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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 168 di giovedì 6 febbraio 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 12.

  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 febbraio 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Berretta, Michele Bordo, Brambilla, Caparini, Cicu, Dellai, Epifani, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Guerra, Leone, Losacco, Manciulli, Giorgia Meloni, Miotto, Pes, Ravetto, Andrea Romano, Speranza, Turco, Valentini e Vargiu sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria. (A.C. 1921-A/R) (ore 12,06).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1921-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.
  Ricordo che nella seduta di ieri si è esaurito l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 1921-A/R)

  PRESIDENTE. Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva delle dichiarazione di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
  Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bruno. Ne ha facoltà.

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  FRANCO BRUNO. Signor Presidente, noi riteniamo questo un provvedimento utile per affrontare il problema di un bilanciamento tra i diritti fondamentali delle persone dei detenuti e le inderogabili esigenze di sicurezza dei cittadini, considerate le inumani attuali condizioni di sovraffollamento carcerario. Non è affatto un indulto, neanche mascherato. Purtroppo non è così. Con un clima sociale e politico più sereno sarebbe quantomeno complicato pensare alla necessità di un atto di clemenza nel nostro Paese. La collettività stabilisce per legge le pene a cui sottoporre chi compie un reato: aggiungere la pena aggiuntiva della disumanità, legata al sovraffollamento carcerario, non è un atto di forza, ma di vigliaccheria e di cedimento nei confronti della nostra Costituzione e dei suoi valori.
  Poi, oltre l'emergenza, c’è il problema del lungo periodo. Una questione riguarda le pene, ma il breve tempo della dichiarazione di voto non mi consente di affrontarla. L'altra riguarda la parte strutturale. Noi siamo convinti che bisogna cambiare mentalità ed impostazione. Con i numeri che abbiamo di detenuti ed agenti, il vecchio sistema di controllo individuale, uomo a uomo, è pressoché impossibile. C’è bisogno di investire sulla tecnologia della sicurezza sia nelle strutture che nella gestione carceraria (braccialetti elettronici, gps, telecamere e via dicendo), ma soprattutto bisogna ripensare culturalmente il luogo del carcere.
  Un tempo le grandi culture e le grandi tradizioni del nostro Paese, quella cattolica, quella di sinistra, quella liberale, avevano un'idea persino sull'architettura delle carceri e sull'urbanistica. Tutte venivano costruite nel centro delle città, come gli ospedali, a ricordare ad ognuno di noi le condizioni umane e i luoghi della sofferenza. Oggi cedere alle derive populiste e giustizialiste di subcultura, rappresentate da alcuni movimenti anche in questo Parlamento – penso alla Lega Nord, a un pezzo di destra e, per alcuni versi, anche al MoVimento 5 Stelle –, rischierebbe di vanificare ogni nostro sforzo, compreso quello odierno. Io penso che vada evitato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, signora Ministra, questo decreto, con imperdonabile ritardo, pone in parte rimedio alla drammatica situazione carceraria, che ha portato il nostro Paese alla condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Non si tratta, come affermano i colleghi leghisti, di fare un favore a mafiosi, stupratori e assassini e neppure di venire meno alla richiesta di sicurezza avanzata dei cittadini ma, come ha ricordato il Presidente Napolitano, di sanare quella violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica «proibizione della tortura», pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa del sovraffollamento carcerario.
  Vogliamo, anzi dobbiamo, riportare le carceri nei canoni di un minimo di civiltà, oltre che evitare sanzioni economiche pesanti da parte della Corte europea, minimo di civiltà e maggiore sicurezza, perché in presenza di pene alternative e di attività di reinserimento dei detenuti il tasso di recidiva crolla.
  Una volta approvato il decreto dobbiamo però andare oltre ed affrontare il tema della riforma giudiziaria, a cominciare da quella del codice penale, da una drastica riduzione dei tempi giudiziari e da qualche ragionamento critico sul lavoro dei magistrati.
  Prima di concludere una nota di soddisfazione. Il decreto che ci accingiamo a votare recepisce la risoluzione della componente socialista, secondo la quale gli immigrati che hanno commesso reati vanno identificati – sto terminando – durante e non dopo l'espiazione della pena.
  Questo consentirà un drastico svuotamento dei CIE e la loro progressiva chiusura.Pag. 3
  Annunciando il voto favorevole dei socialisti, concludo citando non il nostro Cesare Beccaria che ci ha dato, oltre due secoli fa, una lezione attualissima, ma il filosofo francese Montesquieu: «Ogni pena che non derivi dall'assoluta necessità è tirannica».

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

  ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, Ministro, affrontiamo un provvedimento difficile per le ultime considerazioni che ho ascoltato, perché abbiamo oltre 64 mila detenuti di cui oltre 24 mila in attesa di giudizio e sui quali sappiamo che per un terzo poi arriverà una assoluzione. Sono dati che ha fornito lei in Commissione. In questa situazione e con i problemi sociali che possono derivare da qualunque atto che, in qualche modo, possa essere interpretato, anche se così non è, come un atto di clemenza, siamo sotto sentenza della Corte di Strasburgo che ci condanna e ci condanna pesantemente. Abbiamo un messaggio chiaro del Presidente della Repubblica che ha avuto modo di dire che il nostro sistema carcerario, la disfunzione dello stesso, testuali parole, trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano.
  Sono questioni che abbiamo di fronte e che ci inducono a dare, come abbiamo fatto con la questione di fiducia e faremo oggi, il voto favorevole a questo provvedimento, ma che ci inducono anche a chiederle di valutare con attenzione quello che veniva detto e quello che le stiamo dicendo rispetto ai malfunzionamenti che determinano una situazione non compatibile con un popolo civile quale quello italiano è. Io ero in quest'Aula, a novembre del 2002, e voglio ricordare a quest'Aula le parole di Giovanni Paolo II, noi abbiamo ancora un problema davanti. Lui, in riferimento ai detenuti e alle nostre carceri diceva: «(...) nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro, mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità che non mancherebbe di stimolare l'impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società». Queste sono cose sulle quali la politica ha il dovere di interrogarsi, la politica ha il dovere di interrogarsi e dare risposte. Il nostro Ministro ha il dovere di fare proposte concrete sapendo bene che il provvedimento che votiamo oggi, che non possiamo non votare positivamente, perché incide in qualche modo sulla situazione che descrivevo all'inizio, è un provvedimento che non basta. Noi abbiamo di fronte altre cose da fare e, sommessamente, solleciterei anche il recupero di un piano di edilizia carceraria che in qualche modo poi, chissà perché, si è perduto nei meandri e, nonostante, avesse già cospicui finanziamenti non ha mai trovato attuazione.
  Buon lavoro Ministro, Centro Democratico non farà mancare il sostegno a questo provvedimento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ottobre. Ne ha facoltà.

  MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, signora Ministro, voteremo a favore del provvedimento per la ragione fondamentale che la situazione delle carceri italiane non è accettabile, sanzionata in sede europea, richiamata con allarme dal Presidente della Repubblica Napolitano nel suo messaggio alle Camere. La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sullo stato delle carceri – ha giustamente avvertito il Presidente della Repubblica – comporterà costi enormi all'Italia se non si interverrà in modo adeguato. Non vi sono altre ragioni, perché nel merito il decreto-legge presenta molti aspetti critici e rinvia decisioni strutturali che sono state annunciate dal Governo, ma che devono trovare un'effettiva attuazione. Il Ministro della giustizia ha annunciato un piano carceri del Governo, ha affermato che a breve termine sarebbe stata proposta una riforma Pag. 4della giustizia penale, ha sostenuto che le riforme possibili sono quelle che danno maggiori garanzie di buon funzionamento. Considerazioni e impegni necessari, ma anche sotto questo profilo ciò che chiediamo al Governo è maggiore e concreta determinazione. È vero che a differenza dei provvedimenti di indulto e amnistia, le misure previste nel provvedimento debbono sottostare alla valutazione e alla prescrizione di un giudice e dunque non introducono meccanismi automatici. Sotto questo profilo il decreto-legge interviene, come anche richiesto dall'Europa, in ordine alle procedure relative alla magistratura di sorveglianza, tuttavia nonostante le modifiche introdotte in sede di Commissione non è possibile sottovalutare che anche questo decreto-legge contribuisce al senso di allarme che c’è nel Paese ogni volta che si interviene sul sovrappopolamento penitenziario e sicuramente con logiche emergenziali che mettono in discussione le esigenze di sicurezza e il principio della certezza della pena.
  Il Paese attende. Le forze di sicurezza, la polizia penitenziaria e i magistrati giudicano con gravità le condizioni del nostro sistema penitenziario e nel contempo chiedono misure adeguate ad una maggiore tutela del loro ruolo. Le gravi carenze di organico e di risorse economiche della polizia penitenziaria, ad esempio, devono essere una priorità nell'azione di Governo. Occorre costruire nuove carceri, modernizzare quelle esistenti. Come provincia autonoma di Trento siamo passati ai fatti costruendo a spese della provincia il nuovo penitenziario che è attualmente in funzione. La riforma della custodia cautelare restituisce alla carcerazione preventiva la sua natura di extrema ratio, una condizione normale in uno Stato di diritto. Ma lo Stato di diritto non deve dimenticare in primo luogo la condizione di chi opera per garantire i cittadini e la domanda di sicurezza che c’è nel Paese. La finalità rieducativa della pena e l'adozione di misure alternative alla detenzione sono aspetti delicati e complessi. Il Ministro della giustizia ha sostenuto che occorre non limitarsi ad una mera esecuzione burocratica della sentenza di Strasburgo e che sia opportuno cogliere questa occasione per avviare una profonda revisione del modello di detenzione. Sono impegni che prendiamo in considerazione, ma che non sono compatibili con interventi emergenziali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Totaro. Ne ha facoltà.

  ACHILLE TOTARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, dopo dieci mesi dall'insediamento di questo Governo siete a fare di nuovo il quarto «svuota carceri». Con la questione seria che si pone del sovraffollamento carcerario voi rispondete con questi provvedimenti che non servono a niente, servono solo a penalizzare i cittadini che subiscono i reati. Nessuno intervento strutturale sul sovraffollamento delle carceri. Chiacchiere, discorsi che fate ormai da anni, come sul tema, ad esempio, delle strutture carcerarie mai aperte. Sono 38 i penitenziari in Italia che rimangono chiusi: una vergogna nazionale. Soldi spesi dai contribuenti per pagare delle strutture che continuano a rimanere chiuse. Trentotto ! Silenzio assoluto su questa cosa. Niente ! E ancora, non intervenite su un'altra vergogna tipica italiana, almeno per quanto riguarda l'Europa, che è quella della presenza nei nostri penitenziari di persone che sono in attesa di giudizio. Su quello non dite niente e non fate niente. Addirittura, abbiamo visto questo Parlamento respingere un ordine del giorno in materia, presentato dall'onorevole La Russa, che chiedeva un intervento del Governo per risolvere questa vergogna di persone che sono detenute nelle nostre patrie galere che poi magari saranno assolte. Si parla di migliaia e migliaia di persone. Su questo dovete intervenire, perché quella è la vergogna: persone che scontano mesi, giorni, anni di carcere e poi magari vengono assolte dopo sentenze passate in giudicato. Su questo non fate niente e Pag. 5invece intervenite su coloro che hanno commesso dei reati dandogli degli sconti di pena, facendo un indulto mascherato. Qualcuno dice che non è un indulto: ma che cos’è quando si dice a qualcuno che lo sconto premio non è di tre mesi ogni anno di carcere ma di cinque mesi ogni anno di carcere ? Si interviene su questo. All'inizio, in questo decreto che avete emanato in Consiglio dei ministri, caro Ministro e cari signori del Governo, avevate messo anche reati gravissimi, che hanno fatto arrabbiare giustamente molti importanti magistrati che lottano contro la criminalità organizzata. Avevate messo nel decreto, e c’è ancora, fin quando non sarà convertito in legge, che avrebbero usufruito dei benefici del decreto i colpevoli di reati riguardanti la criminalità organizzata, il terrorismo, il sequestro di persona, la violenza sessuale, lo stupro di gruppo. Avevate messo anche questi. Ma io vorrei sapere, quando siete riuniti in Consiglio dei ministri, vi accorgete di queste cose oppure no ? È un po’ strano. È un po’ strana questa situazione. Quando si tratta di delinquenti e di amici banchieri non vi accorgerete mai di niente e i regali vengono fatti a prescindere. È una cosa inaccettabile ! Li avevate messi, poi sono intervenute la Commissione e le forze politiche che sono in Commissione – noi non ci siamo, come Fratelli d'Italia, perché abbiamo solo nove parlamentari – che hanno cambiato questa disposizione del decreto; però l'avevate messo, l'avete lasciato in questo decreto che andiamo ad approvare ovviamente con il nostro voto contrario.
  L'avete lasciato – ed è bene che i cittadini lo sappiano – sconti pena per chi viene condannato in maniera definitiva per reati che riguardano rapina, scippo, furto in abitazione, furto aggravato: andateglielo a spiegare ora in campagna elettorale ai cittadini, quando andrete a parlare di sicurezza nelle città, che chi commette questi reati alla fine non sconta un giorno di galera perché tra quando li date in affidamento e agli arresti domiciliari, e poi viene condannato e gli si fa lo sconto pena, alla fine nessuno sconterà la pena fino in fondo. Andateglielo a raccontare ai cittadini ora in campagna elettorale, quando vi riempirete la bocca di sicurezza nelle nostre città.
  Avete messo anche questi reati, ancora: lesioni, minacce, usura, spaccio di droga, omicidio colposo e preterintenzionale, evasione, truffa, maltrattamenti in famiglia, stalking, disastro colposo. Andateglielo a dire alle popolazioni ad esempio dell'Emilia, che in questi giorni stanno vivendo quella situazione, che nessuno pagherà: di situazioni in cui c’è stato qualcuno che se n’è fregato di intervenire in certe situazioni. Bravi, complementi: continuate con questo modo di intervenire a fronte di problemi che riguardano le strutture carcerarie e il sovraffollamento. Ripeto: nessun intervento sulle questioni strutturali che riguardano il problema, interventi premiali che premiano coloro che hanno commesso dei delitti e sono recidivi. Voi premiate anche i recidivi ! È un incentivo a continuare a commettere errori, a commettere sbagli: altro che recupero ! Voi incentivate le persone che commettono questi delitti a continuare a farli.
  E allora francamente sono risibili le posizioni di qualcuno che parla del sovraffollamento carcerario, di qualcuno della sinistra che dice che il sovraffollamento carcerario riguarda il reato di clandestinità. Ma ci siete mai andati in un penitenziario ? Ma di cosa state parlando ? Chi sta lì dentro – e i detenuti stranieri sono il 35 per cento su scala nazionale, ma sui penitenziari del centro-nord parliamo del 60-70 per cento in molti penitenziari di persone straniere che risiedono nelle nostre carceri – non sono lì per il reato di clandestinità: sono lì perché hanno commesso reati gravissimi, come il furto, come la violenza, come lo spaccio di droga. Ma di che state parlando, del reato di clandestinità ?
  Siete in malafede, quando da qui a poco in campagna elettorale andrete a raccontare agli italiani che siete per la sicurezza. Mi voglio rivolgere al Partito Democratico, che ora ha il nuovo segretario, questo nuovo messia che viene a dirci come si deve comportare la politica Pag. 6in Italia; che cosa ha fatto nell'ultimo periodo ? Ha detto che era per l'amnistia e l'indulto, aveva firmato perché Marco Pannella faceva lo sciopero della fame per l'amnistia e l'indulto; poi, quando ci sono state le elezioni per le primarie, ha cambiato idea: no, amnistia e indulto no. Adesso in Parlamento il suo partito – lui è il segretario del Partito Democratico – voterà questa legge vergogna che permette a delinquenti incalliti di continuare ad uscire dalle patrie galere indisturbati a commettere certi reati. Questa è la logica che vi porta a votare questi provvedimenti !
  E ancora poi lo sentiamo parlare il vostro segretario del Partito Democratico, che lui è contro il reato di clandestinità: ma cosa volete fare, signore e signori ? Ma cosa pensate, che i magistrati o gli appartenenti alle forze dell'ordine si divertono ad arrestare cittadini stranieri ? O forse perché è una patologia, questa, che ci siano cittadini stranieri qua che arrivano senza né arte né parte, che non hanno un lavoro, che non hanno una casa ? Che in molti casi purtroppo persone deboli vanno a morire sotto i ponti, nel silenzio generale ? Questa non è solidarietà, non è bel niente, è demagogia bella e buona. E poi dopo semmai vanno ad ingrossare altri, vanno ad ingrossare le fila della criminalità diffusa, a commettere reati; e ci sono sempre più cittadini italiani che sono vittime di questi reati, che subiscono sulla propria pelle questi reati, e sono le persone più deboli che abitano le nostre città, indifese. E voi in silenzio totale, con nonchalance, intervenite su questi temi dicendo, come ha fatto il segretario del PD: uno dei miei programmi, Renzi ha detto, sarà quello di eliminare il reato di clandestinità. Prego, si accomodino tutti in Italia, vengano da tutte le parti, senza arte né parte.
  E poi qualcuno di voi, anche in malafede, continua a fare il paragone con gli italiani che andavano a lavorare all'estero: ma di che state parlando ? Ma la conoscete la storia dei nostri italiani che andavano a lavorare all'estero, che se non avevano un contratto di lavoro, una casa dove andare a risiedere in Svizzera, in Germania, in Belgio, a fare i lavori più umili, dove sono morti, nelle miniere, dovevano avere un contratto di lavoro, altrimenti venivano rispediti a casa.
  Di che state parlando ? Non sapete di cosa parlate e allora dite «aboliamo il reato di clandestinità». Bene, arrivano qua senza una casa, senza un lavoro; attraverso una legge bisogna vincolare la loro presenza sul territorio altrimenti si va a morire sotto i ponti, ed è una vergogna, oppure a ingrossare le file della criminalità diffusa che poi pesa sulla gente, sui nostri cittadini, sulle persone che vivono del proprio lavoro, che hanno mille problemi per arrivare a fine mese, che semmai subiscono il furto – e termino Presidente – nella propria abitazione, che è un reato gravissimo, e che non hanno niente, hanno semmai quella cosa cara che si portano dietro...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Totaro. Per favore, lasciamo libero il banco del Governo, grazie.

  ACHILLE TOTARO. Termino Presidente. Semmai hanno quella cosa che gli è rimasta dei propri genitori, di qualcheduno che gli ha lasciato una cosa cara e gli viene sottratta anche quella e tutto questo rimane impunito.
  Sarete complici di questa situazione, di questi crimini che si verificheranno sulla pelle di tanti italiani. Noi come Fratelli d'Italia staremo dalla parte dei cittadini italiani onesti, perbene, che continuano ad essere la spina dorsale importante di questa nazione. Siamo fieri di votare contro questa legge vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, colleghi, vedete se esistono i potenziali stupratori, come li ha definiti la «vostra» Presidente della Camera, tanto per intenderci gli stupratori da tastiera, da blog, da Pag. 7social network, gente frustrata e insoddisfatta i cui pensieri da tastiera, da mondo virtuale, vanno condannati, è altrettanto vero che nel mondo reale, nel mondo di tutti i giorni esistono gli stupratori veri, esistono i violentatori veri, gli assassini veri, i mafiosi veri quelli che voi oggi, Governo e Partito Democratico, con questo indulto rimettete in libertà.
  Liberate con questo indulto duecento criminali a settimana, mille nel solo mese di gennaio e vi chiedo come potrebbero sentirsi il papà e la mamma, non il genitore 1 o il genitore 2, il papà e la mamma di Maria Antonietta Multari, la ragazza di Sanremo che è stata barbaramente assassinata con quaranta coltellate da Luca Delfino, condannato a 19 anni di carcere e che, grazie a queste indulto, sarà libero dal 2015 anziché dal 2026 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  GIANCARLO GIORGETTI. Vergogna !

  NICOLA MOLTENI. Ve lo dico come si sentono i genitori di questa povera ragazza: indignati, mortificati, abbandonati, uccisi due volte ! Vi ricordo, caro Ministro, che oltre ai sessantamila delinquenti che stanno dentro il carcere, che voi tutelate e difendete, ci sono 60 milioni di italiani, di cittadini che stanno fuori dal carcere, che hanno scelto di vivere onestamente rispettando le regole, osservando le leggi e che voi state trattando come cittadini di serie B, esattamente come fate per gli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Prima loro e poi, forse se vi ricordate, arrivano i nostri cittadini. Non funziona così !
  Voi della sinistra non avete mai speso una parola, non una parola di condanna per quei tre poveri cristi milanesi (un disoccupato, un pensionato, un giovane) che sono stati uccisi a picconate da Mada Kabobo, un clandestino assassino che qualcuno voleva far passare per pazzo pur di farlo uscire dal carcere. Noi della Lega, i barbari e rozzi leghisti, ci siamo opposti, abbiamo protestato davanti al tribunale di Milano e Mada Kabobo è rimasto in galera, anche grazie ad una magistratura che, ogni tanto, si ricorda di funzionare.
  Altro che buonismo, altro che solidarietà, altro che perbenismo, altro che diritti e solo diritti dei detenuti, certezza della pena, efficacia della giustizia. Chi sbaglia paga ! Chi delinque viene punito ! Questo chiedono i 60 milioni di italiani che stanno fuori dalle galere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  E ancora, Ministro, Nicola Ribisi e Carmelo Vellini: chi sono queste due persone ? Sono virtuali e fantomatici stupratori da tastiera ? No, non sono stupratori da tastiera. Ribisi e Vellini sono due mafiosi, condannati per mafia che grazie al vostro indulto sono tornati in libertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Hanno goduto, cari amici della sinistra, della vostra liberazione anticipata speciale, del vostro premio, del vostro regalo di 75 giorni di sconto ogni sei mesi. Ogni dodici anni di condanna ne fanno sette in carcere e cinque di premio per buona condotta, alla faccia di chi la mafia l'ha combattuta e la combatte.
  Dove sono i professionisti dell'antimafia e delle parole ? Dove sono i «Saviano boys» ? Dove sono quelli che si indignavano con il Ministro Roberto Maroni, l'unico Ministro che ha combattuto con i fatti la mafia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ? Dove sono quelli che un giorno sì e un giorno no ricordano Falcone e Borsellino ? Ipocriti ! Siete degli ipocriti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  In un Paese normale, un Governo che firma e approva un decreto che salva e aiuta la mafia si sarebbe già dimesso e ora andrebbe cacciato a casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Cosa sarebbe successo se questo decreto fosse stato firmato da Roberto Maroni o da Roberto Castelli ? Cosa avrebbe scritto la Repubblica, cosa Pag. 8avrebbe detto l'associazione «Libera», cosa avrebbero detto don Ciotti e Saviano ? Invece, ora tutti zitti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  E ancora, Ministro, Governo, Partito Democratico di Renzi: spiegate ai cittadini, spiegate ai disoccupati, spiegate agli operai, spiegate ai lavoratori dell'Electrolux che nel decreto volevate dare 100 euro al giorno ai criminali e che solo grazie a un emendamento della Lega Nord ve lo abbiamo impedito; 600 milioni di euro come risarcimento per i criminali: uno scandalo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  E ancora, spiegate ai giovani senza lavoro che date 700 euro di incentivi, 700 euro di sgravi fiscali alle aziende che assumono detenuti o ex detenuti: 700 euro ! Quindi, se sei stato un delinquente avrai il lavoro e se sei stato un giovane onesto, che ha studiato, che si è comportato bene, niente, il marchio di disoccupato a vita (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Come sempre, cari amici del Partito Democratico, la vostra regola è la stessa: prima i delinquenti, poi la gente onesta; prima gli immigrati, poi i cittadini italiani.
  O ancora, andate a spiegare ai sindaci, che hanno i propri cittadini esasperati per i furti nelle abitazioni. Un furto ogni minuto, più 30 per cento di furti a Milano, più 29 per cento di furti a Bologna, 230 mila denunce di furti in abitazioni quest'anno. Andate a spiegare alle forze dell'ordine, a cui portiamo la nostra solidarietà e la nostra vicinanza, o agli agenti della polizia penitenziaria, che di notte arrestano i delinquenti e di giorno il Governo, cioè voi e il Partito Democratico, li mandate in libertà o li mandate ai domiciliari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Ai parlamentari del Partito Democratico e a tutti quei parlamentari che oggi voteranno questo vergognoso e indecente decreto «svuota carceri» vi dico: dovrete uscire da questo Palazzo, oggi, domani, dopodomani, e dovrete tornare a casa, sui vostri territori, nei vostri collegi, a spiegare questo indulto. Lo dovrete spiegare ai vostri cittadini, a chi ha subito un furto, a chi ha subito una rapina. Dovrete confrontarvi con la vostra coscienza. Noi, noi della Lega Nord, lo faremo, ma lo faremo senza doverci vergognare. Voi non lo so !
  Presidente, concludo. Noi della Lega siamo orgogliosi di aver fatto le barricate... (I deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie espongono uno striscione recante la scritta: «I criminali in galera»)

  PRESIDENTE. Colleghi della Lega, vi prego gentilmente, senza che io sia obbligato a chiedere...

  NICOLA MOLTENI. Vergogna ! Vergognatevi !

  PRESIDENTE. Grazie colleghi. I commessi gentilmente, grazie (gli assistenti parlamentari rimuovono lo striscione). Calma, per favore ! per favore ! per favore.

  NICOLA MOLTENI. Vergognatevi !

  PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Molteni.

  NICOLA MOLTENI. Presidente, si vergognino ! Concludo Presidente. Questa è la voce di libertà della Lega, Presidente, dei cittadini onesti, delle persone perbene (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Noi della Lega, Presidente, siamo orgogliosi di aver fatto le barricate contro questo indulto, soli contro tutti, il quarto indulto in nove mesi. Vergognatevi !

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Molteni.

  NICOLA MOLTENI. Siamo fieri – concludo Presidente – di denunciare la vergogna che state consumando in questo Parlamento. Siamo orgogliosi di stare dalla parte delle vittime, dalla parte delle forze di polizia, di essere gli unici coerenti sempre, contrari agli «svuota carceri», contrari alle depenalizzazioni, contrari a regali ai mafiosi e ai criminali, e di gridare al mondo intero che per noi la sicurezza Pag. 9è la priorità. Noi della Lega – e concludo – siamo in pochi in questo Parlamento, pochi a cui volete togliere la voce, ma non ci riuscirete, non potrete mai togliere la voce a chi lotta per la libertà e per la dignità, perché i cittadini onesti non ve lo consentiranno ! I criminali in galera, Ministro Cancellieri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, signora Ministro, onorevoli deputati, prendo la parola dopo un'ennesima sceneggiata in quest'Aula, dopo che abbiamo avuto... (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, colleghi della Lega ! Onorevole Marazziti, attenda un attimo. Colleghi della Lega, vi prego per favore di rispettare gli altri oratori, come loro hanno rispettato voi, anche in cose che non sono abituali, che non dovrebbero essere abituali in quest'Aula perlomeno, anche se ormai è un eufemismo una cosa del genere. Prego, onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI. Dopo che è stato interrotto il lavoro nelle Commissioni e che c’è stato uno scontro molto duro... (Scambio di apostrofi tra il deputato Piepoli e deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, siamo anche in diretta televisiva. Colleghi, vorrei evitare... onorevole Molteni, la prego ! Colleghi, vi prego. Prego, onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI. Il nostro sistema carcerario è da tempo in bancarotta. È ormai ufficialmente fuorilegge, condannato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, perché il sovraffollamento, le condizioni disumane in tanti istituti di pena, l'impossibilità pratica di programmi di riabilitazione e di cura offre un trattamento disumano e degradante, qualunque sia la ragione per cui in carcere si è finiti. È una pena in più che non è mai stata data al momento della condanna. Allora di che stiamo parlando con questo provvedimento che andiamo ad approvare ? Di rendere l'Italia più sicura, più legale e più umana al tempo stesso, di rompere il cerchio dell'illegalità. Questa è la posta in gioco. Noi siamo contro l'illegalità, contro la criminalità organizzata. Davvero pensiamo che le organizzazioni criminali offendono Dio e danneggiano il creato, che i corrotti danno pane avvelenato ai propri figli ?
  Chi commette un reato deve pagare, capire, scontare una condanna, essere aiutato a reinserirsi in una società, non solo nei film americani, ma anche nella vita vera, e soprattutto serve una mano amica e non una società nemica per uscire dal male. È un'Italia dura, cieca, quella di chi dice: più carcere senza se e senza ma. Questo carcere è un'Italia che purtroppo parla alla pancia, non pensa con la testa. Ma qui i condannati per costruire nuova legalità sono due; chi commette un reato sono due: i detenuti in carcere e l'Italia. Noi stiamo parlando di togliere l'Italia dall'illegalità. Noi siamo per la legalità tutta intera, anche l'Italia deve capire l'errore, risarcire, fare un passo in più verso i grandi Paesi civili fondatori dell'Europa, quale l'Italia è, il primo continente senza pena di morte. Allora, questo provvedimento che approviamo oggi è un passo per uscire dall'illegalità.
  Quale illegalità ? Duecentosei istituti di pena, 38.700 condannati definitivi, 24.300 in attesa di giudizio: uno su tre, di questi, non sarà mai condannato, le loro famiglie saranno sempre bollate come famiglie di gente che è stata in carcere; 47 mila posti regolamentari, ma i posti davvero utilizzabili sono 37 mila. Il sovraffollamento è del 150-180 per cento. Nessuno spazio di intimità, conflittualità, mai silenzio, sempre sul letto, in piedi a turno, gli spazi della ricreazione occupati da altri letti, in celle comuni più grandi. Disistima, cattivo Pag. 10odore, freddo, troppo freddo d'inverno, caldo, troppo caldo d'estate, rabbia, abulia, obesità, lasciarsi andare, disperazione. Così Regina Coeli, Poggioreale, San Vittore, 206 istituti di pena.
  Mille suicidi negli istituti italiani in quindici anni, 60 all'anno tra i detenuti, uno ogni mille detenuti, molti suicidi sventati dagli agenti di custodia, molte le morti improvvise per cause confuse. Le guardie carcerarie, gli agenti di custodia: noi siamo con loro (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia) ! Anche loro, sei-sette suicidi l'anno, uno ogni dieci detenuti che si tolgono la vita, dieci volte di più di quello che accade nel resto della popolazione italiana, cento volte di più i suicidi di chi è in questo carcere, altri italiani come noi. È la nostra pena di morte italiana, è l'indicatore terribile di una situazione malata. Il sistema è malato.
  Chi parla contro, chi chiede, come ha chiesto il MoVimento 5 Stelle, molte volte, cento volte, duecento volte, più carcere «senza se e senza ma», dice che questa pena di morte non gli importa, non gli importa degli italiani. Noi stiamo approvando un provvedimento che riduce i danni di questa malattia e va nella direzione della guarigione e di rendere sicura l'Italia.
  Bene, 24 mila persone in attesa di giudizio, custodia cautelare, che noi vogliamo accorciare: abbiamo lottato in quest'Aula per accorciarla, ma abbiamo avuto la loro opposizione. Bene. Abbiamo approvato una legge per le pene alternative alla pena carceraria per i reati per i quali il carcere non serve a niente e può essere dannoso. Misure alternative, come la semilibertà, l'affidamento alle comunità, i lavori socialmente utili. Bene, c’è stato uno sbarramento, c’è stata un'opposizione. Si raccontano delle balle: la balla è «si tratta di un indulto mascherato, si liberano gli stupratori, si liberano i mafiosi, si liberano gli omicidi».
  No, noi abbiamo tolto, abbiamo fatto sì che per i reati gravi non si possa accedere alla libertà anticipata straordinaria. Ma perché, la libertà anticipata straordinaria è contro la Costituzione ? È un'innovazione ? No, cari signori, cari italiani e cari colleghi: è la famosa buona condotta. Ogni sei mesi, a chi si comporta bene, vengono tolti, a fine pena, alcuni giorni da scontare. È un patto educativo, è perché il carcere funziona.
  Siamo stati sollecitati dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: nei tempi di crisi, lui rimane il padre della coscienza morale e della dignità dell'Italia. Da un lato, vi è chi urla e chi dice «i criminali in galera», e così si riempie la bocca. Bene, criminali in galera sì, ma non che noi usiamo il carcere per dare pene aggiuntive. Da un lato, vi è chi urla, chi chiede l’impeachment per il Presidente Napolitano; dall'altro, vi è un'Italia che vuole tornare civile.
  Lui, il Presidente Napolitano ci aiuta a tornare civili, migliori (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia). Noi, Per l'Italia, Popolari per l'Italia, stiamo dalla parte del Presidente Napolitano e dalla parte di questa civiltà. Concludo, Presidente: nessun indulto mascherato. La liberazione anticipata speciale è antica come il carcere, è il patto per far uscire quelli che cominciano a comportarsi bene, dopo avere capito l'errore, e quindi possiamo, poi, aiutarli a reinserirsi.
  Non basta costruire nuove carceri: è la ricetta che sentiremo, quando interverrà il collega del MoVimento 5 Stelle. Mancano 25 mila posti. In tre mesi ? Questa è una favola che neanche un bambino può sostenere, ma abbiamo avuto centinaia di interventi che hanno detto questo.
  La recidiva in Italia è il 67 per cento: due volte su tre, una persona che sconta tutta la pena commette un nuovo reato e torna in carcere. Questo carcere, così com’è, produce carcere ! Coloro che godono di benefici, coloro che entrano in un regime di semilibertà, che entrano in programmi educativi, anche coloro che hanno goduto dell'indulto – lo dico agli italiani che non lo sanno – sono diventati recidivi solo nel 30 per cento dei casi, cioè hanno commesso la metà dei reati di tutti coloro che finiscono di scontare la loro pena in cella. Allora, chi chiede più carcere senza se e senza ma non sa di che parla. Noi Pag. 11ascolteremo esperienze in cui il lavoro alternativo – esperienze di punta (Bollate, Giotto, Opera) – portano ad essere recidivi al 10 per cento, non al 60 o al 70 per cento.
  È la globalizzazione dell'indifferenza. Per questo i nostri colleghi non vogliono vedere quanto è utile questa legge. È l'idea infantile, arcaica, che tutto è sporco dentro il carcere e tutto è pulito fuori. Una società in bianco e nero. L'idea è che la rivoluzione è dirlo chiaro in faccia, ma poi siamo tutti più soli. Giustizia retributiva o giustizia riabilitativa ? Noi siamo per la giustizia che riabilita e che crede nell'essere umano. Papa Francesco, il Papa, davanti ai carcerati si chiede: «Perché lui è lì – ho concluso, Presidente – e non io, che ho tanti meriti e più meriti di lui per stare lì ?». Lui dice: «Gesù è in cella, accanto a chi sta in cella». Io ho paura di una società che diventa orgogliosamente impietosa: saremmo tutti più deboli e disumani. Diffidiamo dei moralizzatori senza pietà, perché presto, dentro quella morale, arrivano i pogrom, le gogne mediatiche e reali.
  Per questo, il gruppo Per l'Italia voterà con convinzione questa legge di conversione, per tornare più legali, più civili, più umani e per fare l'Italia più sicura (Applausi dei deputati dei gruppi Per L'Italia e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Molea. Colleghi, gentilmente, silenzio ! Grazie.

