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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 373 di venerdì 6 febbraio 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge:
   SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
    l'incremento delle risorse destinate agli interventi in favore dei giovani e dell'infanzia (814) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    lo svolgimento di indagini approfondite sulla gestione dell'azienda di trasporto pubblico ATAC di Roma (815) – alla IX Commissione (Trasporti);
    l'istituzione presso i comuni di registri delle unioni civili (816) – alla II Commissione (Giustizia);
    la concessione della cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia (817) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    iniziative a sostegno del cinema italiano e delle sale cinematografiche (818) – alla VII Commissione (Cultura);
   MARINO SAVINA, da Roma, chiede misure per promuovere la gestione diretta delle imprese in crisi da parte dei lavoratori (819) – alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XI (Lavoro);
   RENATO LELLI, da San Pietro in Cariano (Verona), chiede:
    l'abolizione delle società pubbliche (820) – alla V Commissione (Bilancio);
    nuove norme in materia di prescrizione e di falso in bilancio (821) – alla II Commissione (Giustizia);
    modifiche alle disposizioni sulla concessione dell'assegno sociale agli stranieri (822) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    la revisione delle norme che consentono l'utilizzo delle risorse dell'otto per mille da parte delle confessioni religiose (823) – alla V Commissione (Bilancio);
   FULVIO FIORENTINI, da Civita Castellana (Viterbo), chiede l'ampliamento dei termini previsti dal codice di procedura Pag. 2penale per i ricorsi in cassazione (824) – alla II Commissione (Giustizia);
   GIUSEPPE CRIFÒ, da Messina, chiede che non sia consentito lo svolgimento contestuale delle prove per l'abilitazione all'esercizio della professione di infermiere e di quelle per il conseguimento della laurea in scienze infermieristiche (825) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   ANTONIO MORONE, da Roma, chiede misure per favorire il ricambio generazionale del personale pubblico (826) – alla XI Commissione (Lavoro);
   NORMA VICENZI, da Mori (Trento), chiede iniziative a tutela della riservatezza dei dati personali degli utenti di applicazioni per smartphone e tablet (827) – alla II Commissione (Giustizia);
   FRANCESCO DEL VECCHIO, da Anversa degli Abruzzi (L'Aquila), chiede nuove norme a tutela dei cittadini danneggiati da abusi edilizi (828) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
    nuove norme in materia di tassazione sui terreni edificabili (829) – alla VI Commissione (Finanze);
    interventi volti a garantire il buon funzionamento degli strumenti informatici degli uffici pubblici (830) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'elezione diretta del Presidente della Repubblica (831) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    iniziative per garantire la sicurezza notturna dei cittadini della provincia di Caserta (832) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'aumento dell'importo dell'assegno sociale (833) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    l'istituzione di un difensore civico nazionale presso la Presidenza della Repubblica (834) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    misure a sostegno dei lavoratori autonomi e di coloro che lavorano lontano dal luogo di residenza (835) – alla XI Commissione (Lavoro);
   RODOLFO ROMANO, da Napoli, chiede norme per il rientro in Italia e la sepoltura nel Pantheon delle salme di Vittorio Emanuele III e Umberto II e delle loro consorti (836) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   MASSIMILIANO VALDANNINI, da Roma, chiede:
    che le attività di carico e scarico delle merci, di raccolta dei rifiuti e di pulizia delle strade siano effettuate solo nelle ore notturne (837) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    l'abrogazione degli articoli 81, 82 e 83 della legge n. 121 del 1981, in materia di comportamento politico, diritti sindacali e sindacati delle forze di polizia (838) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
    che i dipendenti pubblici e privati recuperino le festività infrasettimanali, a eccezione del Natale, lavorando nel primo sabato successivo (839) – alla XI Commissione (Lavoro);
    che le pensioni di guerra siano pagate il primo giorno non festivo del mese (840) – alla XI Commissione (Lavoro);
   FABRIZIO VERGAMINI, da Roma, chiede l'introduzione di un meccanismo di revisione periodica delle sanzioni penali e amministrative in base all'aumento o al decremento delle violazioni (841) – alla II Commissione (Giustizia).

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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti e iniziative in ordine agli obblighi derivanti dall'applicazione del Regolamento (UE) n. 1169/2011 in materia di etichettatura dei prodotti alimentari – n. 2-00818)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gagnarli n. 2-00818, concernente chiarimenti e iniziative in ordine agli obblighi derivanti dall'applicazione del Regolamento (UE) n. 1169/2011 in materia di etichettatura dei prodotti alimentari (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Massimiliano Bernini se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMILIANO BERNINI. Grazie Presidente, colleghi, sottosegretario, come di certo il Governo saprà, a decorrere dal 13 dicembre 2014, a causa della mancata notifica del Governo italiano alla Commissione europea, non sarà più obbligatorio indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia, essendo divenuto cogente il regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, teso a garantire, all'interno del mercato unico europeo, l'uniformità delle regole a presidio delle informazioni dei consumatori in relazione agli alimenti.
  L'informazione dello stabilimento di produzione non è infatti contemplata nell'elenco delle indicazioni obbligatorie e, sebbene fosse prevista dalla normativa italiana con il decreto legislativo n. 109 del 1992, per la gerarchia delle fonti, la presenza dell'indicazione dello stabilimento di produzione e confezionamento in etichetta diventa facoltativa.
  Il mio gruppo, il MoVimento 5 Stelle, ha già depositato un'interpellanza chiedendo un intervento del Governo che rispondeva nel modo seguente: non essendovi una legge ad hoc, si è preferito non rinnovare la richiesta.
  A dimostrazione dell'attenzione che il MoVimento 5 Stelle ha per questa tematica che poi è una esigenza di gran parte dei cittadini di questo Paese, abbiamo presentato una proposta di legge e abbiamo promosso una campagna attraverso la quale i cittadini hanno potuto far sentire la propria voce, inviando una lettera indirizza al Premier Matteo Renzi, al Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e dell'Agricoltura, Maurizio Martina.
  In diecimila hanno accolto l'invito chiedendo di notificare alla Commissione Europea la volontà di legiferare per mantenere l'obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione e confezionamento dei prodotti alimentari.
  Ma ancora una volta non è stato accolto il nostro invito e, fatto ancor più grave, è stata ignorata la richiesta degli oltre diecimila cittadini che chiedevano un'azione efficace da parte dell'Esecutivo.
  In pratica, dallo scorso dicembre, consumiamo prodotti alimentari senza sapere dove siano prodotti e confezionati, e la colpa di tutto ciò è imputabile solamente all'incapacità di questo Governo, più volte incalzato – lo ripeto – con innumerevoli interrogazioni, mozioni, risoluzioni ed interpellanze urgenti.
  Il Ministro Martina, lo scorso 21 dicembre, quindi già fuori tempo massimo, ha annunciato di aver chiesto al Ministero dello Sviluppo economico di ripristinare l'obbligatorietà dello stabilimento di produzione in etichetta, ma a parte questa flebile azione, da allora tutto tace e muore con questo silenzio, il diritto dei cittadini ad essere informati.
  L'evoluzione della normativa sull'etichettatura dei prodotti alimentari, a partire da un iniziale interesse per le finalità igienico-sanitarie, ha visto il passaggio graduale verso l'acquisizione, da parte del cittadino-consumatore, della consapevolezza dei propri diritti ed alla formazione Pag. 4della sua capacità di orientamento e di scelta, non solo indirizzata alla salvaguardia della propria salute.
  Le scelte dei cittadini-consumatori, infatti, possono essere influenzate da considerazioni di natura sanitaria, economica, ambientale, sociale ed etica. Il cittadino-consumatore, informato sulle modalità di produzione e distribuzione del prodotto o sulle condizioni di lavoro dei dipendenti, sarà in grado, per esempio, di effettuare scelte di carattere sociale ed etico.
  Le norme in tema di etichettatura dei prodotti alimentari devono, non solo proteggere la salute pubblica, ma anche assicurare l'informazione dei consumatori sulla lealtà e la trasparenza delle relazioni commerciali.
  Il diritto all'informazione trova pieno compimento quando il consumatore è informato su tutte le fasi di lavorazione del prodotto, in tutti i passaggi di filiera, consentendogli quindi di effettuare scelte consapevoli che considerino i vari aspetti, legati alla vita del prodotto.
  Non può esserci reale e completa protezione del consumatore se non è garantita la reale e puntuale informazione sulla vita del prodotto, o meglio, se non viene compensata quella che in gergo è definita «asimmetria informativa».
  Come può un Governo definirsi democratico oppure attento ai processi democratici se poi con la propria immotivata astensione cancella il sacrosanto diritto del cittadino-consumatore di sapere non solo cosa sta mangiando, ma anche come è stato trattato il prodotto nelle varie fasi di produzione, a partire dalla materia prima ?
  Non dimentichiamoci, inoltre, che l'indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione e confezionamento consente alle Autorità di controllo di attivare nel più breve tempo possibile le azioni correttive volte a mitigare eventuali rischi per la salute umana nel caso in cui vengano segnalate o si riscontrino anomalie, alterazioni e ogni altra situazione in grado di provocare un'allerta per la pubblica incolumità.
  Quindi, in un sol colpo, il Governo è riuscito ad eliminare un diritto dei cittadini a non tutelare e promuovere l'eccellenza italiana dell'agroalimentare e a mettere in pericolo la pubblica incolumità.
  Signor Presidente, mi preme ricordare in questa sede che il regolamento (UE) n. 1169/2011 inoltre ha introdotto l'obbligo di indicazione dell'eventuale presenza di allergeni nelle etichette degli alimenti preconfezionati.
  La presenza di allergeni deve essere comunicata ai consumatori anche quando gli alimenti siano venduti al dettaglio o somministrati, ad esempio, in bar e ristoranti. In alcuni Paesi dell'Unione europea, come Grecia, Olanda, Belgio, Croazia, ma anche in Francia, Germania, Gran Bretagna, la presenza di allergeni si potrà comunicare anche a voce: si chiama informativa orale.
  Ad oggi, non è ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 e permane, quindi, estrema incertezza tra gli operatori sui tempi e sulle modalità di effettiva applicazione delle disposizioni comunitarie, nonché su quali sanzioni debbano essere applicate per la violazione degli adempimenti in esso previsti.
  Signor Presidente, chiedo oggi al Governo – e con questo concludo – se intenda notificare alla Commissione europea, come recentemente ha dichiarato il Ministro Martina, la volontà di mantenere l'obbligo di indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia; come intenda far fronte all'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati in ristoranti o mense pubbliche, e se ritenga applicabile almeno il ricorso alla cosiddetta informativa orale; infine, se non ritenga opportuno predisporre urgentemente un impianto sanzionatorio in caso di inottemperanza del regolamento (UE) n. 1169/2011 da parte degli operatori, diversificandolo in base alle attività svolte, al fine di dotare le autorità preposte ai controlli di tutti gli Pag. 5strumenti necessari a garantire la corretta applicazione delle disposizioni in esso contenute.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento all'atto di sindacato ispettivo appena illustrato, data la rilevanza e la complessità della materia, cercherò di fornire elementi di risposta suddivisi per punti ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti.
  In premessa, tuttavia, credo che sia utile rendere noto quanto comunicato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che, interrogato al riguardo, fa presente che la materia dell'etichettatura riveste un carattere di priorità anche per quella amministrazione.
  Il Ministero dell'agricoltura, infatti, ritiene fondamentale mantenere, attraverso disposizioni nazionali, l'obbligatorietà dell'indicazione della sede dello stabilimento di produzione e di confezionamento, disposizione non espressamente prevista dal Regolamento (UE) n. 1169 del 2011.
  In proposito, il Ministro Martina, lo scorso 9 gennaio, ha inviato una lettera al Ministro Guidi con cui ha evidenziato che, nella precedente regolamentazione, l'Italia aveva optato per l'obbligatorietà dell'indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, rilevando, altresì, che l'applicazione di questa previsione ha dimostrato negli anni una grande utilità sia per garantire la correttezza e la trasparenza nei confronti dei consumatori, sia per agevolare l'attività dei controlli ufficiali operati anche dallo stesso Ministero per le politiche agricole per il contrasto delle frodi.
  Sarebbe, dunque, di viva importanza, a giudizio di quell'amministrazione, mantenere l'obbligatorietà dell'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento anche con le nuove disposizioni nazionali.
  Il MIPAAF ritiene, infatti, che un intervento normativo in tal senso possa ulteriormente rafforzare la tutela e la credibilità dei prodotti made in Italy, oltre che rassicurare i consumatori sulla trasparenza delle informazioni contenute nell'etichetta dei beni alimentari.
  In risposta alla citata missiva, il Ministro Guidi ha evidenziato che il percorso da seguire non possa, allo stesso tempo, non contemperare le diverse esigenze tra la componente agricola e quella industriale dell'apparato produttivo nazionale, nell'ottica di una strategia comune dell'intera filiera e dell'interesse complessivo del Paese.
  Peraltro, lo stesso Ministro ha condiviso l'esigenza di adottare iniziative comuni presso la Commissione europea e gli altri Stati membri, al fine di assumere un ruolo trainante nella determinazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea.
  Ritornando al merito dell'interpellanza in titolo, per ciò che riguarda l'osservazione che «nel corso degli anni il Parlamento ha spesso delegato i Governi in carica a provvedere ad una riforma organica della materia relativa all'etichettatura e all'elaborazione di un testo unico per il riordino complessivo delle norme accumulatesi nei decenni», si fa presente che tale delega è stata chiesta dal Ministero dello sviluppo economico, competente in materia di etichettatura, nell'ambito dell'emanazione del disegno di legge comunitaria per il 2011, del disegno di legge comunitaria per il 2012, del disegno di legge di delegazione europea per il 2013, primo semestre, del disegno di legge cosiddetto Destinazione Italia e, da ultimo, nel disegno di legge di delegazione europea 2013, secondo semestre. Tale delega ad oggi non è ancora stata assegnata.
  Per quanto concerne l'osservazione che «a decorrere dal 13 dicembre 2014, a causa della mancata notifica del Governo italiano alla Commissione europea, la prescrizione italiana di mantenere l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Pag. 6Italia, non è stata mantenuta, nonostante il Governo abbia espresso più volte la volontà di intervenire», si rammenta che l'articolo 38 del regolamento (UE) n. 1169/2011, in materia di etichettatura degli alimenti, dispone il divieto, da parte degli Stati membri, sia di adottare, sia di mantenere norme nazionali in contrasto con le materie armonizzate dal regolamento stesso.
  Pertanto, il regolamento citato elimina per gli Stati membri la facoltà, precedentemente prevista dalla direttiva 2000/13/CE, di «mantenere le disposizioni nazionali che impongono l'indicazione dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento per la loro produzione nazionale». L'individuazione delle indicazioni obbligatorie da riportare in etichettatura, come disciplinata dagli articoli 9 e 10 del regolamento, è infatti una materia armonizzata, tant’è che il successivo articolo 39 disciplina le «Disposizioni nazionali sulle indicazioni obbligatorie complementari», ovvero la facoltà degli Stati membri di introdurre l'obbligo di riportare in etichetta ulteriori indicazioni.
  Ciò detto, per quanto concerne il quesito se il Governo «intenda notificare alla Commissione europea, come recentemente dichiarato dal Ministro Martina, la volontà di mantenere l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia», segnalo che, al riguardo, è stato aperto un tavolo di confronto per verificare la possibilità di individuare «tipi o categorie specifici di alimenti» che possano essere giustificati dai motivi previsti, appunto, dall'articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011.
  Circa l'affermazione che non risulti ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione del regolamento dell'Unione europea, sempre lo stesso, il n. 1169 del 2011, e che, quindi, permanga «estrema incertezza tra gli operatori sui tempi e sulle modalità di effettiva applicazione delle disposizioni comunitarie, nonché su quali sanzioni debbano essere applicate per la violazione degli adempimenti in esso previsti», si rappresenta che gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico hanno avviato i lavori per mettere a punto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal decreto legislativo n. 109 del 1992, per l'aggiornamento dello stesso alla luce dell'avvenuta applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011.
  A tal fine, è stata diffusa una nota informativa alle associazioni di categoria per chiarire gli ambiti della normazione nazionale che risultano abrogati dalle norme del regolamento, in quanto contrastanti con lo stesso o dal medesimo superati, e quelle infine che restano in vigore. È stato convocato due volte, il 28 novembre e 1'11 dicembre 2014, il tavolo di concertazione sull'etichettatura che ha coinvolto, oltre alle amministrazioni di riferimento, ovvero il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari ed il Ministero della salute, tutte le associazioni di categoria, dell'agricoltura, dell'artigianato, dell'industria, dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e degli albergatori. Anche sulla base di quanto emerso nei tavoli indicati proseguono i lavori per quanto riguarda sia l'aggiornamento del decreto legislativo n. 109 del 1992 sia per la parte sanzionatoria.
  Riguardo, invece, il quadro sanzionatorio delle nuove disposizioni recate dal regolamento (UE) n. 1169/2011, gli uffici del MISE hanno messo a punto una bozza di decreto legislativo concernente proprio la disciplina delle sanzioni da applicare in conseguenza della violazione delle disposizioni del regolamento, aggiornata alla luce delle osservazioni raccolte in occasione del tavolo di confronto. Il provvedimento sta per essere emanato.
  Nelle more dell'adozione del decreto legislativo citato, è alla firma una circolare esplicativa che consente di continuare ad applicare le pregresse sanzioni alle medesime fattispecie del decreto legislativo n. 109 del 1992 che continuano ad essere presenti nel regolamento (UE) n. 1169/2011.Pag. 7
  Riguardo al quesito concernente la questione su come intenda far fronte all'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati in ristoranti, si precisa che tale modalità è già contenuta nella bozza di DPCM di aggiornamento del decreto legislativo n. 109 del 1992 e dovrà essere formalmente condiviso con il Ministero della salute, Dicastero concertante nell'emanazione del detto DPCM.
  Il Governo, dunque, ha messo in opera ogni strumento, a mio avviso, a tutela del made in Italy e della possibilità che i consumatori possano tracciare, identificare e quindi riconoscere la bontà degli alimenti di maggior consumo. Le politiche di tutela dei nostri prodotti, tuttavia, devono armonizzarsi con i regolamenti comunitari, che vanno in ogni caso nella direzione della trasparenza.
  L'istituzione di tavoli di confronto con categorie ed addetti ai lavori va proprio nella direzione auspicata dagli onorevoli interpellanti. Non sfugge a questo Governo l'assoluta priorità che sulle tavole degli italiani giungano prodotti sani, di qualità, la cui origine sia certa, e ciò al fine di tutelarne soprattutto la salute. Ed in questa direzione va anche la messa a punto del sistema sanzionatorio in violazione delle norme emanande.

