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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 294 di venerdì 19 settembre 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9.

  MANFRED SCHULLIAN, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 settembre 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Di Lello, Di Salvo, Giancarlo Giorgetti, Mattiello, Naccarato, Pistelli, Sani, Sarti e Speranza sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,02).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per contrastare l'utilizzo dei cosiddetti richiami vivi nell'attività venatoria, anche al fine di evitare l'adozione di sanzioni da parte dell'Unione europea – n. 2-00678)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tacconi n. 2-00678, concernente iniziative per contrastare l'utilizzo dei cosiddetti richiami vivi nell'attività venatoria, anche al fine di evitare l'adozione di sanzioni da parte dell'Unione europea (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Tacconi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ALESSIO TACCONI. Signor Presidente, La Commissione europea, in una lettera inviata alle autorità italiane nel mese di febbraio di quest'anno, ha messo nero su bianco che la cattura dei richiami vivi con le reti è illegittima e che i passi finora fatti dal Governo italiano non sono sufficienti: è una bocciatura sonora e l'Italia non ne tiene conto.
  In effetti, il decreto-legge n. 91 del 2014, nel testo presentato dal Governo, sembrava andare nella giusta direzione, con il divieto esplicito di catturare gli uccelli selvatici ai fini di richiamo, pur mantenendo aperta la possibilità di derogare a tale divieto ai sensi dell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, ma il testo poi approvato al Senato e convertito in legge è molto meno vincolante, con il solo riferimento generico alla possibilità di deroga e il rimando ad un futuribile decreto del Presidente del Consiglio, da Pag. 2applicarsi entro un anno, che regolerebbe la materia: cioè si cambierà affinché nulla cambi.
  In pratica, le regioni continueranno a derogare in barba alla direttiva comunitaria (detta direttiva uccelli) e si continuerà a catturare richiami vivi, come dimostrano le delibere recenti di varie Regioni.
  Nella lettera di messa in mora la Commissione europea chiede che lo Stato sia garante, attraverso stringenti controlli, che la normativa europea sia pienamente rispettata.
  Tra l'altro, recependo la direttiva uccelli, l'Italia si è dotata di una propria legge statale, la n. 157 del 1992 che all'articolo 19-bis prevede severi sistemi di controllo, che evidentemente però non vengono effettuati, per cui le autorizzazioni alla cattura da parte delle regioni continuano ad essere concesse senza alcun freno, anche in disaccordo con il parere obbligatorio, ma purtroppo non vincolante, dell'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
  La direttiva uccelli e la nostra legge n. 157 del 1992 in effetti prevedono possibilità di deroghe, ma la Commissione europea, nella sua lettera di messa in mora, ha ravvisato la necessità di ricordarci che tali deroghe possono essere concesse solo al verificarsi di precise condizioni. La Commissione infatti ricorda che, sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni: a) nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica, nell'interesse della sicurezza aerea, per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, per la protezione della flora e della fauna; b) ai fini della ricerca e dell'insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l'allevamento connesso a tali operazioni; c) per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.
  La direttiva dice poi che le deroghe, di cui al paragrafo 1, devono menzionare: le specie che formano oggetto delle medesime; i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzata; le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; l'autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; i controlli che saranno effettuati.
  Non sembra che le regioni, nel concedere le relative autorizzazioni, tengano in debito conto il verificarsi delle condizioni appena menzionate, senza considerare, che viene comunque a mancare la condizione base, che, cioè, non esistono altre soluzioni soddisfacenti, nel qual caso le deroghe possono essere concesse in via eccezionale e per periodi limitati.
  È evidente invece che, con le autorizzazioni in deroga costanti, continuative e ripetitive le regioni e le province non si prendono nemmeno la briga di verificare l'esistenza delle condizioni necessarie.
  Esistono, invece, valide soluzioni alternative alla cattura di massa e indiscriminata che vanno dall'uso di richiami sonori che imitano perfettamente il richiamo vivo, o, al limite, l'uso di animali da allevamento che verrebbero mantenuti con tutte le cure del caso. Al contrario, la cattura indiscriminata tramite reti o roccoli comporta, poi, la successiva detenzione in spazi ristrettissimi dove i volatili non possono nemmeno muovere le ali e vivono in condizioni igieniche pari solo alla crudeltà dei loro possessori, rimpinzati di ormoni che potenziano le loro capacità canore. Ciò si configura come un reato di maltrattamento degli animali, reato sanzionato dall'articolo 544-ter del codice penale che recita che «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro».Pag. 3
  Chiedo, perciò, quali iniziative intenda adottare il Ministro per affrontare risolutamente il problema dei richiami vivi che sono in totale antitesi con la biologia, l'etologia, l'ecologia e la fisiologia degli uccelli; per rispondere alla procedura di messa in mora n. 2014/2006 della Commissione europea ed evitare le pesanti sanzioni che ne deriverebbero a carico di tutti i contribuenti; per conformare, infine, la nostra legislazione in materia al senso etico della maggior parte dei cittadini italiani e per rendere vincolante, oltre che obbligatorio, il parere dell'ISPRA.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ringrazio i colleghi interpellanti, anche perché occorre preliminarmente osservare che le esigenze da loro rappresentate sono pienamente condivise dal Governo, tanto che, come è stato peraltro ricordato nell'interpellanza stessa, nel decreto-legge n. 91 del 2014, erano state inserite le disposizioni ritenute più idonee e necessarie per regolamentare la materia, a livello di normazione primaria, ma in conformità, appunto, alle espresse disposizioni comunitarie. Tanto premesso, tuttavia mi permetto di dire che non condividiamo l'affermazione che le modifiche apportate durante l'iter parlamentare di conversione abbiano reso meno vincolanti i divieti originariamente proposti. È stato previsto, infatti, che alla definizione dei necessari criteri, regole e condizioni si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, alle cui disposizioni le regioni dovranno adeguare la propria normativa.
  Il primo motivo del dissenso attiene al diretto coinvolgimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la quale dovrà formulare la relativa proposta di regolamentazione. In tale occasione, potranno essere affrontate, con il giusto grado di approfondimento, tutte le problematiche e le implicazioni, anche di carattere adeguativo, da parte delle regioni, concernenti la definizione dei criteri di cui sopra. Il secondo motivo di dissenso riguarda l'acquisizione preventiva del parere da rendersi dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), il quale potrà in tale sede ribadire e adeguatamente motivare le determinazioni già espresse sul punto. All'ISPRA, com’è noto infatti, sono state trasferite le funzioni già istituzionalmente attribuite al soppresso Istituto nazionale per la fauna selvatica. Quale terzo punto, occorre sottolineare che, nel disporre che si provveda in via amministrativa alla definizione puntuale dei criteri, regole e condizioni più idonei per garantire il rispetto della normativa comunitaria di riferimento, è stato, allo stesso tempo, definito un preciso limite normativo con la lettera a) del comma 1-bis dell'articolo 16 del già citato decreto-legge n. 91 del 2014, inserito in sede di conversione, il quale dispone, letteralmente, che i mezzi e gli impianti di cattura dei cosiddetti richiami vivi «siano conformi a quelli utilizzati in altri Paesi dell'Unione europea e non proibiti dall'allegato IV della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009».
  In ultimo, per quanto precisato, si coglie l'occasione per ribadire e rassicurare gli onorevoli interpellanti che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare porrà, come di consueto, la massima attenzione istituzionale sul tema in discussione, naturalmente anche al fine di pervenire quanto prima alla chiusura della procedura d'infrazione in corso.

  PRESIDENTE. L'onorevole Tacconi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ALESSIO TACCONI. Signor Presidente, devo dire che siamo parzialmente soddisfatti della risposta del Governo che ringraziamo. Siamo piuttosto rassicurati dalle parole che abbiamo appena ascoltato, intanto per aver sentito che tutte le nostre Pag. 4preoccupazioni su questo tema sono pienamente condivise dal Governo. Ci fa anche piacere sentire come il ruolo dell'ISPRA sarà preso in grande considerazione e comunque invitiamo un'altra volta a fare in modo che il parere di un istituto importante come quello di protezione e di ricerca ambientale sia reso, oltre che obbligatorio, in qualche maniera anche vincolante. Siamo anche naturalmente soddisfatti di sentire che il Ministero dell'ambiente porrà massima attenzione sul caso e vorrà fare tutto quanto quello che è necessario per chiudere la procedura di infrazione.
  L'unica cosa che mi permetto di sottolineare è la seguente: c’è già stata negli ultimi mesi da parte del Governo e della maggioranza la possibilità di chiudere questa vicenda proprio attraverso il decreto-legge n. 91 che è stato approvato dalle Camere nei mesi scorsi. Questo, a nostro avviso, non è successo anche per il fatto che ci sono parecchie pressioni da parte di lobby o di gruppi di persone che hanno ancora interesse non solo nella cattura dei richiami vivi ma anche nella pratica della caccia. Credo che questo atteggiamento sia ormai da superare. La caccia non è uno sport, è una pratica che ormai possiamo considerare crudele. Addirittura il catturare e mantenere in condizioni di prigionia degli animali per poi ucciderne degli altri è ancora peggio, se possibile. Quindi, ancora una volta l'invito è a fare in modo di provvedere con la massima solerzia alla chiusura di questa faccenda e naturalmente, nei prossimi mesi, andremo a vedere quali saranno gli sviluppi sul tema ed eventualmente ci ritroveremo qui a fare il punto tra qualche tempo.

