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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 322 di venerdì 31 ottobre 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,40.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Speranza è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative a tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico nella zona del Lido di Venezia – n. 2-00727)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Prataviera n. 2-00727, concernente iniziative a tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico nella zona del Lido di Venezia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Prendo atto che il deputato Prataviera si riserva di intervenire in sede di replica.
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Prataviera e Fedriga richiamano l'attenzione del Governo sulla questione della riqualificazione del Lido di Venezia, con particolare riferimento all'area dell'ex Ospedale a Mare.
  La questione era già stata portata all'attenzione dell'opinione pubblica sin dal 2005, anno in cui, nell'ambito della Biennale di Venezia, venne sottolineata l'esigenza di riqualificare il Palazzo del cinema del Lido. Un primo progetto di riqualificazione portato avanti dal comune di Venezia, attraverso un meccanismo che passava per la vendita dell'area con gara ad evidenza pubblica, è successivamente tramontato per la difficoltà di superare una serie di vincoli ambientali, amministrativi e di contesto.
  Il 27 dicembre dello scorso anno, come ricordato dagli stessi interpellanti, il comune di Venezia ha ceduto l'intero complesso dell'Ospedale a Mare alla Cassa depositi e prestiti investimenti, nell'ambito di un'operazione di alienazione straordinaria relativa anche ad altri immobili già appartenenti allo Stato e agli enti territoriali.
  A partire dal gennaio di quest'anno, la Cassa depositi e prestiti investimenti ha avviato con il comune di Venezia le attività Pag. 2necessarie alla gestione dell'area, sia urgenti – per ovviare ai problemi di abusivismo e garantire adeguati livelli di sicurezza – sia di lungo periodo per rilanciare il progetto di riqualificazione edilizia e urbanistica già approvato in sede di conferenza di servizi nel 2011.
  Gli interventi urgenti prevedono il completamento delle opere di bonifica dei terreni, la predisposizione di un piano di sicurezza che consenta la vigilanza del perimetro e scoraggi l'accesso da parte dei malintenzionati e l'utilizzo del teatro «Marinoni».
  Tali attività sono attualmente in corso e troveranno piena attuazione tra la fine del 2014 e il primo trimestre del 2015.
  Le opere di bonifica ambientale eseguite dal comune, relative al primo lotto del progetto, sono state già completate e collaudate il 30 giugno scorso. Tuttavia, la consegna del bene alla Cassa depositi e prestiti è stata differita, in attesa della certificazione ambientale relativa ai predetti interventi.
  Il rilascio di tale certificazione è subordinato al completamento degli interventi di riqualificazione per la trasformazione urbanistica ed edilizia del sito, in relazione ai quali la Cassa depositi e prestiti ha manifestato la volontà di procedere alla valorizzazione del compendio, a partire dai lavori per la messa in sicurezza, già dai primi mesi del 2015.
  Quanto al teatro «Marinoni», la Cassa depositi e prestiti ha manifestato la disponibilità alla concessione del bene in comodato che, previa realizzazione – anche in questo caso – di interventi di messa in sicurezza, ne permetta l'utilizzo temporaneo in modo compatibile con il futuro progetto di riqualificazione del sito e prevedendo, comunque, che il teatro sia destinato, nell'assetto definitivo, a opera di interesse generale gestita dal comune. Questi sono gli interventi urgenti.
  Quanto al progetto di riqualificazione a lungo termine, la Cassa depositi e prestiti investimenti ha sottoscritto un accordo preliminare con una società internazionale di sviluppo immobiliare per promuovere lo sviluppo dell'isola, attraendo capitali italiani e internazionali. L'auspicio formulato dalla predetta società è che le criticità finora riscontrate possano trovare adeguata soluzione, per consentire la piena realizzazione del progetto di riqualificazione, creando, al contempo, un polo di eccellenza che contribuisca al rilancio di Venezia nel mondo.
  Per quanto attiene alla situazione di degrado dell'intera area, ricordo che dal 2008 al 2011, il comune di Venezia aveva affidato la sorveglianza del compendio dell'ex Ospedale ad un istituto di vigilanza privata. Successivamente, quasi tutti gli edifici, ad esclusione del teatro «Marinoni», sono divenuti luogo di ricovero per alcune persone senza fissa dimora.
  Per contrastare la presenza degli occupanti abusivi, le forze di polizia, insieme alla polizia municipale, hanno effettuato numerosi sopralluoghi, anche a seguito delle segnalazioni dei residenti, che hanno portato all'identificazione e all'allontanamento degli occupanti.
  In particolare, lo scorso 7 agosto, in seguito a un'operazione di sgombero coordinata dalla questura di Venezia, con il coinvolgimento dell'Arma dei Carabinieri e della polizia municipale, sono state individuate undici persone, di cui cinque con precedenti di polizia, per le quali è stato emesso il foglio di via obbligatorio dal territorio comunale veneziano, mentre altre due, già destinatarie di provvedimenti di espulsione, sono state accompagnate alla frontiera.
  Inoltre, nel corso dei controlli effettuati nel corrente mese di ottobre, sono state identificate altre undici persone, nei cui confronti è stata redatta comunicazione all'autorità giudiziaria per il reato di accesso abusivo ad una proprietà privata.
  Con riferimento alla situazione della criminalità del Lido, rappresento che nel primo semestre di quest'anno, rispetto all'analogo periodo del 2013, i reati sono complessivamente aumentati di sole tre unità; anche il secondo semestre sembrerebbe far registrare un trend in lievissima crescita. Assicuro, tuttavia, che, in considerazione dell'aumento, seppur contenuto, della delittuosità a livello locale, le autorità Pag. 3di pubblica sicurezza hanno già deciso un rafforzamento delle misure di vigilanza al Lido di Venezia.

  PRESIDENTE. Il deputato Prataviera ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza: in questo caso ha 25 minuti a disposizione.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, signor sottosegretario, c’è da dire che resta comunque un problema, perché, al di là di quanto riferito, è notizia di pochi giorni fa che si è verificato un altro rogo all'interno dell'area dell'ex Ospedale al mare e questo sicuramente non fa che esasperare ancora di più la condizione dei cittadini residenti al Lido e nelle immediate vicinanze. La loro preoccupazione è che quello diventi a tutti gli effetti, ancora di più durante l'inverno che si sta aprendo in questi giorni, un luogo ricettivo di persone che hanno delle oggettive difficoltà a trovare un riparo.
   Per capire cosa accade all'interno di quell'area, basterebbe guardare qualsiasi video di denuncia che si trova anche online, se non si riesce ad andare di persona, ma io invito il sottosegretario a farsi un giro, anche per capire di che cosa stiamo parlando, se ne ha l'accortezza; all'interno di quell'area continua a verificarsi una vera situazione di degrado sociale, come è stato poc'anzi ricordato, ambientale e paesaggistico. È una condizione di fatto insopportabile, per la quale ci sono delle responsabilità dirette da parte di chi ha gestito la cosa pubblica di Venezia negli ultimi anni, ma che sicuramente è anche conseguenza di uno stimolo mancato da parte del Governo centrale per trovare una soluzione reale a queste problematiche.
  Non ho capito la posizione del Governo quando dice che, a inizio 2015, da gennaio in poi, inizierà l'operazione vera e propria di rilancio del sito con dei lavori, quando, pochi minuti prima, lo stesso sottosegretario ha detto che attualmente risulta ancora differita la consegna a Cassa depositi e prestiti per questioni relative a certificazioni ambientali. Questa è l'ennesima discrasia tra quello che si vorrebbe fare e quello che invece è.
  Ribadisco la necessità di attivarsi da parte del Governo, non solo attraverso il Ministero dell'interno, ma anche attraverso il Ministero dello sviluppo economico, per fare in modo che ci sia un vero rilancio dell'area e che dalle promesse e dalle parole si passi ai fatti, anche perché c’è un investimento di 50 milioni di euro fatto anche per salvare il bilancio del comune di Venezia lo scorso anno. Si è visto, poi, anche nella cronaca recente, come il bilancio del comune di Venezia sia una falla e c’è bisogno di avere un buon governo cittadino per rimettere l'area in competizione con il resto del territorio veneto; ma soprattutto c’è bisogno di un buon governo cittadino per dichiarare con forza che non è possibile che in un'isola, che è l'isola più popolosa, di fatto, tra quelle veneziane, ci sia una condizione come quella dell'ex Ospedale al mare, soprattutto per la pericolosità sociale che ne deriva e per le condizioni di degrado che si registrano.
  È vero, perché sono dati oggettivi, che i casi delittuosi sono aumentati ad ottobre – uso le parole del sottosegretario – di sole tre unità, però è anche vero che queste tre unità pesano, perché c’è una situazione di incertezza reale attorno a quell'area.
  Come ho avuto modo di dire al sottosegretario in questo intervento di replica, c’è la sensazione, la percezione – e credo sia anche la realtà – di un aumento di casi di questo genere, perché come ha ricordato lei, sottosegretario, la maggior parte di queste persone ha avuto anche dei provvedimenti forzosi di allontanamento dal comune di Venezia e anche dal territorio nazionale. Quindi, si tratta di immigrati clandestini, perché, se vengono allontanati dal territorio nazionale, altro non sono – diamo un nome alle cose e ai fatti –, e la situazione in quel perimetro peggiorerà sempre di più, se non verranno messe in piedi da subito delle operazioni a tutela del territorio del Lido, che mirino a salvaguardare la sicurezza di quel luogo.Pag. 4
  Abbiamo letto, anche nella cronaca locale, che è intenzione del Ministro rafforzare i controlli del territorio veneziano con delle pattuglie. Richiediamo con forza – e mi faccio portavoce dell'intera comunità del Lido di Venezia, che mi ha chiesto, tramite la municipalità del Lido e il suo presidente, Vianello, di dirle queste cose – che quell'area sia presidiata, per dare una risposta vera e fattiva al problema. Se questo non dovesse succedere, saremmo di fronte all'ennesima promessa da parte di questo Governo che le cose andranno bene, ma che poi non si traduce in realtà.
  Quindi, ribadisco, senza dilungarmi oltre, che è necessità per la popolazione del Lido di avere quell'area in sicurezza e soprattutto che quell'area venga trasformata non solo per il rilancio stesso del Lido, che è uno degli obiettivi della nuova amministrazione comunale che dovrà entrare a far parte del processo decisorio, ma anche per tutelare quell'area.

(Iniziative di competenza per l'attuazione della normativa in materia di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato – n. 2-00701)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00701, concernente iniziative di competenza per l'attuazione della normativa in materia di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Renato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, siamo alla sesta interpellanza urgente, sembra un paradosso ma e così. Nel corso di quest'anno richiamo quindi l'attenzione del Governo per la sesta volta sul tema della trasparenza, che sembrava essere molto caro all'Esecutivo Renzi, ma a parole; parole, però, cui non hanno fatto seguito i fatti.
  La trasparenza sui cui intendo nuovamente soffermarmi è quella dei compensi RAI e sono costretto a parlarne, ancora una volta, in quest'Aula perché il Governo, fino ad ora, non ha offerto risposte soddisfacenti, né si è adoperato per applicare la normativa in vigore: normativa chiarissima e cogente in vigore sul punto. In altre parole, il Governo è scappato: è scappato dalle sue responsabilità, è scappato dai suoi impegni, è scappato dalla legge.
  In tutti gli atti di sindacato ispettivo presentati, ho sempre richiamato la necessaria attuazione della legge 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante misure di razionalizzazione della pubblica amministrazione, che ha previsto – la normativa – l'obbligo per la RAI di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze tutti gli opportuni dati relativi al costo annuo del personale comunque impiegato, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti Dicasteri.
  La disposizione di cui al decreto-legge n. 101 del 2013 estende, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento dell'articolo 60 del testo unico sul pubblico impiego, ampliando la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo.
  L'intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare, per la RAI, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, specificando che il costo annuo del personale comunque utilizzato e oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo: ai singoli rapporti di lavoro. Questa è la legge, signor sottosegretario.Pag. 5
  A gennaio, il sottosegretario Legnini, cui vanno il mio saluto e l'augurio di buon lavoro, perché è passato – spero – a miglior funzione, in risposta alla mia prima interpellanza, dichiarò che la disciplina normativa richiamata sarebbe stata attuata – com’è doveroso fare – entro i tempi tecnici strettamente necessari. Pensavo che la cosa fosse stata risolta, conoscendo anche la serietà del sottosegretario Legnini.
  Il 13 febbraio il sottosegretario all'economia Luigi Casero sostenne, invece, che il Governo aveva nel frattempo provveduto a richiedere alla RAI la trasmissione dei dati previsti nei tempi più brevi consentiti e comunque – un'invenzione – non oltre il 31 marzo 2014; non era previsto da nessuna parte questo termine, è un'invenzione ministeriale caseriana, e io sperai che questa data fosse quella buona.
  Il 7 marzo il sottosegretario (c’è un bel turnover di sottosegretari) Sesa Amici si impegnava nuovamente davanti al sottoscritto e a quest'Aula, per conto del Governo, a porre il massimo impegno per dare attuazione alla norma in questione, nei tempi tecnici strettamente necessari. Ancora una volta questa formula: l'amanuense deve essere sempre lo stesso, evidentemente, che scrive le risposte.
  Il 4 aprile il Governo riferiva sulla trasmissione dei dati da parte della RAI, finalmente, ma non disse una sola parola in merito agli adempimenti da parte dell'Esecutivo. In altre parole, la RAI dunque aveva ottemperato agli obblighi di legge, mentre il Governo non aveva provveduto a chiarire l'utilizzo dei dati comunicati, né le eventuali modalità di pubblicazione degli stessi, non avendo quindi in tal modo dato piena e integrale attuazione alle disposizioni di legge contenute nel decreto-legge PA. La RAI, richiesta, aveva mandato i dati secondo legge, almeno si spera, ma il Governo se li era tenuti nel cassetto.
  Nel corso della seduta della Camera dei deputati dell'8 settembre, in occasione della discussione dell'ultima interpellanza presentata dal sottoscritto, il sottosegretario Giovanni Legnini, riferendosi agli obblighi introdotti con il decreto-legge PA, ha ribadito che la RAI ha effettivamente provveduto a trasmettere nel termine previsto e secondo i criteri delineati dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, tutti i dati richiesti, aggiungendo però che nel frattempo – e qui, colpo di scena ! – l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con una nota del 13 maggio precedente, aveva osservato che l'articolo 60, comma, 3 del decreto legislativo n. 165 del lontano 2001 è evidentemente finalizzato al solo rilevamento dei costi del lavoro pubblico e non prevede di per sé alcuna forma di pubblicità dei dati raccolti. Ma l'Antitrust si riferiva ad una legge precedente all'ultima normativa, quindi addirittura del 2001.
  Poco male: il sottosegretario (evidentemente l'amanuense aveva tentato qualche devianza), utilizzando le parole contenute nella nota dell'Antitrust, ha dunque affermato che la norma in questione – quella del 2001 – non contempla né la pubblicazione dell'informazione in sé, né, giocoforza, le eventuali modalità di tali applicazioni, e soprattutto non riguarda specificamente i compensi dei conduttori, degli ospiti, degli opinionisti, né tanto meno i costi di produzione dei programmi RAI. Amanuense alquanto impreparato, da bocciare, perché normative successive (e adesso le elencherò tutte) avevano precisato, modificato e ampliato la richiesta di trasparenza sulla RAI; ma tant’è, gli amanuensi son quelli che sono.
  Queste le ultime parole del Governo, che liquida così l'obbligo della trasmissione dei dati RAI, escludendo un dovere in merito alla pubblicazione degli stessi. In sintesi: la RAI comunica i dati e il Governo, proprio in nome della trasparenza che tanto reclama, se li tiene – se li tiene per sé, non li pubblica: li mette in qualche cassetto, magari li trita, li cucina, non si sa cosa se ne faccia –, trincerandosi dietro ad una nota dell'Antitrust circoscritta all'interpretazione del solo articolo 60, comma 3, del testo sul pubblico impiego, così come modificato dal decreto-legge PA.
  Come suggerisce la saggezza popolare, la toppa, signor sottosegretario, è peggiore del buco, perché il Governo si nasconde Pag. 6alla meno peggio dietro un parere dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato riferito a una sola singola disposizione di legge, per di più del 2001. Lo stesso Governo però dovrebbe sapere benissimo che le norme non sono compartimenti stagni ma piuttosto vasi comunicanti. Non ci si può nascondere dietro un non detto di una norma per escludere l'obbligo di pubblicazione dei dati previsti da norme successive. Dando uno sguardo alla legislazione, ci si accorge infatti che da quel lontano 2001 molta acqua è passata sotto i ponti della trasparenza, signor sottosegretario. Ci si è accorti infatti che è ancora in vigore il disposto di cui all'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 – è la legge finanziaria per il 2008 – che impone alle pubbliche amministrazioni e alle società non quotate, a totale o prevalente partecipazione pubblica, l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale il nome dei destinatari degli incarichi e l'importo dei compensi.
  In esecuzione della predetta disposizione, è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, che ha precisato i contenuti dell'obbligo di pubblicità, ricomprendendo esplicitamente ogni rapporto di lavoro subordinato o autonomo che implichi la corresponsione di retribuzioni o emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, includendo anche i compensi percepiti da società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica. Conosco molto bene questo decreto del Presidente della Repubblica perché allora ero il Ministro che l'aveva predisposto.
  Le disposizioni appena richiamate non sono state abrogate da alcuna normativa successiva, risultando, pertanto, tuttora in vigore; in particolare, non risulta alcuna incompatibilità (che comporterebbe l'effetto di un'abrogazione implicita) con l'articolo 15 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», che chiarisce soltanto i contenuti degli obblighi di pubblicazione degli incarichi dirigenziali conferiti dalle pubbliche amministrazioni. Parimenti, non può ritenersi ostativo all'obbligo di pubblicità, sancito dal citato articolo 3... mi scuso di essere un po’ noioso, però l'obiettivo è fondamentale.

