Trovo che sia indecente una legge che dice che non sarà aggiunto neanche un euro. È una roba che non si può ascoltare. Si parla di inclusione, si parla di inserimento al lavoro, ma queste cose come le facciamo ? Già c’è la legge n. 104 del 1992 che prevede per tutti una risposta. Se noi volevamo parlare di autismo, lo potevamo fare in mille modi, ma non creando false aspettative, non creando falsi diritti, perché i diritti già ci sono, ce li siamo rivendicati in piazza. Noi non è che parliamo di diritti che cadono dal cielo, il diritto all'integrazione, alla scuola al lavoro, all'inclusione riabilitativa e alla ricerca, ce li siamo battagliati con le associazioni, con i centri di riabilitazione e oggi ce li ricordate ? Perfetto, va benone, ma non è una risposta, è un grande manifesto di buone volontà e di buone intenzioni. Ci piace – lo ripeto – l'ho votata e non voterei mai contro una roba del genere, ma non posso insultare l'intelligenza di nessuno dicendo che è una legge dalla quale ho delle aspettative. Sicuramente le linee guida dopo tre anni saranno attivate maggiormente, ma allora potevamo fare una legge sulle linee guida; è un'altra storia !
  E poi parliamo di autismo, ma voi vi rendete conto di quello che è successo quando abbiamo parlato solo di SLA ? Noi abbiamo fatto un finanziamento e una norma sulla sclerosi laterale amiotrofica nella precedente legislatura per cui sembrava, quasi, che avessimo una patologia importante e tutte le altre fossero meno. Così stiamo facendo oggi. Noi parliamo di autismo dimenticando tutto il ritardo mentale e cognitivo. Non si può fare una branca di una malattia e dimenticare le altre. Il ritardo mentale e cognitivo è un problema enorme che a volte presenta lo spettro dell'autismo e a volte non lo presenta. Allora, che facciamo: quelli «matti» che tirano le caldaie addosso ai genitori, perché ciò avviene normalmente, noi non li consideriamo, non ci piacciono, li mettiamo all'angolo ? Parliamo dell'autismo e basta. Perdonatemi, io ho chiesto al Presidente della Camera nei mesi precedenti, il 2 aprile, di accendere di luce azzurra la Camera e, per la prima volta, il nostro Premier Renzi ha acceso anche Palazzo Chigi, perché dovevamo fare un momento di sensibilizzazione su questa tematica. C’è stata una grande attenzione. Era una «roba di immagine», lo sapevamo, serviva a quello, serviva all'immagine.
  Ora voi, invece, mi dovete dire: noi stiamo parlando della riforma della scuola e affianchiamo inserimento scolastico e lavorativo in questa proposta di legge. Noi dobbiamo garantire il diritto alla scuola a tutti, siano questi autistici e non. Quando parliamo di disoccupati, noi parliamo di disoccupati autistici e non. Non è che noi immaginiamo che esista un mondo parallelo, noi siamo parte dello stesso vostro mondo, non siamo un mondo parallelo in cui ci dovete fare le leggi specifiche.
  Certo dopo di noi è una cosa vera che serve, è un'altra storia. Ma non è che noi possiamo fare la legge per la distrofia muscolare, la legge per la sclerosi multipla, la legge per gli autistici. Ma che facciamo ? Una legge per gli sfigati ? Chi vince di più ? Non è possibile.
   Incominciamo culturalmente a identificarci con il disagio, che è una roba che molte volte può essere gravissimo o bassissimo, secondo anche le condizioni che circondano il soggetto che ha un limite. Io non mi potrò mai paragonare, essendo dietro a questo scranno, alla mamma o a un ragazzo con la mia stessa patologia, che non ha questo microfono davanti. Credo Pag. 9che noi dovremmo essere un pochino più umili. Una legge di questo tipo è sì un momento importante – e la ringrazio, sottosegretario, perché io desidero essere concreta, ma non mi permetterei assolutamente di mettervi in discussione né lei né tantomeno la relatrice Binetti –, ma io sono qui a rappresentare la «sfiga», il disagio, la disabilità, non da sola, spero, ma con tutti gli altri partiti e in modo trasversale.
  E non posso fare finta che questi problemi non ci siano. Questi problemi ci sono, ci sono tutti e questa proposta di legge non li risolve. Il Senato ce l'ha mandata così, noi ce la siamo presa così, abbiamo tentato di modificarla, non è stato possibile, non ci sono i soldi, ben venga, facciamo quindi questo bel manifesto politico, parliamo di autismo. Ma non promettiamo niente a nessuno, vi pregherei, perché, se noi promettiamo a chiunque un minimo di qualcosa, noi stiamo negando veramente l'esistenza di una risposta vera e propria.
  Dico questo perché l'onorevole Binetti ha spiegato, anche dal punto di vista della ricerca, che cosa e quanto possa essere importante. Ma quando parliamo di ricerca medica e sanitaria, siamo convinti che la ricerca non solo non è finanziata, ma che i più grandi cervelli vanno fuori dal nostro Paese ? In Italia non ci sono ricercatori su tematiche specifiche. Ci sono ricercatori che tentano con grande difficoltà di risolvere grandi problemi.
  So che non c'era niente di più facile che dire quello che non andava e non quello che andava e per questo ammiro Paola Binetti. Ma molte famiglie e associazioni mi hanno chiamata in questi giorni, troppe forse, e tutte con la stessa motivazione: Ileana, che cosa ci possiamo aspettare da questa legge ? Io ho risposto a tutti quello che pensavo: ne parliamo e ciò non è poco. Ma non è certo che da domani andare a cercare un posto di lavoro sarà più facile per un disabile, né tantomeno andare a scuola né tantomeno integrarsi in qualche modo.
  Un'ultima cosa, Presidente, anche se ho più tempo, che ci tengo a dire. In questa proposta di legge, che è arrivata a noi dal Senato, non si parla di tempo libero. Si parla di tutto tranne che di tempo libero o, ancora di più, di sessualità. Qual è il più grande problema di un genitore che ha un figlio sessantenne o cinquantenne con autismo ? La sessualità.
  Lei sa che ad oggi – chiedo scusa ma non conosco termini più adeguati per esprimermi – le madri di ottant'anni sono costrette alla masturbazione dei propri figli con autismo, perché nessuno affronta questo problema, perché nessuno – nessuno ! – ha voglia di pensare che siamo uomini e donne, ma ci considerano i «disabili», che finisce con la «i». Forse per questo non abbiamo né una donna né un uomo: siamo sempre i «ragazzi» per tutta la vita. Per me va benissimo, però voglio dire: diventiamo adulti, i nostri genitori invecchiano, non ce la fanno. Non pensate che tutto questo sia sopravvalutato da me, anzi lo sto cercando di moderare e sottovalutare.
  Prima era possibile in molte regioni, ad esempio sulla sessualità, avere degli operatori formati che aiutavano i genitori anche accompagnandoli fuori, distraendoli, cioè creando delle situazioni che erano parallele. Ora non ci sono e questa proposta di legge che è stata presentata pochi mesi fa in Senato non affronta ancora questo argomento. Si ha paura di dire certe cose e allora li mandiamo a scuola perché così è giusto e nessuno ha voglia di dire che li mandiamo a scuola e li parcheggiamo a scuola perché molte volte gli altri bambini li subiscono. Non ci si deve sempre mettere dalla parte di chi ha il problema ma anche di chi gli vive intorno così come i genitori che vado a sostenere perché ritengo necessario che non siano abbandonati a loro stessi. Non sono una maestra di vita nella disabilità, però mi pecco dell'esperienza che ho più che personale, di tanta gente che ho frequentato con grandissimi disagi e vi dico: non facciamo più una legge per una malattia perché questo significherebbe una guerra tra poveri. Non facciamo più leggi che servono a qualcuno per dire che le hanno fatte e poi non servono e non Pag. 10facciamo più le persone che pensano di fare una legge quando questa non è tale. Infatti ho fatto giurisprudenza e la prima cosa che ho imparato leggendo la prima pagina di diritto privato è che una legge è tale quando c’è sanzione. La norma ha un senso quando ha sanzione. Tutte le leggi che riguardano la disabilità non prevedono mai una sanzione, sono sempre di indirizzo. Allora non ci indirizzate più, sanzionate chi non applica e chi non dà servizi. Mi scuso, non volevo sottovalutare il vostro lavoro in alcun modo ma era mio dovere e diritto dire queste cose.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorefice. Ne ha facoltà.

  MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, Presidente. «Egregio onorevole, sono una madre sola con sei figli. La piccola di tre anni fino a sei mesi sembrava stare bene. I primi problemi si manifestarono intorno ai nove mesi quando perse le competenze acquisite, quindi il controllo del capo, la lallazione, afferrare oggetti, sorridere. Divenne improvvisamente una bamboletta di pezza ed io sola e senza lavoro dovetti chiedere aiuto per poterla curare. Al momento non è stata ancora inquadrata la malattia rara che affligge mia figlia. Dal punto di vista neurologico, invece, le è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico. Ora se già è difficile persino diagnosticare e figuriamoci curare i problemi organici di mia figlia vorrei quantomeno trattare quelli neurologici. La bambina non riesce a comunicarmi i suoi bisogni, i suoi malesseri, le sue esigenze e questo la rende persino aggressiva in certe circostanze. Mi creda: è straziante quel senso di impotenza amaro che mi pervade l'anima quando mi strilla con le lacrime agli occhi e io non riesco ad aiutarla. L'unico modo per instaurare un contatto con lei è renderla più possibile autosufficiente in futuro. C’è gente che vende tutto per il proprio figlio autistico ma io sono nullatenente, ho un lavoro part-time, a progetto, siamo indietro negli stipendi, non posso mantenere una casa, non ho aiuto dai parenti, non saprei proprio come permettermi la terapia giusta per la mia piccola. È assurdo dover scegliere tra la terapia e far mangiare i miei figli. Secondo lei dovrei rinunciare all'idea di fare qualcosa per figlia ? Sarà una goccia in mezzo al mare la mia ma sono pronta a lottare». Sono storie come questa quelle che ci spingono ogni giorno a lottare qui dentro come fa questa madre e a cercare di lavorare seriamente alle proposte che arrivano in Parlamento che potrebbero cambiare la vita di intere famiglie e cerchiamo di farlo. Però in questo posto – mi dispiace dirlo – diventa letteralmente impossibile almeno sin quando verrà utilizzato come un'azienda a conduzione familiare dove si curano gli interessi di pochi. Questa proposta di legge è inutile ed è stata più volte anche oggi definita un manifesto programmatico. Ora con le parole siamo tutti molto bravi, tuttavia vorremmo capire che cosa significa «manifesto programmatico».
  La realtà è che questa proposta di legge è un contenitore vuoto del quale ci si vorrebbe servire per dire che esiste una legge sull'autismo e, magari, per dare una sorta di risposta a chi l'aspetta da anni; ma chiunque, basta leggerlo, avrà modo di rendersi conto che questo provvedimento non è in grado di soddisfare le aspettative delle persone che sono affette dai disturbi dello spettro autistico né delle loro famiglie, e che non potrà soddisfare le aspettative dei professionisti impegnati nel lavoro di diagnosi e cura, né quello degli insegnanti, dei ricercatori e degli operatori, la cui formazione spesso è parziale e obsoleta.
  È un provvedimento scarno, ma non solo, oltre che scarno è persino confuso. All'articolo 3, per esempio, si notano delle incongruenze in merito ai livelli di coordinamento, per non parlare dell'invasione nell'ambito di competenze prettamente regionali. Mancano i criteri di accreditamento dei centri di riferimento e le modalità per metterli in rete tra loro. È insufficiente il ruolo attribuito alle associazioni, è marginale l'attenzione riservata all'abilitazione sociale delle persone affette dal disturbo, non affronta le problematiche Pag. 11specifiche dei giovani adulti, figuriamoci se affronta il problema dell'integrazione scolastica. Poi, come detto anche oggi, c’è il problema delle risorse finanziarie; sì, perché questo provvedimento dovrebbe essere attuato senza alcun onere a carico dello Stato. Tant’è che nemmeno un euro era stato previsto addirittura nel DEF.
  Ho accennato all'integrazione scolastica, sull'integrazione scolastica ci avete detto di stare tranquilli, tanto è prevista nella «buona scuola», il che è tutto un dire. Ve ne siete lavati le mani, sia riguardo all'integrazione scolastica che alle altre criticità che abbiamo rilevato, sostenendo che è tutto inserito nei LEA, quei famosi LEA che noi aspettiamo da dicembre, perché ci avete detto che sarebbero stati pubblicati prima a dicembre, poi a gennaio, poi a giugno, intanto siamo a luglio e ancora aspettiamo, e ci auguriamo che tanta attesa sia dovuta al bisogno di fare le cose per bene, perché noi non dimentichiamo cosa ci avete detto, ci avete detto: questa legge trae forza dai prossimi LEA; per chi fosse interessato, eventualmente, c’è anche lo stenografico, che parla molto chiaro.
  Quindi, i LEA che attendiamo dovrebbero contenere di tutto e di più e cioè: l'individuazione precoce del disturbo, la valutazione multidisciplinare, la qualità dell'accoglienza da riservare tanto alla persona quanto alla famiglia, i programmi terapeutici, i programmi abilitativi e riabilitativi personalizzati, gli interventi psicoeducativi e di supporto all'autonomia e alle attività della vita quotidiana e, ancora, dovrebbero parlare diffusamente di interazione e integrazione con le istituzioni scolastiche, di sostegno alla famiglia con la possibilità di accedere ai servizi di counseling e di orientamento, di progetti e percorsi di continuità assistenziale dei minori fino al raggiungimento dell'età adulta. Ma questo Parlamento che cosa fa ? Questo Parlamento scarica ogni responsabilità alle regioni che, senza risorse, appunto, dovrebbero far fronte agli enunciati vaghi che sono espressi nei vari commi dell'articolo 3. Viene rimandato tutto, pensate, alla volontà delle regioni. Ciò significa che le regioni possono fare o possono non fare le cose, viene rimandato tutto alla buona volontà degli operatori. Insomma, questo Parlamento fa la maestrina della situazione, dà i compiti alle regioni e alle regioni spetterà il compito di attivare i dispositivi di legge. Ma le regioni ci riusciranno ? Certo che no, perché le casse delle regioni sono vuote e lo Stato continua a tagliare i trasferimenti, quindi, ci spiegasse, questo Parlamento, in che modo le regioni dovrebbero essere in grado di attuare una legge del genere, quando le regioni, lo ribadisco, non sono nemmeno in grado di fornire i servizi fondamentali.
  Ebbene, cari colleghi, noi non siamo disfattisti, perché quanto è emerso – quindi, tutte le criticità – è stato evidenziato, non solo da noi, ma anche dagli esponenti della maggioranza e dalla stessa relatrice; anche in questo caso è tutto scritto, basta andare a vedere i resoconti stenografici. Però, probabilmente, voi crederete che basti un resoconto stenografico e lasciare agli atti le proprie perplessità per mostrare solidarietà nei confronti di tantissime famiglie. Forse pensate che del resoconto stenografico queste famiglie possano farsi un bel quadretto da mettere nel salotto di casa propria.
  Noi, invece, abbiamo ritenuto fosse importante fare anche delle proposte e vi abbiamo fornito ben due possibilità; anche questo, tutto scritto agli atti. Abbiamo chiesto di lavorare ad un testo unificato e c'erano ben quattro proposte di legge depositate: una a prima firma Calabrò, una a prima firma Biondelli, una Argentin e una Faraone, un testo unificato che ci avrebbe permesso di prendere il meglio da queste proposte. In modo particolare, la proposta a prima firma Faraone affrontava la patologia a tutto tondo. Sapete cosa ci siamo meritati ? Il silenzio più assoluto. Non ci aspettavamo un «sì», ma ci aspettavamo almeno un «no» motivato. Altra possibilità: gli emendamenti. Abbiamo presentato in Commissione ottantacinque emendamenti e abbiamo cercato di fare un lavoro certosino proponendo: l'istituzione di programmi per favorire la diagnosi Pag. 12precoce; il coordinamento tra i pediatri di base e il personale degli asili nido e le unità di neuropsichiatria infantile; il riconoscimento del disturbo dello spettro autistico come malattia sociale e condizione patologica totalmente e permanentemente invalidante; abbiamo chiesto di comprovare la competenza delle strutture residenziali e semiresidenziali tramite delle procedure trasparenti. Ancora: emendamenti sull'assistenza domiciliare integrata, sulle ricette, sulle prestazioni previdenziali, che abbiamo chiesto di introdurre nelle linee guida del MIUR; abbiamo presentato emendamenti sulla scuola, quindi sulla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici; abbiamo inserito anche le attività extra-murali e presentato anche emendamenti che riguardavano le sanzioni, ma anche questi sono stati bocciati. Per ultimo, abbiamo anche cercato di rimpinguare un fondo con 100 milioni di euro, perché è assurdo fare una legge e non prevedere nemmeno un euro per la sua attuazione. Questi emendamenti, appunto, ci sono stati tutti bocciati fuorché uno riformulato sulla ricerca: il contentino. Addirittura, non si è voluto tener conto nemmeno del parere della Commissione per le questioni regionali, che ha espresso parere favorevole al provvedimento ma ad una condizione: l'attribuzione alle regioni e alle province autonome di risorse adeguate per lo svolgimento delle nuove funzioni che sono chiamate a svolgere ai sensi dell'articolo 3. Insomma, in Commissione vi siete riempiti la bocca di tante belle parole, però, se i cittadini potessero davvero rendersi conto del lavoro che si fa in queste Commissioni, forse davvero scenderebbero in piazza a manifestare tutto il loro sdegno e si ribellerebbero a un sistema indecente che si ricorda di loro solo in campagna elettorale. In Commissione ci avete detto che le associazioni chiedono di lasciare questa proposta di legge così com’è; prima domanda: ma davvero ci sono delle associazioni che sono soddisfatte da questa proposta ? Perché, se così fosse, vorremmo capire che cosa piace di questa proposta. Infatti, non ci accontentiamo del «meglio di niente», perché non è inaccettabile come risposta e non è accettabile che ci si accontenti delle briciole. Quindi, bisogna avere il coraggio di pretendere ciò che spetta per diritto. Lo ribadisco: stiamo parlando di diritti ! Ci chiediamo, inoltre, quali sono queste associazioni ?
  A questo punto vogliamo nomi e cognomi, perché, a parte qualche sporadico caso, la maggior parte di quelle che noi abbiamo contattato non sono per niente contente di questo provvedimento. Sapete cosa è triste ? È triste vedere la rassegnazione di tanti genitori, gli unici che sono in grado di sapere cosa e come farla e pertanto dovrebbero essere loro il punto di riferimento dei legislatori. Ci hanno parlato delle difficoltà quotidiane, quali, per esempio, quelle sull'assistenza, di operatori non adeguatamente formati. Quindi, per esempio, come può un genitore sentirsi tranquillo di lasciare suo figlio nelle mani di qualcuno che non ha una formazione professionale adeguata ? Come può un genitore pensare di allontanarsi da casa se non ha la certezza che la persona con la quale lascia il figlio è in grado di prendersene cura e di reagire in caso di emergenza ? Ci hanno parlato dei problemi della scuola, di figli costretti a stare a casa anche per diversi mesi, di insegnanti di sostegno che cambiano ogni anno: come si può, in queste condizioni, favorire l'integrazione scolastica e una formazione adeguata ? Semplice, non si può ! Sapete cosa fa tenerezza ? Vedere comunque questi genitori sorridere e accettare disillusi ciò che gli viene dato come un regalo e che invece è un diritto; di questo la classe politica se ne approfitta.
  Il diritto alla salute e all'istruzione sono costituzionalmente garantiti, noi non siamo qui per accontentarci e vorremmo che nessun cittadino fosse messo nella condizione di doversi accontentare, per questo gli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione e che ci avete bocciato, noi li ripresenteremo in Aula, augurandoci che tutti i cittadini possano vedere con i loro occhi come voterete, perché a loro dovete dare delle spiegazioni plausibili. Noi, oggi, in questa Aula ribadiamo Pag. 13che era possibile fare un lavoro diverso e che avreste potuto contare anche sulla nostra collaborazione. Non serviva una legge ad hoc, basterebbe solo che lo Stato vigilasse sulle leggi che esistono, ma che purtroppo non vengono applicate, e che sono: la legge n. 104 del 1992, la legge n. 162 del 1998, la legge n. 328 del 2000, la legge n. 18 del 2009 e la legge n. 170 del 2010.
  Anche in questo caso non ce lo inventiamo noi, sono sempre le associazioni e i comitati dei cittadini ad avercelo detto. Alle volte, colleghi, basterebbe semplicemente aprire le orecchie e guardare negli occhi, frase che non uso a caso, il nostro interlocutore per capire cosa e come farlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vargiu. Ne ha facoltà.

  PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe parlamentari, io credo che la riflessione che possiamo fare già in discussione generale di questa legge è interessante, ed è interessante anche riprendere i ragionamenti fatti dai primi tre interventi. Intanto da quello della relatrice, che io ringrazio a nome di tutta la nostra Commissione per il lavoro che ha svolto e per la capacità con cui, su una tematica, che è stato ricordato dagli interventi precedenti, è assolutamente difficile da gestire, non tanto perché sia complessa – lo è – la problematica in sé, quanto per il contesto in cui il Senato ha approvato il provvedimento che oggi abbiamo in discussione nell'Aula della Camera e per una serie di considerazioni fatte dai colleghi che io mi sento in larga misura di condividere, spiegherò poi cosa mi differenzia dai colleghi e cosa mi unisce a loro nel ragionamento. Il lavoro svolto dalla relatrice non è stato un lavoro banale, anzi è stato sicuramente faticoso e sicuramente complesso, ed è un lavoro che forse oggi meriterebbe – mi rendo conto che viviamo tempi in cui non è possibile pretenderlo, quindi è solo una riflessione accademica – un'attenzione differente in questa Aula e un ragionamento maggiormente attento, anche se non credo che vi sarà nel corso dell'esame del provvedimento perché i regolamenti e le attività parlamentari si svolgono ormai con una sorta di inedia trascinata per cui è difficilissimo che l'Assemblea ponga veramente una forte attenzione su temi che apparentemente sono settoriali.
  In realtà, il ragionamento sulla legge che stiamo definendo per brevità legge sull'autismo è un ragionamento che allarga la riflessione, perché consente di porre all'attenzione un tema assai più generale. Vorrei partire nell'affrontarlo da una frase, che io trovo simpatica, anche se forse non è il termine giusto, della collega e amica Ileana Argentin che dice: io sono qui a rappresentare la sfiga.
  Lei ce lo pone con una punta di autoironia e propone la stessa ironia alla riflessione dei colleghi che ascoltano in Aula.
  Bene, la Commissione Affari sociali della Camera è una Commissione in cui a rappresentare la «sfiga» viene tanta gente, sia nel corso delle nostre audizioni sia nelle attività che come Presidente della Commissione io sono quotidianamente vicino alla «sfiga» che la collega Ileana con sottile autoironia ha evocato.
  Qual è la riflessione che si può fare ? Guardate che nessuno di quelli che rappresentano la «sfiga», perché la Commissione XII che si occupa di welfare sta vicino alla parte più debole della popolazione italiana, viene a chiederci la riduzione dei diritti civili e di qualità di percezione dell'assistenza sanitaria o dell'assistenza socio-sanitaria di cui gode. Cosa vuol dire ?
  Vuol dire che in questo Paese, che negli ultimi sette anni ha perso il 13 per cento della propria ricchezza, non c’è una contrazione naturale del 13 per cento dei bisogni della popolazione in materia di diritti sociosanitari e di diritti di salute, ma se possibile c’è un'espansione di questi diritti. Intanto noi siamo abituati a ragionare per quanto riguarda i diritti di salute con quattro cardini fondamentali che sono la ricerca, la prevenzione la diagnosi e la Pag. 14cura. Bene, ricerca, prevenzione, diagnosi e cura fanno passi in avanti. Quindi, se noi avessimo la suggestione che si può garantire la stessa qualità di assistenza a chi ne ha bisogno mantenendo costante il livello di offerta sociosanitaria che noi diamo, staremmo facendo un errore straordinario. Per fare un esempio banale, 10 anni fa avere in un ospedale una TAC, una tomografia assiale computerizzata, fondamentale nella diagnosi di tante patologie, che avesse due strati (tecnicamente si definisce così), era mettere all'avanguardia quell'ospedale. Oggi, se uno avesse quella macchina lì avrebbe un barattolo nel suo ospedale, visto che oggi esistono le TAC a 64, a 128 strati.
  In altre parole la risposta sanitaria evolve ed evolve contemporaneamente la richiesta sanitaria nel senso che i numeri sull'autismo che noi abbiamo in mano, 30 anni fa avrebbero fatto sorridere perché mai nessuno avrebbe mai pensato che i disturbi dello spettro autistico potessero raggiungere quel tipo di concentrazione. Ma se noi parlassimo dell'epidemia di Alzheimer che ci attendiamo per il 2020 oppure se noi ragionassimo della diversa incidenza delle diverse malattie neodegenerative, della SLA, di quelle cose che nell'immaginario collettivo si identificano in un individuo che non è più capace di assolvere ai compiti della quotidianità da solo e spesso ha bisogno di macchine e assistenza umana costante. Questo ha un costo per la collettività ed è un costo che un sistema basato sulla solidarietà e quindi sul trasferimento di risorse da chi ha più fortuna e chi ha più risorse a chi ha meno fortuna e ha meno risorse (perché questo è segno di evoluzione civile e anche segno della volontà di mantenere la coesione sociale), insomma in un sistema di questo genere perdere il 13 per cento della ricchezza non può non avere nessun tipo di incidenza.
  Il secondo elemento inquietante che è stato presente nelle riflessioni dei colleghi che mi hanno preceduto è quello della delega alle regioni. Questa è stabilita nel Titolo V della Costituzione nel senso che noi abbiamo scelto di affidare la programmazione dei servizi sanitari su base regionale e quindi abbiamo scelto di delegare alle regioni la gestione mantenendo soltanto la capacità di fare le regole generali dello Stato e magari anche di controllare la loro attuazione. Questo significa che è evidente che nella regione Trentino Alto Adige, nella provincia di Trento, che ha un reddito pro capite certificato dall'ISTAT per il 2014 di 39600 euro, mentre nella regione Calabria il reddito certificato pro capite è di 14 mila euro, insomma è difficile pensare in assenza di un forte intervento perequativo centrale che ci possa essere la stessa qualità di risposta ai bisogni di salute della popolazione. Ecco perché piacerebbe che queste riflessioni, che noi oggi stiamo facendo in modo riservato agli interessati al problema socializzando, sarebbe interessante che queste riflessioni sfondassero nella coscienza dell'intero Parlamento, dell'intera Camera come dell'intero Senato, e fossero all'attenzione delle decisioni della politica che non sono soltanto i componenti del Parlamento che siedono nella Commissione affari sociali ma sono tutti gli interlocutori istituzionali con cui noi dobbiamo ragionare.
  Non vorrei citare un esempio che in questi giorni è talmente drammatico da non consentire citazioni facili, ma se voi pensate al caso greco, di cui oggi nessuno ha idea di quale possa essere l'evoluzione futura e di cui tutti ci auguriamo che sia non drammatica ma invece di solidarietà, europea e un'evoluzione che politicamente sottolinei la volontà di questa comunità, dei cittadini europei, di continuare a camminare insieme e di condividere sacrifici e parti buone dello stare insieme. Il caso greco non per combinazione ogni volta che viene citato nelle parti più drammatiche ha come punto di riferimento la situazione degli ospedali, dell'approvvigionamento dei farmaci, delle garanzie sociali e sanitarie della parte più disagiata e meno protetta della popolazione.
  È evidente che, quando manca la ricchezza di una nazione, chi rischia di farne le spese è quella parte della società che è meno protetta. Quindi di questo, signori, è Pag. 15necessario che noi abbiamo piena consapevolezza, altrimenti tutti i ragionamenti che andiamo a fare rischiano di essere viziati da un'ipocrisia straordinaria, che qualcuno ha detto è presente anche all'interno di questo testo di legge.
  Io condivido questa affermazione, nel senso che sarebbe sciocco negarlo in maniera drastica e aprioristica. Anche all'interno di questo progetto di legge, ovviamente, c’è tutta la cornice di cui abbiamo appena parlato e c’è l'idea che questa è una legge che, qualora fosse stata fatta in un periodo di espansione del 13 per cento della ricchezza del Paese, avrebbe avuto adeguate risorse per trattare i temi che correttamente nel complesso del provvedimento vengono posti. Infatti, quando si parla di prevenzione, quando si parla di linee guida di trattamento, quando si parla di diagnosi precoce, quando si parla di aggiornamento dei livelli di essenziali di assistenza e di percorsi diagnostico-terapeutici, di formazione delle professionalità che si devono occupare della materia, tali temi sono stati inquadrati in modo straordinariamente preciso, anche attraverso l'aggiunta, da parte della Camera, delle attività che riguardano la ricerca, suggerite – è vero – da un emendamento che è stato proposto dal MoVimento 5 Stelle; insomma, se noi fossimo in una fase di espansione economica, avremmo stanziato delle risorse che avrebbero consentito sul tema specifico di dare risposte aggiuntive.
  Invece, purtroppo, in un momento in cui le risorse si contraggono in maniera significativa, noi ci limitiamo a elencare ciò che vorremmo fare e utilizziamo quella formula – ipocrita –, che è la famosa formula «ad isorisorse», che indica che noi, se volessimo usare dei termini medici, abbiamo correttamente posto la diagnosi sulla malattia del paziente, ma non altrettanto correttamente siamo in grado di indicare la terapia, perché non abbiamo i farmaci... O meglio, la sappiamo indicare, ma non abbiamo i farmaci che ci consentano di sostenere la terapia.
  Allora, ha un senso fare una legge di questo genere, oppure questo rischia di essere un contentino maldestro a una domanda alla quale noi, condividendo il fatto che la domanda è ben posta, non abbiamo, però, la possibilità di dare risposte ? Bene, la mia convinzione è che abbia un senso. Perché ha un senso ? Ha un senso perché consente di dire che esistono dei problemi emergenti nella sanità italiana – non solo nella sanità, ma nella complessiva risposta socio-sanitaria del nostro sistema di welfare – ai quali noi vogliamo dare una dignità. Per cui resti ben presente sia al legislatore e sia agli stakeholder sociali che attendono il provvedimento che su argomenti di questo genere noi stiamo ipotizzando di fare degli sforzi strategici, perché ci rendiamo conto che sono delle emergenze del sistema.
  In altre parole, nella stessa Commissione affari sociali della Camera è in discussione un provvedimento che viene comunemente definito del «dopo di noi», il quale porta al suo interno delle risorse, una parte importante delle quali è destinata ai non autosufficienti, in gravi condizioni di non autosufficienza, che ha anch'esso come destinatari la platea del mondo autistico, dei ragazzi e degli adulti, soprattutto, che sono sofferenti di disturbi dello spettro autistico. Ovviamente, in questo caso, un disturbo grave, non comprendendo all'interno anche quelle forme che fortunatamente sono trattabili e che hanno un reinserimento sociale da ottimo a buono, ad accettabile. Bene, l'idea è che all'interno della Commissione esiste un provvedimento su questo che ha delle risorse, perché evidentemente è matura all'interno del Parlamento e della Commissione affari sociali, che lo rappresenta sui temi specifici nella fase istruttoria, la consapevolezza che, nell'ambito della nostra scelta universalistica (che è quella che ci consente di dire che, in linea di principio, il nostro sistema, frutto della legge n. 833 del 1978, funziona in maniera universale, integrato da tutte le leggi di assistenza alla disabilità, di assistenza alla persona, di sostegno a chi ha situazioni di particolare debolezza sociale o sociale-sanitaria o sanitaria), esiste un sistema Pag. 16complessivo il quale consente di individuare delle emergenze che sono più emergenze di altre.
  Se noi volessimo fare filosofia, diremmo che in Italia esiste una riflessione, che è quella che riguarda il cosiddetto universalismo selettivo, che ha iniziato a ragionare sul fatto che, in carenza di risorse, il tema della eguaglianza assoluta sarebbe un tema ingiusto.
  È forse più opportuno pensare, invece che all'eguaglianza assoluta, a un meccanismo che prenda in considerazione il bisogno e, quindi, dia una risposta differenziata in rapporto ai bisogni, che sono anch'essi differenziati. Ciò significherebbe probabilmente accettare e riuscire a difendere quella frontiera dell'equità e dell'universalismo, invece di quella legata alla regione di residenza e qualche volta anche alla ASL di residenza, perché, nel contesto della stessa regione, è vero che ci sono risposte diverse ai bisogni di salute e ai bisogni socio-sanitari della popolazione, che sono differenziati a seconda della ASL, o qualche volta addirittura del distretto all'interno del quale il paziente o il cittadino abita e risiede.
   Per cui, io non mi sentirei di dare un giudizio che non sia positivo su questa legge, che giustamente è stata definita «una legge manifesto», che giustamente è una legge criticata, perché non mette risorse specifiche a disposizione, che giustamente ha ricevuto una serie di critiche perplesse per il fatto che fa mezzo passo in avanti, ma non riesce a fare l'intero passo in avanti; però la riflessione è che qualche volta il mezzo passo in avanti, se fatto nella direzione giusta, sia un mezzo passo in avanti che consente di inquadrare meglio il traguardo a cui si tende e consente di entrare nel merito di problemi che, se non li affrontiamo mai, restano sempre problemi inevasi e da affrontare totalmente.
  Per cui, mi sento di sposare l'approvazione di questa legge in maniera priva di riserve, anche se le riserve nel corso del mio intervento sono ovviamente emerse, ma credo che, quando si tende verso un fine, che è buono e positivo, qualunque passo in avanti nella direzione giusta sia un passo in avanti sensato.
  Quando abbiamo studiato filosofia al liceo, ci hanno insegnato che l'utopia platonica – il nostro sottosegretario Vito De Filippo mi correggerà se faccio qualche errore – deriva da ou-topos, che significa «da nessuna parte», quindi era una sorta di sogno, però quando altri sono tornati sull'utopia platonica, hanno detto che anche soltanto tendere nella direzione di ou-topos significava fare dei passi in avanti che consentivano alla società nel suo complesso di crescere. Credo che questo sia lo spirito di questo provvedimento (Applausi della deputata Paola Binetti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. La proposta di legge al nostro esame, già approvata dal Senato, in Commissione in sede deliberante e parzialmente modificata dalla Commissione XII, in sede referente, reca varie disposizioni in materia di diagnosi, cura e riabilitazione delle persone affette da autismo, o più precisamente da disturbi dello spettro autistico.
  Come è noto, si tratta di una patologia neurologica grave e invalidante, di cui ancora non sono chiare le cause e per le quali non esistono ancora trattamenti farmacologici specifici.
   Tale patologia, purtroppo, è piuttosto diffusa: si parla di un bambino con disturbi dello spettro autistico di varia gravità ogni 150 nati; quindi siamo di fronte a un problema socio-sanitario di notevole ampiezza.
  L'azione del Servizio sanitario nazionale, pur meritoria, non è stata fino ad ora adeguata a fornire assistenza non solo ai malati, ma soprattutto alle loro famiglie, su cui grava di fatto l'intero onere dell'assistenza a coloro che sono affetti da autismo. È evidente, quindi, la necessità di un intervento legislativo diretto ad orientare l'attività del Servizio sanitario nazionale e delle regioni ad una maggiore attenzione e sostegno per i cittadini affetti Pag. 17da autismo, il tutto restando nell'ambito delle risorse del Servizio sanitario nazionale.
  È in questa direzione che si muove la proposta di legge al nostro esame, che si pone in linea con quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 67/82, del 13 dicembre del 2012, sui bisogni delle persone affette da autismo, prevedendo interventi diretti a garantire una migliore tutela della salute delle persone affette da autismo e interventi per il miglioramento della loro qualità della vita, nonché maggiori possibilità di inserimento nella vita sociale.
  Viene inoltre previsto il periodico aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità delle linee guida sul trattamento dell'autismo, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e delle migliori pratiche diagnostiche e terapeutiche a livello internazionale.
  Ma il cuore della proposta di legge al nostro esame è senza dubbio costituito dall'articolo 4, che reca disposizioni specifiche per le regioni, che hanno – come è noto – competenza esclusiva in campo sanitario.
  In primo luogo, è previsto un adeguamento dei LEA, i livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per l'autismo, di prestazioni per la diagnosi precoce e della cura individualizzata, con l'impiego dei metodi e degli strumenti più avanzati, frutto della ricerca scientifica e tecnologica.
  A tal fine, le regioni individuano centri di riferimento, con il compito di coordinamento dei servizi per l'assistenza alle persone autistiche, utilizzando la rete sanitaria regionale. Tali servizi dovranno essere adeguatamente qualificati e dovranno prevedere l'impiego di personale specialistico per la neuropsichiatria infantile e per la riabilitazione funzionale e psichiatrica, anche degli adulti. Dovranno essere previste équipe territoriali dedicate, nell'ambito dei servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva e per l'età adulta, dato che l'autismo, purtroppo, è una patologia cronica, i cui effetti possono essere circoscritti, ma da cui non si guarisce, per cui gli interventi terapeutici ed assistenziali devono perdurare nel corso di tutta la vita del paziente.
  In tale ambito, dovranno essere previste forme di sostegno alle famiglie che hanno nel loro ambito pazienti autistici e dovranno essere disponibili strutture residenziali dedicate alla presa in carico di pazienti autistici di ogni età. Infine – cosa molto importante – è prevista la promozione di progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di adulti autistici.
  La Commissione affari sociali della Camera ha inserito due nuovi articoli che, se approvati dall'Assemblea, renderanno necessario un nuovo passaggio al Senato. Il primo di questi è l'articolo 4, che si intitola «Aggiornamento delle linee di indirizzo del Ministero della salute» e specifica le modalità concrete con cui devono essere inserite, nei LEA, le misure terapeutiche e assistenziali a favore dei pazienti autistici. Questo era già previsto, in linea di principio, al comma 1 dell'articolo 3 del provvedimento in esame e, quindi, questa precisazione è forse utile e senza dubbio specifica molto meglio quello che dovrà essere l'intervento.
  Più utile è, senza dubbio, l'articolo 5, che dispone la promozione, da parte del Ministero della salute, di specifici progetti di ricerca sulla patologia autistica. Fondamentale è poi per noi, attenti custodi del denaro dei contribuenti, la clausola di invarianza finanziaria, cioè l'esclusione di aggravi per la finanza pubblica per effetto dell'attuazione di questo provvedimento.
  Tutte le considerazioni che sono state espresse dai colleghi che mi hanno preceduto, Presidente, sono degne di grande attenzione, sia in riferimento alla patologia, sia in riferimento alla parte non solo sanitaria, ma anche assistenziale di questi gravi casi, che, purtroppo, sono in aumento. Ma ricordo anche le considerazioni che sono state espresse dalla collega Argentin e dal presidente Vargiu poco fa, nel precedente intervento, in riferimento alla vera e reale possibilità di finanziamento degli interventi che sono previsti.
  Io ritengo, comunque, che la proposta sia un passo in avanti e vada assolutamente Pag. 18approvata, ma è anche realistico agire su due fronti. Spiace molto la mancanza della collega Argentin, Presidente, per un motivo molto semplice: perché lei ha ragione quando dice che è una legge manifesto. Inoltre, i colleghi che mi hanno preceduto hanno ragione nel momento in cui ritengono che occorrano delle risorse specifiche per questi tipi di interventi. Occorre mettere questi interventi nell'elenco delle prestazioni sanitarie inserite all'interno delle linee essenziali di assistenza cui dedicare nuove risorse.
  Così come è vero che non ci sono solo questi problemi: c’è il problema della SLA e c’è una serie enorme di problemi, che noi conosciamo, nel campo assistenziale, in particolare. Inoltre, vi è anche una disarticolazione di interventi. Dirò molto meglio: c’è una disarticolazione normativa e c’è anche una disarticolazione istituzionale, perché sono troppi i centri decisionali, sono troppo dispersivi, non sono uniformi e le risorse sono poche, ma sono anche queste utilizzate in maniera non appropriata.
  Quindi, noi abbiamo senza dubbio un problema di finanziamento di questo livello essenziale di assistenza. Sicuramente occorrono delle risorse, ma occorre fare anche una riflessione su come vengono utilizzate attualmente le risorse – 110 miliardi di euro all'anno solo di risorse pubbliche del Servizio sanitario nazionale – e su come vengono utilizzate, a vari livelli, anche le risorse del Fondo unico sociale, in attuazione della legge n. 328 del 2000.
  Da questo punto di vista, io ritengo che la riflessione, presidente Vargiu, vada fatta a 360 gradi, perché è vero che c’è stato il 13 per cento di contrazione del PIL, ma comunque il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, tranne la riduzione che c’è stata quest'anno, va mantenuto.
  Ma io penso che i fenomeni gravissimi di corruzione che si verificano all'interno del Servizio sanitario nazionale, per quel che riguarda la gestione della spesa sanitaria, non possano prescindere, insieme agli sprechi e ad una razionalizzazione vera, che non è mai partita, dall'effettiva possibilità di un'inversione di tendenza per trovare all'interno del sistema stesso le risorse.
  Noi dobbiamo seguire le due strade, se vogliamo che effettivamente ci siano un'efficacia e un finanziamento reale delle prestazioni sanitarie, anche in riferimento ai nuovi bisogni e a quello che è stato illustrato poco fa da chi mi ha preceduto rispetto all'innovazione tecnologica, diagnostica, farmacologica e quant'altro, e quindi per nuove possibilità. Noi stiamo per entrare, caro Presidente, nell'era in cui la medicina predittiva, la genetica molecolare, in altri Paesi (tipo America, tipo Germania), ha già iniziato a dare grandi effetti e grandi risultati, ed è giusto che i cittadini anche qui nel nostro Paese abbiano la possibilità di avere questo tipo di prestazioni. Qui ancora siamo all'età della pietra da questo punto di vista e ritengo che la linea di intervento debba essere anche rispetto all'utilizzo appropriato delle risorse.
  Noi vogliamo incidere e vogliamo fare una riflessione su quello che effettivamente hanno prodotto due grandi riforme, quella dell'aziendalizzazione della sanità e quella della delega completa di competenze esclusive, dal punto di vista organizzativo, funzionale e anche di spesa del Servizio sanitario nazionale, alle regioni. Questo è un punto invalicabile: è inutile che noi giriamo intorno al problema.
  Poco fa è stato giustamente ricordato che c’è una grandissima differenziazione di prestazioni all'interno del Servizio sanitario nazionale; non solo esistono già da tempo ventuno servizi sanitari regionali diversi, ma anche all'interno delle ASL stesse, dei distretti, c’è una differenziazione enorme. Peggio ancora l'utilizzo delle risorse attraverso la legge n. 328 del 2000, con i piani locali di zona, dove, i vari comuni consorziati che si sono uniti, invece di utilizzare le risorse per erogare e finanziare prestazioni sanitarie, fanno solo clientele di ogni genere e di ogni grado.
  Questa è la riflessione che noi dobbiamo cercare di innestare anche nell'utilizzo appropriato delle risorse. Ricordo Pag. 19che non molto tempo fa c’è stato uno studio, una ricerca di tipo volontario promossa da Mediobanca, qualche anno fa, al fine di calibrare meglio gli investimenti all'interno di operazioni finanziarie; ci fu uno studio, una ricerca volontaria sugli sprechi in riferimento agli ospedali di media e grande dimensione del Paese. Grosso modo, gli ospedali che aderirono a questo studio furono quelli del centro-nord; nel centro-sud nessuno ritenne di sottoporsi ad una ricerca di questo tipo. Notoriamente è fin troppo conclamato, da tanti studi, che le risorse vengono meno sprecate nel centro-nord all'interno degli ospedali e quant'altro; nonostante ciò, si concluse che c'era il 12 per cento di sprechi. Io mi accontenterei pure del 5 per cento come media nazionale. Noi parliamo di 5 miliardi di euro, altro che nuove risorse ! Noi dobbiamo quindi essere chiari con noi stessi: la politica, quando la buttiamo via, fuori dalla gestione della sanità ?
  C'era stato un tentativo abbastanza serio da parte del Governo nel proporre, nella riforma della pubblica amministrazione, che è in corso di esame, il riferimento alla nomina dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei direttori amministrativi delle ASL, che, fermi restando i requisiti minimi che queste figure dovevano avere con legge nazionale, dovevano poi, attraverso una selezione pubblica, essere inseriti in un elenco attraverso un vero e proprio concorso. Sarebbe meritorio se il Governo procedesse e se il Parlamento, invece, non cercasse, così come risulta – i tentativi ci sono – di depotenziare per l'ennesima volta questa scelta sacrosanta.
  Molto meglio la proposta del Governo e sarebbe veramente un grosso passo avanti se i direttori generali, i direttori sanitari e i direttori amministrativi delle ASL fossero scelti attraverso l'inserimento in un elenco previo concorso, previo aggiornamento di questo concorso e previo esame ogni tre anni. È criminale chi si adopera a modificare questo tipo di impostazione.
  Vi è un atteggiamento quanto meno criminale, perché sappiamo perfettamente – mi auguro non in tutte le regioni, ma nella stragrande maggioranza delle regioni – che vi è una gestione totalmente politica. Molte direzioni generali e molte giunte regionali, invece di pensare ad assistere gli ammalati, assistono i propri partiti, assistono le proprie clientele; altro che il fatto che noi, qui, dobbiamo aggiungere altre risorse ! Sicuramente, ma pensiamo prima a quante ne possiamo risparmiare attraverso un'azione incisiva vera, con i controlli preventivi sulle spese delle ASL.
  Occorrerebbe non solo il ripristino, ma anche la militarizzazione dei controlli preventivi. Per ogni delibera del direttore generale, dovrebbe esserci un comitato preventivo di controllo militare della spesa pubblica nelle ASL, con una terna di effettivi e di supplenti, costituita da un rappresentante del Comando generale della Guardia di finanza, da un giudice della Corte dei conti – sarebbe a costo zero, perché ce ne sono tanti in pensione – e da un rappresentante dei cittadini, che vada lì a vedere preventivamente dove vengono spesi i soldi, se vengono veramente spesi per prestazioni sanitarie oppure se vengono dedicati alla corruzione.
  È risaputo che, anche in riferimento alla mancata obbligatorietà di seguire Consip, per esempio – perché non lo si fa: ognuno fa quello che vuole e controlli non ve ne sono, caro Presidente –, il sistema, nella sua interezza, teme più Consip che non il carcere. Infatti, dal carcere, prima di tutto, possono anche scappare, non incorrere nelle grinfie degli inquirenti e della magistratura; secondo, ammesso e non concesso tutto ciò, vi sono prescrizioni e situazioni varie, che conosciamo bene, e tanti giudizi che, praticamente, riescono a «scappottare». Invece, con Consip si risolverebbe gran parte dei problemi in via preventiva, in anticipo, e non si ruberebbe.
  Se noi seguiamo questa strada, molto probabilmente cercheremo di ottenere risorse non solo per quello che riguarda un inserimento e un finanziamento oltre misura per l'autismo e per i soggetti e le famiglie in termini assistenziali, ma anche per le altre famiglie. Si tratta di una volontà politica e, in questo senso, da anni, Pag. 20indipendentemente dal colore politico delle maggioranze, indipendentemente dal colore politico dei Governi, nulla si fa in questo senso.
  La sanità continua a essere una spesa fuori controllo, continua ad essere ancora una mucca che mungono a tutto spiano partiti di ogni genere e di ogni grado, dove la corruzione regna. Alcune direzioni generali delle ASL potrebbero essere trasformate in penitenziari in riferimento all'illegalità e alla clientela diffusa, ed esempi ce sono tanti; per fortuna, non tutto il Paese, qualcosa si salva ancora. Si tratta solo di una volontà politica e risorse se ne possono trovare un'infinità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amato. Ne ha facoltà.