(Iniziative di competenza per garantire un corretto svolgimento delle elezioni dei consigli metropolitani – n. 2-00681)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dambruoso n. 2-00681, concernente iniziative di competenza per garantire un corretto svolgimento delle elezioni dei consigli metropolitani (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Dambruoso se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario per l'attenzione che vorrà prestare a quanto i sottoscrittori hanno rappresentato nella breve richiesta che andrò ad illustrare.
  Tra pochi giorni migliaia di consiglieri e di sindaci dei comuni interessati dalla costituzione delle città metropolitane parteciperanno all'elezione dei consigli metropolitani che avranno il compito di redigere lo statuto delle città metropolitane, come previsto dalla legge n. 56 del 2014.
  Le democrazie costituzionali prevedono elezioni libere e plurali garantendo l'effettiva possibilità di scegliere tra diverse proposte nell'ambito del procedimento elettorale, ancorché costituente.
  È necessario conoscere le diverse indicazioni di indirizzo statutario proposte dalle liste e dai candidati.
  È necessario anche conoscere la definizione della composizione del consiglio metropolitano che ha il compito di redigere lo statuto attraverso elezioni di secondo grado e che costituisce un limite per la partecipazione democratica dei cittadini, già oggi distanti dalle istituzioni attraverso una marcata astensione elettorale.
  Bisogna anche ridurre la partecipazione al processo costituente della città metropolitana, da parte dei consiglieri e dei sindaci dei comuni coinvolti, alla sola manifestazione di voto, il che limita e preclude l'esercizio della potestà affidata al corpo elettorale a cui appartiene di determinare la formazione della volontà nella definizione dello statuto della città metropolitana.
  L'esercizio del diritto di voto non può essere assoggettato a limiti e modalità di espressione da parte della legge ordinaria, oltre quelli previsti dalla Costituzione (articolo 1, comma 2, della Costituzione).Pag. 5
  La circolare del Ministero dell'interno n. 32 del 2014 sulla legge 7 aprile 2014, n. 56, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni. Elezioni di secondo grado dei consigli metropolitani, dei presidenti delle province e dei consigli provinciali nelle regioni a statuto ordinario. Linee guida per lo svolgimento del procedimento elettorale», all'articolo 9, informa che «la legge n. 56/2014 non detta norme in materia di propaganda elettorale; per la particolarità e limitatezza del corpo elettorale, non può ritenersi applicabile la disciplina della propaganda elettorale tramite pubbliche affissioni di cui alla legge n. 212 del 1956 e successive modificazioni, tesa a rendere note le liste e i candidati di tutto il corpo elettorale che partecipa alle elezioni dirette. Si ritiene, pertanto, di non dover dettare particolari prescrizioni sulle forme di propaganda elettorale, tanto più che i candidati sono nella quasi totalità (fatti salvi i “consiglieri provinciali uscenti”) sindaci o consiglieri in carica, nei confronti dei quali opera il divieto di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle in forma impersonale, di cui all'articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28. Detti candidati, da cittadini, possono compiere attività di propaganda al di fuori delle proprie funzioni istituzionali, sempre che, a tal fine, non vengano utilizzati mezzi, risorse personale e strutture assegnati alle pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle proprie competenze».
  Questo tipo di disposizione, con l'accezione assolutamente ambigua secondo la quale sarebbe ammessa soltanto una comunicazione «in forma impersonale», contrasta con il diritto di informazione, di trasparenza e di partecipazione democratica dei cittadini, dei candidati e degli elettori.
  Questo tipo di dispositivo, assunto attraverso circolare, sta generando discriminazioni tra liste e candidati, tant’è che persino il sito web del comune capoluogo della città metropolitana di Milano, alla luce della circolare suddetta, ha tratto la seguente indicazione operativa: «Pertanto, visto che questo sito è promosso dal comune di Milano, qualunque commento o post pubblicati dai candidati al consiglio metropolitano verrà prontamente cancellato».
  Questo non giustifica un'interpretazione della legge n. 56 del 2014 preclusiva del diritto ad una partecipazione informata al processo elettorale, peraltro in netto contrasto con le regole sulla par condicio stabilite dalla legge n. 28 del 2000.
  A questo punto, quindi, le chiediamo, sottosegretario, che rappresenta il signor Ministro dell'interno, cosa intenda fare il Governo per quanto di competenza: in primo luogo, per garantire e tutelare il diritto fondamentale di informazione e libertà di espressione e per evitare possibili strumentalizzazioni del flusso di informazioni da parte di terzi; in secondo luogo, per garantire il rispetto e l'applicazione della legge n. 28 del 2000 sulla par condicio; infine, come ultimo punto, per favorire un processo deliberativo frutto dell'interazione positiva tra i candidati e il corpo elettorale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

  GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Dambruoso e Mazziotti Di Celso richiamano l'attenzione del Governo, come è stato ricordato, sulla circolare del Ministero dell'interno n. 32 del 2014, nella parte relativa alla materia della propaganda elettorale per le imminenti elezioni dei consigli metropolitani, dei presidenti delle province e dei consigli provinciali nelle regioni a statuto ordinario.
  In proposito, chiedono di conoscere le iniziative che il Governo intende assumere per garantire il diritto di informazione e la libertà di espressione, nonché per favorire un processo deliberativo frutto dell'interazione positiva tra i candidati ed il corpo elettorale.
  Ai sensi della legge n. 56 del 2014, le modalità di indizione, organizzazione e Pag. 6svolgimento dei procedimenti elettorali in questione fanno capo agli enti territoriali interessati, che esercitano la relativa competenza in piena autonomia.
  Tuttavia, sia in sede parlamentare sia in un apposito tavolo di lavoro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con le associazioni rappresentative delle autonomie locali, è emersa l'esigenza che, almeno nella fase di prima applicazione della citata legge n. 56, il Ministero dell'interno fornisse il proprio contributo meramente tecnico sui procedimenti elettorali ivi previsti, attesa l'opportunità di adottare criteri uniformi sul territorio nazionale.
  Di intesa con il suddetto tavolo di lavoro, presieduto dal sottosegretario per gli affari regionali, è stata predisposta la circolare ministeriale citata dagli onorevoli interpellanti, al solo fine di agevolare il compimento degli adempimenti elettorali, alla luce della loro particolare novità, ferma restando la facoltà delle amministrazioni destinatarie del documento di assumere differenti determinazioni.
  Riguardo allo specifico tema della propaganda elettorale, nella circolare si esprime l'avviso che, in ragione della relativa esiguità e della peculiarità del corpo elettorale, costituito – come del resto è stato ricordato – dai soli amministratori locali, alle elezioni di cui trattasi non sia applicabile la disciplina della propaganda tramite pubbliche affissioni di cui alla legge n. 212 del 1956, tesa a rendere note le liste e i candidati a tutti gli elettori partecipanti alle elezioni. La circolare, poi, richiama l'applicabilità alle elezioni in questione, come ad ogni altra consultazione elettorale o referendaria, dell'articolo 9 della legge n. 28 del 2000, che fa divieto alle amministrazioni pubbliche, e quindi in questo caso agli amministratori locali, di svolgere, nell'esercizio delle loro funzioni, attività di comunicazione nel periodo elettorale, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale. Si tratta di un richiamo opportuno e pertinente, atteso che i candidati sono, nella quasi totalità, sindaci o consiglieri comunali in carica. Risulta particolarmente avvertita, quindi, l'esigenza di evitare che le attività di comunicazione da essi poste in essere, attraverso canali istituzionali, forniscano una rappresentazione suggestiva e comunque non neutrale, a fini elettorali, delle proprie capacità gestionali e decisionali. D'altra parte, viene ricordato, anche, che detti candidati, da cittadini, possono compiere attività di propaganda al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, sempre che, a tal fine, non vengano utilizzati mezzi, risorse, personale e strutture assegnati alle pubbliche amministrazioni per lo svolgimento dei propri compiti.
  Ciò chiarito sui contenuti della circolare, rappresento che, in ogni caso, le restanti modalità di propaganda elettorale non possono che essere assolutamente libere, non essendo regolate da alcuna norma di legge. Di conseguenza, ogni singolo candidato potrà svolgere la più varia attività di propaganda, compresa l'indizione di riunioni pubbliche, sempre – si ribadisce – al di fuori delle proprie funzioni istituzionali.
  Infine, in ordine al quesito relativo alla necessità di garantire il rispetto e l'applicazione della legge n. 28 del 2000 sulla par condicio, informo che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha espresso l'avviso che la natura della consultazione elettorale non diretta e la particolare tipologia del corpo elettorale attivo e passivo coinvolto sono elementi che concorrono a ritenere non applicabile alle consultazioni in questione la disciplina in materia dell'accesso alle emittenti radiotelevisive, recata dalla predetta legge n. 28.
  Resta ferma, ovviamente, l'applicazione dei principi generali a tutela del pluralismo informativo e, segnatamente, dei principi di completezza, correttezza e imparzialità dell'informazione, laddove le emittenti radiotelevisive, nazionali e locali, dovessero dare copertura informativa alle competizioni elettorali in questione.
  In ogni caso, per gli istituti della legge n. 28 del 2000 applicabili alle elezioni di cui trattasi, rappresento che la vigilanza Pag. 7sul loro rispetto e i correlati poteri sanzionatori competono alla citata Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

  PRESIDENTE. L'onorevole Dambruoso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Bocci, che ha fornito delle informazioni che ci consentono assolutamente di esprimere una valutazione di soddisfazione informativa su quello che noi avevamo richiesto e sulla puntualità della risposta che è pervenuta dal Ministero rappresentato dal sottosegretario. Questo ci consente anche di confermare alcune considerazioni circa il risultato che deriva da una interpretazione corretta, che abbiamo sentito qui in Aula dal sottosegretario, e che porta, appunto, a un'esclusione sostanziale della partecipazione di cittadini nella gestione fondamentale di un territorio allargato rispetto alla città, al comune oggi considerato, e che andrà a ricoprire un'area vasta che prevede addirittura la partecipazione di 2 mila consiglieri comunali nella sola città metropolitana di Milano, e che, quindi, sono rappresentanti di 2 mila luoghi dove ci sono centinaia di migliaia di famiglie che hanno creduto nella partecipazione attraverso questi soggetti, che per la maggior parte sono membri, secondo le recente realtà elettorali, di liste civiche, dove vi è davvero una vicinanza molto forte tra il candidato ed il suo elettore.
  Ebbene, un'assenza sostanziale di conoscenza e di informazione sulle vicine elezioni ha portato quasi naturalmente ad accordi non trasparenti tra forze collocate, naturalmente a livello nazionale, su posizioni assolutamente conflittuali: tra forze di Governo e forze d'opposizione. Verosimilmente a quello che si è letto, quelle in Puglia sono esperienze secondo cui il PD ha fatto accordi con il centrodestra. Sono esperienze che si sono ripetute con modalità analoghe nella stragrande maggioranza delle realtà che si stanno oggi accingendo a queste elezioni previste per il 28 settembre.
  Ebbene, io credo che davvero ci sia stata una sottovalutazione sostanzialmente interessata da parte della classe politica attuale, soprattutto quella locale, soprattutto quella che è destinata verosimilmente ad essere sostituita, «a perdere la poltrona» e oggi «impoltronata» presso le province attuali, e che non ha obiettivamente realizzato quella esigenza di trasparenza che oggi, grazie ad una comunicazione importante che l'attuale Governo sta facendo, avrebbe comportato, avrebbe dovuto invece imporre. Comunque, la ringrazio sottosegretario per le informazioni, che confortano l'interpretazione che ci eravamo dati; soddisfano le nostre richieste e, purtroppo, ripeto, confermano le perplessità che avevamo sull'assenza di trasparenza, che ci indurrà ad essere attivi sul territorio milanese, dove opero prevalentemente, per diffondere il più possibile modalità previste e consentite, così come abbiamo sentito, dalle leggi, la cui interpretazione oggi lei ci ha trasmesso. Lo faremo con particolare attenzione ma con particolare e rinnovato vigore.