  PRESIDENTE. Prego, lei ha ancora oltre cinque minuti per poter trattare l'argomento.

  RENATO BRUNETTA. Benissimo, ce la faccio tranquillamente e raggiungeremo l'obiettivo della chiarezza... dicevo, comma 44, della legge n. 244 del 2007, nemmeno quando richiamato dalla nota dell'Antitrust, ovvero il disposto di cui all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come modificato dal decreto PA del 2013, laddove disciplina gli obblighi di comunicazione del Ministero dell'economia e delle finanze e del Dipartimento della funzione pubblica del costo annuo del personale.
  Il nuovo articolo 60, comma 3, non incide, infatti, in alcun modo sull'obbligo di pubblicità previsto, anche in capo alla RAI, dalla citata legge n. 244 del 2007, che rimane in vigore e che il Governo non cita nella propria risposta; inoltre, se è vero che lo stesso articolo 60 non prevede in maniera esplicita un obbligo di trasparenza, è altrettanto corretto affermare che la medesima norma non solo non esclude l'obbligo di pubblicità già presente nell'ordinamento, ma ne conferma la vigenza, non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza. Pertanto, le dichiarazioni del Governo restano insoddisfacenti e comunque incomplete, dato che affrontano la questione della pubblicità e della trasparenza della RAI, limitandosi a riportare un parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato riguardante la sola norma di cui all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, senza considerare le altre norme vigenti sullo stesso tema. Bocciato, bocciato, signor sottosegretario, Governo bocciato in questa sua risposta.Pag. 7
  Inoltre, nemmeno la disciplina contenuta nel Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) impedisce la pubblicazione dei compensi RAI, come chiarito dal Garante per la protezione dei dati personali, a fronte delle sopra richiamate disposizioni legislative e regolamentari che la contemplano espressamente (peraltro come obbligatoria).
  Nell'ambito di una disamina degli obblighi RAI, voglio infine ricordare quanto prevede il contratto di servizio 2010-2013 siglato dalla RAI e il Ministero dello sviluppo economico, ancora in vigore, seppur in regime di prorogatio: in tema di trasparenza, il testo dispone, all'articolo 27, comma 7, che «la RAI pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico». In altri termini la trasmissione di Fazio, «Che tempo che fa», dovrebbe avere nei propri titoli di coda o nel sito di pubblicità del programma di Fazio, o del programma «Ballarò», o di tutti gli altri programmi, alla fine, «questo programma costa» e «i singoli conduttori di questo programma percepiscono queste cifre».
  Mai fatto, mai realizzato, quindi contra legem ma anche contro il contratto di servizio. Tutto ciò premesso, intendo chiedere al Governo quali misure intenda adottare per garantire in tempi rapidi – si fa per dire – l'attuazione della normativa puntualmente richiamata anche perché, signor sottosegretario, io non mollo e se lei, se il Governo non mi risponde, ci troveremo qui tra un mese con la stessa interpellanza urgente, dando rilievo ai media e spiegando che il Governo sulla RAI è omertoso e non pubblica i dati, magari forse per qualche scambio tra la presenza del Premier in oltre il 50 per cento delle trasmissioni RAI e in altre trasmissioni televisive e l'omessa ottemperanza della legge; spero che non sia così.
  Chiedo al Governo cosa intenda adottare per garantire, in tempi rapidi, l'attuazione della normativa puntualmente richiamata e rendere così pubblici i dati relativi al costo del personale trasmessi dalla RAI, in considerazione di quanto previsto dal contratto di servizio vigente, e, soprattutto, alla luce dell'obbligo di pubblicità previsto per la RAI dall'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), che non risulta messo in discussione dalla normativa intervenuta successivamente. Su questo tema il Governo Renzi si è mostrato fino ad ora in grande difficoltà, come succede spesso quando si tratta di tradurre in concreto gli annunci mirabolanti del Premier in tema di trasparenza. Noi non ci fermiamo, la battaglia per una RAI davvero trasparente va avanti perché servono risposte, serve serietà nei confronti dei cittadini e nei confronti del Parlamento che vorrebbe vedere applicate le leggi.
  Spero che il Governo, almeno questa volta, abbia risposte serie e concrete al chiaro quesito appena posto. Insomma, vogliamo sapere quanto guadagna Fazio, quanto è il contratto di Fazio, quanto è il contratto di Giannini, di Vespa e di tutti gli altri conduttori, non per favorire la concorrenza, ma semplicemente per un obbligo di trasparenza perché i cittadini devono sapere.
  Io non mollo, signor sottosegretario – se ne sarà reso conto – è la sesta interpellanza, mi preparo anche alla settima se il Governo non risponderà e ne subirà ovviamente tutte le conseguenze di credibilità e mediatiche.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, mi associo volentieri agli auguri di buon lavoro che il presidente Brunetta ha rivolto al neo Vicepresidente del CSM, Giovanni Legnini, e do anche volentieri atto al presidente Brunetta della determinazione e della costanza con cui ha posto all'attenzione del Governo, del Pag. 8Parlamento e della pubblica opinione la questione che è oggetto dell'interpellanza: interloquire con il presidente è sempre interessante, ma mi auguro – se sarà necessario, proseguiremo su questo tema se lo riterrà – che non ve ne sia necessità.
  Vorrei fugare nella risposta un dubbio che ho avuto la sensazione aleggiasse nell'esposizione del presidente Brunetta, ma può darsi sia un'impressione sbagliata: ho avuto l'impressione che il presidente Brunetta non fosse pienamente convinto di tutta l'intenzione del Governo di procedere a operare non solo secondo i criteri di rispetto della normativa, ma anche secondo il principio della massima trasparenza. Non è così.
  Vorrei preliminarmente notare che, rispettando il complessivo excursus, tuttavia nella premessa che ricostruisce il quadro normativo in tema di limite massimo alle retribuzioni e ai compensi, si cita l'articolo 3, comma 44, della legge finanziaria per il 2008, che il presidente, come ha ricordato, conosce, ma non si cita compiutamente il terzo periodo, che recita, salvo il vero: «Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza».
  Questo accertamento dell'effettiva concorrenza diventa, quindi, un punto determinante per stabilire procedure e modalità attraverso le quali è necessario corrispondere alla pur inderogabile esigenza di trasparenza e nella risposta data dal Governo all'interpellanza di settembre 2014 è stato richiamato, proprio in questo senso, il parere che è stato dato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dal quale appare evidente, fuori di ogni dubbio, che l'azienda, la RAI, opera sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza, rientrando, quindi, a pieno titolo nella previsione sopra riportata, di cui al terzo periodo della legge finanziaria per il 2008.
  Nello stesso parere dell'Autorità si evidenzia l'esigenza che il Ministero dell'economia e delle finanze proceda all'eventuale pubblicazione dei dati, eventuale per l'Autorità, certa per quanto riguarda la nostra intenzione, in modo tale da non arrecare pregiudizio alla RAI, precisando (e cito testualmente): «Ne consegue che il Ministero, a prescindere da quella che sarà la modalità di raccolta dei dati che deciderà di adottare, che in quanto tale non ha nessun effetto di rilievo concorrenziale, laddove decidesse di procedere di sua iniziativa alla pubblicazione di tali dati, è senz'altro nella condizione di ovviare all'insorgere delle problematiche di mercato paventate da questa Autorità attraverso la definizione di una procedura di divulgazione delle informazioni in forma anonima e aggregata per classi omogenee, con particolare riferimento alle categorie di collaboratori di maggior rilievo per la competitività dell'azienda. L'Autorità auspica che le osservazioni formulate possano essere utilmente tenute in considerazione nell'ambito della definizione delle procedure di raccolta e di eventuale divulgazione delle informazioni acquisite ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001».
  Alla luce di quanto fin qui detto, abbiamo nuovamente sollecitato il MEF, il Ministero dell'economia e delle finanze, per avere una informazione esatta circa le modalità e i tempi con cui, posto quanto sopra, si intendeva procedere e il MEF, nuovamente sollecitato, ha comunicato che provvederà a pubblicare, a breve, i dati sui compensi del personale della RAI, in conformità al parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e nell'ambito delle informazioni relative al costo del lavoro pubblico.
  Nuovamente sollecitato a dare una definizione temporalmente più precisa del concetto «a breve», il MEF ha precisato che questa diffusione avverrà, in modo anticipato, rispetto alla presentazione dei dati del conto annuale 2013, che è prevista entro la fine di quest'anno.
  Il tema della trasparenza dei compensi è, quindi, all'attenzione del Governo, che Pag. 9sta esaminando la questione e che ha esaminato la questione alla luce di questi riferimenti normativi. Peraltro, anche nell'ambito – e io credo che il presidente Brunetta sia ovviamente informato; lo ricordo solo per l'Aula, perché rimanga agli atti – del nuovo contratto di servizio, che è in via di definizione, il tema è oggetto di una importante riflessione.
  Per quanto concerne il parere reso dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei sistemi radiotelevisivi, in relazione allo schema di contratto di servizio, occorre fare presente che questo parere, ponendo uno specifico obbligo di pubblicazione in capo alla RAI, fa comunque sempre un esplicito richiamo alle procedure concordate fra il MEF e il Dipartimento della funzione pubblica; MEF che evidentemente, nell’excursus che il presidente ha ricordato, citando le risposte avute come tempi tecnici strettamente necessari, ha svolto gli approfondimenti necessari e ha dato la risposta che ho detto, cioè che, secondo i richiami e secondo le circostanze che sono state richiamate, entro la fine dell'anno avverrà la pubblicazione.
  Mi preme precisare, infine, anche se non è oggetto della specifica interpellanza, ma tuttavia sempre riguardo a questo tema, che il Governo aveva posto alla Commissione di vigilanza l'esigenza di una valutazione in ordine all'opportunità, vista la decisione annunciata dal Governo di voler procedere all'anticipo del rinnovo della convenzione, di andare avanti con la procedura del contratto di servizio, che poteva correre il rischio di abbracciare un periodo di tempo molto più contenuto di quello che sarebbe stato normale. La Commissione di vigilanza ha ritenuto tuttavia utile che il lavoro fatto si traducesse in una effettiva sottoscrizione, quindi avvieremo già in questi giorni i contatti formali con RAI per la fase di sottoscrizione del contratto di servizio, su cui si è già espressa la Commissione di vigilanza e che ha tra i vari punti di grande rilievo per il lavoro fatto dalla Commissione stessa anche quello che il presidente Brunetta ha scelto come oggetto della sua interpellanza.