  BRUNO MOLEA. Grazie Presidente. Le motivazioni di necessità ed urgenza del decreto in esame sono da ricondurre all'esigenza di restituire ai soggetti reclusi la possibilità di un pieno esercizio dei diritti fondamentali e di affrontare in modo efficace l'ormai endemico sovraffollamento carcerario.
  Le innovazioni introdotte, alcune delle quali riprendono le proposte elaborate dalla commissione di studio costituita con decreto del Ministro della giustizia il 2 luglio 2013, operano su distinti piani.
  In sintesi, si prevede: come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, dell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del cosiddetto «braccialetto elettronico»; una procedura semplificata nella trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza; la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti; più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza; l'innalzamento da tre a quattro anni del limite di pena per l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale, con più ampi poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione; l'introduzione della liberazione anticipata speciale che porta da 45 a 75 giorni per semestre, per il periodo dal primo gennaio 2010 al 24 dicembre 2015; l'applicazione a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi; l'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dal Testo unico dell'immigrazione, insieme con uno snellimento delle procedure di identificazione, oltre all'istituzione presso il Ministero della giustizia del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; il differimento, inoltre, del termine di adozione dei regolamenti sugli specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese e le cooperative sociali che assumono detenuti.
  L'improcrastinabilità di misure legislative capaci di porre rimedio a questa grave situazione è stata recentemente evidenziata, oltre che dal messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2013. Sullo sfondo del suddetto intervento legislativo va, peraltro, ricordata Pag. 12la sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'8 gennaio 2013, che, condannando il nostro Paese, ha concesso all'Italia un anno di tempo per risolvere l'emergenza, sospendendo sino al maggio 2014 ogni ulteriore decisione. In tale pronunciamento la Corte ha constatato che la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non costituisce un caso isolato, ma è frutto di un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può in futuro interessare numerose persone.
  È stato ribadito a carico delle autorità statali un obbligo positivo che consiste nell'assicurare che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato a uno stato di sconforto né a una prova di intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza insita nella detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, anche la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in maniera adeguata. La Corte, constatando che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico, ha riconosciuto gli sforzi messi in campo dallo Stato italiano per contribuire a ridurre il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari e le sue inevitabili conseguenze.
  Quanto ai rimedi da adottare per far fronte a tale situazione, è stata rimarcata la necessità di ridurre il numero di persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure alternative alla detenzione e una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere.
  La gravità del problema è stata denunciata, con una diversa prospettiva, anche da parte della Corte dei conti, in sede di controllo sulla gestione del Ministero della giustizia nell'anno 2012, con una pronuncia sugli esiti dell'indagine relativa all'assistenza e la rieducazione dei detenuti. Essa ha evidenziato che il sovraffollamento carcerario – unitamente alla scarsità delle risorse disponibili – incide in modo assai negativo sulla possibilità di assicurare effettivi percorsi individualizzati, volti al reinserimento sociale dei detenuti.
  Viene così ad essere frustrato il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena previsto dall'articolo 27 della Costituzione. Proprio il richiamo a quest'ultima norma, unitamente ai principi posti dall'articolo 117 della nostra Carta fondamentale, qualifica come costituzionale il dovere di tutti i poteri dello Stato di risolvere, in via definitiva, il problema del sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea, adottando, quindi, tutte le misure necessarie al rispetto della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani.
  Laddove tale scadenza non venisse rispettata lo Stato italiano verrebbe condannato al pagamento degli equi indennizzi previsti dall'articolo 41 della Convenzione, a seguito dell'accoglimento dei numerosi ricorsi per ora sospesi e di quelli che potranno essere proposti a Strasburgo. Tali condanne andrebbero, peraltro, ad aggiungersi a quelle, anch'esse numerose, concernenti la durata non ragionevole dei processi con un costo enorme in termini economici e di immagine per quanto riguarda il nostro Paese.
  Le condizioni in cui attualmente versa il sistema carcerario italiano sono drammatiche e sono indegne per uno Stato civile: i detenuti sono oltre 64 mila, di questi il 35 per cento sono stranieri, contro una capienza, prevista nei 206 istituti di pena presenti sul territorio, di appena 47 mila posti. Quasi il 40 per cento di questi reclusi è costituito da persone in attesa di sentenza definitiva. Il numero dei suicidi e dei tentativi di suicidio rappresenta un altro sintomo inequivocabile di una situazione ormai divenuta insostenibile, tale da vanificare la possibilità di realizzare concretamente il fine rieducativo della pena previsto dall'articolo 27 della Costituzione.
  Dall'inizio della legislatura abbiamo registrato una grande sintonia tra Governo e Parlamento nella volontà di migliorare le Pag. 13condizioni dei detenuti, impegnandoci su diversi fronti e recependo, con i fatti, le sollecitazioni inviate dal Presidente della Repubblica, che ha evidenziato con forza l'indifferibilità di misure legislative efficaci.
  Si pensi, ad esempio, alla proposta di legge sulla delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, già approvata alla Camera e attualmente all'esame del Senato che indica, in modo molto preciso e puntuale, la sfera di azione del Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, secondo una serie di principi e criteri direttivi.
  Con le modifiche introdotte a questa proposta di legge (alle quali noi non abbiamo partecipato), il giudice può anche valutare le condizioni del soggetto e la gravità dei fatti e scegliere un tipo di pena diversa da erogare in tempi più rapidi.
  La ratio e lo scopo di questo provvedimento non è quello di lasciare impuniti dei criminali, ma, semmai, quello di disporre pene alternative alla detenzione solo nel caso in cui il giudice, a seguito di un dibattimento, nell'ambito quindi del processo, riconosca la responsabilità penale di un soggetto e lo condanni con l'irrogazione della pena alla reclusione presso il suo domicilio.
  Le modifiche da noi proposte al decreto in esame sono indispensabili per garantire una buona compensazione tra la necessità immediata di recepire entro il maggio prossimo le indicazioni della Corte di Strasburgo, volte a superare l'attuale livello di sovraffollamento carcerario e, dall'altra parte, la certezza della pena.
  Nonostante la difficile situazione in cui la Commissione giustizia – e concludo, Presidente – si è trovata a lavorare nelle ultime settimane, sono state inserite nel testo, anche grazie all'approvazione di alcuni nostri emendamenti, quelle modifiche necessarie per la completa operatività del provvedimento.
  In particolare, si è corretta un'anomalia procedurale introducendo la possibilità di impugnare la decisione del magistrato di sorveglianza sul reclamo presentato dal detenuto innanzi al tribunale di sorveglianza, si è eliminata la previsione di un indennizzo di cento euro al giorno in caso di inottemperanza dell'amministrazione nella tempestiva esecuzione del provvedimento di accoglimento del reclamo.
  La modifica senza dubbio più rilevante – sto concludendo – è l'esclusione della liberazione anticipata speciale (lo sconto di pena di 75 giorni, invece di 45, per ogni semestre di detenzione...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  BRUNO MOLEA. Faccio la dichiarazione e concludo: il gruppo di Scelta Civica voterà a favore di questo provvedimento, che è stato di fatto migliorato, anche in relazione a situazioni estremamente delicate, grazie agli emendamenti approvati (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

  ENRICO COSTA. Signor Presidente, è importante che nessuno in questa sede, anche tra i maggiori sostenitori del decreto, abbia parlato di riforma strutturale, perché tutto è questo provvedimento, tranne che una riforma strutturale. È un provvedimento che noi condividiamo, nella situazione attuale di emergenza. È un provvedimento che ci voleva e che ci è stato imposto da parte di tutta una serie di autorità e siamo stati stimolati come Parlamento anche dal Presidente della Repubblica ad affrontare il tema dell'emergenza carceraria. Però non possiamo pensare che questa sia la riforma organica di cui il nostro Paese ha bisogno.
  A me sembrano quei provvedimenti economici in cui si parte prima dai saldi e poi si torna indietro, cercando di fare in modo che i saldi vengano mantenuti invariati.Pag. 14
  Con questo provvedimento mi pare che si sia partiti dal numero di detenuti che si intendeva o che si puntava a far uscire dalle carceri, e poi si sono costruiti i provvedimenti, li si sono articolati perché quel saldo rimanesse invariato. Si è costruita così la norma sull'ampliamento delle ipotesi di liberazione anticipata. Si è costruita la norma relativa all'ampliamento delle ipotesi di affidamento in prova al servizio sociale. Si sono costruite in questo modo le norme che consentono, quindi, di evitare un appesantimento delle strutture carcerarie.
  È chiaro che il decreto-legge ha questa funzione, necessità e urgenza, ed eravamo in una situazione di necessità ed urgenza. Però, signor Ministro, io penso che la situazione di necessità ed urgenza nel nostro Paese, per cercare di alleggerire l'appesantimento che c’è sulle strutture carcerarie, dovesse partire anzitutto dal tema della custodia cautelare. Non c’è stata la volontà politica di fare un decreto in questa materia, è stato presentato un disegno di legge ed oggi abbiamo un doppio binario. Abbiamo un binario in cui decidiamo di accordare una grande considerazione in termini emergenziali ai detenuti definitivi cioè quelli che sono stati condannati in primo grado, in secondo grado, in terzo grado e sono finiti in carcere; invece riteniamo di fare un disegno di legge, quindi riteniamo non urgente, la situazione di coloro che si trovano in custodia cautelare.
  Abbiamo detto che noi sosteniamo questo decreto-legge perché riteniamo che ci sia l'urgenza ma stimoliamo il Governo ad avviare una riforma strutturale di questo settore che parta da un ripensamento di quello che si intende per pena detentiva, da un ripensamento di quella che è la filosofia oggi che noi attribuiamo alla pena, perché anche in quest'aula mi pare che di filosofie attribuite alla pena ce ne siano diverse. Abbiamo sentito prima il rappresentante della Lega Nord che ha un'opinione, io ho un'opinione diversa.
  Io penso che la pena abbia una finalità conforme alla Costituzione, una finalità rieducativa, una finalità dedicata al reinserimento del soggetto nella società e che il carcere sia veramente l’extrema ratio. Ma ritengo che questa valutazione, questa riflessione e quelli che debbono essere gli effetti di questa riflessione debbano essere inseriti in una riforma organica cioè in una riforma che parta non dalla pressione di sanzioni, dalla pressione di situazioni emergenziali, ma che debba partire da un ripensamento e da una riflessione su quello che pensiamo della pena.
  E poi aggiungiamoci qualche cosa, aggiungiamoci che in questo provvedimento qualcuno ha pensato di riaprire il tema della distinzione tra le droghe pesanti e le droghe leggere e noi ci siano opposti in modo pesantissimo, perché abbiamo visto un emendamento, peraltro dell'ottimo relatore Ermini, che ha pensato di distinguere in questo provvedimento, al di là poi di quella che fosse la sfumatura sul tema, di distinguere di nuovo le droghe pesanti dalle droghe leggere. Anche in questo caso si tratta di un tema che va affrontato in termini più generali, in termini più seri, in tempi più ponderati, in termini più conformi a quella che è la materia. Non si può pensare di «infilare» in un decreto-legge un emendamento di tal genere: e poi non ci vengano a spiegare che bisogna inserire degli emendamenti che siano omogenei al tema trattato, se in sostanza, in termini di ammissibilità, si ammettono anche inserimenti di questo genere. E ci fa piacere che comunque la Commissione abbia ritenuto di non portare avanti la riflessione su questa materia perché sarebbe stato veramente aggiungere ad un provvedimento emergenziale un provvedimento tampone su una tematica che, peraltro, non condividiamo che sia affrontata in questo modo nel merito, ma sicuramente penso che tantissimi non condividano che venga affrontata in questo modo nel metodo.
  C’è un tema di questo decreto-legge, pur nell'emergenza, che viene affrontato e spero che venga affrontato oggi in termini definitivi ed è il tema del braccialetto elettronico. Io spero veramente che il braccialetto elettronico consenta a questo provvedimento di evitare quelle preoccupazioni Pag. 15e quelle critiche che sono piovute dalle forze di polizia che temono di trovarsi ad essere oberate di lavoro perché è chiaro che il soggetto che deve stare in carcere, che esce dal carcere, deve essere comunque controllato dalle forze di polizia.
  Spero veramente che i soldi che sono spesi e che sono stati spesi per questi braccialetti elettronici e sono risorse che fino ad oggi hanno costituito più uno spreco che un investimento, possano trasformarsi in un investimento e possa essere veramente uno strumento, quello del braccialetto elettronico, che sopperisce chiaramente alle carenze di organico e ai mancati investimenti sotto il profilo del controllo da parte delle forze di polizia.
  Io spero veramente che un altro argomento venga affrontato in modo organico, che è quello del lavoro nelle carceri, perché quello che è fondamentale in termini di reinserimento del soggetto è che il soggetto, quando si trova in carcere, abbia la possibilità di imparare un'arte, di imparare un lavoro, di specializzarsi, di prepararsi per la sua uscita dalla struttura carceraria e di crearsi una struttura in termini di professionalità, di conoscenze, di patrimonio di conoscenze, tale da potersi reinserire.
  Ebbene, mi pare che qualche piccolo sforzo si sia fatto sotto questo profilo, però sia ancora troppo limitato. Ebbene, io penso che non vi sarà maggiore e migliore investimento da parte del Ministero della giustizia di quegli investimenti finalizzati a far lavorare i detenuti nelle carceri. I detenuti non devono oziare, perché i detenuti che oziano non sono preparati a ritornare e a reinserirsi nella vita sociale, e sicuramente ricadranno nel delitto, ricadranno nel crimine e si riapriranno per loro le porte del carcere.
  Chiediamo che venga affrontato con serietà il tema delle misure cautelari. Noi riteniamo che sia un importante provvedimento, quello che è stato attuato, ma anche qui non si tratti di una riforma strutturale. Chiediamo che in materia di giustizia si affrontino anche altri temi...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ENRICO COSTA. ... penso a quello della responsabilità civile dei magistrati: tutti ne parlano, tutti condividono il tema, ma mi pare che non ci sia il coraggio per, quantomeno scontrarsi, e non abbiamo il coraggio anche di scontrarci contro l'istinto di conservazione di alcuni privilegi da parte dei magistrati che non vogliono essere giudicati, non vogliono essere valutati, non vogliono pagare quando sbagliano. Ebbene, io penso, come il medico paga quando sbaglia, come l'avvocato paga quando sbaglia, anche il magistrato deve pagare. E io invito il Governo, sotto questo profilo, ad assumere un'iniziativa coraggiosa (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Grazie Presidente, signora Ministra, colleghi deputati, avevamo un decreto sulle carceri e, dunque, una qualche opportunità, se l'intenzione dichiarata fosse stata seria: intervenire in riduzione della popolazione detenuta. Ma l'opportunità questo ramo del Parlamento l'ha sprecata e oggi abbiamo un sottile «decretino» di minima efficacia.
  Abbiamo ascoltato colleghi che hanno perso voce a furia di parlare di «svuota carceri», di indulto o amnistia mascherati. Probabilmente hanno sbagliato provvedimento o hanno sbagliato l'Aula. Forse pensavano a qualche altro Paese più civile, e hanno sbagliato strada. Prova ne sia che di «svuota carceri» ne avremmo fatti tre o quattro secondo costoro, prevalentemente Lega e 5 Stelle. Tuttavia, in nove mesi la popolazione detenuta è scesa di due o tre mila unità soltanto. Parliamo, quindi, di ritocchi di dettaglio, che non svuotano alcunché e francamente non si capisce il perché di tanto baccano.
  Si è parlato di questo provvedimento come di un primo passo, ma quello – il primo passo – lo abbiamo fatto mesi fa, con il primo decreto del Governo. Oggi Pag. 16serviva intelligente coraggio, ma così non è stato. È un passo quasi immobile quello che compiamo, e soprattutto a costo zero, ancora. E questa è la maggior debolezza di questa serie di provvedimenti che abbiamo esaminato.
  A guardare il calendario dei nostri lavori sembreremmo occuparci prevalentemente di IMU e di carceri, di carceri e di IMU, devo dire con scarso successo in entrambi i casi, sembra.
  L'Europa si allontana piuttosto che avvicinarsi e, ormai, è chiaro che non restano che due strade: o un provvedimento clemenziale, che molti blandiscono, ma che, in realtà, nessuno vuole, oppure si metta mano al testo unico sulle sostanze stupefacenti, sulle droghe. Non vedo altra strada per poter rispondere, a maggio, alla Corte europea dei diritti dell'uomo. A sentire le dichiarazioni di voto sulla fiducia, parevano tutti «canapisti», a parte alcuni casi noti, ma la realtà è che è mancata ragione e coraggio, ripeto. È prevalso il tono muscolare, con il risultato che in galera continuano ad andare cittadini per fatti che non dovrebbero essere reato. Lo spiegheremo sabato a Roma, a 100 mila persone che saranno in piazza: vedremo, non credo capiranno.
  In quest'Aula sono state sventolate manette, ma rivolte a chi, colleghi della Lega ? Rivolte a chi ? A voi che avete gridato al regalo alla mafia ? Deve essere chiaro che chi ha votato e sostenuto la legge Fini-Giovanardi sulla droga ed altre ha operato una grandissima azione di favoreggiamento alle mafie di ogni sorta e colore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Voi sì avete materialmente consentito l'infiltrazione del denaro della criminalità organizzata nell'economia legale, nelle nostre regioni. Voi, che avete tanto urlato, siete i leghisti del concorso esterno, vi è chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? Per voi servirebbero le manette, voi che avete votato e sostenuto le leggi oggi in vigore.
  Avete parlato delle vittime dei reati: bene, le vittime vanno tutelate, non speculate, perché molte di loro sono vittime in base alle leggi che voi avete approvato e che sono ancora leggi dello Stato. E di fronte a tutto questo, un Governo timido e Montecitorio, devo dire, a figura di struzzo: il che spiega perché la risposta al messaggio del Capo dello Stato slitta di settimana in settimana. Che cosa dovremmo rispondere al Presidente della Repubblica ? Che cosa abbiamo fatto ?
  Questo decreto è nato poca cosa ed è stato ulteriormente svuotato: è diventato un colabrodo, al di là della facile retorica che è risuonata. È diventato troppo poco. È per questo motivo che, per la prima volta, su un provvedimento di giustizia, che era partito nella giusta direzione, Sinistra Ecologia Libertà darà il suo voto contrario per ragioni opposte, diametralmente opposte, alle altre opposizioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, signori colleghi, nel Paese c’è una domanda pressante di sicurezza di certezza del diritto, di una giustizia che non incide negativamente, con i suoi tempi biblici, sull'intera economia. Ci sono modi diversi di rispondere a queste domande, soprattutto quando affrontiamo la legge penale, che tracciano il confine tra una visione garantista liberale, ma rigorosa, e un modo di concepire il diritto come una rete a maglie variabile, da modellare in base agli interessi di parte. Interessi stretti, strettissimi, quando si devono colpire gli avversari politici fino ad applicare retroattivamente la legge penale, estremamente larghi quando, invece, si devono liberare costituzioni di parte civile. Vorrei, a nome del gruppo, dare la solidarietà al Presidente Boldrini vittima anch'essa, insieme agli avvocati Ghedini e Longo, di un ennesimo atto intimidatorio.
  Le dichiarazioni di Grasso, però. Allo stesso mandiamo a dire che non è certo una questione di moralità accanirsi sull'avversario politico, soprattutto quando si Pag. 17avverte la propria incapacità di fronteggiarlo sul piano politico, ma è una grande questione di moralità, invece, riformare una giustizia che non funziona, che incide negativamente sull'economia del Paese, che continua ad essere strumento di lotta politica.
  Dopo l'ennesima fiducia, divenuta ormai strumento ordinario per questo Governo, come ordinario è il ricorso alle decretazioni d'urgenza, torniamo a discutere per l'ennesima volta di un provvedimento che non esitiamo a definire inutile, confuso e inadeguato rispetto alle necessità del Paese. È un Governo che, come abbiamo avuto modo di sottolineare già più volte, non affronta i reali problemi del Paese, un Paese che, nonostante l'ingiustificato ottimismo del Premier Letta, continua a non vedere l'uscita dal tunnel e da una crisi che continua inesorabilmente a comprimere famiglie e imprese.
  Non basta certamente portare a casa qualche investimento da parte dei Paesi arabi, che appare essere più che altro una sorta di svendita ai saldi, per affermare che siamo prossimi alla ripresa. Ben vengano i capitali freschi, ma sono le aziende italiane – non dimentichiamo – che dobbiamo sostenere. Sono le nostre imprese che dobbiamo mettere nelle condizioni di esprimere quelle grandi potenzialità che oggi sono soffocate da un fisco punitivo e da una burocrazia asfissiante. È inutile dire. Senza la riforma della giustizia non ci sarà mai la ripresa dell'economia perché, come abbiamo avuto più volte modo di dire, nessuno verrà ad investire in Italia con i tempi biblici dei giudizi che noi abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
  Vorrei passare anche all'esame del decreto, caro Ministro, caro Presidente e cari colleghi, un decreto che affronta la questione emergenza carceri in modo inefficace, sugli effetti e non sulle cause. È evidente che, al di là dell'enfasi utilizzata...

  PRESIDENTE. Colleghi...gentilmente. Grazie.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. È evidente che, al di là dell'enfasi utilizzata, in realtà stiamo ricorrendo ad un provvedimento che punta essenzialmente, se non esclusivamente, ad evitare le pesanti sanzioni che l'arcinota sentenza Torreggiani ha emesso nella Corte europea. Quindi cominciamo con il chiamare le cose per quelle che sono: un ennesimo provvedimento che affronta un'emergenza, senza alcuna attenzione sul piano strutturale per la questione di fondo, ovvero una radicale riforma del nostro sistema giudiziario.
  Se dovessimo passare all'esame dei vari punti del decreto, ci vorrebbe forse più tempo, tante ore per poterli descrivere e per poter fare emergere ancora una volta l'inadeguatezza di quelli che sono stati i provvedimenti, dalla liberazione anticipata ai braccialetti elettronici, all'affidamento in prova, alla detenzione domiciliare, alla questione dell'immigrazione, ai reclami, alla nuova figura del Garante, che non ha fatto altro che dare la conferma di un atto di sfiducia nei confronti di chi gestisce oggi il sistema carcerario, per non parlare poi dei tossicodipendenti.
  Presidente, signor Ministro, cari colleghi, noi riteniamo che sia arrivato il momento di avere il coraggio e Forza Italia su questo, penso, che lo abbia fatto e lo continua a fare. Non a caso siamo stati fra quelli che hanno sostenuto i referendum radicali, perché riteniamo che in quei quesiti ci sia la svolta per una riforma complessiva della giustizia.
  Forza Italia è quel partito che per primo chiede di calendarizzare la discussione degli argomenti del Presidente della Repubblica, Presidente della Repubblica che, in quest'Aula, la mattina dice una cosa e viene eseguita, il pomeriggio ne dice un'altra e non viene eseguita. Oggi assisto a chi «si enfatizza» su questo provvedimento in linea con quello che diceva il Presidente della Repubblica, ma io ritengo che questo provvedimento non dia esattamente l'indicazione che il Presidente Napolitano aveva dato, perché bisogna avere il coraggio di dire che l'unico provvedimento utile per il Paese rimane e rimarrà Pag. 18l'indulto e l'amnistia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Bisogna avere il coraggio di doverlo dire, senza ricorrere a discorsi demagogici.
  Caro Ministro, lei sa che in quest'Aula molti sono, ormai, vittime dei propri ideali, sono ostaggio della doppia morale, tanti vivono l'ossessione del presidente Berlusconi. Il presidente Berlusconi è una persona in Italia, così facendo noi danneggiamo milioni di italiani se non riusciamo, una volta per tutte, a far capire che non è un provvedimento che può riguardare una sola persona ma è un provvedimento che può riguardare la dignità di milioni di persone. Ebbene, fin quando continueremo con questa ipocrisia, con questa mania di persecuzione, non daremo un provvedimento utile, non daremo nessun beneficio all'Italia e agli italiani.
  Io ritengo che il problema dell'amnistia e dell'indulto vada rivisto radicalmente. Ci lamentiamo che molti processi vanno in prescrizione, però non ci rendiamo conto del carico che hanno i magistrati nel dover svolgere il proprio lavoro e mi riferisco a quei magistrati che il loro lavoro lo fanno seriamente e non certamente a coloro che vanno in televisione o a coloro che pensano che attraverso lo strumento della magistratura possa effettuarsi la lotta politica.
  Noi siamo per un provvedimento strutturale che consenta veramente di dare dignità agli italiani. Sono ormai passati 33 anni da quando l'ultima amnistia è stata fatta: 1981; io penso che con il sistema giustizia che ormai in questi anni si è evoluto, sia l'unico rimedio possibile per poter ripartire attraverso una riforma della giustizia, perché con questi provvedimenti tampone, caro Ministro, lei sa bene, non riusciremo mai a dare agli italiani quei provvedimenti che occorrono, a dare dignità ai tanti detenuti che vivono in quello stato.
  Per cui, il voto di Forza Italia è un voto certamente negativo, è negativo per questa continua decretazione d'urgenza, è negativo perché non si ha il coraggio di affrontare i problemi reali dell'Italia e degli italiani e gli italiani non possono rimanere ostaggi della mania persecutoria della sinistra né gli italiani possono rimanere ostaggi della doppia morale di chi governa in questo Paese. Per cui noi voteremo con voto negativo su questo provvedimento perché noi riteniamo che chi oggi è detenuto, chi oggi è in difficoltà, non abbia nessuna colpa; la colpa è della politica che sino ad oggi non è riuscita a risolvere i problemi, la colpa è della politica che non è riuscita a dare una risposta. Quindi, siccome sento in quest'Aula parlare di dignità, io penso che la dignità la debbano avere nel farsi un bagno di umiltà, perché noi abbiamo il diritto di difendere gli italiani e non essere ossessionati dalle nostre persecuzioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Siamo qui a votare un nuovo, ennesimo decreto svuotacarceri, un'emergenza, Ministro, creata da voi, che in vent'anni di mala politica avete aggravato e non avete voluto risolvere. Il vostro piano carceri straordinario ed in emergenza dal 2010 ha prodotto zero veri nuovi posti carcere. Questo provvedimento è come l'indulto del 2006, fra qualche mese avremo la stessa emergenza e chi entra nel carcere subirà le stesse medesime condizioni. Ministro, Presidente, l'indulto non risolve il problema del sovraffollamento carcerario.
  Però mi devo rivolgere ai detenuti e alle loro famiglie, per questa classe politica voi detenuti siete solo merce di scambio, in realtà a questa classe politica non gliene frega nulla di voi, Abbiamo proposto una depenalizzazione per coloro che usano e consumano cannabis, ma voi ovviamente, partiti, nulla. Invece, ancora una volta siamo stati solo noi a denunciare le assurdità e le opacità di questo decreto-legge nel vostro pieno silenzio. Se non ci fossimo Pag. 19stati noi l'esclusione dei reati di mafia non si sarebbe mai avuta; il Governo è stato in silenzio, Ministro, abbiamo chiesto nomi e numeri dei mafiosi che uscivano ed il Governo, nulla. Un assordante e impenetrabile silenzio.
  E cosa dire della firma complice del Presidente della Repubblica Napolitano, che firma questi decreti ma poi si rifiuta di testimoniare a Palermo sulla trattativa Stato-mafia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Onorevole Colletti. Onorevole Colletti...

  ANDREA COLLETTI. E cosa dire del silenzio della stampa ? Ci troviamo ogni giorno delle paginate, a maggio, a luglio, per celebrare l'anniversario delle stragi, però quando si fanno i favori ai mafiosi nulla, non esce nulla in questa stampa complice.
  Voi, Ministra Cancellieri, fate quello che nemmeno Berlusconi in persona ha avuto il coraggio o l'opportunità di fare. Presidente, questo decreto ha fatto uscire assassini, mafiosi e stupratori, lo dica anche alla Presidente Boldrini. Gli stupratori, quelli veri, quelli escono dal carcere con questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Anzi, Presidente, i rapinatori, gli assassini, i mafiosi, in realtà sono già usciti dal carcere con questo decreto.
  E dove sono i vostri eroi dell'antimafia, i Violante, i Caselli, i Fava, i Lumia ? Dove sono i parlamentari iscritti a Libera ? Come mai sono rimasti in silenzio ? Perché non parlano ? Siamo dovuti intervenire noi al posto loro, siamo dovuti intervenire noi al posto vostro. E cosa dire dei deputati della maggioranza che prima negavano che questo indulto si applicasse ai mafiosi ?

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Colletti. Colleghi !

  RENATO BRUNETTA. Stiamo parlando come parlavano i grillini prima !

  PRESIDENTE. Infatti ho richiamato anche loro prima. Onorevole Brunetta, stia sereno, ho richiamato anche i deputati del MoVimento 5 Stelle, prima. La ringrazio, onorevole Brunetta. Onorevole Brunetta, la prego, evitiamo polemiche inutili.

