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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 205 di venerdì 4 aprile 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Bindi, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Dambruoso, De Girolamo, Epifani, Ferranti, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini, Pisicchio, Ravetto, Scalfarotto e Speranza sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi ed iniziative di competenza in ordine alla prospettata riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia – n. 2-00481)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente Dallai n. 2-00481, concernente elementi ed iniziative di competenza in ordine alla prospettata riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Dallai se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUIGI DALLAI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, siamo nuovamente ad affrontare il tema dei servizi ferroviari interregionali, ovvero quella parte dell'offerta di servizi che, insieme al trasporto regionale su gomma, rappresenta il mezzo pubblico rivolto ad un'utenza costituita principalmente di pendolari, dunque di cittadini che sono costretti quotidianamente ad affrontare spostamenti per motivi di lavoro, studio o salute.
  Come già avvenuto nelle scorse legislature e testimoniato da numerosi atti parlamentari, la possibile soppressione di questa tipologia di collegamento si ripresenta ad ogni cambio stagionale di orario. Il servizio di trasporto su ferro dato dai treni intercity rappresenta, peraltro, l'unico mezzo disponibile per tratte di carattere interregionale presso molte stazioni capoluogo di provincia o con un bacino di area vasta anch'esso interregionale.
  Da quanto è emerso da organi di informazione, entro il mese di giugno 2014 Pag. 2vi sarebbe l'intenzione da parte di Trenitalia di sopprimere altri dieci intercity, che riguardano l'utenza di nove regioni: Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Campania. Tali treni, secondo Trenitalia, registrano perdite commerciali di circa 20 milioni di euro.
  La soppressione di tali treni era già stata ventilata lo scorso anno e sospesa anche a seguito delle richieste delle regioni, degli enti locali e degli interventi delle rappresentanze politiche parlamentari. Recentemente sono stati soppressi da Trenitalia due treni intercity, nelle tratte Roma-Trieste e Roma-Milano, che tuttavia non ricadevano nella fascia oraria di utilizzo dei pendolari.
  Vale la pena ricordare che, in data 21 novembre 2013, in risposta ad analoga interpellanza urgente, la n. 3-00105, il Governo volle rimarcare la necessità – «ferma la competenza regionale» – di un maggiore coordinamento fra le regioni e lo Stato nelle definizione della programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale.
  Concordammo che una corretta programmazione rispettosa dei nuovi criteri, «oggettivi ed uniformi a livello nazionale, di efficientamento e razionalizzazione» avrebbe potuto superare «la cristallizzazione dei servizi storici e della spesa storica», consentire «la progressiva rispondenza fra offerta e domanda di trasporto» e risolvere «almeno parzialmente, le lamentate carenze di risorse di parte corrente». Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe avuto cura di verificare gli effetti prodotti dalla corretta programmazione, avvalendosi anche dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale (TPL), di cui alla legge n. 244 del 2007.
  Recentemente il Ministro Lupi ha espresso la volontà di giungere ad una valutazione annuale del rispetto degli impegni di programma presi da Trenitalia, anche in considerazione del confronto che Governo e società concessionaria metteranno in atto, rispetto alla necessità di garantire il livello di trasporto ferroviario «intermedio» fra i servizi di alta velocità e quelli regionali, in particolare per quei centri e quei territori attraversati dai treni veloci ma non serviti da essi.
  Emerge, quindi, con chiarezza che la soppressione dei dieci intercity sopracitata rappresenterebbe in ogni caso una decisione non concertata, causata da esclusive ragioni di carattere economico, e che, per qualità e quantità dei servizi cancellati e non adeguatamente sostituiti o integrati, essa non possa, comunque, essere frutto di una programmazione efficace a sostegno dei pendolari.
  Si chiede, pertanto, se il Governo, sia a conoscenza delle reali intenzioni di Trenitalia di sopprimere i collegamenti intercity e nello specifico in quali tratte e quali bacini di utenza coinvolgano tali riduzioni di servizio; e di conseguenza, se non si ritenga necessario assumere iniziative urgenti per evitare tali riduzioni di servizio, insostenibili per garantire il diritto alla mobilità di milioni di cittadini.
  Vale la pena, infine, rimarcare che, a partire dalla completa attuazione dell'articolo 21, comma 24 del decreto-legge n. 98 del 2011, se non sia auspicabile una revisione ed un aggiornamento del contratto nazionale del servizio con Trenitalia, teso anche a promuovere una maggiore concertazione e partecipazione con le regioni, e vincolare la società al rispetto di standard qualitativi effettivamente adeguati per promuovere un effettivo miglioramento nel trasporto ferroviario pubblico locale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso de Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono all'attenzione la delicata questione del trasporto ferroviario interregionale e nazionale evidenziando, in particolare, il timore di una soppressione di dieci treni interregionali intercity. Come è noto, i servizi ferroviari passeggeri di Pag. 3media/lunga percorrenza si dividono in servizi «a mercato» e servizio universale.
  I servizi «a mercato» (di media/lunga percorrenza) non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, sono effettuati a rischio di impresa e si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico: le dimensioni e le caratteristiche dell'offerta, quindi, sono determinate da valutazioni commerciali; rientrano tra i servizi a mercato le «Frecce» di Trenitalia (Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca), nonché i treni internazionali e una quota di treni intercity.
  La relativa programmazione, pertanto, è effettuata direttamente da Trenitalia che per i servizi effettuati con la predetta quota di treni intercity ha lamentato un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, pari a poco meno di 30 milioni di euro l'anno.
  La maggior parte dei treni intercity rientrano nel «servizio universale», comprendente quei treni di media lunga-percorrenza che, per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo. Pertanto, è lo Stato che copre la differenza tra i ricavi da traffico previsti ed i costi ammessi a remunerazione.
  In particolare, Ferrovie dello Stato ha riferito che la quota di intercity effettuati a mercato, che percorrono principalmente la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni, da Milano, Trieste/Venezia sino a Roma/Napoli/Salerno, sono collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni.
  Questi treni presentano, accennavo poc'anzi, un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti e, considerata l'insostenibilità di tale situazione, Trenitalia ha comunicato al MIT la sua intenzione di sospenderne l'effettuazione in regime di mercato, evidenziando allo stesso Ministero l'opportunità di inserirli nell'ambito del contratto di servizio in essere, sostenendone l'onere, analogamente a quanto avviene per gli altri intercity aventi le medesime caratteristiche.
  Pertanto, due di questi intercity (la coppia 586/587 in partenza da Roma alle ore 9,40 con arrivo a Milano alle 16,15 e in partenza da Milano alle 10,50 con arrivo a Roma alle 17,20) – che registravano uno scarso utilizzo da parte della clientela pendolare – sono stati soppressi dal 1o marzo scorso, mentre nessun collegamento intercity tra Roma e Trieste è stato soppresso.
  Sulla paventata possibilità di non effettuare più il servizio relativo ai restanti intercity, non compresi nel contratto di servizio con lo Stato (cinque coppie), assicuro che il MIT ha avviato uno studio finalizzato ad individuare le alternative possibili, nel quadro di una revisione complessiva dell'offerta di servizio universale di lunga percorrenza. A tal fine, i competenti uffici del MIT hanno chiesto a Trenitalia maggiori dettagli, al fine di valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora questi collegamenti venissero riconosciuti come servizi di utilità sociale al pari di quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati.
  E in effetti, viste anche le segnalazioni al riguardo delle regioni territorialmente interessate e le preoccupazioni dell'utenza, è stato attivato un tavolo di confronto con le singole regioni interessate e Trenitalia, nell'ambito del quale approfondire, dal punto di vista tecnico, le possibili soluzioni. Come primo risultato, proprio nella considerazione che i servizi di cui trattasi hanno un impatto notevole sull'utenza pendolare e che la loro improvvisa soppressione arrecherebbe disagi alle singole regioni coinvolte, che, nella loro programmazione, hanno tenuto conto dell'esistenza di tali collegamenti, nelle more degli approfondimenti tecnici svolti, sono stati acquisiti la disponibilità e l'impegno da parte di Trenitalia a mantenere i suddetti intercity a mercato almeno fino al mese di giugno, cioè fino al nuovo orario estivo.
  Gli onorevoli interpellanti fanno, poi, riferimento all'articolo 21 del decreto-legge n. 98 del 2011, e relativa legge di Pag. 4conversione. Si precisa, a tale proposito, che la norma in questione avrebbe riflessi soltanto indiretti sul trasporto pendolare in quanto la stessa prevede l'introduzione di un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblici per la parte espletata su linee appositamente costruite per i collegamenti ferroviari Alta Velocità, con velocità pari o superiore a 250 chilometri orari, destinato interamente al finanziamento degli oneri dei servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale, oggetto di contratto di servizio pubblico.
  Per contro, evidenzio che l'introduzione del sovrapprezzo in questione determinerebbe impatti rilevanti sulla concorrenza, compromettendo la redditività economica del segmento Alta Velocità, considerato peraltro che l'extracanone verrebbe ad intervenire su tariffe medie tra le più onerose in Europa. Ciò in quanto detta norma va letta in combinato disposto con l'articolo 15 del decreto legislativo n. 188 del 2003 che stabilisce, da un lato, il principio del tendenziale equilibrio dei conti del gestore dell'infrastruttura tra i ricavi derivanti dalla riscossione dei canoni ferroviari e dei corrispettivi per la fornitura dei servizi, le eccedenze provenienti da altre attività commerciali e i contributi pubblici definiti nel contratto di programma di cui all'articolo 14 del medesimo decreto legislativo e, dall'altro, i costi relativi alla gestione dell'infrastruttura al netto degli ammortamenti.
  In conclusione, fermo restando che la programmazione e gestione dei servizi regionali, che assicurano principalmente la mobilità della clientela pendolare, compete, secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 422 del 1997), alle singole regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono regolati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalle regioni stesse, assicuro che il MIT, ben consapevole dei disagi dell'utenza pendolare, valuterà, anche nell'ambito del suddetto tavolo tecnico appositamente costituito, ogni utile iniziativa per venire incontro all'esigenza di detta categoria.

  PRESIDENTE. L'onorevole Dallai ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUIGI DALLAI. Signor Presidente, sono sostanzialmente soddisfatto della risposta. Mi fa piacere rimarcare un punto che secondo me è stato centrato da parte del sottosegretario ovvero la questione rispetto alla sospensione dei servizi in regime di servizio universale con il passaggio al regime di mercato.
  Credo che sia giusto valutare compiutamente questo aspetto e per farlo, però, dobbiamo avere la certezza che i ricavi da traffico che ad esempio Trenitalia ottiene attraverso l'alta velocità non siano ottenuti anche mediante l'utilizzo di risorse che formalmente poi sono fatte ricadere sul servizio universale.
  Quindi, per avere la certezza che un servizio sia di mercato oppure sia sostanzialmente un servizio sociale ed avere la differenziazione di quali sono i costi che poi sono fatti gravare sull'uno o sull'altro, credo che debba essere fatta chiarezza anche su quelli che sono oggettivamente i bilanci in attivo della società Trenitalia rispetto, appunto, ai due servizi.

(Chiarimenti in merito all'ammontare delle risorse destinate ai comuni per le spese relative alla gestione degli uffici giudiziari ed iniziative volte a superare l'attuale sistema di copertura dei costi di tali uffici – n. 2-00485)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fragomeli n. 2-00485, concernente chiarimenti in merito all'ammontare delle risorse destinate ai comuni per le spese relative alla gestione degli uffici giudiziari ed iniziative volte a superare l'attuale sistema di copertura dei costi di tali uffici (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 5
  Chiedo all'onorevole Fragomeli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, sottosegretario, l'interpellanza urgente si inserisce in un quadro generale alquanto complesso ormai di tagli agli enti locali, in particolare, appunto, sottolinea la gravità dei tagli che sono stati effettuati negli ultimi anni rispetto al trasferimento di risorse come rimborso delle spese di gestione degli uffici giudiziari presso i comuni italiani.
  In particolare, la normativa ormai è, come conosciamo bene, ferma al 1942, quindi è antecedente addirittura alla nostra Costituzione, che stabilisce una competenza prettamente statale della funzione giurisdizionale e comunque di gestione e di mantenimento delle strutture giudiziarie. Ci si pone di fronte, comunque, a un problema effettivamente molto oneroso, in quanto nel 2011 sostanzialmente sono state tagliate più del 70 per cento delle risorse storicamente date; quindi i comuni si trovano di fronte a dei residui che hanno iscritto in bilancio con la convinzione che poi vengano trasferiti. Invece, sostanzialmente, a distanza di tre anni, questi contributi non arrivano.
  Ma sottopongo al sottosegretario un problema che va oltre il tema del rimborso. Per i comuni il tema non è solo quello di cassa, quello appunto del rimborso finanziario, c’è anche un problema in termini di programmazione dei bilanci, in quanto se i rimborsi appunto attengono alla sfera della chiusura del conto consuntivo, il Ministero non è mai in grado di dare a preventivo, quindi almeno nell'anno corrente, una stima di quelle che potrebbero essere le voci di entrata da iscrivere in bilancio. Questo vuol dire il buio assoluto nella predisposizione dei bilanci, cioè non sapere minimamente qual è la cifra.
  Ci siamo trovati di fronte alla problematica del passaggio 2011-2012, che rimarcavo, di questo taglio molto pesante, ma anche nel 2013 e poi successivamente nel 2014 i comuni fanno dei bilanci senza aver nessun tipo di garanzia rispetto al fatto che, a fronte di spese che sono preventivate «100», quel «60», «70» rimanga, oppure se questa voce scenda ulteriormente. Capite che diventa sempre più impossibile per i comuni accollarsi questo tipo di spese. Nell'interpellanza quindi sostanzialmente chiediamo innanzitutto il tema che ponevo all'inizio, quindi quello del ristoro delle annualità pregresse 2010, 2011, 2012, 2013, e quindi un intervento immediato e urgente da parte dei comuni, perché chiaramente trattasi di entrate importanti; allo stesso tempo chiediamo di capire con una certa urgenza, sull'annualità 2014, qual è l'intervento di chiarezza rispetto al trasferimento di risorse; in ultimo se, a fronte anche della nostra Carta costituzionale, non sia più corretto pensare che questo tipo di spese sia definitivamente accollato al Ministero senza più questo passaggio di incombenze, di competenze agli enti locali per poi subire un successivo rimborso, che, è chiaro, anche da un punto di vista di consolidato pubblico è sbagliato, perché comporta ulteriori passaggi nella pubblica amministrazione di rimborsi, di pagamenti che invece dovrebbero essere direttamente, come dicevo prima, attribuiti allo Stato, in questo caso come competente per materia.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, devo dire che ringrazio l'onorevole Fragomeli perché ha posto all'attenzione del Governo una questione, una problematica molto sentita e che ha un significato non solo politico, ma anche tecnico-contabile e va ad incidere nei rapporti che ci sono tra lo Stato e gli enti locali. È importante perché in un momento in cui si parla di spending review, comunque di sacrifici che il Governo chiede anche ai cittadini, è importante che il rapporto tra Governo ed enti locali sia sempre più stretto, quindi in una sinergia e in una collaborazione che deve essere davvero significativa nell'interesse dei cittadini e Pag. 6per spiegare. Quindi, quando poi si parla di mancanza di entrate, di bilanci che comunque gli enti locali devono fare è chiaro che le difficoltà ci sono perché sono poi quelli che hanno un rapporto più diretto con i cittadini. Quindi, lo ringrazio, voglio entrare però nel merito, perché solleva delle questioni tecniche particolari che riguardano appunto il rimborso di questi contributi che oggi, tra l'altro, vanno a ridisegnarsi in quella che è stata la riforma della geografia giudiziaria. Quindi, anche i comuni hanno dovuto, con grande responsabilità, in molte sedi, vedersi chiudere gli uffici giudiziari ed è chiaro che in alcuni casi vorrebbero almeno che lo Stato versasse i soldi che avevano anticipato negli anni precedenti. Ma entro subito nel merito dell'interpellanza e rispondo all'onorevole Fragomeli.
  È noto che la legge 24 aprile 1941, n. 392, disciplina la materia della ripartizione tra enti locali e Stato dei costi connessi all'attività degli uffici giudiziari. La vigente normativa pone a carico dei comuni sedi di uffici giudiziari l'onere di provvedere alle spese per dotare questi ultimi dei locali e dei mobili necessari all'espletamento della loro funzione, nonché alle altre spese occorrenti per provvedere al loro funzionamento (per funzionamento intendo manutenzione, illuminazione, riscaldamento, pulizia e custodia dei locali, fornitura di acqua e del servizio telefonico, riparazioni dei mobili e degli impianti). A fronte di tali oneri, è poi prevista la corresponsione di un contributo statale annuo, sia pure sussidiario e parziale. Poiché il contributo statale si era rivelato, nel corso degli anni, insufficiente a sostenere lo sforzo economico delle amministrazioni locali, il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 maggio 1998, n. 187, ha previsto che il contributo fosse annualmente determinato sulla base dei consuntivi delle spese effettivamente sostenute dai comuni nel corso di ciascun anno e che detto contributo venisse erogato in due rate: la prima, in acconto, all'inizio di ciascun anno finanziario, nella misura del 70 per cento dell'intera contribuzione dell'anno precedente, e la seconda, a saldo e a consuntivo, entro il 30 settembre.
  Ciò posto, l'articolo 1, comma 26, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, muovendo dalla necessità di allineare le scelte di politica economico-finanziaria con i generali obiettivi di contenimento della spesa pubblica fissati anche in ambito comunitario, ha imposto al Ministero della giustizia tagli in misura non inferiore a 30 milioni di euro per l'anno 2012 e a 70 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, con conseguenti minori contributi ai comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari. Mediante tale manovra, sono stati conseguentemente azzerati, sul relativo capitolo di spesa, i fondi residui (pari a 30 milioni di euro) che sarebbero stati necessari per erogare ai comuni il saldo per l'anno 2011.
  La predetta previsione contenuta nel decreto-legge n. 95 del 2012 ha quindi impedito l'erogazione del saldo per l'anno 2011 e non ha consentito di procedere a una determinazione dell'acconto di contributo per l'anno 2012 (per il 2012, le somme inizialmente stanziate nel capitolo 1551 ammontavano ad euro 79.776.755, poi ridotte dal Ministero dell'economia e delle finanze ad euro 77.078.304). In sostanza, i ritardi nell'erogazione dei contributi sono dovuti alle misure di risparmio previste dal citato decreto-legge n. 95 del 2012 e tali misure hanno determinato la situazione finanziaria lamentata dall'interpellante anche perché la riforma della geografia giudiziaria, concepita anche per ridurre la spesa pubblica nel settore giudiziario, è entrata in vigore solo successivamente al predetto decreto-legge. Infatti, gli accorpamenti tra uffici giudiziari sono avvenuti in periodi posteriori (nel settembre 2013 per i tribunali e le sezioni distaccate, nel 2014 per gli uffici del giudice di pace) e così non vi sono stati quei risparmi che avrebbero potuto contribuire Pag. 7al raggiungimento del risultato della copertura delle spese dei comuni per gli anni 2011 e 2012.
  Per porre rimedio alla situazione creatasi, il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria di questo Ministero provvederà ad erogare gli acconti dei contributi relativi agli anni 2012 e 2013, che verranno computati, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 187 del 1998, nei limiti dell'85 per cento dello stanziamento assegnato nello stato di previsione della spesa negli indicati esercizi finanziari, in misura percentuale rispetto alla spesa sostenuta per l'anno 2012. In tal modo, superando gli intervenuti tagli di bilancio, si provvederà alla corresponsione di una parte delle somme spese dai comuni sedi di uffici giudiziari, aumentando dette somme per quegli enti territoriali che hanno accorpato sedi soppresse a seguito della riforma della geografia giudiziaria.
  In particolare, gli acconti saranno pari a circa 65 milioni 200 mila euro per l'anno 2012 e a circa 92 milioni 100 mila euro per l'anno 2013. Quanto ai tempi di erogazione delle somme, gli acconti per l'anno 2012 saranno corrisposti – lo sottolineo – nel prossimo mese di maggio, mentre quelli relativi all'anno 2013 saranno erogati, una volta ottenuto lo stanziamento in bilancio, nel prossimo mese di luglio.
  Per quanto concerne, invece, l'anno 2011, questa amministrazione sta procedendo a rideterminare la somma dovuta a saldo mediante un decreto interministeriale di concerto tra i Ministri della giustizia, dell'interno e dell'economia e delle finanze. A tale riguardo, sono in corso contatti tra i competenti uffici dei predetti Ministeri.
  Quanto, infine, al quesito relativo alle eventuali iniziative di carattere normativo volte a modificare l'attuale sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari, si ritiene che la partecipazione dei comuni alle spese relative all'amministrazione della giustizia debba essere mantenuta, essendo quelle spese correlate alla domanda di giustizia nell'ambito delle varie realtà locali e all'interesse dei singoli comuni di disporre di un presidio giudiziario per assicurare con immediatezza e con il minor disagio per la collettività l'accesso ai servizi della giustizia.
  Quindi, in un'ottica di ripartizione delle spese tra amministrazione statale e popolazioni locali beneficiarie dei servizi giudiziari, non appare – lo dico sommessamente – irragionevole porre a carico dei comuni sedi di un presidio giudiziario anche i costi relativi al mantenimento e al funzionamento delle strutture, salvo poi contenerli attraverso il contributo che lo Stato erogherà alle condizioni di legge.
  Ferma restando questa ripartizione degli oneri economici dei servizi giudiziari, segnalo che è in corso di approvazione un nuovo decreto del Presidente della Repubblica diretto a modificare il già citato decreto del Presidente della Repubblica 4 maggio 1998, n. 187.
  Il provvedimento ha già ottenuto il concerto dei Ministri competenti ed il parere positivo del Consiglio di Stato ed è stato esaminato dalle competenti Commissioni parlamentari, i cui rilievi sono stati recepiti dal Consiglio dei Ministri, che ha approvato in via definitiva lo schema di decreto del Presidente della Repubblica e lo ha trasmesso alla Corte dei conti per il relativo visto.
  Le innovazioni previste nel predetto provvedimento, che – ripeto – è uno schema di decreto del Presidente della Repubblica, sono finalizzate a consentire un adeguato controllo delle spese rimborsabili ed una complessiva riduzione delle stesse, attraverso il riconoscimento di un acconto pari al 70 per cento del contributo erogato nell'anno precedente e, soprattutto, prevedendo che il saldo da corrispondere con la seconda tranche sia determinato annualmente e per ogni ufficio giudiziario sulla base di costi standard per categorie omogenee di beni e servizi.
  In particolare, l'articolo 2-bis demanda a un primo decreto interministeriale (giustizia-economia e finanze) l'individuazione dei predetti costi standard per ogni ufficio giudiziario, tenendo conto dei parametri costituiti dal bacino di utenza e dalle sopravvenienze. Ad un secondo decreto Pag. 8interministeriale è rimessa la definizione della metodologia di quantificazione dei costi standard. Inoltre, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica consente di derogare al limite massimo stabilito, con determinazione del direttore generale delle risorse materiali, dei beni e servizi del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria di questo Ministero, solo qualora ricorrano esigenze eccezionali non altrimenti previste e valutate.
  Le modifiche illustrate al decreto del Presidente della Repubblica n. 187 del 1998, assentite dalla Ragioneria generale dello Stato, realizzano l'obiettivo di rendere la spesa in questione adeguatamente prevedibile da parte dell'amministrazione della giustizia e delle amministrazioni locali, nonché di incentivare l'instaurarsi di corrette prassi di gestione dei flussi finanziari mediante un'adeguata programmazione e verifica delle spese rimborsabili.
  Anche al fine di una corretta gestione dei fondi comunali, è previsto, nello schema di decreto del Presidente della Repubblica in itinere, un meccanismo di rimborso che consenta all'amministrazione comunale di conoscere in anticipo – per quella esigenza di redazione del bilancio di cui parlava anche prima l'onorevole Fragomeli, che ha presentato l'interpellanza – l'importo massimo delle spese rimborsabili.
  A tal fine, è previsto che il decreto interministeriale sia adottato entro il 30 novembre di ogni anno e che esso riguardi «l'importo complessivo del contributo di cui all'articolo 1 disponibile per il successivo esercizio finanziario». In tal modo, i comuni potranno programmare adeguatamente gli stanziamenti assegnandoli in via prioritaria alle spese necessarie per il funzionamento dell'ufficio giudiziario, evitando così di sostenere esborsi superiori a quanto previsto in sede di determinazione dei costi standard. Solo ove le spese per i servizi essenziali risultassero inferiori all'importo massimo rimborsabile, il comune potrà utilizzare l'importo residuo per far fronte alle eventuali ulteriori richieste degli uffici giudiziari.
  Mi scuso se mi sono allungato, ma è una questione che ha dato occasione a questo Ministero – e ringrazio per questo l'onorevole Fragomeli – di ricostruire la complessa materia tecnica e finanziaria, che però – come ho cercato di spiegare – raggiunge oggi un punto di equilibrio tra esigenze dei comuni, esigenze dello Stato e sinergia e partecipazione di entrambe le istituzioni nel rendere un servizio importante come quello della giustizia. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Ferri per essersi non «allungato», ma dilungato. Qui siamo nell'occhio del ciclone e ogni cosa fa precedente, quindi non sia mai.
  L'onorevole Fragomeli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario perché ha dato una risposta sostanzialmente esaustiva su tutti i punti sollevati nell'interpellanza.
  Auspico che il tema del rimborso del 2011 sia rideterminato in tempi brevi, e quindi il rimborso possa avvenire. Plaudo al fatto che ci sia finalmente il cambio del meccanismo di rimborso, che dia possibilità ai comuni preventivamente di conoscere le risorse entro il 30 novembre dell'anno precedente; quindi credo che il lavoro di ricostruzione sia stato fatto in modo coerente e corretto, e pertanto ringrazio nuovamente.