(Iniziative volte ad assicurare la vendita degli strumenti finanziari sequestrati confluenti nel Fondo unico giustizia, al fine di consentire il reperimento delle risorse necessarie allo sblocco della contrattazione nel comparto sicurezza – n. 2-00680)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dambruoso n. 2-00680, concernente iniziative volte ad assicurare la vendita degli strumenti finanziari sequestrati confluenti nel Fondo unico giustizia, al fine di consentire il reperimento delle risorse necessarie allo sblocco della contrattazione nel comparto sicurezza (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Dambruoso se intenda illustrare la sua interpellanza.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, qui passiamo a tutt'altra tematica: passiamo alla vicenda nota e risolta in buona parte ieri – secondo le notizie Pag. 8giornalistiche – dal Governo, e che riguarda la necessità di trovare i fondi per soddisfare aspettative e richieste del numeroso comparto delle forze dell'ordine.
  In data 25 marzo 2014, nel corso di un incontro con i sindacati della Polizia di Stato, il Ministro dell'interno ha assunto l'impegno di sollecitare, in tempi brevi, il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione al fine dell'avvio del tavolo del rinnovo contrattuale bloccato, ormai, dal 2009, nonché di procedere all'approvazione di una legge delega per il riordino delle carriere, reperendo nuove risorse.
  Solo qualche giorno fa, il 3 settembre 2014, a margine dei lavori in Senato sulla legge delega di riforma della pubblica amministrazione, a proposito dei rinnovi contrattuali per i dipendenti pubblici, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha affermato che «in questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono», e che pertanto gli stipendi degli statali resteranno bloccati anche nel 2015.
  Nelle ultime ore il Ministro dell'interno ha riferito invece, e fortunatamente, che: «ci sono le condizioni per lo sblocco degli stipendi delle forze di Polizia», ma da ricostruzioni giornalistiche emerge che i costi dell'operazione – che ammonterebbero a circa 800 milioni di euro per lo sblocco dal 2015 – sono impossibili o molto difficili da stanziare entro il 31 dicembre 2014. Segnali positivi in questa direzione sono stati espressi anche dal Ministro della difesa e dallo stesso Presidente del Consiglio, ma il nodo da sciogliere resta quello delle coperture. Ieri abbiamo appreso che questo nodo si è avviato alla risoluzione; ciò nonostante, sottosegretario, le sollecito un approfondimento sul tema che ci stava a cuore con la presentazione di questa interpellanza.
  Infatti sul sito di Equitalia Giustizia, tra i dati patrimoniali del Fondo unico giustizia (il cosiddetto FUG) al 30 giugno 2014, risultano depositati 1.429.074.000 euro di risorse liquide – di cui 415 milioni circa di risorse sequestrate «anticipate» allo Stato da Equitalia Giustizia, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 143 del 2008; nonché 2 miliardi circa di risorse non liquide, costituite da deposito titoli, gestioni patrimoniali, gestione collettiva del risparmio, contratti assicurativi e mandati fiduciari. I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri finora emanati per la riassegnazione delle risorse liquide hanno sempre previsto la destinazione del 48 per cento al Ministro dell'interno, del 48 per cento al Ministero della giustizia e del 2 per cento all'entrata del bilancio dello Stato; e, ad oggi, le somme versate complessivamente da Equitalia Giustizia ammontano a circa 810 milioni, cifra notevolmente inferiore alla reale disponibilità patrimoniale del Fondo unico giustizia.
  Sul punto, già in data 13 febbraio 2014, nel corso della seduta n. 173, il Viceministro dell'economia e delle finanze, in risposta ad un'interpellanza urgente, ha spiegato che gli ostacoli che impediscono l'integrale sfruttamento delle risorse del Fondo «sono stati ampiamente verificati in seno ad un tavolo tecnico coordinato lo scorso anno dal Ministero dell'economia e delle finanze, all'esito del quale si è convenuto sull'impossibilità di una utilizzazione proficua delle risorse finanziarie del Fondo unico giustizia mediante l'alienazione della relativa componente titoli. Il tema della vendibilità dei titoli sequestrati impatta, da un lato, con la necessità di tutelare le posizioni giuridiche soggettive degli imputati non condannati con sentenza definitiva – quindi rientrano nel campo delle somme sequestrate e non confiscate – e, dall'altro, con quella di verificare le modalità di restituzione delle somme ricavate dalla vendita dei titoli già sequestrati, nel caso di dissequestro. Estremamente complessa appare, a monte, la stessa selezione dei titoli vendibili e la determinazione del prezzo di vendita, di talché è stata ipotizzata la vendita dei soli titoli quotati, considerato che, per quelli non quotati, la congruità del prezzo di vendita sarebbe contestabile per definizione, con conseguenti elevati rischi di contenzioso, in caso di successivo dissequestro. Da ultimo, deve precisarsi che la Pag. 9normativa vigente (all'articolo 6, comma 21-quinquies, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, e all'articolo 10, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011) ha subordinato la possibilità di vendita degli strumenti finanziari sequestrati all'adozione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio, che ne avrebbe dovuto determinare termini e modalità. Tale decreto, per tutte le difficoltà operative, che sono state sopra menzionate e che riguardano le norme contenute nella legge, non è ancora stato attuato».
  Appare evidente a noi interpellanti che la vendita di titoli e prodotti finanziari già oggetto di confisca, oggi confluiti nel Fondo unico giustizia sotto la voce generica «risorse non liquide», potrebbe contribuire in modo significativo al reperimento delle risorse necessarie allo sblocco dei contratti del comparto sicurezza.
  Noi, quindi, chiediamo a che punto siano i lavori per l'adozione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dagli articoli 6, comma 21-quinquies, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, e 10, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nonché quali determinazioni si intendano assumere per assegnare nel più breve tempo possibile le citate risorse del Fondo unico giustizia al Ministero dell'interno – come previsto appunto dai citati commi – e consentire a quest'ultimo lo sblocco di risorse utili, non solo ma anche, per le richieste stipendiali delle Forze di polizia.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

  GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, naturalmente non mi soffermo sulle ultime notizie in merito allo sblocco così com’è stato ricordato dall'onorevole interpellante e mi soffermo invece sulla interpellanza con la quale gli onorevoli lamentano non solo il rinnovo dei contratti collettivi per il settore delle forze di polizia ma soprattutto evidenziano che dette risorse, com’è stato ricordato puntualmente pochi minuti fa, potrebbero essere individuate attingendo dalle somme confluite nel Fondo unico giustizia, facendo particolare riferimento agli importi derivanti dalla vendita di titoli e prodotti finanziari intestati al Fondo ed iscritti sotto la voce generica di «risorse non liquide».
  Pertanto, gli interpellanti chiedono di sapere lo stato di adozione del decreto, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui agli articoli 6, comma 21-quinquies, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122, e dall'articolo 10, comma 21, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con cui sono dettate specifiche disposizioni per disciplinare termini e modalità per la vendita dei titoli sequestrati in argomento.
  Inoltre, gli onorevoli sollecitano la destinazione di tali risorse al Ministero dell'interno per finanziare gli adeguamenti stipendiali delle Forze di polizia.
  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue. Come rilevato dagli onorevoli interpellanti, gli articoli 6, comma 21-quinquies, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122, e 10, comma 21, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 hanno subordinato la possibilità di vendita degli strumenti finanziari sequestrati all'adozione di un successivo DPCM che ne avrebbe dovuto determinare termini e modalità.
  In relazione al provvedimento in argomento, sono in corso gli approfondimenti istruttori, da cui sono emerse difficoltà nell'individuazione di un percorso operativo praticabile.
  Più nel dettaglio, si osserva, innanzitutto, che nel Fondo unico giustizia confluiscono risorse sequestrate, che, in quanto tali, non sono di proprietà dello Pag. 10Stato, a causa della loro provvisorietà e del fatto che potrebbero essere restituiti al titolare originario, in caso di revoca della misura. Il FUG è, quindi, un Fondo nel quale le risorse giacciono fin quando un nuovo provvedimento dell'autorità giudiziaria non ne disponga la confisca ovvero il dissequestro.
  Soltanto per effetto di un'eventuale successiva sentenza di condanna passata in giudicato e di un provvedimento di confisca, Equitalia Giustizia potrà versare le somme confiscate al bilancio dello Stato, al quale è, inoltre, versata una quota delle risorse sequestrate disponibili per massa – cosiddetta «anticipazione» – determinata annualmente con decreto ministeriale, in base a criteri statistici e con modalità rotativa, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto legge 16 settembre 2008 n. 143, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2008, n. 181. Ciò posto, il tema della vendibilità dei titoli sequestrati intestati al FUG impatta sia con la necessità di tutelare le posizioni giuridiche soggettive di imputati non condannati con sentenza definitiva, nonché con quella di verificare le modalità di restituzione delle somme ricavate dalla vendita dei titoli già sequestrati, nel caso di dissequestro.
  Estremamente complessa appare, a monte, la stessa selezione dei titoli vendibili e la determinazione del prezzo di vendita, di talché è stata ipotizzata la vendita dei soli titoli quotati, considerato che per quelli non quotati la congruità del prezzo di vendita sarebbe contestabile per definizione, con conseguenti elevati rischi di contenzioso, in caso di successivo dissequestro.
  Tuttavia, anche per i titoli quotati l'ipotesi di stabilire che il prezzo di vendita non debba essere inferiore a quello dell'acquisto non elimina i problemi connessi alle oscillazioni del valore dei titoli. Non può, infatti, escludersi che il valore del titolo alla data del dissequestro possa essere superiore sia al prezzo di acquisto a suo tempo pagato dall'avente diritto, sia al prezzo della successiva vendita.
  Altro profilo di criticità, in assenza di una specifica indicazione contenuta nella norma primaria, consiste nello stabilire se, dopo che sia stato venduto il titolo sequestrato che prevede la distribuzione di cedole, in caso di successivo dissequestro, l'avente diritto abbia o meno titolo per ottenere il pagamento del valore delle cedole maturate dalla data del sequestro a quella del dissequestro.
  Inoltre, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato sottolinea che le entrate affluite al bilancio statale derivanti da confische e, a maggior ragione, da sequestri non sono considerate valide ai fini del miglioramento dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Gli introiti da sequestri, in particolare, essendo riferiti a risorse che sono nella titolarità di terzi, sono trattati nei conti nazionali alla stregua di un'anticipazione passiva dello Stato e, quindi, oltre a non avere effetti positivi sull'indebitamento netto, producono effetti negativi sul debito pubblico. Pertanto, la Ragioneria generale dello Stato esprime perplessità in ordine alla possibilità di utilizzare tali risorse per la copertura di oneri relativi alla retribuzione del personale, in quanto ciò comporterebbe un peggioramento dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Inoltre, tale tipologia di utilizzo non è espressamente prevista tra le finalità di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto legge 16 settembre 2008, n. 143.
  Infine, l'inidoneità di tali risorse a fronteggiare l'onere derivante dagli aumenti stipendiali alle Forze di polizia deriva dalla circostanza che tale onere è a regime, mentre le risorse in questione hanno natura di una tantum. In tal senso si è espresso anche il Ministero della giustizia.