  ANDREA COLLETTI. La ringrazio, Presidente. L'educazione tornerà di moda (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Onorevole Colletti, se poi vogliamo continuare così, possiamo anche continuare così. Magari riprenda il suo intervento, gentilmente, e concludiamo.

  RENATO BRUNETTA. Disturbatori !

  PRESIDENTE. Ma la prego !

  ANDREA COLLETTI. Cosa dire dei deputati della maggioranza, che prima negavano che questo indulto si applicasse ai mafiosi e poi, resisi conto dell'opposizione ferma del MoVimento 5 Stelle e delle dichiarazioni dei veri magistrati che lottano contro la mafia, sono stati costretti a darci ragione ? Li avete ascoltati ? Avete ascoltato il giudice Nino Di Matteo, Scarpinato, Gratteri ? Li avete ascoltati ? Però, signori, ormai è troppo tardi, questo decreto dà i suoi effetti già da prima di Natale (Commenti del deputato Francesco Saverio Romano).

  PRESIDENTE. Onorevole Romano ! Onorevole Romano, la richiamo ! La prego proprio, mi sembra proprio inutile. Non è un modo di comportarsi. Si metta seduto e stia tranquillo se è possibile ! Esca, se non è interessato. Prego, onorevole Colletti.

  ANDREA COLLETTI. Siamo sicuri che non sia interessato a questi favori alla mafia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Onorevole Colletti, lei prosegua, per favore. Lei non sta qui per Pag. 20fare commenti. Continui con il suo intervento, gentilmente, a meno che non vogliamo smettere di parlare e vogliamo continuare a dare questo spettacolo. Possiamo farlo, ma non credo che convenga a nessuno. A nessuno ! Quindi, la prego di concludere, e prego tutti i colleghi di smetterla !

  MAURIZIO BIANCONI. Non può dire una cosa così !

  PRESIDENTE. La prego di smetterla ! La prego di smetterla ! Basta ! Prego, onorevole Colletti (Commenti del deputato Bianconi) ! Onorevole Bianconi, la richiamo all'ordine !

  MAURIZIO BIANCONI. Lei non può richiamarmi !

  PRESIDENTE. E io la richiamo all'ordine pregandola, per favore, di consentire all'Aula di andare avanti. La prego. Grazie, onorevole Bianconi.

  ANDREA COLLETTI. Voglio dire, colleghi, ormai è troppo tardi, questo decreto dà i suoi effetti già da prima di Natale. Voi siete colpevoli di aver dato un segnale alla mafia, un segnale di resa, un segnale di accondiscendenza, e questo per noi è inaccettabile.
  Qui in quest'Aula sembra che ci siamo tutti scordati di quello che è successo negli anni Novanta. Anzi, ve lo siete scordati voi. Qui avete applicato una misura che nemmeno Andreotti ha mai applicato. Nella lotta alla mafia non si può essere mai timidi, ma si deve essere fermi, inattaccabili nella fermezza della propria coscienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Molti di noi non hanno vissuto il periodo stragista della mafia, ma noi siamo quei bambini e quei ragazzini che guardavano attoniti le immagini del vile attacco della mafia ad una parte, quella onesta, dello Stato italiano: quella parte che è stata lasciata sola mentre combatteva la mafia. Noi non ci arrenderemo alla vostra politica criminale, per noi non è tutto finito. Voi vorreste vederci schiavi, ma noi non ci arrendiamo, non ci arrendiamo per dare un vero futuro a questo Paese. Ci rappresentiamo in quelle persone che, invece di rimanere inerti di fronte alla violenza, si sono ribellate pacificamente ma con forza: una forza d'animo che voi purtroppo non conoscete. Entrando in massa ai funerali degli agenti della scorta di Borsellino, cacciando lo Stato corrotto, urlando e gridando: fuori la mafia dallo Stato ! (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morani. Ne ha facoltà.

  ALESSIA MORANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministro, la conversione in legge del decreto-legge sui diritti dei detenuti costituisce un atto importante per dare una risposta, seppur parziale, alla situazione carceraria italiana. L'abbiamo detto più volte: la sentenza Torreggiani ci pone in una situazione di illegalità a livello europeo. Le accuse sono pesantissime: torture e trattamenti disumani e degradanti, dovuti non ad episodi isolati ma, come afferma la Corte di Strasburgo, ad un problema sistemico, risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano. Abbiamo tempo fino al 28 maggio per porre fine a questa situazione, poi arriveranno a pioggia centinaia di ricorsi.
  Ovviamente, Presidente, il dramma di un'intera fascia della popolazione relegata a misere condizioni di vita, nelle quali è altrettanto misera la speranza di un riscatto sociale e morale, non può essere considerato esclusivamente nei termini di una questione di bilancio, ma deve assumere le forme e la sostanza di un imperativo etico, che ci impegni tutti, a prescindere dall'appartenenza politica. In questi mesi di lavoro Parlamento e Governo Pag. 21hanno affrontato il problema tenendo in equilibrio i diritti delle vittime dei reati con quelli della popolazione carceraria. Avremmo voluto farlo per via legislativa, ma purtroppo, dato l'assetto istituzionale e politico italiano, il legislatore è continuamente costretto ad operare in situazioni di emergenza, sotto la pressione di un processo legislativo lento e farraginoso, che nei fatti depotenzia il Parlamento della sua funzione di elaborazione strategica di lungo periodo. Ma abbiamo un imperativo, dicevo, che è quello di dare risposte immediate al problema, e la conversione di questo decreto-legge è uno degli strumenti per poterlo fare.
  In questo decreto-legge ci sono provvedimenti importanti, come la liberazione anticipata speciale, su cui tornerò in seguito, e l'utilizzo dei braccialetti elettronici per chi è agli arresti domiciliari; l'ampliamento dell'affidamento in prova ai servizi sociali per i tossicodipendenti. E poi l'espulsione degli stranieri condannati, che è bene ricordare costituiscono il 35 per cento del totale dei detenuti; la possibilità di scontare gli ultimi 18 mesi di pena in detenzione domiciliare, e l'istituzione finalmente del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Ed ancora: la creazione di una fattispecie autonoma di piccolo spaccio di stupefacenti, che a nostro parere è ancora una soluzione troppo timida, ma che costituisce comunque un primo ed importante passo avanti.
  Lo ribadiamo anche oggi: il Partito Democratico vuole il superamento della Fini-Giovanardi e dell'equiparazione tra droghe pesanti e leggere. Questo però, Ministro, sarà un provvedimento monco, se il Ministero della giustizia non individuerà risorse adeguate. Risorse per i SERT, che curano i tossicodipendenti; risorse per il lavoro in carcere e per la rieducazione dei detenuti, perché un detenuto che lavora nell'80 per cento dei casi non commette nuovamente un reato. Risorse per gli assistenti sociali e per gli educatori, che oggi sono in numero assai inferiore alle reali necessità.
  Risorse per la polizia penitenziaria, in continua carenza di organico e oberata di lavoro, di un lavoro stressante ed emotivamente usurante. Risorse per ampliare e professionalizzare il personale degli uffici di esecuzione penale esterna.
  Ho ascoltato gli interventi dei giorni scorsi e le dichiarazioni di voto dei gruppi di opposizione. Troppe menzogne in questa Aula, con il solo fine di lucrare qualche voto in più. L'onorevole Molteni dice che Delfino beneficerà della liberazione anticipata speciale. È una gigantesca bugia perché quei reati sono esclusi. Hanno detto che Ribisi è uscito di galera grazie al decreto. È un'altra bugia... (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

  MASSIMILIANO FEDRIGA. È un decreto, è un decreto !

  DAVIDE CAPARINI. È un decreto !

  NICOLA MOLTENI. È un decreto !

  PRESIDENTE. Onorevole Morani... Onorevole Molteni, per favore, colleghi della Lega avete parlato e non vi ha disturbato nessuno. Lasciate che facciano gli altri lo stesso, grazie. Prego onorevole Morani.

  ALESSIA MORANI. Hanno detto che Ribisi è uscito dal carcere grazie al decreto. Voglio dirglielo: doveva uscire il 22 gennaio, è uscito l'8. Di cosa stiamo parlando ?
  Abbiamo sentito gridare all'indulto mascherato. Chi parla di indulto mascherato o non conosce la materia o è in malafede (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La liberazione anticipata è cosa diversa dall'indulto ed è bene ricordare che esiste in Italia dal 1975 e nessun Governo di centrodestra, di cui faceva parte anche la Lega Nord, ha mai pensato di modificare od eliminare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).Pag. 22
  L'indulto è un provvedimento che si applica in maniera indifferenziata e senza che un giudice possa valutare la meritevolezza dello sconto della pena. La liberazione anticipata invece è un beneficio che viene concesso solo in presenza di determinate condizioni, quella che comunemente viene definita «buona condotta». È un provvedimento del giudice che dopo un'attenta valutazione può decidere se concederlo o meno.
  Oggi in quest'Aula sembra di essere tornati indietro di qualche anno quando la Lega soffiava sulla paura dei nostri cittadini creando mostri e nemici. Ho sentito pronunciare la parola vergogna. Sono le leggi dei loro Governi l'unica vera vergogna, come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi che hanno riempito le nostre carceri e che ci hanno lasciato in eredità una situazione indecente e penosa.
  Governi che hanno mostrato la faccia feroce nei confronti dei piccoli spacciatori di hashish, e hanno considerato uguali gli spacciatori di morte, gli spacciatori di eroina e già questo la dice lunga. Ed hanno strizzato l'occhio a chi ha commesso reati finanziari o ai propri trafficanti di diamanti.

  DAVIDE CAPARINI. Vergognatevi !

  ALESSIA MORANI. Governi i cui Ministri, e parlo del Ministro Castelli, Ministro della giustizia Castelli, viene ricordato per aver appaltato ad Anemone i carceri della Sardegna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  NICOLA MOLTENI. Morani meriti una querela !

  ALESSIA MORANI. Ho sentito dire che le correzioni al decreto sono merito di MoVimento 5 Stelle e Lega. La verità è che le correzioni le ha volute e votate il Partito Democratico. E mi riferisco in particolare all'esclusione per i mafiosi della liberazione anticipata speciale. E dico al MoVimento 5 Stelle: qualcuno a Palermo aveva detto che la mafia non esisteva più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tutto questo è avvenuto grazie al Partito Democratico. Avremmo voluto e potuto apportare anche altri correttivi se il MoVimento 5 Stelle non ce lo avesse impedito. Chi grida ora allo scandalo perché la Commissione giustizia non ha potuto esaminare tutti gli emendamenti presentati deve dire agli italiani la verità: il MoVimento 5 Stelle ha occupato due volte la Commissione e ha impedito il normale svolgimento dei lavori parlamentari. Noi volevamo discutere, voi ce lo avete impedito. È il MoVimento 5 Stelle che ha messo la ghigliottina ai deputati che volevano compiere il loro dovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Perché vedete, cari colleghi, il dovere dei deputati non è collezionare gli scontrini, ma è fare le leggi.

  PRESIDENTE. No, però onorevole Morani stiamo all'argomento, gentilmente grazie. Prego. (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle).
  Colleghi, penso di avere detto quello che ho detto a tutti gli oratori che sono intervenuti. Prosegua onorevole Morani. Ricordo a tutti che siamo anche in diretta televisiva, se la cosa vi può interessare.

  ALESSIA MORANI. Appunto. Vorrei andare oltre però e dire che non ci fermeremo qui. Il processo di riforme che il Partito Democratico ha iniziato tra poche settimane vedrà alcuni importanti risultati. Mi riferisco al provvedimento sulla messa alla prova, sulla custodia cautelare, la depenalizzazione, le pene detentive non carcerarie.
  Tutte queste misure, insieme al decreto che votiamo oggi e a quello dello scorso agosto, daranno risposte efficaci al problema del sovraffollamento.
  So che qualcuno dell'opposizione si augurava che tutto questo non avvenisse per poter dire che questa politica non sa dare Pag. 23soluzione ai problemi del Paese. Ma, a quel qualcuno gli è andata male, come gli andrà male per tante altre cose, perché a differenza di chi in questi mesi non è stato capace di fare proposte, oscillando di continuo tra garantismo e giustizialismo, e si è invece dedicato ad asfaltare i banchi del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), a preparare striscioni, a salire sul tetto della Camera, ad imbavagliarsi, ad insultare le donne, a ridere dei post osceni del proprio capo, a fare riunioni in qualche sparuto hotel della capitale, invece di stare a votare con noi il decreto sulla Terra dei fuochi, e a mettere in stato di accusa il nostro Presidente della Repubblica, noi abbiamo fatto altro: ci siamo occupati dei problemi della giustizia, problemi che anche in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario sono stati denunciati, in maniera unanime, da tutti gli operatori della giustizia.
  Dopo anni di rinvii e di mancate riforme, noi abbiamo il dovere di dare risposte ai nostri cittadini. Il Partito Democratico lo sta facendo. Io credo che il nostro dovere sia solo questo. Voi, il MoVimento 5 Stelle, siete ancora lì con l'apriscatole in mano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per questo il Partito Democratico voterà favorevolmente su questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 1921-A/R)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1921-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1921-A/R, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Mosca, Melilla, Morassut, Squeri. L'onorevole Mosca non riesce a votare. Vitelli, Nicchi, Iacono. Hanno votato tutti i colleghi ? No, Iacono ancora non riesce a votare. Ha votato. Ci siamo ? Hanno votato tutti ? Onorevole Fava si affretti e anche lei, onorevole Nicodemo, per favore. Pregherei i colleghi che sono appena entrati di affrettarsi, grazie. Rapido, però. Abbiate pazienza ancora un attimo, colleghi. No, colleghi, adesso però..., c’è un problema tecnico con la postazione dell'onorevole Rabino; è per questo che stiamo aspettando.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  «Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria» (1921-A/R):

   Presenti  481   
   Votanti  479   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato  296    
    Hanno votato no  183.

  La Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  (Vedi votazioni).

  (I deputati Giacomoni, Gelmini e Quaranta hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e le deputate Sbrollini e Argentin hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

Pag. 24

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi (A.C. 2012) (Per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate) (ore 13,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Busin ed altri n. 1, Paglia ed altri n. 2, Brunetta ed altri n. 3 e Barbanti ed altri n. 4, presentate ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento al disegno di legge n. 2012: Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi. (Vedi l'allegato A-A.C. 2012).
  A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  L'onorevole Busin ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
  Colleghi vi pregherei di abbassare un po’ la voce in maniera che l'onorevole Busin...

  FILIPPO BUSIN. La do per letta.

  PRESIDENTE. La dà per letta. La ringrazio. L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, innanzitutto mi si permetta di dire in quest'Aula che ci risiamo. A distanza di una settimana dall'approvazione di quello che abbiamo chiamato «decreto vergogna» su Bankitalia, siamo su un'altra questione con dei profili di rischio elevati, sia sul piano morale sia sul piano degli effetti sostanziali, con nessuna urgenza nella parte centrale del provvedimento, dubbia necessità e assoluta eterogeneità dei contenuti.
  Parliamo in questo caso di rientro volontario dei capitali illecitamente detenuti all'estero, ovvero di quel denaro sconosciuto al fisco e solitamente ben protetto dal segreto bancario.
  Parliamo, in altre parole, di una nuova versione dello scudo fiscale, anche se edulcorata rispetto alla versione apertamente filo-criminale voluta dall'allora Ministro Tremonti. In questo caso ai criminali non viene riconosciuto l'anonimato. Ci si limita alla grazia. Di questo però avremo modo di parlare in seguito. Vediamo invece per quali ragioni noi dovremmo interrompere qui oggi l'iter di questo decreto, riportando ciascuna delle diverse materie qui contenute al suo iter proprio, sia esso un provvedimento d'urgenza o un disegno di legge ordinario.
  Innanzitutto appunto dovremmo riconoscere, come atto di dignità del Parlamento e come messaggio chiaro al Governo, che non è possibile e non è più accettabile essere costretti a esprimersi contemporaneamente sulle misure fiscali di salvaguardia delle popolazioni emiliane colpite dall'alluvione, che sono materia tipica da decreto-legge, vista l'evidente necessità e urgenza, e contemporaneamente appunto su una materia complessa come la voluntary disclosure, che sono un tema controverso, su cui la Camera, per esprimere un giudizio fondato e collaborare attivamente alla migliore definizione della materia, avrebbe bisogno di un'importante fase istruttoria e di approfondimento.Pag. 25
  Si tratterebbe di capire infatti nel dettaglio come si stia muovendo la comunità internazionale, di comparare i risultati raggiunti da Paesi come Germania e Stati Uniti nei rapporti bilaterali con la Svizzera, di capire se quei risultati siano auspicabili anche per noi e compatibili con il nostro ordinamento, di conoscere come si stia muovendo il mercato dei paradisi fiscali, quali nuove possibilità di intervento ci siano date dall'evoluzione del quadro normativo internazionale e dai nuovi strumenti a disposizione dell'Agenzia delle entrate. Tutti temi che io personalmente posso anche conoscere, per averli seguiti in precedenza, e certamente comunque non li conosco a sufficienza.
  Però mi chiedo, cari colleghi, quanti di voi possano dire lo stesso, quanti di voi, oggi, possano dire in coscienza di avere la certezza che il decreto di cui avviamo la discussione avrà un effetto positivo sulle casse dello Stato e segnerà un passo in avanti verso la legalità, e non si tradurrà, piuttosto, nell'ennesimo, vergognoso condono a vantaggio di furbi, criminali, e mafie.
  Dobbiamo, infatti, sempre tenere presente che, quando parliamo di capitali illecitamente detenuti all'estero, non parliamo di mezzi finanziari portati in un altro Paese per sfuggire all'imposizione fiscale sulle rendite finanziarie, che, peraltro, in Italia è già bassissima. Parliamo, invece, di capitali nascosti perché illecitamente guadagnati, nel migliore dei casi attraverso semplice, anche se non piccola, evasione fiscale, ma spesso tramite corruzione e attività illecite, a partire dal traffico di stupefacenti.
  È così, in questo modo, che si creano quelle masse di denaro che devono essere nascoste alla vista, perché rivelerebbero il crimine che è alla base della loro accumulazione, ed è quindi a chi detiene in proprio o, talvolta, per conto terzi, e questi sono i casi peggiori, questo genere di ricchezze che noi esplicitamente ci rivolgiamo nel momento in cui adottiamo provvedimenti come questo.
  Allora, cari colleghi, io capirei se si dicesse «Bene, siamo in procinto di chiudere accordi di trasparenza con la Svizzera e altri Paesi. Tra breve avremo i nomi. Quindi, chi volesse costituirsi anticipatamente avrà un pena ridotta, perché si sappia, invece, che, per chi non lo farà, la sanzione successiva sarà durissima». Sarebbe un provvedimento che approverei volentieri, anche se non lo farei mai per decreto.
  Invece, qui ci si limita a cancellare, di fatto, la sanzione penale, a ridurre oltre il minimo la sanzione pecuniaria e, di fatto, ad applicare anche uno sconto fiscale. Tutto questo, naturalmente, a patto che chi si autodenuncia lo faccia con sincerità, è l'unica cosa che gli viene richiesta. Allora, io credo che noi qui siamo in violazione dell'articolo 3 della Costituzione: «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge».
  Nulla di più falso, se ammettiamo per l'ennesima volta che chi paga regolarmente le tasse e si dedica ad attività lecite ha un trattamento uguale, se non peggiore, di chi evade o si impegna in attività criminali. Questo è il punto a cui ci troviamo davanti ogni volta che si approva un condono, cioè ad intervalli puntuali e regolari, con gli effetti che sappiamo sulla propensione alla fedeltà fiscale.
  Il punto: non ci limitiamo a barattare sconti sul piano penale con un inasprimento della sanzione tributaria, come in altri Paesi, andando così a riequilibrare una situazione di vantaggio per chi ha commesso un reato odioso, ma offriamo, invece, l'assoluzione plenaria, in violazione, appunto, di uno dei principi fondamentali, l'articolo 3 della nostra Carta costituzionale.
  Andiamo, però, male anche con l'articolo 2, laddove la Repubblica richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Infatti, qualsiasi legge tributaria pone in essere non solo un dovere nei confronti dello Stato, ma anche un diritto soggettivo di ciascun contribuente a che ogni altro contribuisca per la sua parte, senza che a Pag. 26qualcuno, magari a posteriori, sia concesso uno sconto ormai indisponibile per tutti gli altri.
  Dove sono i doveri inderogabili, nel momento in cui a chi ha derogato non si fa pagare nemmeno il prezzo della sua infedeltà ad un principio costituzionale, in nome dell'unico principio che questo Governo conosca, quel «pochi, maledetti, ma subito», che sembra, appunto il suo unico faro in mezzo allo smarrimento ?
  Ed è anche l'articolo 53, «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», ad essere messo fra parentesi, perché qui si afferma, invece, per l'ennesima volta, che quel «tutti sono tenuti» è da intendersi vero per alcuni, mentre per altri si traduce in un adempimento volontario, in un rientro spontaneo, da attuarsi, di fatto, alle stesse condizioni a cui si sarebbero sottoposti se si fosse pagato nei termini di legge.
  Abbiamo, quindi, in Italia due categorie di contribuenti ai due limiti della scala del fisco. La prima viene inesorabilmente colpita alla fonte, ogni mese, in qualsiasi condizione, persino quando è in cassa integrazione a zero ore e, magari, la cassa arriva in ritardo, persino quando lo stipendio è insufficiente a garantirsi i diritti fondamentali, come quello alla casa e al mantenimento dei figli.
  La seconda, invece, può evitare di pagare, prendere i soldi, portarli all'estero, metterli in un conto anonimo, pagare le poche tasse sulle rendite ad uno Stato estero e prendersi anche l'agio di attendere qualche anno che un Governo in debito di ossigeno e di idee conceda di riportarli virtualmente in Italia a basso prezzo.
  Non sarà nemmeno obbligato ad aderire alla supplica dello Stato, perché già sa che avrà un'altra possibilità, magari migliore, e che, comunque, nessuno verrà a turbare la sua tranquillità, visto l'impegno che si mette nel recupero dei capitali sfuggiti, che in questo decreto si sostanzia nella possibilità per l'Agenzia delle entrate di dotarsi di nuovo personale in deroga al blocco delle assunzioni.
  Arriviamo al paradosso che blocchiamo le assunzioni per l'attività ordinaria di lotta all'evasione fiscale, ma permettiamo assunzioni straordinarie per le esigenze di gestione delle pratiche di condono.
  Quindi, io penso che si possa tornare all'inizio di questo ragionamento. È stato scorporato proprio ieri dal decreto «destinazione Italia» il pezzo che riguardava le assicurazioni perché si è detto «Non c’è urgenza. Un disegno di legge può andar bene ugualmente». Io credo che sia stata una scelta saggia, anche se si può dubitare della bontà delle intenzioni che l'hanno prodotta.
  Ora tuttavia io vi chiedo per quale ragione si voglia negare lo stesso percorso ad una materia che può avere qualche profilo di delicatezza maggiore – se ci pensate – della scontistica in materia assicurativa, come spero di avervi aiutato qui a riflettere, se non a capire.
  Io vi chiedo di fermarci qui, per non doverci fermare dopo, o peggio, per non dover rispondere ai cittadini dell'ennesimo «decreto vergogna» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Pregherei che almeno qualcuno ai banchi del Governo sia in condizione di ascoltare. Grazie.
  L'onorevole Faenzi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Brunetta ed altri n. 3, di cui è cofirmataria.

  MONICA FAENZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame reca un complesso di interventi che incidono sulla materia tributaria attraverso l'introduzione di norme in tema di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, di disposizioni in materia tributaria e contributiva e in materia di adempimenti tributari conseguenti all'evento alluvionale del 17 gennaio 2014 nella regione Emilia Romagna.
  A tali ambiti indicati nel titolo del decreto però non risultano riconducibili, invece, altre disposizioni che sono comunque contenute nel testo, che intervengono in tema di classificazione, per esempio, di Pag. 27rifiuti nelle zone colpite dall'alluvione del gennaio 2014, di poteri del commissario delegato al ripristino della viabilità delle strade interrotte o danneggiate per gli eventi alluvionali occorsi in Sardegna lo scorso novembre, e anche di trattamento economico del personale impiegato nella Protezione civile, le quali, pur trovando menzione poi nella rubrica dell'articolo, non risultano tuttavia contemplate né nell'intestazione né nel preambolo del decreto-legge.
  Questo dimostra che ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto eterogeneo e confuso, inequivocabile sintomo anche del disordine generale che regna nell'Esecutivo e in questa maggioranza e che si mostra ancora una volta incapace di gestire la produzione normativa del Parlamento.
  L'abbiamo detto in più occasioni: il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza che si caratterizza, in questa legislatura, per mettere insieme poi disposizioni del tutto diverse tra loro, e per correggere anche continuamente norme che sono state approvate solo qualche tempo fa, però in tutta fretta e male, spesso frutto di compromessi e di trattative sbagliate, sta creando dei veri e propri mostri normativi, dei testi omnibus che sfuggono poi alla comprensione dell'opinione pubblica, ma diciamolo, persino a quella degli addetti ai lavori.
  Tutto ciò determina un modo di legiferare schizofrenico e anche disomogeneo. Tutto ciò significa continuare ad approvare decreti-legge che non rispondono ai requisiti di necessità e di urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione, nonché a quei criteri di omogeneità che sono richiesti implicitamente nel dettato costituzionale.
  Come evidenziato all'interno della pregiudiziale di costituzionalità presentata dal gruppo di Forza Italia, il rilievo, infatti, del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce uno dei perni sui quali la Corte costituzionale ha da ultimo fondato i percorsi argomentativi legati proprio alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, proprio per la legittima adozione dei decreti.
  Ora, le finalità degli articoli del decreto-legge in esame confermano invece una netta mancanza di coordinamento delle norme contenute all'interno del decreto d'urgenza, violando proprio il vincolo che è implicitamente disposto dall'articolo 77 della Costituzione e ribadito anche esplicitamente dall'articolo 15 della legge del 23 agosto 1988, n. 400, che, pur non avendo rango di legge costituzionale, costituisce però, a detta proprio della Corte costituzionale, una esplicitazione della ratio dell'articolo 77 della Costituzione. Per questo motivo, riteniamo costituzionalmente illegittimo il decreto varato dal Governo.
  Ma voglio fare anche alcune considerazioni di merito. Colpisce, ad esempio, che questo provvedimento sia stato adottato quasi sotto silenzio, o comunque senza destare il clamore – diciamolo – che iniziative passate di analogo contenuto, in particolare per quanto riguarda la procedura relativa alla collaborazione volontaria dell'attività finanziaria, avevano in realtà creato.
  L'impianto burocratico, però, per la creazione di questa procedura di collaborazione volontaria, che è stato messo in piedi proprio dalla disposizione del decreto-legge per permettere quella procedura di collaborazione finalizzata all'emersione, per esempio, delle attività finanziarie e patrimoniali che sono detenute all'estero, in violazione proprio degli obblighi di dichiarazione commessi fino al 31 dicembre 2013, è ancora tutto da verificare. Infatti – guardate – la regolarizzazione prevede una ricostruzione attenta e puntuale della formazione e della natura delle attività che sono detenute all'estero e l'obbligo della ricostruzione potrebbe, in alcuni casi, rendere talmente onerosa la regolarizzazione di fatto da scoraggiare sul nascere le molte e le buone intenzioni dei contribuenti.
  Inoltre, anche la confusione in merito ai vantaggi, per esempio, in termini di riduzione delle sanzioni amministrative, di Pag. 28esclusione delle sanzioni penali per omessa o infedele dichiarazione oppure della riduzione delle sanzioni penali in relazione all'utilizzo di fatture false o di dichiarazioni fraudolente, di fatto, rischia di rendere l'operazione totalmente inefficace. Questo perché in molti casi, nella maggioranza dei casi, la conoscenza esatta della tipologia del reato ipotizzabile sarà possibile solo dopo la procedura di ricostruzione e senza possibilità in realtà di tornare indietro dalla procedura stessa.
  Siamo, infatti, di fronte a una procedura – diciamolo – estremamente complessa, la cui farraginosità del procedimento amministrativo e fiscale dinanzi all'Agenzia delle entrate, attraverso moduli autodichiarativi, documenti vari, informazioni per la ricostruzione dei redditi, contribuirà ad alimentare ulteriormente il clima negativo e di diffidenza esistente nel nostro Paese tra le categorie interessate ed un sistema, quello dell'amministrazione fiscale dello Stato, ancorato a metodi ispettivi di verifica, forse troppo rigidi e sbagliati.
  Ma mi chiedo ancora quale sarà il gettito complessivo di questa operazione e come può il Governo, per esempio, dire che i proventi che lo Stato incasserà dal rientro dei capitali all'estero andranno alla riduzione delle tasse sul lavoro, quando il fondo per la riduzione delle tasse, inserito nella legge di stabilità, ha come primo compito la riduzione del debito, ad esempio.
  Dobbiamo, inoltre, chiedere ulteriori chiarimenti, per esempio, su quella norma che autorizza l'Agenzia delle entrate, in aggiunta alle assunzioni già autorizzate ovvero consentite dal legislatore vigente, ad assumere personale per gli anni 2014, 2015 e 2016 – si parla di 1.100 unità – e se vi sia veramente una reale necessità legata alle nuove procedure di collaborazione volontaria oppure vi siano altre esigenze. Su questo sarebbe sicuramente necessario fare chiarezza.
  Ma c’è un punto oscuro del decreto-legge, forse ancora più oscuro degli altri, ed è la contestata norma sulla nuova tassa sui telefonini, che ha già sollevato, peraltro, diverse reazioni e su cui il Governo forse dovrebbe chiarire definitivamente le proprie intenzioni. Si tratta di un'interpretazione autentica che è contenuta all'interno di questo decreto-legge, ma che in buona sostanza autorizzerebbe una nuova tassa governativa per tutti i dispositivi elettronici che funzionano anche da archivi digitali, quindi smartphone, tablet, computer fissi e mobili, ma anche chiavette USB, hard disk, addirittura TV con funzioni di registratore e decoder. Dobbiamo dire che questa è una manovra a dir poco maldestra che potrebbe indebolire anche prodotti di fascia bassa. Vogliamo maggiore chiarezza su questo, affinché non si corra il rischio che un aggravio di costi, a carico degli acquirenti di questi strumenti su cui già pesa – diciamolo – l'IVA al 22 per cento peraltro inasprita dal Governo Letta nonostante le promesse, creerebbe una situazione davvero infelice.
  In sostanza, quindi, ci troviamo di fronte ad un testo che non solo si aggiunge alla sfilza di norme tecnicamente confuse approvate negli ultimi mesi, ma che contiene provvedimenti il cui contenuto è ancora tutto da verificare. Per queste ragioni, signor Presidente, il gruppo di Forza Italia voterà a favore di tutte le questioni pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. L'onorevole Ruocco ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Barbanti ed altri n. 4, di cui è cofirmataria.