  PRESIDENTE. Il collega Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Le ricordo che ha dieci minuti.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, come dire, apprezzo la sua buona volontà, ma non posso non dichiararmi insoddisfatto, anche perché, al di là delle lunghe citazioni di commi e articoli, il Governo e la RAI vogliono far sapere quanto guadagna Fazio, quanto guadagna Vespa, quanto guadagna Max Giannini, quanto guadagnano i singoli dirigenti, quanto guadagnano i singoli conduttori, quanto guadagnano i conduttori di Sanremo e così via ? È questo il punto. La legge lo prevede, le leggi lo prevedono, lasciamo perdere poi le interpretazioni da azzeccagarbugli. C’è questa volontà politica, per un organo così importante e cruciale per la formazione delle notizie, della pubblica opinione, del consenso politico, di sapere o dobbiamo riferirci alle indiscrezioni giornalistiche o alle battute di questo o di quello per cui Fazio prende 5 milioni, Max Giannini 600 mila o 700 mila, spifferi da mondo giornalistico ? Il Governo intende fare veramente trasparenza ? La base giuridica, come direbbero in Europa, c’è e c’è tutta, dopodiché un comma di qua o un comma di là può essere sempre trovato per non rispondere, ma il vero problema è la volontà politica. Signor sottosegretario – e mi consenta: parlo da professor Brunetta in questo caso, non da presidente dei deputati del mio partito – non c'entra niente la concorrenza, perché nel mercato tra gli operatori, nel mercato di reti, nel mercato dei conduttori, nel mercato dei giornalisti, tutti sanno tutto. Il mercato è trasparente da questo punto di vista. Tutti i Crozza del mondo sanno quanto guadagnano i loro concorrenti o i loro competitor, tutti i Vespa del mondo, tutti i Giannini del mondo, tutti i Fazio del mondo, cioè tutti quelli che fanno lo stesso mestiere conoscono Pag. 10i prezzi e i compensi degli altri, della loro concorrenza, dovunque essi siano, in Italia, in Europa, nel mondo, cioè i mercati, i singoli mercati, sono trasparenti, ma lo sanno gli operatori, non lo sa la pubblica opinione. Qui stiamo parlando di informazioni per la pubblica opinione, non per il mercato. Non c'entra assolutamente la concorrenza, perché la concorrenza – lo dice la parola stessa – è fatta sul mercato e il mercato per definizione è trasparente.
  Quindi, questo è un argomento rispetto al quale se io avessi una risposta di questo genere da un mio studente, lo boccerei immediatamente. Il mercato non centra, il mercato è trasparente per definizione, se no, non è un mercato, è molto semplice. Quindi, non si può far riferimento alla concorrenza e al mercato, e poi rivendicare una sorta di diritto di privacy rispetto al mercato; bocciato ! Non è così ! Il prezzo del grano è conosciuto e trasparente, il prezzo del petrolio, il prezzo dei diamanti, il prezzo dei servizi è perfettamente conosciuto, se siamo in presenza di un mercato, se non c’è mercato, evidentemente no. Per cui, non usi più, almeno per la sua coerente credibilità, questo argomento, signor sottosegretario. Invece, il tema fondamentale è molto semplice: il Governo vuol far sapere, rispetto ad una sua struttura partecipata come la RAI, i compensi ? Perché questo è il dato politico. È giusto far sapere agli italiani se il prossimo conduttore del festival di Sanremo, non so neanche chi sarà, prende 1 milione o 2 milioni di euro, per due serate, tre serate ? Sui comici o sui co-conduttori, i «Littizzetti» vari quanto prendono ? È giusto farlo sapere ? Io credo di sì, e penso che anche il buon Presidente del Consiglio, Renzi, la pensi alla stessa maniera. Io penso di sì. In un momento come questo, un momento di crisi, in un momento anche di antipolitica, io penso che sia giusto che la gente sappia e giudichi, dopodiché la pubblicità copre, non copre, i costi non ci sono, la RAI deve fare risparmi, non deve fare i risparmi, funziona o non funziona, audience o share, la gente è intelligente, la gente capisce.
  Io questa battaglia la facevo anche quando ero al Governo, signor sottosegretario, e anche quando ero al Governo avevo difficoltà a far rispondere la RAI, quasi fosse un’enclave opaca. Per cui, non do un eccesso di responsabilità a questo Governo, perché quando ero al Governo io cercavo di realizzare le stesse cose, ho avuto le mie difficoltà, ho avuto, guarda caso, le stesse risposte dagli allora direttori generali, dagli allora Presidenti della RAI. Ma, per mia coerenza, perché penso che la trasparenza sia un bene pubblico, io le chiedo, signor sottosegretario, basta con la citazione dei commi da azzeccagarbugli, dica al Governo se vuole far sapere i compensi di tutti gli operatori all'interno della RAI, quelli rilevanti ovviamente, dai giornalisti ai funzionari, al direttore, al presidente, ai conduttori, che hanno un enorme potere in mano, un potere di condizionare, orientare le coscienze, la politica, lo sappiamo tutti, se ciò sia nella volontà del Governo, senza alcun intento punitivo o vessatorio; vivaddio un po’ di sana meritocrazia. Se si paga 5 milioni Fazio, vuol dire che li vale, forse, ma che la gente possa avere questa informazione ufficiale per giudicare. Max Weber ce lo ricordiamo tutti, lo spirito protestante nell'etica capitalistica ce lo ricordiamo tutti, deve essere un vanto quello di dire: ma io guadagno tanto, perché valgo tanto e porto tanta pubblicità (forse, sì, verifichiamolo). Ma senza informazione, non c’è la possibilità di fare questa valutazione. Pertanto, mi rivolgo a lei, e alla sua sensibilità, signor sottosegretario, per smetterla con i commi, con gli articoli, con le leggi, tanto la base giuridica, lei lo sa benissimo, c’è ed esiste. Quella che le chiedo è la volontà politica. Io questa battaglia, che ho cominciato da Ministro, che ho continuato negli anni, continuerò a farla finché non saprò dai titoli di coda, dalle trasmissioni, quanto guadagna Fazio, quanto guadagna Littizzetto, solo per dire due nomi a caso, quanto guadagna Vespa, così metto dentro tutti, quanto guadagna Max Giannini, quanto guadagnano i direttori, quanto guadagnano i Berlinguer, quanto guadagnano tutti gli attori dell'universo RAI che Pag. 11è così importante, così decisivo, così sensibile per la nostra vita politica, per le nostre istituzioni. La ringrazio ancora, signor sottosegretario.

(Elementi ed iniziative in relazione alle patologie diffuse nella cosiddetta Terra dei Fuochi – n. 2-00731)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Silvia Giordano n. 2-00731, concernente elementi ed iniziative in relazione alle patologie diffuse nella cosiddetta Terra dei Fuochi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Silvia Giordano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Le ricordo che nel caso ha quindici minuti.

  SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, sottosegretario, buongiorno, la ringrazio per la sua disponibilità, d'altronde questa è una domanda che le sto facendo da tempo, non solo per la Terra dei fuochi, ma per tutto il territorio, un po’ fortemente inquinato in Campania, e puntualmente, già in Commissione, mi sono sentita rispondere che uno dei motivi principali per cui c’è un aumento della mortalità o comunque dell'incidenza tumorale, anche nei bambini, è perché in Campania si mangia male. Evidentemente c’è un eccesso, non lo so, di cibo, tra virgolette, «spazzatura» oppure di fumo e di alcool ed è per questo che noi siamo destinati ad avere cancro, tumori, epatite C, problemi alle vie respiratorie, tumori ai polmoni e poi a morire. D'altronde solo la Campania mangia male e ne dobbiamo prendere atto.
  Avrei voluto iniziare a parlare con dei dati alla mano, però mi voglio un attimo adeguare al modo che il Ministro ed il Ministero della salute fino adesso hanno utilizzato con la Commissione affari sociali della Camera. Quindi, prendo avvio un attimo dalle agenzie di stampa, così almeno ci mettiamo prima sullo stesso livello e poi andiamo ad approfondire.
  È ad Afragola che si muore di più di cancro. È Afragola il comune della Terra dei Fuochi che detiene la maglia nera nella blacklist delle località del triangolo della morte, dove si registrano differenze statisticamente significative e mortalità in eccesso per tumore rispetto al resto d'Italia e della Campania.
  Secondo i ricercatori del Pascale, per comprendere quanto stia avvenendo nella Terra dei fuochi, sarebbe utile uno studio specifico in grado di stabilire connessioni precise tra alterazioni biomolecolari ed esposizione a sostanze tossiche per i singoli tumori.
  Il dovere della comunità scientifica – ha precisato il direttore generale del Pascale – è dire la verità e, pertanto, dobbiamo dire che in quelle aree senza ombra di dubbio c’è un aumento della mortalità per cancro.
  E ancora. Il sospetto di questi anni diventa un dato numerico, certificato dall'Istituto superiore della sanità – vostro organo –: nei comuni della provincia di Napoli, considerati parte della Terra dei fuochi, c’è un eccesso di mortalità rispetto al resto della regione del 10 per cento per gli uomini e del 13 per cento per le donne. Più basso, ma sempre grave, il dato della provincia di Caserta, rispettivamente del 4 e del 6 per cento.
  Ma il vero allarme è per i bambini. Infatti, per quanto riguarda la salute dei bambini, il tasso di ricoveri nel primo anno di età per tumori è risultato maggiore del 51 per cento nella provincia di Napoli e del 68 per cento in quella di Caserta. Per quanto riguarda la fascia di età 0-14 anni si osserva un eccesso di ospedalizzazione per leucemie in provincia di Caserta, spiega l'Istituto superiore della sanità. Nella provincia di Napoli, servita dal registro tumori, si è osservato un eccesso di incidenza per tumori del sistema nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fase di età 0-14.
  Per anni non si è data alla questione ambientale la giusta importanza – commenta Maria Triassi, docente di salute Pubblica dell'università Federico II di Napoli –. La mortalità aumentata ora va Pag. 12approfondita, per verificare l'influenza di fattori esterni a quello ambientale, ma è innegabile che serve più attenzione e un lavoro più approfondito, ad esempio unificando i dati di Arpa e Asl, perché non si può ragionare con l'ambiente distinto dalla salute. Purtroppo il problema dei rifiuti è stato ignorato per decenni – sottolinea sempre la Triassi – la nostra società ne produce, ma non si è mai preoccupata di come smaltirli. Sono certa che ci sono molte altre situazioni simili in Italia e nel mondo.
  E ancora. Lunedì scorso – e qui arriviamo alla mia interpellanza – il Ministro della salute Lorenzin, a Napoli per inaugurare il corso di laurea in nutraceutica dell'Università Federico II, ha riaperto il dibattito sulla gestione dell'emergenza ambientale nella Terra dei fuochi. Il Ministero ha fatto il suo e ora sta partendo la regione – ha dichiarato rivendicando gli interventi messi in atto –: il monitoraggio delle aree contaminate, una campagna di screening gratuiti per i cittadini di Puglia e Campania, e un sito Internet – in fase di realizzazione ovviamente, quindi ancora non esiste –, dove avere accesso in tempo reale a tutte le informazioni sulla Terra dei fuochi. Per risolvere il problema però, secondo la Lorenzin, gli interventi ambientali non bastano e servirà anche una grandissima campagna sugli stili di vita, perché nella regione c’è un tema vero di cattive abitudini. Troppo fumo, alcool e cibi grassi sarebbero insomma una delle cause principali dell'alto numero di tumori e malattie croniche che si registrano nella Terra dei fuochi.
  A distanza di un anno, la situazione è rimasta la stessa, se non peggiorata, ci ha raccontato Gaetano Rivezzi, coordinatore regionale dell'Associazione medici per l'ambiente. Già Balduzzi, oltre un anno fa, venne a Caserta – preciserei ad Aversa perché ero presente quel giorno – a dirci che l'alta mortalità per tumore nella nostra provincia sarebbe dovuta agli stili di vita sbagliati. In quell'occasione gli facemmo presenti i problemi legati all'inquinamento, mostrandogli anche gli studi effettuati dall'Istituto superiore di sanità. Il Ministro tornò dopo quindici giorni a chiederci scusa e ci invitò a un tavolo al Ministero. Poche settimane dopo, però, cadde il Governo e da allora il Ministro Lorenzin si è rifiutata di ascoltarci.
  Ora, vede, io potrei veramente continuare a dire l'impossibile prendendo le agenzie, perché con le dichiarazioni che puntualmente il Ministro della salute fa sulla Terra dei fuochi, in Campania oltretutto, si può fare veramente una biblioteca, si può mettere su veramente una biblioteca. Però vorrei far presente alcune parole prese proprio dallo studio Sentieri, elaborato dall'Istituto superiore di sanità, che afferma: «La mortalità per il tumore del fegato è stata riportata in eccesso nella precedente indagine a livello nazionale e, insieme all'eccesso di mortalità per cirrosi, è stata messa in correlazione con la presenza di siti di smaltimento di rifiuti pericolosi in studi specifici».
  E ancora, nell'interpretazione dei dati dell'incidenza oncologica, va tenuto presente che l'intera area coperta dal registro tumori dell'ASL Napoli 3 sud, costituita da 35 comuni, compresi 19 inseriti nel SIN, presenta tassi di incidenza per l'insieme della patologia oncologica e di specifiche sedi tumorali più elevati rispetto alla media dei registri dei tumori del sud, qui presa come riferimento.
  Ora, io vado all'interpellanza e precisamente a cosa voglio chiedere, ma prima voglio specificare perché si è iniziata questa interpellanza: per le dichiarazioni di Mantovani. Chi è Mantovani ? Alberto Mantovani è il direttore del Dipartimento di sanità pubblica, veterinaria e sicurezza alimentare presso l'Istituto superiore di sanità. L'attività istituzionale del Dipartimento è rivolta alla valutazione e al contenimento dei rischi legati agli alimenti, ma in particolare Mantovani, per la sua attività di ricerca, ha ricevuto diversi premi nazionali e internazionali. Da diversi anni le analisi bibliometriche lo indicano come uno dei ricercatori o il ricercatore italiano più produttivo e citato nella letteratura scientifica internazionale, Pag. 13essendo diventato uno dei cento immunologi più citati negli ultimi vent'anni del secolo scorso.
  Che cosa fa Mantovani ? Dall'8 all'11 ottobre 2014 si è svolto il Media forum internazionale di Greenaccord presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. L'11 ottobre 2014 nel corso del Media forum internazionale di Greenaccord, mentre interveniva il dottor Mantovani dell'Istituto superiore di sanità, un gruppo di cittadini provenienti dalla Terra dei fuochi interrompeva i lavori, contestando con forza la posizione del Ministero della salute in merito alla mancanza di nesso tra siti a rischio e aumento delle patologie. Il dottor Mantovani, dirigente dell'Istituto superiore di sanità, nel corso della contestazione, ha rilasciato una video intervista a Fanpage nella quale ha reso dichiarazioni molto precise sul nesso tra aumento delle patologie e siti a rischio, quali la Terra dei fuochi. Il dottor Mantovani ha dichiarato, infatti, che «la correlazione tra siti a rischio e aumento delle patologie è evidente e dimostrata da dati scientifici, in possesso dell'Istituto superiore di sanità, incontrovertibili». Le dichiarazioni del dottor Mantovani smentiscono in maniera inequivocabile e inconfutabile quanto dichiarato più volte dal Ministro Lorenzin secondo cui l'aumento delle gravi patologie riscontrate nella Terra dei fuochi è addebitabile ad uno scorretto stile di vita, in particolare alimentare. Il dottor Mantovani ha dichiarato, altresì, che se fosse stato un residente della Terra dei fuochi anche lui probabilmente avrebbe manifestato insieme agli altri cittadini e che le patologie riscontrate nei siti inquinati non derivano dagli stili di vita o alimentari della popolazione residente.
  Questa situazione sta diventando schizofrenica, perché l'Istituto superiore della sanità non è un partito di opposizione, non è qualcuno che vuole andare in contrasto con il Ministero della salute in quanto ne è organo, ma soprattutto è un organo scientifico e, anche se adesso è partito il commissariamento, dovrebbe essere un organo alquanto affidabile proprio del Ministero della salute. Quello che ha detto Mantovani è quello che pensa la popolazione campana in generale, perché non bisogna solo soffermarsi sulla Terra dei fuochi.
  L'ultima interrogazione che le ho fatto, sottosegretario, in Commissione, riguardava il fiume Sarno e il 17 per cento dell'aumento di tumori e del tasso di incidenza di tumori soprattutto nei bambini. La risposta è sempre stata che è lo stile di vita. Io le chiedevo, nel fiume Sarno, così come le chiedo anche adesso nella «Terra dei fuochi», è di fare un'indagine epidemiologica, per capire anche l'eventuale nesso di causa-effetto con i siti inquinati e le malattie. La risposta è stata «no», perché tanto mangiamo male, fumiamo troppo e beviamo troppo e in effetti evidentemente i campani si divertono particolarmente rispetto al resto dell'Italia.
  Però, vede, il discorso è questo: adesso c’è stata questa dichiarazione di Mantovani. Abbiamo capito chi è Mantovani, abbiamo capito per chi lavora, abbiamo capito il lavoro che fa e soprattutto le referenze che ha ed ha detto che ci sono dati incontrovertibili.
  Si può sapere quali sono questi dati ? E soprattutto, se così si può sapere, perché si continua, a livello istituzionale e a livello governativo – perché anche l'Istituto superiore di sanità è un organo istituzionale – si continua a venire in Campania dicendo che se noi moriamo è perché mangiamo male ? E soprattutto perché c’è il rifiuto di fare una vera analisi epidemiologica in queste zone ? E soprattutto perché, per una volta, veramente per una volta nella vita di questo Governo, non ascoltate un attimo chi viene da quelle zone e, quando si fa un decreto per la «Terra dei fuochi», si capisce che il vero problema non è solo la «Terra dei fuochi», ma l'inquinamento generale e soprattutto lo smaltimento e tutta la camorra che vi è all'interno di questo smaltimento dei rifiuti, in tutta Italia, e si cerca di tutelare realmente la salute dei cittadini ? Così evitiamo che poi nella legge di stabilità vengano tolti 10 milioni di euro Pag. 14alla «Terra dei fuochi», perché viene considerata una norma leggermente localistica.
  Perché non si cerca di fare qualcosa per tutta l'Italia e per capire come fare per non continuare ad inquinare a favore degli introiti economici da parte di alcuni, continuando ad inquinare le terre ai danni della salute dei cittadini ?
  Ma ancora, la domanda precisa è: se il Ministro è in possesso dei dati scientifici dell'Istituto superiore di sanità, se non intenda renderli noti alle Commissioni competenti e quindi alla Commissione affari sociali (anche se ringrazio per la sua disponibilità, tuttavia mi farebbe piacere vedere un po’ di più quella del Ministro Lorenzin).
  E ancora: a fronte dei dati scientifici incontrovertibili in possesso dell'Istituto superiore di sanità, se non intenda avviare immediatamente – e ripeto la domanda – iniziative per proseguire ed implementare il monitoraggio epidemiologico delle aree relative alla cosiddetta «Terra dei fuochi», con particolare riferimento alla popolazione dei minori e accelerare le procedure di bonifica.
  Quali ulteriori iniziative, di concerto con gli altri Ministeri competenti, intenda avviare al fine di intervenire con maggiore rigore ed efficacia e contrastare i fenomeni criminali che ruotano attorno al business dei rifiuti (sempre se si vogliono contrastare).
  Se non si ritenga necessario avviare un piano straordinario di recupero e bonifica dei territori interessati dagli incendi, garantendo il ripristino della legalità ed il massimo livello di tutela per la salute delle persone e dell'ambiente.
  Ma soprattutto, sottosegretario, quali sono i siti a rischio nei quali ad oggi effettivamente sono in corso bonifiche, ovvero a che punto sono le gare pubbliche di appalto ed eventualmente lo stato di avanzamento dei lavori nonché l'ammontare delle risorse disponibili per le bonifiche, in quanto appare evidente che le bonifiche hanno una stretta attinenza con le patologie e il loro incremento ed ogni ritardo si riverbera sui cittadini e, soprattutto, sulla loro salute.
  E un'altra cosa: visto che abbiamo il precedente del Ministro Balduzzi, che dopo essere venuto ad Aversa, con davanti una serie di persone disperate – e c'era un gruppo in particolare, lo voglio ricordare perché ha tutta la mia solidarietà: si chiama «le mamme vulcaniche», che sono genitori di bambini malati di tumore, perché hanno avuto l'unica disgrazia di nascere in quel posto – ha detto che noi mangiamo male. Poi, dopo 15 giorni è tornato ed ha chiesto scusa.
  A questo punto chiediamo se il Ministero, dopo averci dato i dati, non ritenga opportuno chiedere scusa a tutte le famiglie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente e onorevoli, le tematiche che sono state sollevate dall'onorevole Giordano io vorrei dire che sono di massimo rilievo per il Ministero della salute ed anche per il Governo.
  Nella presentazione dell'interpellanza, l'onorevole Giordano ha messo insieme dati e parti anche di relazioni molto importanti, ed a quei dati io mi vorrei rapportare nella risposta. Ha citato anche molte agenzie di stampa, che ovviamente – mi consentirà onorevole – sfuggono un po’ ad un valutazione filologica e puntuale nella mia risposta.
  Vorrei stare un po’ agli elementi che sono stati segnalati ed anche alla richiesta di dati che sono stati elencati nell'interpellanza, confermando, avendo visitato qualche settimana fa alcuni luoghi indicati nella cosiddetta geografia della «Terra dei fuochi», che c’è un allarme sociale ed anche un'inquietudine straordinaria in quei territori; inquietudine con la quale le istituzioni è doveroso che dovranno fare sempre di più i conti, con capacità di Pag. 15iniziative, anche d'informazione, che dovremo saper dare nei prossimi mesi.
  Il Ministero della salute sta lavorando da oltre un anno con le altre istituzioni interessate, per risolvere i problemi connessi ad un grande disastro ambientale e che si sta tentando di affrontare con un'attività quotidiana, che io vi descriverò, che si sviluppa giorno per giorno.
  Il Ministro della salute, proprio nel mese di ottobre, ha firmato un ultimo provvedimento per la prima tranche di 25 milioni di euro che saranno distribuiti tra Taranto e la cosiddetta «Terra dei fuochi», per garantire gli esami per la prevenzione e per il controllo dello stato di salute della popolazione residente nelle zone in esame, nel rispetto proprio delle disposizioni, di cui al decreto-legge n. 136 del 2013, convertito dalla legge n. 6 del 2014. Il provvedimento è ora all'esame della Conferenza Stato-regioni ed acquisterà efficacia solo dopo aver avuto il parere in quella sede con il riparto dei fondi che sono lì previsti.
  Fatte salve le valutazioni di carattere generale e nel merito delle questioni poste, ricordo che l'Istituto superiore di sanità, ha aggiornato, come è stato indicato dall'onorevole Silvia Giordano, lo studio «Sentieri», sullo stato di salute delle popolazioni residenti nella cosiddetta «Terra dei fuochi», individuata in cinquantacinque comuni delle province di Napoli e Caserta.
  Lo studio, condotto nei tempi previsti dalla norma, da un gruppo di lavoro di ricercatori dell'Istituto superiore di sanità, che fu istituito ad hoc, è stato realizzato con lo scopo di rilevare eventuali eccessi di mortalità, incidenza oncologica e morbosità riferibili proprio all'esposizione a contaminanti ambientali. Sapendo che questa dinamica è eziologica, anche la scienza planetaria, mi sentirei di dire, non conferma con una puntualità netta, mettendo sempre in campo elementi, come dice la vasta bibliografia, multifattoriali.
  La metodologia e i risultati dello studio sono stati riportati – vorrei dire all'onorevole Silvia Giordano – nella Relazione relativa alle attività affidate all'Istituto superiore di sanità ex articolo 1, comma 1-bis, della legge n. 6 del 6 febbraio 2014 («Terra dei Fuochi»): tutti questi dati sono disponibili sul sito dell'Istituto superiore di sanità, al quale sito rinvio per ogni elemento di dettaglio.
  Di seguito riporto alcuni stralci di quanto descritto per la cosiddetta «Terra dei Fuochi» nella sintesi dei risultati che l'aggiornamento dello studio «Sentieri» ha prodotto. Cito: «La valutazione dei profili di salute della popolazione residente nelle aree di interesse si è avvalsa di dati correnti certificati. Per la mortalità e l'ospedalizzazione sono state analizzate le basi di dati elaborate dall'ufficio di statistica dell'Istituto superiore di sanità, a partire dai dati ufficiali ISTAT e dalle schede di dimissione ospedaliera (le cosiddette SDO), rilasciate dal Ministero della salute; per l'incidenza oncologica, ci si è avvalsi della collaborazione di registri tumori locali e dell'Associazione italiana dei registri tumore (Airtum); in particolare, per la “Terra dei Fuochi” i dati sono relativi ai diciassette comuni della provincia di Napoli, serviti dal registro tumori dell'ASL Na3 Sud».
  «Per condurre lo studio» – cito ancora – «è stata utilizzata la metodologia “Sentieri” con la quale si individuano, a priori, in base a una revisione sistematica e standardizzata della letteratura scientifica, le patologie associabili a quadri di contaminazione ambientale. Tali patologie sono, inoltre» – come dicevo prima – «a eziologia multifattoriale e l'inquinamento può concorrere» a esserne una delle cause.
  «Le caratteristiche metodologiche dello studio “Sentieri” – continuo ancora con la citazione in quella relazione – non consentono, in linea generale, la valutazione di nessi causali certi, permettono tuttavia di individuare situazioni di possibile rilevanza sanitaria da approfondire con studi mirati, senza rinviare le necessarie azioni di risanamento dei territori in cui sono presenti situazioni di inquinamento ambientale».
  «Lo studio suggerisce, inoltre, alcune raccomandazioni di sanità pubblica volte ad azioni di prevenzione e di promozione Pag. 16della salute. Il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 comuni che la legge n. 6 del 6 febbraio 2014 definisce come “Terra dei fuochi” è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell'ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale» – sembra una citazione un po’ greve in termini di linguaggio, ma vorrei essere puntuale nel citare proprio quella relazione alla quale l'interpellante faceva riferimento – «che ammettono» – questi elementi multifattoriali – «fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti, l'esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani.». Questa è la puntuale e precisa definizione di quello che lo studio, come è evidente, anche nella sua tecnicalità, vuole comunicare.
  «La medesima legge prevede che in questi comuni vengano effettuati interventi di tutela dell'ambiente, che si aggiungono a quelli previsti per il sottoinsieme dei comuni già inclusi nel sito di interesse nazionale per le bonifiche, il Litorale Domizio-Flegreo e l'Agro Aversano, dal 2013 derubricato a sito di interesse regionale. Queste osservazioni concorrono a motivare l'implementazione di piani di risanamento ambientale, che sono peraltro espressamente previsti dalle norme in vigore e l'immediata cessazione delle pratiche illegali di smaltimento e combustione dei rifiuti, con il ripristino della legalità del ciclo dei rifiuti». Qui finisce la citazione.
  Inoltre, in merito alle iniziative per il continuo monitoraggio epidemiologico, si comunica che l'Istituto superiore di sanità ha già avviato una collaborazione con l'ARPA Campania, per lo svolgimento di un aggiornamento dell'indagine epidemiologica in tutti i 196 comuni delle province di Napoli e Caserta.
  In ordine, invece, alle iniziative già in corso – a cui l'onorevole Giordano faceva riferimento e su cui chiedeva informazioni – con il supporto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, riferisco quanto segue. Le attività di campionamento ed analisi nella regione Campania previste dal decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, più volte citato, sono state programmate ed attuate da un gruppo di lavoro istituito con la Direttiva ministeriale del 23 dicembre 2013. Il gruppo è coordinato dall'ex commissario straordinario dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura ed è composto da rappresentanti del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di sanità, della regione Campania, dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Campania e della Calabria, dell'Università degli studi di Napoli Federico II, oltre che della stessa Agenzia.
  Il gruppo di lavoro opera per il conseguimento dei seguenti obiettivi: a) individuazione dei siti interessati da sversamenti e smaltimenti abusivi nel territorio regionale; b) definizione di un modello scientifico di riferimento per la classificazione dei terreni di cui alla citata lettera a), ai fini delle diverse tipologie di utilizzo: divieto di produzione agroalimentare, per esempio, limitazione a determinate produzioni agroalimentari ovvero a colture diverse anche destinate alla produzione di biocarburanti, quindi no food; c) predisposizione di relazioni con i risultati delle indagini svolte e delle metodologie tecniche usate con le relative proposte operative ai Ministeri competenti sulle misure da adottare.
  È stato altresì messo a punto un modello scientifico di riferimento, con l'obiettivo di pervenire all'individuazione di criteri per la valutazione dei terreni agricoli, finalizzati ad assicurare la salubrità e la qualità delle produzioni agroalimentari a tutela della salute umana.
  Il modello detta i criteri per individuare, su base scientifica e non empirica, l'inquinamento del suolo e il rischio per la salute umana, animale e dell'ambiente, ed ha valenza generalizzata, per cui potrà Pag. 17essere applicato in altre realtà territoriali caratterizzate da fenomeni simili. In particolare, partendo dalla conoscenza dello stato d'inquinamento delle matrici ambientali, il modello definisce delle classi di rischio per le produzioni vegetali, sulla base della biodisponibilità degli inquinanti verso la catena alimentare.
  Sulla base dei livelli informativi richiesti dal modello scientifico, il gruppo ha effettuato un'attività di ricognizione, raccolta e selezione dei dati utili allo svolgimento delle indagini. I dati così definiti sono stati armonizzati e organizzati nella piattaforma di condivisione «Geoportale Terra dei Fuochi». Sono state rilevate complessivamente 1.622 segnalazioni di aree sospette, catalogate dal gruppo di lavoro secondo sei classi. L'analisi e l'integrazione geografica dei dati analitici (circa 2.500 punti) e l'analisi effettuata in tutto il territorio dei comuni coinvolti ha consentito al gruppo di classificare detto territorio in 5 livelli di rischio potenziale per complessivi 1.146 ettari, pari al 2 per cento della superficie agricola totale oggetto di indagine. Con il decreto del Ministro dell'ambiente 11 marzo 2014, è stato pubblicato l'elenco dei siti, individuati dalle relative coordinate geografiche, da sottoporre ad indagini dirette, e le priorità per la loro effettuazione in base alla classe di rischio individuata dal gruppo di lavoro. Nel rispetto del principio di precauzione, per 51 siti agricoli da sottoporre ad indagini dirette, ricadenti nelle classi 5, 4 e 3, il citato decreto ha fissato il divieto di immissione sul mercato dei relativi prodotti agricoli, a meno che le colture non siano già state oggetto di controllo ufficiale, con esito favorevole nell'arco degli ultimi dodici mesi, o siano sottoposte, su richiesta dell'operatore stesso e a sue spese, a campionamento da parte delle autorità competenti, per la ricerca di contaminanti per i quali esistono limiti di legge.
  Previa notifica ai proprietari dei terreni, effettuata dal Corpo forestale dello Stato, sono iniziate le indagini dirette secondo un preciso calendario. Attualmente risultano completate, per tutti i siti di livello di rischio 5, 4 e 3, i campionamenti delle matrici suolo, acqua e vegetali laddove presenti, nonché le analisi per la ricerca degli inquinanti indice, individuati dal gruppo di lavoro. Va evidenziato che, per gli 11 siti agricoli con livello di rischio 5 e 3, il campionamento delle matrici ambientali interessate (suolo e acque) è stato subordinato all'effettuazione delle indagini conoscitive di tipo indiretto (dosimetria delle radiazioni alfa, beta e gamma finalizzata ad accertare la sicurezza per l'accessibilità al sito degli operatori, geomagnetometria per evidenziare l'eventuale presenza di fusti interrati). Attualmente il gruppo sta analizzando i risultati analitici, con lo scopo di catalogare i siti, evidenziando quelli non idonei alla coltivazione. La direttiva del 16 aprile 2014 ha disposto che il gruppo amplii la sua attività svolgendo indagini anche sui terreni di ulteriori 31 comuni delle province di Napoli e Caserta.
  Da ultimo, per quanto riguarda i registri dei tumori, segnalo che il Ministero della salute è da tempo impegnato a sostenere la costituzione e il rafforzamento di questi registri. A seguito di tale azione, i registri tumori attualmente accreditati dall'Associazione italiana registri tumori (AIRTum) stanno registrando una crescita: nel 2010 i registri tumori erano 29 e coprivano il 35 per cento della popolazione italiana, oggi sono 40 e coprono il 51 per cento del territorio nazionale; altri 2 sono in fase di accreditamento e altri 18 hanno iniziato le attività per una copertura pari al 70 per cento della popolazione italiana. Per la questione in esame, si precisa che nella regione Campania sono attivi il registro tumori della provincia di Salerno e il registro tumori dell'area ASL Napoli 3 e dei distretti sanitari n. 46 di Acerra e n. 47 di Casalnuovo, come risulta dallo stesso sito dei registri dei tumori. Con la finalità di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevante in una popolazione Pag. 18definita, con l'articolo 12 della legge n. 221 del 2012 è stata prevista l'istituzione, tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di sistemi di sorveglianza e di registri, tra i quali viene espressamente previsto il registro tumori nazionale. In considerazione della rilevanza della materia, il Ministero ha già avviato le iniziative necessarie a definire in tempi brevi un testo di decreto da sottoporre alla valutazione della Conferenza Stato-regioni e del Garante per la protezione dei dati personali.
  In relazione a un altro punto di richiesta di informazione dell'interpellanza, che è quello dell'aggiornamento su tutti i dati di messa in sicurezza e di bonifica della regione Campania, mi consento di consegnare all'onorevole Giordano un dossier articolato, puntuale sulle risorse finanziarie, sui progetti che si stanno realizzando, sui siti di interesse nazionale, di interesse regionale di quella regione, che evito di riassumere perché sono 11 pagine dettagliatissime di dati, che spero potranno garantire la richiesta di informazione che l'onorevole Giordano ha fatto nella sua interpellanza.