  PRESIDENTE. L'onorevole Dambruoso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, la ringrazio sottosegretario per una risposta che francamente non appaga le aspettative di chiarimenti e di ulteriore Pag. 11arricchimento di soluzione che ci si aspettava con questa interpellanza urgente, allorché avevamo già letto la precedente risposta – così come peraltro già ricordato nella nostra interpellanza – del febbraio di quest'anno da parte del Viceministro dell'economia e che aveva già trattato temi che oggi il Ministero dell'interno ci ripropone. È chiarissimo che i beni sequestrati hanno una difficoltà di utilizzabilità in modo definitivo. Questo è chiarissimo sia agli interpellanti sia a chi da tempo fra le forze di polizia fa riferimento proprio ai fondi raccolti nel FUG.
  È chiarissimo che la confisca soltanto potrà consentire una disponibilità definitiva circa quelle somme, così come è altrettanto chiaro che quelle difficoltà di tipo borsistico circa le quotazioni dei titoli sono un problema oggettivo che una Ragioneria dello Stato però, che vive in un contesto di economia così precaria e così danneggiata da una pluralità di vicende finanziarie, proprio quelle, finanziarie, a cui proprio lo Stato e la Ragioneria in tempi abbastanza recenti, non recentissimi fortunatamente, peraltro ha dato il proprio OK di adesione. Ebbene noi ci aspetteremmo che ci sia uno scatto di reni forte per dimostrare che non ci siamo totalmente arresi, da un lato, allo spessore burocratico che sta bloccando una pluralità di iniziative sacrosante da parte di questo Paese, che sembra avere trovato energia tale proprio per distaccarsi da quel pantano, da quella palude che ha caratterizzato purtroppo anni recenti e, dall'altro lato, ci aspetteremmo che proprio da parte dello Stato – e quindi da parte delle varie componenti che rappresentano in questo caso i gestori di questo fondo importante – arrivino delle risposte davvero assolutamente consequenziali, assolutamente corrispondenti a quello che è il clima attuale, a quello che è il problema di oggi. La sicurezza, così come l'educazione e la formazione, sono problemi seri, sono degli zoccoli importanti su cui qualunque democrazia deve porre la massima attenzione. Sono stati trovati giustamente i fondi per gli insegnanti che reclamavano fondi di cui aspettavano la disponibilità da tempo, sono stati, secondo le fonti giornalistiche di ieri, trovati finalmente i fondi anche per il comparto sicurezza che non può essere sottovalutato mai, perché questo Paese ha bisogno di un costante mantenimento di sicurezza alto e adeguato. E questo si può fare soltanto riconoscendo l'importanza anche attraverso gli adeguamenti salariali minimi peraltro richiesti dalle 100 mila persone e le 100 mila famiglie che appartengono a quel comparto. È bene che lo si faccia con adeguamenti salariali minimi, ma corrispondenti alle esigenze che vengono legittimamente e democraticamente rappresentate. Abbiamo vissuto in questi giorni, signor sottosegretario, delle vicende paradossali: fuori da questo Palazzo per più di una settimana c'erano banchi e banchetti di democratiche rappresentanze di polizia che lamentavano giustamente l'adeguamento salariale bloccato da cinque anni per cifre che mediamente ruotavano intorno ai 5, 10, 15, 20 euro. Negli stessi giorni in questo prestigioso Palazzo più di ventitré sigle sindacali, appartenenti peraltro come genere allo stesso novero di sigle che rappresentava fuori, quindi in piazza Montecitorio, per quelle cifra – 15-20 euro al mese – qui rappresentavano fuori dalla porta della Presidente della Camera per attenuazioni di stipendi che passavano da circa 300 mila a 280 mila euro. Questo è lo stato di questo Paese che anche fuori da questo Palazzo, da chi rappresenta la sicurezza che ci consente di tornare a casa tranquilli o con un certo senso di tranquillità ogni sera, viene avvertito e noi non possiamo essere insensibili a quelle forti richieste che provengono da un centimetro fuori da questo Palazzo. Per questo anche insistiamo fortemente perché ci sia uno scatto di reni da parte proprio di quegli organi che sono preposti alla gestione di questo fondo: che almeno le somme confiscate, quelle davvero utilizzabili non restino lì bloccate, perché rappresenterebbe una definitiva sconfitta dell'importante contrasto alla criminalità organizzata che questo Paese, con adeguati strumenti e con adeguate capacità, sta facendo ormai da anni.

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(Intendimenti del Governo circa gli interventi di riforma necessari a fronteggiare la crisi economica – n. 2-00676)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sorial n. 2-00676, concernente intendimenti del Governo circa gli interventi di riforma necessari a fronteggiare la crisi economica (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Sorial se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, secondo l'OCSE, l'Italia quest'anno registrerà, come tutti sappiamo, una contrazione del PIL dello 0,4 per cento, dimostrando, quindi, di essere in recessione e di ottenere il peggior risultato tra i Paesi del G7. Anche per il 2016, la stima dell'OCSE del PIL italiano è negativa, nonostante sia prevista nel 2015 una possibile timida ripresa dello 0,1 per cento.
  Già ai primi di agosto ricordiamo che l'ISTAT aveva certificato il calo del PIL dello 0,2 per cento, dato peggiore da 14 anni a questa parte, e l'agenzia di rating Standard & Poor's ha confermato, di recente, la criticità della situazione economica del nostro Paese, tagliando, quindi, le stime del prodotto interno lordo, portandole a zero dal precedente +0,5 per cento previsto a giugno e spiegando che i ritardi nella realizzazione delle riforme strutturali annunciate fino ad oggi dal Governo hanno impedito una risalita della fiducia di imprese e investimenti.
  Una situazione, quindi, che non solo noi denunciamo critica, ma che, naturalmente, i numeri, oggettivamente, dimostrano essere molto critica. Nel suo rapporto, Standard & Poor's parla dell'incapacità dell'Italia di uscire dalla recessione nel corso di quest'anno e spiega di avere sovrastimato alcuni fattori nelle sue precedenti stime, come, in particolare, le misure di stimolo annunciate in marzo dal Premier Matteo Renzi, come gli 80 euro, che, in realtà, secondo Standard & Poor's, non hanno avuto alcun effetto sui modelli di spesa.
  Infatti, da tali provvedimenti, inizialmente, Standard & Poor's prevedeva una stima con un impatto positivo sulla crescita italiana pari allo 0,3 per cento del PIL, mentre ora dichiara che appare più plausibile soltanto uno 0,1 per cento. Per quanto riguarda l'Eurozona, il PIL è stato rivisto al ribasso, sceso dall'1,2 allo 0,8 per cento, dagli analisti dell'agenzia Standard & Poor's, che hanno individuato questi tre fattori alla base dei segnali di debolezza della zona dell'euro: la crescita degli scambi mondiali abbastanza modesta; in secondo luogo, gli investimenti delle aziende, che hanno mostrato solo piccoli segnali di ripresa; infine, le sofferenze dell'Italia, divenute più pronunciate.
  A causa di una politica di grandi annunci e pochi fatti, il nostro Paese sembra, quindi, versare in una stagnazione economica che, di fatto, non solo ci rende il fanalino di coda del G7, ma anche una minaccia per l'Eurozona stessa, come sottolineato proprio dall'agenzia di rating. In merito alla circostanza se il Presidente del Consiglio sia consapevole della situazione in cui versa il nostro Paese, siamo proprio qui a capire anche dai rappresentanti del Governo cosa ne pensano in merito, anche perché, effettivamente, come già ribadito, non siamo gli unici a renderci conto della criticità della situazione.
  Confindustria stessa e il centro studi di viale dell'Astronomia rivedono le stime: -0,4 per cento per il PIL del 2014. Ricordiamo che manca il lavoro a 7,8 milioni di persone, i prezzi sono al palo, gli investimenti sono ancora giù e i consumi in timida ripresa. Ho presentato questa interpellanza lunedì scorso e, secondo il calendario dell'Aula di questa Camera, sarebbe stata trattata di venerdì pomeriggio. In qualche modo, temevo di avere presentato un atto che sarebbe stato inutile, proprio perché il giorno dopo il Presidente del Consiglio veniva a riferire in Parlamento e aveva promesso che in quell'occasione avrebbe parlato dei dati dell'OCSE sulla caduta del PIL, dando tutte le risposte in merito.Pag. 13
  In realtà, poi, mi rendo conto che, invece, l'interpellanza resta importante, perché proprio martedì il Presidente del Consiglio ha mancato alla sua promessa e non ha praticamente parlato né dei dati dell'OCSE in maniera costruttiva né ha saputo spiegare quali erano le sue intenzioni in merito alla criticità della nostra economia. Nel breve accenno che ha avuto martedì, il Presidente del Consiglio si è compiaciuto del fatto che i numeri non sono più quelli devastanti di qualche mese fa, sottolineando quasi il «bello» del -0,2 per cento dell'Italia, visto che, tra virgolette, negli anni precedenti stavamo peggio.
  Forse, però, è importante ci si renda conto che cadere più lentamente non vuole dire risalire: vuole dire solo cadere più lentamente. Inoltre, questo rallentamento potrebbe essere una conseguenza della stagnazione economica e della deflazione nella quale l'Italia sta entrando: una vera e propria palude, in merito alla quale vorremmo capire, quindi, quali sono, in qualche modo, le azioni che il Governo vorrà adottare, anche alla luce dei deludenti risultati finora messi in atto dal punto di vista economico; risultati che si potevano già toccare con mano nell'impoverimento crescente degli italiani e che sono stati tristemente confermati dagli analisti internazionali.
  Vorremmo anche conoscere e sapere in che modo il Governo intenda giustificare le stime, palesemente errate, fatte precedentemente sulla crescita del PIL e sulla base delle quali è stata costruita, invece, la politica economica di questo Governo. Infine, sarei ben lieto anche di conoscere con quali misure il Governo voglia intervenire in merito alla drammatica situazione in cui versa il nostro Paese, sia in sede nazionale, attuando quello che dicevamo prima, le tanto annunciate riforme strutturali, ma, soprattutto, in sede europea, anche in considerazione proprio del ruolo centrale che il semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea conferisce al nostro Paese, che però, finora, non sembra avere dato in alcun modo i risultati aspettati.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Gianpiero Bocci ha facoltà di rispondere.

  GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, mi perdonerà l'onorevole interpellante se affermo che, rispetto alle questioni che sono state poste legittimamente con l'interpellanza, ricordata anche pochi minuti fa, a me sembra onestamente che il Presidente del Consiglio dei ministri, con l'informativa urgente sulle linee di attuazione del programma di Governo, abbia risposto in maniera molto puntuale e articolata. Così come mi perdonerà se ricordo che, dopo questa informativa da parte del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 settembre, ci sarà un altro appuntamento molto importante che rappresenterà una risposta più compiuta a tutte le questioni inerenti la situazione economica italiana e verrà fornita proprio all'interno della nota di aggiornamento del DEF, che verrà presentata il 1o ottobre.
  Per entrare nel merito di alcune questioni che, invece, sono state ricordate anche ora nell'illustrazione, mi permetto di ricordare che le stime di crescita contenute all'interno del Documento di economia e finanza del 2014 non erano sostanzialmente difformi da quelle formulate dalle principali organizzazioni internazionali e dalle previsioni di consenso. Le principali informazioni in quel momento a disposizione del Governo erano: in primo luogo, nel corso del 2013 la crisi economica si era andata attenuando e il dato di contabilità nazionale più aggiornato fornito dall'ISTAT evidenziava che nel quarto trimestre di tale anno si era verificata una leggera espansione del prodotto interno lordo; inoltre, gli indicatori (quali il clima di fiducia delle famiglie e il clima di fiducia delle imprese) nei mesi primaverili si erano portati su livelli favorevoli.
  D'altro canto anche le assunzioni sul quadro macroeconomico internazionale, formulate in completa coerenza con quelle della Commissione europea, indicavano delle condizioni più favorevoli di quelle effettivamente realizzatesi. Queste evidenze Pag. 14supportavano in maniera rilevante l'ipotesi di una ulteriore, sia pure graduale, espansione dell'economia nel corso del 2014.
  Quanto agli effetti delle politiche messe in campo dal Governo, si premette che il loro successo non si può commisurare solo al prodotto interno lordo a distanza di pochi mesi dal suo insediamento, ma dovrà riguardare l'intero arco della legislatura. Del resto lo stesso programma che pochi giorni fa, in quest'Aula, ha esposto il Presidente del Consiglio conferma sostanzialmente le cose che in questo momento il Governo sta articolando sull'interpellanza in oggetto. In ogni modo, non esiste alcuna evidenza che le misure prese dall'attuale Esecutivo non abbiano avuto degli effetti favorevoli, anche immediati, sui cittadini e sull'economia.
  Per quanto riguarda, poi, il provvedimento sugli 80 euro, si fa presente che tale iniziativa intendeva soprattutto dare un supporto ai redditi delle fasce medio-basse. Questo risultato si può considerare senz'altro raggiunto e verrà confermato dall'ISTAT in occasione della diffusione dei dati sulle famiglie: redditi e consumi. Infatti, sulla base della contabilità trimestrale i consumi privati risultano una delle variabili in crescita.
  Da un punto di vista generale, tuttavia, si conviene – del resto lo ha fatto puntualmente e con grande onestà lo stesso Presidente del Consiglio ieri l'altro – che l'economia italiana attraversa una fase di difficoltà, legata anche alla complessa situazione delle imprese finanziarie e del settore industriale, come conseguenza della profonda crisi attraversata negli ultimi anni. Il Governo ha ben presente questa situazione e considera importante insistere sul percorso delle riforme per porvi rimedio. A tal proposito, sarà necessario anche favorire gli investimenti pubblici e privati, che al momento rappresentano la componente più debole della domanda aggregata.
  Per queste ragioni, come ricordato all'inizio, si ribadisce che una risposta più compiuta a tutte le questioni inerenti la situazione economica italiana verrà fornita proprio all'interno della nota di aggiornamento del DEF che verrà presentata in data 1o ottobre.