(Chiarimenti in merito alla capacità di trasporto di armi nucleari per gli F-35 ed intendimenti circa la possibilità di non rinnovare la capacità nucleare dei reparti aerei – n. 2-00484)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Paolo Bernini n. 2-00484, concernente chiarimenti in merito alla capacità di trasporto di armi nucleari per gli F-35 ed intendimenti circa la possibilità Pag. 9di non rinnovare la capacità nucleare dei reparti aerei (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bernini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, i Ministri irlandesi della difesa e degli esteri hanno dichiarato nei giorni scorsi al Parlamento olandese che non intendono dare corso alla risoluzione adottata dal Parlamento stesso il 20 novembre scorso, che chiedeva di escludere una capacità di trasporto nucleare per i velivoli F-35, che sarebbero stati acquistati dall'Aeronautica. Secondo le dichiarazioni dei due Ministri, non è possibile escludere che gli F-35 olandesi possano essere utilizzati per missioni nucleari, in considerazione del ruolo del Paese nella NATO, e pertanto non ritengono opportuno essere condizionati dalla risoluzione stessa.
  L'Italia ha deciso di acquisire 90 velivoli F-35, una parte dei quali dovrebbe essere assegnata alla base di Ghedi, sede del VI stormo dell'Aeronautica militare, nonché deposito di bombe nucleari gestito dal 704oMunitions Support Squadron.
  Il Dipartimento della difesa statunitense ha annunciato di avere avviato un programma di modernizzazione delle sue bombe nucleari B-61 per renderle idonee all'uso da parte dei cacciabombardieri F-35 e che questa modernizzazione riguarderà anche le armi che si trovano in Europa.
  D'altra parte, il Governo tedesco aveva deciso di non acquisire i cacciabombardieri F-35 e ha anche scelto di rinunciare a qualsiasi capacità di attacco nucleare una volta ritirati dal servizio attorno al 2024 i velivoli Tornado.
  Alla luce delle dichiarazioni del Governo olandese, il Ministro non intende informare il Parlamento sulle intenzioni dell'Italia, in quanto alla capacità di attacco nucleare dei velivoli F-35 che dovrebbero entrare in servizio nell'Aeronautica militare ? Non ritiene opportuno aderire alla scelta tedesca di non rinnovare la capacità nucleare dei nostri reparti aerei una volta ritirati dal servizio i velivoli Tornado attualmente adibiti a tale missione ?

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, buongiorno a tutti. Torniamo in Italia, e quindi, in premessa, va ricordato che già il Ministro Pinotti è intervenuta sulla questione e, in tema di acquisizione di sistemi d'arma e di ammodernamento delle nostre Forze armate, ha chiarito che è necessaria una riflessione ampia e matura sulla difesa nazionale, nel cui ambito trovare la sintesi tra le molteplici esigenze, i tanti vincoli e le aspettative. Lo strumento individuato a tal fine è, come sapete, il Libro bianco, inteso come strumento nuovo, in grado di offrire la sintesi politica fra le diverse necessità che dobbiamo soddisfare e da cui trarre le linee guida necessarie per pianificare, nel medio e nel lungo termine, le nostre capacità di difesa. Uno strumento necessario a rendere coerenti tra loro obiettivi, mezzi e risorse, dove sarà riportato quale sarà la scelta strategica del Paese.
  Ciò posto, per quanto concerne gli aspetti affrontati dagli onorevoli interpellanti in tema di capacità nucleari, si deve necessariamente considerare la nostra appartenenza all'Alleanza Atlantica, cardine essenziale della nostra sicurezza. In ragione di tale appartenenza, l'Italia partecipa, come tutti gli altri membri, a tutti i processi decisionali alleati, condividendone le decisioni collettive e onorando gli impegni che ne scaturiscono. Ciò avviene anche per la definizione della «Politica nucleare della NATO», la quale viene attuata con il pieno consenso esplicito di tutti i Paesi alleati, siano essi potenze nucleari o non nucleari.
  Si rammenta, in proposito, che nell'ambito del vertice di Chicago del maggio 2012, i Capi di Stato e di Governo hanno adottato la Revisione della difesa e della deterrenza dell'Alleanza, ribadendo la necessità Pag. 10di disporre di strumenti convenzionali, antimissile e nucleari, avendo riconosciuto che, finché nel mondo ci saranno armi nucleari, l'Alleanza dovrà mantenere una sua capacità di deterrenza analoga.
  Detto questo, resta l'impegno forte dell'Italia nella direzione di un disarmo nucleare, rafforzato anche dal nuovo concetto strategico della NATO e della dichiarazione di Lisbona, che rappresenta uno dei principali punti qualificanti della nostra azione internazionale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Corda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Paolo Bernini ed altri n. 2-00484, di cui è cofirmataria.

  EMANUELA CORDA. Signor Presidente, ovviamente, come accade da un anno circa, non siamo soddisfatti. Non siamo soddisfatti perché la risposta è estremamente labile nei suoi contenuti, è una non risposta. Questo perché l'Italia ha firmato un Trattato di non proliferazione nucleare. Questo lo sappiamo, questo è stato citato anche nella risposta già data, comunque, dal Governo all'interrogazione da noi presentata nel luglio scorso a prima firma Basilio, nella quale ponevamo gli stessi quesiti odierni.
  Purtroppo, anche allora, abbiamo avuto risposte assolutamente inutili; inutili perché l'Italia, proprio in virtù di questo Trattato, non potrebbe ospitare ordigni nucleari. Cosa che invece, da ciò che apprendiamo da organi di stampa – comunque, è abbastanza noto –, non corrisponderebbe a verità, perché nelle basi di Aviano e di Ghedi ci risulta – almeno si dice – che esistano, addirittura, le bombe tattiche B-61, bombe americane, che sono quelle che poi dovrebbero essere presenti in altri Paesi europei, aderenti, quindi, al Patto Atlantico.
  Il sottosegretario Alfano citava gli accordi bilaterali NATO: purtroppo, dobbiamo dire che noi non possiamo soggiacere ancora a questi accordi bilaterali, per il semplice motivo che il Parlamento, proprio su questi accordi, non è minimamente informato. Vogliamo ricordare che questa è ancora, fino a prova contraria, una Repubblica parlamentare. Quindi, il problema è proprio questo, è un problema di disinformazione.
  Da un anno noi stiamo cercando di raccogliere informazioni sugli F-35, su questo programma d'arma che comunque sembra continuare nonostante il Ministro Pinotti abbia affermato in tv che c'era una volontà di ridurre gli acquisti, salvo poi ripresentarsi in Commissione a dire l'esatto contrario.
  Quindi, è veramente difficile lavorare in questo modo, senza le informazioni necessarie che ci consentano anche di approcciare l'argomento in una maniera consona. Lo riteniamo un diritto, anche perché noi siamo qui a rappresentare i cittadini italiani, poiché pensiamo che l'informazione sia alla base del lavoro parlamentare; infatti, proprio da queste informazioni noi possiamo poi operare, legiferare nel migliore dei modi. Quindi, non avendo informazioni congrue, o meglio essendo riusciti ad oggi ad avere informazioni discordanti, sia da parte dei Ministri sia da parte degli organi facenti capo alla Difesa, purtroppo ci ritroviamo sempre a dover far fronte ad affermazioni che dicono tutto e il contrario di tutto.
  Noi ovviamente siamo contro il nucleare – penso che questo sia assodato –, mi auguro che qui lo siamo tutti, anche se si cerca sempre di mettere la polvere sotto il tappeto e non si danno mai risposte concrete. Stiamo parlando di armi, della sicurezza del Paese, della vita delle persone; troviamo veramente poco serio questo continuo rimpallo di responsabilità e il trasferimento della verità in capo ad accordi che, comunque, risultano sempre fumosi – mi riferisco ai patti bilaterali in ambito NATO – ed in contrasto (lo debbo ribadire) con lo stesso Trattato di non proliferazione nucleare.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Corda.Pag. 11
  A questo punto, sospendiamo per motivi tecnici la seduta, che riprenderà a breve.

  La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,20.

(Elementi ed iniziative circa l'attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato – n. 2-00486)

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00486, concernente elementi ed iniziative circa l'attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti). A rispondere a questa interpellanza sarebbe dovuto venire il rappresentante del Governo, sottosegretario Bobba. Per le vie brevi, la Presidenza del Consiglio ci ha comunicato l'impossibilità del sottosegretario di essere presente in questa seduta per motivi di ritardo nel trasporto aereo.
  A questo punto, può rispondere all'interpellanza il sottosegretario Gioacchino Alfano, che è qui presente e rappresenta il Governo, però siamo in attesa che giunga al Governo la risposta da parte del Dicastero interessato. Ovviamente, non avendo la risposta, noi non possiamo procedere con questa interpellanza. C’è la possibilità di anticipare l'interpellanza successiva e posticipare quella sopra richiamata, oppure se l'interpellante intende procedere secondo l'ordine previsto, la Presidenza è costretta a sospendere la seduta nell'attesa che giunga la risposta e che il Governo possa adempiere il dovere di rispondere.

  MAURO PILI. Sospendere !

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, non è lei il presentatore dell'interpellanza. Ha facoltà, invece, di esprimersi su questo il presidente del gruppo di Forza Italia, professor Brunetta. Prego.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, prendo atto dell'atteggiamento del Governo sostanzialmente di disprezzo del Parlamento, nel senso che questa è un'occasione fondamentale, il sindacato ispettivo, in cui i membri del Parlamento interpellano, in maniera più o meno urgente, il Governo. Questa interpellanza urgente era nota da giorni, era calendarizzata, era stato delegato, tra l'altro, un sottosegretario non competente specificamente, però anche questo fa parte della prassi. Non si capisce cosa c'entri il sottosegretario...cos’è al lavoro, forse, Bobba ? Non lo so. Noi siamo qui, lei è qui, io sono qui, l'interpellanza è pronta. Prendo atto della presenza dell'ottimo sottosegretario Alfano il quale, però, non ha nulla da dire perché il Governo non gli ha fornito la risposta da dare.
  Io non intendo accettare una posposizione. Le chiedo di sospendere la seduta e le chiedo anche di stigmatizzare il comportamento del Governo perché non è questo il comportamento, non è questo lo stile che deve mantenere il Governo nei confronti del Parlamento.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Al di là della ragione, che può essere anche scusabile, dell'assenza del sottosegretario competente, di fatto è però un disagio anche per la Presidenza doversi trovare in questa circostanza. La Presidenza, quindi, condivide il disagio. Mi comunicano, però, che è giunta in questo momento nelle mani del rappresentante del Governo la risposta alla sua interpellanza e, quindi, non ci sarebbe l'esigenza di sospendere la seduta.
  La inviterei, quindi, ad illustrare, se crede, l'interpellanza di cui è primo firmatario. Prego, professor Brunetta.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, bene. Spero che rimanga tutto a verbale di questo disagio...

  PRESIDENTE. Ovviamente, questo resterà agli atti nel resoconto stenografico.