  MARIA AMATO. Grazie, Presidente. Un doveroso ringraziamento alla relatrice, onorevole Paola Binetti, per avere affrontato in Commissione questo tema complesso e delicato con il doppio punto di vista del legislatore e di chi è avvezzo, per formazione e pratica di professione, alla ricerca. Vi era bisogno di una legge su diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie ? Sì, vi era bisogno, per rispondere a una domanda di equità, per andare oltre le differenze di assistenza tra le regioni, estendendo modelli virtuosi su tutto il territorio nazionale.
  Una legge per rispondere alla solitudine delle famiglie, per affermare, con forza, che i bisogni non si esauriscono ai 18 anni, né solo alla cura sanitaria o all'inclusione scolastica. Una legge per rivendicare per le persone con disturbo del comportamento e dello spettro autistico, il diritto a vivere una quotidianità possibile, attraverso il diritto all'inclusione nella cura, nella famiglia, nella scuola e nel tempo libero.
  Nel titolo della proposta di legge arrivata dal Senato compaiono parole chiare che lasciano intuire i contenuti del testo. Una scelta non casuale delle parole ci fa parlare di persone e non di malati, di abilitazione piuttosto che di percorsi riabilitativi, di diagnosi e cura alla persona e assistenza alla famiglia. Con queste parole si dipinge un quadro ben noto a chi, per professione, per affetto o per casualità, ha conosciuto questo mondo in cui il rischio dello stigma della solitudine, della segregazione e dell'emarginazione è ancora molto alto. Una legge attesa, accolta con favore immediato da gran parte delle associazioni, approvata con ampio consenso al Senato, dopo mesi di audizioni, sollecitata dalla Presidenza della Repubblica. È questa attesa che abbiamo tenuto bene a mente in Commissione da cui il testo esce con pochi cambiamenti che lo rendono, però, più incisivo. È stato, infatti, aggiunto l'articolo 4, con un emendamento della maggioranza che, con lo scopo di rendere il testo più cogente e ridurre il rischio che gli impegni restino solo belle parole, introduce il riferimento alla Conferenza unificata Stato-regioni, che, nell'applicazione dei LEA, deve provvedere all'aggiornamento triennale delle linee di indirizzo e il comma 2 che recita che l'attuazione delle linee di indirizzo costituisce adempimento ai fini della valutazione da parte del comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA. Non si può scappare: i servizi devono essere realizzati.
  La legge ha una clausola di invarianza di finanza, clausola che, inizialmente, aveva condizionato la valutazione del testo: una bella cornice, un manifesto di intenti. In realtà, è una legge di riordino, molto è già in essere, ma il cuore della legge sta nell'aggiornamento dei LEA specifici; è in questo passaggio che c’è l'impegno economico del Governo. È Poco ? Dipenderà da quali e quanti. Tutto il resto, ed è stato già detto, è già normato dalle leggi sulla disabilità e sulla scuola, con la volontà di non fare distinzioni per patologia: regole e diritti per tutte le fragilità purché proporzionati al grado di gravità per ciò che riguarda sostegno economico, inclusione scolastica e sociale.
  Il costante riferimento alle linee di indirizzo esprime l'aderenza alla moderna visione di cura che non può prescindere da un inquadramento scientifico delle numerose Pag. 21variabili del disturbo, una classificazione in continua revisione ed aggiornamento, ma soprattutto va affrontata rispettando le ultime indicazioni della ricerca. Nelle linee di indirizzo un ruolo preminente lo occupa la diagnosi precoce. La diagnosi precoce è ormai scientificamente riconosciuta come elemento da cui derivano l'andamento e le possibilità di successo del percorso di cura, che è individualizzato e fatto di azioni terapeutico-educative-abilitative.
  La diagnosi si basa sul riconoscimento della terna che definisce lo spettro: disturbi del linguaggio, ripetitività dei gesti, alterazioni della sfera relazionale; per la diagnosi precoce è essenziale la formazione per i pediatri e per gli educatori e insegnanti della scuola dell'infanzia. Se ci guardiamo intorno con attenzione abbiamo la percezione di quanto siano diffusi questi disturbi comportamentali, frequentemente presenti anche senza tradursi in un caso clinico, sfumatamente nel carattere. I diversi stati di gravità distinguono quindi la platea in lievi, medi e gravi. Ed è il livello di gravità a determinare i bisogni e a condizionare la risposta sanitaria e sociale. Le forme lievi sono quelle che migliorano più velocemente, condizionando più facilmente il cambiamento dei bisogni di cura, avendo maggiori aspettative di contenimento del disturbo. È sicuramente vero che, quando si ha un disturbo del comportamento, non sono le belle parole a migliorare la qualità della vita, ma l'accesso alle cure, la fornitura di beni e servizi, il sostegno economico.
  È vero che i bisogni di assistenza e di salute richiedono impegni e azioni concrete, e che alle persone con disturbi di maggiore gravità, con le enormi difficoltà che interessano in modo globale la quotidianità della famiglia, non si risponde con un principio, ma ritengo sia un elemento degno di nota la spinta che questo testo vuole dare al cambiamento culturale per cui si guardi alla persona e non solo al disturbo, alla qualità della vita e non solo alla malattia.
  Chi è interessato da un disturbo del comportamento resta prima di tutto persona, con bisogni e sogni. Le regioni hanno un approccio molto diversificato nell'offerta e nelle modalità di assistenza, affiancando, ad alcune virtuose realtà terapeutiche nel pubblico e nel privato, a centri di riferimento specifici e rodati, altre con il vuoto del mancato rispetto dell'accordo siglato nel 2012.
  Il testo di legge, quindi, nell'articolo 3, definisce, elencandoli, i compiti delle regioni e delle province autonome, rispettando la loro specifica competenza attuativa e di scelta di modelli organizzativi. Parte dei compiti elencati non sono nuovi, per alcune regioni, infatti, sono già pienamente in atto come conseguenza dell'accordo siglato in Conferenza Stato-Regioni il 22 novembre 2012: accordo per il miglioramento di qualità e appropriatezza nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo e disturbi dello spettro autistico. Per me, che sono medico e sono medico ospedaliero della struttura pubblica, la parola «appropriatezza» contiene quel contenitore di risorse a cui ancora dobbiamo attingere: l'appropriatezza è l'unica via per il risparmio e per guadagnare nuove risorse lì dove servono.
  Le regioni, dunque, hanno il compito di organizzare i servizi attraverso l'individuazione dei centri di riferimento, garantendo: la diagnosi precoce; la presa in carico di minori, adolescenti e adulti; la formazione degli operatori; il coordinamento interdisciplinare; il coordinamento del percorso di cura dal bambino all'età adulta; l'informazione; il sostegno alla famiglia; la disponibilità di strutture semiresidenziali e residenziali pubbliche e private per la presa in carico: la promozione di progetti finalizzati all'inserimento lavorativo di soggetti adulti.
  La formazione è un nodo reale. I percorsi formativi istituzionali per medici e professioni sanitarie, insegnanti e personale della scuola, educatori, operatori dei servizi sociali non sempre danno strumenti adeguati. Per avere conferma di questo, basta pensare alle difficoltà per una famiglia a trovare un dentista o, in Pag. 22pronto soccorso, per una sutura o una immobilizzazione, o un ricovero ospedaliero per un intervento di routine con anestesia. Per questo disturbo il contenimento per l'immobilità forzata ad esempio può scatenare reazioni forti fino alla violenza. Formazione, quindi, del personale dedicato e una più ampia formazione del sistema degli operatori sanitari e della scuola su questo tema.
  L'autismo non fa morire, non si guarisce o non si guarisce mai completamente, ma si può vivere meglio, le famiglie e la persona hanno il diritto di vivere meglio. È importante l'attenzione che il testo riserva alle varie età della vita, in particolare all'età adulta che, attualmente, in molte regioni, rappresenta il vero problema. La soluzione non è, infatti, quella di asili per grandi che non riescono a crescere, ma è doveroso immaginare ambienti protetti con l'attenzione all'inclusione sociale permanente.
  Il lavoro fa parte del percorso di cura e nell'attuazione dei progetti vanno studiate modalità e procedure per cui le esperienze di lavoro non sospendano l'accesso al sostegno economico, perché le esperienze di lavoro il più delle volte non hanno carattere permanente e, essendo trattamento terapeutico, non sono di sicura efficacia. Ci sono lavori per cui il disturbo dello spettro autistico rappresenta di per sé un punto di forza. Il cogliere il particolare a discapito dell'intero è, per esempio, alla base del grande successo della esperienza del mosaico o del lavoro su composizione di piastre elettroniche.
  L'informazione infine: la corretta informazione che eviti il panico indotto da campagne di bufale, una per tutte la confusione indotta tra associazione dell'autismo ai vaccini con nesso di causalità. L'informazione capillare e una buona comunicazione possono finalmente fare comprendere che i livelli di gravità sono fondamentali e che i disturbi lievi, se precocemente individuati e trattati, determinano solo minime difficoltà relazionali.
  I percorsi di cura sono percorsi complessi, impegnativi, faticosi al cui successo concorrono le istituzioni, la famiglia, la scuola, lo sport, gli educatori, il personale sanitario e di sostegno: è una battaglia lunga che non si può affrontare in solitudine.
  Solo conoscendo la realtà è possibile includere e amare chi, mentre gli altri vedono solo la via Lattea, riesce a distinguere una per una miriadi di stelle; solo la conoscenza della realtà spezza la diffidenza alla base della emarginazione. Ecco perché vogliamo portare a compimento l'iter di questa proposta di legge, per la garanzia della conquista di assistenze e cure, inclusione e sostegno, ma soprattutto per costruire una cultura in cui tutti, oltre il diritto alla cura, vedano garantito il proprio diritto alla felicità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Il tema che affrontiamo ha una complessità e una profondità infinita. Parla di un disturbo, di una vera e propria sofferenza e dunque dobbiamo fare bene. Il provvedimento, invece, che noi stiamo esaminando presenta due rischi che sono già stati accennati e li ribadisco perché sono il punto di partenza della nostra valutazione. Il primo è quello che siamo di fronte ad una tendenza, ad una sorta di frantumazione delle sofferenze e magari in una via di competizione tra di loro che sarebbe non solo inaccettabile ma direi disumana. Secondo, il fatto che siamo tendenzialmente protesi verso provvedimenti che abbiamo definito manifesti, direi di cornice, perché sganciati da impegni precisi di risorse finanziarie. Tali risorse possono anche derivare, come è stato detto anche qui, da una lotta senza quartiere alla corruzione, agli sprechi che si annidano nel sistema sanitario pubblico e che, se affrontati, possono certamente produrre risorse aggiuntive. Comunque si tratta di risorse aggiuntive che oggi, allo stato attuale, non ci sono. Tutti i nostri emendamenti, Pag. 23tutti gli emendamenti che noi abbiamo presentato in Commissione sono stati respinti: noi li ripresentiamo perché crediamo a questa azione di merito, di confronto di merito e anche di miglioramento e ci auguriamo che possano anche avere una fortuna diversa. Noi sappiamo che ci sono associazioni che aspettano questo provvedimento, che ne hanno chiesto una rapida approvazione. Sappiamo anche che sono ben consapevoli dei limiti, della scarsa incisività del testo e vogliamo essere ostinati a pensare che sarebbe meglio fare presto e anche fare bene e che sia poca cosa, proprio di fronte ad una complessità come la sofferenza, che oggi vogliamo affrontare, a cui dare risposte, il fatto che ci si possa accontentare di dire «ma almeno questo», perché, altrimenti, il provvedimento, se viene affrontato con l'obiettivo di risorse aggiuntive, può finire in un binario morto. Anche questo non depone a favore della bontà e della incisività necessaria per affrontare un tema così complesso perché le aspettative che suscitiamo vanno sicuramente rispettate ma anche soddisfatte, oltre naturalmente il fatto che la sensibilizzazione, la pubblicizzazione, la condivisione di una sofferenza, di un disagio è sicuramente un fatto positivo. Nel testo quasi tutto viene demandato alle regioni e, anche per questo motivo, sarà importante e indispensabile monitorare attentamente quanto sarà effettivamente attuato e garantito dagli enti territoriali e soprattutto per noi che vi sia un'uniformità di prestazioni e servizi su tutto il territorio nazionale. Proprio per questo noi siamo prudentemente critici.
  Il vulnus rimane sempre quello; quello più evidente è la mancanza di uno stanziamento finanziario aggiuntivo, indispensabile per la reale applicazione delle disposizioni che questo testo di legge contiene. Infatti, il tutto viene previsto rigorosamente senza oneri per la finanza pubblica, il mantra delle politiche di austerity in cui questo Governo è immerso, in una continuità di fatto che è contraddetta dagli annunci che questo Governo aveva presentato all'opinione pubblica e al Paese promettendo cambiamenti, invece – e questo provvedimento lo dimostra – siamo in una perfetta continuità con le politiche di austerity, quelle politiche che il voto di ieri del popolo greco ha messo in discussione, proprio perché ha evidenziato la connessione tra diritti, possibilità di crescita e sviluppo. Non ci può essere una separazione tra questi aspetti.
  Ecco, prevedere che tutto ciò che noi affronteremo nel testo avvenga ad invarianza di gettito mina fortemente la possibilità di dare una risposta concreta alla cura e all'abilitazione delle persone che hanno questo disturbo. Io voglio ricordare, a questo proposito, il recente rapporto del Censis che ha dimostrato come la spesa sociale nel nostro Paese, negli ultimi sette anni, sia stata ridotta, voglio sottolinearlo, dell'81 per cento. La riduzione è stata dell'81 per cento, nel periodo tra il 2007 e il 2014. Le risorse assegnate al fondo sociale sono passate da un miliardo e 600 milioni di euro a 435,3 milioni di euro nel 2010; negli ultimi due anni c’è stato un qualche recupero, ma le risorse che sono state sottratte sono enormi. Per non parlare del fondo dell'autosufficienza, per non ricordare che questo Paese, a un certo punto, nel 2010, lo aveva azzerato.
  Ecco, certo, è giusto che oggi si affronti il tema del finanziamento del sistema, affrontando la questione degli sprechi e della corruzione, ma non dobbiamo dimenticare questo trend di disinvestimento pubblico che pesa fortemente su quello che avviene in tutta la rete dei servizi sociali. Quindi, naturalmente, in questo contesto di penuria di iniziativa pubblica si inserisce, in modo critico, il provvedimento di cui oggi noi discutiamo. Naturalmente, una delle conseguenze di questo disinvestimento pubblico è che il Mezzogiorno è l'area del Paese in cui maggiore è la disuguaglianza di opportunità e di servizi. Infatti, voglio assolutamente ricordare l'importanza dell'affermazione che è scritta nel rapporto del Censis quando dice che l'andamento del fondo per le politiche sociali istituito nel 1997 per trasferire risorse aggiuntive agli enti locali e garantire l'offerta di servizi per anziani, disabili, minori e famiglie in difficoltà, Pag. 24testimonia il progressivo ridimensionamento dell'impegno pubblico sul fronte delle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali, aggravando quelle che sono le disuguaglianze territoriali. In questo quadro di riduzione degli interventi pubblici e di aggravamento degli squilibri territoriali, assegnare, come fa il provvedimento, alle regioni il compito di attuare gran parte degli obiettivi contenuti – senza quelle risorse aggiuntive che possono servire per perequare, per fare quelle azioni di perequazione di cui parlava anche il presidente Vargiu – aumenta la possibilità di aggravare quelle disuguaglianze territoriali e quella difficoltà che in tutto il Paese è stata conseguenza del ritiro dell'iniziativa privata.
  Infatti, le regioni saranno chiamate a delle funzioni importanti: potranno – si scrive questo e non si scrive come noi vorremmo, cioè non si scrive: «dovranno» – individuare i centri di riferimento con compiti di coordinamento dei servizi stessi nell'ambito della rete sanitaria regionale; dovranno stabilire percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti; dovranno garantire il funzionamento degli specifici servizi di assistenza sanitaria; dovranno prevedere la formazione degli operatori sanitari di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria; dovranno definire équipe territoriali dedicate nell'ambito dei servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva e dei servizi per l'età adulta; saranno tenute a promuovere il coordinamento degli interventi e dei servizi dedicati per assicurare la continuità dei percorsi diagnostici e terapeutici assistenziali nel corso di tutta la vita delle persone; dovranno incentivare i progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone con disturbi dello spettro artistico; dovranno rendere disponibili sul territorio le strutture semiresidenziali e residenziali accreditate, pubbliche e private, con competenze specifiche sui disturbi dello spettro autistico e dovranno prevedere la promozione di progetti finalizzati all'inserimento lavorativo. Tutto questo senza risorse che possano sostenere questi nuovi compiti che la legge chiama le regioni ad affermare. Quindi, tra gli obiettivi che dovremo affrontare vi è quello di monitorare l'effettiva erogazione dei servizi. È questa la sfida che più di altre sarà da affrontare e verificare nel prossimo futuro. Infatti, sappiamo che se ci sono regioni che hanno maggiori disponibilità di bilancio, che sono anche più volenterose e quindi saranno in grado di tradurre in pratica le indicazioni contenute in questa legge, ce ne sono altre che non le potranno attuare se non parzialmente, proprio perché magari già oggi soffrono di gravi problemi di bilancio. Del resto, non è un caso che la stessa Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso un parere favorevole ma ad una condizione, che poi è passata nel dimenticatoio, cioè la condizione che si preveda di attribuire alle regioni e alle province autonome risorse adeguate per lo svolgimento delle nuove funzioni a cui regioni e province autonome stesse sono chiamate dall'articolo 3. Del resto, è ragionevole che la Commissione affari regionali dica questo, visto che, anche con un emendamento della maggioranza – giusto, che noi abbiamo provato – si stabilisce che i nuovi livelli essenziali di assistenza vengano aggiornati con l'inserimento al loro interno delle prestazioni legate alla diagnosi precoce e alla cura e al trattamento individualizzato dei disturbi dello spettro autistico. Inoltre, ci sono altri due punti che questo testo non affronta nel modo adeguato: non si affronta il capitolo della formazione in ambito scolastico, ossia non si affronta quella necessità di prevedere una buona preparazione ad hoc degli insegnanti, garantendo ai ragazzi nel percorso scolastico una continuità, che è fondamentale; e soprattutto, altro tema, non si dà il giusto risalto alla priorità per interventi che sono volti a favorire la vita indipendente, a percorsi di de-istituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità della risposta.
  È stata citata prima dall'onorevole Argentin la data del 2 aprile, la giornata Pag. 25mondiale della consapevolezza dell'autismo, che è stata voluta, dal 2007, dalle Nazioni Unite.
  In quel giorno una luce blu illumina i più grandi monumenti simbolici del mondo che questa luce azzurra unifica globalmente per richiamarci alla sofferenza delle persone che soffrono di questi disturbi, alla fatica e al dolore delle famiglie che gli stanno accanto; anche il nostro Montecitorio è stato illuminato di blu. Una luce che ci richiama all'esigenza di progetti di inclusione, che ci richiama alla necessità di conoscere di più questa sofferenza, oltre i pregiudizi e i fraintendimenti che vi sono stati e che ostacolano una reale comprensione del problema, ci richiama a mettere al centro i temi della diagnosi precoce e della diagnosi giusta per evitare la sofferenza psichica, dovuta talvolta anche ad interventi errati oppure all'accentuazione dell'isolamento, una delle caratteristiche fondamentali di questo disturbo. Sappiamo anche che la diagnosi è solo la prima stazione di un percorso, che quando per esempio arriva nella fase adulta diventa, come è stato scritto, il regno di nessuno, un vero e proprio dramma, un passaggio che può consegnare la vita di quella persona definitivamente ai farmaci o la può consegnare alla reclusione negli istituti dopo la scomparsa dei genitori. Ecco, ragazzi sensibili, intelligenti, che rischiano la deriva di istituti, anziché la possibilità di realizzare una vita autonoma.
  Voglio ricordare che in Italia si spendono 50 milioni di euro per assistere i minori nelle loro case e ben 506 milioni per tenerli nelle comunità. Siamo gli ultimi in Europa per la spesa rivolta alle famiglie, ai minori e alla lotta all'esclusione e a certificare questo nostro ultimo posto è l'Eurostat. Credo che noi non possiamo che dire questo alla fine: continuiamo ad illuminare i nostri monumenti di blu il 2 aprile, però illuminiamo di blu anche i nostri bilanci pubblici che oggi sono in rosso, sono in rosso perché è sempre più forte il divario tra diritti e risorse finanziarie.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