  PRESIDENTE. La deputata Giordano, che ha 10 minuti, ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, prenderò molto meno tempo. Io, sottosegretario, la ringrazio: la ringrazio della disponibilità, la ringrazio per le informazioni date e per il dossier che mi darà; ma veda, a parte alcuni punti, a mio avviso è inaccettabile sentire ancora che nei prossimi mesi avverrà, nel prossimo mese ci sarà un decreto, stiamo facendo questo, stiamo facendo quest'altro, dopo trent'anni che c’è l'emergenza della Terra dei fuochi, questo è un qualcosa che è abbastanza inaccettabile. Però vede, tutto quello che lei ha detto – e di cui in parte ero a conoscenza, devo ammettere, altre informazioni me le ha date in questo momento – va ancora di più a confermare la tesi che c’è il nesso di causalità tra siti inquinati e mortalità; perché se tutto quello che sta facendo il Ministero è appunto fare l'analisi epidemiologica, andare a controllare la qualità dei siti, l'inquinamento, andare a vedere se c’è o meno e quale tasso di inquinamento c’è nel terreno, andare a fare l'analisi agricola del terreno e quant'altro, è perché appunto è chiaro che nel momento in cui il terreno è inquinato, si ha un effetto collaterale sulla popolazione che abita in quelle zone.
  Allora io mi domando e dico: per quale motivo il rappresentante istituzionale del Ministero della salute, ossia Beatrice Lorenzin, Ministro della salute, continua periodicamente a dire che se noi stiamo male e se noi moriamo, è perché mangiamo male ? Perché vede, a questo punto mi aspettavo una analisi di tutti gli stili di vita e del come possano comportare la morte e l'aumento del cancro e dell'epatite C e di quant'altro, dei tumori alle vie respiratorie, ai polmoni, all'apparato digerente e quant'altro, e che venisse detto: vede, tutti questi sono i collegamenti che sono presenti nella «Terra dei fuochi», e quindi voi se state male non è per i siti inquinati ma è per lo stile di vita; allora io lì mi sarei alzata e avrei detto: guardi, mi dispiace, non lo sapevo, grazie delle informazioni, chiederò io scusa alla Lorenzin per averla accusata di aver detto cose non vere.
  Però, visto che lei, in tutto quello che mi ha detto (e a questo punto siete in ritardo di trent'anni, ma se lo fate ben venga), va esattamente nella direzione che ho detto all'inizio dell'interpellanza e che la Lorenzin evidentemente sta portando avanti una teoria non sostenuta da dati scientifici né dell'Istituto superiore di sanità, né dai suoi che mi ha detto in questo momento, perché non c’è in quello che mi ha detto alcun collegamento con lo stile di vita se non con alimenti che derivano da terreni agricoli inquinati, quindi il problema principale è l'inquinamento, non lo stile di vita.
  Detto questo, a questo punto le annuncio la prossima interpellanza, dove l'unico Pag. 19punto sarà se il Ministro della salute Lorenzin non dovrà chiedere scusa a tutti i campani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Intendimenti in merito alla proposta della Commissione europea di rettifica del bilancio 2015 ed ai relativi effetti sulla politica agricola comune – n. 2-00724)

  PRESIDENTE. A questo punto, anche per accordi intercorsi tra gli interpellanti e il sottosegretario interessato, passiamo all'interpellanza urgente L'Abbate n. 2-00724, concernente intendimenti in merito alla proposta della Commissione europea di rettifica del bilancio 2015 ed ai relativi effetti sulla politica agricola comune (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Massimiliano Bernini se intenda illustrare, per quindici minuti, l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, con la presente interpellanza vogliamo attenzionare all'Aula e al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali una questione di vitale importanza per l'agricoltura del nostro Paese.
  Intanto mi sia concesso fare una doverosa premessa per comprendere la gravità di quanto è stato dispoticamente deciso dalle istituzioni europee in queste ultime settimane. Secondo un comunicato stampa del MIPAAF del 29 agosto 2014, l'agricoltura si conferma un settore dinamico e in grado di creare occupazione, anche nel secondo trimestre del 2014, con un saldo positivo del più 1,8 per cento. Cresce anche in maniera incoraggiante il numero dei dipendenti, con un più 5,6 per cento. In poche parole, l'agricoltura resta l'unico settore produttivo italiano, o uno dei pochi, a far registrare, in questo momento di stagnazione, dei parametri statistici positivi.
  Questi dati sono la conferma della vitalità e della tempra delle imprese e delle aziende agricole, che, nonostante i numerosi ostacoli economici, i prezzi sul campo non remunerativi, il calo dei consumi domestici, le numerose frodi alimentari operate all'estero, le avverse condizioni climatiche delle ultime annate, la recrudescenza di fitopatie vecchie e nuove, continuano ad andare avanti assicurando produttività e posti di lavoro. Insomma, per usare un eufemismo, gli agricoltori continuano a tirare la carretta. Purtroppo, la carretta è la giusta rappresentazione del nostro sistema Paese, che manca di una pianificazione e di una vision che ad oggi, da parte di questo Esecutivo, non ci è dato conoscere.
  Ora, il mio gruppo è convinto che l'agricoltura, se adeguatamente sostenuta e tutelata, possa rappresentare il volano di una sicura ripresa di tutta la nostra economia, essendo caratterizzata da una biodiversità agraria unica e invidiata in tutto il mondo. Ricordiamo che l'Italia continua a mantenere la fetta più grossa del registro dei prodotti DOP e IGP dell'Unione europea, pari a 1.167 unità, comprese anche le specialità tradizionali garantite (STG), segnalando negli ultimi anni un ulteriore incremento delle registrazioni, giunte a quota 252.
  La maggior parte delle nostre specialità si concentra nei prodotti dell'ortofrutta e dei cereali (quasi il 40 per cento), nei formaggi (18 per cento), negli oli extra vergine di oliva (17,6 per cento) e nei salumi (oltre il 14 per cento). Nel periodo 2004-2012 si è registrato un consistente aumento delle aziende agricole (più 38,7 per cento), degli allevamenti (più 50 per cento), della superficie impiegata (più 40,7 per cento) e dei trasformatori (più 22 per cento). Da questi numeri, e da altri che ho omesso per ragioni di tempo, si evince ancora una volta che l'agricoltura è un asset strategico per la ripresa del nostro Paese, grazie alla sua qualità, alla sua tradizione, alla sua innovazione e alla sicurezza alimentare.
  Ma torniamo al merito dell'interpellanza. La Commissione europea ha approvato, Pag. 20lo scorso 15 ottobre, una lettera di rettifica al progetto di bilancio 2015 nella quale chiede al Consiglio e al Parlamento europeo di stralciare fondi per quasi mezzo miliardo di euro dal bilancio agricolo per la gestione della PAC 2015, al fine di sopperire alla mancanza di liquidità necessaria per sostenere altre politiche europee, quali il programma energetico europeo, il programma «Horizon 2020» e interventi di cooperazione con Paesi terzi in materia di gestione dei flussi migratori.
  A seguito di tale decisione, le misure d'urgenza a favore degli agricoltori unionali derivanti dall'embargo imposto dalla Federazione russa, stimate in circa 340 milioni di euro, devono essere finanziate attraverso il ricorso alla riserva di crisi di cui al regolamento n. 1306/2013, costituita mediante l'applicazione di una riduzione dei pagamenti diretti con il meccanismo della disciplina finanziaria, che però non riguarda tutti gli Stati membri, ma solo alcuni. Facendo un rapido calcolo, è evidente che una tale scelta, sebbene imposta dalla disciplina di bilancio, penalizza enormemente il settore primario, il quale risulta doppiamente colpito dagli effetti di una crisi che non ha in alcun modo contribuito a creare, ma che, anzi, ha sicuramente arginato.
  Inoltre, è bene ricordare in quest'Aula che le risorse spostate dal bilancio agricolo andranno a potenziare anche il sostegno del programma di stabilizzazione e di pacificazione dell'Ucraina.
  Insomma, i fondi europei per la politica agricola comune sono ormai utilizzati come un bancomat per i più svariati scopi e, sebbene tutte le politiche unionali siano egualmente importanti e necessarie, tanto più quelle rivolte a creare condizioni stabili nei Paesi limitrofi, la sottrazione di risorse alle imprese agricole, che a stento hanno resistito a questa crisi economica, ci appare più che mai una scelta priva di qualsiasi logica e, anzi, contraria agli interessi di molti Stati membri, in primis dell'Italia, a vocazione prettamente agricola.
  Per consolidare i parametri positivi del settore primario, servirebbe tutt'altro tipo di azioni, miranti alla competitività delle imprese agricole, al lavoro, alla semplificazione burocratica, all'etichettatura dei prodotti di qualità e alla lotta alla contraffazione, che andrebbero promosse anche in sede europea.
  In conclusione, con questa interpellanza, signor Presidente, signor sottosegretario, vorremmo sapere se il nostro Governo non ritenga di dover esprimere la totale contrarietà dell'Italia alla rettifica del bilancio 2015 e di quali iniziative si farà promotore, anche in qualità di Presidente di turno del Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea, affinché il Consiglio non accolga la proposta dell'Esecutivo comunitario.
  Concludo ricordando che proprio intorno alla PAC è stato costruito tutto il processo di integrazione europea per il conseguimento di diversi obiettivi, tra i quali quello di aiutare gli agricoltori, non soltanto a produrre alimenti, ma anche a proteggere l'ambiente, quello di migliorare il benessere degli animali e di mantenere economicamente vive le comunità rurali. Spero che questa decisione dell'Esecutivo comunitario non rappresenti una grave battuta d'arresto di questo fondamentale e necessario processo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, gli interpellanti chiedono se l'Italia esprima la propria contrarietà allo stralcio di fondi destinati alla gestione della politica agricola comune dal progetto di bilancio europeo 2015, proposto dalla Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo per sopperire, in mancanza di liquidità, ad altre politiche europee.
  Come il Ministro Martina e il Governo più volte hanno avuto maniera e modo di ribadire, la proposta di taglio del budget complessivo per l'agricoltura non è assolutamente Pag. 21accettabile, tanto più in questo momento, perché aggraverebbe l'effetto della crisi e dell'embargo russo, che sta fortemente penalizzando – come ha sottolineato l'interpellante – il settore primario europeo.
  Vorrei evidenziare che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in qualità di Presidente del Consiglio europeo di turno, sta valutando quali siano, nell'ambito delle competenze del Consiglio agricoltura dell'Unione europea, le iniziative di carattere politico più opportune al fine di manifestare la forte preoccupazione del settore primario dell'Unione, invitando il Consiglio a trovare soluzioni concrete nell'ambito delle procedure di conciliazione.
  Auspichiamo inoltre – e già c’è stato un incontro con il Ministro Martina – che il nuovo Commissario Hogan, che sta seguendo la vicenda in maniera particolare, e il Presidente della Commissione Jean Claude Juncker sappiano porre rimedio, come richiesto anche dalla maggioranza della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, che già su questa vicenda si è espresso.
  Il tema sarà comunque oggetto di discussione il 10 novembre prossimo nel prossimo Consiglio dei ministri dell'agricoltura e della pesca dell'UE, dove la Presidenza italiana ha previsto un apposito punto di dibattito, anche se la materia del bilancio europeo non rientra strettamente nella competenza del Consiglio agricolo.
  La questione è stata anche attentamente dibattuta in sede di Comitato speciale agricoltura del 20 ottobre scorso, durante il quale tutti i rappresentanti dei Paesi membri hanno espresso forte preoccupazione per la proposta della Commissione.
  La problematica è stata altresì discussa anche in seno al Comitato fondi della Commissione, ove la stragrande maggioranza di Stati membri, tra cui l'Italia, ha espresso forte preoccupazione per la riduzione delle assegnazioni nell'ambito della rubrica 2 (agricoltura) del bilancio dell'Unione europea.
  Ribadisco, inoltre, che l'Italia è in campo per difendere gli imprenditori agricoli – come è stato sottolineato –, che in questo momento vedrebbero ulteriormente penalizzata la nostra agricoltura, senza avere nessun tipo di responsabilità e in un periodo certamente non favorevole sul piano congiunturale.