  RENATO BRUNETTA. Disagio, anomalia e disprezzo da parte del Governo nei Pag. 12confronti del Parlamento. Prendo anche atto dell'imbarazzo del sottosegretario Alfano, che vedo leggere con grande intensità e in extremis la risposta che gli è stata fatta pervenire.
  Per quanto mi riguarda, io faccio il mio dovere di sindacato ispettivo. Signor Presidente, siamo alla quarta interpellanza urgente sullo stesso tema presentata dal sottoscritto nel corso di questi primi mesi del 2014, il tema della trasparenza dei dati della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato.
  Si tratta, lo ricordo, dell'attuazione di una specifica disposizione di legge prevista dall'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, il cosiddetto «decreto pubblica amministrazione». In virtù di tale disposizione, lo ricordo ancora, la RAI, in quanto società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti Dicasteri.
  In risposta alla prima interpellanza presentata sul tema lo scorso 10 gennaio, comunque a distanza di più di due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge sulla pubblica amministrazione, il senatore Legnini, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri pro tempore, in relazione alla concreta attuazione della disposizione citata, ha precisato che la disciplina normativa che è stata puntualmente richiamata sarà attuata, come è doveroso fare, entro i tempi tecnici strettamente necessari e con le procedure che sono state richiamate. Cioè, il sottosegretario Legnini, dava atto al sottoscritto di avere ragione e si impegnava a nome del Governo a realizzare quanto previsto dalla legge.
  Lo scorso 4 febbraio, il sottoscritto ha depositato un'ulteriore interpellanza con la quale sono stati chiesti aggiornamenti circa il percorso attuativo della medesima disposizione, di cui al citato decreto. In risposta all'interpellanza presentata, Luigi Casero, Viceministro dell'economia e delle finanze pro tempore, ha rappresentato ancora una volta l'impegno del Governo ad una rapida attuazione della nuova normativa blabla... blabla... blabla.
  Sullo stesso tema, venerdì 7 marzo, in risposta ad un'ulteriore interpellanza presentata sempre dal sottoscritto, l'onorevole Sesa Amici, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, ha dichiarato che il Ministero dell'economia e delle finanze, congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica, ha provveduto a richiedere alla RAI, entro il termine del 31 marzo 2014 – termine, signor Presidente, che non era previsto dalla legge ma che è definito «ad capocchiam» dallo stesso Ministero – il costo annuale del personale comunque utilizzato, eccetera, eccetera. Pertanto, non essendo ancora trascorso – diceva Sesa Amici – il periodo concesso alla RAI (era il 7 marzo rispetto al 31 marzo) per la citata comunicazione e non essendo pervenuti i dati richiesti, attualmente non è possibile fornire notizie, eccetera, eccetera. Quindi, il 7 marzo si dava un ulteriore appuntamento al 31 marzo.
  Ebbene, oggi è venerdì 4 aprile. Il termine del 31 marzo stabilito dall'Esecutivo, e non dalle disposizioni di legge, è trascorso senza alcuna comunicazione da parte del Governo stesso in ordine al rispetto da parte della RAI dell'obbligo di trasmettere tutti gli opportuni dati inerenti il costo annuo del personale comunque utilizzato. Pertanto, sono qui ad interpellare nuovamente il Governo per chiedere se la RAI, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, abbia o meno ottemperato agli obblighi di legge e qual è la giustificazione a questo riguardo dei Ministeri competenti.
  Vede, su questo tema si gioca una partita importante: si gioca la partita della trasparenza che il Presidente Renzi ha detto di voler interpretare nella maniera più piena a partire dai dati del personale della Presidenza del Consiglio ma, per Pag. 13quanto mi risulta, non esistono neanche i dati on line sul costo e sugli stipendi della Presidenza del Consiglio, come prevede una legge che faceva capo alla riforma della pubblica amministrazione.
  Quello della RAI è un ulteriore adempimento, previsto da un'ulteriore normativa, all'interno della normativa citata. Bene, qui siamo in presenza di un mancato rispetto della legge da parte di tutti i soggetti che le ho citato: prima il Governo Letta, con il Ministro Saccomanni e i Ministri della pubblica amministrazione; adesso il Governo Renzi, con il Ministro Padoan, per quanto riguarda economia e finanze, e il Ministero della pubblica amministrazione. Per non parlare dell'inadempienza ad oggi, per quanto mi riguarda, della RAI.
  Le comunico, signor Presidente, che provvederò a presentare denuncia presso la Corte dei conti e denuncia presso tutte le altre istanze, compresa la magistratura ordinaria, nei confronti del Presidente del Consiglio, nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze e degli altri Ministri competenti, in quanto siamo di fronte al venir meno agli impegni di legge, dopo quattro interpellanze urgenti, con un insulto e un'offesa, a questo riguardo, al Parlamento, a quest'Aula.
  Il tutto per nascondere o per non pubblicare o per non rendere trasparenti i dati sul personale complessivo ed individuale di una concessionaria pubblica di enorme rilevanza quale è la RAI. Questo è un fatto gravissimo, e anche l'incidente di oggi sta a significare come il Governo ovviamente non tenga in nessuna considerazione i suoi obblighi in tema di valutazioni ispettive da parte di questa Camera, ma soprattutto come il Governo, nonostante le reiterate affermazioni del Presidente Renzi, non intenda procedere sulla via della trasparenza.
  Se questa Aula nulla può nei confronti dell'arroganza e della protervia ministeriale e della RAI, speriamo che possa rispondere alla magistratura. C’è un Tribunale dei ministri, c’è la Corte dei conti, la magistratura contabile, un giudice a Berlino si troverà.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, è ovvio che domando scusa per il ritardo della risposta che poi ha comportato una piccola sospensione però vi assicuro che, sia in Aula che nelle singole Commissioni, il Governo ci tiene a mantenere vivo questo momento parlamentare, anche perché l'oggetto dell'interpellanza va anche incontro a questa esigenza.
  L'interpellante, onorevole Brunetta, chiede se sono stati rispettati gli obblighi di legge sull'attività della RAI. Al riguardo, premesso che l'interpellanza in questione fa seguito alle interpellanze, sono diverse, n.2-00353, n. 2-00400 e n. 2-00434 di analogo contenuto, svolte rispettivamente in data 10 gennaio, 13 febbraio e 7 marzo 2014, si fa presente che con nota del 27 marzo 2014 indirizzata al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, la RAI S.p.A. ha trasmesso le informazioni richieste secondo le procedure già definite, delle quali si è riferito in occasione dello svolgimento dei precedenti atti di sindacato ispettivo.
  Pertanto, si ritiene che la RAI S.p.A. abbia ottemperato agli obblighi di legge prescritti dal comma 3, dell'articolo 60 del D.Lgs. n. 165 del 2001 come sostituito dall'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 101 del 2013, convertito, con modificazioni, nella legge 30 ottobre 2013, n. 125, inerente il monitoraggio del costo del lavoro.
  Con riferimento, poi, alla richiesta inoltrata al Garante per la protezione dei dati personali in ordine alle modalità di attuazione del citato articolo 60, comma 3, con particolare riferimento alla possibilità che i dati in questione siano raccolti e trattati nominativamente e per singolo rapporto e che gli stessi siano successivamente pubblicati nella stessa forma con cui sono stati raccolti, si comunica che in data 27 marzo 2014, è pervenuto il parere in questione, Pag. 14ampiamente motivato, la cui conclusione, è che appaia preferibile che oggetto di comunicazione ai sensi del citato articolo 60, comma 3, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, siano informazioni relative al costo annuo del personale rese anche in forma non nominativa e eventualmente per tipologia contrattuale o classi stipendiali.

  PRESIDENTE. Grazie sottosegretario Alfano. Mi permetta, la Presidenza la ringrazia per la disponibilità dimostrata però ha anche il dovere di stigmatizzare quanto è accaduto perché al di là degli impedimenti che pure possono accadere per qualsiasi componente del Governo, e anche per qualsiasi parlamentare in quest'Aula, il Governo ha comunque sempre il dovere di garantire risposte puntuali e certe con tempi certi all'Aula di Montecitorio. Quindi, nel ringraziarla, la Presidenza comunque stigmatizza l'accaduto.
  L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  RENATO BRUNETTA. Sono assolutamente insoddisfatto, signor Presidente, siamo veramente alla presa per i fondelli, nel senso che il Governo risponde che ha ricevuto una risposta dalla RAI il 27 con i dati come previsti dalla legge, salvo che, nella stessa giornata, guarda caso, ha ricevuto anche una comunicazione da parte dell’Authority per la privacy, in cui si contravveniva, con il suddetto parere, alle disposizioni di legge. Perché, mentre la disposizione di legge riguardava i dati – sintetizziamo – macro e micro, vale a dire macrocomplessivi, per categoria, e via seguitando, ma con particolare riferimento alle singole posizioni individuali e nominative, e questa era la disposizione di legge, tra l'altro coerente con precedenti delibere dell'Autorità per la privacy, in quest'altra sincronica delibera dell'Autorità per la privacy si diceva – apprendo – che non si deve rispettare la legge, ma che i dati devono essere anonimi e macro, vale a dire per categorie e per categorie contrattuali.
  Questa mi sembra una violenza, un vulnus inaccettabile. Può l’Authority per la privacy, in questa maniera, in extremis, disconoscere un dettato di legge che è specifico e puntuale ? Questo è inaccettabile anche perché nella linea dell’Authority per la privacy questo stesso tema era stato ampiamente trattato e c'era stata la liberatoria di legge a trattare questi dati, come tra l'altro vengono trattati complessivamente e individualmente dalle disposizioni della legge sulla trasparenza della pubblica amministrazione, naturalmente per quegli enti che l'hanno pubblicato, per cui se noi andiamo a guardare rispetto ai singoli Ministeri, troveremo le posizioni individuali, personali, con le posizioni stipendiali di tutti i pubblici funzionari.
  Serviva una normativa aggiuntiva per quanto riguarda la concessionaria; questa normativa è intervenuta con il decreto-legge convertito in ottobre, il quale applicava anche alla RAI quanto è già previsto per il resto dei pubblici funzionari. Ora il Governo ci comunica, in maniera anomala e sinceramente offensiva, che il Garante della privacy, il giorno 27, discostandosi dalle precedenti delibere, ma anche discostandosi dalla normativa esistente, solo per la RAI individua la non pubblicabilità nominativa e individuale.
  Questo è inaccettabile, questo è un vero e proprio attentato al rispetto delle leggi. Evidentemente il Governo Renzi, il sottosegretario Delrio e il Ministro Padoan si rendono complici di un occultamento intenzionale di informazioni, contravvenendo alla legge. Di questo si fa complice anche l’Authority per la privacy e su questo ricominceremo una battaglia, sui mezzi di comunicazione di massa, spiegando quello che sta succedendo in questo nostro Paese. Altro che trasparenza, Presidente Renzi, a partire dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, che non ha ancora pubblicato i dati previsti dalla legge ! Altro che trasparenza, Presidente Renzi, per quanto riguarda la RAI: qui siamo all'occultamento dei dati. Questo è inaccettabile, questo è suscettibile, ovviamente, oltre che di sanzione politica, di sanzione amministrativa, e per questo mi sono già rivolto alla Corte dei conti, e di sanzione da parte della magistratura.

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(Iniziative normative volte a rivedere i criteri e le modalità di assegnazione della cosiddetta social card e a destinare le risorse non erogate dai comuni interessati per contrastare la povertà – n. 2-00472)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Quartapelle Procopio n. 2-00472, concernente iniziative normative volte a rivedere i criteri e le modalità di assegnazione della cosiddetta social card e a destinare le risorse non erogate dai comuni interessati per contrastare la povertà (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Quartapelle Procopio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
  Prima di darle la parola, mi permetta di salutare gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo «San Pancrazio Salentino», di Brindisi, e gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo «Regina Margherita», di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Prego, onorevole Quartapelle Procopio.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, con la legge di stabilità 2014, il Governo ha confermato per l'anno in corso la misura della social card, sia quella ordinaria che quella straordinaria. In particolare, la social card straordinaria, introdotta nel 2013, con il decreto-legge n. 5, con uno stanziamento di 50 milioni di euro e resa attuativa con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nei dodici comuni con più di 250 mila abitanti, è un sostegno subordinato al reinserimento lavorativo di chi ne usufruisce.
  Come funziona ? Coloro ai quali è stato riconosciuto il diritto dall'INPS di poter usufruire della social card riceveranno una comunicazione da Poste Italiane per ritirare la carta, sulla quale saranno accreditati, bimensilmente, da 200 a 400 euro per un anno. L'INPS, sulla base delle indicazioni fornite dal Governo, ha escluso dal diritto di poter usufruire della social card coloro che hanno perso il lavoro nei 36 mesi precedenti la domanda e coloro che hanno oltre 4 mila euro di reddito complessivo nei sei mesi precedenti la domanda.
  Secondo i dati diffusi dal comune di Milano, su 1.738 domande presentate nel capoluogo lombardo nel 2013, l'INPS ne ha accolte soltanto 666: praticamente, una su tre. Quasi mille domande non hanno i requisiti, mentre 104 risultano in sospeso. Questo, nonostante anche a Milano sia forte la crisi. Secondo i dati della Caritas Ambrosiana, la povertà è aumentata, anche nel 2013, del 30 per cento e numerose sono le persone in situazioni di grande difficoltà economica e sociale.
  I criteri di individuazione della soglia di povertà stabiliti per poter usufruire della social card si sono rivelati troppo stringenti e così molte famiglie, pur in condizioni di serissimo disagio economico, non vedono riconosciuta la propria condizione di precarietà. Questo significa che le risorse non sono state tutte utilizzate. Ad esempio, per Milano, su 5,4 milioni di euro che sarebbero destinati al capoluogo lombardo, almeno 3 milioni resteranno inutilizzati. Anche nelle altre città in cui è stata avviata la sperimentazione, la richiesta è stata inferiore alle aspettative, non certo perché non esista una reale esigenza, ma per la rigidità dei criteri e la farraginosità della procedura.
  Noi chiediamo al Governo se non ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa, da un lato, per rivedere i criteri per l'accesso alla social card sperimentale e, dall'altro, per prevedere che i comuni interessati alla sperimentazione destinino la parte delle risorse già previste e non erogate per iniziative volte a contrastare il disagio sociale e la povertà, soprattutto in un momento come questo in cui, appunto, i fondi per le politiche di contrasto alla povertà non sono stati certo aumentati e i comuni non hanno risorse proprie da destinare a questo fine.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, ha facoltà di rispondere.

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  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei scusarmi per l'inconveniente precedente, ahimè, non dovuto assolutamente alla mia volontà, ma ad una situazione che mi ha costretto – tra virgolette – ad arrivare in ritardo. Mi dispiace di aver creato una qualche difficoltà per l'interpellanza precedente.
  L'onorevole Quartapelle Procopio – con l'atto parlamentare che passo ad illustrare – richiama l'attenzione del Governo sull'opportunità di un'iniziativa normativa volta ad una revisione dei criteri per l'accesso alla social card sperimentale.
  Al riguardo, occorre ricordare, in via preliminare, che l'articolo 60 del decreto-legge n. 5 del 2012 ha previsto l'avvio di una fase di sperimentazione nei comuni con più di 250 mila abitanti, volta a favorire la diffusione della «carta acquisti» – istituita con il decreto-legge n. 112 del 2008 – tra le fasce di popolazione in condizione di maggior bisogno. Ciò, anche al fine di valutarne la possibile generalizzazione quale strumento di contrasto alla povertà assoluta, caratterizzato dalla predisposizione, unitamente al sostegno economico, di un piano personalizzato volto al reinserimento lavorativo e alla più generale inclusione sociale dell'intero nucleo familiare.
  Con successivo decreto del 10 gennaio 2013, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – ha individuato, tra l'altro, l'ammontare delle disponibilità delle singole «carte acquisti», nonché i criteri di identificazione dei beneficiari, le caratteristiche del progetto personalizzato di presa in carico e la decorrenza della sperimentazione medesima. Tale decreto ha, inoltre, individuato nell'INPS il soggetto attuatore della social card.
  Tanto premesso, tengo a precisare che, nella fase di definizione dei criteri di individuazione della platea dei beneficiari, si è rilevato che il numero di persone in possesso dei requisiti economici stabiliti, con almeno un minore a carico, era dieci volte maggiore del numero delle richieste che si sarebbe potuto accogliere sulla base delle risorse messe a disposizione, pari a 50 milioni di euro. Tale evidenza ha determinato la necessità di introdurre ulteriori criteri selettivi, la cui adozione è stata condivisa nel corso di tavoli di confronto a cui hanno preso parte il Ministero che rappresento, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'INPS e i dodici comuni inizialmente interessati dalla sperimentazione.
  Nella fase di determinazione di tali ulteriori criteri, si è tenuto conto delle false aspettative che si sarebbero potute ingenerare tra i potenziali beneficiari, i quali – una volta entrati in graduatoria – non avrebbero potuto avere accesso al beneficio a causa delle limitate risorse disponibili.
  Faccio presente, tuttavia, che il Ministero che rappresento – ai fini della successiva estensione della sperimentazione alle regioni del Mezzogiorno, prima, e all'intero territorio nazionale, poi – sottoporrà ad apposita valutazione l'efficacia dell'integrazione del sussidio economico con servizi a sostegno dell'inclusione attiva nel favorire il superamento della condizione di bisogno, considerata la natura sperimentale dell'iniziativa.
  Da ultimo, con riferimento a quanto altresì rilevato dall'onorevole interpellante nel presente atto parlamentare, tengo a precisare che è intenzione del Ministero che rappresento lasciare nella disponibilità dei comuni – per le medesime finalità – la parte di risorse già assegnate e non utilizzate.

  PRESIDENTE. L'onorevole Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta e mi dichiaro soddisfatta, in particolare per la risposta alla seconda parte della domanda, ossia l'intenzione del Governo di lasciare ai dodici comuni sperimentali le risorse non spese per iniziative volte al medesimo obiettivo. Pag. 17Al tempo stesso, ci dichiariamo disponibili come forza parlamentare e anche per le amministrazioni controllate dal Partito Democratico a ridiscutere i criteri o, comunque, la misura, perché, nel momento in cui c’è una richiesta così superiore alle risorse disponibili, probabilmente qualcosa va sistemato.

(Iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali della Benetton Group – n. 2-00479)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nardi n. 2-00479, concernente iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali della Benetton Group (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Nardi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARTINA NARDI. Signor Presidente, vorrei avere una spiegazione dal Governo riguardo alla famiglia Benetton, una famiglia importante in questo Paese, una famiglia che, dagli anni Sessanta, ha rappresentando un colosso nel campo dell'abbigliamento e che ha radicato la sua presenza quasi in tutto il Paese. Ovunque, nei nostri centri urbani sono presenti negozi con i marchi Benetton e Sisley che, quindi, fanno parte anche del patrimonio dei nostri centri urbani, e si sa che la riqualificazione, la qualità degli stessi è data dalla presenza dei negozi che vi sono.
  Quindi, il togliere, il chiudere questi centri così come Benetton intende fare riorganizzando il suo investimento in questo settore, cioè nel settore dell'abbigliamento, attraverso la costruzione di grandi magastore con una presenza solo nei grandi centri urbani e abbandonando le piccole e medie realtà italiane, chiama in causa anche una questione che ha a che fare non solo con i lavoratori e le lavoratrici, ma con l'intera comunità delle nostre piccole e medie città.
  Decido in qualche modo di partire da qui, cioè da un aspetto quasi estetico, se volete, cioè di come sono fatti i nostri centri, perché l'impoverimento delle nostre città dipende anche dalla qualità o dalla non qualità degli insediamenti commerciali che sono presenti. E questo è un dato che, ripeto, non attiene solo ed esclusivamente alla decisione di un gruppo, ma attiene sostanzialmente anche all'idea che noi abbiamo delle nostre città. Infatti, la scelta del gruppo Benetton, lo voglio far presente al Governo, e quindi dei marchi Benetton, Sisley, Playlife e tutti gli altri, cambierà anche il volto della nostre città, molto probabilmente impoverendole e rendendo molto più difficile quella ripresa che tutti quanti ci auspichiamo dovrà avvenire.
  A Benetton, che non è un gruppo come un altro, è stato consentito negli anni – e permettetemi, ancora in maniera non perfettamente chiara – di diventare concessionario di quello che io chiamerei un biglietto vincente della lotteria; cioè, sostanzialmente avere la possibilità di diventare concessionario di autostrade.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 10,55).