  ELENA CARNEVALI. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, colleghi, ci apprestiamo alla discussione alla Camera e alla votazione della proposta di legge «Disposizioni in materia di diagnosi, cura, abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie». Tre mesi di tempo dall'arrivo dal Senato per approfondire questa legge – e il riconoscimento va al lavoro fatto dalla collega Binetti – che ha l'ambizione di voler essere una legge quadro, uno strumento importante in una condizione, quella attuale, in cui sono presenti le linee guida emanate del 2011 dall'Istituto superiore di sanità.
  La comunità scientifica, secondo gli ormai accreditati sistemi di classificazione internazionali, ha inquadrato l'autismo come un disturbo pervasivo dello sviluppo, che si manifesta durante l'età evolutiva, determinante una grave disabilità che colpisce in maniera pervasiva la comunicazione, la socializzazione ed il comportamento. La consapevolezza della complessità di questa particolare patologia da parte delle istituzioni è dunque fondamentale, perché riguarda necessariamente anche la tenuta del tessuto familiare e le conseguenti ricadute di ordine sociale.
  Nonostante il progredire delle conoscenze in campo scientifico e clinico e della stessa visibilità dell'autismo negli ultimi tempi, non sempre a ciò ha corrisposto un aumento delle responsabilità istituzionali, rendendo a volte invisibili le persone e le stesse famiglie, sulle quali ricadono la fatica del prendersi cura, di un'assistenza adeguata e specialistica di rete dei servizi pubblici, oltre che l'onere finanziario delle terapie.
  È accertato che proprio sulle famiglie ricade l'onere più alto dell'assistenza, sia sul versante emotivo sia su quello materiale, per sostenere i costi umani ed economici di prestazioni che spesso il nostro sistema di welfare non offre, oppure offerti da maghe e fattucchieri da cui dovremmo invece stare molto lontani e con Pag. 26la conseguenza anche di gravi forme di impoverimento sociale, relazionale ed economico. Le più autorevoli associazioni di volontariato hanno più volte sollecitato le istituzioni a garantire i diritti soggettivi alla cura, all'assistenza e allo studio, spesso senza ottenere grandi e significativi risultati e guardano con attesa e con speranza all'approvazione di questa legge.
  La sindrome autistica non sempre viene trattata con appropriatezza nella rete di unità di offerta sanitarie e sociali e dalle istituzioni importanti come la scuola e pur nel rispetto di alcune eccellenze che ci sono e sono presenti sul nostro territorio nazionale, le persone autistiche, con spettro autistico, e le loro famiglie non sempre trovano accoglienza nel nostro sistema di welfare, il che significa alcuni servizi, a volte poco, alcune prestazioni, dove per esempio è grande la necessità di una definizione precoce di diagnosi, nella presa in carico, dell'intensività delle cure e della continuità nella vita adulta. I programmi per la cura e tutela delle persone con disturbi di tipo autistico richiederebbero un cambiamento di paradigma nell'approccio alla disabilità imperniato sulla persona, suoi diritti e sulle sue necessità e potenzialità. Questo è il primo grande obiettivo raggiunto da questa legge e questo approccio, se correttamente applicato, svilupperebbe conseguentemente una politica generale dei servizi rispettosa della globalità della persona con spettro autistico, dei suoi progetti di vita e di quelli della sua famiglia; questa politica complessiva deve necessariamente svilupparsi su tutto l'arco della vita delle persone con autismo.
  L'identificazione precoce dell'autismo – lo ricordava anche la collega Amato – deve rappresentare la prima sfida importante, perché apre lì la possibilità di una presa in carico in un'età dove i processi di sviluppo possono ancora venire modificati, apportando progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. La diagnosi di autismo viene ancora effettuata relativamente tardi e un ritardo nella diagnosi e nel trattamento può compromettere i potenziali livelli di abilitazione della persona autistica. Infatti, la comunità scientifica afferma con certezza che la diagnosi precoce (entro i primissimi anni di vita, si parla dei 18 mesi) e un trattamento appropriato di natura tempestiva, intensiva e continuativa può ridurre considerevolmente quelle disabilità funzionali e comportamentali inserite nella sindrome con spettro autistico.
  Su questa delicata e complessa materia non è la prima volta che il legislatore tenta di mettere mano, nella consapevolezza e nella necessità anche di una legislazione specifica. Ricordo anche la mozione che è stata approvata all'unanimità dal Senato nel 2011, l'intervento di regioni ed enti locali, l'accordo tra Governo e Conferenza Stato-regioni nel 2012 per la promozione e il miglioramento della qualità e appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo.
  Ci si è domandati se era necessario o meno provvedere ad una legge per una specifica patologia, ma stante la complessità e la gravità dei DSA si motiva dunque uno specifico e settoriale intervento legislativo che si ispiri a quelle che vengono definite le cosiddette discriminazioni positive. Lo spiegava prima bene come esempio la collega Amato. Quando la devo sottoporre a un intervento chirurgico, anche solo odontoiatrico, non posso pensare che la persona con spettro autistico riceva esattamente lo stesso trattamento che riguarda anche altre persone con altre disabilità. Quindi, queste vengono adottate per contrastare un particolare fenomeno occupandosi in maniera specifica rispetto alla grande platea della disabilità che sono state o si ritengono discriminate, nella consapevolezza che i diritti delle persone con autismo nel campo della salute e dell'educazione, della formazione professionale e dell'occupazione, oggi sono in molte regioni drammaticamente disattesi, con gravi conseguenze sul futuro della loro vita.
  Allora, questa è una legge di natura ordinamentale, contenente finalità, principi, aggiornamento delle linee guida affidate all'Istituto superiore di sanità, basate Pag. 27sulla letteratura scientifica e sulle buone pratiche nazionali ed internazionali. Nel quadro della Costituzione vigente a legislazione concorrente, sono le politiche delle Regioni ad assumere una rilevanza imprescindibile e una particolarità e rilevanza riveste dunque l'articolo 3.
  Sappiamo che diverse regioni oggi non hanno mai dato piena attuazione alle linee guida, offrendo un quadro variegato ed insufficiente non solo per le poche risorse, ma spesso perché allocate male, perché non utilizzate con appropriatezza e perché ancora reduci di una cultura dello spettro autistico povera, senza aver superato lo stigma e anche teorie che sono ormai superate. L'articolo 3 fa riferimento all'aggiornamento dei LEA, attiene al rispetto degli equilibri di finanza pubblici, ma pone l'esigenza della diagnosi precoce, del trattamento individualizzato con strumenti avanzati scientifici e il comma 2 affida alle regioni la possibilità dell'individuazione dei centri di riferimento.
  Guardate, secondo me questo è un altro punto importante di questa legge, per chi conosce, per chi sperimenta, per chi ha lavorato con famiglie e con persone con sindrome autistica sa e conosce le migrazioni nel territorio nazionale e internazionale di persone che spesso si affidano, anche a seguito di mancanza di punti di riferimento, a chi di competenze scientifiche non ne ha e lucra invece sulla disperazione delle persone. Qui, in questi centri di riferimento, forse sta la sfida più difficile contenuta in questa legge, perché vengono attribuiti il coordinamento delle rete dei servizi sanitari, in lettere dalla a) alla h) le unità funzionali multidisciplinari, la formazione degli operatori, la definizione di équipe territoriali con attività di consulenza, l'introduzione di una figura di coordinatore, di case manager, degli interventi multidisciplinari, la promozione dell'informazione, il sostegno delle famiglie e la disponibilità di strutture semi-residenziali o residenziali e progetti finalizzati per l'inserimento lavorativo. È una sfida impervia, per raggiungere quella realizzazione di una rete assistenziale integrata, che non deve essere un'eccessiva sanitarizzazione, ma ponga al centro la persona con DSA e soprattutto non la releghi nemmeno a quei puri circuiti di assistenzialismo, ma siano progetti evolutivi, positivi, adeguati e pianificati abilitanti e promotori di una vera autonomia.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  ELENA CARNEVALI. Concludo, Presidente, ricordando che forse alla collega Lorefice e in particolare a molti interventi critici, che a molte delle domande e dei quesiti anche delle criticità che sono state sollevate le risposte stanno proprio nell'articolo 4 e nell'articolo 5, che sono stati inseriti nel passaggio alla Camera. È lì che si svolge l'attività di controllo, è lì che si verifica l'attuazione delle linee di indirizzo che costituiscono quindi un adempimento ai fini della verifica. Sta quindi a noi il compito di continuare a monitorare, compito dell'Agenas, come abbiamo scritto anche nel Patto della salute, perché la possibilità adesso c’è e quindi rimane solo la verifica da parte delle regioni di consentire di avere una risposta uniforme, in particolare per le famiglie, ma dico soprattutto per i ragazzi che spesso continuiamo a definire ragazzi, ma sono adulti, che hanno bisogno di spazi di vera integrazione, inclusione, socialità, reti amicali, relazionali, inserimento lavorativo.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ELENA CARNEVALI. Concludo, Presidente, perché la parte relativa alla formazione delle figure professionali, la parte più importante degli insegnanti la troviamo nel progetto di legge sulla buona scuola. Lì c’è la formazione obbligatoria da parte dello Stato.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carnevali. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 28