  CARLA RUOCCO. Signor Presidente, l'articolo 77 della Costituzione recita così: «Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli Pag. 29per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni».
  Ricordare la Costituzione non fa mai male.
  Con la continua e reiterata decretazione d'urgenza, invece, viene alterato lo schema fisiologico del rapporto tra Governo e Parlamento. Non vi è infatti soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi da tanto, troppo tempo, di fronte ad una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con una confusione immensa tra potere esecutivo e legislativo. Vano è risultato finora segnalare, di volta in volta, gli abusi della decretazione d'urgenza, la palese mancanza dei requisiti costituzionali, la palese o latente illegittimità di parti dell'articolato dei provvedimenti d'urgenza, la violazione sistemica della legge n. 400 del 1988, nonché le sentenze susseguitesi nel tempo della Corte costituzionale, posta a tutela del nostro ordinamento, nel rispetto delle norme, della loro gerarchia, delle competenze costituzionali.
  Appena la scorsa settimana è stata commessa una violazione gravissima di qualsiasi norma: così, non esiste più Costituzione, legge ordinaria, regolamentare o semplice prassi. Più nulla, nulla nelle mani del Parlamento. Uno schiaffo in pieno viso alla democrazia di questo Paese e al popolo che la rappresenta.
  L'esperienza, a quanto pare, non insegna, se il Governo ancora una volta forza la sua mano, reiterando la violenza verso la Carta costituzionale e tutto ciò che ne è diretta emanazione. A questo riguardo la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 220 del 2013, ha sottolineato come – lo ricordavo prima – la disposizione della legge n. 400 del 1988, pur non avendo sul piano formale rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge. In altri termini, la Corte ha rilevato che, ai sensi del secondo comma dell'articolo 77, i presupposti per l'esercizio senza delega di una potestà legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia e per lo scopo. L'assenza di quella omogeneità conduce alla rilevazione della mancanza, come ricordavamo, dei presupposti, nel decreto-legge, di cui all'articolo 77, secondo comma.
  Infatti, il decreto reca tutte insieme le seguenti disposizioni: per l'emersione e il rientro di capitali detenuti all'estero, per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale, provvedimenti in materia tributaria e contributiva, disposizioni in materia di adempimenti tributari e contributivi conseguenti all'evento alluvionale del 17 gennaio 2014 nei medesimi territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, altri provvedimenti urgenti in materia, nonché ulteriori disposizioni in materia di protezione civile. Ma non si ferma qui: anche a livello contenutistico, si lascia sfuggire l'ormai consueta deroga allo statuto dei diritti del contribuente, la legge n. 212 del 2000.
  Menziona infatti l'articolo 1 che, nei principi generali, quindi proprio alla base, al comma 2 in particolare, sancisce che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica. Invece il decreto-legge in questione, all'articolo 2, al comma 4, reca una disposizione proprio avente forma di interpretazione autentica.
  Le disposizioni dell'articolo 1, relative al rientro dei capitali detenuti all'estero, non solo risultano disomogenee con le disposizioni in materia tributaria, come dicevamo, ma necessitano anche di una maggiore riflessione, un maggior approfondimento della materia ed un maggior confronto politico sul tema, risultando del tutto inopportuno l'utilizzo di questo tipo di normativa. Per i motivi appena enunciati, sarebbe preferibile separare quantomeno gli articoli 1 e 2 dall'articolo 3, al fine di evitare che le disposizioni relative appunto ad adempimenti tributari e contributivi riguardanti gli alluvionati, quelle Pag. 30sì, appunto regolamentati attraverso decretazione d'urgenza, possano essere equiparate ad altro.
  Il provvedimento, comunque, contiene anche altre disposizioni che sono da considerarsi critiche o viziate sotto diversi profili, come per le agenzie fiscali, nonché per il personale dei monopoli di Stato, che sono da considerarsi precluse ai provvedimenti d'urgenza nonché inopportune a distanza di pochi giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità. In particolare, il comma 3 dell'articolo 1 contiene disposizioni in materia di personale delle agenzie fiscali poiché si autorizza ad assumere personale per il triennio 2014, 2015 e 2016, ma in deroga alla normativa vigente. Quindi, che abbiamo approvato a fare la legge di stabilità se poi la deroghiamo pochi giorni dopo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  La deroga normativa riguarda un ingente numero di personale: l'assunzione di 1.100 nuovi funzionari, 400 il primo anno e 350 in ciascuno degli altri due anni del triennio. Le assunzioni sono ingenti e tali da suscitare il sospetto che costituiscano il vero obiettivo del ricorso alla decretazione d'urgenza perseguito in modo illegittimo, ricordiamolo. Non è esattamente questo il sistema a cui tutti i giorni alludiamo in occasione della richiesta di adottare provvedimenti per contrastare efficacemente il grave disagio giovanile e l'occupazione.
  Si ricorda, inoltre, che l'articolo 2, comma 1, sopprimendo alcuni commi della legge di stabilità, incide sugli equilibri, come dicevo, del bilancio dello Stato che, appunto, fanno parte della manovra di finanza pubblica. La manovra di finanza pubblica, ricordiamolo, trova la sua sede legislativa nella sessione di bilancio e, invece, viene abusivamente portata in questo decreto-legge. In questo caso, in occasione appunto della manovra di bilancio, molte nostre iniziative, proprio a tutela anche dell'occupazione, sono state bocciate dal Governo proprio perché mancanti di adeguate coperture. Invece, ecco fatto che le coperture e tutto il resto si trovano in un banale, inopportuno e incostituzionale decreto-legge.
  Che dire ? Non abbiamo mai visto francamente così frequentemente infrangere le regole proprio dal Governo e da tanti, troppi organi che dovrebbero garantirle come da quando siamo qui dentro. Ma noi non ci stancheremo mai di ricordarvelo, tutti i giorni, di ricordare il rispetto delle regole, il rispetto della Costituzione e dei Regolamenti parlamentari. Tutti i giorni, compiendo il nostro dovere, per cui siamo qui dentro, onde poter essere sempre, sempre, nelle condizioni di non dover mai abbassare lo sguardo dinanzi al popolo che con fiducia e coraggio ha voluto che entrassimo in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanetti. Ne ha facoltà.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, Scelta Civica per l'Italia voterà contro le pregiudiziali presentate da tutti i gruppi di opposizione, pur essendo perfettamente consapevole di come stiamo continuando a reiterare ormai da più legislature un problema oggettivo che è quello di un ricorso massiccio alla decretazione d'urgenza.
  Problema che – ho avuto occasione di vederlo dall'interno del Parlamento – mi sembra comunque evidente che trova una sua concausa importante, una sua responsabilità diretta purtroppo anche nel Parlamento stesso, incapace a tutt'oggi di cambiare dei Regolamenti parlamentari che rendono veramente difficile una scorrevolezza nei lavori adeguata, ferma restando sempre la necessità di un altrettanto adeguato livello di approfondimento dei temi trattati e di spazio a un dibattito che deve dare soddisfazione tanto alla maggioranza quanto all'opposizione.
  Nello specifico, per quanto attiene agli aspetti che ormai con frequenza, per non dire sistematicità, vengono sottolineati in presenza di decretazione d'urgenza, cioè quello dell'assenza di un reale carattere di urgenza e della eterogeneità del contenuto del provvedimento, dobbiamo dire che in questo specifico decreto-legge si tratta di problematiche assai più tenui di quanto Pag. 31non abbiamo ravvisato in molte altre circostanze. La scelta, ad esempio, o meglio l'osservazione, ad esempio, che manca il presupposto di decretazione d'urgenza in relazione alla scelta di porre in essere un meccanismo volto a favorire il rientro dei capitali dall'estero, in quanto il termine ultimo fissato per la formalizzazione della procedura è il 30 settembre 2005, è una motivazione non consistente in quanto è del tutto fisiologico, data la natura dell'operazione che si va a porre in essere, che vi sia una tempistica alquanto dilatata per consentire lo svolgimento della procedura in contraddittorio con gli uffici dell'amministrazione finanziaria, nel rispetto di tempi che necessariamente saranno lunghi, proprio perché correlati ad un esame che è volto alla ricostruzione esatta delle consistenze patrimoniali detenute all'estero che si vogliono così fare emergere. Giusto dunque, da questo punto di vista, semmai accelerare, per non andare troppo in là poi con il termine finale, una scelta che finalmente è sostanzialmente in linea con misure che sono state prese anche in altri Paesi e non è riproduttiva di indegni e indecenti condoni che, ahimè, nel passato hanno caratterizzato la nostra legislazione, gli scudi fiscali del 2002 e del 2008, che, adottati con legge o con decreto-legge (e ricordo adottati invece anche quelli con decreto) quelli sì erano per davvero indecenti.
  Questa è una misura interessante e al suo interno contiene degli elementi che andranno sicuramente approfonditi, ma proprio la minore eterogeneità di questo decreto-legge, che pur contempla anche altre disposizioni, rispetto a quella di numerosi altri con i quali abbiamo dovuto confrontarci in questi mesi, consentirà sicuramente in Commissione un approfondimento adeguato, un lavoro di miglioramento che ci darà una misura finale efficace per l'obiettivo che si pone e, al tempo stesso, rigorosa nel non «sbracare», diciamo, sul fronte delle agevolazioni finalizzate a rendere incentivante il ricorso a questo strumento. Perché è chiaro che assolutamente esso non deve essere in alcun modo trasformato in un condono e già oggi, così com’è configurato, esso non ha questa natura. Semmai il rischio è che purtroppo abbia poco appeal in questo Paese, laddove in altri Paesi invece ha riscosso un successo importante anche con soddisfazione per le casse dello Stato, proprio in considerazione del fatto che questo è un Paese, ahimè, che è stato «drogato» dai condoni fiscali fatti in particolar modo negli ultimi anni, condoni con dei vantaggi smisurati, mentre questa norma si limita semplicemente a dare una agevolazione sul fronte delle sanzioni, che comunque permangono, e a chiedere per intero il dovuto, laddove, ribadisco, in passato siamo arrivati a condoni dal 5 per cento, dal 2 per cento. Noi difendiamo quindi questa norma, lavoreremo per migliorarla in Commissione e vogliamo che questo esame si tenga. Pertanto Scelta Civica vota in senso contrario alle questioni pregiudiziali di costituzionalità.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, il nucleo della questione pregiudiziale che viene presentata sta essenzialmente nel rilievo della non omogeneità del decreto in questione. La sentenza n. 22 della Corte costituzionale ci porta a considerare il corpo di un decreto-legge come un insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. Se applichiamo questo criterio alla nostra discussione, vediamo che siamo in presenza di un atto, sì, complesso, ma recante interventi in materia tributaria e poi in materia di adempimenti fiscali e contributivi conseguenti all'alluvione dello scorso gennaio.
  Sul carattere di urgenza del provvedimento vorrei sottolineare almeno due aspetti. Primo: l'articolo 2, che prevede l'abrogazione della norma della legge di stabilità per il 2014, in base alla quale il Governo avrebbe dovuto adottare provvedimenti normativi di razionalizzazione delle detrazioni fiscali, per evitare la clausola di salvaguardia che, in questo caso, sarebbe stata messa in atto, comportando l'abbassamento lineare di un punto percentuale Pag. 32di tutte le detrazioni dall'attuale 19 al 18 per cento nel 2013 e al 17 per cento nel 2014. È proprio grazie a questo provvedimento che il rischio di conseguenze economiche assai pesanti, derivanti dall'applicazione di tagli lineari sulle detrazioni fiscali, è stato scongiurato.
  Secondo: come possiamo non considerare urgenti le misure contenute nel decreto e volte a sostenere le popolazioni dell'Emilia, nuovamente colpite da calamità naturali lo scorso 17 gennaio ? A queste persone e alle imprese bisogna dare risposte subito perché la rapida ripresa economica dipende anche dalla velocità con cui lo Stato interviene nei territori colpiti da eventi calamitosi. Questi cittadini non possono certamente essere abbandonati.
  Presidente, vi sono poi altri aspetti legati al tema del rientro dei capitali e alla questione dei paradisi fiscali. Non possiamo più attendere. C’è una forte consapevolezza ed una azione a livello internazionale, soprattutto a seguito dell'intervento del Presidente Obama, che ha dato una forte scossa, costringendo le banche svizzere a fornire una lista di 4 mila e 500 nomi di contribuenti statunitensi con conti nella Confederazione elvetica e minacciando nel contempo di dare lo stop all'attività delle banche svizzere negli Stati Uniti.
  Nei mesi scorsi cinque Paesi dell'Unione europea – Italia, Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna – hanno insieme inviato una lettera al Commissario europeo per gli affari fiscali, allo scopo di attuare il principio dello scambio automatico di informazioni in tutta Europa. Tradotto, significa la fine del segreto bancario e la tanto invocata trasparenza.
  In tutte le sedi internazionali si sta discutendo di misure per l'emersione dei capitali, dal G20, all'OCSE, all'Unione europea, e non si tratta solo di far fronte all'evasione e all'elusione fiscale diffusa, ma pure di indurre il livello della concorrenza fiscale da un lato, e di recuperare risorse da destinare allo sviluppo dall'altro. Ecco, questa è l'urgenza, signor Presidente: destinare risorse allo sviluppo. Il Partito Democratico voterà per questo contro la pregiudiziale di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ. Grazie Presidente, la questione delle pregiudiziali presentate puntualmente dai gruppi di opposizione, rischia di diventare un passaggio rituale in questa legislatura e svilisce una questione vera: la velocità con cui arrivano le emergenze e la legislazione mutata rispetto a quella dei padri costituenti rendono urgente la revisione della decretazione d'urgenza. Inoltre, il controllo parlamentare sui presupposti di costituzionalità viene già svolto in I Commissione. Queste brevi e sommarie note ci inducono a sollecitare ulteriormente la revisione di uno strumento legittimo. Come spesso il nostro gruppo ha richiesto e sottolineato nei luoghi appropriati di governo di questa Camera, sollecitiamo ulteriormente e con forza l'approvazione della riforma del Regolamento.
  Detto questo, mi sembra che il tema dell'esistenza o meno dei presupposti previsti e richiesti dall'articolo 77, sia stato finora argomento di numerosi dibattiti che non hanno condotto a posizioni univoche.
  Si potrebbe argomentare che tali requisiti o presupposti siano sempre rinvenibili quando il Governo ritenga che l'oggetto del decreto sia urgente e necessario o che l'omogeneità intrinseca dei decreti-legge sia rinvenibile non nell'oggetto, ma del fine dell'intervento legislativo. Diciamo, quindi, che, laddove non sia manifestamente incostituzionale o disomogenea, una pregiudiziale dovrebbe sempre cedere il passo al testo proposto da un Governo, perché esiste una connotazione soggettiva e relativa dei presupposti ex dell'articolo 77.
  In particolare, i decreti-legge n. 4 del 2014 e n. 150 del 2013 risultano sostanzialmente omogenei per quel che concerne l'ambito materiale di riferimento. Di fatti, il decreto-legge n. 4, recante disposizioni Pag. 33in merito al rientro dei capitali all'estero, è sostanzialmente omogeneo, perché rientra nel complesso della materia tributaria, e il decreto-legge n. 150 lo è poiché le disposizioni investono tutte la scadenza di termini che possono importare questioni rilevanti per l'ordinamento giuridico. Da queste ultime, peraltro, discendono la necessità e l'urgenza del provvedimento.
  Non sottovalutiamo l'attenzione dovuta alle questioni pregiudiziali – ricordo il delicato precedente di quelle poste sulla legge elettorale –, ma non ne andrebbe sminuito il rilievo ponendole in modo esclusivamente polemico.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Schirò. Colleghi, capisco che stiamo rientrando perché tra poco si vota, però dovremmo cercare di consentire all'onorevole Schirò di parlare. Colleghi tutti, se è possibile abbassare un pochino il tone della voce, così l'onorevole Schirò può continuare il suo intervento. Prego, onorevole Schirò.

  GEA SCHIRÒ. Grazie Presidente. Inoltre, l'Aula non deve dimenticare che la posizione di questa pregiudizialità ha un senso prevalentemente politico, non dimentichiamolo, poiché l'istanza ultima di emanazione di un decreto è con la valutazione del Presidente della Repubblica. Per questi motivi, il gruppo Per l'Italia voterà contro le pregiudiziali di costituzionalità poste (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Corsaro, che non è in Aula.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, intervengo per esprimere il parere contrario alla pregiudiziale a nome del Nuovo Centrodestra su un decreto che, come voi tutti, sapete tutti sappiamo, riguarda materie in campo tributario e contributivo, tra l'altro argomenti importanti, pur volendo fare, poi, una considerazione sui decreti d'urgenza.
  La materia riguarda quello che significa per il sistema Paese, per l'Italia, il rientro dei capitali dall'estero, l'emersione di quei capitali al di là dei nostri confini, quella lotta all'evasione su cui ognuno di noi, anche in passato, si è battuto, sapendo bene quale sia la dimensione che darebbe al nostro sistema produttivo...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Prego, vada avanti, onorevole Bernardo.

  MAURIZIO BERNARDO. ...in termini di rilancio una lotta adeguata come, di fatto, è stata fatta anche nel corso del passato non solo recente. Sappiamo altrettanto che, in questo momento, il Governo italiano sta trattando con la Svizzera anche un trattato che ci consenta di adeguare, rispetto a quello che prevede l'OCSE, quelle direttive in materia economico-tributaria. Sul tema anche contributivo e tributario non dimentichiamoci – e da lì la ragione per cui noi siamo contrari ed esprimiamo parere contrario – di un tema delicato: perché le calamità naturali, che hanno toccato alcune aree geografiche del nostro Paese – mi riferisco all'alluvione avvenuta in Emilia Romagna e in Sardegna – ci hanno portato e portano a dover dare delle risposte veloci per quello che riguarda il coinvolgimento di personale nella misura adeguata, in quell'aspetto tributario e di defiscalizzazione in quelle aree, per quello che riguarda la Protezione civile e le risorse umane di cui hanno bisogno quelle due regioni in particolare. Ecco perché, come dicevo all'inizio, il tema della pregiudiziale ci vede contrari.
  Sulla questione che riguarda la decretazione d'urgenza potremmo aprire una discussione, anche la nostra posizione è chiara da questo punto di vista rispetto al fatto che probabilmente avremmo l'esigenza di avere più tempo a disposizione per poter trattare, nelle sedi competenti, che per quello che mi riguarda sono le Commissioni e anche quest'Aula, come anche quella del Senato, al momento, ma i tempi e le modalità dovrebbero farci superare una liturgia che purtroppo ingessa Pag. 34il nostro sistema parlamentare. Ecco perché, e concludo, noi siamo contro la questione pregiudiziale che viene posta su un argomento così delicato e che gli italiani attendono, soprattutto in alcune aree del Paese.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali presentate.
  Passiamo al voto. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Busin ed altri n. 1, Paglia ed altri n. 2, Brunetta ed altri n. 3 e Barbanti ed altri n. 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rughetti, Aiello, Carbone, Campana, Oliaro, Rizzo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  440   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato  162    
    Hanno votato no   278.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Airaudo ha segnalato che non è riuscito a votare).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (A.C. 2027) (Per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate) (ore 14,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Matteo Bragantini ed altri n. 1, Dadone ed altri n. 2 e Brunetta ed altri n. 3, presentate ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento al disegno di legge n. 2027: Conversione in legge con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. (vedi l'Allegato A – A.C. 2027).
  A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  L'onorevole Matteo Bragantini ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
  Colleghi vi pregherei di abbassare un po’ il tono della voce, grazie.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, il presente decreto-legge si compone di 14 articoli contenenti proroghe di termini legislativi. Sono prorogati termini in materia di assunzioni, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nel decreto-legge sono contenute proroghe concernenti alcune procedure di competenza del Ministero dell'interno in materia di infrastrutture e trasporti, nel settore delle politiche agricole, alimentari e forestali, come pure in quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Un decreto-legge nel quale si affrontano i temi più disparati, che vanno dalle assunzioni, dall'organizzazione e dal funzionamento della pubblica amministrazione, dalle operazioni di rimozione del relitto della nave Costa Concordia all'Isola del Giglio, dai corsi di formazione per addetti al salvataggio in acqua al possibile impiego delle guardie giurate in servizio antipirateria sulle navi.Pag. 35
  Il presente decreto-legge, denominato «milleproroghe», è adottato dal Governo, di norma con periodicità annuale, adducendo quale unica giustificazione la necessità di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione delle diverse amministrazioni interessate, ma, in realtà, serve unicamente a correggere errori, compensare ritardi e mancate decisioni.
  È manifestamente incostituzionale utilizzare la normativa d'urgenza, ad esempio, per prorogare la gestione commissariale per l'attuazione degli interventi di riqualificazione successivi ai terremoti del 1980 e del 1981. Il ricorso allo strumento della proroga, nel settore sanitario, non dovrebbe essere utilizzato, poiché impatta su temi legati all'erogazione dei servizi assistenziali e ricchi di implicazioni finanziarie.
  Particolarmente problematici appaiono, infatti, i differimenti di carattere reiterato e sistematico, soprattutto in relazione a adempimenti previsti da disposizioni risalenti nel tempo. L'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta apertamente con i contenuti dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione costituzionale dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il decreto-legge in esame, invece, accomuna una serie di disposizioni che incidono in modo rilevante sui più disparati settori, pubblici e privati. Per l'ennesima volta il Governo utilizza lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio, svuotando il Parlamento delle proprie prerogative. È un provvedimento totalmente disomogeneo, occasionale, esattamente l'opposto di quello che dovrebbe essere un decreto-legge.
  Questo provvedimento, caratterizzato, inoltre, dalla presenza di norme provvisorie, temporanee, sperimentali, di mere proroghe, incorpora già all'origine la previsione di successivi interventi integrativi, correttivi o comunque a regime che confliggono con le esigenze di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione. Il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. A ciò concorre anche l'imposizione di termini temporali insufficienti per l'esame parlamentare, per l'attività emendativa da parte dei Parlamentari e l'esame con modalità che precludono un approfondimento consapevole da parte del Parlamento stesso.
  Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza come normale prassi legislativa utilizzato dall'attuale Governo, che riprende una modalità introdotta dai precedenti e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce, da un lato, un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari. Il provvedimento in esame importa questioni rientranti nell'ambito dell'economia e del lavoro, per i quali è competente ad esprimere un parere il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, così come previsto dall'articolo 99 della Costituzione, che lo definisce organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Procedere all'esame del presente disegno di legge senza aver recepito il parere del CNEL presenta aspetti che possono far ravvisare profili di incostituzionalità manifesti. Per questo, chiediamo a tutti i colleghi di votare questa questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

Pag. 36

  PRESIDENTE. L'onorevole Federica Dieni ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Dadone n. 2, di cui è cofirmataria.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, Piero Calamandrei, uno dei nostri padri costituenti, una volta parlò del rinvio. Egli disse: «Il rinvio, simbolo della vita italiana: non fare mai oggi quello che potresti fare domani. Tutti i difetti e forse tutte le virtù del costume italiano si riassumono nella istituzione del rinvio: ripensarci, non compromettersi, rimandare la scelta; tenere il piede in due staffe, il doppio giuoco, il tempo rimedia a tutto, “tira a campa’’». Ebbene, il rinvio è tanto importante da essere stato istituzionalizzato attraverso una legge che è ormai un appuntamento fisso per il Parlamento. C’è la legge europea, la sessione di bilancio e poi il «milleproroghe», la summa maxima di una legislazione bizantina che si perpetua nel cavillo, nel rimando, nella lunghissima citazione della lettera, del comma, dell'articolo, del decreto che rimanda all'altro decreto, una selva oscura in cui è facile smarrirsi. E forse fin dall'inizio il proposito è questo: confondere le tracce. Perché è con una legislazione arzigogolata e complessa che si può celare ogni nefandezza. Montesquieu, che è uno dei padri del moderno Stato di diritto e non un attivista del MoVimento 5 Stelle, diceva: «È vero che talvolta occorre cambiare qualche legge. Ma il caso è raro; e quando avviene, bisogna ritoccarle con mano tremante: con tanta solennità e con tante precauzioni che il popolo debba concluderne che le leggi sono veramente sante; e soprattutto con tanta chiarezza che nessuno possa dire di non averle capite».
  Ebbene, possiamo con tutta sincerità affermare che tutte le norme contenute in questo mille-proroghe sono chiare ? O che sono urgenti ? O che sono necessarie ? O che esse rientrano in un unico disegno coerente ? In tutta coscienza, la risposta è «no». E se la maggioranza è onesta, potrà al massimo affermare che ci troviamo davanti ad un male necessario, ma certo non potrà affermare che lo strumento del milleproroghe, e questo in particolare, rappresenti una prassi alta della nostra legislazione.
  Al di là di queste valutazioni di merito, vorrei esaminare la questione anche da un punto di vista tecnico. Ed è più chiaro che questo provvedimento è sbagliato non solo da un punto di vista politico e vorrei dire morale, ma anche per ragioni legate alla sua incostituzionalità. È vero, in Aula rischiamo di farci l'abitudine, ma il MoVimento 5 Stelle, come è dovere dell'opposizione, non può esimersi dal ribadire e dal denunciare a questo Parlamento e ai cittadini che anche questo provvedimento è gravemente viziato sotto questo profilo. Per questo, con la questione pregiudiziale in discussione il nostro gruppo parlamentare chiede all'Aula, ai sensi dell'articolo 40 del Regolamento della Camera dei deputati, di non procedere all'esame del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di diversi termini previsti da disposizioni legislative, per i numerosi ed evidenti elementi di incostituzionalità che esso contiene, e che data la consolidata prassi dei decreti omnibus di fine anno, sono oggi sotto gli occhi di tutti.
  Ancora una volta ribadiamo la nostra più ferma disapprovazione per il continuo ricorso alla proroga degli adempimenti di legge, per l'inattività della pubblica amministrazione e per la lentezza dei procedimenti amministrativi. Sì, perché il milleproroghe è in sostanza un decreto-legge che dietro la sospensione e la risoluzione di disposizioni di legge, anche molto risalenti nel tempo, nasconde l'inefficacia, l'inefficienza e la parzialità della pubblica amministrazione, o più semplicemente un esempio eclatante di come la politica italiana guardi sempre al proprio particulare, dimenticando il quadro generale.
  Ma ci sono anche altri elementi che ci portano a chiedere di non procedere nell'esame. Il decreto, anche se è solo uno dei tanti, è palesemente incostituzionale per la totale mancanza dei requisiti di legittimità richiesti dalla Costituzione: esso manca di specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo, nonché di straordinaria necessità ed urgenza e provvisorietà.Pag. 37
  Quanto alla specificità, il provvedimento ne appare privo, in quanto la gran parte dei suoi passaggi normativi risulta indecifrabile. Riguardo all'omogeneità, il decreto-legge è sostanzialmente un omnibus, in cui è stato inserito di tutto perché su tutto bisogna intervenire. Le materie toccate spaziano dalle assunzioni, organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, agli interventi emergenziali, alle infrastrutture e trasporti all'agricoltura, dall'istruzione alla salute, dal lavoro alle politiche sociali all'economia e finanza, dall'ambiente, e chi più ne ha più ne metta, fino a toccare le più imperscrutabili profondità dello scibile umano.
  Che dire poi della corrispondenza al titolo ? Data la sua vaghezza è impossibile parlarne. O dobbiamo forse guardare ai requisiti della straordinaria necessità ed urgenza ? Ormai è inveterata prassi del Governo darli per scontati, trasformando così un'attività straordinaria in una ordinaria attività di normazione, e facendo confusione tra potere esecutivo e legislativo. In tal modo il Governo, moltiplicando all'infinito i provvedimenti attuativi di norme vigenti non adottati o mai applicati, priva il Parlamento del suo ruolo, negando i presupposti di divisione tra poteri che dovrebbero essere alla base dello Stato di diritto.
  E dove sarebbe la necessità e l'urgenza ? È urgente disporre la proroga della gestione commissariale per l'attuazione degli interventi di riqualificazione successivi ai terremoti risalenti al 1980-81 ? È urgente finanziare con 13 milioni di euro la Società italiana lavoro Spa, riducendo a copertura di questo costo il fondo sociale per l'occupazione e la formazione ? O rimandare di altri sei mesi la dismissione della sede del MIUR sita in Piazzale Kennedy ? Seneca, nelle sue Lettere a Lucilio, diceva: «Metti a frutto ogni minuto: sarai meno schiavo del futuro se ti impadronirai del presente». Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va: ebbene, cari colleghi di maggioranza e di Governo, la vita di questo Paese tra un rinvio e l'altro, l'avete già consumata a sufficienza; e le mille proroghe che avete avuto si sono ad una ad una consumate. Godetevi l'ultima proroga, perché, anche se non ve ne siete accorti, la sabbia che scorre nella clessidra oggi non è più quella del Paese, ma la vostra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, sull'ordine dei lavori. Vorrei chiederle di verificare se e quali Commissioni, sono convocate durante l'Aula.
  In particolar modo, le faccio presente che l'ufficio di presidenza della Commissione Antimafia, malgrado le rimostranze dell'onorevole Attaguile, che fa parte dell'ufficio di presidenza, ha chiesto alla presidenza stessa di poter rinviare la convocazione dello stesso ufficio di presidenza in quanto impegnato in Aula a votare; le chiedo, se può, di intervenire lei come Presidente perché è impossibile, come sa meglio di me, essere contemporaneamente presenti per le votazioni in Aula e partecipare alle attività delle Commissioni.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fedriga. Assolutamente sì; quindi, prego gli uffici di disporre e di informare le Commissioni, che sono riunite, o anche gli uffici di presidenza, che si devono «sconvocare» perché siamo nella fase di votazione e questo lo prevede il Regolamento. Quindi pregherei di intervenire immediatamente. Abbiamo ancora degli interventi e, nel frattempo, prego che la disposizione sia trasmessa a tutte le Commissioni che sono eventualmente riunite.
  L'onorevole Milanato ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Brunetta ed altri n. 3.

  LORENA MILANATO. Signor Presidente, il decreto «milleproroghe» è ormai diventato, da diversi anni a questa parte, una consuetudine del Parlamento, anche se un pessimo esempio di tecnica legislativa, e anche questo Governo, nato con Pag. 38presupposti e obiettivi definiti, e che avrebbe dovuto caratterizzarsi per discontinuità, non si è preoccupato di rispettare il principio di buonsenso e di buona tecnica legislativa.
  In particolare, questo decreto si va a sommare ad una serie di provvedimenti di urgenza emanati dal Governo che poco hanno a che fare con i criteri di straordinaria necessità ed urgenza stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione e che consistono perlopiù in un coacervo di norme confuse, eterogenee e disorganiche. È uno scorcio di legislatura in cui i lavori parlamentari sono sovraccarichi di decreti-legge da convertire, con norme di difficile comprensione – persino per gli addetti ai lavori – con trattative che vanno avanti nel Governo che continua ad infilare disposizioni quasi a caso nei provvedimenti, troppo preso a far fronte alle continue richieste e ai giochi di equilibrio che deve fronteggiare tra i diversi gruppi di maggioranza.
  Quasi una macchina di Palazzo che non è legittimata dai cittadini di questo Paese e che continua ad arrancare con provvedimenti «tampone» privi di una visione complessiva sui temi reali. Il provvedimento all'esame di questa Assemblea, data la disomogeneità e la complessità del suo contenuto, non permette di esprimere un giudizio puntuale e consapevole sul testo integrale. In alcuni casi, contiene proroghe di termini legislativi in ambiti molto diversi e in alcuni casi privi dei presupposti di necessità ed urgenza. Proroghe che vanno a correggere disposizioni già emanate, a volte da questo stesso Governo, minando la certezza del diritto e reiterando normative che di anno in anno non hanno trovato attuazione probabilmente proprio perché sono inattuabili o magari del tutto superflue e quindi inutili.
  Vorrei porre l'attenzione alla genesi però di questo decreto che, in realtà, nasce dal cosiddetto «salva-Roma», il decreto-legge n. 126, su cui il Governo aveva prima posto la fiducia poi lasciato decadere dal medesimo Esecutivo e non convertito in legge a seguito del richiamo del Presidente della Repubblica. Diverse disposizioni riprendono i contenuti di norme introdotte nell'ambito dell'esame parlamentare del decreto cosiddetto «salva-Roma»; ad esempio, sui concorsi alle agenzie fiscali, sul Fondo per il progetto «Super B factory», le norme sul finanziamento dei Tagli al lavoro S.p.a. e sulla carta acquisti riproducono i contenuti presenti nella versione del medesimo decreto licenziata dal Consiglio dei ministri. Su tale ultime disposizioni, tra l'altro, non risulta possibile evincere l'individuazione dei nuovi motivi di necessità e urgenza che ne hanno determinato la reiterazione.
  Il contenuto del provvedimento prevede la proroga di termini negli ambiti disparati. Vengono contemplati termini relativi alle assunzioni, all'armonizzazione e al funzionamento delle pubbliche amministrazioni, quelle riguardanti gli interventi emergenziali per non parlare delle materie di competenza del Ministero degli interni con riferimento alle quali la proroga termini crea ulteriori inefficienze di sistema. Si prenda, ad esempio, la proroga delle norme sull'autodichiarazione per il permesso di soggiorno che rinvia la semplificazione in materia di immigrazione.
  Che dire poi delle proroghe nel settore delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della salute, del lavoro e delle politiche sociali nonché in ambito economico e finanziario, nel settore dell'ambiente, di beni culturali e turismo, delle comunicazioni e dei servizi pubblici locali.
  Si tratta di coinvolgere un ambito troppo ampio e non omogeneo che comporta necessariamente l'incostituzionalità del decreto che perde le caratteristiche chiave della propria struttura che deve essere oggettivamente unitaria, cioè un insieme di disposizioni omogenee per la materia e per lo scopo.
  A sostegno di queste affermazioni, vorrei ricordare alcune di queste proroghe: la proroga della validità delle graduatorie delle assunzioni nella pubblica amministrazione e del termine per la riorganizzazione dei Ministeri che, in attesa della Pag. 39definizione delle procedure di mobilità, proroga di un anno il termine per l'assegnazione temporanea di personale non dirigenziale presso il Mibac e, con modifiche apportate dal Senato, in attesa del completamento del piano di rientro della situazione di esubero, del personale non dirigenziale impiegato presso l'INPS, in deroga alle regole sulla mobilità e alla limitazione del personale comandato; ancora, la proroga del termine per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla ridefinizione del sistema di regole per il funzionamento del bilancio delle università; poi ancora, la proroga degli interventi emergenziali, come la gestione commissariale della Costa Concordia (che oltretutto posticipa con legge l'efficacia di un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri) e del completamento dell'attività commissariale per gli interventi infrastrutturali nelle zone colpite dal terremoto del 1980 (un anno ancora di proroga per l'attività del commissario ad acta per il terremoto in Irpinia e Basilicata); e poi la proroga prevista, così come da modifiche approvate in Senato, in materia di magistratura onoraria fino al 31 dicembre 2015, augurandosi che tale proroga sia finalmente l'ultima e che, nel frattempo, si possa arrivare ad una riforma organica della magistratura onoraria, che potrà una volta per tutte consentire lo smaltimento delle tante cause civili pendenti.
  Il nostro voto favorevole sulle pregiudiziali di costituzionalità è sostanzialmente un voto che intende contrapporsi con forza al modo di legiferare di un Governo debole e confuso, che rischia di spaccarsi su ogni testo, su ogni emendamento, troppo preso a cercare di inserire norme dovunque, a recuperare consensi vari per continuare a mantenere l'equilibrio precario che lo caratterizza ma che è sempre più evidente agli occhi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pilozzi. Ne ha facoltà.