  PRESIDENTE. L'onorevole Silvia Benedetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Gagnarli n. 2-00818, di cui è cofirmataria, per dieci minuti.

  SILVIA BENEDETTI. Grazie, Presidente. Ascoltando la risposta del sottosegretario, la prima riflessione che mi viene in mente è: quando entrava in vigore questa normativa ? È una normativa di cui si parla da tempo e poi si vede dallo stesso numero del regolamento, che è il n. 1169 del 2011, e adesso siamo nel 2015. Chiaramente, sappiamo che, in termini di recepimento dei regolamenti europei, le tempistiche sono sempre dilazionate. Tuttavia, è da un bel pezzo che vi è questo tipo di regolamento. L'Italia è uno di quei Paesi che, grazie ai suoi Governi, rincorre sempre le normative europee e arriva sempre in ritardo, ma poi si trova i Governi sempre a rincorrere e a rimediare con circolari, con bozze di regolamento di DPCM, che devono arrivare prima o poi, e intanto siamo al 5 febbraio.
  Tra l'altro, visto che comunque si parla di tavoli di confronto per quel che riguarda l'indicazione dello stabilimento in etichetta, non riusciamo a capire, come MoVimento 5 Stelle, che senso avesse non richiederla subito. L'abbiamo sempre fatto; l'abbiamo sempre fatto e avete confermato anche voi l'utilità di questa indicazione, sia per il consumatore – come appunto possibilità del consumatore di informarsi, per quel che riguarda il prodotto che vuole scegliere e comprare – e anche per quel che riguarda gli operatori di settore.
  Quindi, sapendo già dell'utilità di questa cosa, non riesco a capire come mai non sia stato pianificato prima di mantenerla; era molto semplice. Oltretutto, questo iter era già stato affrontato, per quel che riguarda il decreto legislativo n. 109 del 1992. Anche per quello era stata fatta la richiesta a Bruxelles di introdurre questa ulteriore prescrizione nazionale, quindi era una cosa che avevamo già fatto, come Paese.
  A me sembra un po’ un gioco – passatemi il termine – «tafazziano», nel senso di andare a creare un problema quando, di fatto, questa cosa già c'era, ripeto. L'indicazione dello stabilimento in etichetta è stata una cosa che abbiamo sempre fatto, come Paese Italia. Per cui, adesso, che il Ministro Guidi parli di tavoli di confronto, non riesco a capire su che cosa bisogna confrontarsi, quando già abbiamo verificato l'utilità di questa indicazione.
  È stato un complicarsi la vita per niente, un po’ come è già successo per l'IMU agricola, ad esempio, e un po’ come è già successo per l'embargo russo. Si creano i problemi e poi, questi problemi, ora che vengono risolti, intanto vanno a Pag. 8danno della cittadinanza, vanno a danno degli operatori e vanno a danno dell'agricoltura.
  L'altra cosa è che anche gli operatori di settore sono in difficoltà per questa cosa, ma anche gli organi di controllo. Gli organi di controllo spesso non riescono ad applicare le normative europee perché non hanno indicazioni nazionali su come fare, e spesso non arrivano nemmeno le circolari o non arrivano magari a tutti.
  Quindi, ci troviamo anche organi di controllo che non sempre hanno le competenze e le informazioni per agire al meglio nel loro campo. È chiaro che bisognerebbe uniformare e sarebbe utile un testo unico, assolutamente sì, come in tutte le cose, perché così è chiaro ed è più facilmente applicabile.
  È chiaro anche che l'etichettatura non è un argomento che è nato ieri, non è una questione nata ieri, ma già da parecchio tempo. Quindi, anche lì, sul testo unico, ci stiamo ricorrendo adesso, sempre di corsa, e, nel frattempo, si rischia di danneggiare i settori coinvolti.
  Una cosa vorrei capire: lei prima ha parlato della lettera che Martina ha mandato il 9 gennaio al Ministro Guidi e parlava della risposta del Ministro Guidi, il quale dice: vogliamo mettere d'accordo la componente agricola e industriale. In realtà, anche qui non riesco a capire il senso di questa cosa, visto che, sia a livello industriale, sia a livello agricolo, siamo comunque consapevoli dell'utilità di questa indicazione nell'etichetta; cioè non cambia nulla, siamo sempre nell'ambito del libero mercato e sappiamo benissimo quanto il libero mercato vada favorito e tutelato, a quindi anche rispetto ad occasioni di concorrenza scorretta, purtroppo. Quindi, l'unica arma di difesa che abbiamo sinora come Italia per le nostre eccellenze è proprio quella dell'etichettatura, assolutamente sì, e del cittadino consumatore, come giustamente diceva prima il mio collega Bernini: il cittadino consumatore, che deve essere informato e che sceglie sulla base delle informazioni che riceve per ragioni di vario tipo. Possono essere ragioni etiche, sociali, economiche, eccetera. Può essere anche che il cittadino informato, il consumatore, decida di privilegiare chiaramente un prodotto tutto italiano.
  Io penso che siano chiare, viste le 10 mila e-mail inviate al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'agricoltura, inviate tra l'altro in pochissimi giorni, l'intenzione e la volontà del cittadino. È un'indicazione chiarissima, lampante. Quindi, non riusciamo veramente a capire il fatto di aver creato il problema e questa continua melina, perché è dal 14 novembre che noi comunque continuiamo a chiedere che si prendano provvedimenti in merito e il Ministro Guidi parla di tavolo di confronto.
  Io spero che, visto che siamo al 6 febbraio 2015, sia una questione immediata o di pochi giorni per rimediare a questa situazione. La stessa cosa vale per la normativa in merito agli allergeni. Anche lì, non possiamo certo obbligare ristoranti, mense, eccetera, ad esplicitare a livello cartaceo ogni singolo ingrediente. Spesso è difficile, soprattutto per come siamo abituati noi a fare ristorazione. È una ristorazione che usa spesso ricette diverse, prodotti di stagione, prodotti tipici e, quindi, è difficile uniformare un menu sulla carta. Diventa una spesa anche quella e diventa difficile da seguire per il ristoratore stesso. Quindi, forse dovremmo, anzi dovreste rendere più facili le cose a chi opera nel settore. Un'informativa orale, visto che è già prevista da altri Paesi e che è possibile richiederla, facciamola, fatela !
  Per quanto riguarda le sanzioni, appunto, ritorno a quello che avevo detto prima: avete detto di aver emanato la circolare, ma vorrei ricordare che, siccome in questo settore degli organi di controllo ho avuto a che fare io in prima persona prima di entrare qui in Parlamento, spesso queste circolari si perdono. Quindi, ci sono anche organi di controllo e persone che vi lavorano che non sono informate e che perdono queste informazioni. Quindi, rincorrere e tappare i buchi non aiuta certo Pag. 9lo svolgimento migliore delle proprie mansioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 56 del 2014 in materia di mobilità negli enti locali – n. 2-00812)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giorgis n. 2-00812, concernente attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 56 del 2014 in materia di mobilità negli enti locali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Giorgis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, ai sensi dei commi 421, 422 e 423 della legge di stabilità 2015 si prevede rispettivamente una riduzione della dotazione del personale delle città metropolitane e delle province; si prevede l'attivazione di procedure di mobilità; si prevede, inoltre, la ricollocazione dei soggetti collocati in mobilità verso enti locali e verso regioni e, solo successivamente, verso altre pubbliche amministrazioni. Poi si prevede, al comma 423, che il Governo emani atti contenenti i criteri sulla base dei quali individuare il personale interessato.
  Ora, il senso dell'interpellanza urgente che abbiamo presentato si riassume in due semplici domande. La prima: non è opportuno procedere alla individuazione dei dipendenti da collocare in mobilità solo dopo che le regioni abbiano definito se e quali funzioni delegare ai nuovi enti ? Seconda domanda: quali sono ad oggi i criteri sulla base dei quali debbono essere individuate le persone da collocare in mobilità ?
  Queste sono le due domande che poniamo al Governo. Sono due domande tra di loro strettamente collegate perché, da un lato, la definizione di criteri generali e astratti per individuare il personale serve a scongiurare che si consumino delle scelte irragionevoli e arbitrarie e, soprattutto, serve a fare in modo che le persone siano collocate in un ruolo che consenta loro di svolgere al meglio il proprio lavoro e, quindi, offra alla pubblica amministrazione del personale adatto ai compiti che la pubblica amministrazione è chiamata a svolgere. Dall'altro lato, però, si tratta anche di fare in modo che non si determinino dei trasferimenti che poi potrebbero, nel giro di pochissimo tempo, dimostrarsi irragionevoli e soprattutto essere smentiti, perché se le regioni ritrasferiscono le funzioni alle province o alle città metropolitane, allora è del tutto ragionevole prima di tutto sapere quali sono queste funzioni e quali sono, quindi, i compiti che vengono concretamente attribuiti alle città metropolitane e alle province.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Angelo Rughetti, ha facoltà di rispondere.