(Repliche della relatrice e del Governo – A.C. 2985-A)

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, lei ha terminato il tempo che ha a disposizione il relatore, le posso dare un minuto se vuole replicare per una replica flash, sennò... purtroppo, onorevole Binetti, i tempi non li stabilisce il Presidente.

  PAOLA BINETTI, Relatrice. Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti e credo davvero che con il contributo di tutti, pur con le sue ombre, questo progetto di legge ci sarà un servizio reale ai soggetti che diventano spesso un rischio per le proprie famiglie. Siamo consapevoli dei potenziali limiti, ma questo non ci impedisce nemmeno di vedere tutto il bene che questa legge potrà fare.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, solo qualche veloce osservazione ringraziando ovviamente gli onorevoli che hanno preso la parola per le puntuali questioni che sono state sollevate. Vorrei soltanto aggiungere un breve commento alla discussione odierna.
  Lo spettro autistico fa un esordio – io direi, nonostante qualche perplessità –, molto autorevole nella legislazione dello Stato. Questa semplice, nuova possibilità, secondo il Governo, determinerà effetti molto importanti nel corso del tempo.
  Pur mantenendo un costante riferimento agli equilibri di bilancio, questo provvedimento legislativo offre ai tantissimi attori del sistema una possibilità nuova, sicuramente quella di mettere in campo nuove reti di servizi utili per la diagnosi per la cura, per l'assistenza e, non da ultimo, anche per la ricerca, come nell'articolo aggiuntivo approvato in Commissione, che ha voluto la XII Commissione e che offre un contesto nuovo e anche un impegno nuovo del Ministero della salute su un versante delicatissimo, sicuramente straordinario, sul terreno molto importante della ricerca.
  Si è più volte richiamato il tema delle risorse, delle risorse finanziarie. Credo che anche nella scansione importante, che è prevista nel provvedimento, della compilazione delle linee-guida da parte dell'Istituto superiore della sanità, della descrizione puntuale delle politiche regionali, dell'aggiornamento delle stesse linee guida e dell'articolo che riguarda le sanzioni, sostanzialmente le sanzioni – perché si tratta di questo –, è stato molto sottovalutato dall'onorevole Lorefice, probabilmente l'articolo 4, quello che prevede un meccanismo, ben noto agli amministratori regionali, di un obbligo di implementazione dei servizi su alcune attività sanitarie, un obbligo che viene sostanzialmente sanzionato, quando non viene rispettato da una riduzione di risorse finanziarie del Fondo sanitario nazionale a quelle regioni. Quindi, diventa un obbligo molto importante e incisivo anche in relazione alle politiche e all'organizzazione dei sistemi sanitari regionali.
  Se guardiamo questo provvedimento alla luce della proposta ufficiale che il Ministero della salute ha fatto sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e che è all'attenzione della Conferenza Stato-regioni, dopo la riorganizzazione avvenuta in seguito all'elezione regionale con la nuova Commissione salute che lì sta lavorando, se leggiamo questa legge alla luce dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, che prevedono nuove possibilità nelle varie aree dell'assistenza, di quella territoriale, di quella domiciliare e di quella anche farmaceutica, che sono previste con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ci renderemo conto che la base finanziaria, organizzativa e operativa che viene sostanzialmente tramutata nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza nella nuova proposta c’è tutta, e quindi le regioni che vorranno Pag. 29organizzare servizi nuovi, centri organizzativi territoriali sull'assistenza e che vorranno fare politiche, anche importanti, in termini di assistenza farmaceutica, di consulto e multiprofessionale per questo tipo di soggetto e di paziente avranno tutte le possibilità e tutte le condizioni per poterlo fare.
  Quindi, non sempre una previsione specifica in chiaro di norme finanziarie è una garanzia anche di servizi e di implementazione degli stessi. In questo caso, questa legge, che verrà approvata sicuramente prima della definizione dei livelli essenziali di assistenza, immaginando che la Conferenza delle regioni avrà ancora qualche momento di approfondimento e di riflessione sulla materia, troverà subito dopo immediatamente, con l'approvazione dei LEA, tutta quella base organizzativa e operativa e direi anche finanziaria per poter procedere.
  Quindi, in questo senso, parlare di legge manifesto mi sembra troppo riduttivo. Sicuramente è una legge programmatica, basata su queste nuove possibilità che mi sentivo nella responsabilità di dover indicare, proprio per rendere giustizia a un dibattito importante al Senato, che abbiamo seguito come Governo, in sede di XII Commissione, che ha approvato in una formula velocissima questo provvedimento, devo dire all'unanimità delle forze politiche presenti in quella Commissione.
  Questo proprio per rendere giustizia di un dibattito che non è stato etereo e, meno che mai, soltanto produttivo di elementi che sono da indicare sotto la fattispecie di manifesti. Insomma, mi sembra che questo provvedimento renda un servizio importante e sicuramente costituirà un punto di riferimento rilevante per le politiche regionali su questa materia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Bergamini ed altri n. 1-00922 concernente iniziative di competenza in relazione alla vicenda della cooperativa «il Forteto» (ore 17,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Bergamini ed altri n. 1-00922 concernente iniziative di competenza in relazione alla vicenda della cooperativa «il Forteto» (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Cozzolino ed altri n. 1-00936, Bechis ed altri n. 1-00937 e Rampelli ed altri n. 1-00938 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Palese, che illustrerà anche la mozione Bergamini ed altri n. 1-00922, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà. Nel frattempo che lei, onorevole Palese, prende la parola, l'onorevole Vargiu si allontana dal banco del Governo. Prego.

  ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, Forza Italia ha ritenuto di presentare questa mozione, a prima firma dell'onorevole Bergamini, per una vicenda abbastanza grave e scottante, che si riferisce alla cooperativa «il Forteto» di Firenze. Dico questo perché l'esigenza principale della presentazione e della discussione in Parlamento di questa mozione deriva esclusivamente dalla gravità dei Pag. 30fatti accaduti, delle circostanze accadute, che adesso illustreremo, che sono riprese in maniera puntuale all'interno della mozione e dalla conseguente assenza di iniziative, anche in riferimento alle specifiche competenze da parte del Governo e, se vogliamo, anche da parte della regione e degli enti locali.
  Il 19 giugno 2015, signor Presidente, il tribunale di Firenze ha inflitto pesanti pene a carico dei vertici ispiratori e fondatori de «il Forteto», cooperativa agricola alla quale sono stati affidati, nel corso degli ultimi trenta anni, numerosi minorenni in difficoltà. Quindi, la problematica principale è senza dubbio l'affidamento dei minori a questa cooperativa.
  Sita in località Mugello, la cooperativa «il Forteto» è sempre stata considerata da Legacoop... questo non è un bel momento per le cooperative o per il sistema delle cooperative, Presidente. Non oso pensare cosa potrà accadere se all'interno di questa discussione si aprirà veramente una piccola parentesi su quella che è la consistenza del reale, grave, persistente ed efficace vero conflitto di interessi, che esiste da anni nel nostro Paese, cioè quello tra risorse pubbliche e una parte politica, che è chiaramente la sinistra, sia a livello di Governo sia a livello dei numerosi enti locali, dove viene spesa la stragrande maggioranza delle risorse che sono – così come è stato anche in questa vicenda e come è detto in questa mozione – in totale conflitto di interessi.
  Dalle istituzioni della sinistra toscana considerata, cioè, una pratica migliore, dal punto di vista non solo produttivo, ma anche educativo, al punto da essere associata, addirittura, alla scuola di Don Milani – Incredibile dictu, avrebbero detto i latini, incredibile a dirsi, per quello che è successo, comparata a Don Milani – rispetto a ciò che è accaduto all'interno della cooperativa «il Forteto», che si è invece scoperta essere un luogo non di accoglienza, ma di sevizie e di violenze fisiche e psicologiche, una vera e propria setta articolata formalmente in un'associazione, una fondazione e, appunto, una cooperativa agricola.
  In particolare, non cronache o quant'altro, ma il tribunale, un tribunale nel nostro Paese, ha comminato al fondatore della comunità, Rodolfo Fiesoli, che si faceva chiamare «il profeta», una pena di diciassette anni e mezzo per violenza sessuale e maltrattamenti ai danni di numerosi ragazzi affidati alla comunità, molti dei quali hanno rivissuto i drammi subiti testimoniando davanti alla corte le sevizie. Il suo braccio destro, per giunta, l’«ideologo» del gruppo, Luigi Goffredi, dovrà scontare altri otto anni. Con loro sono state condannate altre quattordici persone, con pene che variano da uno a otto anni, sulle ventitré che erano state mandate a processo. Appare, dunque, chiaro come sia l'intero «sistema Forteto» da anni ad essere stato sanzionato dai giudici. Rodolfo Fiesoli, per il quale il pubblico ministero Ornella Galeotti aveva chiesto una condanna a ventuno anni, rimane a piede libero. Il tribunale ha inoltre stabilito provvisionali per 1 milione 260 mila euro immediatamente esecutive a favore delle vittime. In alcuni risarcimenti è obbligata in solido anche la cooperativa agricola stessa.
  La comunità de «il Forteto» si costituisce come storia negli anni Settanta e quasi subito decide di ritornare alla terra, costituendo una cooperativa agricola all'interno della quale vivere e lavorare. All'interno della comunità la vita è organizzata secondo alcune teorie parapsicologiche, tra cui quella della famiglia funzionale che doveva sostituire la famiglia naturale. Inoltre, uomini e donne – anche se ufficialmente sposati – dovevano vivere separatamente; vi erano momenti serali di confronto in cui spesso le persone venivano spinte a confessare in pubblico i propri eventuali desideri sessuali e le provocazioni messe in atto di conseguenza. Testimoni hanno raccontato di come bambini che sono andati in braccio ad adulti siano stati accusati di essere provocatori. In quella comunità – ha detto il pubblico ministero Galeotti nella requisitoria – si verificò per anni una sospensione delle leggi dello Stato, attraverso un programma criminale in cui il Fiesoli «rapinava il Pag. 31sesso» ai ragazzini, con la complicità degli altri imputati. Fiesoli e Goffredi erano già stati arrestati e condannati peraltro negli anni Ottanta per reati analoghi (maltrattamenti e atti di libidine su minori), ma continuarono le loro attività perché i tribunali per i minorenni non smisero di affidare minori a «il Forteto». E qui esiste una prima grossa inadempienza, una mancanza proprio da parte di chi deve tutelare; qui noi poco fa abbiamo parlato di tutele, di welfare e quant'altro, signor Presidente, lei ha ascoltato, noi siamo in presenza di una situazione veramente raccapricciante, su cui c’è l'inerzia e persiste.
  Nel 2000 la Corte europea dei diritti dell'uomo sanzionò l'Italia per quanto vi avveniva. Fiesoli venne nuovamente arrestato nel 2011 dopo le accuse di alcune vittime che denunciarono anche lo sfruttamento del lavoro minorile nella cooperativa agricola in cui erano impiegati. Nonostante i precedenti giudiziari e la condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo, la regione Toscana, così come numerose altre istituzioni locali e nazionali, hanno continuato ad elargire fondi pubblici e riconoscimenti alla cooperativa «il Forteto», elogiandone, tra l'altro, i metodi educativi e frequentando e visitando spesso la comunità. Un autentico, vero e proprio sdoppiamento tra quello che gli inquirenti e la magistratura accertano e, peraltro, sanzionano con condanne e quello che invece si continua tranquillamente a tenere in attività, cioè una cooperativa, in riferimento a quello che riguarda una questione, una tematica così delicata, come i minori, senza peraltro che ci fossero efficaci controlli, perché non risultano iniziative né della regione né del Governo anche in riferimento a controlli semplici.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha inviato suoi ispettori a «il Forteto», ma limitatamente a quella vicenda, cioè non risulta poi che ci sia stato un sistema di controllo soprattutto da parte della regione nell'erogazione di queste prestazioni, visto che vengono erogate e utilizzate risorse pubbliche. Nella loro relazione, in cui si chiedeva il commissariamento della cooperativa, si rilevava la «tendenza a confondere le regole ed i principi della comunità con il rapporto lavorativo e societario» – peggio ancora – il che pare avere «condotto gli stessi soci a ritenere normali atteggiamenti particolarmente interferenti dell'organo amministrativo», tra questi il fatto che molti dei soci avessero inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari.
  Oltre alla gravissima situazione e ai gravissimi fatti che sono accaduti, poi sanzionati dal tribunale, come poco fa è stato ricordato, vi è una gravissima situazione anche dal punto di vista gestionale. All'interno di questa cooperativa vengono evidenziati misfatti e cattiva gestione e, addirittura, una sottoscrizione di strumenti finanziari, in ordine ai quali non sappiamo, poi, alla fine, che cosa veramente accadrà.
  Nel mese di dicembre 2013, il Ministero dello sviluppo economico sospendeva la procedura di commissariamento, chiedendo un supplemento di indagini, che, comunque, portava gli ispettori a concludere che «la situazione non appare al momento sostanzialmente mutata». Ciononostante, a luglio 2014, il Governo decideva di non procedere con il commissariamento. Oggi, all'indomani della sentenza di condanna di Fiesoli ed altri, non solo il centrodestra toscano continua a invocare il commissariamento, ma anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella – signor Presidente, neanche i renziani DOC riescono ad affrontare questa situazione – si è espresso nello stesso senso, innovando la posizione del Partito Democratico toscano sulla vicenda.
  Se la vicenda de «il Forteto» ha trovato una sua definizione nelle aule di tribunale, deve, a nostro parere, ancora scrivere la sua pagina nera circa le responsabilità politiche e istituzionali di enti locali, giudici, servizi sociali, mondo cooperativo, certi intellettuali e, ovviamente, di tutti quei politici che, nel corso degli anni, hanno ignorato o sottovalutato le denunce. Il processo stesso, secondo quanto consta ai firmatari del presente atto, ha rischiato più volte di arenarsi, tra Pag. 32fascicoli spariti e poi miracolosamente rinvenuti e testimonianze prima rese e poi inspiegabilmente ritrattate.
  Per questo motivo, noi riteniamo inqualificabile il comportamento da parte del Ministero, se non giustificato dalla connivenza con il sistema della Legacoop e dal grande conflitto di interessi che ribadisco, perché non vi è altra giustificazione, davanti a una tale gestione amministrativa, anche questa sanzionata ed evidenziata, in merito al non procedere al commissariamento.
  E che altro deve succedere ? Qualche morto ? Qualche delitto ? Immaginiamo che cosa sarebbe successo a parti invertite ! La sinistra avrebbe portato in piazza migliaia di persone, forconi e quant'altro, avrebbe scatenato l'inferno davanti a una situazione del genere ! E qui come se nulla fosse ! Per questo, il gruppo di Forza Italia ha depositato alla Camera dei deputati anche una proposta di legge rispetto all’«Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di affidamento di minori a comunità e istituti», su cui si auspica la più ampia convergenza delle forze politiche, che si faccia carico di raccogliere e tesorizzare le vicende accadute presso la struttura di accoglienza «il Forteto» di Firenze, affinché, anche alla luce di quanto riportato dalla commissione regionale d'inchiesta istituita sui medesimi fatti, si possano colmare le lacune e le smagliature legislative a livello nazionale e si possa avviare un'indagine su tutto il territorio nazionale circa la bontà delle attività delle altre strutture, comunità e istituti d'accoglienza dei minori.
  Sarei molto sorpreso, signor Presidente, se non ci fosse l'adesione unanime a questa Commissione d'inchiesta, visto che, per altre strutture che riguardano l'accoglienza, e così via, sono state assolutamente votate da questo Parlamento, ci sono già e sono già in essere. Qui si tratta di minori, con una gravità ancora superiore, con tutto il rispetto degli extracomunitari, che va assolutamente evidenziata, perché il Parlamento ha anche necessità di arrivare dove vi sono le responsabilità politiche.
  Nel contesto della mozione, noi riteniamo che debba essere il Governo a porre in essere ogni opportuna iniziativa di propria competenza volta ad accertare e definire le responsabilità e le manchevolezze politiche ed istituzionali che negli anni hanno portato alla prosecuzione degli affidi di minori, nonostante gli arresti e le condanne inflitte ai due fondatori negli anni Ottanta per reati analoghi (maltrattamenti e atti di libidine con i minori ospiti) e nonostante la sanzione inflitta all'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo per quanto avveniva nella comunità, anche in raccordo con tutte le iniziative intraprese in tal senso e richiamate in premessa; e a verificare anche, con urgenza, la sussistenza dei presupposti per la nomina di un commissario, che gestisca la cooperativa agricola in modo tale da dissociarla completamente dalla precedente gestione e dall'associazione e dalla fondazione «il Forteto», di cui sono tuttora parte tutti i condannati e, in generale, il gruppo dei fondatori, al fine anche di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali a favore delle vittime.
  In maniera opportuna si sono commissariate, giustamente e in maniera pertinente, tutte le cooperative coinvolte e connesse con «mafia capitale»; si proceda anche su questa vicenda, dove ci sono già delle sentenze e delle condanne. Noi attendiamo che il Governo, veramente, proceda in questa direzione e riteniamo che il Parlamento debba mettere una parola chiara, debba esprimersi in maniera chiara su queste vicende, veramente raccapriccianti e gravi, che non sono degne di un Paese civile e non sono degne di chi continua a dire che bisogna tutelare il welfare, i minori e quant'altro.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cozzolino, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00936. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Grazie, Presidente. Oggi ci occupiamo di una vicenda a dir poco sconvolgente, di un caso che, magari, a livello nazionale è poco o nulla Pag. 33conosciuto, ma che in Toscana e nella zona del Mugello, nei comuni tra Vicchio e Dicomano, è molto sentito e, soprattutto, non da oggi è oggetto di forti campagne di denuncia. Mi riferisco alla comunità denominata «il Forteto» e alla recente sentenza di primo grado che ha visto condannare a 17 anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti sui minori Rodolfo Fiesoli, fondatore e capo indiscusso di questa comunità. Insieme a lui sono state condannate, con pene di minore entità, altre 14 persone delle 23 mandate a processo.
  Dunque, ci troviamo di fronte ad una brutta, bruttissima storia, che, alla luce di questa sentenza e ovviamente in attesa dei successivi gradi di giudizio, per ora possiamo definire criminale, in cui sono stati commessi reati di violenza sessuale su minori, maltrattamenti e sfruttamenti fisici e psicologici.
  Vista così la vicenda e considerato che la giustizia sta facendo il suo corso, è lecito chiedersi perché oggi siamo qui a dibattere in sede istituzionale e politica del «caso Forteto» e del perché ci siano delle mozioni parlamentari che chiedono al Governo di assumere determinati impegni nell'ambito delle sue facoltà.
  Non vi nascondo che, pur essendo io nato e cresciuto proprio al Mugello e, dunque, sentendo molto la vicenda, conoscendo delle persone che sono riuscite ad uscire dal Forteto, ho riflettuto a lungo se fosse opportuno intervenire sul caso con una mozione, se fosse utile e rispettoso delle vittime trattare la questione politicamente, con l'inevitabile rischio di assumere posizioni non nel merito dei fatti, ma in base all'appartenenza politica e di strumentalizzazioni.
  Alla fine la risposta, come dimostra la mozione che abbiamo deciso di abbinare a quella già presentata dalla collega Bergamini, è stata positiva e per spiegare i motivi che hanno portato me e il gruppo al quale appartengo ad una scelta di questo tipo, consentitemi di citare un caso molto forte e che sicuramente va ben oltre il caso di cui stiamo trattando. Mi riferisco ad uno dei tanti omicidi compiuti tra gli anni Ottanta e Novanta da Jeffrey Dahmer, noto alle cronache come il «mostro di Milwaukee».
  La vittima che Dahmer aveva catturato e segregato nel suo appartamento era riuscita a fuggire in strada seminuda. Era riuscita anche ad imbattersi in due agenti di polizia, ma poiché si trattava di un ragazzo, un minore tra l'altro, asiatico e sotto l'effetto di droghe somministrategli dallo stesso Dahmer, gli agenti preferirono credere alla storia del suo futuro assassino e glielo riconsegnarono. Ovviamente e ringraziando il cielo, nella vicenda del Forteto non ci sono stati omicidi e non ci sono serial killer e ovviamente dobbiamo attendere il passaggio in giudicato delle sentenze, ma allora cosa c'entra il caso che ho appena citato ? C'entra perché in questa storia siamo chiamati a capire se ci siano stati metaforicamente dei poliziotti che, come quelli di Milwaukee, hanno consegnato le vittime ai loro aguzzini, non svolgendo il proprio lavoro, ma fermandosi alle apparenze e decidendo in base ai pregiudizi.
  Leggendo la relazione della commissione d'inchiesta istituita dalla regione Toscana, mi ha colpito fortemente un passaggio, quello in cui si afferma che si è verificato «un collasso delle istituzioni, dando vita a zona franca» in cui per anni è successo quello che è successo. Ecco, colleghi, questo è al tempo stesso il senso e il motivo per il quale il MoVimento 5 Stelle ha ritenuto di partecipare a questo dibattito con un proprio documento, pur condividendo anche la mozione già presentata da Forza Italia.
  In questa vicenda locale, il compito, ma mi sentirei di dire il dovere, delle istituzioni nazionali, Parlamento e Governo, è attivarsi e indagare per individuare se, quali e a che livello vi siano state responsabilità delle istituzioni.
  Le responsabilità penali, ovviamente, le accerterà la magistratura. Il nostro compito – e questo chiedono le mozioni – è capire che ruolo hanno giocato le istituzioni per consentire che si potesse verificare tutto ciò.Pag. 34
  Tra l'altro è notizia recentissima che la regione Toscana, anche alla luce delle condanne del giugno scorso, ha deciso di avviare una seconda commissione di inchiesta sul Forteto.
  Personalmente ritengo che non sia questo il caso per abbandonarsi a facili strumentalizzazioni politiche e non è questa la nostra finalità, perché non sarebbe corretto in primo luogo nei confronti delle vittime. Dobbiamo invece capire – ed è questo che chiediamo al Governo – come certi fatti siano potuti accadere; dobbiamo ricostruire attentamente le vicende per distinguere le carenze istituzionali, i vuoti normativi e le eventuali responsabilità politiche.
  I fatti che gridano vendetta e lasciano basiti sono moltissimi. In primo luogo quello che «il Forteto», in nessuno dei tre soggetti nei quali si articolava, fondazione, associazione e cooperativa, aveva i requisiti per ottenere minori in affido. Infatti, i minori erano affidati a coppie sposate che vivevano nella comunità.
  Alla luce di questo, come è stato possibile procedere a tali affidi, anche al netto degli abusi che successivamente sono purtroppo emersi, quando era notorio che all'interno della comunità le persone anche legalmente sposate vivessero rigidamente separate tra uomini e donne, e dunque di fatto l'affido alla coppia era solo nominale, mentre i minori erano affidati ad un soggetto, la comunità, che non aveva i titoli per ottenere l'affido ? Come è stato possibile procedere, come se nulla fosse, con gli affidi dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2000 ha sanzionato l'Italia a pagare una multa di 200 milioni di lire – c'erano ancora le lire –, proprio a causa del Forteto ? Come è stato possibile che non siano stati minimamente presi in considerazione i precedenti penali nei confronti del leader della setta di «il Forteto» per maltrattamenti, atti di libidine violenta e corruzione di minore ?
  La presenza di tanti politici nel corso degli anni a «il Forteto», tra i quali alcuni che nel corso della loro carriera sono stati leader di partiti, hanno ricoperto incarichi governativi in dicasteri attinenti alle attività di «il Forteto», o incarichi istituzionali in regione, certamente può aver giocato un ruolo nel creare una sorta di pregiudizio positivo a prescindere a favore del sistema «il Forteto». Nel caso di specie, però, è a mio avviso ancora più sconcertante e imbarazzante la presenza di molti esponenti della magistratura, in particolar modo di diversi presidenti del tribunale dei minori di Firenze, dando vita ad una contiguità a dir poco inopportuna.
  L'istituto dell'affido temporaneo ha il fine di sottrarre temporaneamente i minori da una situazione di disagio, che potrebbe arrecare danno nei loro confronti, e di inserirli in un ambiente più sereno e protettivo, che, in attesa che il disagio si risolva, gli consenta di proseguire negli studi e nello sviluppo psicologico. Nel caso di cui ci stiamo occupando, lo Stato, attraverso le leggi e i tribunali, e gli enti locali, attraverso i servizi sociali, hanno spostato minori italiani e stranieri da una situazione di difficoltà ad una situazione di orrore, sfruttamento e violenza. Le istituzioni, dunque, per negligenza, per carenze strutturali, per vuoti normativi, sono state il mezzo che ha consegnato le vittime ai loro carnefici, proprio come i due poliziotti di Milwaukee fecero con Dahmer.
  Ma il problema non è solo di individuare le responsabilità delle istituzioni che hanno permesso il perpetuarsi di questi orrori, ma intervenire concretamente a favore delle vittime, persone affidate a «il Forteto» come minori e rimaste all'interno della comunità per 10-15 anni, persone che non hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi, persone vissute con i principi di «il Forteto» descritti nella sentenza del 1985, quali l'omosessualità e il rifiuto della famiglia d'origine. E forse non dobbiamo intervenire in favore delle vittime che non hanno ottenuto risarcimenti, in quanto i reati commessi nei loro confronti sono stati prescritti ? Senza dimenticare i disabili addirittura adottati da Fiesoli, condannato per aver masturbato due disabili e un minore di tredici anni e che, all'uscita dal carcere, ebbe di nuovo Pag. 35in affido dal tribunale dei minorenni di Firenze l'adozione di un disabile, che ancora vive con lui.
  È necessaria una Commissione d'inchiesta anche al fine di evitare un'altra brutta figura all'Italia, come già nel 2000. Cosa andremo a dire alla CEDU, che dopo la loro sentenza abbiamo ancora affidato minori a «il Forteto» ? Che ancora alcuni minori sono affidati a coppie comunque provenienti da «il Forteto» e che in quel luogo vivevano con i principi ai quali hanno fatto riferimento e con cui sono cresciuti ?
  È per questo che ora serve una risposta a livello nazionale. Non possiamo rimanere a guardare. Non possiamo dire che non ci compete, non solo per le vittime, ma per tutelare l'importanza sociale e la credibilità dell'istituto dell'affido e di quei soggetti che da anni operano meritoriamente in questo settore. Non si può fare di tutta l'erba un fascio.
  Io mi auguro che in primo luogo vi sia una risposta positiva da parte del Governo che, a quanto si apprende da notizie di stampa, ha richiesto alla magistratura gli atti sulla vicenda «il Forteto».
  Per quanto ci riguarda, dichiaro già la piena disponibilità del mio gruppo ad accedere alla soluzione che può risultare il più condivisa possibile e soprattutto la più utile, come ad esempio un eventuale testo unitario e trasversale. L'importante, però, è che un segnale arrivi e arrivi in fretta ed in maniera il più possibile chiara (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vazio. Ne ha facoltà.