  PRESIDENTE. L'onorevole Sorial ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, prima di dichiarare se mi ritengo soddisfatto o meno, io ringrazio il sottosegretario e lo perdonerò per la sua buona, buonissima fede sulla presunzione che il Presidente del Consiglio abbia risposto puntualmente alle questioni economiche martedì scorso, cosa che non ritengo vera.
  Ricorderà e ricorderemo tutti il fatto che, alle nostre richieste di capire quali azioni concrete, economicamente parlando, voglia attuare il Governo, ci è stato risposto con un discorso sui mille giorni, con una richiesta di ancora altri, ulteriori giorni, pur essendo il Governo Renzi a più di 200 giorni, ormai, dalla sua proclamazione, e quando in realtà c'era già un piano dei primi 100 giorni, quando in realtà si potevano fare cose e si potevano attuare programmi in una quarantina di giorni, come abbiamo dimostrato anche con una serie di nostre proposte di legge e con una serie di nostre azioni anche dal punto di vista economico.
  Perché dico questo ? Perché mi rendo conto sempre di più che una cosa sono i fatti concreti che si potrebbero realizzare dal punto di vista economico, una cosa sono invece le cose che vengono dette e le azioni mediatiche che vengono intraprese dal Governo e dai suoi vari rappresentanti.
  Faccio un esempio: il Sottosegretario alla Presidenza del consiglio Graziano Delrio, parlando dei dati dell'OCSE, ha dato delle generiche rassicurazioni, dicendo che non ci costringeranno a nessuna manovra aggiuntiva, ma confermandoli e sottolineando che siamo in recessione da tre anni. Vede, Sottosegretario, ci sono due questioni: se siamo in recessione e abbiamo dei dati negativi da tre anni e i dati sono quelli che abbiamo e i numeri sono quelli che vediamo e la nota di aggiornamento Pag. 15del DEF del primo ottobre è quella che bene o male sappiamo che stima avrà e abbiamo anche l'appuntamento del 15 ottobre con la legge di stabilità, vuol dire che da qualche parte qualcosa bisognerà fare, purtroppo; vuol dire che le risorse da qualche parte dovranno essere prese; vuol dire che l'appuntamento europeo che abbiamo avuto per il semestre europeo sarebbe potuto essere l'occasione per andare a modificare dei vincoli economici e contabili che quotidianamente diciamo in quest'Aula che ci strangolano, dal punto di vista economico e contabile, ma che in realtà il Governo non ha alcuna intenzione di modificare. Parlo del pareggio di bilancio, per esempio, ossia della legge n. 243 del 2012, che è andata ad inserire nell'articolo 81 della Costituzione il pareggio di bilancio, che in questo momento può essere anche una regola, dal punto di vista ideale, corretta, ma ci rendiamo conto che non ci permette di fare tutti quegli investimenti produttivi che in realtà porterebbero a quelle tanto agognate riforme strutturali che il Paese sta aspettando.
  E quando parliamo di riforme strutturali non intendiamo naturalmente le riforme dal punto di vista costituzionale o le riforme dal punto di vista dello Stato: intendiamo tutte quelle riforme dal punto di vista occupazionale, intendiamo una riforma che vada a dare una spiegazione e a dare una soluzione al 12 e passa per cento di disoccupazione in Italia; parliamo di riforme che vadano a fare qualcosa per tutte quelle persone che di reddito non ne hanno. Lei ha detto, parlando dei redditi e dei consumi, che non ci sono studi che diano indicazione che ci sia un impatto negativo degli 80 euro.
  Le ho già citato quella che è stata l'analisi di Standard & Poor's in merito alle stime di crescita che si avevano inizialmente attraverso questi 80 euro e, invece, le stime al ribasso che ha dovuto dare dopo qualche giorno, dopo qualche mese che si sono attuate queste azioni. Ma il problema non sono nemmeno gli 80 euro; il problema è che lei parla di redditi e consumi, ma sappiamo che in Italia ci sono un milione di famiglie che non hanno neanche un reddito. E un milione di famiglie che non hanno neanche un reddito, non sanno nemmeno cosa siano gli 80 euro perché, purtroppo, non avendo neanche un reddito, quegli 80 euro non sanno effettivamente cosa siano. Quindi, stiamo qua a parlare di consumi, ma poi in realtà sappiamo come funzionano le cose. Possiamo stare qui a parlare di consumi, ma poi sappiamo che un aumento dell'IVA, cosa che è stata fatta in passato e cosa che, come sembra dalle agenzie di stampa, si vuole in un qualche modo ripetere, in realtà non porta a un aumento dei consumi e non porta nemmeno a un aumento delle risorse recuperate dallo Stato. Infatti, andando a colpire l'IVA, come abbiamo visto in passato, si restringono i consumi perché naturalmente aumentano i prezzi. Quindi, ci sono tutta una serie di azioni intraprese, quelle poche che sono state intraprese in passato, che in realtà non hanno dato nessun conforto alla popolazione italiana dal punto vista economico. E, in più, su alcune questioni economiche di cui stiamo discutendo ormai da mesi non si vuole intraprendere nessuna azione.
  E non è un problema nemmeno a livello europeo, nel senso che noi possiamo andare a vedere altri Stati e andiamo a vedere che in Europa altri Paesi si stanno in realtà muovendo. «La Francia decide da sola ciò che deve fare in termini economici e di bilancio»: è una frase che ha detto il Premier francese Manuel Valls rivolgendosi, sia alla Germania, sia alla Commissione europea di Bruxelles, nel discorso di politica generale in Parlamento. Nel suo discorso solenne all'Assemblea Nazionale si è affermato di rifiutare l'austerità per difendere i più poveri, escludendo categoricamente di deviare dalle riforme economiche intraprese e impegnandosi a controllare la spesa pubblica per raccogliere, come promesso, 50 miliardi di euro di risparmio entro il 2017. Per tanti anche la Germania deve assumersi le proprie responsabilità di fronte alla crisi della crescita nella zona euro.
  E come altri Paesi in Europa fanno, noi vorremmo anche ricordare quello che altri Paesi in Europa hanno dovuto subire. Se Pag. 16non riusciamo a risollevare la questione economica italiana, ci troveremmo – speriamo di no – in situazioni economiche gravi come quelle che hanno colpito alcuni Paesi della zona euro, come quelle che hanno colpito alcuni nostri Paesi confinanti. E pensare di inserire le operazioni «criminali» all'interno del calcolo del PIL, non può essere un'azione che possa in un qualche modo risollevare le sorti dell'economia. In altre parole, inserire all'interno del ricalcolo del PIL la contraffazione, la prostituzione, dal punto di vista numerico, per andare appunto a valutare e calcolare il PIL, non può essere una soluzione. Non dimenticheremo come nel 2006 la Grecia rivalutò nottetempo del 25 per cento il proprio PIL, includendo stime fantasiose circa la dimensione dell'economia sommersa e dell'economia criminale. Questo non ha salvato la Grecia dalla situazione in cui è oggi.
  Non mi ritengo soddisfatto, quindi, perché gli appuntamenti che ci aspettano (il 1o ottobre, come lei ha ricordato, con la nota di aggiornamento e il 15 ottobre per quanto riguarda la legge di stabilità) sono appuntamenti troppo importanti per il nostro Paese. Noi non dimenticheremo mai quello che è successo con la legge di stabilità l'anno scorso. Nella legge di stabilità l'anno scorso, pur denunciando da mesi questioni e situazioni economiche disastrose, si è permesso a una serie di deputati e senatori di questo Parlamento di introdurre norme localistiche e microsettoriali, cosa che, come lei ben sa, invece non è possibile, dato che la legge di stabilità è governata dalla legge di contabilità. Invece ci siamo ritrovati in Commissione bilancio a dover discutere e cercare di eliminare tutti quegli emendamenti personali, a prima firma di deputati che siedono qua su questi banchi negli altri partiti, che richiedevano magari dei fondi per le proprie fondazioni o si trattava di quelle che noi abbiamo chiamato «marchette».
  Io non voglio ritrovarmi, il nostro gruppo parlamentare in Commissione non si vuole ritrovate ad ottobre sul disegno di legge di stabilità, dopo aver passato un anno a dire che non ci sono i soldi, che non ci sono le risorse, a dover votare contro e fare delle battaglie in Commissione per far votare, anche i nostri colleghi degli altri partiti, contro norme localistiche e microsettoriali. Perché se non ci sono i fondi, non ci sono i fondi ! E se lei va a vedere lo storico dell'anno scorso, nella legge di stabilità si è sprecato un miliardo di euro in emendamenti cosiddetti «marchetta». Posso portare l'esempio dell'emendamento per una fondazione, la fondazione I Sud del Mondo per la quale venivano chieste delle risorse; l'emendamento era a prima firma di un deputato di un partito qui presente in questa Camera; siamo andati a verificare sul sito Internet la fondazione I Sud del Mondo e questa è la fondazione di quello stesso deputato. Si rende conto che non possiamo permetterci delle cose del genere con i soldi dei nostri cittadini ? Quindi spero, auspico, mi auguro, e noi siamo qua anche per aiutare il Governo anche da questo punto di vista...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sorial.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL... che vengano intraprese delle azioni economiche che rimettano in sesto l'economia italiana.

(Iniziative finalizzate a sostenere le esportazioni italiane, alla luce delle contromisure commerciali deliberate dalla Federazione russa in risposta alle sanzioni europee connesse alla crisi ucraina – n. 2-00675)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grande n. 2-00675, concernente iniziative finalizzate a sostenere le esportazioni italiane, alla luce delle contromisure commerciali deliberate dalla Federazione russa in risposta alle sanzioni europee connesse alla crisi ucraina (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Benedetti se intenda illustrare la interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

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  SILVIA BENEDETTI. Signor Presidente, l'interpellanza urgente si rende necessaria in merito alla questione dell'embargo russo. Sappiamo che l'embargo russo si pone in seguito ad una serie di decisioni ma forse dovremmo dire «non decisioni» prese dal Governo italiano a livello di politica estera. Infatti credo che sia necessario fare un piccolo excursus cronologico per far capire ai cittadini a casa come lavora questo Governo. Spesso questo Governo si pone con un atteggiamento svalutativo nei confronti del MoVimento 5 Stelle, giudicandolo come un movimento di cittadini sprovveduti, mentre si pregia di avere le qualità per il ruolo di classe dirigente. Andando alla cronologia vediamo che c’è stato un deteriorarsi delle relazioni tra la Federazione russa e la Repubblica Ucraina e il 17 per marzo il Consiglio dell'Unione europea ha adottato il regolamento UE n. 269 del 2014 concernente misure restrittive relative ad azioni volte a compromettere o minacciare l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza della Repubblica Ucraina. Le suddette sanzioni riguardano restrizioni ai viaggi, il congelamento di fondi e delle risorse economiche di determinate persone ritenute responsabili di azioni contrarie alla Costituzione ucraina, nonché delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi ad essi associati.
  Queste misure tra l'altro sono state attuate tramite il metodo del consenso, quindi non con votazioni da parte degli Stati membri dell'UE. Dal 17 marzo non ci sono state risposte, c’è stata una prima risposta l'8 aprile perché è stato attuato un embargo russo sulle esportazioni di suini, carne di maiale, e prodotti trasformati in provenienza dall'Unione europea. Va detto che in questo caso si trattava di un rischio di sicurezza alimentare perché vi erano focolai di peste suina in alcuni esemplari di cinghiale provenienti da Lituania e da Polonia. Tuttavia, anche come Commissione agricoltura del MoVimento 5 Stelle, ci eravamo preoccupati perché non era stata attivata la procedura di regionalizzazione che consentiva di imporre l'embargo alle sole aree interessate come disposto dall'organizzazione comune di mercato cui la Federazione russa comunque appartiene. E questo ci aveva preoccupato perché già sembrava più una ritorsione nei confronti dell'Unione europea per l'atteggiamento tenuto nella crisi ucraina. In data 7 agosto comincia l'embargo vero e proprio. La Federazione russa ha vietato l'importazione di un certo numero di prodotti agroalimentari provenienti da Stati Uniti, Canada, Australia e Norvegia e appunto prodotti che provengono dall'Unione europea. Il blocco commerciale vale su frutta, vegetali, carne, pesce, latte e altri prodotti caseari. Aveva una durata prevista di un anno ma ovviamente sappiamo che le gravi ripercussioni sul settore agricolo non si fermano certamente qui. Si trascineranno ben oltre un anno secondo le previsioni, chiaramente.
  Consideriamo che la Russia è il secondo più grande mercato di sbocco per l’export dei prodotti agroalimentari dell'Unione europea e i generi alimentari e le materie prime rappresentano il 10 per cento di tutte le esportazioni dell'Unione europea verso la Russia. Quindi, l'Unione europea è il partner commerciale più colpito tra quelli citati sopra, dal momento che il 73 per cento delle importazioni è stato bloccato e viene proprio dall'Unione europea.
  Consideriamo la situazione italiana. Nel 2013, le vendite verso la Russia hanno rappresentato il 2,8 per cento dell’export, per un valore di 12,7 miliardi di euro: quindi, anche se il 2,8 per cento può sembrare poco come percentuale, in realtà, ha un grande valore economico come export. Attualmente, è sotto embargo il 23 per cento dei prodotti che normalmente esportavamo in Russia. Abbiamo visto, appunto, ad inizio agosto subito il contraccolpo sulle pesche e sulle nettarine, ma a seguito, poi, è arrivato anche per le mele, i pomodori, i peperoni, di cui siamo i principali esportatori verso la Russia.
  Il valore totale di questo export è di 705 milioni di euro. Oltretutto, sono state fatte delle previsioni di danno economico e i valori di perdita totale delle esportazioni italiane oscillano tra i 163 e i 200 milioni Pag. 18di euro: chiaramente, ripeto, considerando il danno puntuale, senza considerare le conseguenze indirette. Infatti, abbiamo il danno economico dovuto, ad esempio, al riversarsi delle produzioni europee nel mercato interno, con effetti ingovernabili anche sui prezzi: ripeto, è quello che è successo per le pesche e le nettarine. Oppure, si può pensare anche al ricorso della Russia a fornitori stranieri alternativi, che, quindi, vanno ad occupare quote di mercato, come i Paesi sudamericani, la Turchia, la Serbia, l'Egitto: sono quote di mercato che non sappiamo se riusciamo a recuperare.
  Se sinora la risposta russa alle sanzioni era rimasta nel comparto agroalimentare – proseguiamo con la cronologia –, dal 1o settembre scorso si è estesa ad altri comparti: quindi, vi è stata la cessata esportazione di pelli e di cuoio per il mercato europeo, con ulteriori gravi danni al sistema manifatturiero italiano, che dipende dalla materia prima russa. Oltretutto, un altro danno a cascata, già dal 7 agosto, è stato sulle imprese del comparto della logistica.
  In emergenza, quali sono state le misure attuate e messe a disposizione dei produttori europei ortofrutticoli ? La prima è stata un indennizzo economico di 125 milioni di euro: già, però, se facciamo i conti con quello che è stato il danno economico subito dall'Italia, 125 milioni di euro per tutti i Paesi dell'Unione europea sono veramente bruscolini. Infatti, è stata una misura insufficiente, che è stata oltretutto sospesa il 10 settembre a causa di un aumento sproporzionato di richieste di aiuto dalla Polonia: infatti, l'87 per cento di questi fondi era stato reclamato dai produttori polacchi.
  Dal 17 settembre sono in preparazione nuove disposizioni europee per limitare i danni economici dell'embargo russo: questo, in teoria, dovrebbe garantire criteri più equilibrati di assegnazione di questi indennizzi. Sono previsti finanziamenti per i ritiri dei prodotti in distribuzione gratuita o per uso non alimentare, ma anche per la raccolta precoce o la mancata raccolta. Ricordo che, comunque, sono sempre misure di emergenza: poi, avremo modo, magari, di vederle, visto che verranno rese note ufficialmente lunedì prossimo.
  Queste misure di emergenza ci dicono che vi è una debolezza dell'Unione europea in materia di politica estera, e questa debolezza produce sempre lo stesso effetto: quello di chiedere sacrifici ai nostri produttori e alle nostre aziende. Infatti, vedremo, tra l'altro, alla fine, tra ritorsioni russe e misure di favore adottate dall'Unione europea a sostegno di Kiev, quanto ci sarà costata l'irrilevante, chiamiamola così, presa di posizione europea sulla questione Ucraina.
  Quindi, ci saremmo aspettati da questa classe dirigente una politica estera più oculata sulle conseguenze di provvedimenti come sanzioni ed embarghi. Adesso, vogliamo sapere ciò che verrà fatto ex post, visto che un'intelligente programmazione ex ante non è stata presa in considerazione.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere.