  PRESIDENTE. Il deputato Giuseppe L'Abbate ha facoltà, per dieci minuti, di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Presidente, non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta. Sono settimane che si sa della decisione dell'Unione europea del taglio di mezzo miliardo di euro di fondi PAC e qui in Aula oggi ci venite a dire che il Ministro sta ancora vagliando, sta pensando come potere intervenire per scongiurare questo taglio. Siamo ancora alle convinzioni. L'Italia deve portare delle proposte concrete in Europa, non le convinzioni !
  Non siamo soddisfatti, perché nulla è stato fatto dal Governo fino ad oggi. Renzi, quando è venuto in Aula a riferire sul Consiglio che si è svolto qualche giorno fa, non ha fatto alcun passaggio, in 40 minuti di chiacchiere che abbiamo sentito qui dentro, su questa problematica, forse perché il settore agricolo, in realtà, non ha nessuna importanza, non viene considerato da parte del Governo, visti anche gli ultimi episodi che sono accaduti proprio ieri nella Commissione bilancio, quando abbiamo visto un siparietto indecente tra maggioranza e maggioranza, PD contro PD, perché si vogliono stralciare gli unici due commi che danno soldi – quei pochi soldi, appena 60 milioni di euro in tre anni – all'agricoltura. Una legge di stabilità che porta solo tagli: non si è mai vista nella storia una legge di stabilità che porta solo tagli ad un settore e l'unica parte che serve a dare un po’ di soldi agli agricoltori viene stralciata, la si vuole stralciare. Siamo riusciti a strappare una promessa al Viceministro dell'economia e delle finanze, affinché si intervenga sulle tabelle per potere trovare questi soldi. Vigileremo, Pag. 22vedremo se sarà così, presenteremo noi un emendamento al disegno di legge di stabilità e vedremo se la maggioranza lo voterà e manterrà realmente gli impegni.
  Dal fronte interno del Governo e della maggioranza c’è questa voglia, questa volontà di distruggere le imprese agricole. Dobbiamo ricordare che le imprese agricole oggi hanno un indebitamento pari a 50 miliardi di euro, perché l'imprenditore agricolo non è il grande finanziere che fa buchi, che fa debiti e poi scappa con la cassa, con la valigetta dei soldi da un'altra parte. L'imprenditore agricolo muore nella sua terra, muore con le mani nella terra, perché è quello il suo lavoro, ama fare quel lavoro, non vuole abbandonare la sua azienda e fa di tutto per potere salvare la sua azienda.
  Allora, è inaccettabile che questa Unione europea sacrifichi, proprio in questo momento di crisi, il comparto primario. Sono note le ripercussioni negative che sta avendo l'embargo imposto dalla Federazione russa sulle importazioni dall'Unione europea dei prodotti agro-alimentari. È noto, oramai, che la Commissione europea intende porre fine anche agli aiuti a titolo di indennizzo per i prodotti particolarmente colpiti. Questa ulteriore decurtazione di risorse, che impone il ricorso alla riserva di crisi per salvare i redditi degli agricoltori unionali che non esportano più in Russia, è un affronto inconcepibile ad un settore che paga già questa gravissima crisi internazionale. Voglio precisare che la riserva di crisi è finanziata mediante una riduzione dei pagamenti diretti secondo il meccanismo della disciplina finanziaria. Quindi, oltre al danno anche la beffa: tagliano ancora mezzo miliardo.
  L'ulteriore sottrazione di risorse appare una scelta priva di qualsiasi logica e contraria ai nostri interessi nazionali. Giova ricordare, infatti, che siamo il secondo partner commerciale della Russia. Quindi, se il Ministro non sa cosa fare, se il Premier non sa cosa fare, glielo diciamo noi: forse il Governo deve cominciare a valutare meglio le conseguenze che le scelte europee hanno sui nostri affari interni, perché, se le conseguenze sono queste, allora nessuna scelta è obbligatoria. Questa Unione europea non va bene, non ci serve, non abbiamo bisogno di questo tipo di Unione !
  Lasciatemi fare un'altra considerazione.
  L'Unione europea finanzia il processo di stabilizzazione dell'Ucraina nell'ambito della politica europea di vicinato. Forse è il caso di rivedere anche le politiche di prossimità o, quanto meno, di valutarne l'efficacia. È ovvio, infatti, che l'Unione europea non è in grado di esercitare alcuna forza di attrazione nei confronti di Paesi vicini e non è più sufficiente continuare sulla strada delle promesse e dei finanziamenti, che sottintendono precise condizionalità politiche da parte dei Paesi beneficiari.
  Questa situazione è frutto della mancanza di un serio dibattito europeo sul futuro delle relazioni con i vicini dell'est e spiega anche perché l'Ucraina continua ad oscillare tra l'Unione europea e la Federazione russa.
  L'impatto delle relazioni Russia-Ucraina è inoltre fondamentale per la sicurezza energetica europea. La politica di progressiva integrazione economica, senza alcuna aspettativa di piena membership, che l'Unione europea offre all'Ucraina contrasta con il progetto parallelo di unione doganale euro-asiatica lanciata da Putin nel 2010. L'Unione europea, se vuole essere davvero unione, deve sviluppare una vera politica estera, una efficace strategia politica e diplomatica e non utilizzare strumenti di ritorsione commerciale.
  Questo deve fare il Governo in Europa. Non abbiamo più bisogno di parole: vedremo, faremo. Renzi aveva detto che questo doveva essere il Governo del fare e doveva portare risultati. I risultati per adesso sono solo le chiacchiere, un risultato che potrà portare alla morte e alla chiusura delle imprese agricole italiane, uno dei settori di vanto, perché tutti si vantano del made in Italy, dei nostri prodotti agroalimentari, della nostra qualità, delle nostre DOP, dei nostri marchi, Pag. 23dei nostri IGP, ma nessuno poi realmente fa nulla per tutelare questo patrimonio unico italiano che abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza in merito alla situazione del polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio-CTO a Roma – n. 2-00725)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta e Abrignani n. 2-00725, concernente iniziative di competenza in merito alla situazione del polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio-CTO a Roma (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Ignazio Abrignani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prendo atto che la illustra: prego, ha quindici minuti.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, illustre sottosegretario, la mia esposizione sarà comunque breve, perché si riferisce ad una circostanza, per carità, non meno grave di quelle precedentemente esposte, ma certamente di minore diffusione e allarme sociale e più circoscritta.
  In particolare, i sottoscrittori chiedono di interpellare il Ministro della salute in relazione a questa circostanza. L'articolo 32 della Costituzione italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
  L'azienda ospedaliera Roma C opera all'interno di una vasta area della città di Roma, comprendendo il territorio di quattro municipi della città, per un'area di oltre 250 chilometri quadrati e una popolazione pari a circa 600 mila abitanti: insomma direi una città di grande rilievo. All'interno di tale vasta area opera il polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio-CTO Andrea Alesini.
  La situazione in cui versa tale polo ospedaliero è assolutamente preoccupante. In particolare, per l'ospedale Sant'Eugenio sono stati segnalati dai cittadini e dalle associazioni del territorio i seguenti disservizi: dal 4 aprile 2014 il servizio di medicina nucleare è stato sospeso, in quanto il responsabile della sicurezza dell'azienda ospedaliera ha segnalato alcune importanti carenze, tanto da rendere obbligatoria la chiusura immediata del servizio. Ad oggi, nonostante alcune rassicurazioni verbali da parte del direttore dell'azienda sanitaria locale e del presidente della regione Lazio, i lavori di messa a norma non sono stati avviati e non risulta, agli atti degli uffici tecnici dell'ospedale, nessun progetto di ristrutturazione approvato.
  Inoltre, il reparto di ematologia, che comprende la terapia intensiva e il reparto di trapianto di midollo, attende da mesi la ristrutturazione, più volte annunciata ma mai partita. Questo costringe i medici e gli operatori ad accogliere i pazienti in locali ormai fatiscenti e fuori norma, tant’è che si nutrono dubbi per il prossimo accreditamento della struttura.
  Il reparto di radiologia da mesi esegue prestazioni limitate ai soli ricoveri interni, mentre per malati esterni vi sono lunghe liste di attesa con almeno cinque o sei mesi per una TAC o una risonanza magnetica.
  Per la medicina oncologica, a quanto risulta agli interpellanti, si prevede, addirittura, la chiusura del reparto nel mese di novembre 2014, attraverso il trasferimento del servizio in altri ospedali della città di Roma, con evidenti disservizi per i pazienti in cura.
  Il pronto soccorso del Sant'Eugenio accoglie già da tempo anche le urgenze provenienti dall'ospedale CTO, il quale si sta avviando sempre più ad una specializzazione solamente per la medicina d'urgenza relativa all'ortopedia. Tale scelta ha sovraccaricato il pronto soccorso del Sant'Eugenio, per il quale si registrano ore di attesa per ricevere le prestazioni mediche. In generale, in molti reparti si evidenzia una lenta riduzione dei posti letto, soprattutto Pag. 24per la mancanza di medici ed infermieri e, in particolare, mi riferisco ai reparti di psichiatria, chirurgia d'urgenza, urologia, medicina.
  È evidente, pertanto, che, dalla descrizione evidenziata, manca un piano coordinato di ristrutturazione dei reparti che metta in condizione il territorio – ripeto: circa 600.000 persone – di capire quale destinazione avrà l'ospedale Sant'Eugenio e, soprattutto, non è stata data ai cittadini, fruitori dei servizi ospedalieri in questione, alcuna informazione sufficiente sui tempi di riutilizzo delle strutture sanitarie chiuse.
  Pertanto, a questo punto, ci si chiede, e si chiede al Ministro e al sottosegretario oggi presente, se il Ministro e il Ministero siano a conoscenza delle circostanze critiche e preoccupanti riportate in premessa e, soprattutto, quali siano le iniziative che intendono porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per verificare e chiarire la situazione, assicurando il pieno funzionamento del polo regionale ospedaliero Sant'Eugenio-CTO, accertando, soprattutto, che i servizi siano ripristinati nel più breve tempo possibile.
  Infine, si chiede di capire se il Ministro voglia rendere pubbliche tutte le informazioni eventualmente acquisite, al fine di dare massima trasparenza alle modalità con cui i servizi sanitari siano stati gestiti in questa particolare circostanza.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli, la regione Lazio ha disposto la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale tramite una delibera, che è quella del commissario ad acta n. 80/ 2010. La delibera prevede, nello specifico, per l'Ospedale Centro Traumatologico Ortopedico (CTO) «Andrea Alesini», una dotazione di 144 posti letto (di cui 1 in day hospital), attività di specialistica ambulatoriale e di diagnostica di base, una postazione 118, una elisuperficie e come ruolo nella rete di emergenza, è previsto un pronto soccorso ortopedico. Per l'Ospedale Sant'Eugenio, invece, è prevista una dotazione di 451 posti letto (di cui 37 in day hospital), funzione di medicina nucleare, specialistica ambulatoriale, diagnostica di base, una postazione 118, un centro dialisi, un ambulatorio del dolore e come ruolo nella rete di emergenza, è previsto, invece, un dipartimento di emergenza e accettazione, cioè un DEA di I livello. La stessa delibera precisa, altresì, che le due strutture sono funzionalmente accorpate.
  In data 25 luglio 2014, la struttura commissariale ha trasmesso ai ministeri affiancanti, dell'economia e della sanità, la delibera del commissario ad acta n. 247/2014, che è quella di adozione dei programmi operativi 2013-2015. Relativamente alle due strutture in questione, la struttura commissariale prevede la vendita dell'immobile del CTO, con focalizzazione della mission assistenziale in sinergia, in questo caso, proprio con INAIL con obiettivi programmati. La regione, con il duplice intento di qualificare l'offerta assistenziale in ambito ortopedico-riabilitativo e di valorizzare il patrimonio immobiliare, intende avviare le seguenti attività presso la struttura CTO: trasferimento di parte delle attività al Sant'Eugenio; mantenimento lì dell'unità spinale unipolare all'interno del presidio ospedaliero unificato Sant'Eugenio-CTO; un incremento dei posti letto, da 16 a 32, ed attivazione di un'area di terapia intensiva dedicata; valorizzazione patrimoniale dell'immobile e presentazione di un piano di vendita per la struttura; la conclusione del riscatto dell'immobile CTO e la variazione del patrimonio; l'eventuale utilizzo di tali proventi per l'adeguamento tecnologico e/o la promozione di attività territoriali.
  La manovra prevede la cessione dell'immobile ad INAIL, con il mantenimento di un polo ortopedico riabilitativo di 100-120 posti-letto e lo sviluppo sinergico con l'istituto assicurativo su tematiche comuni, Pag. 25quali: l'erogazione di prestazioni di assistenza riabilitativa in regime residenziale e semi-residenziale non ospedaliero e ambulatoriale; l'erogazione di prestazioni di terapia occupazionale intese come programma riabilitativo individuale, finalizzato a massimizzare l'abilità di rientro al lavoro; l'istituzione di uno sportello informativo, in collaborazione con il Comitato italiano paraolimpico, ai fini della promozione dell'esercizio della pratica sportiva a livello agonistico ed amatoriale nei confronti delle persone con disabilità; l'erogazione di prestazioni di assistenza protesica e fornitura di ausili; la sperimentazione clinica dei risultati della ricerca applicata, sia in campo riabilitativo che protesico, condotta con istituti di valenza nazionale ed internazionale.
  I risultati e il cronoprogramma: realizzazione di uno specifico filone progettuale finalizzato alla valorizzazione e successivo piano di vendita della struttura CTO, entro il 30 settembre 2014; spostamento di parte dei posti letto al Sant'Eugenio entro il 31 ottobre 2014 (la richiesta di prestazioni per queste specialità per l'unità spinale viene garantita dall’équipe del Sant'Eugenio); adeguamento dell'Unità spinale unipolare entro il 31 dicembre 2014; ricognizione degli spazi disponibili inutilizzati entro il 31 luglio 2014.
  In merito ai programmi operativi sopra sintetizzati, i tavoli di verifica, nel verbale della riunione del 31 luglio 2014, hanno valutato che la struttura commissariale abbia in gran parte recepito le prescrizioni di cui al verbale della riunione dell'8 luglio 2014. Come già esplicitato nel citato verbale e in quello del 15 aprile 2014, si riservano – in quel tavolo tecnico – di valutare gli interventi previsti sulle reti assistenziali e relativamente alla ristrutturazione economico-finanziaria delle aziende del Sistema sanitario regionale in fase di attuazione.
  La struttura commissariale prevede, inoltre, l'emanazione di uno specifico provvedimento sul nuovo assetto della rete ospedaliera, entro sessanta giorni dall'approvazione, con decreto commissariale, del programma operativo.
  In ordine alla questione delineata nell'interpellanza in esame, è stata sentita anche la regione Lazio. La regione Lazio ha ribadito che, nell'ambito del proprio programma operativo, con riferimento alla riorganizzazione dell'offerta assistenziale, il Sant'Eugenio è una struttura destinata al trattamento dei pazienti acuti, inserita nella rete regionale dell'emergenza sanitaria, qualificata nel programma operativo come Dipartimento di emergenza e accettazione, cioè DEA, di I livello.
  Sulla base delle indicazioni regionali, l'ospedale Centro traumatologico ortopedico (CTO) dovrà assumere il ruolo di polo specialistico di riferimento, destinato: al trattamento di elezione delle lesioni secondarie a traumi e dei loro esiti; agli interventi riparativi o correttivi propedeutici e/o sussidiari alle attività riabilitative; alla gestione delle attività riabilitative finalizzate al recupero delle massime capacità funzionali compatibili con le lesioni residue; allo sviluppo e alla realizzazione di protesi, ausili, sistemi e, più in generale, di tutte le tecnologie di supporto alle capacità funzionali residue; all'addestramento più idoneo al reinserimento sociale e lavorativo attraverso le tecnologie sviluppate; allo sviluppo e alla realizzazione di tecnologie introducibili nell'ambiente di vita e di lavoro, che siano in grado di ottimizzare i livelli di autonomia conseguiti.
  L'Azienda sanitaria locale Roma C, attraverso un'attività di riorganizzazione di durata quinquennale (2015-2020), intende assegnare al CTO un ruolo di riferimento per un bacino di utenza interregionale. Il CTO dovrà quindi inserirsi nell'ambito della rete sanitaria regionale, gestendo, laddove possibile, anche le esigenze di altre regioni che siano in carenza dei profili assistenziali offerti dall'ospedale Sant'Eugenio.
  La ASL Roma C, in modo coerente con quanto sopra riportato, ha in data 16 ottobre 2014 presentato il proprio piano strategico 2014-2016, nel quale vengono ampiamente dettagliati gli interventi di riprogettazione. È piena volontà dell'ASL Roma C e della regione Lazio – comunicano Pag. 26– riaprire quanto prima la Medicina nucleare, chiusa da qualche mese per motivi connessi a carenze in materia di sicurezza.
  Il progetto preliminare per la riapertura della medicina nucleare e per l'avvio delle procedure è già stato predisposto – comunicano l'ASL e la regione – e la deliberazione è in corso di approvazione. Il reparto di oncoematologia è oggetto di un intervento di riqualificazione strutturale previsto dal Piano strategico. Questo progetto comprende il mantenimento e lo sviluppo delle attività di trapianto midollare, anche attraverso un adeguamento agli standard di accreditamento internazionale. I tempi di attesa per le attività radiologiche sono un problema che riguarda l'intera rete di offerta regionale e l'azienda Roma C, proprio al fine di ridurre i tempi di attesa, sta partecipando al progetto regionale che è stato di recente approvato e finanziato dalla regione Lazio.
  Il trasferimento del reparto di oncologia presso l'Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata fa parte integrante del progetto regionale di riorganizzazione della rete oncologica ed è corrispondente ad una più equilibrata distribuzione di questa componente specialistica nel territorio del comune di Roma e si accompagna, nell'accordo all'uopo sottoscritto tra ASL Roma C e l'Azienda ospedaliera San Giovanni, con il mantenimento presso l'Ospedale Sant'Eugenio di una funzione oncologica di supporto alle attività specialistiche dell'ospedale e alle esigenze di assistenza della popolazione, ivi compresi i trattamenti chemioterapici.
  La diversificazione delle funzioni e della missione assistenziale tra CTO e Sant'Eugenio è elemento fondamentale di un piano complessivo di riqualificazione dell'offerta ospedaliera aziendale ed è lo strumento con cui si realizza il rilancio del CTO, che aveva visto la progressiva erosione della sua capacità assistenziale, tanto da giustificare addirittura prospettive di chiusura.
  Per quanto riguarda le difficoltà riscontrate nel funzionamento del pronto soccorso del Sant'Eugenio, che si inseriscono in un quadro più generale di sofferenza del sistema regionale dell'emergenza, queste difficoltà sono il risultato di modalità organizzative dell'ospedale, che il piano strategico intende correggere, con i nuovi programmi che ho voluto citare.
  La regione ribadisce che la riorganizzazione avviene nell'ambito di un piano più generale di riassetto del modello assistenziale e che questo progetto interviene a correggere e sanare una situazione fino ad oggi condizionata da logiche di settore e sprovvista di un quadro di riferimento unificante, in grado di assicurare ai professionisti sanitari e ai cittadini una prospettiva stabile per il futuro.