  MARTINA NARDI. Oggi in Italia il gruppo Benetton gestisce 3.400 chilometri di autostrade e ha fatturati da favola; quasi tutti gli anni abbiamo assistito a un incremento della tariffa e quindi in qualche modo ha la possibilità di guadagnare anche se calavano i passaggi autostradali. Penso sia l'unica situazione nella quale viene garantita una rendita indipendentemente dalla qualità che si mette in campo. Vorrei ricordare, a tal proposito, che il gruppo Benetton aveva promesso anni fa investimenti sfavillanti, mi sembra di 21 miliardi di euro, cifra dalla quale, ad oggi, a distanza di qualche anno, siamo ancora ben lontani rispetto agli investimenti effettuati; anzi, direi molto, molto lontani. Faccio presente che al gruppo Benetton è stato consentito da questo Paese, dai Governi che si sono succeduti, non solo di diventare appunto concessionario di autostrade – e permettetemi, così sono tutti buoni a fare gli imprenditori, perché questo, Pag. 18ripeto, è un biglietto vincente della lotteria – ma anche di diventare comproprietario delle grandi stazioni ferroviarie, anche queste con fatturati importanti e con guadagni rilevanti.
  Tutto questo chiama in causa il fatto che il gruppo Benetton non è un gruppo qualunque, ma è un gruppo che ha diversi contratti con lo Stato, non solo perché è anche comproprietario di una piccola quota di Alitalia; diciamo così: i suoi investimenti nel campo delle relazioni con lo Stato sono ingenti e rilevanti. Quindi, io penso che in un Paese normale, in un Paese civile, quando uno fa un contratto viene anche normale pensare che in qualche modo garantisca il fatto che ci siano livelli occupazionali adeguati, cosa che non viene fatta per autostrade; ma questa è un'altra partita, tant’è vero che, la nascita di tutti i Telepass lo dimostra, sostanzialmente c’è una diminuzione anche lì della presenza degli uomini e delle donne lavoratrici e lavoratori.
  Oggi, però, ci concentriamo sulla questione dei negozi, cioè della chiusura annunciata e il licenziamento di 450 persone. In una prima tranche ne sono già state licenziate più di 200 (206, per l'esattezza), però questo processo, che è un processo che Benetton ha messo in campo, porterà quasi ad un migliaio di persone licenziate e, come dicevo all'inizio – ecco, voglio concludere come ho iniziato –, a un impoverimento reale del nostro Paese e dei nostri tessuti urbani; cosa che, ripeto, renderà molto, molto più complessa la ripresa, perché si sa che il commercio fa qualità, e la qualità porta anche la possibilità di una prospettiva di una ripresa.
  Ora, questa è la domanda che io pongo al Governo: è possibile che un gruppo che comunque, nonostante una serie di investimenti, di investimenti importanti che lo Stato ha fatto su di esso, perché comunque ha dato fiducia allo stesso, dandogli concessioni importantissime, possa permettersi, senza colpo ferire, di venir meno a degli impegni che sono degli impegni di presenza ? Faccio ulteriormente presente che fino a qualche anno fa i fatturati di Benetton, anche della rete commerciale, erano molto rilevanti e, a causa della crisi che però è da due anni – basta vedere i bilanci – registrano un calo, una flessione. Ma allora, noi abbiamo creduto in Benetton, questo Paese ha creduto in Benetton, gli ha dato le nostre concessioni, gli ha dato la possibilità di avere una rendita e dall'altra parte, alla prima difficoltà – che è una difficoltà momentanea e che chiama anche in causa gli errori fatti da questo gruppo in campo internazionale, quindi l'indebitamento, grandissimo, che risulta dai bilanci di Benetton di certo non dipende da tutte le cose che ho elencato ora, ma da tante altre cose che avvengono in questo Paese – è possibile che tutto questo lo paghino i lavoratori e le lavoratrici, e lo paghino le nostre città, impoverendole e togliendo ad esse la possibilità di una ripartenza anche dal punto di vista commerciale ?
  Questa è la domanda, io penso che un Paese normale si siede intorno al tavolo con un gruppo come Benetton e in qualche modo, così come ha fatto un contratto rispetto alle concessioni, chiede delle garanzie occupazionali e di presenza scommettendo sul Paese, scommettendo sulla ripresa di questo Paese, perché non è tollerabile che a pagare gli errori di questa azienda in campo internazionale e la flessione dovuta alla crisi siano i lavoratori e le lavoratrici, i commessi e le commesse di Benetton group, così come quelli di Autogrill, Autogrill che ha fatto fino al 2009 e al 2010 milioni di guadagni – milioni – per una flessione di due anni dovuta al passaggio inferiore nelle autostrade di questo Paese dato dalla crisi, dall'aumento della benzina e da tutto quello che sappiamo, sostanzialmente cosa fa ? Decide di chiudere e di «dimagrire» il personale. Anche qui, a pochi passi da noi, di fronte al Parlamento c’è un negozio Autogrill che chiuderà e che manderà a casa 70 persone, io penso che questo, in un Paese normale, non è tollerabile. Se si chiede o se si dà a qualcuno, come è stata data al gruppo Benetton, la possibilità di credere in esso, questo soggetto deve credere in questo Paese, deve credere nella ripresa di questo Paese. Io penso che il Governo Pag. 19abbia tutte le leve, se vuole, per costruire i passaggi che dicevo, ha tutte le leve anche per aiutarli in un momento di difficoltà – come ad esempio i contratti di solidarietà, come faccio presente ed ho specificato nell'interpellanza – quindi chiedo al Governo di prendere una posizione chiara e di andare in una direzione che può voler dire, come dicevo, una possibilità della ripresa del nostro Paese, che passa anche per il non abbandono delle attività commerciale che chiama in causa direttamente la possibilità e la scommessa sul fatto che questo Paese ce la possa fare.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, saluto gli alunni ed i docenti di tre istituti, gli istituti di istruzione superiore Domenico Cotugno, Leonardo da Vinci e Ottavio Colecchi de L'Aquila, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune e che sono qui, peraltro, perché assisteranno nel pomeriggio al concerto per L'Aquila dei cameristi dell'Orchestra sinfonica abruzzese (Applausi). In Aula c’è la presenza solo di pochi deputati perché siamo nella fase dello svolgimento delle interpellanze urgenti e quindi, oltre al Governo che risponde, sono presenti i deputati che presentano le loro interpellanze.
  Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, passo ad illustrare l'atto parlamentare dell'onorevole Nardi, inerente alla situazione produttiva ed occupazionale della Benetton group, nota azienda italiana operante nel settore dell'abbigliamento, avente sede legale ed unità produttiva in Ponzano Veneto ed altra unità produttiva in Castrette di Villorba.
  Al riguardo, è opportuno ricordare, in via preliminare, che il 24 maggio del 2012 la Benetton group ha sottoscritto con le rappresentanze sindacali dei lavoratori un accordo che ha previsto il ricorso – ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 863 del 1984 – al contratto di solidarietà di «tipo difensivo», al fine di assorbire gli esuberi determinati dalla grave crisi di mercato e scongiurare, in tal modo, il licenziamento collettivo per riduzione di personale. Conseguentemente, con decreto ministeriale del 18 ottobre 2012, i competenti uffici del Ministero che rappresento hanno provveduto ad autorizzare la concessione del trattamento di integrazione salariale in favore delle undici unità lavorative, per il periodo dal 4 giugno 2012 al 3 giugno 2013.
  Nel corso di diversi incontri, le parti hanno convenuto sull'esigenza di rilanciare il modello di business del gruppo Benetton in modo da allargare la sua presenza sui mercati, ridurre le tempistiche di progettazione e rendere sempre più efficace il processo industriale e distributivo.
  Il gruppo ha, pertanto, avviato un piano di trasformazione del proprio business model al fine di tornare ad essere competitivo nel lungo termine e di dare solidità al progetto di rilancio. L'attuazione del predetto piano ha tuttavia determinato un'ulteriore eccedenza di personale con il conseguente rischio di licenziamenti. In tale contesto, il 3 giugno dello scorso anno, le parti hanno proceduto alla stipula di un nuovo contratto di solidarietà che ha stabilito, per 12 mesi, a decorrere dal 4 giugno, la riduzione massima dell'orario di lavoro previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento nei confronti di un numero massimo di 91 lavoratori, su un organico complessivo pari a 306 dipendenti in forza nelle sedi di Ponzano Veneto e Castrette di Villorba. Conseguentemente, con decreto direttoriale del 24 dicembre 2013, il competente ufficio del Ministero che rappresento ha provveduto ad autorizzare la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale nei limiti del predetto numero di lavoratori, relativamente al periodo dal 4 giugno 2013 al 3 giugno 2014.
  Tanto premesso, con riferimento al primo quesito posto dall'onorevole interpellante, non posso che assicurare la massima disponibilità del Ministero che rappresento Pag. 20e del Ministero dello sviluppo economico ad avviare un confronto, laddove ciò venga espressamente richiesto, con tutte le parti coinvolte, al fine di individuare le soluzioni più idonee alla tutela delle prospettive produttive dall'azienda e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, tenuto conto anche degli strumenti di tutela finora attivati e di quelli in corso di attivazione.
  Riguardo, invece, al secondo quesito, relativo all'ammontare del trattamento di integrazione salariale conseguente alla stipula del contratto di solidarietà, faccio presente che la legge di stabilità per il 2014 – recentemente approvata dal Parlamento – ha stabilito un aumento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale originariamente previsto. Tale trattamento viene, pertanto, elevato dal 60 per cento – come sarebbe risultato nel caso di mancata approvazione della disposizione e dopo la scadenza del regime transitorio da ultimo prorogato dalla legge di stabilità per il 2013 – al 70 per cento. L'esigenza di ampliare quanto più possibile la platea dei beneficiari del trattamento integrativo, riducendone in parte l'ammontare, ed il limite imposto dagli attuali stringenti vincoli di bilancio – che hanno consentito comunque di reperire 50 milioni di euro per il corrente anno – hanno indotto il legislatore a circoscrivere la misura dell'intervento alla predetta percentuale.
  Inoltre, faccio presente che il Ministero che rappresento – a riprova dell'attenzione riservata alla tematica dei contratti di solidarietà – ha avviato un'attenta riflessione volta principalmente a limitarne gli effetti potenzialmente distorsivi e penalizzanti nei confronti dei percettori di redditi più bassi. Ed infatti, pur non sottacendo le gravi condizioni nel cui ambito matura la stipula dei contratti di solidarietà, occorre considerare che l'assenza di massimali e i particolari benefici fiscali connessi all'istituto consentono in molti casi ai lavoratori interessati di recuperare una parte estremamente significativa del reddito anteriore alla riduzione di orario.
  Da ultimo, segnalo che il Governo, proprio al fine di favorire il ricorso ai contratti di solidarietà, in considerazione dell'attuale crisi occupazionale con il decreto-legge n. 34 del 2014, attualmente all'esame di questa Camera, ha destinato a tali finalità l'importo complessivo di 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti del liceo delle scienze umane «Benedetto Croce» di Avezzano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  L'onorevole Nardi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARTINA NARDI. Signor Presidente, non sono molto soddisfatta. In primo luogo, perché che le unità produttive stiano in questo Paese mi scappa un po’ da ridere, per non dire da piangere, visto il dramma umano che tutto il mondo ha conosciuto, ad esempio con quella che è stata la più grande catastrofe mondiale mai successa, che si chiama Rana Plaza, cioè il Bangladesh, dove si è scoperto l'anno scorso – perché ormai è quasi un anno, se non sbaglio, era il 27 aprile o giù di lì – che marchi importanti come Benetton – e tutte le trasmissioni televisive lo hanno trasmesso – producevano in quei lager che oggi sono chiamate fabbriche dei bambini, perché ci lavorano i bambini, senza nessun tipo di tutela da nessun punto di vista. Tant’è vero che, se sono morte così tante persone, lo si deve al fatto, purtroppo, che le porte erano chiuse e, quindi, le persone durante il crollo non potevano uscire e sono rimaste soffocate, e quella è diventata la più grande tomba del pianeta rispetto al mondo del lavoro. Quindi, sul fatto che Benetton produca in questo Paese, come dire, direi che abbiamo più di un sospetto, più di un sospetto.
  E nonostante ciò, anche questo gli è stato consentito, anche questo gli è stato consentito. Quindi Benetton non è più quella faccia buona rappresentata dai manifesti Pag. 21pubblicitari che Oliviero Toscani ci ha regalato nel corso dei vent'anni precedenti a questo. Non è più quell'idea dell'imprenditoria italiana capace, ma è diventata ben altro, e tutto questo gli è stato consentito.
  Vede, io oggi ho indossato una camicia Sisley-Benetton, che purtroppo è fatta in Bangladesh. Mi si dice: perché non vende più ? Lo faccio vedere perché. La prego di girarsi, guardi perché: perché le camicie Benetton e Sisley hanno tutte questo difetto, che dopo la prima volta che le lavi si sfaldano, perché sono fatte in Bangladesh, perché sono fatte non solo da manodopera con diverse e oggettive carenze non solo per l'età, ma anche e soprattutto per qualità e tessuti.
  Quindi, se non vende, il problema sarà un po’ suo, cioè per il fatto di come produce; e questi sono i risultati, e lo possono verificare tutte le donne e tutti gli uomini italiani che entrano in questi negozi e che lavano e stirano le proprie camicie. Questo è quello che avviene oggi.
  Tutto questo gli è stato consentito. Lo ripeto perché, vede sottosegretario, lei mi dice che comunque c’è un tavolo presso il Ministero. Ce n’è più di uno di tavoli presso il Ministero. E, infatti, non è un caso che lei mi ha citato 11 unità su 206 già licenziate e su 450 annunciate e su una prospettiva (anche se parlano in inglese è uguale: ormai riusciamo a capirlo ugualmente che cosa vogliono dire tutte le terminologie inglesi di cui sono farciti i documenti del gruppo Benetton) che vuole dire licenziamento.
  Hanno fatto una scelta, che è quella di uscire sostanzialmente dal mercato del commercio diffuso sul territorio. Vogliono fare concorrenza a marchi come Zara che – le faccio presente, perché bisognerebbe occuparsi anche di questo – cuce nelle navi per risparmiare tempo e per dare un prezzo ad un prodotto che vende nel nostro Paese. Questa camicia a loro costa 2 euro e 50 e a me è costata 50 euro.
  Questo è il valore che, in qualche modo, perlomeno ad oggi, dava la possibilità, nel nostro Paese, di avere migliaia e migliaia di lavoratori: il gruppo Benetton, di cui fanno parte tutti i marchi che ho citato prima, anche nel gruppo Autogrill, sostanzialmente dava lavoro a tante persone. Quindi, posso anche capire, non lo comprendo, però posso anche capire che un Governo chiuda gli occhi, le orecchie, il naso, che non veda i bambini, che non veda il disastro. Lo posso capire, ma oggi non lo capisco più; oggi non lo capisco più perché noi abbiamo regalato un biglietto, un «gratta e vinci» vincente, da milioni di euro, a persone che decidono di disinvestire. Lo hanno già fatto con la produzione, e glielo abbiamo consentito. Oggi, però, non penso sia più tollerabile rispetto alla rete commerciale, perché, lo ripeto, quando chiudono i negozi nei piccoli e medi centri e aprono i megastore a Milano e a Roma, occorre considerare che di Milano, Roma e Napoli ve ne sono poche.
  Il nostro tessuto italiano, lo sappiamo tutti quanti, è fatto da piccole e medie città, che, se perdono punti vendita, perdono lavoro, ed è impossibile ricollocare quei lavoratori, da una parte, ma soprattutto si impoveriscono le nostre città. Io glielo voglio chiedere: voi avete scommesso, questo Governo ha scommesso sulla ripresa del Paese, ma non è possibile in presenza di una crisi, che, ripeto, è una crisi dovuta a loro, alla loro qualità, alla loro idea di avere investito sulla rendita.
  Volendo fare quel tipo di processo, si decide di disinvestire, sostanzialmente, sul mondo del lavoro. Questo non è possibile, perché va a impoverire. Lo ripeto, voi avete scommesso sulla ripresa: la ripresa non sarà possibile nelle nostre città, se non vi sarà anche un tessuto urbano pronto ad accoglierla.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti della Direzione didattica 1o circolo di Rosignano Solvay, in provincia di Livorno, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