  ANGELO RUGHETTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, ringrazio gli interpellanti e l'onorevole Giorgis in particolare perché questa interpellanza ci consente anche di fare il punto sulla attuazione della legge n. 56 del 2014 sul riordino dell'amministrazione territoriale della nostra Repubblica che è il primo pezzo della riforma della Repubblica che è partito, cui seguirà poi la riforma più complessa dell'attuazione della legge di delega sulla riforma della pubblica amministrazione centrale.
  Venendo al tema specifico che viene sollevato dall'interpellante, noi sappiamo che l'attuazione della legge n. 56 è una riforma complessa e per questo il Governo ha deciso di sostenere e accompagnare l'attuazione di questa legge attraverso degli strumenti che sono stati inseriti appunto nella legge di stabilità, a cui l'interpellante faceva riferimento, e che hanno innanzitutto il compito di salvaguardare gli equilibri di bilancio e organizzativi sia degli enti di area vasta che delle città metropolitane per fare in modo, come primo obiettivo, che ci sia una continuità nell'erogazione Pag. 10dei servizi sul territorio e, quindi, i cittadini possano avere un livello di servizi adeguato ai loro fabbisogni.
  In questo senso nella legge di stabilità sono state inserite tre disposizioni particolari, la prima delle quali riguarda il personale, a cui faceva riferimento l'interpellante, e sul quale poi tornerò; un'altra disposizione riguarda la rinegoziazione dei mutui che consentirà alle aree vaste di poter dilazionare il pagamento delle rate di ammortamento e, quindi, avere maggiore disponibilità di cassa nell'anno in corso; la terza riguarda la valorizzazione degli immobili sulla quale il Governo sta proprio lavorando in questo periodo.
  Ma, per sostenere ulteriormente questo processo e accompagnarlo il Governo ha anche messo in atto delle linee guida che sono state recentemente firmate dai Ministri Madia e Lanzetta, e che sono state inviate a tutti gli enti, nelle quali si conferiscono delle istruzioni alle quali gli enti possono far riferimento per avere un'attuazione omogenea dello stesso dettato della legge di stabilità sul territorio.
  Oltre a questo sta per partire – e proprio la prossima settimana ci sarà l'insediamento del gruppo di lavoro – un progetto pilota che riguarderà, in particolare, anche le province della regione Piemonte e la città metropolitana di Torino, per sostenere questi enti nell'attuazione concreta delle norme della legge di stabilità, in modo che questa attuazione sia proprio accompagnata da un gruppo di lavoro, messo a disposizione dal Formez, che ci darà, in concreto, la prova della sostenibilità del processo di riordino e della sostenibilità del livello dei servizi.
  Relativamente alle due domande specifiche a cui lei faceva riferimento, nella legislazione vigente il sistema che si è delineato individua tre momenti procedurali: il primo momento è la definizione della nuova dotazione organica delle province che, come lei sa, secondo le indicazioni della legge di stabilità, dovrà essere ridotta del 50 per cento e ciò individuerà un primo contingente di spesa da destinare a quella dotazione organica e, quindi, non un elenco di persone ma un contingente di spesa; ci sarà un secondo contingente di spesa che accompagnerà il personale, che è collegato alle funzioni che sono regolate dalle regioni, e anche qui non parliamo di mobilità ma parliamo di persone che svolgeranno la stessa funzione che svolgevano prima ma con un datore di lavoro diverso; poi, abbiamo il terzo elemento della procedura, che riguarda la mobilità vera e propria, e che sarà composto, cioè, da coloro che non troveranno allocazione né nel primo contingente né nel secondo contingente e che, quindi, avranno bisogno di una ricollocazione in altri enti della pubblica amministrazione. Questa è la mobilità vera e propria, questa è la mobilità ex articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, questa è la procedura di mobilità concreta che riguarderà una parte limitata del personale oggi in servizio presso le province.
  Questa mobilità dovrà essere fatta, come lei diceva, in un momento successivo all'emanazione delle leggi regionali o all'eventuale potere sostitutivo dello Stato, così come previsto dalla legge n. 56 del 2014, è verrà fatta in base a due elementi oggettivi: il primo è il decreto ministeriale contenuto nella legge di stabilità, che dovrà definire i criteri in base ai quali verranno scelte le persone da collocare in esubero, e verrà fatta in base a delle tabelle di equiparazione che consentiranno in modo automatico di definire, di stabilire ex ante qual è il livello e la qualifica, retributiva e funzionale, nella quale la persona, che sarà coinvolta da questa mobilità, sarà riallocata nel nuovo ente.
  Per avvantaggiare e per facilitare questo lavoro, lo Stato sta elaborando, sta producendo una mappatura di tutti i posti vacanti nell'amministrazione centrale, in modo da potere avere, regione per regione, a livello di osservatorio regionale, un tavolo nel quale sono rappresentate tutte le amministrazioni pubbliche, della Repubblica, su quel territorio, un elenco delle persone eccedentarie e un elenco dei posti vacanti, in modo che in quella sede si possa poi organizzare una procedura di mobilità che sia, diciamo, meno faticosa Pag. 11possibile per i dipendenti ma che, soprattutto, abbia come obiettivo finale il miglioramento della qualità dei servizi.
  Noi oggi abbiamo un'amministrazione che ha del personale eccedentario in altri enti e, invece, abbiamo tanti posti vacanti in altre amministrazioni. I tribunali e la giustizia ne rappresentano un caso e, infatti, recentemente il Ministero ha pubblicato un bando proprio per facilitare questa procedura di mobilità da altre amministrazioni, a cominciare da quella delle province, anzi privilegiando quella delle province fino ad arrivare a quella dell'amministrazione giudiziaria.
  Quindi, è un lavoro complesso ma mi sembra che, per rispondere alle domande che ella poneva, i criteri verranno definiti successivamente e la procedura di mobilità sarà definita successivamente.

  PRESIDENTE. L'onorevole Giorgis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza, per dieci minuti.

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, dichiaro la mia soddisfazione e devo anche dire che sono, insieme agli altri presentatori dell'interpellanza urgente, molto contento della chiarezza della risposta del Governo, perché dalle parole del Governo emerge, mi sembra in maniera inequivoca, quale è la tempistica e, soprattutto, quali sono le fasi che devono precedere quell'eventuale procedura di mobilità che, ci auguriamo, riguarderà un numero bassissimo di persone; e, in ogni caso, quella fase sarà preceduta, così ho inteso, dall'emanazione di una serie di atti molti puntuali e sarà comunque finalizzata a fare in modo che vi sia la più efficace collocazione del personale nell'ambito della pubblica amministrazione complessivamente intesa.
  E questo io credo che sia l'unico criterio che debba sovrintendere all'intero processo di riforma che è stato avviato perché noi abbiamo bisogno di contemperare, da un lato, il fondamentale diritto al lavoro del personale della pubblica amministrazione insieme alla necessità che quel lavoro corrisponda ad un'esigenza sociale, perché la pubblica amministrazione, comunque, giustifica se stessa in quanto eroghi servizi capaci di corrispondere ai bisogni dei cittadini. Quindi, credo che questo criterio, che è stato or ora enunciato dal Governo, sia un criterio che debba essere nella maniera più puntuale e precisa applicato.
  Da questo punto di vista, esprimo anche apprezzamento per la scelta di procedere ad una sperimentazione e all'attivazione di un progetto pilota che consentirà proprio, attraverso una sperimentazione, di definire in corso d'opera eventuali correzioni e eventuali integrazioni e, di conseguenza, una più efficace realizzazione di quelli che sono gli obiettivi che sottintendono al complesso della riforma.

(Chiarimenti in ordine all'asserito utilizzo di un volo di Stato per esigenze non istituzionali da parte del Presidente del Consiglio dei ministri – n. 2-00816)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paolo Nicolò Romano n. 2-00816, concernente chiarimenti in ordine all'asserito utilizzo di un volo di Stato per esigenze non istituzionali da parte del Presidente del Consiglio dei ministri (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Paolo Nicolò Romano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, deputati colleghi, esponente del Governo, il Presidente del Consiglio, il 20 gennaio scorso, è stato denunciato alla procura della Repubblica di Roma per l'ipotesi di reato di falso in atto pubblico, avendo inserito di suo pugno e di soppiatto, nella «delega fiscale», la controversa norma battezzata «salva Berlusconi» sulla depenalizzazione dei reati fiscali, e questo in aperto contrasto con il dettato costituzionale che prescrive la responsabilità collegiale delle deliberazioni Pag. 12del Governo (articolo 95 della Costituzione). Questo è un atto gravissimo che ha leso le prerogative costituzionali del Consiglio dei Ministri, ed è giusto che su questo il Tribunale dei Ministri faccia chiarezza.
  Oggi, deputato sottosegretario, lei ha la possibilità di evitare al Presidente del Consiglio una seconda denuncia: questa volta alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale. Chiarisca, quindi, perché la sera del 30 dicembre 2014 è stato utilizzato un volo di Stato per portare il Presidente del Consiglio e la famiglia in vacanza in Valle d'Aosta. Chiarisca chi ha autorizzato tale viaggio, quante persone e a che titolo sono state effettivamente trasportate e i costi sostenuti dal bilancio dello Stato.
  Voglio ricordare che il 30 dicembre del 2014 il Presidente del Consiglio è partito alla volta di Aosta con un Falcon 900 dell'Aeronautica militare. Per essere più precisi è atterrato a Ciampino da Tirana, dove era in visita ufficiale, alle ore 17:25 Zulu con l'Airbus A 319 ed è ripartito mezz'ora dopo, alle 18:01 Zulu, per Aosta con il Falcon 900. Questo lo sappiamo per certo dalla diffusione del piano di volo dell'aeromobile militare dove, da un'attenta lettura, emergono alcune «interessanti» stranezze. Si legge che, dopo venticinque minuti di volo, esattamente alle 18:50 Zulu, il Falcon 900 cambia piano di volo dirigendosi questa volta a Firenze. Da Aosta, dove era inizialmente indirizzato, la rotta viene deviata a Firenze. Perché ? Per prendere a bordo la famiglia del Premier Renzi ? È strano che questa decisione venga presa durante il volo. Forse il Premier voleva andare in vacanza da solo e poi ci ha ripensato ? Sta di fatto che fa deviare il Falcon dell'aeronautica militare per andare a prendere l'intera famiglia così da andare tutti insieme in vacanza. In pratica, il Presidente del Consiglio ha confuso l'aereo di Stato per un taxi.
  Ma questa non è solo l'unica anomalia di tutta questa vicenda. Questa deviazione del Premier fa ritardare l'arrivo del Falcon ad Aosta, che quindi dovrà atterrare all'aeroporto Corrado Gex in orario notturno.
  Che male c’è, potrebbe obiettare qualcuno. Il problema è che l'aeroporto Corrado Gex di Aosta, come da certificazione Enac, è autorizzato a rimanere aperto esclusivamente dall'alba al tramonto, e mai in passato è stato consentito l'atterraggio e il decollo notturno, come, al contrario, si è verificato con il volo di Stato del Presidente del Consiglio dei ministri. Non è finita qui, perché immediatamente al suo arrivo si scoprirà che il Presidente del Consiglio e famiglia vengono ospitati nella caserma Perenni del Centro addestramento alpino. Insomma, una vacanza tutta a spese degli italiani.
  Quando il 3 gennaio viene diffuso il piano di volo del Falcon 900, il Premier, preso «in castagna», pensa di mettere a tacere le polemiche con il solito tweet, mentre la nota ufficiale della Presidenza del Consiglio non fa che peggiorare le cose, dal momento che conferma l'utilizzo del volo di Stato per il viaggio privato del Premier. La nota, infatti, dichiara che il Premier Matteo Renzi ha pagato tutte le spese della vacanza sulla neve per sé e per la famiglia e si è recato a Courmayeur non con il volo di Stato con cui è stato a Tirana, ma con un Falcon 900, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza che regolano i suoi spostamenti in linea con quanto avviene per i Capi di Governo di tutto il mondo.
  Signor sottosegretario, mi aiuti a capire: il Premier Renzi ha utilizzato o no un volo di Stato per recarsi ad Aosta ? Il Falcon 900 dell'Aeronautica militare è o non è un aeromobile di Stato ? Se è stato impiegato un aeromobile di Stato, si è trattato di un volo di Stato, non potrebbe essere altrimenti; quindi, è stato impiegato un volo di Stato per esigenze private del Premier.
  Deputato sottosegretario, mi attendo delle risposte convincenti da lei in quest'Aula e non mi venga a dire che tale volo di Stato si è reso necessario per rispettare i cosiddetti protocolli di sicurezza che regolano gli spostamenti del Premier, in Pag. 13quanto i voli di Stato sono soggetti ad una disciplina stringente, fondata su criteri di economicità, opportunità e ammissibilità, mentre i cosiddetti protocolli di sicurezza si applicano a tutte le cariche istituzionali, a prescindere dal mezzo di trasporto impiegato.
  Non mi venga a dire che quanto accaduto è in linea con quanto avviene per i Capi di Governo di tutto il mondo, come dalla nota della Presidenza del Consiglio dei ministri, poiché, tranne che nelle Repubbliche delle banane e nei regimi dittatoriali, in nessuna parte del mondo i Capi di Governo utilizzano aerei di Stato per andare in vacanza e nessun protocollo di sicurezza può assolutamente giustificare un utilizzo privato di aerei di Stato.
  Voglio ricordare che l'ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, esattamente l'anno prima, il 30 dicembre 2013, per le sue vacanze e quelle della sua famiglia ha preso un regolare volo di linea a sue spese. Forse per lui i cosiddetti protocolli di sicurezza non valevano ? Era troppo «sereno» in quei giorni che non necessitava di un volo di Stato ? Oppure i suoi consiglieri, giustamente, gli hanno consigliato che, per ragioni prettamente personali e familiari, era opportuno agire diversamente ?
  La normativa in materia di utilizzo di volo di Stato è stringente e si applica al Presidente del Consiglio alla stessa stregua degli altri ministri. Non c’è bisogno di ricordarle che, per la nostra Costituzione, il Presidente del Consiglio è un primus inter pares, in quanto egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l'unità, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri.
  Essendo di pari rango con gli altri ministri, allo stesso va applicata la medesima disciplina regolamentare in materia di trasporto aereo di Stato, ovvero i medesimi criteri di economicità, opportunità e ammissibilità previsti per i suoi pari grado, con la sola eccezione della esclusione dalla procedura autorizzativa, obbligatoria per tutti gli altri casi, come da articolo 3, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», da cui deriva la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2011, in materia di trasporto aereo di Stato, dove emerge che sono numerose le norme che il Premier ha infranto per far pagare agli italiani il suo viaggio a Courmayeur.
  In sintesi, ha infranto l'articolo 2, comma 4, che dispone che: «Non è ammessa la concessione del trasporto aereo di Stato per le tratte sulle quali sia presente il trasporto ferroviario e tale servizio, tenuto conto delle modalità di erogazione, risulti idoneo ad assicurare il trasferimento in tempi ed orari compatibili con gli impegni istituzionali» – ripeto, impegni istituzionali – «della personalità interessata».
  Ha infranto l'articolo 6, comma 1, che dispone che: «Sono ammessi al trasporto aereo di Stato esclusivamente i soggetti destinatari del volo e i componenti della delegazione della missione istituzionale indicati nella richiesta di concessione del trasporto aereo; sono ammessi, altresì, estranei alla delegazione accreditati dall'autorità titolare del volo in quanto funzionali allo svolgimento della missione».
  Ha infranto l'articolo 7, comma 1, sempre della direttiva in materia di trasporto aereo di Stato, che dispone che: «Il trasporto aereo di Stato è disposto secondo criteri di economicità e di impiego razionale delle risorse, previa rigorosa valutazione dell'impossibilità, dell'inopportunità o della non convenienza dell'impiego di differenti modalità di trasporto, ovvero previa verifica delle specifiche esigenze di alta rappresentanza connesse alla natura della missione istituzionale supportata».
  Nel nostro caso, Aosta è facilmente raggiungibile tramite collegamento ferroviario e dista pochi chilometri dall'aeroporto Sandro Pertini di Torino Caselle, facilmente raggiungibile tramite un normalissimo volo di linea.
  Il Premier e la sua famiglia non avevano da compiere alcuna missione istituzionale ad Aosta, se non quella di recarsi a sciare a Courmayeur. Per il trasporto aereo della famiglia del Premier Renzi non Pag. 14è stato, pertanto, rispettato alcuno dei surricordati criteri di economicità e di impiego razionale delle risorse e non vi è stata alcuna rigorosa valutazione della impossibilità, inopportunità o della non convenienza dell'impiego di differenti modalità di trasporto.
  Spero, deputato sottosegretario, che lei riesca a chiarire con una risposta soddisfacente, evitando, così, al Premier una seconda denuncia nel giro di un mese. Pertanto, chiarisca a quest'Aula le ragioni che hanno portato all'utilizzo di un volo di Stato per esigenze strettamente private della famiglia Renzi, le procedure attivate per l'iter concessorio di tale volo di Stato, il numero delle persone che sono state effettivamente trasportate e a che titolo e i costi sostenuti dal bilancio dello Stato.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Angelo Rughetti, ha facoltà di rispondere.