  CARLO CALENDA, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, come ha affermato di recente il Ministro dello sviluppo economico in risposta ad un'interrogazione in question time presso quest'Aula della Camera dei deputati, la politica del Governo rispetto alla gestione della crisi russo-ucraina è in linea con quella europea. Pertanto, in considerazione anche dell'ulteriore azione di destabilizzazione seguita alle operazioni condotte da militari russi in territorio ucraino, il 30 agosto, nell'ambito del Consiglio europeo, d'intesa con gli altri Stati membri, si è deciso di completare il lavoro preparatorio sulle misure sanzionatorie avviate a luglio.
  Sulla base di quel mandato, il Consiglio ha ampliato le misure sanzionatorie nei medesimi settori, con un pacchetto integrativo adottato l'8 settembre. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, in tale ambito sono state estese le restrizioni Pag. 19all'accesso ai mercati dei capitali europei (emissione di obbligazioni e azioni, acquisto di servizi per investimenti, concessione di prestiti con una scadenza superiore a 30 giorni e così via) per gli istituti di credito pubblici russi, per alcune entità russe del settore della difesa e alcune società russe del settore della vendita e del trasporto di petrolio. È stata vietata la vendita o il trasferimento di beni a duplice uso (civile e militare) o la fornitura di servizi collegati a una serie di persone ed entità russi, con l'eccezione delle società attive nei settori spaziale, dell'energia nucleare civile e gli utilizzatori finali non militari, e altro. Le misure settoriali si sono aggiunte a quelle personali, come il visa ban e l’asset freeze, inizialmente fondate solo su acclarate violazioni dell'integrità territoriale dell'Ucraina e successivamente motivate anche da una grave destabilizzazione della situazione nell'est del Paese.
  L'entrata in vigore delle nuove misure è stata posticipata, comunque, a tempo indeterminato, al fine di consentire una più puntuale verifica dell'attuazione dell'accordo sul cessate il fuoco. L'Unione europea si è detta pronta, sulla base degli sviluppi sul terreno, anche a rivedere eventualmente le misure concordate, in vista di un'auspicabile soluzione politica di questo conflitto.
  In risposta a queste misure sanzionatorie, Mosca ha disposto il divieto di importazione per un anno da Unione europea, USA, Canada, Australia e Norvegia di altre categorie di prodotti agroalimentari, senza escludere ulteriori ampliamenti delle sanzioni che potrebbero comprendere il divieto di sorvolo del territorio della Federazione per i velivoli americani e dell'Unione europea, estendendo il bando di importazione anche ad altre categorie merceologiche.
  Per quanto riguarda la Federazione Russa, con decreto del 6 agosto, sono state ufficialmente introdotte misure di ritorsione sull’import di alcuni prodotti agroalimentari. Inoltre, con un decreto dell'11 agosto, è stata introdotta una nuova normativa restrittiva in materia di appalti pubblici, che prevede il divieto di acquisto, da parte di istituzioni pubbliche e di enti soggetti a controllo pubblico, di tessuti, calzature e capi di abbigliamento realizzati al di fuori dell'Unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan.
  Con decreto del 19 agosto, come in parte evidenziato dagli stessi onorevoli interpellanti, è stato altresì disposto un blocco semestrale (vigente dal 1o ottobre 2014 – e non dal 1o settembre – al 1o aprile 2015) all'esportazione di pelli semilavorate verso Paesi stranieri. Da ultimo, la Federazione Russa ha minacciato delle misure di ritorsione per l'inasprimento delle sanzioni UE del 12 settembre, non ancora individuate.
  Per tali motivi, è forte la preoccupazione dell'Unione europea e degli Stati Uniti rispetto ai possibili effetti sostitutivi (backfilling), che vedrebbero Paesi terzi acquisire quote di mercato russo lasciate libere da Unione europea ed USA, in ragione delle sanzioni. Le sanzioni commerciali ritorsive poste in essere da parte russa riguardano parti importanti del nostro export: carni fresche e lavorate, pesce, ortofrutta e latticini. Non vi sono sottoposte, almeno per ora, altre merci italiane quali alcolici e spiriti (beni di punta nelle nostre esportazioni in Russia), pasta, conserve, salse, caffè, preparati a base di cacao e prodotti da forno. Un decreto del Governo russo del 20 agosto introduce una parziale modifica al divieto di importazione con l'esclusione dei prodotti senza lattosio, il che potrebbe favorire alcuni formaggi stagionati italiani. Inoltre, in risposta all'inasprimento delle sanzioni deciso dall'UE ed entrato in vigore da pochi giorni, si ipotizza che la Russia possa adottare ulteriori misure contro le esportazioni europee nel settore auto e tessile-moda.
  Al fine di identificare aree di azione sulle quali intervenire per fronteggiare le previste perdite di flussi di export verso il mercato russo, è opportuno inquadrare in modo organico e strutturato la rilevanza dei nostri interessi commerciali. Secondo i dati delle dogane russe, l’export italiano è stato di circa 10,4 miliardi di euro nel Pag. 202013 e di 2,8 miliardi di euro nei primi quattro mesi del 2014, rendendo l'Italia il loro quarto fornitore e pesando per il 2,8 per cento sull’export complessivo italiano.
  L’export italiano nel settore agroalimentare è stato di 1,1 miliardi di euro nel 2013, di cui un quinto, 221 milioni di euro, riguarda prodotti soggetti alle sanzioni. Allo stato attuale, l'Ufficio ICE di Mosca stima in circa 100 milioni di euro la perdita in valore per il 2014, mentre, per il 2015, la perdita potrebbe raggiungere i 250 milioni di euro se la durata delle sanzioni si estenderà alla fine del 2015. Pur non essendo possibile al momento ipotizzare le eventuali perdite negli altri settori, in quanto esse dipenderanno dai prodotti colpiti e dalle modalità delle decisioni prese dalle autorità russe, si tenga presente che l’export italiano di abbigliamento, calzature, pelletteria tessile, auto e componenti auto assommava nel 2013 al 1 miliardo di euro e nei primi quattro mesi del 2014 a 350 milioni di euro.
  L'Unione Europea e il Governo italiano stanno affinando una serie di misure di supporto atte a compensare l'effetto delle sanzioni in vigore nel mercato russo. In dettaglio, il Ministero delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, evidenzia la tempestività con la quale il Governo italiano, nel suo complesso e svolgendo le funzioni di Presidenza di turno del semestre del Consiglio europeo, ha lavorato da subito e assai intensamente insieme alla Commissione, che, com’è noto, ha già adottato alcune misure a sostegno dei comparti maggiormente colpiti dalla crisi. La riforma della PAC, in questo contesto, ha dimostrato di avere gli strumenti necessari a fronteggiare la crisi, anche se potrebbe essere opportuno avviare una riflessione sulla necessità di rafforzare maggiormente le stesse misure. In tale occasione, la Presidenza italiana ha già avviato un dibattito in seno al Consiglio e al Comitato speciale agricoltura. Sul tema è stato convocato anche un Consiglio straordinario agricoltura (Agrifish) il 5 settembre, che ha consentito di fare il punto sulle misure già adottate e in via di definizione riguardo alla crisi in questione. La Presidenza italiana ha inteso definire subito nuove concrete iniziative a sostegno dei settori agroalimentari maggiormente interessati. L'attenzione è stata posta appunto sulle azioni congiunte di contrasto agli effetti dell'embargo posto dalla Russia. In particolare, sono stati adottati, con misure d'urgenza, sostegni ai produttori di pesche e nettarine, sostegni ai comparti ortofrutticoli, per un pacchetto di aiuti ammontante, nel complesso, a 125 milioni di euro della PAC, per il finanziamento dei ritiri di mercato e mancata raccolta di frutta e verdura, mentre, nel settore lattiero-caseario, si è riusciti ad ottenere l'apertura allo stoccaggio privato di formaggi, burro e latte in polvere, penalizzati dall'embargo in Russia.
  Per quanto concerne le misure attivate a favore del settore ortofrutticolo, la Commissione, a causa della numerosità di richieste pervenute a fronte del plafond assegnato, è stata costretta a sospendere l'efficacia del regolamento, assicurando, nel contempo, il rispetto dei relativi pagamenti. È stato presentato, tuttavia, anche un nuovo regolamento che, per il futuro, rimodula le misure di sostegno sulla base dei quantitativi esportati verso la Russia. Tra le novità positive, si segnala, in particolare, l'inclusione, nella lista dei prodotti ammissibili alle misure di sostegno, degli agrumi, al pari di altri prodotti quali mele, pere, susine, kiwi e uva da tavola, derrate che riguardano l’export italiano verso la Federazione Russa.
  Il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di diretta competenza, ha avviato una serie di azioni: primo, dato mandato all'ufficio ICE di Mosca di proseguire e potenziare le sue attività promozionali nei settori non colpiti dall'embargo russo; secondo, deciso di supportare in particolare i settori colpiti dallo stesso embargo con adeguate iniziative di promozione su altri mercati esteri. In relazione al primo punto, tramite gli uffici dell'ICE, agenzia in Russia, è stata promossa una complessa serie di attività a presidio del settore agroalimentare. Tali azioni vanno dalla realizzazione in loco di iniziative promozionali nella fiera World Pag. 21Food di Mosca all'organizzazione di un articolato piano di comunicazione, previsto all'interno della grande distribuzione organizzata russa, in particolare presso la catena Sedmoi Kontinent. L'Italia proseguirà nella difesa e nella promozione del nostro export agro-alimentare in Russia, per tutelare le nostre produzioni ed impedire che si allarghino gli effetti di sostituzione di prodotti da parte dei consumatori locali in un Paese che ha un alto potenziale ed è un mercato strategico per la crescita delle nostre esportazioni.
  In relazione al secondo punto, che è ancora più rilevante, tra gli strumenti che verranno ulteriormente potenziati per compensare l'effetto delle ritorsioni commerciali russe, ricoprono un ruolo strategico le iniziative promozionali su altri mercati, come delineate dal piano straordinario per il made in Italy. In particolare, il mercato degli Stati Uniti può rappresentare un'importante alternativa, come dimostrano i più recenti dati commerciali.
  In altre parole, al rischio di import substitution bisogna rispondere con una strategia di export substitution. Nel primo semestre 2014, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono cresciute del 7,8 per cento rispetto al primo semestre del 2013, ed a giugno l'aumento è stato del 15,6 per cento rispetto a maggio. Il surplus commerciale ha superato gli 8 miliardi di dollari, contro i 5,7 del semestre precedente. Dati che proiettano l’export italiano per fine anno ad un valore assoluto di oltre 28 miliardi di euro, il miglior risultato di sempre. Anche le esportazioni più tradizionali, come le preparazioni di carni e pesce, le farine, la frutta ed il vino, ottengono ottimi risultati, intorno al più 40,3 per cento. La dinamica è destinata ad un ulteriore rafforzamento e per questo va cavalcata. Infatti, uno studio che abbiamo commissionato a Prometeia, in merito al potenziale di mercato dei principali Paesi, stima in oltre 9 miliardi l’export aggiuntivo sul mercato statunitense ottenibile entro il 2016, corrispondente al 35 per cento in più rispetto all’export del 2013.
  Si tratta del maggior potenziale in assoluto al mondo per le merci italiane.
  In tale direzione, per il settore agroalimentare, il Ministero dello sviluppo economico ha previsto azioni verso la grande distribuzione organizzata negli USA attraverso accordi per inserire a scaffale un numero maggiore di prodotti italiani, soprattutto marchi di qualità appartenenti ad aziende di piccole dimensioni che non hanno la forza per imporsi su un mercato complesso ed evoluto come quello americano. A tal fine, prevediamo il rafforzamento della nostra base geografica, incrementando la presenza dei prodotti italiani nelle aree meno coperte, tra cui il Texas e la costa del Pacifico; il miglioramento e la stabilizzazione della presenza dei prodotti italiani nella grande distribuzione e nelle piattaforme di e-commerce; l'educazione e la formazione dei consumatori alla comprensione del valore del made in Italy rispetto a prodotti che surrettiziamente si richiamano all'Italia, dando luogo nel settore alimentare al noto problema dell’Italian sounding. E voglio sottolineare che questo piano per il settore agroalimentare in USA mobiliterà circa il 30 per cento del totale di tutti i fondi per la promozione del made in Italy.
  Lasciatemi concludere questo intervento, richiamando un punto di vista già esposto in differenti sedi e a differenti livelli, innanzitutto di fronte alla Commissione competente del Parlamento Europeo recentemente eletto: è opportuno che la politica commerciale nostra e dell'Unione rispetti costantemente gli ambiti di manovra assegnati, se necessario facendo un passo indietro rispetto alla politica estera quando sono in gioco i temi della sicurezza e i valori stessi alla base della nostra democrazia e del sistema di relazioni che l'Europa intrattiene con il resto del mondo.
  D'altronde, nel riconoscere la sostanziale priorità della politica estera, è compito di questo Governo difendere gli interessi dei settori produttivi nazionali e rappresentare nello spazio europeo i nostri interessi commerciali, evitando che questi rimangano ostaggio di contrapposizioni politiche generali. Eviteremo di incanalare l'azione politica lungo il sentiero Pag. 22che porta all’escalation di ritorsioni commerciali, consapevoli dei rischi che corrono i nostri esportatori in termini di danno diretto e immediato nel breve periodo; e, in una prospettiva di più ampio termine, a causa dei possibili effetti di import substitution sul mercato russo legati all'ingresso di nuovi competitori.
  Ma concludo dicendo questo: i valori della democrazia, che sono anche così cari al vostro movimento, non possono cedere il passo a un ragionamento di politica commerciale. Nessun Paese moderno, maturo fa questo tipo di ragionamento. In questo caso, sono a rischio il 2,5 per cento delle nostre esportazioni verso la Russia: non possiamo consentire che questo rischio, pur rilevante, freni la nostra libertà di decisione sulla politica estera.