  FRANCO VAZIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli abusi sessuali e i maltrattamenti sui minori sono una piaga diffusa e, purtroppo, in aumento e rappresentano una pagina vergognosa per un Paese civile.
  Se il 90 per cento di queste violenze avviene in ambito familiare, come tutti i dati indicano (Telefono Azzurro, Save the Children, Cismai), il rimanente 10 per cento riguarda altri episodi che si registrano in ambito educativo, scolastico, sanitario, parrocchiale e nelle comunità per minori.
  Sono 100 mila i minori allontanati dalla famiglia per ragioni di abuso sessuale e violenza.
  Purtroppo, si tratta di un fenomeno in gran parte sommerso, taciuto per vergogna o per paura da parte delle vittime, che è tanto più grave perché coinvolge quelle figure di adulti di cui i minori si fidano e che dovrebbero favorire la loro crescita e prendersi cura di loro.
  I danni gravissimi nello sviluppo dei minori abusati producono ferite emotive che si ripercuotono su tutta la loro esistenza e condizionano anche l'età adulta e le relazioni affettive successive, minando irreversibilmente la fiducia negli altri e la possibilità di sviluppare autostima e progettualità esistenziale.
  Gli abusi in danno dei minori ospitati nella cooperativa agricola «il Forteto» nel Mugello si inseriscono in questo triste quadro e risultano doppiamente gravi, perché vanno ad aggiungersi alle esperienze negative pregresse, che avevano portato all'allontanamento di questi minori dalla famiglia, spesso proprio per ragioni di violenze e abusi sessuali: quindi, dove sarebbe stata necessaria un'azione di educazione e assistenza, si è verificata un'ulteriore sofferenza.
  Oltre a una decisa condanna nei confronti di questi eventi, è necessario lavorare in una prospettiva di prevenzione, per evitare che il minore si senta tradito proprio da coloro ai quali è affidato per essere accudito e tutelato.
  Tra le azioni da mettere in campo si colloca sicuramente in primis il monitoraggio del fenomeno per un'azione efficace di prevenzione e contrasto. A tale scopo la Commissione parlamentare sull'infanzia e l'adolescenza ha già attivato, dal 2015, un'indagine conoscitiva sulla situazione delle comunità per minori.
  Quanto accaduto nella struttura per minori «il Forteto» ha già mobilitato da tempo l'attenzione delle istituzioni: è il caso di ricordare che il consiglio della Pag. 36regione Toscana, nella legislatura appena conclusa, ha istituito una commissione d'inchiesta per fare luce senza riserve su questi fatti gravissimi: un importante ed accurato intervento di ispezione e di controllo, anche attraverso l'invio di ispettori qualificati, che ha consentito alla commissione di concludere i suoi lavori con una relazione poi votata all'unanimità.
  Ora il consiglio regionale, appena eletto, ha già raccolto l'adesione di tutti i gruppi per l'istituzione di una nuova commissione d'inchiesta, al fine di completare il lavoro proficuamente iniziato nella precedente legislatura.
  Il Partito Democratico, anche da ultimo, ha sottolineato la necessità di far luce su questi gravi episodi e di segnare una cesura con il passato, indicando altresì la necessità di un controllo costante per prevenire il ripetersi di simili comportamenti.
  Sono anche gli esiti processuali, che hanno visto il tribunale di Firenze, in data 19 giugno 2015, pronunciare per questi fatti una sentenza con pene pesantissime, che ci indicano di prendere la strada di una profonda discontinuità e ci allertano sulla gravità di fatti che interrogano le nostre coscienze. Ciò nonostante dobbiamo, tuttavia, avere ben chiaro che, pur condannando questa e le altre eventuali comunità per minori dove siano avvenuti ed avvengano abusi e violenze, non si deve dimenticare che le comunità per minori svolgono un ruolo socio-educativo decisivo per il recupero di questi ragazzi.
  Se è giusto non chiudere gli occhi e monitorare il corretto lavoro educativo svolto nelle comunità, non si devono neanche generalizzare responsabilità, così come avviene nel testo della mozione, che sono e devono rimanere personali, né indurre l'opinione pubblica a credere che questi episodi siano frequenti e non invece che rappresentino in effetti tristi e gravi esperienze legate a rari episodi. Ciò tanto più ora, che siamo a conoscenza di indagini condotte dalla procura della Repubblica di Firenze, volte a comprendere quali controlli vennero eseguiti da parte dei soggetti e degli enti competenti in merito agli affidi dei minori che negli anni furono disposti presso la comunità «il Forteto».
  La grande maggioranza degli educatori di comunità, infatti, svolge, con eccezionale generosità e altissima professionalità, il proprio lavoro, offrendo, con una dedizione davvero encomiabile, risposte educative autentiche a questi ragazzi. Generalizzare, lanciare parole e sospetti nel dibattito non rende merito al lavoro e all'impegno di costoro: non va fatto e non lo vogliamo fare. Occorre, invece, impegnare le istituzioni e la politica per costruire efficaci modelli di controllo, per intercettare precocemente questi fenomeni e, quindi, mettere i minori in condizione di protezione.
  Questo, però, non autorizza un uso strumentale a fini politici di una singola situazione, sia per le ragioni di cui ho detto in precedenza, sia perché un dibattito strumentale e finto non aiuta a costruire un percorso di verità e di efficace contrasto a un fenomeno tanto grave quanto triste per i soggetti abusati. Senza considerare che, nell'ambito della struttura finita sotto processo, nello specifico, ci sono anche tanti operatori ed educatori per bene che hanno, nel tempo, saputo conquistare la fiducia dei giudici e dei servizi sociali e, quindi, azioni denigratorie generalizzate potrebbero non solo colpire la loro professionalità e dignità, ma anche mettere a rischio le loro prospettive di lavoro.
  Infine, per quanto attiene alla richiesta di impegno rivolta al Governo di commissariare la cooperativa agricola, proprio perché tale valutazione rientra tra le attività che competono al Governo, la formulazione utilizzata manifesta tutta la sua strumentalità. Le valutazioni dovranno essere svolte e gli approfondimenti dovranno essere compiuti con tutta l'urgenza e l'attenzione che il caso merita e richiede. Il Governo è certamente conscio di tutto ciò e pertanto il sapore della mozione in punto appare come un'indebita forzatura collocata all'interno di un processo valutativo assai delicato, che non può e non deve essere condizionato dagli umori della Pag. 37politica, ma invece condotto con tutta la sapienza, l'indipendenza e la trasparenza possibili.
  Con queste riflessioni e queste osservazioni chiudo il mio intervento, auspicando che il Parlamento voglia imboccare senza indugio la strada della verità e dell'efficacia, lasciandosi alle spalle strumentali e inutili polemiche che certamente non aiuteranno alcuno, né potranno neppure indurre sollievo a chi quei terribili abusi ha subito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

  ANDREA MAESTRI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Maestri, in questa fase non può intervenire. Semmai dopo.

(Intervento del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie Presidente, ho ascoltato con interesse i vari interventi e proprio perché si tratta di un argomento molto importante e delicato sul quale il Governo mostra grande attenzione – esprimerò i pareri all'esito del dibattito, quindi, quando saranno intervenuti tutti – voglio solo dire, in questa sede, due cose. Innanzitutto, vorrei richiamare l'attenzione e segnalare come il Governo sia attento e voglia che si faccia chiarezza. Molte volte, in tutti gli interventi, si è parlato di fare luce, di controlli e il Governo è d'accordo con questa necessità e questa impostazione senza perdere di vista – e guardando avanti, come diceva prima anche l'onorevole Vazio – tutto quello che ruota intorno a questo argomento e l'importanza dell'affidamento presso le comunità familiari. L'affidamento familiare è, infatti, un intervento temporaneo di aiuto e di sostegno a minori provenienti da famiglie non in grado di occuparsi delle loro necessità.
  Quindi, attraverso l'affidamento, che sia presso la famiglia o che sia presso una comunità familiare, dobbiamo avere l'obiettivo comune che il bambino incontri una famiglia o un luogo che lo accolga, che si impegni ad assicurare un'adeguata risposta ai suoi bisogni affettivi, educativi, di mantenimento e di istruzione, nel totale rispetto della storia individuale e familiare del minore.
  Quindi, anche il Governo conosce e ritiene che sia un punto di partenza il documento approvato all'unanimità dal consiglio regionale della regione Toscana, che individua alcuni punti. Abbiamo richiesto gli atti e abbiamo aperto un'interlocuzione con l'autorità giudiziaria fiorentina; dobbiamo prendere e leggere le motivazioni della sentenza di giugno con cui sono stati condannati a pene pesanti, seppure in primo grado, alcuni degli imputati; quindi, già leggendo il capo di imputazione di questa sentenza ed essendo stata pronunciata una sentenza di condanna di primo grado a pene severe, si aspettano le motivazioni, ma certamente c’è stato negli anni un quadro sul quale occorre fare grande chiarezza e grande luce.
  Questa è anche l'occasione per rivedere e riflettere su tutta la normativa che riguarda e che dà gli strumenti di vigilanza sul corretto funzionamento delle strutture comunitarie che ospitano minori. L'articolo 9, comma 2, della legge n. 184 del 1983 prevede che gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare debbano trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui hanno sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro, con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il comma 3 di questa norma prevede, altresì, che il procuratore della Repubblica presso il Pag. 38tribunale per i minorenni ogni sei mesi disponga ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati, ai fini, appunto di quanto dettato nel comma che ho citato. Poi, inoltre, che proceda a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
  Poteri di vigilanza e di controllo sono conferiti anche al Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, figura istituita con la legge n. 112 dell'11 luglio 2011, che può accedere a dati e informazioni relative ai minori, nonché procedere a visite e ad ispezioni presso strutture pubbliche o private ove siano presenti minori. Anche i garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza presenti in diverse regioni svolgono le medesime attività a livello locale.
  Dal punto di vista organizzativo, il decreto 21 maggio 2001, n. 308, detta i requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, prevedendo una particolareggiata definizione anche delle caratteristiche edilizie e abitative delle strutture destinate all'accoglienza dei minori.
  Quindi, tutto questo noi dobbiamo far sì che funzioni; dobbiamo far sì che ci sia un collegamento, un'integrazione tra queste istituzioni, che ci sia un monitoraggio effettivo e che quindi si intervenga anche nella fase preventiva e, quindi, in tutta quella fase che precede e che dev'essere di aiuto all'operato della magistratura. Non è un caso, infatti, che, in presenza di procedimenti penali per reati sessuali commessi in danno di minorenni, l'articolo 609-decies del codice penale prevede che il procuratore della Repubblica ne dia notizia al tribunale per i minorenni e, su impulso della procura minorile, viene quindi aperto un procedimento civile a tutela del minore vittima di tali reati, nel cui ambito è prevista l'adozione dei necessari provvedimenti cautelari ed urgenti a protezione del minore stesso, ivi compreso il trasferimento degli ospiti in altra struttura comunitaria.
  Quindi, occorre verificare questo quadro normativo, cosa non abbia funzionato nel caso del Forteto, occorre fare chiarezza, occorre fare luce, come è stato detto da chi è intervenuto oggi, e occorre prendere spunto sia dal documento approvato all'unanimità dal consiglio regionale che dalla sentenza emessa dal tribunale di Firenze, che come dicevo prima, ha condannato a pene severe alcune delle persone imputate.
  Devo solo dire, mi riservo poi di approfondire in sede di replica tutti gli aspetti indicati nelle mozioni degli onorevoli interroganti, che il presidente del tribunale per i minori ha riferito di una serie di iniziative volte a porre al centro del proprio operato il compito di costituire con le altre istituzioni interessate, tra cui la procura ed il garante per l'infanzia e l'adolescenza e la regione, un tavolo di lavoro per controllare i minori collocati fuori dalla famiglia. Ha inoltre informato che è in corso anche lo studio di un programma informatico per monitorare gli affidi eterofamiliari e i minori collocati in comunità e per la costituzione di una banca dati dei minori collocati fuori dalla famiglia in collaborazione con la procura della Repubblica. Ha infine precisato come l'affido eterofamiliare non è mai da subito nominativo ma sempre preceduto dall'incarico ai servizi sociali di reperire famiglie attraverso il servizio affidi, previa valutazione delle capacità genitoriali della coppia. Il servizio deve segnalare al tribunale per i minori il nominativo della coppia individuata per consentire al tribunale di convocarla e di verificare le risultanze delle relazioni. La coppia poi diviene direttamente affidataria dopo un periodo di verifica dell'andamento dell'affido. Ho detto questo per segnalare come l'autorità giudiziaria minorile si sia immediatamente attivata per verificare ciò e quindi occorre, non solo nel caso di Forteto, ma per quanto riguarda tutto il resto del sistema, verificare, coordinare il lavoro del tribunale dei minori, dei servizi sociali, con quello delle comunità familiari; verificare dove funzionano e prendere atto di quelle best practice, di quei modelli che lavorano e che interpretano il rispetto della legge così come il legislatore ha voluto e, invece, massima severità sia in fase di prevenzione, Pag. 39quella autorizzatoria, che in quella repressiva della magistratura laddove ciò non funziona, perché tutti dobbiamo avere a cuore la tutela delle vittime. Il Governo si è impegnato in numerosi provvedimenti a tutela delle vittime, a tutela delle donne ma a tutela anche dei minori ed è questa la strada che vuole percorre e che vuole continuare, così come dobbiamo riflettere su come tutelare le vittime che devono essere risarcite in questo episodio del Forteto, un altro tema all'attenzione che deve rappresentare un obiettivo comune per tutti. Occorre poi verificare tutti quei casi in cui vi sia conflitto di interesse tra comunità familiari e magistratura onoraria minorile.
  Su questi punti occorre fare chiarezza e anche il Dipartimento della giustizia minorile vuole dare il proprio contributo, così come il Governo, perché si ritiene che sulla gravità di questi episodi non si possa fare sconti a nessuno e si debba adottare severità nel rispetto di tutti, dei minori, della società di oggi e di domani.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Onorevole Andrea Maestri, nel cogliere l'occasione per porgerle il benvenuto da parte dell'Assemblea, le rammento che per la discussione generale ci si può iscrivere sino ad un'ora prima dell'inizio della discussione. Se vuole, posso darle la parola per un paio di minuti per un intervento di fine seduta che, in via del tutto eccezionale, riguarda lo stesso argomento che abbiamo trattato, così salviamo, come si dice dalle nostre parti, capra e cavoli.