  ANGELO RUGHETTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, Il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, con specifico riferimento all'articolo 3, prende in esame principalmente la categoria di voli destinati a soddisfare le esigenze delle personalità di Stato e di Governo, ovvero la parte più consistente del trasporto aereo di Stato. Quanto ai destinatari, il legislatore al comma 1 dell'articolo 3 limita alle prime cinque cariche dello Stato l'accesso al servizio di trasporto aereo di Stato e non detta alcuna condizione esplicita cui sottoporre tale accesso.
  La discendente direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2011 costituisce, al momento, il testo più organico per la disciplina specifica della materia e recepisce il dettato del citato decreto-legge n. 98. La stessa, infatti, prevede all'articolo 1, secondo comma, quali titolati ad accedere al servizio, in via necessaria ed obbligatoria – ritenendo scontato che le esigenze di puntualità, alta rappresentanza e sicurezza siano compresenti ed indistinguibili –, le prime cinque categorie protocollari: Capo dello Stato, Presidente del Senato, Presidente della Camera, Presidente del Consiglio dei ministri, Presidente della Corte costituzionale, ex Presidenti della Repubblica. Ciò premesso, in relazione a quanto asserito dagli onorevoli interpellanti, sul piano normativo, corre l'obbligo di far presente quanto segue.
  Primo: Nell'interpellanza vengono ignorati sia l'articolo 3, primo comma, del decreto-legge n. 98 del 2011, sia l'articolo 1, secondo comma, della direttiva e cioè che al Capo del Governo il volo di Stato è sempre disposto senza condizioni. Peraltro, nel citare sinteticamente l'articolo 3 del decreto-legge n. 98, viene riportata nell'interpellanza la dizione «missioni istituzionali del Presidente della Repubblica (...)» che non compare, invece, nel testo della legge.
  Secondo: Le limitazioni alla concessione dei voli di cui all'articolo 2, quarto comma, della direttiva attengono ai soggetti cui il volo di Stato può essere concesso in via eccezionale e non alle prime cinque cariche dello Stato.
  Terzo: In aggiunta alle predette norme, il Presidente del Consiglio ha sempre diritto al volo di Stato per finalità di sicurezza ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, della legge n. 133 del 2002 e del decreto ministeriale 6 settembre 2007, in quanto destinatario di dispositivo di protezione di primo livello eccezionale. Inoltre, rivestendo anche la carica di autorità per la sicurezza nazionale, può anche disporre di voli di cui all'articolo 3, primo comma, della direttiva.
  Quarto: Circa l'imbarco dei familiari, lo stesso è consentito ai sensi della direttiva Monti del 15 marzo 2012, in quanto anch'essi destinatari di dispositivo di protezione di terzo livello.
  Quinto: L'affermazione che il Presidente del Consiglio sia di pari rango con gli altri Ministri non può essere condivisa, a meno di non modificare le norme in vigore, facendo riferimento in particolare alla legge n. 124 del 2007, in quanto autorità per la sicurezza nazionale.Pag. 15
  Sesto: Circa l'esibizione della documentazione atta a verificare la correttezza dell'iter concessorio del volo ad Aosta, si fa presente che la stessa non è prevista ai sensi dell'articolo 8, secondo comma, della direttiva, essendo il Capo del Governo, in prima persona, l'autorità responsabile della concessione dei voli di Stato il quale, a sua volta, delega il sottosegretario di Stato.
  Pertanto, nel caso di specie il delegato dovrebbe autorizzare il delegante.
  Settimo: L'atterraggio sull'aeroporto di Aosta è avvenuto nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e l'apertura dello scalo oltre il normale orario è prevista previa anticipata richiesta alla direzione aeroportuale. Corrisponde a verità il fatto che l'atterraggio notturno non sia consentito agli aeromobili civili, ma tale disposizione non riguarda i velivoli e i piloti militari che possono operare in deroga alle disposizioni ENAC.

  PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Nicolò Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Grazie Presidente, signor sottosegretario, sono totalmente insoddisfatto della sua risposta. Pertanto, le comunico che la settimana prossima mi recherò con una delegazione del MoVimento 5 Stelle presso la procura della Corte dei conti del Lazio per presentare formale esposto denuncia contro il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, per aver utilizzato in maniera indebita un volo di Stato allo scopo di andare in vacanza con tutta la sua famiglia. Chiederò alla procura della Corte dei conti di accertare i fatti e valutare se il Presidente del Consiglio o altri funzionari pubblici siano responsabili di danno erariale. Etica pubblica e senso dello Stato avrebbero dovuto imporre al Premier Renzi per le sue vacanze scelte differenti e meno onerose per la collettività, specialmente in tempi di crisi economica, tagli all'amministrazione della giustizia, alle forze dell'ordine, ai servizi sociali, a causa dell'aumento incontrollato del nostro debito pubblico. Debito che è cresciuto smisuratamente per lo spreco enorme di denaro pubblico a cui il sistema dei partiti, da destra a sinistra, ci ha abituato in questi anni.
  È stato calcolato in circa 9 mila euro il costo orario di un Falcon 900; una piccola somma rispetto ai miliardi di euro che ci costa e ci è costata la casta politico-burocratica del nostro Paese, per non parlare della corruzione da essa alimentata. Infatti, non c’è mai fine all'ingordigia che, secondo stime della Corte dei conti, supera i 60 miliardi di euro annui. 9 mila euro l'ora per andare in vacanza sono certamente una piccola cosa rispetto al mare magnum dello spreco della casta, ma è una questione di principio.
  L'utilizzo inappropriato di un bene o di un servizio pubblico da parte di chi dovrebbe dare l'esempio produce effetti devastanti, sia all'interno che all'esterno delle istituzioni. All'interno delle istituzioni perché tali comportamenti vengono presi a modello da altri dirigenti e a catena dall'intera filiera dello Stato; all'esterno perché i cittadini, presi da viscerale disgusto della degenerazione politica, si allontanano sempre di più dalle istituzioni, spesso agendo anche in diretto contrasto con esse. Come pretendete, infatti, di chiedere ai cittadini di pagare le tasse quando voi stessi utilizzate in maniera così fraudolenta il loro denaro ? Come pretendete di avere il loro rispetto e la loro fiducia quando siete voi stessi a non avere rispetto degli italiani disattendendo così platealmente la loro fiducia ?
  Il volo di Stato a Courmayeur ha mostrato agli italiani il vero volto del Presidente del Consiglio; ha mostrato che non è diverso da coloro che intendeva rottamare, di non essere tanto diverso dal suo primo alleato politico, il condannato Silvio Berlusconi, che tutti ricordano come da ex Presidente del Consiglio utilizzasse regolarmente voli di Stato per andare in vacanza nella sua villa in Sardegna con Apicella e soubrette al seguito o come imbarcasse per viaggi istituzionali internazionali sconosciute come la «dama Pag. 16bianca», arrestata poi per traffico internazionale di cocaina. Non è tanto diverso all'ex Ministro della giustizia, Clemente Mastella, che nel 2007 utilizzò un volo di Stato per andare ad assistere con suo figlio al gran premio di Formula 1. Non è tanto diverso dall'ex Ministro Brambilla che in un solo anno e mezzo ha utilizzato 110 voli di Stato, uno ogni cinque giorni, come ha accertato la Corte dei conti condannando, appunto, per alcuni di essi un dirigente dell'ufficio dei voli della Presidenza del Consiglio. La Brambilla chiaramente si è salvata dall'accusa di peculato e di abuso d'ufficio grazie alla negazione dell'autorizzazione a procedere nei suoi confronti votata proprio in quest'Aula compattamente da tutti i deputati, sia del PD, che di Forza Italia. Ennesima vergogna della casta parlamentare che non ha esitato a mettere nei guai un povero servitore dello Stato per proteggere se stessa. Vergogna ! D'altronde, esiste un detto che fotografa la bizzarria di come viene amministrata la giustizia in Italia: chi ruba poco va in galera e chi ruba tanto fa carriera. Pensavamo di averli definitivamente rottamati questi personaggi, invece, non solo non sono stati rottamati, ma sono stati riabilitati dal Premier e presi a riferimento dalla propria condotta politica. L'unica persona che Renzi ha rottamato è l'ex Presidente del Consiglio, Enrico Letta, l'unico che ha avuto un minimo di pudore nel prendere un volo di linea per andare in vacanza, anziché un volo di Stato. Mi viene da pensare che forse proprio per questo è stato fatto sparire, proprio perché il potere non ammette il pudore, non ammette la concezione del limite, non ammette il sacrificio di sé, ma solo degli altri, dei semplici cittadini che devono sacrificarsi, tirare la cinghia, pagare sempre più tasse, avere sempre meno servizi e di qualità sempre più scadente. Il potente no, guai a sottrargli un millimetro di privilegio e il volo di Stato è un privilegio irrinunciabile, anche per andare in vacanza. Tanto si tirano fuori le solite argomentazioni, le solite scuse che abbiamo sentito anche oggi da lei: occorre applicare i protocolli di sicurezza, garantire la celerità degli spostamenti, il trattamento protocollare connesso al rango della carica e, dulcis in fundo, al massimo si tira fuori la scusa dei voli di addestramento così riusciamo anche a rifilare agli italiani l'idiozia di aver ottenuto pure un risparmio di spesa unendo l'utile al dilettevole.
  Le solite giustificazioni che lei, deputato sottosegretario, ci è venuto a propinare oggi in quest'aula invece di fare la cosa più sensata ed onesta che gli italiani avrebbero sicuramente apprezzato di più: chiedere scusa. Invece lei, anziché chiedere scusa agli italiani, ha preferito arrampicarsi sugli specchi propinandoci le solite interpretazioni accomodanti e furbesche di disposizioni normative che, al contrario, sono molto stringenti. Vorrei ricordare che l'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, limita i voli di Stato esclusivamente alle cinque più alte cariche dello Stato tranne eccezioni che devono essere autorizzate. Parliamo del Presidente della Repubblica, dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Corte costituzionale: vertici istituzionali a cui il trasporto aereo di Stato – leggo la normativa – «è sempre disposto in relazione alle finalità di conferire certezza nei tempi e celerità nei trasferimenti per attendere più efficacemente allo svolgimento dei compiti istituzionali» – ripeto: «dei compiti istituzionali» – e per garantire il livello di sicurezza con il trattamento protocollare connesso al rango della carica rivestita.
  Quanto prescritto dalla norma non significa che le cinque massime cariche dello Stato possano utilizzare a piacimento e per ragioni personali il trasporto su aereo di Stato poiché anche per loro vale il criterio della eccezionalità in quanto è nella stessa qualificazione di volo di Stato che si ravvisa il presupposto della rilevanza ossia delle rilevanti ragioni. Per comprendere questo occorre capire quando un volo può fregiarsi e qualificarsi come volo di Stato. Per capirlo occorre risalire al decreto del Presidente Consiglio dei ministri 23 gennaio 2008, Disposizioni Pag. 17di attuazione dell'articolo 746, comma quarto, del codice della navigazione, che disciplina l'attribuzione della qualifica di «volo di Stato». Essa viene attribuita a quelle attività aeronautiche esercitate con aeromobili di Stato, equiparati o privati per l'effettuazione del trasporto aereo di interesse di autorità ed istituzioni pubbliche allorquando sussistano rilevanti ragioni collegate all'esercizio di funzioni istituzionali, alla tutela della sicurezza, della salute pubblica o concernenti altri interessi primari della Repubblica. Ripeto: affinché un'attività di volo possa acquisire la qualifica di volo di Stato devono sussistere rilevanti ragioni collegate all'esercizio di funzioni istituzionali, alla tutela della sicurezza, della salute pubblica o concernenti altri interessi primari della Repubblica. La norma è chiarissima: solo chi non vuole intendere non intende. La qualifica di voli di Stato viene attribuita esclusivamente per consentire quelle attività di volo disposte negli interessi di una carica istituzionale nelle sue vesti pubbliche e non private e tali trasferimenti devono essere occorrenti a realizzare o supportare la cura di interessi pubblici rilevanti e non privati. Nel caso in oggetto è lampante l'utilizzo di un volo di Stato attribuito a favore di una carica istituzionale nelle sue vesti private e non pubbliche e che tale trasferimento è occorso a realizzare e supportare la cura di interessi privati irrilevanti per l'interesse pubblico. Se vi fosse stata una reale minaccia all'incolumità del Premier sarebbe stato opportuno semplicemente sconsigliare l'idea stessa di andare in vacanza: la semplice tutela della sicurezza del Premier non è sufficiente a giustificare l'utilizzo di un volo di Stato perché, se effettivamente vi fosse stata allerta sicurezza per il Presidente del Consiglio, semplicemente il Premier non sarebbe dovuto andare in vacanza. Quindi, signor sottosegretario, tutto quanto da lei detto è un castello di carta, non regge alla prova dei fatti. La sua risposta è completamente insoddisfacente. Pure avevo sperato il contrario. Pertanto, mio malgrado, mi vedo costretto ad investire della questione la procura della Corte dei conti perché occorre capire e far capire agli italiani, visto che oggi è stato impossibile farlo, per quali rilevanti ragioni istituzionali è stato impiegato un volo di Stato per trasportare il Presidente del Consiglio e la famiglia in vacanza, quante persone sono state imbarcate e a che titolo e se il Falcon 900, come si evince dal piano di volo, ha effettivamente deviato la sua rotta per dirigersi a Firenze per imbarcare tutta la famiglia del Presidente del Consiglio; se il Premier con la famiglia, il 3 gennaio 2015, ha utilizzato per il suo ritorno un altro volo di Stato e qual è il relativo piano di volo; quali oneri l'aeroporto Corrado Gex di Aosta, partecipato al 49 per cento, dalla regione Valle d'Aosta ha dovuto sostenere per consentire l'apertura notturna straordinaria necessaria a garantire l'arrivo e la ripartenza del Premier e da chi sono stati coperti questi costi. In sintesi, vogliamo capire quale sia l'entità del danno erariale nel complesso verosimilmente cagionato da Renzi all'erario e, quindi, al Paese intero. Tale entità del danno, se fosse accertato, dimostrerebbe il carattere recidivo della sua condotta.
  Pertanto, la sua predisposizione innata a delinquere, in quanto il Premier è già stato coinvolto in analoghi precedenti giudiziari...