  PRESIDENTE. L'onorevole Marta Grande ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente, Viceministro, nel ringraziarla per le risposte fornite devo esprimere l'insoddisfazione da parte del nostro gruppo rispetto agli elementi fornitici.
  Colgo l'occasione per motivare questa valutazione, che inevitabilmente ha un respiro molto più ampio della semplice visione economica e produttiva nazionale, e che, come sempre accade in ambito politico, deve tener conto di più elementi e fattori.
  Abbiamo chiesto per ben tre volte al Ministro Mogherini di venire in Aula per informarci sulla questione del conflitto ucraino, sulla visione del Governo al riguardo, sui rischi e le ripercussioni di un conflitto di fatto europeo sulla nostra economia. Come può immaginare non abbiamo mai avuto un riscontro in tal senso, ma abbiamo cercato di avere delle informazioni più dettagliate in Commissione ed in audizione, chiedendo esplicitamente rassicurazioni sulla nostra economia, sulla nostra sicurezza nazionale e su quella energetica. Mai una risposta, nonostante il nostro Paese sia anche investito del ruolo di Presidenza dell'Unione europea.
  Allo stesso tempo, vediamo il Governo in Aula fantasticare sullo sviluppo della nostra economia in ripresa, sulle nostre eccellenze, sul made in Italy sempre di moda ed in ripresa, sulle nostre enormi opportunità e sull'appuntamento dell'Expo, ma, contestualmente, non possiamo ignorare quanto la scelta di influire a livello internazionale sia stata di fatto delegata ad altri, senza curarsi della difficile situazione interna del nostro Paese. Non c’è stato nessun confronto parlamentare precedente alla decisione di aderire e poi inasprire le sanzioni europee, nessun tavolo con le associazioni di categoria, nessuno studio preventivo sull'impatto di queste sulla nostra economia. Non ci esprimiamo in una vera posizione politica, seguiamo piuttosto il resto dell'Europa e subiamo, però, le conseguenze politiche ed economiche delle scelte altrui.
  Attualmente possiamo solo ipotizzare le perdite della nostra economia già in deflazione; non abbiamo stime delle ripercussioni sul sistema economico nazionale, non sappiamo se questa situazione causerà perdita di posti di lavoro, se influirà politicamente nelle relazioni con la Russia, se avremo ripercussioni nell'approvvigionamento energetico o nel costo dell'energia da qui alla fine dell'inverno.
  Per tutte queste motivazioni, pertanto, non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta del Governo in quanto basata su dati parziali e soggetta a possibili peggioramenti in un futuro prossimo; ci riserviamo pertanto di continuare a chiedere delucidazioni, sulle quali speriamo di trovare un reale riscontro.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea (ore 10,38).

  PRESIDENTE. Avverto che, secondo quanto convenuto a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo svoltasi ieri, il seguito dell'esame della proposta di legge sugli orari di apertura Pag. 23degli esercizi commerciali (A.C. 750-A/R e abbinate) avrà luogo a partire da giovedì 25 settembre e figurerà all'ordine del giorno dopo l'esame del disegno di legge di ratifica n. 2278 – Italia – San Marino in materia di collaborazione finanziaria (A.C. 2278).

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 22 settembre 2014, alle 15:

  Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  La seduta termina alle 10,40.

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