  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, Sinistra Ecologia Libertà voterà a favore delle pregiudiziali di incostituzionalità presentate al decreto-legge milleproroghe. Ovviamente esiste un'incostituzionalità di fatto per eterogeneità della materia, esiste un'incostituzionalità di fatto perché noi ci troviamo di fronte ad un modo di legiferare ormai del tutto raffazzonato e confuso, ci troviamo di fronte ad un decreto-legge che l'ultimo giorno dell'anno, il penultimo giorno dell'anno ha visto il Governo mettere mano in mezzo ad un mazzo di carte e capire lì e pescare forse a caso quali norme prorogare e quali no, ma leggendo bene quel provvedimento, ci rendiamo conto che quel mazzo di carte era truccato. Da che cosa era truccato quel mazzo di carte ? E mi rivolgo a lei, Presidente, anche perché lei è molto attento alla materia: era truccato dall'accordo sulla legge elettorale, perché, guardate caso, in ordine alle pregiudiziali che sono state illustrate né il MoVimento 5 Stelle, né la Lega né soprattutto Forze Italia ci hanno detto che vi è la proroga con riferimento alla legge Gasparri, quindi una proroga che va ad allungare la previsione delle partecipazioni incrociate tra editoria, televisioni e comunicazioni elettroniche. Quindi, eccolo qui l'accordo fatto sulla legge elettorale, che sembrava un accordo per il bene del Paese, mentre invece è un accordo che prevede il «salva-Lega», che prevede Berlusconi «rimesso in pista», che prevede il fatto che, quando noi discutiamo di legge elettorale, il più grande gruppo di opposizione va via e poi prevede, nel milleproroghe, una proroga alla legge Gasparri, di per sé incostituzionale, quindi tanto più incostituzionale il milleproroghe.
  Quindi, io credo che veramente questo Parlamento debba dare un sussulto e dire una volta per tutte: «basta con questi modi di fare le leggi, che sono modi che continuano ad andare a vantaggio di qualcuno e contro gli interessi di tutti».
  Quindi, io ribadisco il voto favorevole di Sinistra Ecologia Libertà sulla pregiudiziale di costituzionalità sul «milleproroghe», riservandoci poi di condurre una Pag. 40dura battaglia anche nel merito del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Meloni. Ne ha facoltà.

  MARCO MELONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, le pregiudiziali di costituzionalità presentate al decreto-legge n. 150 del 30 dicembre 2013 individuano una serie di questioni che possono essere distinte in due grandi categorie: questioni di metodo, che attengono al rapporto tra l'efficienza dell'azione amministrativa e la funzione legislativa, chiamate in qualche misura a colmare le lacune della prima nonché lo stesso processo legislativo nel rapporto tra procedimento ordinario e decretazione d'urgenza; in secondo luogo, vi sono questioni strettamente giuridiche relative alla compatibilità del contenuto del decreto in questione con i requisiti posti dalla Costituzione e dalle leggi rispetto alla decretazione d'urgenza.
  Una premessa, per poi esaminare sinteticamente le due questioni. Sappiamo tutti che la prassi di adottare annualmente un decreto-legge di questa natura, tanto che lo chiamiamo gergalmente «milleproroghe», denota un'anomalia del processo legislativo ed evidenzia altresì carenze e difficoltà applicative dei nostri apparati pubblici nel loro complesso. L'anomalia è ancor più evidente in ragione della prassi delle Camere di introdurre, nell'esame parlamentare del decreto-legge, la discussione di svariate micro questioni che non attengono strettamente alla proroga dei termini di legge.
  In questa sede, piuttosto che riprodurre in modo invero retorico gli argomenti con i quali la maggioranza e l'opposizione alternativamente si applicano alla difesa e alla contestazione della legittimità o dell'opportunità di provvedimenti di questa natura, senza trovare un modo per ridurre al minimo le anomalie che descrivevo, credo che sia necessario ragionare in maniera evolutiva e riformatrice. Come può il nostro sistema legislativo attenersi più rigidamente al dettato costituzionale e trovare una sua funzionalità ordinaria superando anomalie e strozzature che sono poi la ragione del ricorso così frequente alla decretazione d'urgenza ? Saranno queste le questioni con cui chiuderò questo intervento.
  Prima, però credo sia necessario esaminare nel merito i rilievi presenti nelle questioni pregiudiziali di costituzionalità che sono state ora illustrate. Possiamo considerare, come parametro di compatibilità costituzionale del decreto-legge, la più recente sentenza della Corte costituzionale in materia, la n. 22 del 2012. Essa – come è noto – afferma che il ricorrere dei presupposti di cui all'articolo 77, 2o comma, della Costituzione è connesso «ad un'intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge dal punto di vista oggettivo e materiale e dal punto di vista funzionale e finalistico, cosicché il testo sia oggettivamente o teleologicamente unitario e costituisca quindi un insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo».
  L'urgente necessità di provvedere – afferma la Corte – può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, nel caso in cui tali interventi devono essere indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare.
  C’è poi una questione specifica affrontata nella stessa sentenza, che è tornata di attualità anche in seguito ai rilievi del Capo dello Stato relativi al procedimento di conversione del decreto-legge n. 126 del 2013, ovvero l'inserimento di nuove disposizioni con emendamenti approvati nella fase di conversione. Queste le parole della Corte: «l'innesto nell'iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa può certamente essere effettuato per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione».Pag. 41
  Dobbiamo poi esaminare le poche, per la verità, disposizioni che reiterano identiche disposizioni contenute in altri provvedimenti e, nello specifico, nell'appena citato decreto-legge n. 126, non convertito entro i termini previsti dalla Costituzione. In questo caso, la giurisprudenza della Corte, se, per un verso, censura in termini generali iterazione o reiterazione dei decreti-legge, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, i quali riproducono, in assenza di nuovi, sopravvenuti presupposti straordinari di necessità ed urgenza, il contenuto normativo di un decreto-legge che abbia perso efficacia a seguito di una mancata conversione, per altro, afferma che un tale vizio può ritenersi sanato quando le Camere, attraverso la legge di conversione, abbiano assunto come propri i contenuti o gli effetti della disciplina adottata dal Governo in sede di decretazione d'urgenza.
  Dunque, stando al contenuto specifico, corrispondente ad un rigoroso rispetto dei limiti di coerenza del contenuto delle norme del decreto e nella riduzione dell'intervento modificativo, nei termini che ho appena descritto, del Parlamento – del Senato, per ora –, a nostro avviso i rilievi di costituzionalità, posti in via pregiudiziale, sono inconsistenti e, dunque, il Partito Democratico voterà contro tali rilievi.
  Un'ultima riflessione brevissima, relativa alla questione di fondo che citavo in avvio. Rispetto alla scorsa legislatura c’è già stato un significativo passo in avanti riguardo al ruolo del Parlamento, in quanto questo Governo ha adottato una prassi che determina un significativo incremento del ruolo dell'Assemblea legislativa, ad esempio, quando, nel porre la questione di fiducia...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MARCO MELONI. Sto terminando, Presidente...lo fa sui testi approvati dalla Commissione nel ridurre al minimo la sua attività emendativa diretta. Però, vi è innegabilmente un nodo di fondo: senza una revisione sostanziale delle norme regolamentari, per tacere delle riforme costituzionali che dovrebbero superare il bicameralismo paritario, così da dare spazi e tempi certi all'esame dei provvedimenti ordinari proposti dal Governo e così da dare, al contempo, analoghe certezze per l'esame delle proposte di origine parlamentare, da parte della maggioranza e dell'opposizione, non risolviamo il problema.
  Dunque – e ho concluso –, l'appello che il Partito Democratico rivolge a tutte le forze parlamentari, anche alla luce delle tensioni che hanno raggiunto eccessi intollerabili ma che hanno comunque...

  PRESIDENTE. Onorevole Marco Meloni, siamo 40 secondi oltre il tempo.

  MARCO MELONI. ...avuto la capacità di descrivere – ho terminato – un'anomalia nel processo legislativo, l'appello che rivolgiamo è di prendere parte attivamente a queste riforme, fondamentali per rendere il Parlamento e, dunque, la nostra democrazia rappresentativa e le istituzioni repubblicane più forti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà. Prego, onorevole Bernardo.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, mi scusi. Dunque, direi che ricorre la liturgia di entrare nel merito del «milleproroghe», così come viene definito, rispetto ad una serie di provvedimenti che hanno delle scadenze temporali su materie varie e su cui puntualmente ci troviamo ad esprimere. Da questo punto di vista, come è già accaduto anche in passato rispetto a termini legislativi, come già i colleghi che mi hanno preceduto hanno detto, abbiamo provveduto a sottolineare la necessità e l'importanza di arrivare a puntualizzare, anche in quest'Aula, quelle scadenze temporali che consentono anche ai livelli locali, quegli ambiti, chiamati a dare delle risposte in termini non solo temporali ma Pag. 42anche nella quantificazione di interventi che poi andremo a porre in essere in questa direzione.
  Ecco perché è importante non solo ciò che riguarda gli aspetti temporali ma anche il personale che viene richiamato in alcune aree necessarie oggi rispetto a scadenze importanti. Sappiamo bene quanto sia di attualità il tema delle assunzioni, così come abbiamo ricordato anche prima, rispetto alla necessità di ricorrere alla decretazione d'urgenza, perché non si trovano delle opportunità anche nuove che vengano contemplate in quella che è la nostra liturgia all'interno delle due Camera in attesa che poi ovviamente si arrivi – dico «ovviamente» perché è l'auspicio di tutti, soprattutto al di fuori anche di quest'Aula – ad una riforma complessiva del sistema parlamentare.
  Ecco perché noi esprimiamo ovviamente, da questo punto di vista, una posizione chiara, come Nuovo Centrodestra, rispetto ad argomenti che poi consentono una certa modalità di approccio nei confronti delle istituzioni anche a livello locale, ma non solo, a provvedimenti che puntualmente, anno dopo anno, hanno bisogno di una riconferma. È per questo che esprimiamo, quindi, l'adozione, da parte nostra, di quello che più comunemente viene definito «milleproroghe» per un numero così importante e significativo di risposte che vengono attese e in termini quindi favorevoli e positivi da parte della nostra Camera.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Matteo Bragantini ed altri n. 1, Dadone ed altri n. 2 e Brunetta ed altri n. 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pagani, Folino, Rabino...
  Dichiaro chiusa la votazione.

  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  398   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato  166    
    Hanno votato no   232.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Scalfarotto ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

Sull'ordine dei lavori (ore 15,10).

  PRESIDENTE. Prima di una breve sospensione, ho richieste di parola sull'ordine dei lavori, quindi non sono interventi di fine seduta, che faremo alla fine della seduta, ma sono due interventi sull'ordine dei lavori, il primo è dell'onorevole Bianconi e poi l'onorevole Locatelli.
  Prego, onorevole Bianconi. Prego i colleghi che non sono interessati, gentilmente di uscire senza fare baccano.

  MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori per l'interruzione che ho fatto prima quando il collega Colletti svolgeva il suo intervento in sede di dichiarazione di voto sul decreto «salva proroghe». Mi sono risentito e le chiedo scusa, perché le ho anche detto «lei non può richiamarmi», in realtà lei può richiamarmi benissimo, perché avevo sentito una frase che a me pareva non solo offensiva al di là di ogni limite, ma era fatta di fronte a milioni di italiani, perché era in diretta. Ed era fatta nella formula subdola della domanda retorica, in modo che tale domanda insinuasse in chi ascoltava la certezza che ciò che veniva detto era vero, senza però assumersene le relative responsabilità, ben sapendo che il collega, il deputato, che era oggetto di questa domanda retorica, in realtà offesa diretta senza pagar gabella, era un collega che è stato sotto processo ed è stato assolto e la sentenza passata in giudicato non è stata neppure appellata dai pubblici ministeri, il che significa che proprio ragione aveva, proprio su questo argomento. Ed era stato oggetto di un ludibrio mediatico senza Pag. 43pari. E, quindi, è facile gettare il discredito in questa maniera subdola, vigliacca, che non è accettabile e non getta solo il discredito sul collega, ma su tutta l'istituzione, sulla Camera.
  Ecco perché mi ero risentito, perché ho provato un'offesa diretta sulla pelle di chi è innocente, che gravava in maniera veramente capziosa, schifosa, di fronte a tutta l'Italia e che offendeva tutto questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, ovviamente rimane agli atti quello che lei ha detto. Io le dico francamente che nel corso del dibattito, come lei ha notato, ho ripreso praticamente un po’ tutti quando, a mio avviso, si andava fuori tema e si dicevano cose sconvenienti. Le dico francamente che non mi sono reso conto di questo, altrimenti sarei intervenuto, ovviamente, se mi fossi reso conto sarei intervenuto anche in questo caso.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, oggi è tolleranza zero verso le mutilazioni genitali femminili. Vi chiedo attenzione, colleghe e colleghi, perché il 6 febbraio il mondo celebra la giornata internazionale per la lotta alle mutilazioni genitali femminili e, come tutti sappiamo, si tratta di una pratica basata su norme sociali che viola gravemente i diritti umani di donne e bambini ed ha un impatto devastante sulla loro salute fisica e psichica.
  L'Unicef calcola che siano oltre 134 milioni le donne che hanno subito una qualche forma di mutilazione in Africa, in Medio Oriente, in Asia meridionale. Ogni anno circa 3 milioni di bambine rischiano di esservi sottoposte. La pratica ha seguito i percorsi migratori e, pur in assenza di dati certi, si è calcolato che in Europa vi siano 500 mila donne e bambine che convivono con i postumi della mutilazione e circa 35 mila vivono nel nostro Paese.
  L'Italia ha sostenuto i Paesi africani per l'adozione della risoluzione ONU per la messa al bando delle mutilazioni dei genitali femminili e negli ultimi cinque anni il Ministero degli affari esteri ha finanziato il programma congiunto Unfpa-Unicef per le mutilazioni genitali femminili. Il nostro Paese si è particolarmente impegnato in questo campo e la legge n. 7 del 2006 è considerata un esempio da seguire per il suo ruolo di prevenzione, prevedendo un finanziamento di 5 milioni di euro annui a partire dal 2006. Purtroppo, questo finanziamento si è interrotto nel 2012.
  Certo, per fortuna vi è un progresso verso l'abbandono di questa tragica e crudele pratica, ma il rallentamento e l'estirpazione dipende dall'impegno concreto a sostenere attività di sensibilizzazione, informazione e formazione, ed è per questo che, oggi più che mai, è importante che l'Italia non venga meno a questo impegno, tenendo presente che la fine della pratica delle mutilazioni genitali femminili ha un impatto diretto sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. La salute psicofisica di tante donne e bambine dipende anche da noi, perché non possiamo abbandonarle (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Onorevole Locatelli, in realtà non ci siamo intesi: questo intervento era da fare a fine seduta. Vi sono dei colleghi che hanno richiesto la parola. Vorrei specificare, in maniera da intenderci, che gli interventi di fine seduta si fanno a fine seduta. A me ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori l'onorevole Bianconi; ora me la chiede, immagino sull'ordine dei lavori, l'onorevole Colletti. Onorevole Terzoni, gli altri interventi vanno a fine seduta. Do la parola all'onorevole Colletti e poi sospendiamo la seduta. Prego, onorevole Colletti.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, intervengo perché, purtroppo, noi non abbiamo capito a cosa si riferisse il collega Bianconi e di cosa si lamentasse. Quindi, davvero, chiederei una traduzione da parte sua delle lamentele del collega Pag. 44Bianconi, perché davvero non abbiamo capito a cosa si riferisse e a cosa suppostamente noi ci fossimo riferiti, anzi io, con quell'intervento. Solo una piccola correzione: il mio intervento era sullo «svuota carceri» e non sul milleproroghe, solo per amore di verità e di comprensione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Poi, penso che noi faremo un grandissimo passo avanti se, magari, vi parlate e vi spiegate qual è il problema. Comunque, per ora ci accontentiamo di questo.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30.

  La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Berretta, Bindi, Boccia, Michele Bordo, Caparini, Carrozza, Costa, D'Incà, Dellai, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Migliore, Pes, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Sisto, Speranza, Vargiu e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (A.C. 1920-A) (ore 15,31).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1920-A: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015.
  Ricordo che nella seduta dell'8 gennaio 2014 sono state respinte le questioni pregiudiziali Brunetta ed altri n.1, Fantinati ed altri n. 2 e Allasia ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1920-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni finanze e attività produttive si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione finanze, deputato Gutgeld.

  ITZHAK YORAM GUTGELD, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Signor Presidente, il decreto «Destinazione Italia» è un provvedimento complesso e con numerose misure volte a favorire gli investimenti nel nostro Paese sia da parte di imprese e imprenditori Pag. 45italiani sia da parte di soggetti esteri. Mi soffermo su alcuni articoli, in particolare gli articoli 3, 7, 8, 9, 10, 12, 13 e 14. Il collega Vignali illustrerà i rimanenti articoli.
  L'articolo 3 è particolarmente importante: assegna 600 milioni di euro nei prossimi tre anni nella forma di credito di imposta per aziende che hanno incrementato i loro investimenti di ricerca e sviluppo. È un primo passo importante, che mi auguro non sia conclusivo: l'auspicio è naturalmente di poter trovare ulteriori risorse per incentivare maggiormente questa misura così importante per lo sviluppo economico del Paese.
  Segnalo il più importante intervento emendativo che riguarda questo articolo, e cioè quello che assicura l'effettiva copertura delle risorse avvalendosi delle risorse nazionali e finanziate dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione, che non richiedono specifica approvazione europea. Questo peraltro riguarda anche l'articolo 6, di cui parlerà dopo il collega Vignali. Queste risorse, inoltre, sono assegnabili a imprese presenti su tutto il territorio nazionale, e non solo nelle aree di obiettivo 1. Abbiamo, in sostanza, nel lavoro di Commissione, garantito una reale copertura disponibile a tutte le imprese del Paese che rispondano ai requisiti e con particolare attenzione alle medie e piccole imprese, escludendo dal perimetro del provvedimento le imprese con fatturato superiore ai 500 milioni.
  L'articolo 7, che razionalizza l'istituto del ruling di standard internazionale e l'articolo 10, che razionalizza i tribunali competenti per società con sede all'estero, sono misure volte a facilitare in particolare le aziende estere che operano nel nostro Paese. Segnalo un importante emendamento all'articolo 10, che istituisce, come una sezione distaccata del tribunale di Venezia, una sezione specializzata in materia di impresa presso il tribunale e la corte d'appello di Bolzano, gli unici in Italia ad operare in un regime bilinguistico italo-tedesco: un altro emendamento, quindi, che è risultato dal lavoro di Commissione e ha migliorato l'efficacia di questo importante articolo.
  Sull'articolo 8, che riguarda la riforma del mercato RC auto, è stato fatto un lavoro importante, una complessiva revisione e un miglioramento del testo iniziale del Governo, prendendo spunto da numerose proposte emendative provenienti da più gruppi. Data la mole di subemendamenti – oltre 100 subemendamenti –, si è deciso di sopprimere questo articolo per poter esaminarlo con più calma e con la dovuta attenzione, necessaria per una riforma di questa entità, e, in intesa con il Governo, si è deciso di procedere nell'immediato futuro con un disegno di legge.
  L'articolo 9, che riguarda incentivi alla lettura, è stato modificato per un motivo che ci tengo a spiegare, visto che c'erano anche un po’ di discussione e qualche articolo sul giornale, che a mio avviso non ha dato il reale quadro del cambiamento. Il problema che abbiamo dovuto affrontare in Commissione riguarda il fatto che la copertura prevista per questa iniziativa di 50 milioni di euro non era sufficiente per coprire un eventuale credito di imposta triennale fino a 2 mila euro per l'acquisto di libri: risorse non c'erano. Quindi, si è proceduto a cambiare la modalità tecnica della distribuzione di questo beneficio, assicurando e garantendo che questa copertura di 50 milioni di euro sia idonea. Quindi, sostanzialmente le scuole superiori distribuiranno agli studenti voucher per l'acquisto di libri non di testo, quindi il focus è sui libri di lettura, con uno sconto del 19 per cento. Le librerie recupereranno lo sconto fatto agli studenti in sede di dichiarazione di imposta.
  Si tratta di una misura interamente a favore dei cittadini. In particolare, rappresenta un invito ai giovani di entrare in libreria. Quindi, l'emendamento che abbiamo votato in questo senso non ha affatto cambiato la natura di sostegno alla diffusione della lettura ai cittadini che acquistano libri. Ci tengo a precisare questo, visto che appunto sono state fatte delle affermazioni in vari mezzi di stampa che, Pag. 46a mio avviso, non hanno dato il reale quadro e la reale rappresentazione di quello che è stato fatto.
  L'articolo 12 è un articolo particolarmente importante per favorire l'accesso al credito per la piccola e media impresa. Abbiamo fatto – e sono state accolte – numerose proposte emendative, facendo particolar leva sull'indagine conoscitiva condotta dalla VI Commissione. Tutte queste proposte, o gran parte di queste proposte, hanno l'obiettivo di allargare il raggio di azione dei nuovi strumenti previsti, dai mini bond alla cartolarizzazione dei crediti, che consentirà agli istituti di credito di assegnare risorse al credito della piccola e media impresa a prezzi più contenuti.
  L'articolo 13, che contiene disposizioni urgenti per l'Expo e per lavori pubblici, assegna e riassegna oltre 600 milioni di euro a favore dell'Expo, ma in particolare a favore dei comuni, in tutto il territorio, che volessero cogliere l'occasione di questa grande manifestazione per la promozione e la valorizzazione delle loro risorse turistiche e culturali. Anche su questo articolo si è lavorato per assicurare che questa misura, volta a coprire tutto il territorio, sia efficace e che le risorse siano disponibili e spendibili entro tempi rapidi.
  Infine, l'articolo 14, recante misure di contrasto al lavoro sommerso e irregolare, consente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di assumere 250 nuovi ispettori, quindi è una misura importante. È stata fatta una serie di emendamenti in revisione di questo articolo. Segnalo quello forse più significativo, cioè quello che assicura che la copertura per gli oneri derivanti dall'assunzione dei nuovi ispettori cadrà, in ultimo, non nella forma di riduzione del fondo per l'occupazione giovanile, come era stato previsto inizialmente, ma, invece, sarà di fatto finanziata dalle maggiori entrate che produrranno questi nuovi ispettori.
  Vorrei infine ringraziare i membri delle due Commissioni e i membri del Governo per un lavoro proficuo su un provvedimento complesso ed articolato: ringrazio tutti.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione attività produttive, deputato Vignali.

  RAFFAELLO VIGNALI, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Signor Presidente, dirò in forma sintetica, necessariamente sintetica, alcune delle principali modifiche che sono state apportate dai lavori delle Commissioni VI e X su alcuni articoli di questo decreto, quelli non toccati dal collega Gutgeld. Necessariamente sintetico perché in tanti casi, su alcuni di questi articoli, c'erano effettivamente tanti emendamenti, che sono stati accolti in un lavoro di grande condivisione e di grande impegno da parte di tutte le forze politiche e con la tensione a cercare di trovare delle soluzioni che fossero effettivamente volte a rendere il nostro Paese veramente attrattivo.
  Innanzitutto sull'articolo 1, che riguarda la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe, un provvedimento molto importante ed evidentemente molto atteso dalla popolazione italiana, non soltanto dai cittadini, ma anche dalle imprese, visto l'alto costo dell'energia nel nostro Paese rispetto anche agli altri Paesi europei. Devo dire che sono state fatte molte modifiche, alcune anche di grande buonsenso, ripeto, suggerite dalle diverse forze politiche di maggioranza ed opposizione. Penso, ad esempio, all'esclusione di misure che potevano rischiare di essere punitive per i piccoli impianti di produzione da rinnovabili, come gli impianti fotovoltaici fino a 100 chilowatt o quelli idroelettrici fino a 500 chilowatt.
  Un provvedimento importante è stata la riduzione delle componenti parafiscali del gas, in particolare a vantaggio delle imprese cosiddette energivore del gas. Penso in particolare a tanti distretti produttivi del nostro Paese, in particolare i vari distretti ceramici, che sono dei grandi consumatori di gas e questa quindi è una misura che rende più competitive la nostre imprese.
  Ci sono state modifiche per rendere – questo devo dire soprattutto su spunto del Pag. 47MoVimento 5 Stelle – la bolletta più chiara, in modo tale che sia più facile per i consumatori leggere la bolletta stessa e poter confrontare poi anche le offerte.
  Un'altra modifica importante è l'introduzione, come terzo responsabile dell'impianto termico, anche delle imprese individuali. Come era precedentemente, il testo escludeva ad esempio tutto il mondo artigiano da questa funzione e questa ci è sembrata una forte limitazione, a cui abbiamo posto rimedio.
  Altro aspetto – e chiedo scusa ai colleghi se non posso evidentemente citare tutti gli emendamenti approvati – importante credo, è la modifica del rimborso, rispetto a come era previsto originariamente dal decreto, per il subentro delle imprese nella gestione del gas, un sistema che avrebbe rischiato di penalizzare evidentemente chi era entrato riconoscendo certi valori e poi ne usciva, invece, vedendosene riconosciuti molti meno e in particolare avrebbe anche gravato sulle finanze dei nostri comuni.
  L'articolo 2, sulle misure in materia di nuove imprese, credo abbia segnato alcuni aspetti importanti. Ne cito tre per tutti. Il primo è l'introduzione, tra i progetti finanziabili, di iniziative nel comparto del commercio e del turismo, che erano escluse. Sono settori nei quali abbiamo invece la nascita di nuove imprese, cosa che in molti casi è anche più semplice, evidentemente, rispetto ad un'impresa industriale, per ovvie ragioni, quindi ci è sembrato corretto inserirle.
  L'estensione dei requisiti dei soggetti che possono beneficiare dell'auto imprenditorialità, estendendo da 6 a 12 mesi la nascita delle imprese che possono presentare domanda di agevolazione.
  Non da ultimo, la determinazione e la destinazione di una quota pari a 20 milioni di euro a valere sul Fondo di garanzia delle PMI per interventi in favore dell'imprenditoria femminile.
  Sull'articolo 4, che riguardava misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche, abbiamo lavorato perché questa misura potesse effettivamente avere un esito. Un Paese che ama l'ambiente è un Paese in cui le bonifiche si fanno, non un Paese in cui le bonifiche si bloccano. In questo spirito, quindi, abbiamo lavorato, evidentemente con tutte le tutele che debbono esserci per l'ambiente stesso, ma legata all'ambiente, evidentemente, è la salute dei cittadini. Anche su questo abbiamo precisato alcune norme che potevano prestarsi a dubbie interpretazioni, in particolare sull'attuazione poi degli accordi di programma.
  Per quanto riguarda le misure per l'internazionalizzazione, abbiamo cercato anche qui di rendere più funzionali queste misure, ad esempio rendendo certa l'apertura degli uffici doganali 24 ore al giorno. È una misura che le imprese chiedono da tanto tempo, ma se scritta in norma rischia poi di non avere questo effetto, rischia poi invece al contrario di diventare un boomerang. Una semplificazione, una velocizzazione anche dei procedimenti amministrativi nelle dogane. Questo è un altro fattore per cui tante volte le nostre imprese preferiscono andare a spedire le proprie merci o a ricevere le proprie merci, in particolare in ricezione, da altri Paesi europei che hanno evidentemente dei tempi molto più veloci e il tempo è uno dei fattori critici di successo della nostra economia.
  Sulle misure per la digitalizzazione e la connettività delle piccole imprese, anche qui abbiamo previsto una serie di norme che rendono più facile tutto questo. Norme che effettivamente possono andare a beneficio della digitalizzazione e della connettività delle imprese, ma anche norme che crediamo possano semplificare l'attuazione della banda larga e ultra larga nel nostro Paese attraverso una semplificazione ad esempio di tutto il fronte della posa delle fibre stesse.
  Infine, ultimo articolo, l'11, concernente le misure per favorire la risoluzione di crisi aziendali e l'occupazione, anche qui abbiamo cercato di far sì di avere una normativa che sia sempre più in grado di risolvere le crisi, di risolvere quegli stati di crisi da cui le imprese possono essere salvate. Anche qui abbiamo introdotto alcune misure che sono assolutamente Pag. 48nuove, ad esempio l'accesso ai possibili finanziamenti anche alle piccole e medie imprese che prima erano escluse. Abbiamo lavorato anche chiarendo alcune norme, come sul diritto di prelazione sulla liquidazione coatta amministrativa, che ritenevamo fondamentali. Abbiamo anche previsto che pure i lavoratori delle piccole imprese possono avere una prelazione nel subentrare a un'impresa in stato di crisi.
  Da questo punto di vista – e termino – credo che il lavoro sia stato assolutamente proficuo. Ringrazio di nuovo anch'io tutte le forze politiche anche per il dibattito, in qualche caso veramente approfondito e interessante, che c’è stato in Commissione che ci ha permesso di fare questo lavoro, augurandomi che anche i lavori qui in Aula possano proseguire esattamente con la stessa tensione a cercare di rendere veramente questo Paese più attrattivo perché questo è il Paese di tutti, non è il Paese né della maggioranza né dell'opposizione sole, ma di tutti e l'uscita dalla crisi dipende da noi se riusciremo evidentemente ad adottare norme che rendano questo Paese, non un Paese da cui scappare, ma un Paese in cui venire, investire, creare ricchezza per tutti e creare soprattutto quella cosa che tutti desideriamo, che è il lavoro.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare alunni e docenti dell'Istituto comprensivo statale di Foggia, Vittorino da Feltre (Applausi).
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione finanze, deputato Pesco.