  PRESIDENTE. No, questo onorevole non glielo posso consentire. Quindi, vada a concludere e moderi i termini. Prego.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Mi sembra di aver detto...

  PRESIDENTE. Le sembra male. Va bene ? E concluda, per favore.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Insomma, i precedenti non gli mancano e questo spiega anche la sua forte sintonia con l'ex Premier Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale. Tra condannati ci si intende: in effetti, tra una condanna per frode fiscale e una per utilizzo fraudolento di denaro pubblico, la differenza non è, poi, molta.Pag. 18
  Concludo, nel ripeterle che mi ritengo totalmente insoddisfatto della sua non risposta. Pertanto, come già detto, la prossima settimana mi recherò, con una delegazione dei parlamentari del MoVimento 5 Stelle, presso la procura della Corte dei conti.

(Chiarimenti in ordine alle valutazioni ed ai passaggi che hanno preceduto l'adozione del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante «Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti» – n. 2-00830)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00830, concernente chiarimenti in ordine alle valutazioni ed ai passaggi che hanno preceduto l'adozione del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante «Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RENATO BRUNETTA. Sì, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà per 15 minuti.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, la vicenda del decreto-legge di riforma delle banche popolari, prescindendo per il momento da qualsiasi valutazione di carattere politico, rappresenta o rischia di rappresentare una delle pagine più oscure del Governo Renzi.
  È di venerdì 16 gennaio, alle ore 18, a chiusura dei mercati, la prima agenzia di stampa che annuncia l'imminente riforma delle banche popolari, inserita nel decreto-legge già messo a punto dal Governo in materia di investment compact. Chissà perché si usa l'inglese: bastava dire «norma sugli investimenti» o quello che si vuole, ma non importa. Forse, perché si vuole far capire che a Palazzo Chigi si parla inglese, contrariamente a quell'altro Palazzo Chigi, dove non si parlava inglese. Reminiscenze. Torniamo al merito.
  Una riforma che, inizialmente, doveva essere prevista all'interno del disegno di legge sulla concorrenza di prossima presentazione, ma che, invece, improvvisamente, sembra, è sembrato particolarmente urgente. Il 20 gennaio, il Consiglio dei ministri, infatti, dà via libera al decreto che, effettivamente, contiene la norma che impone alle banche popolari, con attivo superiore a 8 miliardi di euro, la trasformazione in società per azioni.
  Il Governo, quindi, ha avuto davvero – mi si passi – la sfrontatezza di imporre per decreto una rivoluzione nella governance di un sistema che, negli anni della crisi, ha avuto il coraggio di ridare fiducia e credito a quelle famiglie e imprese che hanno avuto il coraggio di chiederlo. Imposizione, a mio modo di vedere, priva di presupposti di necessità e urgenza, fondamentali, pena l'incostituzionalità del provvedimento, per poter adottare un decreto-legge. Sembra ovvio, ma sicuramente mai scontato, dover ricordare al Governo che, quando si toccano materie ordinamentali come questa, semmai, lo strumento più consono è quello del disegno di legge, che consente un contraddittorio più ampio fra le varie voci in campo. Infatti, inizialmente sembrava proprio essere così. La riforma delle banche popolari doveva collocarsi all'interno del disegno di legge sulla concorrenza previsto in Consiglio dei ministri a fine febbraio, ma, poi, evidentemente, qualcosa è cambiato, oppure le intenzioni erano quelle fin dall'inizio, ma si trattava di un'informazione per pochi.
  Mettendo per un attimo da parte i contenuti di un testo che, di fatto, uccide il modello cooperativistico, incidendo inevitabilmente sulle capacità di erogare credito a famiglie ed imprese nei territori di presenza, preme sottolineare l'aspetto più inquietante – e sottolineo inquietante – dell'intera vicenda, altro che voli di Stato: ovvero, gli effetti dirompenti che la notizia della riforma ha avuto sui mercati finanziari Pag. 19a partire da lunedì 19 gennaio 2015, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte.
  Subito dopo il varo del decreto-legge, la borsa di Piazza Affari ha, infatti, iniziato a prendere posizione, immaginando possibili aggregazioni tra le banche popolari, i cui acquisti si sono concentrati sulle banche di modesta dimensione, come, ad esempio, il Banco Popolare, che ha registrato a fine settimana un guadagno del 21 per cento, la Banca popolare dell'Emilia, con un più 24 per cento o la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, che ha guadagnato addirittura il 65 per cento in una settimana. Il rialzo delle banche popolari è stato corale, ma la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, quella del vicepresidente Boschi, ha colpito per l'intensità del balzo: tre volte l'incremento di prezzo rispetto alla media dei rialzi del settore nella settimana post decreto.
  Non può quindi passare in secondo piano il dubbio di azioni promosse, in maniera consapevole e attenta, a seguito, evidentemente, dell'entrata in possesso di informazioni privilegiate, il forte sospetto che l'intervento di riforma approvato dal Consiglio dei ministri sia stato preceduto da una serie di attività anomale e di operazioni di compravendita di titoli azionari di numerose banche popolari i cui movimenti non possono non richiamare lo spettro di un caso gravissimo di insider trading.
  C’è, quindi, il sospetto che mani forti, altro che manine, avessero messo insieme grossi pacchetti di azioni con un anticipo quasi da veggenti. Il mago Otelma si può semplicemente vergognare, altro che mago Otelma. Ciò che si prefigura davanti ai nostri occhi e agli occhi dei cittadini è l'immagine di un Governo che si presta, di fatto, a varie mani, mani che prendono informazioni, mani che cambiano testi all'ultimo momento, mani che scrivono all'ultimo momento, mani invisibili, mani di fata, ma che, in realtà, hanno un ruolo chiave nell'attività dell'esecutivo. Va poi evidenziato come un'intensa attività di compravendita di titoli di alcune banche popolari italiane quotate in borsa si sarebbe poi verificata, in particolare, in una delle piazze finanziarie più importanti in Europa e nel mondo, il London Stock Exchange, dove operano molti amici degli amici.
  La velocità con cui il Governo ha usato la decretazione d'urgenza per riformare questo fortino del risparmio di famiglie e imprese ha quindi, di fatto, avvantaggiato diverse persone, magari, appunto, qualche amico degli amici, in particolare nella City, speculatori che anche da Londra, magari sapendo in anticipo del decreto-legge sulle banche popolari, hanno guadagnato molto, moltissimo.
  A tal proposito, la Consob ha avviato una serie di accertamenti preliminari sull'operatività dei titoli delle popolari e sta, quindi, verificando se ci sia stato chi, avendo ricevuto informazioni preventive e privilegiate sull'imminente approvazione del decreto-legge, abbia approfittato e speculato sulla trasformazione delle banche popolari in società per azioni. Dovrà passare al setaccio gli ordini, vedere se sono transitati pacchetti di titoli prima delle operazioni, chi e come ha eventualmente speculato in maniera illegale. Da quel che so, sono in corso rogatorie a livello internazionale, soprattutto sulla Svizzera, per vedere dove sono transitati gli ordini e sarà molto interessante ascoltare, cosa che mi riservo di fare, il presidente Vegas nella sua audizione, prossima ventura, mercoledì, in Commissione finanze, qui in Parlamento.
  Certo è che, se c’è stata qualche operazione precedente alla notizia della riforma, questa è stata bene orchestrata, occultata e condotta da mani esperte. Di fatto nulla si è mosso sul titolo prima che il decreto-legge sia stato reso noto a tutti, in particolare sulla banca che ha avuto il maggior rialzo, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio. Non c’è traccia di movimenti anomali fino al venerdì precedente al decreto-legge; la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio scambia, venerdì 16 gennaio, solo 325 mila pezzi, in linea con la media delle settimane precedenti; il vero balzo scatta, insieme alle altre popolari, solo lunedì 19 gennaio, a decreto Pag. 20noto. In quella seduta girano 5,7 milioni di azioni, poi un crescendo: in cinque sedute girano oltre 65 milioni di titoli; di fatto, cambia di mano oltre un terzo delle azioni con quel più 65 per cento di apprezzamento in una settimana.
  Sulla vicenda farà certamente luce la Consob, anche se ci vorranno alcuni mesi, mi è stato detto, ma la sensazione è che, ormai, chi doveva dare ha dato e chi doveva prendere ha preso. E se tali operazioni hanno arricchito diversi furbi, la mera speculazione passa anche in secondo piano quando ci si rende conto che la riforma delle banche popolari rischia di avere un impatto significativamente negativo sulla vita economica di 12 milioni di correntisti. Il decreto del «tutto e subito» rischia di avere effetti nefasti, tanto che verrebbe quasi da auspicarsi che sul dilettantismo politico abbia prevalso quello speculativo, non perché si tratti del minore dei mali – non accettiamo questa logica – ma perché, se si fosse trattato di dilettantismo politico, di mancanza di visione e lungimiranza, dovremmo preoccuparci del nostro domani ancor più di quanto non stiamo già facendo. Ad ogni modo, ripeto, al di là del merito del testo, di cui avremo modo di discutere in maniera approfondita in questo ramo del Parlamento, a meno che non arrivi la questione di fiducia, come minacciato dall'ineffabile Presidenza del Consiglio sul decreto banche popolari, sono qui a chiedere al rappresentante del Governo, di cui conosco personalmente la correttezza, la trasparenza, l'eticità, di fare chiarezza in merito alle ombre inquietanti dell’insider trading che circondano le vicende che hanno portato all'emanazione di questo decreto-legge. Chiediamo quindi al Governo di chiarire le fasi tecniche e i passaggi che hanno anticipato l'approvazione del testo di riforma delle banche popolari, le cui vicende poco trasparenti e alquanto anomale lasciano intravedere ampi margini di opacità e pongono seri e fondati dubbi sulle modalità di gestione dell'informazione. Vanno inoltre chiariti quei passaggi che hanno indotto il Governo a decidere di procedere su un tema così delicato e complesso con lo strumento del decreto-legge, tra l'altro proprio in un lasso di tempo in cui la Presidenza della Repubblica era vacante. A questo riguardo, signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, do un'informazione privata: ho personalmente chiamato il Presidente supplente, Grasso, nei giorni del decreto, per raccomandargli l'estrema attenzione circa la controfirma del decreto. Telefonata inutile, perché il Presidente supplente, Grasso, ha immediatamente firmato – però, anche su questo occorrerà fare estrema attenzione e sottolineare la gravità di tutta l'operazione – nonostante l'evidente mancanza dei requisiti di necessità e urgenza previsti dalla Costituzione. In sintesi, signor Presidente, signor sottosegretario, il Paese vuole chiarezza, e la chiarezza non è certamente venuta dal Presidente del Consiglio, Renzi, nella sua recente comparsata a Porta a Porta, quando, sotto le domande incalzanti del conduttore, Vespa, si è limitato a dire alcune ovvietà (chi deve pagare paghi, chi è responsabile risponda, e altre cose del genere), però facendo capire che qualche cosa a Palazzo Chigi non avesse funzionato o, qualcuno potrebbe arguire, avesse funzionato anche troppo bene. La ringrazio, signor sottosegretario e signor Presidente.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, signor Presidente. L'onorevole Brunetta ed altri formulano, con l'interpellanza in oggetto, considerazioni sulla riforma in società per azioni delle banche popolari, recentemente approvata, con il decreto-legge n. 3 del 24 gennaio 2015, da parte del Governo.
  Preliminarmente, vanno ricordati i reiterati interventi svolti dal Fondo monetario internazionale, dalla Commissione europea e dalla Banca d'Italia, i quali hanno più volte segnalato i rischi che il mantenimento della forma cooperativa determina per le banche popolari maggiori, Pag. 21quali la scarsa partecipazione dei soci in assemblea (che mina la democrazia azionaria e determina una concentrazione di potere in favore di gruppi di soci organizzati), gli scarsi incentivi al controllo costante sugli amministratori (che si traducono in situazioni di autoreferenzialità della dirigenza) e, infine, la difficoltà di reperire nuovo capitale sul mercato e, quindi, di assicurare la sussistenza dei fondi che potrebbero essere necessari per esigenze di rafforzamento patrimoniale.
  Una volta assunta la scelta politica di intervenire sulle banche popolari più grandi per metterle in condizione di affrontare le sfide che il sistema di vigilanza unica impone, l'unico veicolo legislativo disponibile era quello del decreto-legge ai fini della tutela della stabilità finanziaria. Il forte apprezzamento dei titoli azionari delle banche popolari, dopo l'approvazione del decreto-legge, dimostra che era necessario privilegiare un processo normativo che consentisse la più rapida definizione del nuovo quadro di regole. I significativi impatti economici della riforma avrebbero altrimenti potuto comportare un prolungato periodo di incertezza ed elevata volatilità sui mercati. Si evidenzia che la reazione estremamente positiva dei mercati è un indicatore efficace delle prospettive di crescita che la riforma apre alle banche popolari.
  Riguardo al quesito relativo all'idoneità della soglia dimensionale prescelta, è stata individuata dal provvedimento normativo la soglia di 8 miliardi di euro di totale attivo.
  L'onorevole Brunetta e gli altri interpellanti giudicano più idonea la soglia dei 30 miliardi, che determina la sottoposizione alla vigilanza della Banca centrale europea (BCE). Si precisa che solo tre delle banche oltre la soglia degli 8 miliardi non sono vigilate direttamente dalla Banca centrale europea (BCE). La scelta dimensionale del Governo è quindi volta a individuare una soglia che limiti l'accesso al modello delle banche popolari alle forme di esercizio dell'attività bancaria per cui esso era stato originariamente immaginato e quindi agli istituti di dimensione più contenuta con vocazione locale. La soglia prescelta è infatti equidistante tra il gruppo delle banche popolari quotate e il gruppo delle banche popolari più piccole.
  Va evidenziato che le banche popolari che presumibilmente ricadono nell'ambito dell'annunciata riforma saranno quelle ammesse alla negoziazione sul mercato telematico azionario (MTA), (Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Banca Popolare Etruria e Lazio, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banco Popolare, Credito Valtellinese e Ubi Banca, a cui si aggiungerebbero tre banche popolari non quotate: la Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Banca Popolare di Bari).
  Al riguardo, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa, si riportano gli elementi informativi richiesti, ad eccezione di quelli coperti dal segreto d'ufficio, ai sensi dell'articolo 4 del testo unico della finanza (TUF).
  Venerdì 16 gennaio 2015, a mercati chiusi, dunque dopo le 17,30, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato la riforma del credito cooperativo banche alla direzione del PD.
  Sabato 17 gennaio e domenica 18 gennaio 2015, i giornali hanno dato ampio risalto all'annuncio, rivelando le innovazioni principali della riforma, ovvero, in termini sintetici, l'abolizione del voto capitario, l'innalzamento del tetto al possesso e l'eliminazione della soglia del numero minimo di soci (duecento). Non è risultato subito chiaro, tuttavia, quale sarebbe stato l'esatto perimetro degli istituti di credito interessati, mentre si è precisato che il provvedimento sarebbe stato oggetto di discussione nel Consiglio dei ministri convocato per martedì 20 gennaio 2015.
  Nel pomeriggio di lunedì 19 gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha confermato che le misure sarebbero state oggetto di discussione nel Consiglio dei ministri convocato per l'indomani ed in serata si è tenuto un vertice tra Premier, Ministro dello sviluppo Guidi e Ministro dell'economia per rifinire i dettagli Pag. 22della bozza del provvedimento, in forma di decreto-legge, in fase di elaborazione.
  Nel pomeriggio del 20 gennaio 2015 si è riunito il Consiglio dei ministri per la discussione del provvedimento di riforma e già dalla mattina sono circolate notizie più precise circa gli istituti interessati: le banche popolari di maggiori dimensioni (con soglia minima pari ad 8 miliardi di attivo). Nel frattempo si sono susseguite indiscrezioni, tramite stampa e studi, sui possibili scenari di integrazione tra gli istituti di credito interessati dalla riforma.
  Il 24 gennaio 2015 il decreto-legge è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
  Nei giorni immediatamente precedenti il 16 gennaio 2015, data in cui si colloca il primo annuncio del Presidente del Consiglio non sono stati rilevati rumor relativi alle modalità di realizzazione della riforma (tempistica e utilizzo del decreto-legge). Si segnala, tuttavia, che i temi oggetto di riforma erano noti quanto meno a partire dal 4 luglio 2014, data di trasmissione della segnalazione annuale che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato invia al Governo e al Parlamento, che aveva ad oggetto, tra l'altro, la proposta di abolizione del voto capitario per le banche popolari.
  Le notizie circa modalità e tempistica della riforma rese note dal 16 gennaio 2015 hanno determinato un impatto significativo sull'andamento dei prezzi e dei volumi delle azioni delle banche popolari.
  Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi e volumi negoziati in via preliminare, si rappresenta che, nel periodo 2 gennaio 2015 – 23 gennaio 2015, l'andamento dell'indice azionario di riferimento MIB ha fatto registrare un rialzo del 7,93 per cento (rispetto al prezzo di chiusura del 30 dicembre 2014). Nello stesso periodo di osservazione, l'indice settoriale bancario Banche ha fatto registrare un aumento dell'8,53 per cento.
  Quasi tutte le azioni delle banche popolari hanno fatto registrare mediamente una sovraperformance rispetto all'indice banche (che abbiamo detto essere dell'8,52 per cento): Banca Popolare di Etruria e Lazio ha raggiunto la maggiore variazione (+53,47 per cento), Banca Popolare di Milano ha registrato +30,6 per cento, Credito Valtellinese ha registrato +25,98 per cento. Tra le popolari solo UBI Banca (+7,30 per cento) e Banca Popolare dell'Emilia Romagna (+6,255 per cento) hanno registrato andamenti positivi, ma più in linea con l'indice bancario.
  Occorre evidenziare che i rialzi sono stati registrati principalmente a partire dal 19 gennaio 2015, ovvero dopo l'annuncio riguardante la riforma delle banche popolari.
  Più in dettaglio, nel periodo 2 gennaio 2015 – 16 gennaio 2015, cioè antecedente all'annuncio della riforma, l'indice MIB ha fatto registrare un rialzo dell'1,28 per cento, laddove l'indice settoriale Banche ha fatto registrare addirittura un ribasso dello 0,14 per cento. Nello stesso periodo, l'andamento delle azioni delle banche popolari in questione ha fatto registrare un andamento peggiore rispetto all'indice settoriale. Fa eccezione l'andamento delle azioni Banca Popolare di Milano che nello stesso periodo ha fatto registrare un rialzo del 9,59 per cento (rispetto al +8,52 per cento dell'indice Banche).
  Nel periodo successivo al 19 gennaio 2015 sono stati registrati anche significativi incrementi nei volumi negoziati. A titolo esemplificativo per le tre banche che hanno registrato i maggiori incrementi in termini di prezzo, sono stati registrati i seguenti incrementi in termini di volumi negoziati: Banca Popolare di Etruria e Lazio ha fatto registrare scambi giornalieri medi nelle sedute comprese tra il 19 ed il 23 gennaio pari a 17 volte la media giornaliera del periodo precedente; Banca Popolare di Milano ha registrato scambi medi pari a 4 volte la media giornaliera del periodo precedente; Credito Valtellinese ha registrato scambi medi pari a 7 volte la media giornaliera del periodo precedente.
  Con specifico riferimento alla Banca Popolare di Etruria e Lazio, si rammenta che lo scorso 11 agosto 2014, l'istituto aveva reso noto al pubblico che il consiglio di amministrazione aveva conferito mandato Pag. 23al Presidente Lorenzo Rosi, ai fini della trasformazione dell'istituto in società per azioni. L'operazione si sarebbe dovuta inserire in un progetto di rilancio da realizzarsi anche mediante «l'integrazione con realtà bancarie più significative, ivi comprese le banche popolari, e fondi di investimento nazionali e internazionali» con il fine di «favorire il rafforzamento patrimoniale della Banca e l'allargamento dell'azionariato a qualificati investitori istituzionali a tutela e valorizzazione delle migliori energie del territorio».
  La Commissione nazionale per le società e la borsa sta monitorando con particolare attenzione l'andamento del comparto bancario e delle banche popolari con riferimento sia al periodo antecedente all'annuncio del 19 gennaio 2015 sia al periodo successivo.
  Sono in corso analisi e approfondimenti sia dell'operatività in titoli azionari sul Mercato telematico azionario e fuori mercato sia di quella relativa a strumenti finanziari derivati aventi come sottostanti le medesime azioni sia del contesto informativo rilevante, incluse le valutazioni degli analisti e i giudizi emessi da agenzie di rating.
  Le analisi finora effettuate hanno rilevato la presenza di intermediari aderenti ai mercati con posizioni premianti. Tali posizioni risultano articolate in acquisti antecedenti al 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva; in un solo caso tali acquisti hanno rappresentato la diminuzione di una posizione netta corta preesistente (sulla quale si stanno svolgendo i necessari approfondimenti), mentre nella maggior parte dei casi essi appaiono – a prima vista – costituire l'assunzione di posizioni lunghe.
  Di conseguenza, si è dato avvio ad una serie di richieste di dati e notizie a intermediari sia italiani sia esteri. Ad esito della ricezione dei primi elementi di risposta, sono stati effettuati ulteriori approfondimenti e richieste di secondo livello, attivando, ove necessario, la cooperazione internazionale, con l'obiettivo di verificare la sussistenza dei presupposti per ipotesi di abuso di informazioni privilegiate.

  PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, io ringrazio il sottosegretario Baretta, che però non mi ha risposto, ma mi ha dato una informazione – e gli chiedo di confermarmi, magari con un cenno della testa, se ho capito bene – ossia che, in quel famoso venerdì 16 gennaio – io ricevo alle ore 18 la prima agenzia di stampa –, la prima informazione ufficiale si riferisce al Presidente del Consiglio, al suo partito, alla direzione del suo partito. Questo ci ha raccontato il sottosegretario Baretta. È così ? Prendo atto che è così.
  Allora, che un Presidente del Consiglio su una materia tanto sensibile decida di anticipare i contenuti e l'uso del decreto-legge in una riunione – mi consenta, amico Vicepresidente – nella riunione di un club privato, in una bocciofila, come la legge considera i nostri partiti o meglio le direzioni dei nostri partiti, mi sembra assolutamente inquietante. Una decisione di questo tipo viene comunicata e annunciata in una sede politica di tipo privatistico da parte del Presidente del Consiglio italiano e in questa sede si indicano lo strumento del decreto-legge – che, come tutti sappiamo, fa sì che quanto contenuto nello stesso e controfirmato dal Presidente della Repubblica entri immediatamente in vigore – e i contenuti dello stesso.
  L'esperienza politica e istituzionale del nostro Presidente di turno, che presiede l'attività della Camera in questa seduta, nonché del sottosegretario mi daranno atto che forse non era opportuno anticipare in una sede politica i contenuti di un decreto-legge ancora da approvarsi con gli effetti che questo avrebbe avuto.
  Vede, signor sottosegretario, mentre lei svolgeva straordinariamente bene la sua attività di dirigente sindacale negli anni passati, il sottoscritto, suo amico e suo compagno di scuola da tanto tempo, svolgeva Pag. 24l'attività – spero altrettanto bene – di parlamentare europeo e, sul tema delle popolari e sul tema delle riforme, aveva preso non solo posizione, ma conosciuto tutti i dossier che da almeno dieci anni si discutono e si dibattono in Europa su questo tema, che non è solo italiano e che, tra l'altro, non è tanto dell'area sud dell'Europa, ma soprattutto dell'area nord dell'Europa, dell'area tedesca e dell'area soprattutto olandese.
  Qui queste forme familiari di banche sono molto diffuse e presentano quello che lei ha opportunamente sottolineato, vale a dire marcati elementi di debolezza, di non trasparenza, di autorefenzialità, di inefficienza, rispetto alla logica del mercato. Ne convengo, le conosciamo tutti queste cose. Però, il fatto che se ne discuta da almeno dieci anni, per quanto ne so io, mi fa riflettere sul perché non si sia ancora deciso in maniera drastica, tranchant, nonostante gli stimoli, gli incentivi, le richieste da parte dell'Unione europea nel merito.
  Quindi, nulla quaestio sul tema, sul merito del tema, che cioè debolezza, autoreferenzialità, inefficienza siano elementi da trattare e da superare. Il problema, signor sottosegretario, è il modo. Poi discuteremo delle soglie, della dimensione, ma si tratta del modo. È il decreto-legge il modo ? Perché non mi dica che serviva il decreto-legge per evitare il periodo di incertezza, perché il periodo di incertezza dura da almeno dieci anni, signor sottosegretario. E non mi pare che in Germania si sia trattato della cosa con un decreto-legge (basti pensare alla difesa da parte dell'ottima Cancelliera Merkel delle banche popolari locali tedesche dagli occhiuti controlli della Banca centrale europea). Questo è il tema: perché il decreto-legge, perché in quei tempi e, soprattutto, perché con tutte quelle fughe addirittura ufficiali di notizie ? Un Presidente del Consiglio che si permette di anticipare in una riunione di partito i contenuti e le modalità di attuazione di un decreto-legge di là da venire ? Ma questa cosa, che lei ineffabilmente ci ha riraccontato e che era nota, del resto, è di una gravità senza precedenti, signor sottosegretario.
  E ancora: erano le banche popolari quelle più deboli, dal punto di vista strutturale e della loro funzione del credito, in questo sistema rispetto alle altre banche ? Non pare proprio ! Per cui qualcuno potrebbe dire: «Erano sull'orlo del baratro, abbiamo dovuto salvarle». Tutt'altro ! Altre erano le banche in odore di tracollo, non certamente le popolari, che saranno anche autoreferenziali, opache, deboli, tra virgolette inefficienti, ma non certamente sull'orlo del baratro.
  E, quindi, perché il decreto-legge ? Uno dice: «Banche popolari egoiste, che non davano credito alle famiglie e alle imprese». È vero il contrario, come lei ben sa, signor sottosegretario, perché in questa fase il credit crunch non è stato delle banche popolari o, se è stato delle banche popolari, lo è stato in misura molto minore rispetto alle altre banche, come dire, più in linea con il mercato. E perché non un decreto-legge sul Monte dei Paschi di Siena, signor sottosegretario ? Perché sta bene il Monte dei Paschi di Siena ?
  Ecco, tutte queste domande – e non vorrei abusare del termine – inquietanti sono le domande che si pone l'opinione pubblica. Altro che voli di Stato per andare in vacanza, signor sottosegretario, altro che ! Qui ci sono dei dubbi. In un momento molto delicato per la storia della nostra Repubblica, in un momento in cui si sta riformando la legge elettorale – vero, Presidente Giachetti ? –, in un momento in cui si sta riformando la nostra Costituzione – vero, Presidente Giachetti ? –, in un momento in cui si aumentano i poteri del Premier – vero, Presidente Giachetti ? –, in un momento in cui c’è una transizione da un sistema istituzionale a un altro, in un momento in cui si fa una difficile riforma del finanziamento dei partiti e del finanziamento della politica, in un momento in cui si cerca di combattere la corruzione e si ritorna alla linea dura sul falso in bilancio, in un momento così delicato un'operazione di questo tipo assume un significato che preoccupa.Pag. 25
  E non vorrei essere volgare e fare delle correlazioni tra presenze alla Leopolda e interessi bancari e finanziari, espliciti e impliciti, di questa operazione. Avremo modo di farlo, lo sta facendo Consob, lo sta facendo Banca d'Italia, ma prometto a me stesso, signor sottosegretario, prometto a quest'Aula la mia massima e totale attenzione; prometto, a nome di tanti italiani perbene, a nome della politica perbene, che da parte mia e da parte del mio partito non mancherà l'attenzione su questa pagina oscura e inquietante nella storia della nostra Repubblica.

(Chiarimenti ed iniziative in merito ai criteri e alle modalità utilizzati per la selezione dei progetti da finanziare attraverso il cosiddetto piano Juncker – n. 2-00821)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pili e Pisicchio n. 2-00821, concernente chiarimenti ed iniziative in merito ai criteri e alle modalità utilizzati per la selezione dei progetti da finanziare attraverso il cosiddetto piano Juncker (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pili se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Lo vedo, però, già in piedi, quindi è inutile che glielo chieda. Prego, onorevole Pili, ha quindici minuti.