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(Chiarimenti in merito ai livelli di produzione della centrale Enel «Pietro Vannucci» di Gualdo Cattaneo (Perugia) e alla mancata chiamata in servizio da parte del Gestore dei servizi energetici – n. 2-00471)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano e Rabino n. 2-00471, concernente chiarimenti in merito ai livelli di produzione della centrale Enel «Pietro Vannucci» di Gualdo Cattaneo (Perugia) e alla mancata chiamata in servizio da parte del Gestore dei servizi energetici (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, intendo illustrarla. Buongiorno, sottosegretario De Vincenti.
  L'interpellanza riguarda la centrale Enel «Pietro Vannucci» di Bastardo, che si trova nel comune di Gualdo Cattaneo e che ha una potenza complessiva di 150 megawatt. È stata costruita nel 1958 e ha una lunga storia: nel 1989-1990 l'impianto fu modernizzato e trasformato in un impianto a carbone, combustibile che tuttora viene utilizzato per l'alimentazione. Alla fine degli anni Novanta, a seguito della disponibilità di nuove tecnologie, è stata ulteriormente migliorata sia nel rendimento specifico dell'impianto sia nelle emissioni ambientali.
  Tutto il processo di trasporto è stato oggetto di verifica e di certificazione ambientale e dal marzo 2003 la centrale è tecnicamente ambientalizzata con certificazione EMAS e possiede la certificazione ISO 9001. L'impianto, inoltre, offre elevate garanzie sull'impatto ambientale, poiché, oltre ai controlli chimici delle acque, dal 1997 è attivo un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni.
  Nei territori dei comuni di Gualdo Cattaneo e Giano dell'Umbria sono presenti quattro stazioni di rilevamento della qualità dell'aria per valutarne il valore. La situazione è pienamente tranquillizzante: le analisi confermano la buona qualità dell'aria e che l'impianto opera nel pieno rispetto delle disposizioni che sono previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Anche in questi ultimi anni, l'azienda si è attivata per far sì che l'impianto mantenesse le sue funzionalità operative, recependo continuamente tutte le normative volte al continuo miglioramento e al rispetto ambientale. La centrale è ritenuta dalla giunta regionale dell'Umbria un sito di interesse strategico sia per collocazione che per qualità produttiva; infatti, alcuni anni fa, ha approvato il nuovo piano energetico regionale evidenziandola con un passaggio particolare e specifico. Nel 2009, al fine del rilascio dell'AIA, autorizzazione integrata ambientale, è stato messo in atto un progetto di miglioramento ambientale che ha permesso di ottenere tale importante certificazione.
  Il sistema di funzionamento dell'impianto fino a qualche tempo fa era pressoché ininterrotto, vista la sua alta affidabilità, il suo basso costo di esercizio e la sua importanza per il mantenimento dell'equilibrio della rete.
  Da tempo questo impianto si è assoggettato al nuovo sistema imposto dal Gestore dei servizi energetici (GSE), il quale chiama in servizio gli impianti che offrono la loro produzione a prezzi più bassi.
  Questo nuovo sistema di gestione prevedeva in una fase iniziale pochi giorni di funzionamento all'anno, ma, di fatto, successivamente, grazie al basso costo di esercizio e a fronte di una discreta richiesta del mercato dell'energia elettrica e del suo prezzo, il funzionamento dei gruppi è stato quasi continuativo.
  Attualmente, l'impianto non viene utilizzato a piena capacità e una delle due unità produttive viene tenuta spenta, ufficialmente per mancanza di richiesta di energia, ma in realtà sembrerebbe a causa della mancanza di scorta di carbone disponibile.
  Visto il trend di funzionamento e dato che a tutt'oggi il prezzo dell'energia e le richieste non hanno subito flessioni, chiediamo per quali motivi non si è provveduto Pag. 23a effettuare gli ordini di carbone necessari e perché nei siti di stoccaggio dell'impianto non è presente «la scorta strategica prevista», che dovrebbe garantire almeno venti giorni di funzionamento a pieno regime dei due gruppi.
  Chiediamo se non sia opportuno verificare se le modalità di chiamata in servizio dei vari impianti produttivi da parte del Gestore dei servizi energetici rispondano effettivamente alle disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, il quale si ispira a criteri di libero mercato.
  Chiediamo, inoltre, quali siano i motivi per cui recentemente, nonostante l'economicità e la certificazione dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ottenuta, l'impianto Enel «Pietro Vannucci», in presenza di un elevato costo del megawattora nel mercato elettrico, non sia stato chiamato in servizio.
  Sempre in ambito di regime di libero mercato, dal momento che nell'impianto in questione diverse aziende prestano la loro attività di manutenzione o di fornitura di materiali o servizi e da un'analisi statistica emerge una frequente concomitanza di appartenenza geografica tra le sedi dove si formulano le gare di appalto e le ditte che se lo aggiudicano, chiediamo quale sia la valutazione in verifica, quanto ciò penalizzi questo impianto, l'indotto e il territorio locale, nonché quanto questo possa influire sull'andamento del mercato elettrico e sul costo del megawattora finale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la centrale «Pietro Vannucci» – sita in località Bastardo, in comune di Gualdo Cattaneo (Perugia) – è costituita da 2 unità a carbone, come ricordava l'onorevole Galgano, da 75 megawatt ciascuna, messe in servizio nel 1967 e rappresenta una delle centrali di minor taglia dell'area carbone di Enel Produzione Spa. Presenta, inoltre, la peculiarità di essere collocata nell'entroterra umbro ad una distanza di circa 150 km dal porto di Ancona, luogo in cui sono ricevute le navi carboniere, richiedendo quindi un complesso sistema intermodale di trasferimento del combustibile.
  L'attività di trasmissione di energia elettrica nel Paese è svolta dal gestore di rete Terna, come noto, che ha anche la responsabilità della sicurezza della rete elettrica. Per tali ragioni, Terna si avvale di alcuni impianti, definiti «essenziali», i quali sono soggetti ad una forma di regolazione particolare, proprio in virtù della loro necessaria presenza in servizio ai fini della sicurezza della rete.
  Fino al 2010, la centrale «Pietro Vannucci» è stata definita essenziale, ai fini della stabilità e sicurezza del sistema elettrico nazionale. I miglioramenti intervenuti sulla rete elettrica hanno consentito, dall'inizio del 2012, di escludere la centrale da tale categoria di essenzialità.
  Di immediata conseguenza, la possibilità di utilizzo della centrale è stata assoggettata alle logiche del mercato elettrico, regolato dal principio per cui gli impianti sono chiamati in esercizio secondo la maggiore economicità dell'offerta.
  Com’è noto, in ciascuna ora dell'anno i mercati dell'energia si basano sull'incontro tra la domanda e l'offerta, secondo un sistema di asta inversa noto come «system marginal price». Vengono, quindi, chiamati in servizio gli impianti la cui energia è offerta ai prezzi più competitivi, fino al raggiungimento del punto di equilibrio con la domanda ed escludendo, pertanto, le centrali che hanno offerto energia a prezzi superiori a quello di equilibrio.
  Vi è poi il mercato dei servizi di dispacciamento, che comprende la contrattazione di diversi servizi necessari alla gestione in sicurezza del sistema elettrico. In entrambe le tipologie di mercato il Governo non ha alcun ruolo nel determinare prezzi e quantità offerti ed accettati, né nell'orientare il complesso di decisioni Pag. 24che portano ciascun produttore, compresa ENEL, a determinare le proprie strategie di mercato.
  Siamo in un regime, appunto, di libero mercato sorvegliato e vigilato dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico. Le suddette regole di mercato, insieme alla peculiarità dell'impianto, che è caratterizzato da complessità logistica, come ricordavo prima, nel trasporto del combustibile, nonché complessivamente da una minore efficienza, anche legata alla piccola taglia dell'impianto stesso, hanno determinato un notevole ridimensionamento nell'utilizzazione della centrale.
  In sostanza, la possibilità che l'impianto possa presentare livelli di funzionamento continuativi è frutto della capacità di approvvigionamento di combustibile a prezzi competitivi, cioè del costo di approvvigionamento, nonché, come ripeto, della minor efficienza dell'impianto legata alla difficoltà a sfruttare economie di scala a causa della piccola taglia. Le strategie di approvvigionamento della centrale, cui corrispondono le quantità di carbone stoccate, sono commisurate alle previsioni circa le possibilità di funzionamento che la centrale può esprimere nei diversi contesti di mercato. In altri termini, l'intermittenza di funzionamento dell'unità della centrale «Pietro Vannucci» non è una conseguenza di limitazioni provenienti dall'approvvigionamento dei combustibili, e dunque dal livello di acquisizione delle scorte – non è un problema di carenza di scorte –, ma è determinata da valutazioni previsionali in relazione alle possibilità di inserimento della centrale nel mercato dell'energia, che dipendono dai costi di approvvigionamento e dalla relativa bassa efficienza dell'impianto.
  Le informazioni che abbiamo acquisito da ENEL confermano quanto appena detto. Sono stati registrati, nel secondo semestre 2013, 100 giorni con funzionamento contemporaneo di tutte e due le unità che compongono la centrale, 84 giorni con funzionamento di un solo gruppo e 181 giorni di inattività. Rispetto a un monte ore di 8.760 ore/anno, complessivamente nel 2013 la centrale «Pietro Vannucci» ha consuntivato 2.000 ore equivalenti di funzionamento sul mercato dell'energia. Meno, molto meno di altre centrali paragonabili. Per esempio, la centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord, alimentata a carbone e più prossima geograficamente, ha consuntivato 6.000 ore.
  Nei primi mesi del 2014, si è avuta una riduzione della domanda di energia elettrica e un'elevata produzione del parco idroelettrico conseguente all'alta piovosità. Ciò ha generato una generale riduzione della produzione del parco termoelettrico, che si è riverberata anche in un'ulteriore riduzione dei livelli di attività della centrale «Pietro Vannucci». In particolare, per la centrale «Pietro Vannucci» è stato richiesto il funzionamento di preferenza di un solo gruppo di produzione.
  Questa è la situazione ad oggi. Ripeto, una situazione che dipende essenzialmente dall'andamento del mercato elettrico e che andrà nel caso affrontata migliorando le condizioni logistiche della centrale. Teniamo conto, però, del problema che dicevo prima, cioè la difficoltà a sfruttare economie di scala dovuta alla ridotta dimensione dell'impianto.

  PRESIDENTE. L'onorevole Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, sottosegretario, la ringrazio. Esprimo una parziale soddisfazione, nel senso che sono state fatte delle affermazioni che non sono state seguite da fatti. Sottosegretario, io so quanto lei si impegni per ogni questione che le viene sottoposta, però, mentre ci danno una grande documentazione per quanto riguarda le ore di esercizio e le difficoltà, non ci documentano di quale percentuale il costo sarebbe inferiore.
  E quindi, chiaramente, non ho elementi, non abbiamo elementi per valutare se quanto affermato corrisponde al vero e per poterlo verificare. Continueremo quindi nella nostra ricerca della verità. L'altra cosa che rilevavo e che nell'interpellanza era un ulteriore punto riguarda le Pag. 25ditte che fanno manutenzione; su questo tema non è stata data risposta e, quindi, vedremo di sollecitare di nuovo il Governo su questo punto.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Non è possibile, sottosegretario De Vincenti. Ne parlate dopo, magari.

(Iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi dello stabilimento Alcoa di Portovesme, anche con riferimento ad un suo possibile commissariamento – n. 2-00487)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pili e Pisicchio n. 2-00487, concernente iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi dello stabilimento Alcoa di Portovesme, anche con riferimento ad un suo possibile commissariamento (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pili se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MAURO PILI. Signor Presidente, sono trascorsi 800 giorni dal 9 gennaio 2012, data nella quale l'Alcoa decideva e comunicava al Governo pro tempore la chiusura dello stabilimento industriale di Portovesme, con oltre duemila dipendenti, tra diretti e indiretti, in una realtà sociale dove era uno dei pochi stabilimenti funzionanti e attivi. Da allora ad oggi, questo Governo (e sottolineo «questo Governo»), nella continuità con il rappresentante che oggi siede nei banchi dell'Esecutivo, lo stesso da allora, non è stato in grado di dare alcuna risposta.
  È un Governo, nella continuità del sottosegretario De Vincenti, che si è specializzato nel perdere tempo, si è specializzato nel tergiversare, nel coprire la nefasta irresponsabilità del governo elettrico-energetico della Sardegna da parte dell'ENEL. Un governo che ha sostanzialmente, nei dati di fatto che in questa mia prima illustrazione cercherò di enunciare, imbrogliato i lavoratori e quel territorio, da un lato, con pseudovendite o proposte di vendita dello stabilimento in giro per il mondo, e, dall'altro, con pseudopiani di alternativa che sul territorio si sono concretizzati nel niente.
  È stata una strategia volutamente fallimentare quella del Governo, di questa maggioranza di Governo che da Monti in poi, passando per Letta e arrivando a Renzi, ha un perno all'interno del Governo che ha gestito questa partita. È stata una strategia volutamente fallimentare perché avete fatto credere a tutti che stavate cercando un nuovo interlocutore per l'acquisto di Alcoa: non solo non era vero, e lo dimostrano gli 800 giorni compiuti alla ricerca di uno pseudoacquirente, ma lo avete fatto con l'obiettivo chiaro e dichiarato di non affrontare il cuore del problema, cioè quello dell'energia elettrica e della sua disponibilità in quel territorio non a condizioni di favore, ma a condizioni che mettessero il Sulcis alla pari delle altre regioni italiane ed europee e che mettessero la Sardegna nelle condizioni di disporre di quella liberalizzazione del mercato elettrico che, invece, vede in Sardegna un monopolio speculativo da parte di ENEL. E su quella partita avete dimostrato di essere conniventi con ENEL.
  Il Governo non è stato in grado di incidere, né per autorevolezza né per provvedimenti legislativi o amministrativi, sul tema del costo dell'energia elettrica, che bisognava equiparare ai costi che, ad esempio, l'ENEL, attraverso l'acquisto di Endesa, realizza in Spagna per lo stesso stabilimento di produzione primaria di alluminio in disponibilità di Alcoa. Ebbene, in Spagna l'ENEL consente contratti bilaterali necessari per stare sul mercato o per tentare di starci, mentre in Italia gli acquirenti non si affacciano perché non vi è questa garanzia del contratto bilaterale: il Governo non fa niente per prospettarlo e tanto meno si accinge a varare norme che consentano una proiezione da qui a dieci, quindici anni per la potenzialità produttiva di quello stabilimento.Pag. 26
  Vi è in essere oggi un provvedimento che a malapena avrà durata per appena due anni. Nessuna impresa seria si può affacciare su un mercato così delicato, come quello dell'alluminio, senza avere una certezza di dieci, quindici anni sul costo dell'energia elettrica. Avete trasformato il Ministero dello sviluppo economico in una bancarella ambulante. Avete girato il mondo, le avete – mi perdoni il termine – «sparate» di tutti i colori. Avete parlato dei cinesi, degli australiani, degli svizzeri, degli austriaci, dei tedeschi e siete arrivati anche a dire che la soluzione poteva essere in una società che produceva energia elettrica con gli aquiloni.
  Il risultato di questa strategia, che io ho condannato sin dal primo dibattito in quest'Aula con lo stesso sottosegretario De Vincenti nel gennaio 2012, è una gestione fallimentare: 800 giorni con lo stabilimento chiuso e nessuna luce all'orizzonte per quanto riguarda quella risposta. Nessuna risposta rispetto a quelle dichiarazioni che io posso permettermi di riprendere. Infatti, il 20 settembre 2012 la dichiarazione sugli organi di stampa era: «De Vincenti annuncia due nuove manifestazioni di interesse». Poi si va al giornale dei vescovi, l’Avvenire: «De Vincenti: tre manifestazioni di interesse». Si parla in questa comunicazione del fatto che ci sarebbero le richieste della KiteGen, di un'importante impresa australiana, di una torinese, di una cinese, dice sempre il sottosegretario. «De Vincenti conferma ai sindacati l'interesse di Clash» e siamo al 10 settembre 2012. Quindi, sostanzialmente si tratta di una partita che ha tutti i tempi scanditi in maniera puntuale, con dichiarazioni reiterate su quello che è stato detto e fatto senza alcun tipo di rispetto dei lavoratori e di quel territorio.
  Siamo di fronte a dichiarazioni che sono state rese più volte, anche nelle comunicazioni formali rese in quest'Aula, in cui si è detto che sostanzialmente bisognava puntare a cercare una nuova sigla, una nuova insegna per quello stabilimento: un errore strategico madornale che ha portato a non affrontare la questione fondamentale, cioè quella dell'energia elettrica. Basti pensare che l'Unione europea, la Commissione europea nella condanna di Alcoa ha scritto in maniera puntuale che non è il tema sostanziale del riequilibrio del costo energetico quello che riguarda la sanzione, ma il rapporto che esiste in un passaggio pubblico per consentire il riequilibrio di un costo energetico che l'Unione europea dice essere in quel territorio del 78 per cento in più rispetto alla media italiana ed europea.
  L'unica strada che avete è appunto quella del contratto bilaterale. Ma chi lo nomina l'amministratore delegato dell'ENEL ? Chi discute con questo potere che si mette in condizioni di gestire in termini arroganti, imprescindibili il governo di un territorio, chiudendo fabbriche e facendo chiudere tutta l'attività industriale ? Lo nomina il Governo. Se il Governo è autorevole, avrete la capacità di dare delle risposte in termini puntuali su questo tema, cosa che invece oggi, perché siete controllati dall'ENEL, perché il Governo, questi Governi sono sotto scacco dei poteri forti, non fate.
  Avete poi fatto la grande «parata» del «piano Sulcis». Siete arrivati, siete scappati con gli elicotteri, perché i lavoratori avevano capito per primi che si trattava di una grande farsa. Nemmeno un posto di lavoro, da quel «piano Sulcis» che avete annunciato in pompa magna non c’è un solo posto di lavoro realizzato, non c’è nemmeno un'opera iniziata e tanto meno un'opera approvata, non c’è un progetto approvato, nessun cantiere avviato.
  Avete concentrato, state concentrando anche in queste ore, tutta l'attenzione sulla produzione di canne, per produrre additivi per biofuel, perché evidentemente c’è qualche amico o qualche amichetto che sostanzialmente vi interessa. Volete sostanzialmente consumare 5 mila ettari dei territori, delle terre del Sulcis per produrre canne, per produrre additivi per qualche centinaia di posti di lavoro, incapaci di sostituire quelli precedenti, quelli che farete perdere, ma soprattutto si tratta di proposte che sul piano produttivo strategico alternativo non si prospettano nemmeno nella lontana Africa. Pensare di Pag. 27utilizzare 5 mila ettari irrigui per produrre canne è semplicemente vergognoso e indegno.
  Chiudono le imprese, chiudono gli artigiani sotto la morsa di Equitalia, del fallimento e del blocco della produzione, e voi vi inventate un'altra farsa, una pseudo zona franca, che, lo capisce chiunque, può aver senso laddove si produce. Se non si produce, se non c’è lavoro, non può esserci alcuno sgravio fiscale perché non c’è la produzione da sgravare sul piano, appunto, fiscale. Bisogna lavorare e produrre: cosa che, invece, non viene fatta.
  Ed è per questo motivo che si pone l'esigenza, che in questa interpellanza si è chiarita e si chiarisce in maniera chiara, di capire per quale motivo il Governo – con riferimento all'Ilva, che ha condizioni di area ad elevato rischio ambientale alla pari dell'area del Sulcis Iglesiente, anch'essa dichiarata ad elevato rischio e crisi ambientale – per l'acciaio dell'Ilva stabilisce con un decreto l'interesse strategico nazionale di quel metallo, e, invece, non fa altrettanto per l'Alcoa. Perché in Sardegna siamo in un'isola ? Perché in Sardegna siamo meno di quanti si sia, nell'Ilva di Taranto, interessati a quello stabilimento, o perché ci sono altri interessi ? Perché si intende «coprire» l'Ilva e non si riesce a dare risposte compiute in piano di decreto ?
  Io penso che occorra passare dalle chiacchiere, dalle promesse, dal millantato credito – che avete cercato in qualche modo di far passare col «piano Sulcis» e con l'acquisto dello stabilimento – a un decreto concreto del Governo, un decreto che sancisca la ripresa produttiva immediata e che sappia predisporre tutti quegli atti persuasivi, amministrativi e legislativi per consentire, appunto, gli accordi bilaterali, che passano attraverso un commissariamento. Non è la prima volta: per l'Ilva si è arrivati al commissariamento, per il fallimento della Parmalat si è arrivati al commissariamento, ci sono fabbriche che, a livello nazionale, hanno portato i Governi a impegnarsi con decreti che hanno portato al commissariamento per interventi che potevano essere risolutivi e immediati, e su cui il Governo si assumeva la responsabilità anziché continuare a lavarsi le mani.
  Servono stanziamenti concreti, non quelli del «piano Sulcis», che non esistono. È dimostrato, c’è l'elenco di dettaglio di ogni singola opera che avete previsto in quel piano, senza alcuna copertura finanziaria ! Non ve n’è una ! Servono stanziamenti concreti per l'ambiente e per le infrastrutture. Serve che passiate dalle dichiarazioni, che hanno fatto segnare davvero il tempo della sopportazione, a fatti concreti.
  Questa interpellanza, che è l'ennesima in questi 800 giorni di chiusura di questo stabilimento, non è una interpellanza pro forma, è un'interpellanza per segnalare che il Sulcis e la Sardegna non ne possono più. Ci sono migliaia di disoccupati, centinaia di migliaia, ci sono tutti giorni, come oggi, suicidi in quel territorio, legati al mancato arrivo anche dei fondi per la cassa integrazione e per la mobilità, che stanno mettendo in ginocchio quella terra. Risposte evasive e fumose non possono più essere accettate, servono risposte concrete e questo Governo, nella sua continuità dal 2012 a oggi, ha il dovere e l'obbligo di darle.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Ministero dello sviluppo economico è costantemente impegnato nella gestione della crisi che ha interessato lo smelter di Alcoa a Portovesme, purtroppo non con l’«autorevolezza» che sarebbe propria dell'onorevole Pili se fosse al mio posto.
  Segnalo, peraltro, all'onorevole Pili che sarebbe bene che studiasse la norma che è stata varata per quanto riguarda il commissariamento Ilva e si accorgerebbe che si tratta di situazione totalmente diversa da quella dell'Alcoa. Quindi, non è proprio il caso di proporre, come fa l'onorevole Pili, il commissariamento, a meno Pag. 28di non trovarsi nella condizione di non conoscere proprio né i fatti, né le norme di cui stiamo parlando.
  Anche nelle ultime settimane sono continuati i contatti con le imprese che ancora manifestano interesse per l'acquisizione dello stabilimento e contemporaneamente sono andati avanti i contatti e l'approfondimento con gli investitori, che hanno prospettato nuove iniziative imprenditoriali e industriali in grado di assorbire una significativa parte dei lavoratori in esubero. In particolare, stanno procedendo anche con Invitalia e con la regione gli incontri con la società che ha prospettato la realizzazione di un impianto per la produzione dei carburanti di seconda generazione attraverso l'utilizzo di materiali vegetali interamente rinnovabili, secondo una linea sostenuta dalla Commissione europea di sviluppo dei biocarburanti cosiddetti di seconda generazione. È un progetto che, a regime, potrà dare lavoro a oltre 250 persone.
  Per quanto riguarda il tema del differenziale di costo dell'energia, di nuovo, evidentemente, l'onorevole Pili non è informato circa le condizioni reali in cui ci si trova. È noto che la Sardegna e il continente in questo momento mostrano un differenziale di costo dell'energia: tale problema è stato annullato grazie al funzionamento del nuovo cavo Sapei, che ha aumentato la capacità di transito e consentito alla Sardegna di superare la condizione di isolamento elettrico che aveva in precedenza.
  Il dato è agevolmente riscontrabile, se l'onorevole Pili avesse la pazienza di informarsi, negli andamenti della borsa elettrica e rilevato dalla stessa Autorità per l'energia elettrica, il gas e il servizio idrico che, nel rapporto annuale 2013 – che consiglio di leggere –, ha evidenziato il miglioramento della concorrenza nella generazione elettrica in Sardegna nel corso degli anni.
  Il Ministero dello sviluppo economico, comunque, sta continuando a vigilare sull'andamento dei mercati nelle isole maggiori, dove, per motivi strutturali – limiti di transito dovuti a manutenzione di elettrodotti e reti poco magliate –, sarà ancora necessaria per qualche anno un'azione di monitoraggio rafforzata rispetto alle zone continentali e dove, non a caso, il Governo ha chiesto, e ottenuto dalla Commissione europea, l'autorizzazione della proroga del regime cosiddetto di superinterrompibilità, che però nulla ha a che vedere con il costo. Il costo, il prezzo dell'energia elettrica in Sardegna è allineato con il prezzo dell'energia elettrica in tutto il resto del Paese.
  Per quanto riguarda, invece, le richieste sulla contrattazione bilaterale tra grandi produttori e grandi consumatori di energia come soluzione per la cessione dello stabilimento Alcoa, si devono far presenti due aspetti. Da un lato, il tema dei prezzi delle forniture elettriche, come è emerso con evidenza proprio nella conduzione delle manifestazioni di interesse in questi due anni, non costituisce la condizione sufficiente per la ripresa dell'attività produttiva. Naturalmente, è un tema importante, ma segnalo che la stessa Alcoa, finché ha prodotto, ha usufruito di condizioni di prezzo allineate alle medie europee, anzi, il regime di superinterrompibilità ha consentito, in questi anni, di avere un prezzo, per l'Alcoa quando era attiva e per chiunque volesse rilevare lo stabilimento, inferiore alla media europea dei concorrenti nel settore dell'alluminio, anche al prezzo in vigore per lo stabilimento Alcoa sito in Spagna. Segnalo anche che, una volta terminato il regime di superinterrompibilità, ci sono altri strumenti che il sistema italiano consente, e che sono autorizzati dalla Commissione europea, che consentiranno, comunque, di tenere il prezzo per chi rileverà lo stabilimento Alcoa al di sotto di quello pagato per l'energia dai principali concorrenti europei.
  Per quanto riguarda il contratto bilaterale, prima di tutto, non c’è nessun ostacolo, né da parte di Enel né da parte di qualunque altro operatore, perché non è necessario che sia Enel a fare il contratto bilaterale: qualsiasi operatore e produttore di energia elettrica in Italia può Pag. 29fare il contratto bilaterale con l'impresa che subentrerà ad Alcoa e non c’è nessun ostacolo, da questo punto di vista. Semplicemente, non sta al Governo consentire o vietare contratti: sono contratti che rimangono nella disponibilità delle parti e, quindi, starà, poi, all'impresa che – ci auguriamo – rileverà lo stabilimento di Portovesme definire il contratto più conveniente con Enel o con qualunque altro produttore di energia elettrica.
  Altri regimi oltre quelli che ho indicato – superinterrompibilità e altri strumenti che il sistema elettrico italiano ha, come l'interrompibilità, l’interconnector e così via, che sono autorizzati dalla Commissione europea – esporrebbero la Sardegna, di nuovo, ad un rischio di procedura di infrazione per aiuti di Stato, che, appunto, è quello che ha portato, poi, alle note multe, a suo tempo, imposte ad Alcoa.
  Si ritiene, pertanto, che la soluzione per attirare eventuali nuovi investitori non debba replicare esperienze del passato e si basi su un prezzo dell'energia come quello che il Governo italiano, con le norme che ho ricordato, è in grado di garantire e che è inferiore a quello dei competitor europei; e quindi qui il nodo è un nodo, in realtà, di investimenti industriali, di riorganizzazione dell'attività produttiva, di posizionamento sul mercato internazionale dell'alluminio.
  Per quanto riguarda gli interventi previsti in attuazione del protocollo di intesa cosiddetto «piano Sulcis»; come sappiamo consistono in interventi di carattere infrastrutturale per 168 milioni di euro, interventi di risanamento e bonifica per 178 milioni di euro, interventi a sostegno delle filiere produttive per complessivi 100 milioni di euro, 10 milioni della regione e 90 milioni del Ministero, e per l'attrazione di nuove attività produttive attraverso il bando di idee si può contare su quasi 56 milioni di euro. Per quanto riguarda il bando di idee, sappiamo che questo è stato espletato, che ha portato a 160 domande; tra queste, sei idee vincitrici, dieci idee menzionate, sono state inserite nel piano strategico ed è in corso con la regione Sardegna l'implementazione dei bandi per la realizzazione di queste idee nel contesto dei bandi per la riqualificazione produttiva dell'area.
  Per quanto riguarda gli ulteriori interventi, ricordo in particolare l'intervento sulla zona franca urbana che utilizza gli importi derivanti dalle multe che sono state pagate dalle imprese dell'area per restituzione di aiuti di Stato, in base alle prescrizioni della Commissione europea. Questo bando è stato varato lo scorso 13 dicembre e le domande possono essere presentate fino al 7 aprile. Contrariamente a quanto sostenuto dall'onorevole Pini, e cioè che nessuno sarebbe interessato a queste facilitazioni fiscali che sono molto importanti per le piccole imprese, segnalo che già oltre duemila domande sono arrivate e che altre stanno arrivando da qui al 7 aprile, cioè a lunedì prossimo; quindi, possiamo contare invece su un vero successo di questo strumento e di un vero aiuto alle imprese dell'area del Sulcis.
  Per quanto riguarda il sistema integrato miniera-centrale del bacino carbonifero del Sulcis, a seguito di procedura di lettera EU pilot, cosiddetta, da parte della Commissione europea, quindi l'apertura di un'indagine formale ai sensi dell'articolo 108 del Trattato, e quindi con contatti con la Commissione europea, la regione e il Governo, è stato sottoscritto un protocollo di intesa, il 2 agosto 2013, per lo sviluppo di un polo tecnologico per la ricerca sul carbone pulito e la realizzazione di una centrale elettrica clean coal technology, cioè a carbone pulito, con il quale è stato previsto di procedere all'abrogazione della norma che era stata oggetto della procedura di indagine formale riformulandola in modo da non incappare nel rischio di procedura per aiuti di Stato. La nuova norma è contenuta nel decreto-legge cosiddetto destinazione Italia, diventato legge 21 febbraio 2014, n. 9, e questa norma prevede la promozione di tecnologie a carbone pulito e un contributo a valere sugli oneri di sistema del sistema elettrico, proprio per lo sviluppo di questo nuovo tipo di tecnologia che nel Sulcis può Pag. 30costituire un passaggio importante per la costruzione del polo dell'energia pulita che costituisce uno dei perni del piano Sulcis.
  Sono attualmente in corso i lavori per la messa a punto delle norme attuative a cura del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Naturalmente, il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare l'evoluzione del percorso individuato e, lo ribadisco, in particolare con attenzione alla vicenda dell'Alcoa, ma più complessivamente alla riqualificazione industriale di tutta l'area del Sulcis.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti del Secondo circolo didattico, di Acerra, in provincia di Napoli, e quelli dell'Istituto paritario Figlie della provvidenza, di Carpi, in provincia di Modena, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  L'onorevole Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MAURO PILI. Signor Presidente, la risposta del sottosegretario, oltre che per la totale disinformazione sulla stessa, sulle norme vigenti, mi consente di fare una replica articolata.
  Intanto, il sottosegretario si permette di affermare che il sottoscritto non conoscerebbe la norma sull'Ilva. È evidente che è molto grave, per un sottosegretario, affermare quello che evidentemente non conosce. L'articolo 1 del decreto sull'Ilva recita: in caso di stabilimento di interesse strategico nazionale, individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – che è quello che veniva chiesto – quando presso di esso sono occupati un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al contributo di cassa integrazione guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno, qualora vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione, i Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico possono arrivare alla disposizione della prosecuzione dell'attività produttiva per un periodo di tempo determinato non superiore ai 36 mesi.
  Non conosce le norme il sottosegretario ! Non le ha lette e cerca di coprire ciò che non è più copribile. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che sostiene che l'acciaio è risorsa strategica del Paese vale anche per l'alluminio. Avete preferito due pesi e due misure: tutelare totalmente l'Ilva e scaricare e dimenticarvi di quello che avete fatto invece in Sardegna.
  E poi, quanto alla risposta del sottosegretario sul primo punto, il biofuel, è evidente che la lingua batte dove il dente duole: avete l'interesse di dare 5 mila ettari del Sulcis a qualche vostro amico e amichetto. Poi, mi dice il sottosegretario che il tema dell'energia non esiste. Dov'era il sottosegretario il 19 gennaio 2012 alle ore 16,45 ? Era in quest'Aula; e sapete cosa ha detto il 19 gennaio 2012, alle 16,45, il sottosegretario De Vincenti, lo stesso ? Ve lo leggo, perché in quest'Aula, sottosegretario, non si sfugge, ci sono i verbali e i resoconti stenografici, che riprendono anche le virgole. Diceva il sottosegretario De Vincenti, allora, in quest'Aula: il primo problema, come è ovvio, è quello del prezzo dell'energia. Lo diceva lei, qui, in quest'Aula. Quando scadrà il periodo transitorio, concordato con l'Unione europea per il 31 dicembre 2012, il prezzo del megawattora in Sardegna risalirà, praticamente raddoppiando rispetto ai 35 euro al megawattora di oggi; con un prezzo intorno ai 70 euro, è molto improbabile un futuro di competitività di produzione come quello dell'alluminio. Lo diceva il sottosegretario De Vincenti in quest'Aula in maniera vergognosa (Commenti del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico De Vincenti) !