  ANDREA MAESTRI. Signor Presidente, la ringrazio ed essendo il mio primo intervento alla Camera, desidero anzitutto salutare la Presidenza, salutare i colleghi ed esprimere in occasione di questo dibattito alcune valutazioni brevissime, data anche l'eccezionalità dell'intervento e ringrazio la Presidenza per lo scrupolo e la sensibilità con cui mi viene comunque concessa la parola, nonostante non mi sia prenotato nei tempi regolamentari.
  Il dibattito che ho ascoltato chiama in causa un tema assai rilevante, forse uno dei temi più rilevanti di cui la politica possa occuparsi. Le mie sono riflessioni, veloci, rapide e a botta calda, come si suol dire, soprattutto vengono da una persona che è impegnata professionalmente sulle problematiche inerenti alla tutela dei minori, poiché sono avvocato e mi occupo spesso di vicende inerenti alla tutela dei minori. Per questo anche in ragione della mia collocazione nel gruppo Misto mi viene da fare una sollecitazione ad entrambe le parti, entrambi gli schieramenti che si sono manifestati in questo primo dibattito sulle linee generali della mozione presentata da Forza Italia.
  Credo che al di là delle frasi di circostanza, dell'opportuna e necessaria ricognizione delle norme che è stata fatta anche dal rappresentante del Governo, data l'eccezionale gravità di ciò che è accaduto, posto che l'indagine toscana ha disvelato un quadro di inaudita gravità, sia davvero necessario compiere lo sforzo più condiviso possibile per un'iniziativa parlamentare energica sulla effettività delle norme che sono state qui opportunamente citate e della filiera istituzionale che riguarda la tutela dei minori e in particolare l'affido etero-familiare. È di questo che ci dobbiamo occupare, al di là delle possibili strumentalizzazioni e di tutte le valutazioni che qui sono state fatte e che posso ritenere di condividere. Però sin da ora desidero esprimere l'auspicio che entrambi gli schieramenti, e comunque tutti coloro che si esprimono su questa materia, abbiano come punto di riferimento il superiore interesse del fanciullo che è il principio cardine della convenzione di New York del 1989 che deve guidare il nostro operato anche di parlamentari.
  Grazie di nuovo, Presidente, per la sua sensibilità.

Pag. 40

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 7 luglio 2015, alle 9,30:

  1. – Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 11)

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Colletti ed altri n. 1-00921, Sberna ed altri n. 1-00924, Binetti e Dorina Bianchi n. 1-00926, Rondini ed altri n. 1-00927, Bazoli ed altri n. 1-00928, Palese n. 1-00930, Paglia ed altri n. 1-00931, Matarrese ed altri n. 1-00932 e Rampelli ed altri n. 1-00939 concernenti iniziative volte a sospendere le procedure di espropriazione relative ad immobili adibiti ad abitazione principale.

  3. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria (C. 3201).

  4. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 344-359-1009-1073 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: DE POLI; RANUCCI; PADUA ed altri; ZANONI: Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie (Approvata, in un testo unificato, dalla 12a Commissione permanente del Senato) (C. 2985-A).
  e delle abbinate proposte di legge: BIONDELLI ed altri; FARAONE ed altri; ARGENTIN ed altri; CALABRÒ ed altri (C. 143-1167-2288-2819).
  — Relatrice: Binetti.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00922, Cozzolino ed altri n. 1-00936, Bechis ed altri n. 1-00937 e Rampelli ed altri n. 1-00938 concernenti iniziative di competenza in relazione alla vicenda della cooperativa «il Forteto».

  (al termine delle votazioni)

  6. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 2994-B).
  — Relatori: Coscia, per la maggioranza; Vacca e Pannarale, di minoranza.

  La seduta termina alle 18,30.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA PAOLA BINETTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2985-A

  PAOLA BINETTI, Relatrice. Valori attesi dalla applicazione di questa legge:
   a) Sono necessari nuovi modelli organizzativi per una diagnosi precoce ma anche qualitativamente più articolata: Il problema della diagnosi dell'autismo non riguarda solo la sua precocità: quanto prima meglio, quanto più certa meglio ancora ! Ma è necessario caratterizzare il tipo di autismo che il soggetto presenta, capire come si colloca il soggetto rispetto all'intero arco dello spettro autistico per Pag. 41decidere che tipo di progetto di abilitazione converrà programmare ed attuare per lui. Bisogna definire quale sia il livello di disabilità a cui il soggetto andrà incontro, per valutare di che tipo di interventi hanno bisogno lui e la sua famiglia. La classificazione dei livelli di gravità prevista dal DSM – V permette anche di ottenere risorse aggiuntive come l'indennità di accompagnamento secondo la Circolare INPS allegata.
   b) Problematiche di natura socio-professionale per il soggetto con disturbi dello spettro autistico in età adulta: occorre restituire spazio ed attenzione alla formazione nelle diverse età della vita valorizzando la normativa già presente. Per esempio la legge 118/71 che all'articolo 28 disponeva l'inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni e per favorire tale inserimento disponeva che agli alunni con disabilità venissero assicurati il trasporto, l'accesso agli edifici scolastici mediante il superamento delle barriere architettoniche. L'attuale legge sull'autismo mantiene il giusto filo diretto anche con la Legge 5 febbraio 1992, n. 104: «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», all'articolo 8, dove si parla di Inserimento ed integrazione sociale, attraverso interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita. C’è poi la nota del MIUR, prot. n. 4274 del 4 agosto 2009, che contiene le «Linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità», con le quali l'amministrazione fornisce agli operatori scolastici una visione organica della integrazione per orientare la direzione verso una piena conformità ai principi dell'integrazione. Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.) sono per Legge i momenti concreti in cui si esercita il diritto all'istruzione e all'educazione dell'alunno con disabilità.
   c) Misure a favore delle famiglie dei soggetti con spettro autistico. Nonostante il titolo della legge faccia un esplicito riferimento alle misure di sostegno alla famiglia, il corpo della legge poi è piuttosto avaro di interventi a favore della famiglia, pur essendo a tutti noto come possa cambiare la qualità di vita complessiva di una famiglia, quando c’è un soggetto disabile che con le sue esigenze e le sue difficoltà finisce col dettare la linea dello stile di vita a tutti i membri che ne fanno parte. È necessario che ai familiari che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico siano riconosciute agevolazioni previdenziali e lavorative, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Quando è documentata la condizione di Disturbo dello spettro autistico, l'orientamento dell'INPS è quello della concessione dell'indennità di accompagnamento e il riconoscimento dello stato di Handicap in condizione di gravità a norma dell'articolo 3 comma 3 della legge 104/92. Ma le future leggi possono e debbono fare di più in merito alla centralità della famiglia quando deve farsi carico di problemi di lunga durata, di forte impegno sul piano relazionale, e di scarsa prospettiva di autonomia, come accade in molti casi.

  In Conclusione:
  L'approvazione di questa legge, preceduta ed accompagnata da un reale coinvolgimento delle Associazioni di genitori dei soggetti autistici: minori ed adulti, e dai principali esponenti del mondo della ricerca in questo campo così delicato, rappresenta una risposta positiva alle esigenze di tutte le persone che rientrano nella diagnosi del DSA e alle loro famiglie che se ne prendono cura.
  È anche una importante occasione per smontare una serie di pregiudizi che da sempre hanno accompagnato la condizione di queste persone, aggiungendo sofferenza a sofferenza. Si pensi ad esempio all'ultima campagna di dis-informazione in cui il quadro del DSA è stato nuovamente collegato alle vaccinazioni, producendo Pag. 42sconcerto e aumentando i rischi per la qualità di vita di molti altri bambini. Oppure alla definizione di «comportamenti antisociali» riferita all'autismo, che non ha alcun riscontro nella letteratura scientifica, ed è stigmatizzante, in quanto evoca contrapposizione e pericolosità sociale. In questo modo si aumenta lo stigma, e quindi, in definitiva, si allontana la possibilità di comprensione sociale dell'autismo, che permetterebbe di migliorare la qualità della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie.
  I riferimenti contenuti nei nuovi LEA, le decisioni maturate in seno all'INPS in merito alla indennità di accompagnamento, inseriti nel quadro della attuale legge ne fanno indubbiamente uno strumento più efficace per venire incontro alle esigenze delle persone con disturbi dello spettro autistico e alla loro famiglie. Ma mancano adeguate misure di sostegno per le famiglie che si prendono cura dei figli, trasformando completamente l'impianto organizzativo famigliare, non solo rinunziando al lavoro, ma trasformando tutto il contesto familiare per renderlo più funzionale ai bisogni dei bambini con disturbi più gravi.
  Disturbi dello spettro autistico studiati ed analizzati con una profonda attività di Ricerca, clinica e di base, pedagogica e sociale, sono obiettivi importanti che si vogliono conseguire con questa legge, che può fare da apripista per individuare modi corretti per affrontare anche altre problematiche che riguardano le patologie dello sviluppo.

  Allegato 1: Ministero della salute.
  Aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza e autismo.
  In relazione alla segnalazioni giunte al Ministro circa il presunto «mancato inserimento» dell'autismo nella proposta di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, si ricorda preliminarmente che in nessun caso la proposta di aggiornamento riporta le prestazioni e i servizi destinati a pazienti con specifiche patologie, descrivendo piuttosto l'offerta rivolta ad ampie categorie di cittadini o all'intera popolazione. In altri termini, non esistono i LEA per l'autismo, così come non esistono i LEA per i malati di SLA o quelli per i malati di scompenso cardiaco. In questa prospettiva, per quanto riguarda la presa in carico e il trattamento, la proposta descrive nel dettaglio le prestazioni che il Ssn garantisce ai «minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico». Si è preferito utilizzare questa formula ampia (rispetto a quella più restrittiva di «disturbi neuropsichiatrici») proprio per includere tra i destinatari del servizio i minori con autismo. I servizi individuati principalmente in ambito domiciliare e ambulatoriale ma anche in ambito residenziale e semiresidenziale e le principali prestazioni sono le seguenti:

  Accoglienza;
   a)attuazione e verifica del Progetto terapeutico riabilitativo individuale, in collaborazione con il servizio di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di riferimento;
   b) visite neuropsichiatriche;
   c) prescrizione, somministrazione e monitoraggio di terapie farmacologiche e fornitura dei dispositivi medici di cui agli articoli 11 e 17;
   d) colloqui psicologico-clinici;
   e) psicoterapia (individuale, familiare, di gruppo);
   f) interventi psicoeducativi (individuali e di gruppo);
   g) abilitazione e riabilitazione estensiva (individuale e di gruppo) finalizzate allo sviluppo dell'autonomia personale e sociale in relazione alla compromissione delle funzioni sensoriali, motorie, cognitive, neurologiche e psichiche, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle avanzate evidenze scientifiche;
   h) interventi sulla rete sociale, formale e informale;Pag. 43
   i) collaborazione con le istituzioni scolastiche per l'inserimento e l'integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado, in riferimento alle prestazioni previste dalla legge 104/1992 e successive modificazioni e integrazioni;
   j) collaborazione con i pediatri di libera scelta e con i medici di medicina generale;
   k) adempimenti nell'ambito dei rapporti con l'Autorità giudiziaria minorile;
   l) collaborazione ed integrazione con i servizi per le dipendenze patologiche, con particolare riferimento ai minori con comorbidità;
   m) progettazione coordinata e condivisa con i servizi per la tutela della salute mentale del percorso di continuità assistenziale dei minori in vista del passaggio all'età adulta.

  Nella descrizione delle attività di abilitazione e riabilitazione, si è avuto cura di usare la formulazione utilizzata nel ddl all'esame del Senato per fare riferimento ai metodi riabilitativi di maggiore efficacia, descritti anche nelle recenti Linee guida approvate dall'ISS.
  Oltre alla esplicita definizione delle prestazioni socio-sanitarie, il dPCM conferma la tutela già attualmente prevista in termini di esenzione dal ticket sulle prestazioni correlate. In questo contesto, l'autismo è indicato con lo specifico sottocodice ICD9-CM nell'ampio insieme delle psicosi.

  Allegato 2: INPS (estratto)
  Comunicazione tecnico scientifica autismo:
   Ad integrazione del messaggio 5544 del 23.06.2014 incentrato sul tema delle previsioni di rivedibilità nei minori affetti da autismo, si trasmette la seguente comunicazione volta a fornire criteri orientativi al giudizio medico legale in campo assistenziale ai medici dell'Istituto.

  Approccio alla valutazione medico legale:
   Preso atto della complessità della sindrome, dell'elevata comorbilità, della necessità che la diagnosi e la valutazione clinica siano effettuate da strutture specializzate e del fatto che il disturbo autistico è permanente, pur con espressività variabile, si ritiene che:
    il giudizio medico-legale non possa essere basato su una osservazione clinica estemporanea ma che debba derivare da una corretta interpretazione della documentazione clinica presentata, ancor più se la stessa documenta anche i livelli di attività e partecipazione;
    in Letteratura si riporta come valido predittore di esito il Q.I. non verbale; in particolare, un Q.I. non verbale inferiore a 50 in età prescolare è associato con una ridotta possibilità che venga acquisito un livello funzionale di linguaggio verbale e con una scarsa possibilità di un adeguato funzionamento sociale in adolescenza o in età adulta. Si ritiene, pertanto, che laddove sia documentata tale condizione, l'orientamento corrispondente sia quello che comporta la concessione dell'indennità di accompagnamento e il riconoscimento dello stato di Handicap in condizione di gravità a norma dell'articolo 3 comma 3 della legge 104/92. Si precisa, altresì, che la presenza di un Q.I. non verbale relativamente alto (70) viene considerato dagli Autori come una condizione necessaria ma non sufficiente per una buona prognosi. Si fa presente che nel DSM-5 la disabilità intellettiva viene stimata non più con la semplice misurazione del QI, ma anche con la valutazione delle capacità adattive tramite VABS (Vineland Adaptive Behaviour Scale); la disabilità intellettiva, quindi, risulta presente anche nelle persone con autismo e QI nella norma. Si sottolinea l'importanza, al fine di evitare automatismi acritici nel giudizio medico Pag. 44legale, della valutazione clinica globale del minore affetto da Disturbo Autistico effettuata dai centri specializzati.

  Si ribadisce che le previsioni di rivedibilità in minore affetto da disturbo autistico trovano ragione solo nei casi in cui le strutture di riferimento attestino un disturbo autistico di tipo lieve o borderline con ritardo mentale (misurato in termini di QI e di capacità adattive) assente o lieve.