  MAURO PILI. Signor Presidente, questa interpellanza si discute dopo 15 giorni dalla sua presentazione e dopo due reiterati interventi del Governo verso il sottoscritto per chiedere di rinviare la discussione di questa interpellanza; due volte, prima la Presidenza del Consiglio dei ministri e ieri il Ministero dell'economia e delle finanze, hanno chiesto di rinviare un'interpellanza urgente su un fatto che ha una rilevanza europea, nazionale e, per quel che mi riguarda, un risvolto gravissimo per la Sardegna.
  Si tratta del cosiddetto piano Juncker, di cui in quest'Aula, in questo Parlamento, non si conosce e non si è conosciuta nemmeno una virgola, nel senso che il Governo, o meglio, due rappresentanti del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, hanno, di loro iniziativa, trasmesso un elenco di 200 miliardi di euro alla Commissione europea di progetti da realizzarsi ipoteticamente nel Paese.
  Al riguardo il Consiglio dei ministri è stato totalmente esautorato: non vi è un provvedimento di approvazione da parte del Consiglio dei ministri. Il Parlamento, ad oggi, non ha messo mano a questo elenco di 200 miliardi di opere e di interventi proposti dal Governo. E a questo si aggiunge che il tentativo di rinviare ulteriormente la discussione di questa mattina in quest'Aula è funzionale a tenere sotto traccia un fatto di una gravità inaudita.
  Insieme ai progetti infrastrutturali, sui quali entrerò nel merito e nel dettaglio, sono stati confusi, nascosti, interventi finanziari di privati che non hanno avuto alcuna selezione pubblica, e cioè non vi è stato un procedimento di evidenza pubblica che consentisse di individuare i soggetti da sottoporre all'esame del finanziamento del piano Juncker per miliardi di euro.
  E non sbaglio il termine: parlo di miliardi di euro che sono stati, attraverso questo piano, segnalati alla Commissione europea per il finanziamento, e in esso si aggiunge che non esiste la risorsa pubblica, e tanto meno privata, italiana, e quindi si chiede lo stanziamento integrale delle risorse per quel tipo di intervento.
  Un piano fantomatico, un piano nascosto, un piano, soprattutto, destituito di ogni consistenza economica, strategica; un insieme di progetti messo a casaccio da Renzi e Padoan senza alcun rigore logico e, soprattutto, senza seguire una traccia strategica. Ma sono due incapaci, Renzi e Padoan ? No, sono due che strategicamente hanno voluto confondere le idee, hanno voluto nascondere dentro quell'insieme di sottobosco, di progetti, il vero sottobosco, quello politico e quello affaristico che è contenuto in quel piano.
  Io cercherò, in maniera succinta, in questa mia prima illustrazione, di spiegare le ragioni per cui questa interpellanza Pag. 26deve avere risposte chiare, nette, che possano in qualche modo dare delle risposte a quanto è accaduto e certamente modificare in maniera strutturale, sostanziale quello che è stato scritto.
  La prima questione è quella infrastrutturale. Ma come è possibile che un Governo che si fonda sulla Costituzione, che ha due parole chiave, il riequilibrio e la coesione, decida di tagliare una sola regione ? La Sardegna in questi progetti che sono stati presentati, da 200 miliardi di euro, non è contenuta per un solo euro: novanta piani infrastrutturali e la Sardegna è l'unica regione esclusa. Ma come è possibile ? Vi siete dimenticati la cartina geografica o non tenete conto della regola della coesione e dell'equilibrio ? Lo fate perché siete strabici, perché continuate a guardare alle regioni cosiddette forti e a dare ulteriori risorse a chi ha avuto più di quanto gli spettasse sul piano economico, sul piano del riparto, dei parametri e degli indicatori economico-infrastrutturali di questo Paese.
  Si è scelta la strada dei quattro corridoi europei. E allora, siccome c’è stata una scelta maldestra del Governo Monti, poi del Governo Letta, ribadita dal Governo Renzi, di finanziare solo le opere strategiche all'interno dei quattro corridoi, avendo cancellato la piastra logistica euromediterranea – per chiunque abbia un minimo di capacità di analisi era chiaro che non solo la Sardegna non potesse essere esclusa, ma che andasse integrata nella logica euromediterranea –, questo Governo ha tradotto quei piani e quei documenti economico-finanziari dei precedenti Governi in atto concreto di richiesta di stanziamenti solo per le regioni forti del nostro Paese.
  Allora non si può domandare con quale criterio ? E non si può chiedere a questo Governo di venire qui e chiarire, non in termini generici, richiamando risorse che sicuramente appartengono ai decenni passati ? Io spero che il Viceministro Baretta non faccia la stessa figura che fece qui in quest'Aula un mese fa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Delrio, che citò progetti che non solo riguardavano decenni passati, ma che erano stati abbondantemente realizzati, finiti, conclusi e li citò come progetti che dovevano essere ancora realizzati. Spero che lo abbiano informato dal Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti in maniera puntuale.
  Come è possibile che la Sardegna sia stata totalmente esclusa da una logica di pianificazione, soprattutto se si guardano gli indici di infrastrutturazione del nostro Paese, di connessione del Paese rispetto al resto delle reti transeuropee infrastrutturali, energetiche, stradali e ferroviarie ? La Commissione ambiente e infrastrutture della Camera ha realizzato nel 2009 un piano, che ha affidato al CRESME, per studiare quanti stanziamenti erano stati dati in Italia ripartendoli per regioni e con analisi pro capite e superficie territoriale. Ebbene, il dato è eloquente, se sarà necessario lo riprenderò in replica. Si evince che la Sardegna ha preso un decimo di quanto ha preso qualsiasi altra regione in termini di indicatore pro capite e in termini territoriali. Cioè, la Sardegna è una regione che viene considerata da questo Governo, così come dai precedenti, di «serie Z», senza che le sia dato non un vantaggio, ma ciò che le spetta, né più e né meno di quanto i parametri e gli indicatori possono assegnarle.
  La seconda questione: perché in questo piano del Governo italiano sono partiti i progetti con nome e cognome ? Per esempio, perché in questo piano, arrivato sui tavoli della Commissione europea, c’è scritto Mossi & Ghisolfi ? Perché Renzi e Padoan hanno trasmesso un progetto dei signori Mossi & Ghisolfi ? Per quale motivo ? Perché è un finanziatore delle fondazioni di Renzi ? Perché ha dato per l'ultima Leopolda 100 e passa mila euro ? Perché ne ha dati altrettanti per la precedente Leopolda ? Perché ha finanziato la campagna elettorale di Renzi ? Perché se fosse questa la logica con la quale si inseriscono progetti economici di privati nel piano Junker, è evidente che siamo nel malaffare della politica, nel malgoverno della politica, dove non soltanto la politica deve fare chiarezza, ma credo che anche Pag. 27la procura della Repubblica, qualsiasi possa essere interessata, dovrebbe metterci le mani.
  Perché se c’è l'equazione: «ti do i soldi per la tua fondazione, ti inserisco nei piani strategici europei per 900 milioni di euro»... In altre parole, a Mossi & Ghisolfi sono stati proposti, nel finanziamento europeo, 900 milioni di euro per fare bioraffinerie e per realizzare in Sardegna una distesa di piantagioni di canne, quelle che in tutto il mondo vengono definite come infestanti, dannose e devastanti per i territori e per le terre. Si tratta della realizzazione di 5 mila campi di calcio di superficie di canne nel Sulcis. Mossi & Ghisolfi è il soggetto proponente, Renzi è lo sponsor; e in Sardegna avevano anche un enclave nell'ex presidente della provincia, il compagno Cherchi, che il Ministro Franceschini ha visto bene di nominare anche nell'ente lirico di Cagliari. In altre parole, passano dalle canne alle launeddas con una facilità estrema.
  Ebbene, davvero si può mettere in campo un progetto che abbia questi nomi e questi cognomi ? Si tratta soprattutto di soggetti che sostanzialmente hanno l'intenzione di colonizzare sul piano ambientale ed economico un territorio e non dare risposte, invece – e questo è il terzo punto, la terza questione –, ai progetti seri e credibili. Questo Governo ha una sua continuità perché tra Monti, Letta e Renzi vi è una continuità totale, anche nei nomi. Il Viceministro De Vincenti, che si occupa della partita Alcoa da due anni e passa, quasi due anni e mezzo, ha dimostrato la totale incapacità e perseveranza in una strategia che è risultata fallimentare, che ha portato al licenziamento di tutti i lavoratori, delle imprese d'appalto e dello stabilimento, e ad oggi non c’è che una sottospecie di memorandum totalmente inconcludente e privo di contenuti sostanziali. È, infatti, di queste ore la richiesta della Glencore che dice: sostenete con elementi concreti il costo dell'energia, diteci cosa volete fare, Governo, perché per due anni e mezzo non è stato proposto un solo intervento sul piano energetico per il Sulcis. Ebbene, perché nel piano Juncker avete messo l'Ilva di Taranto ? Perché l'acciaio sì e l'alluminio primario no ? Forse l'alluminio primario non è materia prima dell'industria automobilistica, strategica quanto l'acciaio ? Ebbene, credo che ci siano figli e figliastri. Le operazioni che tentavano di rendere pubblica l'Ilva le proposi, ormai un anno e mezzo fa, anche per l'Alcoa perché è industria strategica. L'alluminio primario è strategico nel nostro Paese per l'industria automobilistica. Ebbene, perché non c’è l'Alcoa ? E perché non avete messo interventi in grado di rilanciare quella filiera, quella poca che è rimasta, della chimica, coinvolgendo le zone interne, Ottana, Macchiareddu, la stessa Porto Torres, ricreando una filiera produttiva ? Perché non c’è Mossi & Ghisolfi ? Perché bisogna attendere lo stanziamento da parte di qualche soggetto che finanzi la fondazione di Renzi ? Perché questo è il tema. Il tema strategico è che alla Sardegna vengono negati stanziamenti, risorse e investimenti infrastrutturali, cioè si dice: restate con le ferrovie più povere d'Europa; restate con i trasporti stradali più poveri d'Europa; restate senza energia, perché ci pensiamo noi, vi piazziamo 5 mila ettari di canne per Mossi & Ghisolfi. No, non si può fare, è illegittimo sul piano amministrativo ed è illegale, sul piano penale, individuare soggetti soltanto perché amici del Presidente del Consiglio, che vengono inseriti in un piano, come quello Juncker, che per molti versi è fantasioso rispetto alle risorse stanziate e alla concreta disponibilità delle stesse.
  E io credo che sia assolutamente grave e assolutamente inaccettabile che si possa mettere in campo una progettualità escludendo il Parlamento da qualsiasi tipo di analisi, da qualsiasi tipo di verifica. Ad oggi, gli uffici studi non conoscono ancora per trasmissione diretta questi progetti. Ebbene, allora al sottosegretario Baretta io vorrei dire che, se non ha una risposta compiuta, se è una risposta burocratica, lasci perdere. Dia al Parlamento una risposta oggettiva e la dia alla Sardegna per una esclusione che è intollerabile, inaccettabile e che è elencata in questa strategia del Governo: novanta progetti e nemmeno Pag. 28uno che riguarda la Sardegna. Tutto ciò, non solo non è accettabile, ma è assolutamente scandaloso.
  E, di fronte al silenzio assordante dei vostri compagni che governano la regione, vi è un atteggiamento arrogante di questo Governo che continua ad ignorare l'elemento fondamentale della sua azione che dovrebbe essere la coesione e il riequilibrio territoriale. Non date alla Sardegna vantaggi, date alla Sardegna ciò che le spetta, che è quello che voi oggi state negando con questo Piano Juncker che è vergognoso nella sostanza e anche nella sua proposizione. Per questa ragione la risposta deve essere chiara, non possono essere accettate risposte elusive così come è capitato anche nel passato.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, anzitutto voglio precisare all'onorevole Pili che la mia telefonata di ieri per verificare la possibilità di rinviare la seduta odierna da parte mia era un atto di cortesia nei suoi confronti dettato da problemi stringenti di agenda. Per quanto mi riguarda ogni retroscena è destituito di ogni fondamento. Al suo stizzito rifiuto di rinviare ho ritenuto di essere presente in Aula dimostrando così che non ci sono complotti.
  Ciò detto, si fa presente, che su impulso della Presidenza italiana, il Consiglio Affari economici e finanziari della Unione, nella sua riunione informale di Milano lo scorso settembre, ha conferito ad una task force congiunta Commissione-Banca europea degli investimenti il mandato di quantificare i fabbisogni di investimento in Europa, identificarne le maggiori barriere finanziarie, procedurali e istituzionali, incluse quelle all'interno della regolamentazione europea e delle policy delle istituzioni della UE, nonché presentare una pipeline di progetti e programmi pubblici e privati con valore aggiunto europeo e attivabili entro il 2017. Il lavoro della task force ha visto anche la partecipazione degli Stati membri. La task force sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri ha condotto un esercizio di mappatura dei progetti realizzabili nei prossimi tre anni che ha evidenziato fabbisogni finanziari di investimento in Europa per circa 1.300 miliardi.
  La selezione dei progetti nei Paesi membri è stata condotta in conformità ad alcuni criteri definiti da ECOFIN e in seguito affinati dalla task force stessa. L'esercizio è stato condotto in tempi molto serrati, da inizio ottobre a fine novembre 2014, dettati dalla necessità di presentare le pipeline al Consiglio europeo di dicembre 2014, così come richiesto da ECOFIN.
  La ricognizione ha coperto in teoria tutti gli investimenti, indipendentemente da modalità e natura del finanziamento (pubblico o privato, a debito o con capitale di rischio). Tuttavia, stante l'impossibilità nei tempi ristretti dettati dalla task force di accedere alle informazioni di capital budget delle imprese, nonché la delicatezza di una simile selezione di portafoglio in assenza dei necessari dati tecnici, per il nostro Paese l'esercizio ha riguardato investimenti pubblici e progetti che usufruissero di importanti contributi di bilancio. II merito economico di questi contributi, previsti da norme vigenti, non è stato oggetto di scrutinio da parte della task force.
  Quanto ai criteri di scelta dei progetti potevano riguardare opere singole o programmi d'investimento (ad esempio la tutela del territorio, il piano scuola); dovevano presentare un valore aggiunto europeo; la Banca europea per gli investimenti e la Commissione Europea hanno precisato che dovevano ritenersi tali non solo quelli transfrontalieri o con esternalità regionali, ma anche quegli investimenti che avessero comunque afferenza con le politiche comuni (ad esempio, mercato unico, adattamento al cambiamento climatico, water management); dovevano essere a prima vista fattibili dal punto di vista economico, non anche necessariamente da quello finanziario, ovvero essere suscettibili di produrre benefici che eccedessero Pag. 29i loro costi, entrambi calcolati secondo criteri economici e sociali; dovevano riguardare opere la cui attuazione fosse prevista cominciare nel triennio 2015 -2017 (cantieri aperti o comunque avviati nel triennio). L'esercizio di mappatura e di selezione dei progetti non era unicamente legato al cosiddetto Piano Juncker, il cui funzionamento e i cui termini finanziari non erano d'altronde pienamente noti al momento della compilazione delle pipeline.
  Fin dall'inizio dell'esercizio e anche nel rapporto finale presentato dalla task force al Consiglio europeo, è stato chiarito che, da un lato, la lista dei progetti presentata non doveva considerarsi esaustiva, potendo il Piano Juncker finanziare investimenti ivi non inclusi, se ritenuti finanziariamente ed economicamente solidi. Per contro, è stato parimenti reso esplicito che l'inclusione della lista non assicurava né di per sé un accesso privilegiato a risorse europee o nazionali né avrebbe potuto sostituire le necessarie analisi tecniche, economiche e finanziarie.
  Gli investimenti inclusi potranno essere finanziati dal costituendo Fondo europeo per gli investimenti strategici, dalla Banca europea per gli investimenti e da quest'ultima anche al di fuori del Piano Juncker, solo se ritenuti eleggibili e solidi dopo l'espletamento da parte della Banca e degli organi di governance del Fondo europeo per gli investimenti strategici delle necessarie analisi economiche, finanziarie, tecniche e ambientali (due diligence) previste dalle sue politiche. Né la Banca europea per gli investimenti né il Fondo europeo per gli investimenti strategici elargiranno contributi a fondo perduto, ma esclusivamente finanziamenti a tassi di mercato.
  In Italia, la compilazione della pipeline dei progetti ha visto il pieno coinvolgimento delle amministrazioni interessate, che hanno segnalato gli investimenti eleggibili in base ai suddetti criteri, sotto il coordinamento del nostro Ministero e della Presidenza del Consiglio dei ministri. Cinque gruppi di lavoro interministeriali hanno elaborato altrettante pipeline, ciascuna per una delle aree previste da una tassonomia suggerita dalla Commissione e dalla Banca europea per gli investimenti (innovazione, energia, trasporti, infrastrutture sociali e tutela della risorse naturali).
  Le modalità di raccolta delle informazioni e di compilazione delle pipeline sono state in linea con il sistema di governance dei progetti pubblici, come da ultimo definito dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228, che assegna ai Ministeri competenti la programmazione degli investimenti e prevede un obbligo di rendicontazione al Parlamento sotto forma di una relazione triennale sulla valutazione degli investimenti in opere pubbliche redatta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
  I progetti italiani identificati ammontano ad oltre 200 miliardi di euro, di cui si stima che circa 90 miliardi siano spendibili nel triennio 2015-2017. Trasporti, energia, agenda digitale, istruzione e dissesto idrogeologico sono emerse come le aree con i maggiori fabbisogni di finanziamento.
  Sebbene nella sua redazione non siano stati seguiti criteri geografici, il portafoglio di progetti identificati nella pipeline è diversificato nel territorio, ove si consideri che molti degli interventi inclusi nei maggiori programmi – lotta al dissesto idrogeologico e Piano «buona scuola» – sono previsti nel sud del Paese.
  Infine, si aggiunge che la lista a cui si fa riferimento è da considerarsi non conclusiva e esaustiva, suscettibile di modifiche ed integrazioni, a seconda delle proposte che arriveranno dal settore pubblico e privato. Il Governo, inoltre, è disponibile a lavorare con tutte le amministrazioni che mostrino interesse a che i propri progetti vengano presentati e inclusi nella lista. Parallelamente, i soggetti pubblici e privati possono presentare in modo autonomo progetti alla Banca europea per gli investimenti, dato che la presenza nella lista non comporta un finanziamento (concessione di un mutuo) automatico. Occorre, infatti, che i progetti soddisfino i criteri suddetti di eleggibilità al finanziamento, sulla base dei quali la Banca europea per gli investimenti avvierà specifiche Pag. 30istruttorie in merito, sulla base della documentazione che le amministrazioni presenteranno.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale di Tivoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi) – buongiorno e grazie di partecipare alla seduta –, e tra poco, anche gli altri ragazzi che sono appena arrivati.
  L'onorevole Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza, per dieci minuti.