  DANIELE PESCO, Relatore di minoranza per la VI Commissione. Signor Presidente, cerco di essere sincero, faccio uno sforzo, sì perché mi trovo a dover fare le lodi al Governo che ha scritto questo decreto-legge. Ebbene sì, qualcosa di buono c’è.... i titoli del decreto e degli articoli che ne fanno parte ! Destinazione Italia: per mesi si è parlato di questo decreto che sembrava che potesse trovare le soluzioni a tutti i problemi dell'economia e della finanza, degli investimenti, del tessuto produttivo della nostra nazione e invece, a detta di molti, contiene poche misure, senza coperture e in gran parte totalmente inutili per la ripresa economica del Paese. Ma parlavamo di titoli, i titoli dei 14 articoli che, probabilmente, diventeranno 13 ! Bene, non vediamo l'ora che diventino 13, ma quali sono questi titoli ? Disposizioni per la riduzione dei prezzi per l'energia elettrica, aree di crisi industriale complessa, credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, misure per favorire la digitalizzazione delle piccole e medie imprese, misure per favorire la diffusione della lettura, credito alla piccola e media impresa. Questi sono solo alcuni dei titoli altisonanti ma, ad esempio, per tre di questi non ci sono i soldi per portarli a termine o a compimento.
  Ma, gratta gratta, sul fondo del barile qualcosa si trova sempre e che cosa hanno trovato in questo caso ? Delle risorse sì, ma provenienti da un altro barile, quello dei fondi europei. Ma questi fondi ci sono già ? No, in realtà non ci sono già e in realtà devono seguire dei percorsi ben stabiliti e finire direttamente ai soggetti che seguono dei programmi, partecipano a dei bandi e ottengono risorse per realizzare i progetti ritenuti degni per l'investimento di risorse comunitarie. Qui, invece, abbiamo uno Stato che decide prima di tutti, che mette le mani sopra queste risorse, che si sostituisce alla libera iniziativa, che maschera la carenza di liquidità per gli investimenti strutturali e si fa bello con i fondi europei. A detta di tutti è una cosa che anche qui alla Camera non si è mai vista: uno Stato che usa come coperture di proprie iniziative dei fondi europei. Non ci siamo proprio.
  Ma, Presidente, facendo parte della Commissione finanze preferirei parlare dei due articoli che più hanno interessato i lavori della mia Commissione e mi riferisco all'articolo 8, mi piacerebbe chiamarlo già ex articolo 8, Disposizioni in materia di assicurazione RC auto, e l'articolo 12, Misure per favorire il credito alla piccola e media impresa.
  Per fortuna almeno in Commissione l'articolo 8 sull'assicurazione RC auto è Pag. 49morto, decaduto, scomparso, soppresso, non c’è più. In Commissione, almeno, sul testo purtroppo c’è ancora. Gli assicurati, gli artigiani ed anche i medici ringraziano. Artigiani, medici, assicurati, ma cosa c'entrano e perché ringraziano ? Ringraziano perché le assicurazioni, le lobby, anzi la lobby delle assicurazioni, ben rappresentata dalla propria associazione di categoria ANIA, voleva mettere le mani sui diritti degli assicurati, sui diritti dei carrozzieri indipendenti dalle compagnie assicurative, sui diritti dei medici che prestano servizi sanitari indipendenti dalle imprese di assicurazione. Ebbene si ! Le assicurazioni si sono rese conto che avrebbero potuto incrementare i loro utili occupandosi anche di riparazioni auto, servizi medici sanitari, di dati riferiti agli spostamenti dei mezzi assicurati e altro ancora: non gli bastava fare le assicurazioni, volevano acquisire veri e propri rami d'azienda nazionali, imponendo i prezzi a diversi e interi settori collegati indirettamente al settore assicurativo ! Per fortuna in molti, oltre al MoVimento 5 Stelle, hanno recepito il segnale d'allarme e hanno condiviso la nostra battaglia nata molti mesi fa prima ancora che venisse redatto questo decreto, nell'aula della Commissione Finanze dove, con una nostra risoluzione, ci siamo opposti alla risoluzione n. 7-00060 del collega Gutgeld, mai approvata, e che proponeva molte delle cose contenute in questo decreto-legge ! Ma passiamo avanti, anzi stendiamo un velo pietoso sulla brutta figura fatta dal Governo e dalla maggioranza e sui resti esanimi del povero articolo 8 che speriamo non risusciti, non si sa mai.
  Parliamo dell'articolo 12, forse il vero motivo o meglio il core business di questo decreto-legge. Tutto il resto è pura copertura ma, tranquilli, non copertura economica. Il titolo è: credito alle piccole e medie imprese o, meglio, per essere più precisi e onesti verso i cittadini, cartolarizzazioni.
  Ma, partiamo dall'inizio, per lealtà verso tutti, cosa vuol dire cartolarizzare ?
  Vuol dire acquistare dei crediti che, visti da un altro punto di vista, possono essere chiamati debiti. Ebbene, comprare i crediti, farne dei pacchetti, chiamarli garanzie e, sulla scorta di queste garanzie, emettere dei titoli per andare a ingrossare e ingrassare i mercati della finanza, le società anche bancarie e le persone che ci guadagnano sopra. Un nome alternativo potrebbe essere strozzinaggio: sì, perché, se si offrono due lire – pardon, 2 euro – in cambio di un credito ben più cospicuo, si è degli strozzini e, se si mettono le mani su quel credito, andando magari ad escludere altri potenziali beneficiari, che magari potevano avanzare dei diritti su quel credito, si è strozzini e avvoltoi.
  Signori, si sta facendo questo e state per approvare questo provvedimento, ma non c’è solo il fattore morale, c’è anche il rischio, rischio sistemico per essere più precisi: sistemico, nel senso che le conseguenze possono andare a colpire molti soggetti, molti settori, anche non direttamente collegati agli attori di questo straordinario affare per banche e società di cartolarizzazione.
  Ma la cartolarizzazione esiste da molto tempo, sì, è vero: da sempre i crediti possono essere ceduti. E, allora, perché ci lamentiamo ? Ci lamentiamo perché si vuole abusare di questo strumento in modo incosciente e scellerato, come se il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 non fosse mai capitato; come quel 9 settembre 2008, quando tutto il mondo finanziario si è accorto di detenere crediti inesigibili gonfiati in quantità industriali e le azioni di quel titolo sono crollate, creando danni a catena ovunque, in tutto il mondo. Ma di cosa si occupava e perché si è schiantata Lehman Brothers ? La risposta è semplice: cartolarizzazioni, cartolarizzazioni di mutui subprime, cioè rilasciati a persone ad alto rischio d'insolvibilità.
  E se vogliamo vederla bene, i titoli cartolarizzati in quegli anni da quella società erano forse più sicuri di quelli che si vogliono cartolarizzare qui con questo decreto. Sì, perché là, quanto meno, le garanzie c'erano ed erano rappresentate Pag. 50dagli immobili: qui neanche quello in molti casi, visto che sono concesse a garanzie minori.
  Ma entriamo nel dettaglio. Perché non ci piace ? Magari ci sono aspetti che ci possono far credere che effettivamente tutti i rischi che paventiamo in realtà non ci sono: purtroppo, però, mi sa che abbiamo ragione. Proviamo a rispondere a delle domande semplici: cosa, perché, come e quanto.
  Cosa: con questo decreto si vuole cartolarizzare tutto, non solo i mutui fondiari, come era previsto prima, ma anche crediti garantiti da ipoteca navale, crediti nei confronti di piccole e medie imprese, crediti derivanti da contratti di leasing o di factoring, nonché titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazioni. Cioè, cartolarizzazioni di cartolarizzazioni, carta su carta, speculazione su speculazione: cartolarizzate tutto, manca solo il conto di mia zia dal salumiere ! Ma sappiamo che, a breve, arriverete anche a quello.
  La seconda domanda è: perché ? Perché cartolarizzare ? La scusa è offrire risorse alle ditte che non riescono a incassare i propri crediti. La realtà è che si tratta di un bel business, fatto da tassi di interesse e di commissioni, passaggi di mano di mano di questi titoli di credito e ognuno, ad ogni passaggio, ci fa una piccola scrematura, spolpando piano, piano, arrivando all'osso, facendo correre il rischio a chi si compra questi titoli garantiti da queste carte o, meglio, titoli di credito trasformati in pura carta, titoli di credito magari di gente insolvibile e, quindi, inesigibile.
  La terza domanda è: come ? Anche a questa domanda è facile rispondere. Sì, il come l'avete studiato bene, in quanto non c’è la sicurezza che i titoli frutto di queste cartolarizzazioni vengano venduti. Si tratta di titoli pericolosi, e tutti sanno che sono titoli pericolosi: non sarebbe facile convincere gli investitori a impegnare le proprie risorse a vantaggio di fondi che investono in questi fondi e, quindi, che avete fatto ? A che punto è arrivata l'avidità di chi ha scritto il decreto ? Avete dato la possibilità – la possibilità – ai fondi pensione di acquistare questi prodotti sui mercati non regolamentati, anche privi di valutazione di enti terzi.
  Non è un obbligo, ma come possiamo permettere a dei risparmi dei lavoratori, che dovrebbero garantire la loro pensione, d'investire in prodotti tanto rischiosi, con la scusa di aiutare le PMI, quando lo scopo unico del provvedimento mascherato sotto il titolo «Misure per favorire il credito della piccola e media impresa» nasconde l'ennesimo regalo per le banche e per chi gestirà tutti questi nuovi prodotti ? Stiamo parlando di un mercato miliardario, sul quale lo Stato non caverà un centesimo, perché le società veicolo, con a patrimonio prevalentemente questi prodotti, non pagheranno imposte.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  DANIELE PESCO, Relatore di minoranza per la VI Commissione. Non paghi, avete dato la possibilità di comprare questa carta, perché di carta si tratta, anche alle assicurazioni, che possono sostituire la loro liquidità utilizzata come attivi messi a copertura delle riserve tecniche, in pratica le garanzie. E volendola vedere tutta, tra le pieghe del decreto, temiamo che questa possibilità la offriate anche a INPS e INAIL. Speriamo di sbagliarci.
  Noi non vogliamo mettere a rischio le garanzie di questi enti pubblici, già messi non troppo bene. Così, non ci siamo, stiamo inseguendo un mercato fatto da persone avide che, al posto di affrontare i problemi e i paradossi dell'economia finanziaria, tendono a ingigantirla, inserendo strumenti furbi per guadagnare il più possibile in commissioni e – perché no ? – distribuirsi dei bei bonus a fine anno. Il problema è che se ci affidiamo, come la politica, alla finanza delle banche, troppo grandi per fallire, al posto che esserne malfidenti, regolandole severamente, andremo incontro inevitabilmente ad altre crisi sistemiche le quali si rifaranno sui contribuenti, i cittadini, uniche vere vittime di questo sistema perverso, messo in piedi da chi si attribuisce il diritto di gestire il denaro.

Pag. 51

  PRESIDENTE. Grazie, deputato Pesco.
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione Attività produttive, deputato Davide Crippa.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Grazie Presidente, questo decreto finalmente è arrivato in Aula con un taglio importante che è stato quello dell'articolo 8, dopo una scena che, devo riportare a quest'Aula, è stata alquanto raccapricciante. Vedere due sottosegretari dello stesso Governo che si contraddicono al banco della presidenza all'interno della Commissione è stato un episodio penso unico, insomma, sicuramente per me che sono qui da poco, ma da quanto mi dicono gli storici del palazzo è un episodio che comunque non capita spesso di vedere.
  Vi parlerò principalmente dall'articolo 1, perché quando un «Destinazione Italia» ha questa eterogeneità diventa abbastanza improbabile essere in grado di trattare tutti i temi con un adeguato grado di approfondimento. E devo dire che non si può pensare che dentro un decreto che in qualche modo dovrebbe avere un'omogeneità di materia si possa passare dall'energia al turismo, al sostegno alla lettura, alle imprese, ai sussidi alle imprese, alla digitalizzazione. Direi che forse se il Governo prendesse questo come un invito potremmo provare a fare qualcosa di concreto sui singoli interventi in maniera tale che anche le Commissioni siano in grado di lavorare in maniera approfondita e puntuale sulle singole tematiche, perché ovviamente passare da palo in frasca come all'interno di questo decreto è un compito, a mio avviso, abbastanza complicato.
  Il comma 1 dell'articolo 1 introduce un criterio che noi riteniamo abbastanza importante, quello per il quale le bollette energetiche devono essere rapportate alle fasce orarie dei consumi. Questo vuol dire che, finalmente, riusciamo, oddio dovremmo – perché poi sa, Presidente, il problema è che nel passare dalla carta al mercato c’è sempre qualche misura ostruzionistica di cartello – adeguare le tariffe elettriche all'andamento della produzione e quindi immaginare che durante il giorno noi siamo in grado di avere un prezzo dell'energia più basso dovuto alle fonti rinnovabili. Questo perché ai più di quest'Aula – oggi, magari apparentemente vuota o meglio vuota – non è chiaro, però le rinnovabili costituiscono già oggi il 25 per cento della produzione di energia elettrica del nostro Paese su base annuale, quindi immaginatevi durante il periodo di massima insolazione, dove comunque una forte componentistica fotovoltaica produce. Noi in quel caso oggi abbiamo detto: differenziamo le fasce di consumo in base al prezzo orario.
  Noi avevamo chiesto soprattutto successivamente, nei commi 2 e seguenti, dei punti chiave, perché a un certo momento, immancabilmente, questo Governo – che deve sempre dare un po’ la propria contrarietà alle rinnovabili – quindi anche in questo caso aveva dato questo taglio al prezzo minimo garantito che non so se tutti sanno, ma sostanzialmente è stato previsto ai tempi come un sistema di remunerazione per i costi accessori e quindi per la manutenzione degli impianti delle rinnovabili. E oggi, andare a dire che quel prezzo minimo garantito – per chi, tra l'altro, si è fatto dei mutui, si è fatto dei prestiti bancari – passa dai 100 e passa euro a megawatt a 38 euro, devo dire che probabilmente a qualcuno traballa la sedia.
  Soprattutto agli istituti di credito, che in qualche modo hanno finanziato anche queste operazioni. Oggi però purtroppo gli istituti di credito poi ne rispondono in prima persona, vanno a bussare alla porta alle imprese che hanno aperto questi tipi di attività di produzione energetica. Sì, perché generalmente questo, da indagini di mercato, potrebbe portare in qualche modo a ridurre quello che è il margine di ricavi. Tendenzialmente si parla di una riduzione globale, tra conto energia e prezzo di vendita diretta, di quasi il 10 per cento. Capite che oggi il 10 per cento è un margine di guadagno: purtroppo con le scontistiche con cui siamo abituati a viaggiare oggi il 10 per cento in alcuni casi è un margine di guadagno aziendale risicato Pag. 52ma c’è; ed è evidente che se togliamo questo 10 per cento, a qualcuno non tornano i conti. Ma sicuramente sarà stato fatto per abbassare in maniera esponenziale il prezzo dell'energia: chissà, dopo l'entrata in vigore di questo decreto tutti potranno consumare energia liberamente ad un prezzo bassissimo. Ed invece probabilmente non è così: almeno, non è certo, perché si parla di 150 milioni di euro risparmiati, 150 milioni di euro caricati in componente tariffaria A3, che non so se tutti sanno, ma ad esempio – faccio un paragone – una rescissione anticipata dei CIP6 equivale per il prossimo anno, mediante ad esempio l'operazione API-Falconara, a 450 milioni di euro. Quindi immaginatevi come effettivamente questo Governo da un lato cerca di abbassare il costo dell'energia, ovviamente a discapito delle rinnovabili, e dall'altro però le rescissioni anticipate di CIP6 vanno avanti. Vanno avanti perché ? Vanno avanti perché ci sono le aziende che, in qualche modo in crisi produttiva, dicono: tagliamo il contratto con lo Stato, e ci dà i soldi in qualche modo della rescissione anticipata subito. Per lo Stato diciamo che una convenienza economica ci deve essere, ma è evidente che se io ho già quasi un'intenzione, come è successo nel caso di Trieste, di chiudere l'azienda, immaginatevi voi la convenienza economica di prendere i soldi e poi chiudere l'azienda: saluti e baci, e i cittadini dovranno pagare le componenti tariffarie dei CIP6 in bolletta. Sì, perché questo è un dato che chiederemo conto a GSE, di pubblicare in maniera netta e trasparente, ma peccato che sulle sue pubblicazioni il dato di risoluzione anticipata dei CIP6 non figura in maniera proprio chiara.
  E allora andiamo avanti nel dire che noi abbiamo proposto diversi emendamenti, per toccare anche altri interessi. Perché della bolletta non tutti sanno, ma ci sono tipo 64 milioni di euro derivanti da 15 isole minori; e forse varrebbe la pena di risolvere il problema di produzione energetica di queste isole minori, piuttosto che invece essere 30-40 anni che sovvenzioniamo centrali a combustibili fossili laddove l'energia è difficile da produrre; ma è possibile che non sia mai stato fatto un piano energetico adeguato, tale per cui ci sia un processo di transizione ? Noi abbiamo chiesto questo, e lo chiederemo ancora, che non siano dati soldi a pioggia – perché questi a me oggi figurano come soldi a pioggia – per il mantenimento di centrali che costano, ad esempio in un'isola, 1,2 euro a chilowattora. Questo è un prezzo esorbitante, che però non può gravare sui cittadini tutti, per sempre: è ovvio che si debba fare una pianificazione, perché altrimenti noi stiamo sovvenzionando in maniera indiscriminata le solite risorse fossili.
  Noi abbiamo provato anche ad aggredire il mercato dell'interrompibilità. Spiego meglio il concetto dell'interrompibilità. Durante il periodo di boom economico era stato istituito questo criterio dell'interrompibilità, grazie al quale in qualche modo era possibile per il gestore della rete dire: oggi ho un problema sulla rete energetica. Mi cade una pianta (visto che i nostri problemi generalmente o sono quelli o quando nevica), ho un problema di alimentazione della rete elettrica dall'estero, allora vado a staccare quegli utenti che mi hanno dato la disponibilità ad essere staccati. Perfetto. In un momento in cui c'era una necessità energetica importante: le aziende giravano.
  Allora oggi siamo con il triplo della produzione elettrica nazionale ferma, nel senso che noi abbiamo una produzione di 60 circa megawatt di potenza utilizzata e 180 di potenza disponibile. Allora, qualcuno mi deve spiegare perché devo pagare l'interrompibilità a delle aziende quando in realtà avrei la facoltà di mettere in moto delle centrali per riuscire a produrre energia.
  Allora, io credo che in questo decreto non è passato il concetto di transizione verso le rinnovabili, ancora una volta si cerca di penalizzare le fossili. Noi cercheremo di insistere su questo punto.
  Concludo dicendo due passaggi importanti sull'articolo 4. L'articolo 4 deve essere rivisto, spero che in questa Aula ci sia la possibilità, perché sta passando un Pag. 53messaggio drammatico e cioè che chi ha inquinato, in qualche modo, viene pagato. Cioè non più il concetto di inquina paga ma, peggio, chi ha inquinato viene pagato. Si perché viene data la possibilità alle aziende che hanno inquinato di entrare a far parte di società che si occuperanno della bonifica stessa dei siti che loro hanno inquinato. Perfetto, potrebbe essere un meccanismo di finanziamento, ma poi questi soldi devono essere restituiti, a nostro avviso.
  Un importante passaggio – e concludo, Presidente – è stato fatto sicuramente sulle cartelle esattoriali per le aziende che vantavano dei crediti verso le pubbliche amministrazioni. Questo è stato un passaggio importante su cui abbiamo insistito dall'inizio ed è il recepimento di un ordine del giorno. Forse il primo caso, sempre nella mia breve storia parlamentare, tra quelli che il sottosegretario Vicari definiva «i panini»; oggi in realtà probabilmente hanno visto uscire una «crostata» per la quale in qualche modo le imprese potranno beneficiare di questo strumento, che dovrà avere una regolazione, ma è uno strumento importante per le aziende. Io credo, è un appello che lancio in Aula, che questo decreto debba essere modificato ancora in alcune parti sostanziali, e spero di poterlo fare in maniera adeguata.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione attività produttive deputato Stefano Allasia.

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame ha come finalità dichiarata quella di porre rimedio allo svantaggio competitivo che l'Italia ha accumulato rispetto ai Paesi europei e alle economie avanzate, mettendo in campo una serie di misure che complessivamente si pongono l'obiettivo di incentivare lo sviluppo economico del Paese. Rispetto a tale finalità, risulta già inidonea la scelta dello strumento del decreto-legge, che non consente di realizzare delle riforme di sistema, per la sua intrinseca natura di atto diretto a provvedere a situazioni di eccezionale urgenza e necessità, oltre ad incontrare il limite della omogeneità di contenuto. Non si vuole con questo disconoscere la necessità di provvedere rapidamente a rilanciare l'economia del nostro Paese, ma si intende piuttosto denunciare la palese insufficienza dell'atto adottato, come verrà poi nel merito più ampiamente illustrato.
  Non si può, peraltro, dire che il Governo attualmente in carica si sia reso protagonista di coraggiose iniziative di cambiamento, che vedano nello sviluppo della piccola e media impresa il punto focale da cui ripartire per riagganciare la tanto attesa ripresa economica. Ed anche in questo caso, pur trattandosi di un provvedimento che, a detta dello stesso Presidente del Consiglio, dovrebbe restituire fiducia alle piccole e medie imprese, non si riscontra in esso la presenza di quelle misure di carattere strutturale necessarie a proiettare verso una nuova fase di crescita e sviluppo il tessuto industriale del Paese, anzi, lo stesso detta un insieme di norme – tra l'altro poco qualificate nel breve preambolo – che risultano eterogenee, talvolta di difficile realizzazione, e quindi di scarsa efficacia nel loro complesso.
  La situazione economica e finanziaria del Paese non è più sostenibile per le imprese, molte delle quali, specie quelle di più piccole dimensioni, sono oggi al fallimento. Il provvedimento non sembra tener conto delle gravi difficoltà in cui si trovano le aziende, risultando inadeguato, sia dal punto di vista delle risorse stanziate che delle soluzioni proposte, per non parlare del fatto che non affronta i grandi nodi che affliggono il mondo imprenditoriale, quali ad esempio il razionamento del credito e gli eccessivi oneri fiscali e burocratici.
  L'unico settore per il quale si percepiscano misure di sviluppo in questo decreto, è quello legato all'ambiente, ed in particolare alle bonifiche dei siti di interesse nazionale.
  Entrando nello specifico dell'articolato in esame, vedremo poi successivamente Pag. 54con le proposte emendative, articolo per articolo, di cosa si tratta e le nostre perplessità.
  Un segnale incoraggiante deriva dalla soppressione dell'articolo 8, fortemente voluta dalle opposizioni e soprattutto dalla Lega Nord, che fin da subito si è opposta ad una norma assolutamente discriminatoria ed anticoncorrenziale, che aveva l'unico scopo di favorire le compagnie assicurative senza alcun beneficio per gli utenti. Grazie all'intervento della minoranza e della Lega Nord – e anche in parte da alcuni esponenti della maggioranza – è stato infatti impedito che si mandasse in crisi l'intero settore della riparazione indipendente, i carrozzieri, con gravi ripercussioni sull'apparato economico ed occupazionale del Paese.
  Non possiamo tuttavia non denunciare il modo ambiguo con cui anche in questa occasione il Governo abbia gestito i rapporti con le associazioni degli artigiani e dei carrozzieri, che nelle passate settimane hanno manifestano con forza il loro dissenso riguardo una norma estremamente iniqua. La soppressione dell'articolo 8, avvenuta peraltro con un emendamento dei relatori, che ringrazio pubblicamente, che ha smentito le modifiche che gli stessi avevano precedentemente apportato al medesimo articolo, mette anche in luce come non ci sia più compattezza all'interno dell'attuale maggioranza di Governo. Una parte di esso si è infatti opposta alla soppressione dell'articolo, annunciando la presentazione di un disegno di legge volto a reintrodurre le norme soppresse. In tal senso, in fase di esame del provvedimento, noi vigileremo affinché non vengano lesi ancora una volta gli interessi dei consumatori e degli operatori di settore, pretendendo che venga garantito un più ampio coinvolgimento delle associazioni di categoria interessate, cosa che fino ad ora non è ancora stata fatta.
  Nonostante il nostro importante risultato sull'articolo 8, non ci riteniamo tuttavia assolutamente soddisfatti nei confronti del Governo, il quale ha trattato questioni che riteniamo strategiche per la ripresa del nostro sistema economico in modo poco coraggioso e scarsamente incisivo. Questo provvedimento si è rivelato essere l'ennesima occasione mancata di mettere in cantiere un progetto concreto per il rilancio economico del Paese, ed il modo confuso e contraddittorio con il quale il Governo ha operato finora non offre certo un incoraggiante scenario per il futuro. Ci auguriamo pertanto che il dibattito in Aula possa aprire, lasciare spazio all'approvazione delle nostre proposte emendative, che riteniamo migliorative del testo in esame.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare il deputato Sanga. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, questo decreto è stato oggetto di un significativo confronto in Commissione e con tante componenti associative presenti e diffuse nel nostro Paese, contrariamente a quanto dicevano alcuni colleghi precedentemente intervenuti. Ci sono state tante audizioni, incontri, approfondimenti che hanno consentito di arrivare in Aula con un testo arricchito e modificato. Ci sono tante misure che toccano aspetti rilevanti della vita delle imprese e delle famiglie e che si collocano nell'ambito di un ciclo economico strutturalmente difficile. Sono misure che aiutano il rilancio dell'economia, la ripresa delle attività produttive, il sostegno alle aziende e quindi al lavoro. Non concordo quindi con alcuni interventi che mi hanno preceduto, soprattutto sull'efficacia delle azioni previste.
  Signor Presidente, in un momento come questo, dove si intravedono segnali di ripresa, occorre invece che ci siano azioni come quelle che questo decreto prevede, finalizzate a favorire la competitività del nostro sistema e quindi delle nostre aziende e la loro capacità di stare sul mercato globale. È proprio sulla questione competitività che mi vorrei soffermare in questi pochi minuti per raccordarmi con le varie tipologie di misure qui previste. La competitività di un Paese si misura certamente con il dinamismo dell'economia Pag. 55e della società del Paese stesso, con la sua propensione al cambiamento e all'innovazione, con la sua abilità nel rimuovere alcune incrostazioni che costituiscono un peso allo sviluppo economico. Nella relazione 2013 sulla competitività degli Stati membri, l'Unione europea evidenzia alcuni aspetti rilevanti.
  Tra questi, il costo dell'energia, che è in aumento e ciò contribuisce alla deindustrializzazione dell'Europa, poi l'accesso ai finanziamenti e una diminuzione degli investimenti, nonché la performance della pubblica amministrazione. Queste considerazioni pesano ancora di più per il nostro Paese, l'Italia. Si pensi, in particolare, all'energia: ahimè, le analisi degli esperti prevedono un consistente incremento della domanda energetica mondiale e questo è un buon segno per quanto riguarda la ripresa delle attività economiche, ma un aumento mediante il ricorso ancora a petrolio, carbone e gas naturale.
  Poi, il nostro Paese deve fare i conti con una situazione del tutto particolare: il fabbisogno energetico coperto dalle energie rinnovabili non sarà purtroppo ancora rilevante. Recenti studi ci confermano che il prezzo delle energie per le aziende italiane aumenta del doppio rispetto a quanto avviene in Europa. Il gap del costo dell'energia elettrica pagato dalle imprese italiane rispetto ai competitor dell'Unione europea è ormai al 35,6 per cento. Il peso sulle aziende e sulle famiglie è notevole.
  Con questo decreto, diamo alcuni segnali importanti e l'impegno del Partito Democratico, anche al di là di questo provvedimento, vuole essere forte ed incisivo in materia.
  Richiamo solo l'articolo 1, che prevede interventi significativi che portano ad una riduzione degli oneri per l'incentivazione di circa 850 milioni l'anno su 11 miliardi di oneri in bolletta. Poi vi è il sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Il Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese viene incrementato di più di 22 milioni di euro già per il 2014. Il commercio con l'estero è una delle componenti di primaria importanza per l'economia italiana e, quindi, un elemento fondamentale per la crescita delle imprese e dell'occupazione. L'Italia è il secondo Paese manifatturiero dell'Europa, dopo la Germania, ma vi sono tre elementi che influenzano il risultato del nostro Paese: il tessuto imprenditoriale con forte incidenza di imprese medio-piccole, meno orientate all'export (si pensi che solo il 2,6 per cento delle aziende con meno di dieci dipendenti è orientata all'export), una direzione dell'export sui mercati tradizionali (il 70 per cento delle nostre esportazioni gira verso l'Europa), in terzo luogo, interventi di sostegno all'internazionalizzazione che sono poco efficaci.
  Poi, ancora su un punto, Presidente, mi voglio soffermare nel breve tempo che mi resta: il credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo, 600 milioni in tre anni, si prevede un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente con una agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per le imprese ed una spesa minima di 50 mila euro per ricerca e sviluppo. L'Italia investe poco in ricerca ed è assai critico il passaggio dalla ricerca alle applicazioni industriali (basterebbe vedere in proposito le statistiche di brevetti, start-up ed altri indicatori). Ma è proprio coniugando ricerca, innovazione, dinamismo industriale e capacità di conquistare nuovi mercati che si può rilanciare la nostra economia e favorire la nostra occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, siamo nella fase di discussione sulle linee generali del decreto-legge «Destinazione Italia» e la prima osservazione, direi quasi scontata, è che, ancora una volta, ci troviamo davanti all'uso disinvolto da parte del Governo dello strumento del decreto-legge. Ancora una volta, in un unico provvedimento, convergono interventi eterogenei, anche Pag. 56molto eterogenei. È un problema che abbiamo segnalato più volte dal principio della legislatura: l'uso eccessivo della decretazione d'urgenza, in cui per giunta vengono assemblate materie molto composite. E pure, al di là delle condizioni che appunto, costituzionalmente, vengono previste per l'uso della decretazione d'urgenza – la necessità, l'urgenza che vestivano all'origine tutti questi atti che dovevano essere caratterizzati dalla straordinarietà – non si può non ravvedere in questo uno dei sintomi della crisi di quell'equilibrio fra i poteri dello Stato, su cui poggia pure uno dei principi della nostra Costituzione.
  È un discorso che già abbiamo affrontato in sede di discussione della questione di pregiudizialità e che non possiamo qui affrontare di nuovo: ci condurrebbe lontano oggi, mentre ci accingiamo alla discussione sulle linee generali su questo decreto-legge «Destinazione Italia».
  Tuttavia, signor Presidente, nello scorrere i numerosi interventi previsti nel provvedimento, non possiamo non riconoscere come molti di essi effettivamente appaiono necessari e, a loro modo, urgenti, per rendere più competitiva l'imprenditoria italiana nel momento in cui qualche segnale, pur di difficilissima interpretazione, potrebbe indicare una ripresa dell'economia.
  Al cuore del nostro fare politica, del nostro stesso essere di sinistra – parlo evidentemente a nome del gruppo di cui faccio parte, Sinistra Ecologia Libertà –, vi è quella concezione, per noi irrinunciabile, di uno Stato che si cala nel mondo, che non teme di sporcarsi le mani. Ronald Reagan, al principio del suo mandato affermava: «Nella crisi presente il Governo non è la soluzione al nostro problema. Il Governo è il problema». È uno degli assiomi del liberismo. Noi la vediamo all'opposto. Per noi il problema è proprio un Governo che non interpreti il proprio mandato come intervento fattivo ed efficace per correggere i problemi della società e i limiti del sistema economico.
  Ecco perché guardiamo con interesse a questo provvedimento. Il limite di «Destinazione Italia» non risiede tanto nello scopo, nell’an, ma semmai nel quantum. A nostro avviso, era insufficiente il complesso di investimenti previsti originariamente nel provvedimento. Poca «ciccia», signor Presidente, se mi permette questa espressione. Il nostro lavoro in Commissione, pertanto, è stato proprio dotare questi interventi, attraverso emendamenti appropriati, di mezzi più adeguati. E ancora, inserire ulteriori interventi che assegnassero maggiore efficacia complessiva al provvedimento.
  Mi soffermerò, adesso, sugli aspetti più salienti e sui problemi cui questo provvedimento vuole dare una risposta, lasciando poi alla discussione sui singoli emendamenti un'analisi compiuta dell'efficacia del provvedimento nel momento in cui esso termina l'iter dei lavori in Commissione e approda in Aula. Mi concentro, in particolare, sugli articoli di più stretta competenza della Commissione attività produttive, commercio e turismo, e lascio al collega Lavagno, che siede in Commissione finanze, sia la trattazione degli articoli di sua più stretta competenza sia una valutazione politica sull'imbarazzante episodio a cui abbiamo assistito in Commissione, dove innanzi alla richiesta dei relatori di stralcio dell'articolo 8, quello sulle assicurazioni, vi è stata una differente e opposta valutazione da parte dei due sottosegretari presenti.
  Il provvedimento si concentra, all'articolo 1, sul tema dell'energia. I costi energetici costituiscono, come è noto, uno dei problemi che riducono la competitività delle imprese italiane, oltre a gravare in modo considerevole sul budget mensile di famiglie e consumatori. Nell'atto dei relatori si provvedeva, al comma 1, ad indicare all'Autorità per l'energia elettrica e il gas la modifica della tariffa bioraria, in ragione del fatto che, nel mercato all'ingrosso dell'energia elettrica, le ore di maggior prezzo si sono spostate alla fascia serale. Anche il comma 2 mirava a ridurre le tariffe, modificando l'istituto del cosiddetto «ritiro dedicato», metodo di vendita semplificato che hanno i produttori. Se attualmente il prezzo di ritiro dei piccoli impianti è maggiore dei prezzi di mercato, Pag. 57differenza che si carica in bolletta sulla voce A3, nel comma in esame si aboliscono, per tutti gli impianti incentivati, i prezzi minimi garantiti. Il risultato, però, rischia di essere paradossale, con una penalizzazione degli impianti ad energia rinnovabile denunciata da Assorinnovabili, che tuttavia, a giudizio di chi parla, sarebbe ancora tutta da valutare.
  Ben più discutibile appare, invece, la parte successiva all'articolo 1, il cosiddetto «spalma incentivi», che introduce per le rinnovabili la rinegoziazione volontaria delle agevolazioni previste. Si offre ai titolari degli impianti di prolungare il periodo di incentivazione di ben sette anni abbassando, però, il corrispettivo attualmente ottenuto. Il coordinamento FREE, fonti rinnovabili ed efficienza energetica, e ANEV, associazione nazionale energia del vento, manifestano forti perplessità sull'efficacia del provvedimento in un Paese come il nostro, in cui il turnover, per così dire, a cui sono soggetti leggi e regolamenti, è tale da rendere del tutto vano fare affidamento su incentivi di così lungo, lunghissimo termine.
  Ma, al di là di tutte le perplessità, gli appunti, le critiche che possiamo ritenere condivisibili o meno, convincenti o meno, rimane difficile replicare alla critica, che da quelle associazioni proviene, di una materia soggetta a ripetute e continue revisioni da parte del legislatore. Assolutamente opportuna e condivisibile, pertanto, è stata la riformulazione dell'articolo 1, comma 2, che pone un'eccezione all'applicabilità della norma per gli impianti fotovoltaici di potenza nominale fino a 100 Kw e per gli impianti idroelettrici di potenza elettrica fino a 500 Kw. Quindi, una riformulazione assolutamente positiva.
  È all'articolo 2 che il decreto-legge esplica, a mio avviso, meglio la propria natura di incentivo al «fare impresa», e in particolare all'imprenditoria piccola e media, cui guarda in massima parte, definendo una serie di incentivi all'autoimprenditorialità, con misure per la creazione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile e femminile.
  L'ampliamento operato in Commissione delle imprese che possono accedere ai benefici a quelle costituite da 12 mesi (in origine erano 6 mesi) – emendamenti Taranto-Lacquaniti – e a quelle del settore del commercio e turismo – emendamento Taranto – migliora considerevolmente l'impianto originario del provvedimento, ma è soprattutto con l'approvazione dell'emendamento a mia prima firma, seppur riformulato dai relatori, che prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro per l'imprenditoria femminile a valere sul Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, che si consentirà a tante donne imprenditrici un più facile accesso al credito nell'avvio e nello sviluppo delle loro attività.
  Trattandosi di un fondo di garanzia, è ragionevole attendersi che l'ammontare complessivo del finanziamento all'imprenditoria femminile sarà ben più alto dei 20 milioni stanziati. Ipotizzando, ad esempio, un intervento medio a garanzia che copra il 50 per cento dell'importo finanziato, che è cosa assolutamente ragionevole – qui, Presidente, parlo con cognizione di causa, essendomi occupato professionalmente, per anni, di finanziamenti garantiti alla piccola impresa garantiti da cooperative di garanzia del credito – si può concludere che l'importo complessivo dei finanziamenti all'imprenditoria femminile potrà arrivare a non meno di 40 milioni di euro.
  Nell'articolo 5 si prevede, inoltre, l'estensione delle facilitazioni previste dal provvedimento al settore ittico, grazie al sostanziale accoglimento di un nostro emendamento e di emendamenti similari a firma di altri gruppi, accogliendo così un'istanza che ci era venuta direttamente dagli operatori di questo settore.
  Valutazione pure positiva per l'articolo 5, che mira al rifinanziamento del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione dell'impresa. Qui, attraverso un nostro emendamento, chiedevamo l'immissione in ruolo del personale, in numero di sessanta unità, risultato vincitore nel concorso bandito nel 2008. Il nostro emendamento è stato assorbito da un altro a prima firma Romano, che Pag. 58prevede il passaggio in ruolo di trentadue unità. In un contesto mondiale di crisi, il ruolo che può svolgere l'ICE è di vitale importanza per un'attività di promozione del nostro made in Italy. Pertanto, salutiamo con favore questa decisione, nella speranza, però, che si possa giungere al pieno passaggio in ruolo anche dei lavoratori che ancora risultano esclusi da questo provvedimento.
  I maggiori appunti, almeno per quanto riguarda le materie di competenza mia e della Commissione in cui siedo, si concentrano sull'articolo 4, che si occupa dei siti d'interesse nazionale e delle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche. Qui il dispositivo prevede per tutti i centri attualmente riconosciuti come siti nazionali di bonifica la possibilità di accordi di programma con i proprietari e altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica e di riconversione industriale e sviluppo economico.
  Nonostante la materia sia ancora in corso di approfondimento, il problema, mi pare, è che, per come è redatta la norma, si rischia di non escludere dall'applicabilità della stessa i veri responsabili dell'inquinamento e si rischia, al contrario, di escludere per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e ogni onere reale per tutti i fatti che l'accordo non nomina. Siamo convinti che in sede di Aula si possa correggere, in modo sostanziale, anche questo articolo.
  Infine, qualche riflessione anche sull'emendamento che in Commissione avevo presentato sugli interventi urgenti per una celere e completa bonifica delle aree SIN del comune di Brescia, interessate da contaminazione diffusa da policlorobifenili, arsenico e mercurio, causata dalle decennali attività dello stabilimento chimico Caffaro.
  Nell'emendamento chiedevo che fossero stanziati immediatamente 500 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2014-2016. Questo emendamento è stato assorbito dall'emendamento Cominelli, che prevede la nomina di un commissario straordinario che curi le fasi progettuali, la predisposizione dei bandi di gara, l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori, le procedure per la realizzazione degli interventi, la direzione dei lavori e, soprattutto, prevede l'istituzione di una contabilità speciale nella quale confluiranno le risorse pubbliche stanziate per la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica del sito contaminato.
  Ritengo che uno stanziamento quale quello da me originariamente richiesto avrebbe prodotto una maggiore celerità nella soluzione del problema. Tuttavia, valuto ugualmente molto positivo l'impegno assunto dal Governo, sul cui ottemperamento, però, vigilerò in prima persona.
  Nel complesso, il provvedimento risulta, a mio avviso, notevolmente migliorato dal lavoro effettuato dalle Commissioni X e VI e dalla disponibilità che ho riscontrato presso i relatori, che ringrazio; risulta cioè riempito di quella sostanza ed efficacia che mancavano nel testo originario; mantiene tuttavia alcune criticità che, a mio avviso, risultano superabili in Aula, criticità rappresentate soprattutto da quella parte del provvedimento che si occupa dei SIN. È per questo motivo che invito caldamente il Governo a evitare di fare ricorso per l'ennesima volta e in pochissimo tempo al voto di fiducia, nonostante i tempi di conversione del decreto-legge impongano l'approvazione del provvedimento e la conclusione rapida dei lavori in Aula.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cimmino. Ne ha facoltà.