  PRESIDENTE. Il deputato Abrignani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Brunetta n. 2-00725.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, sottosegretario, direi che ci si potrebbe ritenere soddisfatti rispetto alla mole di prospettive che sono state date come risposta a questa interpellanza. Però, la risposta è iniziata, dichiarando che, intanto, si vende l'immobile del CTO e ciò vuol dire che, comunque, scompare una serie di posti letto. Poi, mi si dice che il Sant'Eugenio passa da 16 a 32 e io mi chiedo: quanti posti letto si perdono, cedendo l'immobile che, invece, è strutturale ?
  Dopodiché, si parla di tutto un piano, che di fatto rende il Sant'Eugenio quasi un ospedale solo per le urgenze o per certi tipi di interventi particolari. Però, c’è un problema di fondo, che è, come ho detto nella mia interpellanza, il fatto che questo era l'ospedale di 600 mila persone: questa gente dove si andrà a curare ?
  In più, ho visto un piano particolareggiato e, tra l'altro, chiederei agli uffici se sia possibile averne copia, in maniera tale da poter verificare la sua fattibilità, perché erano previste già tre date (31 luglio, 30 settembre e 31 ottobre) con rispetto alle quali dovevano accadere alcune cose che non sono accadute e che sono già trascorse. Pertanto, per carità, con tutta la Pag. 27fiducia nel sottosegretario, nel Ministero e anche nella regione Lazio, chiediamo la possibilità di avere copia della risposta proprio per rendere noto ai cittadini quali sono le intenzioni del Ministero, ma soprattutto per verificare la fattibilità di un'operazione che, teoricamente, sarebbe già partita ma che sulla quale noi ad oggi – tanto è vero che siamo qui con un'interpellanza urgente – non abbiamo alcun riscontro.
  Ci auguriamo che la regione Lazio e il Governo si rendano conto che ci sono 600 mila persone in questa area di Roma che necessitano di un ospedale dove curarsi e che questa frammentazione, che mi sembra emergere dall'indicazione del sottosegretario, certamente non può dare soddisfazione. È evidente che c’è un piano di riassetto e di riorganizzazione, che ci sono problemi di costi che noi non sottovalutiamo e in questo riteniamo responsabile la nostra interpellanza.
  Però nello stesso tempo chiediamo serietà sia alla regione Lazio sia al Governo.
  Pertanto chiederemmo appunto – e vedo che il sottosegretario è disponibile a darmela – di avere copia di questo riscontro, in maniera tale da poter avere coscienza e conoscenza della fattibilità di quanto oggi dichiarato, che perlomeno ci lascia soddisfatti nelle intenzioni, però sicuramente non nei fatti, perché ad oggi nulla è accaduto e le preoccupazioni, anzi, aumentano.