  MAURO PILI. Signor Presidente, come prevedevo, risposta burocratica, risposta filo-direzione nazionale del PD, nel senso che è soltanto per gli addetti ai lavori. In realtà, quando si richiamano temi così delicati come quell'ultima frase che ha richiamato il sottosegretario «non sono stati seguiti criteri geografici», qual è il criterio che è stato seguito, se non quello geografico ?
  Perché non avete visto la cartina ? Avete immaginato progetti e trasmesso progetti senza un'analisi puntuale del primo elemento che deve sottostare ad una valutazione sul piano infrastrutturale del Paese. Avete valutato l'impostazione infrastrutturale del sistema Paese ? E dove l'avete guardata se non in un inquadramento geografico ? Ve la siete guardata attraverso qualche rete di fondazioni, attraverso qualche struttura di finanziamento privato, perché la realtà è che, quando si dice che si fa un inquadramento infrastrutturale, senza tener conto della geografia, vuol dire che siamo al dilettantismo puro; se non si tiene conto che una regione, in questo inquadramento, è stata totalmente esclusa e si cercano mille sotterfugi per dire: ma, forse, nel piano scuola... Ma la Lombardia, il Piemonte, l'Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Puglia sono nel piano infrastrutturale; perché forse non ci sono loro nel piano scuole ?
  Perché tutte le opere sono stanziate, finanziate nelle regioni forti e non c’è la ricomposizione di quella logica di inquadramento anche europeo e nella logica mediterranea della connessione trasportistica, via mare, con le autostrade del mare, della Sardegna, della piastra logistica euromediterranea ? Per quale motivo ? Perché ci sono 200 miliardi di euro di progetti. Perché questa è la logica della confusione, perché dalla sua risposta si evince che questo Governo ha raccattato tutto ciò che era disponibile, ha aperto gli armadi, svuotato i cassetti e ha trasmesso a Bruxelles; questo non è un Governo che va a rattoppare, questo è un Governo che raccoglie la spazzatura progettuale e non ha nessuna logica progettuale per realizzare tutto ciò. C'erano tempi serrati; ebbene, per i tempi serrati non avevate il tempo di guardare che, sulla cartina geografica, c'era anche la Sardegna e che, forse, c'era la piastra logistica euromediterranea che questo Parlamento, nel 2011, ha tentato, con l'approvazione della risoluzione finale di approvazione del DEF, di inserire e di dire che bisognava inserire. Fu approvata la piastra logistica euromediterranea della Sardegna, ve ne siete dimenticati, non c’è nessuno che ve lo ha ricordato ?
  Io penso che sia assolutamente impensabile che si faccia una mappatura delle opere infrastrutturali e non si guardi anche la cronologia degli interventi proposti. Cito per tutti la strada statale 131, l'arteria unica, principale della Sardegna, che è finanziata per pochissimi milioni di euro e che ha, invece, progettazioni che dovrebbero consentire di realizzarla tutta; l'unica arteria stradale importante della Sardegna è totalmente elusa, così come la connessione con i porti e con gli aeroporti di una regione insulare che è strategica non soltanto per la Sardegna, ma che sarebbe e dovrebbe essere strategica in Europa, nel Mediterraneo e proprio per il Paese.
  Ha detto il sottosegretario che è una lista non esaustiva, ma questa dinamicità e questa elasticità di queste liste che vengono trasmesse a Bruxelles sono sempre il solito contentino ? Vi aggiungiamo qualcosa, la logica dovrebbe essere quella della pianificazione strategica. Oggi si poteva recuperare; il Governo, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle Pag. 31finanze avrebbe potuto dire: dobbiamo inquadrare la rivisitazione di quell'elenco in chiave strategica, geografica, inclusiva e non esclusiva della regione Sardegna. Invece tutto questo non è stato fatto e si sono chiamate in causa analisi economico-finanziarie dei progetti che sono stati fatti e sono stati fatti addirittura cinque gruppi. Ma per quale motivo è stato inserito il progetto di Mossi & Ghisolfi ? In base a quale analisi economico-finanziaria se non c’è il progetto presentato, se non si sa in quale territorio queste canne verranno impiantate, se non si sa qual è il tipo di risorsa idrica e, conseguentemente, di disponibilità di risorse idriche sul territorio per irrigare le suddette canne ? Se questo è ciò che è necessario, qual è il bilancio economico ?
  Sottosegretario, lo ha detto quella commissione che lei ha richiamato e ha detto in maniera chiara che il progetto che avete messo in campo – è scritto a margine nella colonnina a destra – è un piano che prevede un investimento rischioso sia sul piano sostanziale che procedurale.
  Cioè, avete inserito, nell'elenco di 200 miliardi di interventi economici, fantomatici, fantasiosi, privi di strategicità, un piano da 900 milioni di euro per i signori Mossi & Ghisolfi, che hanno nella loro analisi genetica soltanto il fatto di aver finanziato le fondazioni di Renzi, in quanto non hanno presentato nessun progetto. L'unico dato certo è che hanno finanziato la campagna elettorale di Renzi; non ci sono altri progetti, perché nei comuni non sono stati presentati, in regione non sono stati presentati e al Ministero dello sviluppo economico non c’è un progetto compiuto. Soprattutto, la Commissione europea, durante il semestre italiano, dice che si tratta di un investimento rischioso, sia sul piano sostanziale che procedurale. Quindi, avete messo in campo un progetto soltanto perché avrebbe una copertura finanziaria di un gruppo fantomatico texano che contribuirebbe alla realizzazione di queste bioraffinerie. Che risposte ci sono state sulla possibilità di inserire l'alluminio primario in questo piano strategico europeo di Juncker ? Nessuna. Il Ministero dell'economia, che dovrebbe essere la regia in assoluto dello sviluppo economico del Paese di concerto con gli altri Dicasteri, non dice una sola parola sulla vergogna dell'alluminio primario in Italia; non dice una sola parola su ciò che sta avvenendo su una delle vertenze che da due anni e mezzo trascina e ha trascinato centinaia di lavoratori al licenziamento senza alcuna risposta compiuta, con una continua perdita di tempo, con imbrogli, con pacche sulle spalle ai lavoratori e ai sindacati senza che sia avvenuto un solo fatto concreto.
  Ebbene, questo dimostra, se ve ne fosse ancora bisogno, che il Governo non vuole e non sa affrontare le questioni sostanziali. Ebbene, se si mette uno dietro l'altro ciò che ha detto il Governo in questa sua risposta, è evidente che emerge un dato di fatto: questo Governo non ha a cuore le sorti della coesione infrastrutturale e strategica del nostro Paese. Basterebbe un dato, quello infrastrutturale: ad esempio, se la base infrastrutturale in Italia è 100, per quanto riguarda le ferrovie, in Sardegna è 15; se prendiamo come base 100 per le strade, in Italia si ha 100 e in Sardegna 45; se prendiamo l'energia, in Italia hanno 100 e in Sardegna 35. Cioè, tutti gli indicatori fondamentali dei costi di produzione, trasporti ed energia hanno decisamente gap infrastrutturali che non possono essere sottaciuti. E aggiungo: non ci sono soldi ? No, non è vero. Non potete dire al sottoscritto che non ci sono soldi, perché il dato emblematico è quello del riparto, per esempio, sull'indice infrastrutturale, di questi ultimi dieci anni, che è stato fatto per le infrastrutture nel nostro Paese. A un cittadino della Calabria sono spettati pro capite 23 mila euro; a un cittadino della Liguria sono arrivati 18 mila euro pro capite; a un cittadino della Lombardia sono spettati 14 mila euro pro capite; e sapete quanto è spettato a un cittadino sardo, pro capite, in termini infrastrutturali in questi ultimi dieci anni ? Tremilaquattrocento euro, cioè una miseria. Non è che non ci sono i soldi, è che li spartite; e questo Stato – non mi riferisco soltanto a questo Governo, mi Pag. 32riferisco a questi ultimi decenni – li ripartisce e li spartisce soltanto nelle aree forti rispetto a quelle deboli. Questa mia interpellanza urgente aveva questo significato, questo obiettivo, ossia dire al Governo: smettetela di tentare di escludere la Sardegna da qualsiasi progetto e mettete la Sardegna in termini di recuperare ciò che le è stato tolto, quel maltolto che questo Governo sta contribuendo ad incrementare, perché nessun sardo glielo consentirà più.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
  Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto Comprensivo Statale «Gaetano Manfredini» di Pontinia, provincia di Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Grazie di essere qui (Applausi). Questo saluto arriva a conclusione dello svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno e ci appropinquiamo a dare lettura dell'ordine del giorno della seduta di martedì 10 febbraio 2015.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 10 febbraio 2015, alle 10:

  1. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti (C. 2844).

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
   S. 1429 – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 2613-A).
   e degli abbinati progetti di legge costituzionale: D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA POPOLARE; VIGNALI; CIRIELLI; CIRIELLI; CIRIELLI; CAUSI; PISICCHIO; PISICCHIO; PISICCHIO; PISICCHIO; GIACHETTI; SCOTTO; FRANCESCO SANNA; PELUFFO ed altri; LENZI; LAURICELLA ed altri; BRESSA e DE MENECH; CAPARINI ed altri; CAPARINI ed altri; VACCARO; LAFFRANCO e BIANCONI; PALMIZIO; PALMIZIO; PALMIZIO; PALMIZIO; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; LA RUSSA ed altri; ABRIGNANI ed altri; TONINELLI ed altri; GIANLUCA PINI; LAFFRANCO e BIANCONI; GINEFRA ed altri; GIORGIA MELONI ed altri; MIGLIORE ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; BONAFEDE e VILLAROSA; PIERDOMENICO MARTINO; BRAMBILLA; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; CIRIELLI e GIORGIA MELONI; VALIANTE; QUARANTA ed altri; LACQUANITI ed altri; CIVATI ed altri; BOSSI; LAURICELLA e SIMONI; DADONE ed altri; GIORGIS ed altri; LA RUSSA ed altri; RUBINATO ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA-ROMAGNA; MATTEO BRAGANTINI ed altri; CIVATI; FRANCESCO SANNA ed altri. (C. 8-14-21-32-33-34-148-177-178-179-180-243-247-284-329-355-357-379-398-399-466-568-579-580-581-582-757-758-839-861-939-1002-1259-1273-1319-1439-1543-1660-1706-1748-1925-1953-2051-2147-2221-2227-2293-2329-2338-2378-2402-2423-2441-2458-2462-2499).
  — Relatori: Fiano e Sisto, per la maggioranza; Toninelli, Matteo Bragantini e Quaranta, di minoranza.

  La seduta termina alle 11,50.

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