  PRESIDENTE. Sottosegretario De Vincenti ! Sottosegretario De Vincenti, stia buono.

  MAURO PILI. Oggi ha posto un tema di totale incapacità di rappresentare il Governo, lo Stato, e ha cercato di scaricare Pag. 31sul sottoscritto, dimostrando invece di non conoscere la realtà dei fatti.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Lei non sa quello che dice !

  MAURO PILI. E quando dice che l'Alcoa ha usufruito dei dati precedenti rispetto, appunto, a questo trattamento ammesso dall'Unione europea, si è dimenticato che forse l'Alcoa, per quel trattamento, è stata condannata a pagare 300 milioni di euro di multa ?

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Questo lo dicono...

  PRESIDENTE. Sottosegretario De Vincenti, non mi costringa ! Sia cortese, mantenga il contegno adeguato.

  MAURO PILI. Non conosce le regole parlamentari e vuole anche dare ulteriori segnali di totale distanza da questi temi.
  L'Alcoa ha continuato a produrre sino a quando ha potuto utilizzare quegli «incentivi» che riallineavano, ma poi è stata condannata a pagare 300 milioni di euro. E lo Stato non è stato in grado di difendersi. Questo Governo, il Governo Monti, quello Letta, non hanno opposto nessuna resistenza; anzi, hanno incassato i 300 milioni della multa e non hanno fatto nessuna resistenza, facendo venir meno l'obbligo che lo Stato aveva di difendersi su una partita assolutamente chiara e netta che era da quella parte necessaria.
  E diceva, il sottosegretario, allora: voi sapete benissimo che sciogliere questo nodo è tutt'altro che semplice, perché si tratta di scioglierlo a regime. Ma come fa a dire che sono ancora in vigore strumenti di interrompibilità quando tutti sanno che sono in vigore per appena due anni e che sono marginali ? «A regime»: lo diceva il Governo nel 2012, dimostrando oggi la totale insussistenza, quando dice che sono ancora aperte le trattative.
  Sottosegretario, quello che scrivete lo si trova dappertutto, anche se cercate di nascondere tutti i dati. Questo è il verbale di incontro sottoscritto presso il Ministero delle attività produttive il 19 dicembre 2013, che fissa entro il 15 febbraio 2014 il completamento della due diligence per quanto riguarda Alcoa Klesch. Invece, siamo ormai ad aprile inoltrato e di quella soluzione Klesch nessuno dice niente; però vi siete dimenticati di dire chi è Klesch – con cui state trattando –, perché Klesch è un soggetto che in Francia ha acquistato uno stabilimento di cloro-soda, ha chiesto 100 milioni di euro per acquistarlo – anziché pagarlo, ha chiesto 100 milioni –, li ha avuti, dopo qualche mese ha aperto l'istanza di fallimento di quello stabilimento per 1.300 lavoratori, è stato concesso il concordato fallimentare per quella fabbrica e sostanzialmente Klesch ha chiesto a chi glielo aveva venduto un danno per 350 milioni di euro. Ma come si fa a trattare con una società che a livello internazionale tutti sanno essere una società che gioca ad acquistare aziende decotte per poi speculare in tutti i modi ? Questo è l'unico riferimento che voi avete messo in campo.
  Inoltre, credo che sia evidente come il Governo non abbia strategia, non abbia nessuna visione quando dice che l'Enel non è obbligata. Intanto, vorrei sapere quale può essere l'altro interlocutore, forse E.ON ? Se c’è la centrale Enel a due passi dallo stabilimento di Alcoa, a 200 metri, forse sarebbe più economico rivolgersi ad altri ? O forse non sarebbe opportuno, a livello di persuasione politica e industriale, dire e imporre all'Enel con tutti gli strumenti, non legislativi – quelli li avete sbagliati tutti – ma sul piano della concreta realizzazione, l'applicazione di un prezzo, non quello unico nazionale ? Lo sanno anche i bambini che c’è il prezzo unico nazionale. Evidentemente, però, il Governo non sa che ci sono le trattative che riguardano le grandi industrie energivore in tutto il mondo, in tutta Italia e in tutta Europa, e che questa trattativa punta ad abbattere quel costo per le industrie energivore. Per esempio, la Alcoa consuma un terzo dell'energia elettrica della Sardegna: forse può pagare l'energia Pag. 32elettrica uno stabilimento che produce alluminio primario alla pari di quello che si può pagare in una qualsiasi utenza domestica ? O forse non ci sono le condizioni, come capita in tutta Europa, di avere un abbattimento di costi energetici ?
  Se la risposta è quella del «Piano Sulcis», purtroppo noi siamo di fronte al buio assoluto. Si dice che ci sono state 160 domande per il bando di idee, le 99 ideas, come le avete in maniera artificiosa chiamate, e solo sei sono risultate vincitrici: ma vincitrici di che cosa ? Non hanno vinto un bel niente purtroppo, sono sei società, sei idee che adesso verranno messe a bando, quindi tutti potranno concorrere e sottrarre quelle idee a chi le aveva proposte; quindi, davvero una procedura tecnico-amministrativa assolutamente priva di consistenza. Parlate delle duemila aziende che avrebbero chiesto di pagare e di utilizzare la zona franca urbana, come l'avete chiamata. Quei soldi serviranno per pagare e per sottrarre qualche azienda alle forche caudine di Equitalia, ma non daranno nessun impatto produttivo sul territorio, perché oggi voi date questa una tantum utilizzando tra l'altro dei fondi che dovevano essere usati sul piano infrastrutturale e strategico, non come prebende iniziali e soltanto marginali, ma per costruire un percorso reale di sviluppo del territorio del Sulcis Iglesiente.
  Tutto questo non è avvenuto, avete perso l'occasione di mettere in concreto una procedura, una strategia che riguardava l'energia e che sapesse dare risposte, che dopo 800 giorni non sono arrivate. Ottocento giorni persi in chiacchiere fumose, senza dare alcuna risposta, che sarebbe venuta da qualsiasi Governo autorevole ma certamente non è venuta da questo Governo.