  LUCIANO CIMMINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la conversione di questo decreto-legge si dà inizio al complesso ed articolato piano di riforme che ci consentirà di progredire sul fronte della globalizzazione, eliminando molte storture e molti legacci, così da poter registrare inevitabili vantaggi che ne deriverebbero.
  Consolidare questo processo significherà continuare a portare l'Italia nel mondo e in maniera sempre più rilevante Pag. 59con l'esportazione dei nostri prodotti, ma, ancor di più, significherà portare investimenti e produzioni in Italia, attraendo il capitale finanziario ed umano con il quale partecipare alla formazione complessiva del valore, creando lavoro, allargando le nostre conoscenze e facendo partecipare tutti i cittadini alla crescita complessiva del nostro Paese.
  «Destinazione Italia» definisce quindi un complesso di misure finalizzate a favorire in modo organico e strutturale l'attrazione degli investimenti esteri, promuovendo la competitività delle imprese italiane secondo un programma progressivo e con una tempistica ben determinata.
  «Destinazione Italia» si propone l'obiettivo di attrarre investimenti capaci di sostenere l'economia italiana attraverso la nascita di nuove attività e di nuovi insediamenti produttivi, allo stesso tempo stimolando e promuovendo la riconversione di attività esistenti, la capitalizzazione e il rafforzamento finanziario delle nostre imprese, la valorizzazione dei nostri asset, la creazione di lavoro vero e quindi non assistito. Si tratta di provvedimenti che interessano tutti, investitori stranieri, imprenditori italiani, mondo del lavoro e mondo della ricerca. Ne dovrebbero derivare una maggiore concorrenza ed una più incisiva competitività, migliori servizi, più sostegno all'innovazione e alla ricerca, meno incertezze, regole più moderne con un'amministrazione più efficace.
  L'Italia sta per lasciarsi alle spalle una profondissima crisi e proiettarsi verso il futuro, e si presenta quindi come un Paese dalle grandi opportunità, e inevitabilmente attrae investitori stranieri. Infatti, nonostante il difficile momento, il nostro Paese è ancora tra i primi dieci esportatori del mondo; si mantiene competitivo e talora leader in settori a elevato potenziale di crescita (moda, casa, automotive, beni strumentali, robotica, agroalimentare, biofarmaceutica, cantieristica navale, difesa e sicurezza); possiede filiere produttive con unicità di prodotto e capacità di adattarlo artigianalmente ad ogni richiesta.
  Le imprese italiane, per rinnovarsi, devono predisporsi per un'integrazione nella parte alta delle catene che producono valore, coniugando l'originalità del modello produttivo dei distretti con logiche economico-produttive moderne ed internazionali.
  L'Italia, inoltre, detiene il maggior numero di siti riconosciuti dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Vivere e investire in Italia significa beneficiare di questo patrimonio storico e culturale condiviso, che alimenta la creatività, migliora la qualità della vita e può aumentare il valore aggiunto delle imprese, nonché evidenziarsi come punto di forza di un nuovo sviluppo territoriale finalizzato a creare brand di successo turistico storico-culturali.
  Bisogna, però, rifuggire da due tabù. Da una parte, essere convinti che attrarre investimenti significa svendere allo straniero per fare cassa, mentre è vero il contrario, poiché in un mondo globalizzato attrarre investimenti significa crescita e rappresenta l'opposto della delocalizzazione, proprio per non far fuggire all'estero il made in Italy. Dall'altra, sostenere che, essendo il Paese in declino, è necessario alzare muri per chiuderci e difendere così quello che resta. In realtà, le condizioni e le misure necessarie per trattenere in Italia gli investimenti, anche italiani, sono le stesse che servono per attrarre i nuovi dall'estero.
  Entrando ora nel merito della prima parte dell'ampio progetto «Destinazione Italia», circa la conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, vorrei ripercorrere brevemente alcuni aspetti salienti.
  Sono state affrontate disposizioni eterogenee riguardanti il settore energetico, agendo sull'andamento orario dei prezzi dell'energia elettrica, sui prezzi minimi per il ritiro dedicato, sul ritiro a prezzo amministrato dell'energia elettrica prodotta e messa in rete, concessa ad alcune tipologie di impianti, e sul prezzo zonale.
  Si è cercato di agire direttamente sull'incentivazione alle fonti rinnovabili, senza effetti retroattivi sui contratti già stipulati, riducendone il peso economico. Pag. 60Si è proposta un'alternativa ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio. Essi possono scegliere tra due opzioni.
  La prima è continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo. In tal caso, per un periodo di dieci anni, decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso il ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico dei prezzi o delle tariffe dell'energia elettrica.
  La seconda è optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, consistente nella fruizione di un incentivo ridotto a fronte di una proroga di sette anni del periodo di incentivazione.
  Il riassetto della normativa sull'energia geotermica (decreto legislativo n. 22 del 2010) serve per specificare che, nell'ambito della determinazione degli indirizzi della politica energetica nazionale, al fine di sostenere lo sviluppo delle risorse geotermiche, spetta allo Stato individuare gli impianti per l'estrazione dell'energia geotermica.
  Si è intervenuti sulle norme che regolano le gare di ambito per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas e, in particolare, sul calcolo del valore di riscatto che il distributore subentrante deve versare al gestore uscente. Il Governo stima una riduzione degli oneri per l'incentivazione di circa 700 milioni di euro annui, in caso di adesione al 50 per cento di tutti gli impianti non fotovoltaici e di adesione bassa per il fotovoltaico, su una spesa che ammonta oggi a 11,2 miliardi di euro annui, di cui 6,7 di fotovoltaico più 4,5 di altre fonti ed arriverà nel 2015 a 12,5 miliardi di euro l'anno.
  Per l'attestato di prestazione energetica (APE) si sono ridotti gli oneri conseguenti eliminando la necessità di valutare la prestazione energetica degli edifici per gli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito, l'obbligo di allegare l'APE ai nuovi contratti di locazione di singole unità immobiliari e sostituendo, quale penalità per non aver allegato l'APE all'atto, la nullità del contratto con una sanzione amministrativa pecuniaria.
  Nell'ambito della riforma del condominio, il decreto-legge integra la disciplina del condominio tra cui: l'individuazione dei requisiti necessari per esercitare l'attività di formazione degli amministratori di condominio; per l'approvazione delle innovazioni (articolo 1120 del codice civile) il decreto-legge elimina le opere e gli interventi per il contenimento del consumo energetico degli edifici dall'elenco delle innovazioni che possono essere decise dalla maggioranza semplice dell'assemblea condominiale, e per esse sarà necessaria la maggioranza qualificata; l'obbligo di tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente tutti i dati anagrafici e fiscali dei condomini; la costituzione di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori quando l'assemblea provvede in ordine alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni.
  Per l'autoimprenditorialità di cui al Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, si sono attuate misure volte prevalentemente a sostenere la creazione e lo sviluppo, attraverso migliori condizioni di accesso al credito, di piccole imprese possedute in prevalenza da giovani e da donne e si sono introdotte una serie di modifiche alla disciplina sulla riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa, di cui all'articolo 27 del decreto-legge n. 83 del 2012.
  Una prima modifica riguarda l'individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa. Ai fini del riconoscimento da parte del Ministero dello sviluppo economico di tale situazione di crisi, l'istanza della regione interessata è possibile, ma non è più indispensabile. Viene esteso il regime di finanziamenti agevolati collegato al piano di promozione industriale alle aree o distretti del Paese interessati da fenomeni di crisi industriale Pag. 61diversi da quelli complessi, ma con impatto significativo sullo sviluppo dei territori e sull'occupazione.
  Viene istituito un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari. Come anche la concessione di un credito di imposta alle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma, di cui all'articolo 252-bis del decreto-legge n. 152 del 2006, a fronte dell'acquisizione di nuovi beni strumentali. E vengono incrementate di circa 22 milioni e 500 mila euro per il 2014 le risorse del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese. Si apre l'accesso per le piccole e medie imprese ai finanziamenti a fondo perduto tramite il voucher di importo non superiore a 10 mila euro da destinare all'acquisto di software e hardware o servizi che consentono il miglioramento dell'efficienza aziendale, sviluppo di soluzioni e-commerce, connettività a banda larga e ultra larga. Per la risoluzione delle crisi aziendali e in difesa dell'occupazione, si introducono alcune modifiche alla legge n. 49 del 1985, estendendo l'agevolazione tributaria già prevista anche ai finanziamenti erogati dalle società finanziarie che, pertanto, non concorrono a formare la base imponibile dell'imposta sostitutiva.
  Per il credito della piccola e media impresa, vengono attuate un'insieme di misure volte, nel loro complesso, ad immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese, mediante una complessiva riforma della disciplina delle cartolarizzazioni contenuta nella legge n. 130 del 1999.
  Si recano disposizioni concernenti l'Expo 2015, in particolare prevedendo la revoca delle risorse assegnate con talune delibere del CIPE, al fine di destinarle alle opere ivi citate, connesse, tra l'altro, allo svolgimento dell'evento.
  Si interviene poi sui finanziamenti per gli interventi infrastrutturali nei porti. A tal proposito, si punta a regolamentare l'attività delle dogane fissando tempi certi e modalità precise per l'entrata delle merci straniere in Italia e per l'uscita verso l'estero dei nostri prodotti. I porti e le dogane sono la principale porta di ingresso al nostro Paese. Offrire fin dall'inizio l'immagine di completa efficienza e modernità non può che stimolare ulteriormente l'interesse degli investitori stranieri verso il nostro Paese.
  Proseguendo, si è intervenuti sull'ampliamento della platea dei finanziamenti destinati alle infrastrutture strategiche le cui risorse possono essere revocate e fatte confluire in un apposito fondo. Nel settore del trasporto aereo, è favorita la dotazione di beni storici, culturali e ambientali per migliorare l'attrattività turistica. Vengono, inoltre, attuate una serie di misure volte, nel loro complesso, al contrasto del lavoro sommerso e irregolare, nonché alla promozione della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
  Con rammarico, purtroppo, è stata disattesa la soluzione dell'ampia tematica connessa alla responsabilità civile autoveicoli che richiederà probabilmente, direi certamente, un provvedimento dedicato ma che comunque necessita di urgenti interventi attesi da tutti gli stakeholders.
  Ci auguriamo di poter presto intervenire in tal senso. Infatti, tra le altre cose, non è più accettabile che in Italia ci siano automobilisti penalizzati dopo lustri, perfino decenni di guida senza registrare sinistri. Si dovrà lavorare in questa occasione per una tariffa unica nazionale che preveda un premio unico in tutta Italia per chi è esente da sinistri da almeno cinque anni. È un elemento di giustizia e di sicurezza per la collettività. Troppo alta, infatti, è la percentuale di assicurazioni false in continuo crescendo negli ultimi anni.
  Con questa fase di primi interventi, quindi, preliminare alla più ampia missione del progetto «Destinazione Italia» si realizza un aggiustamento dei presupposti di base per le successive e decisive fasi Pag. 62riformatrici del nostro Paese. Oggi la quota detenuta dall'Italia riguardante gli investimenti esteri è pari a solo l'1,6 per cento dello stock mondiale: non basta. Per attrarne di più, da un lato, occorre facilitare gli investitori esteri e gli imprenditori italiani lungo tutto il ciclo di vita dell'investimento, assicurando certezza del diritto, del fisco e dei tempi nelle autorizzazioni. Sono infatti queste condizioni, molto più di incentivi finanziari diretti, ciò che le imprese cercano per decidere dove avviare una loro attività.
  La mission complessiva di «Destinazione Italia» è quella di dare una risposta a queste richieste, puntando ad offrire ad ogni investitore un tutor che sia il suo interlocutore unico e un pacchetto di certezze: certezza delle regole, ad esempio, con l'introduzione di procedure e modelli standard a livello nazionale per le autorizzazioni con la valorizzazione degli accordi con le parti sociali per adattare le regole contrattuali alle specificità dei nuovi investimenti, con la redazione di un testo unico sulla normativa del lavoro. Certezza dei tempi, ad esempio, con la riforma della conferenza dei servizi che riduca i tempi e garantisca risultati chiari con ulteriori interventi di semplificazione del rito per la gestione delle controversie di lavoro, con l'alleggerimento dei procedimenti. Certezza del fisco, ad esempio, con accordi fiscali tra l'agenzia delle entrate e l'impresa.
  D'altra parte, è necessario valorizzare meglio l'unicità del Paese e, quindi, i suoi asset distintivi legati alla bellezza, alla cultura e alla qualità della vita, alla diversità dei suoi territori, alla sua capacità di fare impresa e creare conoscenza, alla propensione per l'innovazione, alla ricchezza delle sue relazioni umane, in un'espressione al made in Italy. I dati, infatti, dimostrano che in molti casi l'investitore straniero è già un fruitore del made in Italy in quanto partner delle nostre aziende esportatrici. Allo stesso tempo, è essenziale liberare ulteriormente il Paese da freni inibitori, valorizzando e, come opportuno, mettendo sul mercato proprietà immobiliari e mobiliari controllate dal settore pubblico.
  Infine, per partecipare alla ricerca globale del talento, l'Italia deve attrarre capitale umano, oltre che finanziario, anche sfruttando le nostre reti nel mondo fatte di italiani che non vanno visti come fuggitivi ma come leve per la crescita del Paese.
  Penso, ancora, ai necessari interventi nella pubblica amministrazione, ai processi di sburocratizzazione, alla gestione efficiente della giustizia ed a tutti i presupposti utili e necessari affinché l'Italia possa competere nel mondo e nel contempo attrarlo.
  Tutto ciò ci porta a motivare la nostra scelta di votare la fiducia con il necessario senso di responsabilità che nutriamo nei confronti di questo Governo e di questa maggioranza, pur consapevoli che «Destinazione Italia» rappresenta solo un mattone dell'edificio di modernizzazione. Dovremo aggiungerne tanti altri in tempi molto rapidi che possono essere anche precisati con un arco temporale che non superi i due anni, allo scadere del quale potremo verificare se l'Italia è di nuovo un player di assoluto valore mondiale. È un compito difficile ma assolutamente possibile (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Polidori. Ne ha facoltà.

  CATIA POLIDORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge cosiddetto Destinazione Italia giunge finalmente all'esame dell'Assemblea a seguito di un iter presso le Commissioni finanze e attività produttive tanto confuso quanto disordinato nell'organizzazione dei lavori e delle procedure del metodo utilizzato nel corso dell'esame in sede referente.
  I tempi così ridotti e i continui rinvii delle convocazioni dei lavori delle Commissioni riunite non hanno, infatti, consentito un necessario, quanto meritevole, approfondimento dei contenuti estremamente ampi e complessi del provvedimento.Pag. 63
  La complessità delle norme ancora una volta eterogenee e disorganiche – a cui, del resto, questo Governo ci ha abituati, noncurante nemmeno del richiamo del Presidente della Repubblica – e lo scarso impatto positivo sul sistema Paese non può non indurre il gruppo di Forza Italia ad esprimere un giudizio complessivamente negativo per questo ennesimo provvedimento «omnibus» da parte del Governo.
  Un decreto-legge che interviene per disciplinare una pluralità di ambiti materiali, quali difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale che richiede la Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 22 del 2012, affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario.
  Un decreto-legge, colleghi, che, nonostante le ragioni economiche e politiche che hanno indotto il Governo ad intervenire, anche in questa occasione, attraverso un solo provvedimento su molteplici settori, anche allo scopo di fornire alle imprese e ai cittadini risposte che da tempo attendevano – e che si riveleranno vane anche con questo decreto – ... non si può non sottolineare come tali esigenze confliggano con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza, come già ebbi modo di dire un mese fa, in quest'Aula, in occasione dell'illustrazione delle pregiudiziali di incostituzionalità presentate dal gruppo di Forza Italia.
  Si spazia dal contenimento delle tariffe elettriche e del gas all'internazionalizzazione, sviluppo e digitalizzazione delle imprese, alle misure per la realizzazione di opere pubbliche, all'Expo 2015, e chi più ne ha più ne metta.
  Per fortuna, all'ultimo momento, dopo un'incessante lavoro delle Commissioni, Forza Italia almeno è riuscita nell'impresa di stralciare il famigerato articolo 8, riguardante la riduzione dei premi RC auto. Una vittoria di Forza Italia questa, che si è battuta per non far passare una norma che, oltre ad essere inefficace ad abbassare le tariffe RC auto, tra le più alte d'Europa, sarebbe stata inutile, anzi, dannosa per tutti, a cominciare dai carrozzieri, passando per i medici legali e gli avvocati e, persino, per le vittime degli incidenti stradali.
  Se non bastasse, così com'era scritta, la norma peggiorava la possibilità di manovra per le imprese, limitava la libertà degli artigiani e dei piccoli imprenditori; allo stesso tempo, indeboliva palesemente la posizione del cittadino assicurato, dando, senza alcuna ombra di dubbio, una potente mano alle lobby delle assicurazioni.
  Per questo, noi di Forza Italia abbiamo salutato la marcia indietro del Governo e ne abbiamo rivendicato il merito e plaudito al successo per le associazioni dei cittadini. Quello che, però, è stato il nostro grande successo ha certificato ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la debolezza e lo stato confusionale in cui versa il Governo, che, dinanzi alle Commissioni esterrefatte, addirittura, ha presentato due pareri opposti e discordanti a «Destinazione Italia» dei due sottosegretari, De Vincenti e Vicari, facendo addirittura parte dello stesso Ministero. A memoria, non credo si sia mai assistito ad un esempio di gestione tanto schizofrenica di un Ministero, e un Ministero nemmeno di poco conto, qual è quello dello sviluppo economico.
  Un Governo, quindi, direi, da sindrome bipolare, che ci sconcerta e rattrista, così come ci sconcerta constatare che la norma sarebbe stato l'ennesimo, maldestro tentativo di proteggere le lobby contro i cittadini.
  Mi auguro, entrando nel merito, che ora si voglia intervenire con una legge organica a garanzia degli utenti, senza penalizzare le piccole imprese che ancora resistono alla crisi.
  Sempre nel merito del decreto, mi preme rilevare che rimane ancora aperta la questione della tariffa unica per i cittadini virtuosi. Ci dispiace solo che, ancora una volta, non sia stato consentito al Parlamento di esercitare al meglio le sue funzioni per migliorare in modo adeguato il testo. Un Governo chiaramente in difficoltà e completamente succube, evidentemente, di continue richieste e giochi di Pag. 64equilibrio, che deve fronteggiare tra gruppi di maggioranza e pressioni di qualunque tipo, pur di restare ancora in piedi. Del resto, quanto accaduto nella partita tra i sottosegretari De Vincenti e Vicari – De Vincenti «1», Vicari «0» –, si è, poi, ripetuto all'interno del Nuovo Centrodestra, con la contrapposizione tra due autorevoli esponenti, quali sono Sacconi, dichiaratosi pro stralcio, e Schifani, dettosi invece contrario.
  Un decreto-legge che, a mio avviso, più che chiamarsi «Destinazione Italia» dovrebbe chiamarsi «Destinazione ignota», in quanto, nonostante sul sito Internet del Governo lampeggi un roboante richiamo per attrarre investimenti esteri e promuovere la competitività delle imprese italiane, a mio avviso, tale iniziativa, dal sapore più propagandistico che effettivamente realizzabile, difficilmente riuscirà nell'intento di favorire l'ingresso di nuovi capitali stranieri in Italia.
  E non si tratta, colleghi, del solito pessimismo che spesso aleggia nel nostro Paese, la mia convinzione è, infatti, basata su questioni oggettive, ancora irrisolte che creano delle vere e proprie barriere nell'attrarre capitali nuovi dall'estero. Con un sistema fiscale così opprimente, la cui pressione ha raggiunto livelli impossibili per le nostre imprese, una burocrazia obsoleta e ingombrante, una serie di leggi restrittive sul mercato del lavoro e un sistema giudiziario fra i più lenti d'Europa, non credo che il recente ed esagerato ottimismo del nostro Premier potrà tradursi in manifeste dimostrazioni di inversione di rotta più favorevoli per la nostra economia.
  Il Governo si ostina a perseverare nel confezionare decreti omnibus che, torno a ribadirlo nella speranza lo si comprenda, sono emblematici della sua intrinseca debolezza. Con il dovuto rispetto per l'istituzione, ma ormai ogni qual volta penso al Governo mi balza in mente l'immagine del celeberrimo Martirio di San Sebastiano dipinto dal Mantegna, questo corpo straziato, legato ad una colonna e trafitto da più parti dai dardi mentre il santo sembra sopportare con rassegnazione sorretto da una fede incrollabile. I membri dell'Esecutivo, Presidente, devono avere tanta fiducia per andare avanti in queste condizioni, o forse a scorrere le agenzie e le dichiarazioni stampa anche loro iniziano a rendersi conto che alla fede andrebbero affiancate le opere.
  Occorre un cambio di passo, e occorre realizzarlo in fretta, e non regge più nemmeno il mantra della stabilità a tutti costi, siamo stanchi degli appelli ad una stabilità che i membri del Governo per primi non sanno osservare. Questa è una storia che non convince più nessuno, il Paese ha bisogno di una scossa positiva, l'economia reale ne ha bisogno e non perché ce lo chiede l'Europa, ma perché ce lo chiedono milioni di nostri cittadini, giovani disoccupati, donne, cassintegrati, lavoratori e imprenditori delle aziende che, o chiudono perché sono state spremute fino all'osso, o sono state messe in condizione di abbandonare un Paese che ormai percepiscono come un nemico, con un fisco che li strangola. Un Governo che procede alla cieca, che improvvisa una ripresa che non esiste se non nella fantasia del Premier e del Ministro dell'economia e delle finanze e non esiste perché non c’è un programma serio e condiviso di interventi concreti da attuare, non c’è un piano industriale degno di questo nome e non lo dico io, ma l'elenco dei tavoli di lavoro aperti al Ministero.
  Poi ci si consente il lusso di restarci male e mostrarsi piccati se il leader degli industriali si mostra particolarmente duro nel dare giudizi e inizia a dare segni di impazienza. La verità è che la fiducia riposta in questo Governo si è rivelata essere mal riposta e quindi tradita e non solo quella di Forza Italia, purtroppo. Siamo di fronte ad un provvedimento deludente, ad una serie di numerose disposizioni meramente descrittive, ricognitive, a vario titolo prive di portata prescrittiva e che possono quindi ragionevolmente considerarsi a priori inidonee ad innovare il sistema Paese.
  La dimostrazione proviene dall'articolo 1 che riguarda gli incentivi delle fonti rinnovabili in cui si prevede, una riduzione Pag. 65degli investimenti già effettuati dalle imprese, rinviati in una fase successiva. Si dà mandato all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di tenere conto delle mutazioni intervenute nell'effettivo andamento orario dei prezzi dell'energia elettrica, ma si dimentica che l'ingresso prepotente delle rinnovabili, particolarmente del solare sul mercato, infatti, ha avuto l'effetto di ridurre i prezzi di mercato dell'energia, al netto di oneri tariffari e fiscali, nelle ore di massima domanda, cioè intorno a mezzogiorno. Questo vanifica gli sforzi degli anni scorsi di spingere i consumatori a spostare i loro consumi verso le ore di bassa domanda, quelle notturne, attraverso l'introduzione della tariffa bioraria. La norma, pertanto, determinerà un potenziale risparmio davvero irrisorio e, in ogni caso, riguarderà soltanto i clienti cosiddetti tutelati, la cui situazione andrebbe ripensata globalmente, spingendoli sul mercato libero. Anche i meccanismi di rimodulazione volontaria degli incentivi agli impianti rinnovabili che prevedono una riduzione dell'entità degli stessi in cambio di un allungamento di sette anni del periodo di incentivazione non convincono, si tratta in sostanza di un'operazione di ristrutturazione del debito che però, in funzione della sua natura volontaria, deve essere, alla fine dei giochi, conveniente per chi ne fa uso, seppure con qualche piccola penalizzazione indiretta per chi non vi aderisce. L'effetto della norma sarebbe, insomma, quello di attendere il costo dell'incentivazione delle rinnovabili, aumentandone seppure in misura ridotta il valore attuale netto.
  Rispetto ad altre ipotesi considerate nel passato, tuttavia, questa è ben lungi dal rappresentare una soluzione al problema, si tratta di un mero palliativo non privo di controindicazioni. Se si vuole intervenire davvero sul costo dei sussidi bisogna avere il coraggio di farlo in modo serio, sia consentendo all'autorità di imputare ai produttori rinnovabili i costi dell'intermittenza, sia tagliando retroattivamente gli incentivi, quanto meno a quei soggetti che possono contare su rendimenti del tutto ingiustificati.
  Pertanto, complessivamente ritengo che – anche se il Governo annuncia con le sue fanfare il suo miracoloso quanto presunto effetto di risparmio sulle bollette energetiche per 850 milioni di euro, ottenendo prime pagine e titoloni – il decreto rivela invece che di questi risparmi non c’è traccia se non di forme assai incerte e attraverso trucchi contabili come l'allungamento del periodo di incentivazione delle rinnovabili.
  Concludo, pertanto, rilevando la profonda delusione per un'occasione persa da parte del Governo nel non aver avuto il coraggio e l'autorevolezza, anche in questa occasione, nel prevedere un provvedimento di autentica inversione di marcia, un provvedimento che avrebbe dovuto avere un'azione di maggiore incisività in tema di politiche economiche ed industriali, anche accogliendo le numerose proposte emendative presentate dal gruppo di Forza Italia a favore delle famiglie e delle imprese nel corso dell'esame in sede referente e che invece ha frettolosamente respinto.
  Occorre tornare alla buona politica, quella che elabori delle linee guida che finalmente risolvano le enormi falle amministrative che obbligano il nostro Paese allo stallo e le imprese allo sfascio. Non stiamo giocando e non possiamo procedere per tentativi senza aver ben chiaro il disegno finale. Questo non si fa di certo con un decreto d'urgenza che tarpa le ali ad una visione integrata, mirata ed alta; non si fa con i decreti-legge che svuotano il Parlamento delle proprie prerogative (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maurizio Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, purtroppo, per quello che mi riguarda, devo consegnare l'intervento. Quindi, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna il testo integrale del mio Pag. 66intervento come esponente del Nuovo Centrodestra. (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vallascas. Ne ha facoltà.