(Intendimenti in ordine all'adozione di provvedimenti correttivi della geografia delle sedi giudiziarie, con particolare riferimento al tribunale di Alba (Cuneo) – n. 2-00732)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Monchiero ed altri n. 2-00732, concernente intendimenti in ordine all'adozione di provvedimenti correttivi della geografia delle sedi giudiziarie, con particolare riferimento al tribunale di Alba (Cuneo) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Monchiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, sarò brevissimo rispetto a ciò che devo dire. Intanto questa interpellanza trae origine da una precedente, che si è svolta il 4 giugno 2014, alla quale rispose il Ministro, aprendo delle possibilità che hanno suscitato delle aspettative nei territori interessati dalla riforma delle circoscrizioni giudiziarie.
  In secondo luogo, il Ministro, recentissimamente – vale a dire l'11 ottobre, a Venezia, 20 giorni fa – nel contesto del congresso nazionale forense aveva adombrato l'ipotesi che, nel contesto della riforma del procedimento civile, venisse prevista, il Governo chiedesse una delega che gli consentisse di rivedere le circoscrizioni delle corti d'appello e, in quel contesto, apportare qualche correzione alla precedente riforma delle circoscrizioni dei tribunali.
  Questo è il primo punto su cui si fonda questa interpellanza.
  Il secondo è rappresentato dai dati di fatto della realtà delle doglianze che provengono dal territorio, dal mio territorio, ed in particolare cito, nell'interpellanza, alcune fonti giornalistiche, alcuni articoli di giornale, che lamentano l'inefficienza della risposta che si dà ai cittadini su questioni minimali – dalla messa in ordine del giorno delle istanze fallimentari alla predisposizione di provvedimenti di decreti ingiuntivi – con riferimento ai quali i termini che intercorrono tra la domanda e l'adozione del provvedimento, che prima erano veramente minimali ed ottimali per il tribunale di Alba, oggi, dopo l'accorpamento, si sono spostati di qualche mese. Queste due contraddizioni sono oggetto di questa interpellanza.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, Pag. 28nel rispondere agli onorevoli Monchiero, Rabino e Mazziotti Di Celso a questa interpellanza, voglio premettere che, proprio anche nei mesi scorsi, insieme all'onorevole Monchiero eravamo stati ad Alba e quindi conosciamo bene la situazione.
  Nel rispondere agli onorevoli Monchiero, Rabino e Mazziotti Di Celso, mi preme premettere però come la riforma della geografia giudiziaria, attuata con i decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, abbia segnato un passo importante nella razionalizzazione del servizio giustizia.
  Nondimeno, l'esigenza di rafforzare l'efficienza del sistema giudiziario attraverso la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici di primo grado ha comportato la necessità di monitorare e valutare l'impatto della riforma sulle singole realtà territoriali, onde evitare disagi all'utenza e ricadute negative sull'ottimale organizzazione del servizio.
  Va, peraltro, rilevato come, con il decreto ministeriale 13 settembre 2013 non siano stati individuati tribunali «meritevoli di ulteriori valutazioni». Si è, invece, seguita la strada di autorizzare l'utilizzazione di immobili già adibiti a servizio di uffici giudiziari soppressi per non pregiudicare l'efficienza delle sedi accorpanti, e ciò solo in presenza di specifiche ragioni organizzative o funzionali, e limitatamente al periodo strettamente necessario allo smaltimento dell'arretrato.
  Il citato decreto è stato, dunque, all'evidenza un provvedimento volto a favorire l'attuazione della riforma in quanto diretto a rimuovere – per singole sedi giudiziarie – le criticità derivanti dalla provvisoria carenza di spazi da destinare ad usi giudiziari ed a fronteggiare l'impatto dei disposti accorpamenti. Non vi è stata, dunque, alcuna correlazione tra l'attuazione concreta del decreto in questione e la sospensione della riforma per le sedi di tribunale indicate nel provvedimento.
  Il decreto legislativo n. 14 del 2014 ha, invece, adottato disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 7 settembre 2012, relativi alla nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, nonché alla soppressione di uffici di giudici di pace, nel contesto della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, al fine di superare, sin dalla fase di avvio della riforma delle circoscrizioni giudiziarie, i dubbi interpretativi posti dalla normativa originaria.
  È stato dato, difatti, avvio ad una analitica attività di monitoraggio, volta ad assicurare l'effettiva realizzazione degli obiettivi di efficienza e razionalizzazione di tutti gli uffici giudiziari del Paese, ivi compresi i tribunali menzionati nell'interpellanza; ed a tale fine – come ricordato dagli onorevoli interpellanti – in data 19 settembre 2013, è stato istituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo non solo di verificare natura e tempi degli effetti applicativi del nuovo assetto territoriale sull'operatività degli uffici giudiziari, ma anche di proporre soluzioni organizzative e normative, da adottare nell'ambito di decreti legislativi correttivi.
  I risultati dell'analisi svolta hanno fatto emergere alcune necessità di ridefinizione territoriale, specie in relazione ad alcune circoscrizioni che hanno presentato delle criticità. In particolare, è emersa la situazione critica delle circoscrizioni di Roma e Napoli, uffici già gravati da considerevoli flussi procedimentali in relazione alle rispettive competenze territoriali, e si è, pertanto, imposta la esigenza di dare a tali circoscrizioni una maggiore efficienza.
  Al riguardo, si riporta quanto riferisce sul punto il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria in merito agli uffici del giudice di pace di Napoli e di Roma, che esercitano le proprie funzioni su territori di particolare complessità e vastità, con un bacino di utenza rispettivamente pari a circa 1.170.000 e 2.617.000 abitanti. Si tratta, in particolare, di due realtà metropolitane, rispetto alle quali si giustifica in toto la proposta istituzione delle sedi rispettivamente di Barra ed Ostia, che potrà avere un positivo effetto deflattivo. Anche la dislocazione degli uffici in oggetto consente Pag. 29di contenere il sovraccarico di lavoro e di utenza che grava sugli uffici metropolitani del giudice di pace di Roma e di Napoli attraverso l'istituzione di un presidio decentrato sul territorio, con competenza estesa, quanto al primo, su tutta la zona che si protende verso il mare e che rientra nel municipio X e, quanto al secondo, su tutta la zona est di Napoli in direzione dell'area vesuviana.
  Siffatte eccezionali emergenze hanno, dunque, giustificato la previsione normativa, mentre analoghe priorità non si sono ravvisate con riferimento ad altri uffici: in particolare, nessuna circoscrizione di tribunale è stata ritenuta meritevole di riconsiderazione dei confini territoriali, neppure, quindi, il tribunale di Alba, la cui soppressione non ha registrato negative incidenze sull'efficienza dell'Ufficio accorpante.
  Quanto alle criticità evidenziate nell'atto ispettivo e relative al tribunale di Asti, dalle informazioni assunte consta, invece, come la tempestiva e completa attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie non abbia prodotto rilevanti disfunzioni presso quell'ufficio, risultando ivi ottimizzata una più efficace organizzazione del lavoro dei magistrati, fondata sulla distribuzione degli affari nei vari settori secondo criteri di specializzazione.
  Nell'ambito della sezione civile, ad esempio, sono state individuate materie specialistiche alle quali sono stati assegnati uno o più magistrati, che comunque partecipano al riparto degli affari comuni.
  È stato così possibile adibire, sia pure in via non esclusiva, due magistrati alla materia del lavoro; tre (compreso il presidente del tribunale) alle procedure concorsuali; due alle esecuzioni immobiliari; uno a quelle mobiliari; cinque agli affari di famiglia; due alle funzioni di giudice tutelare. Anche nella sezione dibattimentale penale sono state previste aree di specializzazione.
  La capacità del tribunale di trattare con efficacia e tempestività tutte le domande di giustizia provenienti dai cittadini dei due circondari unificati è testimoniata proprio dai risultati della gestione, nell'ultimo anno, dei procedimenti contenziosi civili e di lavoro e previdenza che erano pendenti presso il tribunale di Alba alla data di efficacia del decreto legislativo n. 155 del 2012. Infatti, in un primo momento, per la celebrazione di tali giudizi, e in attuazione del decreto ministeriale del 14 settembre 2013, era stato prorogato – ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012 – l'uso dell'immobile già sede del soppresso tribunale di Alba «(...) per il periodo strettamente necessario allo smaltimento dell'arretrato (...) per la trattazione delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie e dei giudizi civili ordinari (...) pendenti alla data del 13.9.2013 (...)».
  Secondo le previsioni del decreto ministeriale, il presidio per la trattazione degli affari pendenti avrebbe potuto protrarsi sino al 13 settembre 2015. Tuttavia, in un secondo momento, si è pervenuti, il 16 giugno 2014, alla decisione di dismettere l'immobile del tribunale di Alba, perché è stato verificato che, a tale data, buona parte del contenzioso ivi pendente era stato già definito. In particolare, la dismissione è stata motivata dall'esito della ricognizione dei procedimenti pendenti, quantificati – alla data del 31 maggio 2014 – in numero 68 giudizi di lavoro e previdenza (dagli originari 275) e in numero 517 giudizi civili ordinari (dagli originari 1.007). Quanto ai tempi di trattazione dei decreti ingiuntivi, consta dalle informative rimesse dal capo dell'ufficio del tribunale di Asti, come la pubblicazione del provvedimento intervenga attualmente nell'arco di dieci-quindici giorni dalla data del deposito telematico del ricorso. I pregressi ritardi sono stati, invece, temporaneamente determinati da carenza di personale amministrativo – non imputabile in alcun modo agli effetti diretti della riforma delle circoscrizioni giudiziarie – essendo una sola unità, contestualmente gravata di tutti gli adempimenti riguardanti il contenzioso del lavoro, Pag. 30assegnata alla trattazione delle fasi conseguenti al deposito telematico dei decreti ingiuntivi.
  Con riferimento al caso, pure menzionato nell'interpellanza urgente, inerente la trattazione di una istanza prefallimentare, consta come la richiedente società sia stata dichiarata fallita con sentenza datata 29 ottobre 2014 all'esito di declaratoria di inammissibilità della richiesta di concordato preventivo fondata sull'apprezzamento dell'insussistenza dei requisiti previsti dalla legge e dopo aver celebrato tutte le prescritte fasi processuali (concessione di termine per la presentazione di concordato cosiddetto pieno; deposito della domanda corredata del piano e della dovuta attestazione e, da ultimo, l'interlocuzione ex articolo 162 della legge fallimentare).
  La tempestività di tali provvedimenti dimostra, pertanto, la capacità del nuovo ufficio ampliato di provvedere sulle domande di giustizia nei tempi fisiologici previsti dalla legge. Dalla relazione svolta dal presidente del tribunale di Asti non risulta, inoltre, che alcun procedimento sia stato rinviato, né che alcun adempimento processuale previsto in ciascuna udienza sia stato omesso o ritardato con motivazione riferita all'intervenuto accorpamento, mentre – in ossequio alle previsioni del decreto legislativo n. 155 del 2012 – i fascicoli pendenti presso il tribunale soppresso sono stati tabellarmente assegnati senza alcuna distinzione di provenienza, salvi i casi di necessità di conservazione degli atti già compiuti. Anche sotto il profilo della efficienza, dunque, non sussistono ragioni tali da determinare il ripristino dell'ufficio soppresso che, invece, realizza tutti gli obiettivi della riforma e che ha dimostrato di poter ottimizzare i nuovi criteri di organizzazione.
  Pare rilevante, infine, evidenziare che si sta valutando di procedere, sulla scorta di apprezzabili dati statistici consolidati, rilevati successivamente all'entrata in vigore delle modifiche territoriali disposte, a una complessiva rivalutazione – come richiesto anche dal Consiglio superiore della magistratura – delle piante organiche del personale di magistratura degli uffici e, quindi, del personale amministrativo, in modo che la riforma della geografia giudiziaria realizzata possa essere positivamente completata, raggiungendo il preordinato obbiettivo del miglioramento del servizio relativo alla giustizia.
  In tale contesto, potranno essere ulteriormente attentamente valutate, assieme a quelle di tutti gli altri uffici giudiziari, le peculiari esigenze del Tribunale di Asti.
  Quindi, ringraziando per l'attenzione, sottolineo come il Ministero si è impegnato sia nel rivedere la pianta organica del personale amministrativo che nel cercare di sbloccare anche i concorsi, come ha già preannunziato anche in Commissione giustizia il Ministro della giustizia Orlando, per quanto riguarda nuovi concorsi. Quindi, sia piante organiche che nuovi concorsi sia il problema dei precari, che è molto attuale e molto sentito, sono temi che sono indicati come prioritari per il nostro Dicastero e di fronte ai quali vogliamo dare risposte, perché è evidente che la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, che è una riforma importante, debba essere accompagnata anche da questi altri provvedimenti per ridare efficienza ai servizi di giustizia – così come abbiamo fatto –, facendo entrare in vigore anche il processo telematico, che porterà dei benefici e consentirà anche di ottimizzare risorse proprio da destinare ad altre funzioni all'interno dei tribunali.

  PRESIDENTE. Il deputato Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, ringrazio sempre il sottosegretario Ferri per la sua cortesia e per la pazienza con la quale accetta i nostri rilievi. Sono però del tutto insoddisfatto per una serie di ragioni che cercherò di rappresentare rapidamente. La prima è questa: i dati. I dati evidentemente non collimano e, dato che non mi piace fare la figura di colui che porta dei dati che vengono sistematicamente smentiti, sentirò l'ordine forense di Alba e di Asti, che li ha forniti, e Pag. 31l'inviterò ad essere più preciso. Ma dato che questi dati mi sono stati consegnati non più tardi di una settimana fa, quindi non sono molto pregressi, le chiedo, signor sottosegretario, che nel caso questi dati mi vengano confermati lei apra un'indagine interna su chi fornisce i dati al Ministero, perché uno dei due mente e credo sia interesse reciproco verificare chi. Inoltre, sono insoddisfatto anche per l'atteggiamento del Ministro. Questa interpellanza odierna non sarebbe mai stata formulata se il Ministro, quattro mesi fa, non avesse assunto qui in quest'Aula un atteggiamento ben più possibilista e se non l'avesse confermato a Venezia, tre settimane fa. Dato che a Venezia non parlava in un bar ad un gruppo di amici, ma parlava al congresso degli ordini forensi, una maggiore attenzione alle cose che si dicono in periferia rispetto a quelle che si fanno qui a Roma credo che giovi a noi tutti. Da questa discrasia veramente grave, che sottolineo ancora, discende la mia totale insoddisfazione.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 3 novembre 2014, alle 10:

  (ore 10, con votazioni dalle ore 16)

  1. – Discussione del disegno di legge:
   S. 1612 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile (Approvato dal Senato) (C. 2681).
  — Relatore: Vazio.

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00537, Pisicchio n. 1-00609, Covello ed altri n. 1-00612, Palese e Russo n. 1-00614, Baldassarre ed altri n. 1-00621, De Girolamo ed altri n. 1-00624, Taglialatela ed altri n. 1-00641, De Mita ed altri n. 1-00642 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648 concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla situazione della Campania.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272, Mucci ed altri n. 1-00611, Nicchi ed altri n. 1-00613, Speranza ed altri n. 1-00615 e Rondini ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere.

  4. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   FRATOIANNI ed altri; MARAZZITI ed altri; FIANO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).
  — Relatore: Migliore.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Nicoletti ed altri n. 1-00603, Santerini ed altri n. 1-00604, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00605, Palazzotto ed altri n. 1-00616, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00617, Matteo Bragantini ed altri n. 1-00618 e Brunetta ed altri n. 1-00619 concernenti iniziative in materia di diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, con particolare riferimento alla revisione del regolamento dell'Unione europea noto come «Dublino III».

Pag. 32

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Kronbichler ed altri n. 1-00558, Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631, Palese n. 1-00632, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 e Fitzgerald Nissoli ed altri n. 1-00638 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP).

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00629, Brunetta ed altri n. 1-00633, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634, Binetti ed altri n. 1-00640, Amato ed altri n. 1-00643 e Rampelli ed altri n. 1-00646 concernenti iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio.

  8. – Seguito della discussione delle mozioni Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602, Prataviera ed altri n. 1-00639 e Ciprini ed altri n. 1-00650 concernenti iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia.

  9. – Discussione delle mozioni Centemero ed altri n. 1-00572 e Locatelli, Di Salvo ed altri n. 1-00569 concernenti iniziative volte alla nomina di un Ministro senza portafoglio competente in materia di pari opportunità.

  10. – Discussione della mozione De Girolamo ed altri n. 1-00653 concernente interventi a favore del Mezzogiorno.

  La seduta termina alle 12.