  PRESIDENTE. Prima di passare alla prossima interpellanza urgente, salutiamo con particolare piacere gli studenti ed i docenti dell'Istituto comprensivo via Oratorio Damasiano, di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Iniziative in materia di corsi di specializzazione in medicina, anche in relazione al finanziamento dei contratti di formazione specialistica – n. 2-00488)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gigli n. 2-00488, concernente iniziative in materia di corsi di specializzazione in medicina, anche in relazione al finanziamento dei contratti di formazione specialistica (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Avverto che tale interpellanza è stata sottoscritta anche dall'onorevole Binetti.
  Chiedo all'onorevole Gigli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, brevemente. Sottosegretario, non è la prima volta – anche se è la prima volta con lei – che ci occupiamo di questo argomento in quest'Aula e in questa legislatura. Non è la prima volta perché il problema sta diventando effettivamente ormai angosciante, impellente e direi esplosivo, se me lo consente. Ancora pochi giorni fa, erano qui fuori, in piazza Montecitorio, diverse centinaia di giovani laureati in medicina a protestare – e anche questa non era la prima volta – per un imbuto che rischia di essere dannosissimo per i giovani, per le loro famiglie, che hanno speso per formarli, per il sistema sanitario nazionale e per lo sforzo educativo e formativo portato avanti dallo stesso Ministero dell'istruzione.
  Ebbene, questo problema attende ora una soluzione. Qualche cosa abbiamo realizzato. In occasione della legge di stabilità, siamo riusciti a portare il Governo a finanziare – come lei sa – con 30 milioni un numero di contratti di formazione aggiuntivo che ha permesso di portare questi contratti dai 2000 che lo stesso Ministro Carrozza ci aveva ipotizzato per il prossimo bando a, verosimilmente, sulla base dei fondi ottenuti, 3.200-3.300 presumibilmente e qualcosa in più dovremmo ottenerlo l'anno prossimo, visto che per l'anno prossimo sono stati messi da parte 50 milioni di euro.Pag. 33
  Ma certamente tutto questo non basta, sottosegretario; non basta perché – e io le dico che ho fatto diretta esperienza di questo come docente di una facoltà di medicina – noi, sotto la spinta del Ministero che lei rappresenta, negli anni passati, abbiamo elevato il numero degli studenti di medicina. Tutti gli anni, la facoltà veniva investita di una richiesta del Ministero perché venisse allargato il numero degli studenti di medicina, nella consapevolezza che il turnover che si stava determinando all'interno della popolazione medica avrebbe richiesto più laureati per evitare di lasciare il Paese in condizioni di difficoltà. E noi siamo arrivati – le do due cifre sole –, dai 7.300 iscritti di pochi anni fa, del 2007, da quando avete cominciato a chiederci di aumentare il numero degli studenti, all'anno scorso in cui sono stati iscritti 11.057 studenti.
  Quindi, c’è stato un aumento notevole di circa il 30-35 per cento – non ho fatto, se non a mente, l'operazione – un 30-35 per cento di aumento del numero degli iscritti. Noi sappiamo che questi iscritti, in gran parte, per i meccanismi che oggi stanno a monte dell'iscrizione alla facoltà di medicina, che prevedono già una severa selezione degli studenti candidati, quasi tutti arriveranno a laurearsi; i dati degli ultimi anni di cui sono in possesso mi dicono che si laurea oltre il 90 per cento di questi studenti. Allora, sappiamo anche prevedere quanti sono gli studenti che tra sei anni verosimilmente arriveranno a diventare medici.
  Cosa è successo però ai posti di specializzazione ? È successo che da un massimo, che rileviamo nel 2004, di 5.490 posti nelle scuole di specializzazione, noi scendiamo quest'anno ad un minimo di 3.300 posti, che sarebbero stati addirittura 2000, se noi, grazie all'intervento del Ministro Carrozza, non fossimo riusciti nella legge di stabilità a dare un correttivo, ai quali si affiancano dei posti per i corsi di medicina generale, che erano addirittura 1.560 nel lontano 2003 e che oggi sono scesi a poco più di 900.
  Quindi, noi abbiamo un sistema che, nel migliore dei casi, in medicina si definisce schizofrenico, perché, da una parte, ha una prospettiva di aumento del numero dei medici, dall'altra parte, ha una prospettiva di riduzione del numero delle possibilità di ingresso nei corsi di formazione specialistica e nei corsi di formazione per medico di medicina generale. È un sistema quindi che è incapace – sembra – di programmare, totalmente incapace di programmare. E allora qualche cosa di storto c’è, e dobbiamo assolutamente correggerlo questo tipo di sistema. Tant’è che, in un ordine del giorno al decreto sulla scuola, il n. 104 del 2013, noi avevamo chiesto di prevedere la creazione di un osservatorio che addirittura programmasse in qualche maniera il fabbisogno formativo anche per quanto riguarda le scuole di specializzazione.
  Il motivo di questa interpellanza è molto semplice. Noi ci avviciniamo ormai ai bandi di iscrizione per quest'anno: o facciamo qualcosa o noi abbiamo «segato», come si dice da queste parti, una generazione di giovani medici. Li abbiamo distrutti professionalmente, dopo un lavoro enorme per formarsi che hanno dovuto sostenere, loro, le loro famiglie, il sistema formativo nazionale.
  Qualcosa dobbiamo fare e io le chiedo se di qui a pochi giorni, non l'anno prossimo, di qui a quando i bandi usciranno, non sia possibile l'individuazione urgente di risorse aggiuntive da prevedere già nel DEF, che il Governo licenzierà verosimilmente la prossima settimana, e se non si voglia anche dare corso ad un altro impegno che, in qualche modo, il decreto n. 104 del 2013 del Ministro Carrozza si era assunto, cioè quello di provvedere, comunque nei limiti europei, ad un accorciamento della durata dei corsi, riciclando, per così dire, le risorse risparmiate in contratti di formazione specialistica per i medici. Questo era quello che era previsto dal decreto Carrozza.
  Le chiedo, infine, se tutto questo il Governo prevede di farlo, e prevede di farlo con urgenza, e a che punto sia l'altro impegno che aveva assunto per l'istituzione di un osservatorio nazionale, che, di qui in avanti, realizzasse un meccanismo Pag. 34di programmazione un pochino più serio, un pochino più coerente, un pochino più in linea con quello che dovrebbe essere un Paese avanzato.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti della Scuola secondaria di primo grado Valsalice, in provincia di Torino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Il sottosegretario per l'istruzione, università e della ricerca, Roberto Reggi, ha facoltà di rispondere.

  ROBERTO REGGI, Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, come è stato ricordato dall'onorevole Gigli, negli ultimi anni, a causa dell'esaurimento delle risorse aggiuntive rispetto all'importo previsto annualmente in bilancio, si è assistito ad una riduzione del numero di contratti per le nuove immatricolazioni al primo anno delle scuole di specializzazione. La prima contrazione si è registrata nell'anno accademico 2012-2013, in cui il numero di tali contratti è stato fissato in 4.500 unità rispetto ai 5.000 attivati per l'anno accademico 2011-2012. La previsione per l'anno accademico 2013-2014 è di circa 3.300 contratti, che non costituiscono certo un numero sufficiente a coprire il fabbisogno.
  Il tema delle risorse finanziarie a disposizione per i contratti di specializzazione è dunque centrale. Posso confermare, onorevole, che la questione è all'attenzione urgente del Ministro che sta operando, d'intesa con il Ministro della salute, ai fini di un'azione di Governo volta a finanziare un maggior numero di contratti di specializzazione. La riduzione della durata dei corsi di specializzazione, già prevista dall'articolo 21, comma 2-bis, del decreto-legge n. 104 del 2013, consentirà, inoltre, di liberare ulteriori risorse da investire per aumentare il numero di contratti disponibili.
  Anche in ordine alle modalità di individuazione del fabbisogno, sono state, peraltro, annunciate importanti novità: è, infatti, in corso una ricognizione con le regioni volta a definire un percorso per semplificare l'attuale procedura e assicurare in futuro una rilevazione esatta e realistica. Una volta conclusa questa fase, potrà essere riconsiderato l'obiettivo auspicato dall'onorevole Gigli di creare un processo integrato dall'accesso al corso di laurea al conseguimento del diploma di specializzazione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Reggi. Sono parzialmente soddisfatto. Sono soddisfatto per il fatto che qualcosa si sta mettendo in moto: sembra che il Governo abbia qualche intenzione di provvedere a questa vicenda. Tuttavia, non sono, invece, soddisfatto per altri motivi. Il primo è che, forse, non ci rendiamo conto che, senza quei diplomi di specializzazione, i neolaureati in medicina non possono, in questo Paese, di fatto, lavorare nel Servizio sanitario nazionale, perché da tempo, allineandoci all'Europa, noi richiediamo ai nuovi medici la specializzazione o il corso di medicina generale come prerequisito per l'inserimento lavorativo nel Servizio sanitario nazionale e in tutti gli enti convenzionati con esso.
  Il secondo motivo è che l'esaurimento delle risorse, l'asciugamento delle risorse – forse esaurimento è troppo – è qualcosa, però, che dovevamo, in qualche modo, avere già chiaro di fronte a noi e che testimonia anche l'ordine delle priorità che vengono date alle cose. Evidentemente – non dico da lei, che è appena arrivato come sottosegretario, ma dai Governi precedenti – forse questa non è stata ritenuta, come è, una priorità nazionale. Allora, quello che le voglio dire, per stringerla a questo impegno che lei coraggiosamente, in qualche modo, oggi si è preso, e che io apprezzo, è che continuare così significa, innanzitutto, sperperare le risorse, perché non è che questi medici al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che lei rappresenta, non sono costati niente.Pag. 35
  Sei anni di formazione significano strutture, laboratori, professori e quant'altro. Quindi, sono costati, in termini di sacrificio, agli studenti e alle loro famiglie, ma sono costati a tutta la collettività nazionale, e non permettere loro di lavorare, significa, di fatto, avere buttato risorse. Tant’è, sottosegretario, che oggi molti di questi giovani stanno emigrando. Quindi, stiamo facendo un lavoro formativo da mettere a disposizione di altri Paesi, salvo poi accorgerci, tra quattro, cinque sei, dieci anni, che, non potendo avere specialisti a sufficienza per coprire i concorsi nei nostri ospedali, dovremo importarne qualcuno dal Ghana piuttosto che dalla Romania.
  Questo è qualcosa che va assolutamente, oggi, corretto. Quindi, non sperperare più risorse. Secondo, evitare di mettere a rischio il Servizio sanitario nazionale, perché non avere possibilità di coprire alcuni posti significa, di fatto, andare avanti con vacanze all'interno delle strutture sanitarie, vacanze di posizioni. E se questo si somma all'altro problema, che è quello del blocco del turnover per esigenze finanziarie, questo significa, di fatto, arrivare a giocare sulla pelle dei cittadini, perché, nel momento in cui le postazioni rimangono sguarnite, è chiaro che ne subisce la qualità dell'assistenza.
  Terzo, dobbiamo, ripeto, non uccidere la speranza, perché, se i nostri giovani si rendono conto – e sono giovani, ripeto, bravi, preparati, che hanno studiato, gente che si è impegnata – che per loro, in questo Paese, non vi è speranza di futuro, noi avremo, anche in campo biomedico, a patire la fuga dei cervelli, della quale, poi, dopo, è inutile lamentarsi. Allora, se tutto questo non viene fatto, credo che, purtroppo, rimangano a noi, oggi, tre strade da scegliere.
  Possiamo, in primo luogo, scegliere di avere meno medici. È una scelta che il paese può fare: non potendosi permettere determinati livelli di salute, si può decidere, da dopodomani, di impiegare nel paese, invece che 250 mila medici, 150 mila. Una scelta legittima che può essere dolorosa ma comunque è legittima e va detto. Possiamo inoltre togliere il requisito della formazione specialistica per entrare nel Servizio sanitario nazionale ma è anche questa una scelta che va fatta alla luce del sole, dicendo che, di fatto, dequalifichiamo il sistema anche per questa via oppure non ci resta che investire. Investire, considerando ciò una priorità e, allora, dobbiamo arrivare ad immaginare un ciclo formativo unico, che non è più di 6 anni per questi studenti ma è un ciclo formativo che, per ora, è di 11; se riusciremo ad accorciare le specializzazioni per più di qualche corso, diventerà di dieci ma è, comunque, un ciclo formativo unico, lungo ed impegnativo, sul quale il sistema paese deve investire. Oppure, dobbiamo immaginare che queste persone se ne vadano: i migliori all'estero, qualcuno rimarrà qui ad occuparsi, magari, delle cosiddette medicine alternative per sbarcare il lunario mentre qualcun altro rimarrà a fare il frustrato o il disoccupato, aumentando il disagio sociale.
  Concludo, con un appello veramente pressante: lei ci ha detto oggi che state verificando, con urgenza, la possibilità di individuare delle risorse. Diamoci al riguardo una dead line affinché, in tempo utile, queste risorse siano fruibili, integrabili all'interno dei prossimi bandi che non sono lontani. Abbiamo un mese, un mese e mezzo a disposizione, forse, prima che i bandi vengano emanati: dobbiamo identificare, bloccare, mettere a disposizione le risorse per quella data. Glielo chiedo sottosegretario, come parlamentare, come medico e come docente di una facoltà di medicina. È una priorità nazionale: il Governo se ne renda conto (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

(Iniziative di competenza volte a garantire l'accesso ai percorsi formativi abilitanti speciali – n. 2-00483)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Malpezzi n. 2-00483, concernente iniziative di competenza volte a garantire l'accesso ai percorsi formativi abilitanti speciali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 36
  Chiedo all'onorevole Malpezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, buongiorno sottosegretario, torno anch'io alla carica perché, in realtà, due mesi fa, abbiamo presentato un'interpellanza simile sempre riguardante la questione dei percorsi di tirocinio formativo attivo speciale che consentono l'accesso al corso, senza superamento di prove di selezione, a docenti precari con almeno tre anni di servizio ma sprovvisti della relativa abilitazione. Mi riferisco in particolare al decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 marzo 2013, n. 81, che modificava il decreto ministeriale 10 settembre 2010 n. 249: questi corsi, quindi, sono istituiti per decreto.
  Sono corsi che vengono distinti per ciascuna classe di concorso per insegnanti e prevedono il conseguimento di 41 crediti formativi universitari. I crediti formativi sono indirizzati: alla verifica e al consolidamento della conoscenza e delle discipline oggetto di insegnamento della classe di concorso ed al perfezionamento delle relative competenze didattiche, anche alla luce dei percorsi ordinamentali in vigore e alle relative indicazioni nazionali e alle linee guida di insegnamento.
  Mi soffermo su questo perché significa che si chiede ai nostri insegnanti di perfezionare le loro competenze, di acquisirne altre, come, per esempio, quelle di natura digitale anche per un altro tipo di formazione. Nonostante il chiaro dettato delle norme sopra indicate, la situazione appare non solo caotica ma non conforme ai criteri ed alle modalità stabilite circa l'attivazione da parte delle università dei percorsi formativi abilitanti speciali. In tal senso, nonostante tali corsi dovrebbero già essere dovuti partire, si registra l'avvio solo di alcuni. Noi pensavamo, lo avevamo detto con il decreto ministeriale di fine novembre, che questi corsi sarebbero dovuti partire a dicembre per concludersi tra giugno e luglio del 2014.
  Ebbene, ci troviamo con alcuni corsi che sono partiti a febbraio, dove ci sono state università che sono riuscite ad organizzarli o hanno voluto organizzarli, perché poi c’è anche questo problema, anche sulla spinta del Partito Democratico, ma altre università che non li hanno ancora attivati. Adesso noi ci troviamo, quindi, ad avere dei percorsi che dovevano essere di sei mesi e che, invece, sono stati incredibilmente compattati, ma, nonostante questo, considerato tale ridimensionamento, appare eccessivo il costo imposto da molte università per iscriversi al percorso. Ancora, il ritardo nell'attivare tali percorsi porterà molti docenti a non terminare in tempo i PAS e a non poter spendere il titolo quando verranno aggiornate le graduatorie, graduatorie di istituto. Tale ulteriore ritardo nell'avvio delle procedure potrebbe produrre nuova incertezza e possibili contenziosi. Inoltre, un numero elevato di conservatori non attiverà i corsi abilitanti di musica (la classe A077). La conferenza dei direttori di conservatorio ha, infatti, avanzato dubbi sulla liceità del decreto che istituisce il percorso formativo abilitante speciale e ha chiesto chiarimenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Appare ancora incerta e in via di definizione l'attivazione del percorso formativo abilitante speciale di infanzia e primaria su cui, dopo la sentenza con cui il Consiglio di Stato si è espresso sulla validità del diploma magistrale considerandolo abilitante, appare evidente la necessità di fare chiarezza. Devono frequentarli i PAS, o no ? Sono già abilitati, o no ? Infatti, la sentenza determina come tutti i diplomati entro l'anno 2001/2002 abbiano il diritto di passare in seconda fascia delle graduatorie d'istituto. Inoltre, la maggior parte delle università si sono dette non disponibili ad attivare i percorsi formativi abilitanti speciali per le lingue ed i corsi di riconversione sul sostegno per le classi di concorso in esubero. Vi sono docenti risultati idonei a partecipare ad un percorso formativo abilitante speciale per una specifica classe di concorso che non potranno parteciparvi nella propria regione di appartenenza Pag. 37perché, per quella specifica classe, non è stato attivato il corso. E questi sono docenti che lavorano e che, quindi, sono costretti a farsi anche centinaia di chilometri. Abbiamo, infatti, per esempio, da Genova verso Pisa, ma potrei citare molti casi della stessa Lombardia. E quanto rilevato descrive uno stato di estrema e grave incertezza e di disomogeneità tra ambiti territoriali nonché tra ambiti disciplinari, stato che ostacola gravemente la rapida applicazione delle norme.
  Allora, chiedo al Governo come intenda intervenire al fine di garantire al personale scolastico interessato il diritto ad avere i citati corsi indispensabili per i loro percorsi professionali, ottemperando, peraltro, alle norme vigenti, del decreto ministeriale, lo ribadisco, n. 81 del 2013, nota 2352 del 30 ottobre 2013, e, ancora, insomma, una normativa che è indubbiamente fitta.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Roberto Reggi, ha facoltà di rispondere.

  ROBERTO REGGI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con riferimento alle questioni sollevate dall'onorevole Malpezzi e dagli altri onorevoli interpellanti sull'avvio dei percorsi abilitanti speciali, ricordo che l'avvio dei suddetti percorsi ha senza dubbio riscontrato dei ritardi tali da non consentire, purtroppo, la conclusione in tempo utile per il prossimo aggiornamento triennale delle graduatorie d'istituto. Verificheremo che i predetti percorsi vengano attivati per tutte le classi di concorso. In tale contesto, potranno essere altresì risolte le difficoltà segnalate per i PAS con un numero particolarmente limitato di aspiranti.
  Quanto all'attivazione dei percorsi abilitanti speciali per la scuola dell'infanzia e la scuola primaria, gli uffici del Ministero stanno svolgendo i dovuti approfondimenti in relazione a quanto stabilito dal Consiglio di Stato in merito al valore abilitante del diploma di scuola magistrale. Anche tale questione potrà essere affrontata in occasione del prossimo aggiornamento delle graduatorie di istituto. Con riferimento alla classe di concorso A077 (insegnamento dello strumento musicale), i PAS sono stati introdotti dal decreto ministeriale 25 marzo 2013, n. 81, che ha modificato il regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti e il Ministero ha già dato indicazione ai direttori dei conservatori di musica di attivare i predetti percorsi.
  Mi riservo di approfondire la questione dei costi del percorso formativo, fermo restando che si tratta di decisioni riservate ai singoli atenei. Per quanto riguarda, invece, i corsi di specializzazione sul sostegno rivolti ai docenti di ruolo appartenenti a classi di concorso in esubero è stato effettuato il monitoraggio attento dei soggetti interessati. Si confida, quindi, in una prossima attivazione dei corsi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Malpezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, mi ritengo, sottosegretario, parzialmente soddisfatta perché è chiaro che, dalle parole del sottosegretario c’è una grande attenzione a fare in modo che tutto possa svolgersi nel miglior modo possibile, ma il problema è che noi siamo comunque in ritardo. Io apprezzo la volontà di monitorare la situazione, di provare a spingere affinché tutto si svolga come dovrebbe svolgersi e come per decreto deve svolgersi, tuttavia dobbiamo anche qui fare un esame di coscienza ed un'analisi forse molto più approfondita. I PAS in questo modo stanno dimostrando di non funzionare. Non possiamo chiedere ai nostri docenti di abilitarsi in questo modo, modificando poi le regole: dire concorso di sei mesi e poi accettare che diventi di tre, perché se a questo punto i percorsi abilitanti speciali nascevano per consolidare alcune competenze, per migliorare la metodologia didattica e quella era la tempistica, ricordiamoci che era Pag. 38stata preventivata, ricordiamoci però che questi sono insegnanti che insegnano almeno da tre anni e sono insegnanti a cui noi abbiamo affidato – noi come Stato – le classi dei nostri figli e dei nostri ragazzi perché per anni non abbiamo bandito concorsi e non abbiamo fatto in modo di risolvere questo problema. Capisco, sottosegretario, non è una responsabilità sua, provocata da lei o da questo Governo, però adesso stiamo governando e governare significa anche provare a dare una risposta a questi problemi.
  Conoscendo il suo attivismo e la capacità di seguire proprio il problema che le viene anche dalla sua lunga esperienza amministrativa come sindaco, posso dire che sono sicura che non abbandonerà il fronte e che, quindi, continuerà a verificare che tutto si svolga, che si svolga in un tempo presente e non futuro. E mi aspetto anche che ci sia una spinta del Governo affinché gli insegnanti che, non per volontà, ma per cattiva organizzazione delle università si troveranno a non poter completare il percorso entro l'aggiornamento delle graduatorie di istituto, vengano almeno inseriti con riserva perché, se non altro, questo non dipende da loro. Potrebbe essere appunto un'opportunità.
  Detto questo, io stessa e il Partito Democratico rimarremo «sul pezzo» e siamo pronti ad aprire anche tutte le altre questioni, come abbiamo già avuto modo di dire più volte, anche confrontandoci con lei. Rimane ancora sospesa la questione del tirocinio formativo attivo, del TFA, che per noi ha altrettanto valore e deve essere seguito. Non sappiamo se il secondo ciclo partirà o meno: infatti il decreto c’è ed è fermo alla Ragioneria di Stato, quindi forse è il caso di sbloccare anche questo e forse, io mi dico vale la pena che questo Governo si cimenti anche su una nuova visione della figura dell'insegnante e, quindi, su quale modello noi desideriamo avere per la formazione futura con una rivisitazione proprio dello stesso percorso universitario.
  Ricordo che noi oggi abbiamo la laurea abilitante solo per scienze della formazione primaria o con indirizzo anche sull'infanzia, ma non per le altre discipline. Siamo ancora nel regime transitorio: è il caso che adesso proprio ci si metta anche a stabilire quale sarà il regime definitivo.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'istituto comprensivo di Bucine, in provincia di Arezzo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Iniziative volte a valutare l'attività delle commissioni incaricate della selezione per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale – n. 2-00470)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Binetti n. 2-00470, concernente iniziative volte a valutare l'attività delle commissioni incaricate della selezione per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, si sono conclusi in questi giorni – credo – i lavori delle ultime commissioni, e devo dire che ciò che colpisce di più in quest'operazione, che era stata salutata da tutte le università italiane come un'operazione trasparenza, un'operazione che avrebbe permesso di uscire fuori da quelli che sono considerati da tutti gli steccati baronali, quelli per cui i concorsi locali finiscono per privilegiare i candidati delle diverse sedi, è che con questa logica dell'abilitazione scientifica nazionale si era presentata una grande opportunità di un rinnovamento costruttivo positivo, meritocratico, delle nostre università. Di fatto, però, proprio adesso che si stanno concludendo queste operazioni emergono, drammaticamente, in tante diverse facoltà, in tanti diversi settori scientifico-disciplinari, in tanti ambiti concorsuali, davvero delle scorrettezze che hanno caratterizzato l'iter del lavoro delle commissioni.Pag. 39
  Circa un mese fa avevo presentato, all'inizio, un'interpellanza analoga, che riguardava un settore scientifico-disciplinare, quello di cui io sono in qualche modo più competente, quello della storia della medicina, settore scientifico-disciplinare molto piccolo, settore scientifico-disciplinare che in qualche modo viene affidato al più grande settore scientifico-disciplinare che è quello della patologia generale, chiedendo poi pareri pro veritate ad una coppia di docenti ordinari che avrebbe dovuto esprimere in questo caso il parere di competenza specifica affidato ai candidati esaminati dai patologi generali. È evidente la differenza che c’è tra la competenza specifica di un docente di storia della medicina, che utilizza categorie logiche, categorie della ricerca più vicine alla storia, più vicine alla filosofia, più vicine alla bioetica, con quelle che sono le competenze strettamente e squisitamente sperimentali dei patologi generali. In quel momento mi era sembrato che il problema riguardasse quel settore scientifico-disciplinare, in quel contesto, in una condizione di debolezza strutturale di un piccolo settore, affidato a un più grande settore, che evidentemente non riusciva a cogliere fino in fondo le logiche del settore, chiamiamolo così, «minore» affidato alle sue cure. Bene, devo dire che da quel momento in poi è stato tutto un esplodere di situazioni di ambiti molto più vasti: penso a quello che è successo con gli architetti, con persone di grande fama internazionale. Non dobbiamo immaginare che la documentazione del lavoro scientifico di una persona si consumi solo nell'articolo scritto, si esprime anche attraverso i segni concreti; in questo caso il lavoro architettonico, il progetto architettonico sono di per sé una pubblicazione scientifica, peraltro, in questi casi specifici sottoposta non solo a quella che è l'opinione pubblica, per la sua stessa visibilità, ma sottoposta a pareri di esperti internazionali. È successo questo in economia, dove, lei, signor sottosegretario, sa meglio di me che ci sono economisti di tutto il mondo che si sono espressi in senso contrario rispetto alle valutazioni fatte dalla commissione, in più c’è tutta una serie di Nobel che hanno detto: ma con quali criteri è stata fatta questa selezione ? Ci sono, lo riporto anche nella mia interpellanza, signor sottosegretario, passaggi con giudizi pesanti, offensivi, che sono agli atti, che sono agli atti, che il Ministero non può ignorare, giudizi di valutazione sulle persone che banalizzano il lavoro, che mortificano quella che è la categoria scientifica delle persone.
  Evidentemente qualcosa non ha funzionato in questo sistema; non è che non ha funzionato in un settore; non è che non ha funzionato perché c’è stato l'arroccamento ideologico, potremmo dire, in certi casi, perfino la vendetta accademica che si è scaricata su alcuni candidati. Ci sono casi, documentati, perché mi risulta che siano state mandate lettere molto documentate, ricorsi molto concreti, molto precisi; per altri non è stato mandato un ricorso, mi spiace dirlo, anche per paura, poiché la prossima tornata è affidata agli stessi commissari, qualcuno ha avuto paura di fare ricorso, paura di finire in quel tunnel in cui c’è una sorta di stigma che poi ti accompagna in tutta la tua vita accademica.
  Ma io credo che siano talmente tanti, variegati e trasversali... e penso al settore dell'astrofisica, penso al settore della geofisica, penso anche al settore della filosofia morale; quindi, settori veramente molto diversi tra di loro, in cui c’è una documentata dimostrazione della inefficienza di un sistema che, ancora una volta, ha privilegiato alcuni ai danni di altri, che ha giudicato frettolosamente coloro che probabilmente non erano, come dire, «accompagnati» da segnalazione e che ha mortificato davvero.
  Penso, per esempio, alla difformità di certi criteri: in alcuni settori, per esempio, si è apprezzata molto la dimensione scientifica specifica. Sappiamo tutti che, mentre l'assistenza si fa sugli ampi problemi, la ricerca scientifica è sempre ricerca scientifica di qualcosa di molto circoscritto e di molto puntuale, per cui vi sono stati candidati che sono stati bocciati perché presentavano una produzione scientifica, Pag. 40precisa, puntuale, circoscritta ad ambiti concreti, mentre invece magari è stata privilegiata la produzione scientifica di chi, spaziando dalla «a» alla «z», dimostrerà probabilmente anche ampiezza di orizzonti, ma certamente non rigore della metodologia, sicuramente non conoscenza approfondita di quelle categorie. Questo riguarda tutti gli ambiti.
  Ora, questo voglio farlo presente anche nella mia interpellanza e faccio riferimento a una cosa che è agli atti; il sottosegretario Rossi-Doria, rispondendo al precedente atto di sindacato ispettivo, aveva, come dire, alzato le mani dicendo: il lavoro delle commissioni non è competenza del Ministero. Il Ministero firma tutti questi atti, quindi in qualche modo ne assume una responsabilità, ma quando il Ministero si trova di fronte a una complessità, a una trasversalità e a un'estensione di valutazioni negative, che cosa fa ? Rimanda genericamente alle prossime tornate ? O, peggio ancora – perché è la voce che corre – dice: adesso faremo uno stop, rivedremo i criteri. Chissà quando ripartiremo, tutti sappiamo che questa tornata è partita dopo molti anni di silenzio. Quindi, oltre l'umiliazione, la beffa: non sei stato idoneo ora e poi, non ti preoccupare, aspetta seduto che magari tra cinque anni rivediamo i criteri e facciamo un'altra tornata.
  Ma non si tratta così l'università. Non si tratta così quello che da sempre è il «polmone formativo» delle nuove generazioni, dove nasce la ricerca, lo sviluppo, ma io dico una cosa di più, dove nasce la speranza di un'etica del lavoro professionale impostata su criteri di solidità nelle competenze, di rigore morale nelle valutazioni, di autentica meritocrazia.
  Questi concorsi hanno mortificato le competenze specifiche, hanno lasciato un sospetto pesantissimo sul clientelismo con cui sono stati affrontati, e lo hanno lasciato, peggio ancora, come una malattia sistemica contagiosa e praticamente quasi un'epidemia, perché ha attraversato tutti i settori scientifico-disciplinari.
  Ecco io faccio una richiesta, a nome dell'università, a nome di tanti colleghi, spesso a nome di colleghi più giovani, decisamente più giovani, come sono quelli che dovrebbero accedere all'abilitazione da associato o da ordinario. Io chiedo che sia fatta giustizia per queste persone, perché se la politica rinuncia a fare giustizia, rinuncia a dare voce: ma che diamine di politica stiamo facendo ?
  Ecco, io mi aspetto la risposta del sottosegretario: che sia una risposta, però, che davvero vada al cuore del problema e non ci giri intorno, perché, casomai fosse una risposta che ci gira intorno, non si preoccupi il sottosegretario perché ho già quella dell'interpellanza precedente, basta riciclarla, ha capito ? Se è per dire che il Ministero non c'entra, non ce lo dica, perché questi professori pensano ancora di essere all'interno del Ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Roberto Reggi, ha facoltà di rispondere.

  ROBERTO REGGI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il sistema dell'abilitazione scientifica nazionale è stato introdotto dalla legge n. 240 del 30 dicembre 2010 per assicurare un'elevata qualificazione della docenza universitaria italiana attraverso la valutazione dell'attività scientifica e del curriculum di coloro che aspirano ad entrare nella prima o nella seconda fascia dei professori universitari da parte di una commissione nazionale.
  Ciò differenzia tale sistema da quello precedentemente in vigore, nel quale la qualificazione alla docenza universitaria si conseguiva attraverso una valutazione effettuata nell'ambito di procedure bandite dalle singole università.
  La prima esperienza di attuazione dell'abilitazione scientifica ha, tuttavia, incontrato una serie di difficoltà, tra le quali rientrano quelle ricordate dall'onorevole Binetti, concernenti ricorsi e denunce proposte dai candidati – e, in alcuni casi, Pag. 41anche da associazioni scientifiche – in ordine ai risultati della procedura.
  Tali circostanze, come è stato segnalato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella presentazione delle linee programmatiche, potrebbero rallentare il meccanismo di assunzione dei docenti, fatto tanto più grave in quanto il reclutamento dei professori universitari è fermo dal 2008 e ha portato, quindi, la conseguenza che nelle università italiane si registra il corpo docente più anziano d'Europa e di entità non sufficiente alle esigenze.
  Il Ministro ha altresì dichiarato di voler apportare un'ampia opera di semplificazione delle procedure e della normativa in materia di università, al fine di valorizzare il corpo docente e la qualità dell'insegnamento e ha annunciato una prossima riflessione sull'abilitazione scientifica nazionale, assicurando, comunque, la definitiva conclusione del primo e del secondo ciclo dell'abilitazione scientifica.
  Per quanto riguarda gli interventi in via amministrativa che l'onorevole Binetti auspica sul lavoro delle singole commissioni, devo ricordare che non è nella facoltà dell'amministrazione di intervenire sui giudizi delle commissioni stesse. La normativa di riferimento non attribuisce un potere di approvazione degli atti al Ministero, il quale, pertanto, non può esercitare un sindacato di merito sui giudizi resi. Un intervento in senso diverso risulterebbe censurabile e, comunque, lesivo dell'autonomia e della discrezionalità tecnica delle commissioni.
  Sottolineo, comunque, che, a fronte delle contestazioni emerse sulle valutazioni finali, molte commissioni hanno effettuato una revisione dei giudizi, correggendo alcuni refusi o incongruenze ivi contenuti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario e non sono soddisfatta. Francamente, l'ultima battuta della correzione dei refusi, mi perdoni, se la potevano risparmiare, perché i refusi non cambiano la vita delle persone: possono cambiare la qualità estetica dell'atto, ma non certamente la vita delle persone.
  Quello che mi sembra importante è il riferimento che lei ha fatto: effettivamente, i concorsi erano fermi dal 2008, ma attenzione a cosa dice il Ministro. Il Ministro dice che la prima tornata e la seconda tornata si completeranno – quindi, a ottobre avremo i primi risultati –, ma questo fa sì che chi è stato escluso, mortificato e umiliato in questo e, evidentemente, per la tempistica non ha potuto partecipare alla seconda tornata, resterà escluso probabilmente per altri cinque anni.
  Non so se è chiaro, non è che «ci sarà»: io mi auguro bene che, invece, parta la nuova tornata, cioè che mandiate a casa questi commissari – esattamente come dice la legge, per cui più di due tornate non possono fare – e il Ministero assuma una responsabilità ben diversa rispetto alle prossime commissioni, che sia davvero a garanzia della qualità e dell'equità. Perché, sottosegretario, le cose sono emerse e lei le ha; perché io ho qui le lettere in copia, ormai, sapendo che mi occupo di questo tema, al Ministro Giannini in copia, sa quante ne ho ? Sicuramente meno di quelle che ha lei, e spero che qualcuno le legga.
  È stata fatta un'operazione di mistificazione nei confronti del rinnovamento, sicuramente di età – lei, giustamente, diceva che la classe docente italiana è la più vecchia –, ma è stata fatta, peggio ancora, una mistificazione della qualità, anche professionale, delle persone. Ci sono delle scorrettezze, ma così scorrette, che non è possibile.
  Vede, non credo che noi salveremo questo Paese esclusivamente, me lo lasci dire così, con un'etica di tipo proceduralista. Il Ministro dice: io non c'entro, se per caso prendessi la parola censurerei, se censurassi toglierei autonomia. Va bene, ma se questa autonomia è esercitata male ? Ma se non si fa giustizia alle persone ? Chi valuterà i valutatori ? Chi farà giustizia del sistema ?Pag. 42
  Guardi, noi siamo abituati, veniamo anche da un'esperienza recente che è stata l'esperienza che molti di noi hanno fatto alla Santa Messa con il Santo Padre in cui il Papa ha utilizzato un linguaggio che alcuni di noi fanno ancora fatica a digerire pienamente, un linguaggio con un appello molto forte al rischio della corruzione della classe dirigente. Ma non c’è solo la corruzione della classe dirigente politica, c’è la corruzione della classe dirigente accademica, c’è la corruzione di molte altre classi dirigenti, ma qualcuno dovrà pure intervenire su costoro, ma chi, a chi compete allora ?
  Quand'anche non fosse un problema di natura penale, ma fosse soltanto un problema di etica della docenza; ma noi avveleniamo ! Come diceva prima il collega Gigli, gli studenti vanno all'estero perché non accedono alla scuola di specializzazione. Ma sa quanti ricercatori vanno all'estero, quindi con un ulteriore investimento che è stato fatto, perché il sistema è un sistema respingente, non è un sistema equo ? Chi prenderà in mano questo ?
  Io sono molto contenta che il Ministero si faccia carico della ristrutturazione edilizia delle nostre scuole. Ma qualcuno si farà carico della «ristrutturazione morale» delle nostre scuole e della nostra università ? Qualcuno capirà che si può anche stare in una classe un po’ «sgarrupata» purché il docente che ha davanti, e lui stesso, si sia sentito soggetto di una selezione veramente meritocratica, perché soltanto in quel modo lui eserciterà nei confronti degli alunni una funzione altrettanto eticamente corretta, valutandone le competenze. Ma se lui stesso è frutto di un sistema, me lo lasci dire, corrotto, sarà ben difficile che possa esercitare questo.
  Allora, io non credo, sinceramente, non credo che il Ministero possa in qualche modo lavarsi le mani davanti a questo, non credo nemmeno che possa dire: basta ora ci fermiamo per altri cinque anni. Non credo nemmeno che a queste persone si possa dire: tra cinque anni potrete partecipare a un'altra selezione. Non lo si può fare, lo ripeto, non lo si può fare. Non possiamo fare le riforme del Senato o le riforme delle province e non immaginare che alla base di ogni riforma, in questo caso la riforma dell'università, ci debba essere un recupero forte dell'onestà, ma dell'onestà non declinata banalmente, dell'onestà come impegno forte. Non possiamo continuare a dire: a me non tocca; perché è uno «scaricabarile», lo stesso «scaricabarile» che ha ammazzato il Paese per tutti questi anni.
  Noi ci auguriamo davvero che, a un certo punto, qualcuno abbia il coraggio di dire: mi riguarda, mi tocca; e chi più del Ministro ? Mi riguarda... Tra l'altro, forse alcuni di noi avranno letto un articolo abbastanza puntuto che è uscito pochi giorni fa sul Corriere della Sera a proposito degli ultimi tre Ministri, tutti e tre rettori.
  Possiamo davvero dire che a tre Ministri rettori non riguardi questo tema ? Possibile che non riguardi la principale responsabilità di un rettore, la sua classe docente ? Gli riguarda eccome, e ne conosce bene tutte le pieghe del discorso, la complessità. Allora, sottosegretario se mi capiterà di incontrare direttamente il Ministro Giannini, farò presente quello che ho detto e farò presente l'insoddisfazione della risposta, ma l'insoddisfazione della risposta non può fermarsi qua. L'insoddisfazione della risposta è un atto di speranza che qualcosa cambi, e che cambi concretamente, rivolgendosi a questi docenti che sono stati inutilmente mortificati da una valutazione ingiusta e scorretta. Quindi che non li rimandi a tra cinque anni, che gli si permetta davvero di partecipare, ma garantendo. Il sorteggio; il sorteggio è un modo, come le domande a scelta multipla. È l'unico modo per non incappare nella contestazione, ma che sia proprio l'unica e la principale garanzia di tutti per essere certi dell'equità di una commissione sarebbe qualcosa che si potrebbe perfino eccepire. Quindi io mi auguro davvero che all'università si presti un'attenzione diversa, che si capisca che il rinnovamento principale passa attraverso la classe docente, non passa attraverso tante altre cose che ci piacerebbero. Il principale è la sua classe docente, perché Pag. 43è lì, in questa relazione tra il docente e lo studente che si forma davvero la classe dirigente del futuro.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 7 aprile 2014, alle 14:

  1. – Discussione della proposta di legge:
   S. 1224-1256-1304-1305 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: FEDELI ed altri; ALBERTI CASELLATI ed altri; AMORUSO; CALDEROLI: Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante norme per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell'anno 2014 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 2213).

  e delle abbinate proposte di legge: CICU; MOSCA ed altri; CAPELLI ed altri; MARGUERETTAZ ed altri; VARGIU; BRUNO BOSSIO ed altri; FRANCESCO SANNA ed altri; BALDUZZI ed altri; PISICCHIO; MIGLIORE ed altri (C. 144-792-958-1216-1357-1473-1545-1878-1916-1933).
  — Relatore: Sisto.

  2. – Discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche (C. 2162-A).
  — Relatori: Melilli (per la V Commissione) e Bernardo (per la VI Commissione), per la maggioranza; Busin, di minoranza.

  La seduta termina alle 12,55.

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