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, colleghe, colleghi, mentre il nostro Lawrence d'Arabia, Enrico Letta, vittorioso esalta, dagli Emirati Arabi, il suo grandioso successo politico – attenzione, colleghi –: la bellezza di 500 milioni di euro di investimenti arabi – permettetemi di sorridere – che arriveranno presto in Italia, noi qui siamo all'analisi del decreto-legge n. 145 del 2013 – un altro passo per uscire dalla crisi – battezzato «Destinazione Italia», quasi a voler attribuire a questo decreto il compito di fornire una rotta, una destinazione a una nave, l'Italia, priva di capitano e con solo un equipaggio di fortuna.
  Il 2014: l'anno della svolta e della ripresa targata Letta annunciata sui giornali a più riprese da ormai due anni. Il numero 1 di Viale Dell'Astronomia spiega che le proiezioni del centro studi di Confindustria – organo di certo non vicino al MoVimento 5 Stelle – indicano per il PIL un meno 2,4 per cento nel 2012, meno 1,8 per cento nel 2013 e uno sconfortante più 0,6-0,7 per cento previsto per quest'anno. Cresciamo quattro volte meno della Germania, ma anche meno della vicina Francia. A fronte di questo stallo pericoloso, le risposte del Governo Letta sono drammaticamente ripetitive e prive di coraggio.
  Questo decreto-legge, che norma dalle questioni energetiche alla banda larga, dalle accise sulla birra alla RC auto, si presenta da sé: possiamo bene intendere la forte disomogeneità, la mancanza ancora di risposte adeguate e di una visione di lungo periodo, indispensabile per uscire dalla crisi. Le previsioni del Governo sulla crescita sono a dir poco fantasiose. Il Fondo monetario internazionale stesso ha appena rivisto al ribasso le stime per il 2014 a più 0,6 per cento e leggermente al rialzo quella per il prossimo anno: più 1,1 per cento (fonte: Il Fatto). Il nuovo progetto ideato dal Governo di Enrico Letta per richiamare gli investitori stranieri nella penisola porta briciole e ha come risultato quello dell'esodo di numerose aziende, che preferiscono investire all'estero, mentre invece si assiste alla fuga opportunistica targata Marchionne di FIAT verso gli Stati Uniti, assistita per anni da azioni di salvataggio statale pagate da tutti gli italiani.
  Ma anche di numerose realtà produttive strangolate dalla pressione fiscale e da un cuneo a cui non si è posto ancora rimedio, nonostante dichiarazioni di intenti vacue ed illusorie. Questo decreto-legge, e questo Governo, non attraggono investimenti stranieri: piuttosto producono l'effetto opposto, e cioè fuga di investimenti e di imprese verso Paesi più favorevoli in virtù di una politica economica più efficiente e razionale.
  Ribadiamo ancora una volta l'abuso dei decreti-legge, nell'affannoso tentativo di dimostrare che qualcosa si muove nello stagno della politica economica lettiana, e illudendo gli italiani che i loro problemi saranno presto risolti. Mentre l'Europa ci taglia i viveri con il vostro beneplacito, Napolitano si sveglia un po’ in ritardo per chiedere la fine dell'austerità, mentre la BCE ci impone una moneta totalmente sganciata dai reali parametri macroeconomici del Paese, mentre il pareggio di bilancio e il Fiscal compact ci impediscono e ci impediranno di ridurre la pressione fiscale di cui necessita il nostro tessuto produttivo, voi, non contenti di aver regalato altri miliardi al sistema del credito ormai alla canna del gas per effetto della sua trasformazione in un sistema di speculazione finanziaria, quali soluzioni proponete ? Varate un illeggibile ed incredibile zibaldone, dentro il quale a stento si riescono a distinguere gli argomenti della più disparata natura.
  Per discutere di questa ennesima vergogna imposta all'esame di quest'Aula, ormai assurta al ruolo di relatore e priva di alcun ruolo istituzionale, è necessario scindere, credo, la disamina in due parti distinte: da un lato evidenziando la scelleratezza e l'incompetenza, finanche nei Pag. 67contenuti formali e nel rispetto della legislazione in materia di coerenza e coordinamento normativo, di formazione delle leggi e dei regolamenti. Vediamo perché.
  Inutile ribadire che la quasi totalità delle materie trattate dal provvedimento non necessitano minimamente di un iter urgente, e quindi ancora una volta lo strumento della decretazione viene utilizzato in violazione spudorata del dettato costituzionale di cui all'articolo 77. Il ricorso sistematico come metodo di espropriazione delle prerogative del Parlamento, e in particolare delle opposizioni, si configura dunque non come semplice incidente procedimentale, ma come un vero e proprio atto eversivo, avallato da buona parte dei vertici istituzionali con l'apposizione della loro firma alla promulgazione dei provvedimenti.
  Sotto il profilo della specificità ed omogeneità del contenuto, è un vero disastro: il decreto-legge si presenta come un ginepraio pasticciato e disomogeneo, in quanto i suoi articoli e commi riguardano un ampio spettro di settori normativi che il preambolo qualifica, al fine di ricondurre ad una ratio unitaria, come fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile, e nel contempo di rilancio della competitività delle imprese.
  Nello specifico, vengono trattati interventi in campo energetico, a favore delle imprese, la bonifica dei siti di interesse nazionale, a incrementare l'efficienza del sistema giudiziario, a ottimizzare l'utilizzo delle risorse disponibili per il piano interventi previsto per la manifestazione Expo 2015, interventi atti a valorizzare specifiche aree dell'obiettivo convergenza in materia di opere pubbliche, che hanno sia portata generale che settoriale, a contrastare il lavoro sommerso e irregolare, favorire la risoluzione di crisi aziendali e difendere l'occupazione, favorire la diffusione della lettura, a razionalizzare l'istituto del ruling di standard internazionale, e conteneva anche misure volte a contenere i costi dell'assicurazione per la responsabilità civile contenute nell'articolo 8, che fortunatamente vi abbiamo obbligato a stralciare.
  E infine siete pure riusciti, superando ogni immaginazione, ad inserire materie disomogenee all'interno dello stesso articolo, con le misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese e in materia di frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, comunicazioni ed editoria. Questo bel documento è stato preparato in violazione degli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento di questa Assemblea, come detto, sia sotto il profilo di specificità e omogeneità del contenuto, che sotto il profilo dell'efficacia del testo e della semplificazione e riordino della legislazione vigente, che sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione.
  Vari sono pertanto gli appunti che si possono fare al testo, i rilievi che si possono nel dettaglio riscontrare nel parere denso di perplessità espresso e opportunamente documentato dal Comitato per la legislazione.
  Nel merito non si capisce, dunque, cosa abbiano a che fare le misure per la riduzione delle bollette elettriche con provvedimenti che contestualmente le fanno lievitare, come gli incentivi alla costruzione della centrale a carbone del Sulcis, con tutto il suo ulteriore carico di inquinamento ambientale.
  Proseguendo non abbiamo compreso il nesso logico tra gli appalti pubblici e gli incentivi alla lettura di libri e le misure per il ruling di standard internazionale. Ci siamo sforzati ma in tutta onestà non ci siamo riusciti. Come gruppo, noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo cercato di intervenire su varie questioni proposte dal disegno di legge e in qualche caso ci siamo anche riusciti, come nel caso delle norme inerenti alla certificazione degli edifici e per l'introduzione della possibilità di accesso al credito di imposta per le attività industriali e l'innovazione di prodotto o di processo che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti.
  Vorrei tuttavia tornare sulle questioni di merito e delle quali mi sono occupato Pag. 68per competenza commissariale, nonché per provenienza territoriale e nella fattispecie in ambito energetico, per quanto riguarda l'incredibile vicenda della centrale a carbone di Sulcis. Ne parlo non solo perché la materia è trattata in seno al provvedimento, ma perché ritengo che sia doveroso informare, attraverso questa Assemblea, i cittadini coinvolti affinché tutto ciò possa essere messo agli atti opportunamente rintracciabili. Il testo in esame all'articolo 1, commi 12, 13 e 14 prevede che la Regione Autonoma della Sardegna, entro il 30 giugno 2016, abbia la facoltà di bandire una gara per la realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta, da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, in prossimità del giacimento carbonifero.
  Cominciamo dal presupposto materiale che ha portato alla redazione del provvedimento che consta del Protocollo di intesa che, in data 2 agosto 2013, è stato sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Regione Sardegna per lo sviluppo di un polo tecnologico per la ricerca sul carbone pulito e la realizzazione di una centrale elettrica clean-cold technology dotata di una sezione per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica, al fine di promuovere tecnologie per il carbone pulito, in considerazione dell'intrinseca debolezza del sistema elettrico sardo.
  Una prima considerazione: l'unico carbone pulito è quello che rimane nelle miniere. Andando poi ad analizzare il provvedimento in senso puramente tecnico, e non politico, risulta falsa l'affermazione presente nella relazione illustrativa: «intrinseca debolezza del sistema elettrico sardo», in quanto non è supportata né da ulteriori chiarimenti né da dati oggettivi.
  Secondo quanto si deduce da documenti pubblici del gestore della rete Terna e della Autorità per l'energia elettrica e il gas, in Sardegna fin dai primi anni del 2000 vi è un eccesso di capacità produttiva rispetto ai fabbisogni. A partire dal 2009, inoltre, si è assistito a un calo dei consumi sia a causa della crisi generale, ma soprattutto per la chiusura di alcuni siti industriali energivori che, in particolare dal 2012, hanno comportato un forte squilibrio tra produzione e fabbisogno tanto che i sistemi di interconnessione con la penisola italiana e la Corsica (SAPEI, SACOI 2 e SARCO) per la gran parte del tempo esportano energia. Quest'andamento è confermato anche nel breve-medio termine in considerazione del previsto ulteriore incremento della produzione da fonti rinnovabili e dalla prevista sostituzione di alcune centrali in decommissioning, con impianti di pari taglio o superiore.
  Non si ravvisano pertanto le ragioni per cui sia necessaria nel sistema elettrico sardo una nuova centrale termoelettrica. Al vincitore della gara è assicurato inoltre, per vent'anni, a partire dal primo anno di esercizio della centrale, un incentivo pari a 30 euro a megawattora, rivalutato sulla base dell'inflazione calcolata sull'indice ISTAT, fino ad un massimo di 2100 gigawattora anno, a patto che sia tecnicamente possibile lo stoccaggio della CO2. Per assicurare l'incentivo, nel disegno di legge è previsto anche che l'energia prodotta dalla centrale venga acquistata dal GSE, garantendo la priorità del dispacciamento per l'energia prodotta, senza che la stessa venga sottoposta alle dinamiche del mercato elettrico. Questo, in un contesto quale il sistema produttivo sardo, caratterizzato da consumi ben inferiori alle potenzialità produttive e dalla capacità di esportazione comunque limitata, crea evidenti distorsioni nel mercato a potenziale discapito sia delle fonti rinnovabili che di quelle con rendimento di conversione migliore ed un conseguente minore impatto ambientale e genera ulteriori costi di gestione della rete.
  Non solo, ma il carbone che verrà utilizzato per la futura centrale elettrica proverrà da altri siti europei o extraeuropei, ovvero non si avrà una ricaduta economica e occupazionale sulla già disastrata area del Sulcis (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).Pag. 69
  Quale il reale scopo della realizzazione di questo impianto, se è evidente che sia privo di benefici economici ? Quali sono gli interessi che promuove ? Forse la risposta sta solo in un'occasione: elezioni regionali 2014, per chi non lo sapesse.
  Il decreto da un lato prevede che la centrale sia dotata di una sezione impianto per la raccolta e lo stoccaggio della CO2, ma nel contempo non ne esclude il funzionamento in assenza di tale sezione, non curandosi minimamente delle sue conseguenze ambientali. Riguardo a questa tecnologia, si mette in evidenza che a distanza di diversi anni dalle prime realizzazioni su impianto pilota, ad oggi non risulta incrementata su larga scala, sia per gli elevati costi che per le problematiche di natura tecnica. Inoltre, da ricerche in ambito universitario, risulta che tale pratica sia tecnicamente impraticabile a causa della conformazione e della natura geologica del sottosuolo. Sottolineo poi come il suddetto incentivo non dovrà comunque superare le proporzioni stabilite dalle norme europee sugli aiuti di Stato. Il vincitore della gara dovrà sottoporsi a un controllo esterno su base annuale, che assicuri che non ci siano sovracompensazioni rispetto ai costi effettivamente sostenuti e costituisca la base per il necessario aggiustamento ex post dell'incentivo erogato.
  Gli oneri sono previsti a carico del sistema elettrico tramite prelievo in tariffa, ma nella memoria relativa all'audizione presso la VI e X Commissione della Camera dei deputati del 13 gennaio 2014 dei rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, evidenziando le medesime contraddizioni nel disegno di legge, si arriva alla conclusione che gli oneri connessi a questa previsione non debbano essere coperti attraverso le tariffe elettriche, in quanto non rispondono agli interessi generali del settore elettrico. Si evidenzia infine che oltre agli oneri legati all'acquisto dell'energia, gli effetti della priorità di dispacciamento e ritiro da parte del GSE, l'energia prodotta dalla centrale, si tradurrebbero in un incremento dei costi connessi alla gestione della rete da parte di Terna. Tali costi, essendo oneri di sistema, graverebbero sulla collettività. In ogni caso gli incentivi saranno concessi non prima dell'approvazione da parte della Commissione relativamente alla compatibilità con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato.
  Quindi, riassumendo, ci troviamo di fronte a un'operazione inutile sotto il profilo della politica energetica, ininfluente sotto il profilo dello sviluppo territoriale e in termini occupazionali, dannoso dal punto di vista ambientale e socio-sanitario, aggravante per quanto riguarda i costi collettivi che si scaricheranno sulle bollette elettriche. La mia proposta presentata con un emendamento, respinto in Commissione, che ovviamente riproporrò qui in Aula, prevede che tutte le risorse in gioco vengano invece destinate alla creazione di un centro di ricerca e produzione da fonti energetiche rinnovabili, integrate da accumulatori a elevatissima capacità.
  Il futuro del nostro Paese è affidato alla ricerca, alla brevettazione, al sostegno a quell'ingegnosità tutta italiana e che dobbiamo promuovere con ogni risorsa, l'unica in grado di fornire all'Italia una vera destinazione, l'unica in grado di fornire una guida e fare ripartire la nave in avaria verso una vera ripresa, una ripresa che si traduca in occupazione, sviluppo e non in una manipolazione di dati a scopi elettorali, a cui assistiamo tristemente da Monti a Letta, senza alcuna discontinuità.
  Per quanto detto ritengo di dover dare un giudizio negativo sull'intero provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge al nostro esame ha subito profonde modifiche nel corso dell'esame delle Commissioni riunite VI e X, non ultima quella relativa a mutamenti che erano stati introdotti in materia di assicurazione per la responsabilità civile e al codice delle assicurazioni Pag. 70private, rispetto alle quali il Governo, raccogliendo la richiesta di stralcio all'articolo 8, ha ribadito l'intenzione di intervenire con un apposito disegno di legge, sia per la delicatezza del problema sia in ragione dei tempi ristretti per la conversione in legge del decreto-legge in esame, dando però assicurazione che non tralascerà quanto di buono fatto nelle Commissioni e cercando di trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze evidenziate dai diversi gruppi parlamentari.
  Il decreto in oggetto resta certamente un provvedimento esteso e complesso, che va ad incidere su un ampio spettro di settori normativi e reca misure multiformi, che il preambolo qualifica al fine di ricondurle ad una ratio unitaria – cito testualmente – «quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitività delle imprese». Come dicevano i relatori e anche i colleghi in precedenza, il provvedimento è stato modificato sensibilmente dai lavori delle Commissioni riunite, come nel caso dell'articolo 1, che reca, sotto distinti profili, interventi nel settore energetico, dove si è trovato un buon compromesso tra l'esigenza di tagliare le bollette elettriche, che dovrebbe andare soprattutto a vantaggio delle imprese, e di salvaguardare, in materia di green economy, gli investimenti fatti per gli impianti fino a tutto il 2014, senza danneggiare quindi un settore strategico dal punto di vista economico ed occupazionale.
  Spiace constatare come, ancora una volta, non si sia riusciti ad approfittare dell'argomento per tagliare le bollette elettriche alle famiglie, bollette tuttora strutturate su un sistema profondamente iniquo, che penalizza sensibilmente soprattutto le famiglie numerose. Basti pensare che, ancora oggi, la tariffa base non tiene conto di quante persone vivano dietro un contatore. Le bollette elettriche sono quindi da anni il massimo dell'iniquità possibile e immaginabile, privilegiando il singolo e penalizzando sistematicamente i figli.
  Una boccata d'ossigeno piccola, ma significativa per le famiglie arriva dal cosiddetto buono libri: nei lavori delle Commissioni è cambiata la natura dell'intervento, passato da un credito di imposta per l'acquisto dei libri scolastici, da utilizzare solo in fase di compensazione, che quindi avrebbe prodotto le solite, burocratiche e complicate procedure di natura fiscale, cui sono assoggettate le famiglie nel compilare il modello 730, una vera impresa burocratica e quindi forse avrebbe comportato un'inapplicabilità oggettiva della misura stessa. Basti pensare, ritornando al tema della tariffe elettriche, al tentativo del bonus energia e del bonus gas che, per la complicazione burocratica e fiscale, di fatto, sono state utilizzate da pochissime famiglie. Si è passati quindi ad un voucher, distribuito nelle scuole per l'acquisto di libri non di testo con uno sconto del 19 per cento nelle librerie e gli studenti recupereranno questo sconto in sede di dichiarazione di imposta, una semplificazione per le famiglie e ovviamente anche un invito ad aumentare la lettura e la cultura. Ci si augura che anche sui libri di testo, in un prossimo provvedimento, si possano aiutare le famiglie e i loro figli studenti.
  Una boccata d'ossigeno consistente arriva invece alle imprese, che si vedranno sospese le cartelle esattoriali, per quelle imprese titolari di credito non prescritti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazione, fornitura, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni e certificati, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato. Si tratta di una misura attesa, importante, che rappresenta un giusto corollario all'entrata in vigore della compensazione debiti-crediti con la pubblica amministrazione, che dimostra la volontà dell'Esecutivo e delle Commissioni di far ripartire il sistema imprenditoriale del nostro Paese.
  In questo senso, va anche l'ulteriore boccata d'ossigeno per le imprese, che arriva dal credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo, consente di usufruire di un Pag. 71credito di imposta massimo annuale di 2,5 milioni, purché il beneficiario abbia realizzato un fatturato annuo sotto i 500 milioni.
  Così come è importante l'introduzione del voucher da 10 mila euro per la digitalizzazione delle imprese, nonché la possibilità di emettere mini-bond per aggirare il credit crunch.
  Merita una menzione a parte l'aumento del Fondo per la promozione degli scambi, che cresce di 22,5 milioni di euro per agevolare l'internazionalizzazione delle imprese, mentre in entrata si registrano le facilitazioni per le start-up innovative, che vogliono stabilirsi in Italia con l'apertura delle dogane, ventiquattro ore su ventiquattro, e nuove agevolazioni per i visti.
  Il decreto che è giunto in Aula reca, altresì, una serie di norme dedicate alla riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale e per le bonifiche dei siti di interesse nazionale come Porto Marghera. Se questo è un passo doveroso e necessario, tuttavia al riguardo registriamo e sottolineiamo l'allarme lanciato da Legambiente in merito al rischio che per le bonifiche possa verificarsi un superamento del principio del «chi inquina, paga», rischio evidenziato dallo stesso Servizio studi della Camera.
  Questo è un principio che era stato fissato dalla Commissione ambiente nel suo parere, in cui si subordinava la revoca dell'onere al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica dei siti inquinati, così come disciplinata dal codice ambientale.
  Mi avvio a concludere ricordando che il provvedimento prevede – direi giustamente – la costituzione di un Fondo per il risarcimento delle imprese danneggiate dagli attacchi no TAV, finalizzati ad ostacolare o rallentare l'esecuzione delle opere. Si tratta di una disposizione di estrema attualità, che arriva dopo reiterati atti vandalici in Val di Susa, nei cantieri dei lavori di realizzazione della linea TAV Torino-Lione contro imprese che hanno l'unica colpa di svolgere un lavoro per il quale sono state chiamate.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 17,35)

  MARIO SBERNA. Infine, voglio segnalare l'estensione all'imprenditorialità giovanile e femminile dell'agevolazione dei mutui a tasso zero, includendo fra i progetti finanziabili anche le iniziative nel commercio e nel turismo. Tuttavia, dispiace dire e sottolineare come siano state espunte dall'agevolazione le cooperative sociali, proprio quelle cooperative che in questo momento stanno dando più posti di lavoro e più a persone disagiate. Ci auguriamo che tali agevolazioni presto rientrino in un prossimo provvedimento.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, questo provvedimento dal nostro punto di vista non incoraggia le piccole e medie imprese né a crescere né a creare occupazione. Ciò è facilmente constatabile già a partire, per esempio, dall'analisi dell'articolo 2. Questo articolo, infatti, pone l'intenzione di sostenere la nascita di nuove imprese giovanili o femminili attraverso la concessione di mutui agevolati per gli investimenti. Tuttavia, non garantisce contemporanee misure che permettano ai nuovi imprenditori di proseguire la propria attività in tempi futuri.
  Il problema non è soltanto l'investimento iniziale, lo start up, ma i costi gestionali che ne conseguono, l'impossibilità di avere dalle banche un affidamento senza garanzie reali che possa finanziare la gestione ordinaria, incassare in tempi certi le fatture verso la pubblica amministrazione, ormai paralizzata dai vincoli imposti dall'Unione europea – parliamo soprattutto del Patto di stabilità – e soprattutto per le aziende, nuove o vecchie che siano, sostenere il peso della pressione fiscale, diretta ed indiretta.
  Lo stato di confusione nel quale opera questa maggioranza di Governo è riscontrabile anche in altre misure, le quali appaiono nettamente in contrasto con gli Pag. 72obiettivi primari del decreto, volti, ricordiamolo, all'incremento dello sviluppo economico. Sul fronte energetico, ad esempio, gli annunciati tagli alla componente A3 della bolletta elettrica, previsti all'articolo 1, che ipotizzano concreti benefici per i cittadini e le imprese, rimarranno prevedibilmente incompiuti. La norma dovrebbe produrre importanti risparmi, i quali per gran parte sarebbero coperti attraverso una rimodulazione temporale volontaria degli incentivi concessi alle energie rinnovabili. La norma prevede che l'opzione dia diritto ad un aumento del periodo di incentivo di sette anni a fronte, però, di una riduzione immediata dell'incentivo stesso. L'entità della riduzione sarà fissata in un successivo decreto, in relazione al periodo residuo spettante, al tipo di fonte rinnovabile, al tipo di incentivo e ai costi per la rimodulazione.
  L'applicazione della norma risulta, quindi, evidentemente incerta ed improbabile. Oltretutto, i presunti sconti sulle bollette rischiano di essere minimizzati dall'introduzione di nuovi oneri a carico del sistema elettrico italiano, derivanti dall'eventuale maggiorazione di una gara per la realizzazione sul territorio del Sulcis di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta. In tal senso, abbiamo proposto alcuni emendamenti per modificare la copertura della norma, reperendo le risorse dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e tutelando così gli utenti del servizio elettrico.
  Anche nel settore della ricerca e sviluppo le politiche industriali proposte risultano poco concrete e pressoché inefficaci. Esse appaiono, infatti, piuttosto distaccate dalla realtà produttiva italiana che, ricordiamolo, è costituita per la gran parte da piccole e medie imprese, rischiando quindi di rimanere, nonostante i proclamati propositi, soltanto pura propaganda.
  In merito all'articolo 3 del provvedimento, il quale istituisce un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo nel limite complessivo di 600 milioni per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, si evidenzia come sarebbe stato opportuno specificare un chiaro criterio di ripartizione, anche territoriale, per tali risorse.
  Questo per evitare il rischio che la maggior parte di tali risorse finisca solo ed esclusivamente in certe regioni, lasciando ad altre solo le briciole, garantendo, così, un'equità distributiva che avrebbe certamente favorito anche un esito più proficuo. Sul contenuto dell'articolato, come è noto, si prevede un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di due milioni e mezzo per impresa ed una spesa minima di 50 mila euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all'agevolazione.
  Anche su questo aspetto, si rileva come, per la conformazione delle PMI italiane, tipicamente caratterizzate da una dimensione aziendale con un numero limitato di addetti e un fatturato nell'ordine di qualche milione di euro, un investimento di 50 mila euro l'anno in materia di ricerca e sviluppo, requisito cardine per poter accedere al bonus, appare senza dubbio non coerente con la realtà produttiva italiana, e certo non appare sufficiente la novità introdotta secondo la quale, al fine di evitare dichiarazioni non veritiere in merito all'ammontare effettivo delle spese sostenute, è prevista una riduzione della misura dell'agevolazione concessa in caso di scostamento superiore al 20 per cento tra spese dichiarate e spese sostenute.
  In fase di analisi del provvedimento in Commissione, non a caso, il nostro gruppo ha ritenuto di dovere intervenire per modificare tale disposizione, cercando di permettere un'estensione di tali vantaggi fiscali, magari non considerando la spesa incrementale rispetto all'anno precedente, la quale, peraltro, porta le aziende ad adottare un piano di investimenti alternando un anno in cui essi saranno massimi Pag. 73con un anno in cui verranno effettuati al minimo previsto di 50 mila euro.
  A nostro avviso, sarebbe stato opportuno rivedere anche la terminologia utilizzata per definire l'ambito di applicazione delle disposizioni previste, al fine di evitare incongruenze e facendo riferimento alle definizioni riportate nelle comunicazioni della Commissione europea fornite in materia.
  Nell'ottica, poi, di rendere più veloce e fluida l'entrata in vigore della disposizione, sarebbe stato opportuno, evidentemente, prevedere tempistiche più celeri per l'approvazione dei relativi decreti attuativi di quelle oggi previste. Apprendiamo, poi, per l'ennesima volta, anche in questo provvedimento, come non vi sia alcuna seria e concreta disposizione per fornire una maggiore deducibilità dell'imposta municipale propria, l'IMU, relativa agli immobili strumentali, ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di altre professioni, estendendo tale agevolazione anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
  Com’è noto, e fin dalla sua entrata in vigore, l'imposta immobiliare si è rivelata particolarmente onerosa, soprattutto per le aziende che, fino a qualche settimana fa, oltre a sopportare l'onere, talvolta davvero impietoso, della stessa, non potevano nemmeno godere della possibilità di dedurne il costo in dichiarazione dei redditi. Anche su questo aspetto, purtroppo, troppo poco l'attuale Esecutivo ha fatto, e anche su questo aspetto, ahinoi, lo stesso Governo lamenta uno scarso coraggio.
  Come, del resto, interpretare la mancanza di volontà di stanziare nuove risorse, sempre a favore delle imprese, per finanziare l'esclusione dell'imposizione sul reddito di impresa di una quota del valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature ? Anche su questo, sarebbe stato opportuno considerare altre e più innovative misure per l'immediato rilancio del credito bancario a favore delle piccole e medie imprese, al fine di superare, finalmente, quella priorità per le stesse piccole e medie imprese che rappresenta il credit crunch.
  La crescita e il supporto dei canali di finanziamento bancario diretto tramite provviste specifiche dalla BEI, dal FEI o dalla BCE e il monitoraggio dell'effettivo utilizzo in favore delle piccole e medie imprese in tal senso avrebbe certamente rappresentato un piccolo passo avanti in tale prospettiva.
  La determinazione dei nuovi strumenti finanziari per le piccole e medie imprese, come l'emissione di mini-bond e il potenziamento del mercato dei venture capital, ovvero l'applicazione sistematica di un monitoraggio delle modifiche alla normativa di Basilea III, tese a neutralizzare gli assorbimenti patrimoniali delle banche a fronte di finanziamenti in favore delle imprese minori, avrebbero certo rappresentato importanti e fruttifere novità.
  Analizzando poi la parte restante dell'articolato del provvedimento, emerge chiaramente come anche questo vostro documento normativo, così come tanti altri provvedimenti, non si sottrae al vizio tipico di questo Governo di favorire alcuni comuni a discapito di molti altri, che invece ne avrebbero assai bisogno. Si può notare infatti dalla disposizione all'articolo 13, laddove si autorizza il comune di Napoli – e solo il comune di Napoli – a contrarre mutui per il perfezionamento dei finanziamenti, una deroga ad hoc, l'ennesima, che finisce per favorire un solo ente locale, contro gli altri 8.000 circa, che invece continuano imperterriti ad assolvere i propri doveri nel rispetto della legge vigente: un concreto e pratico esempio, questo, di come evidentemente le regole non valgano per tutti.
  Il decreto in esame compie poi una palese discriminazione nei confronti della piena libertà negoziale delle gestioni aeroportuali. I commi 14 e 15 dell'articolo 13, infatti, sono riferiti in modo specifico alla gestione dell'erogazione, da parte dei gestori aeroportuali, di contributi e sostegni con marketing ai vettori aerei per l'apertura di nuove rotte aeree e il potenziamento dei collegamenti esistenti. La Pag. 74norma, quindi, prevede gare d'appalto a evidenza pubblica per introdurre o modificare gli slot delle compagnie aeree, scalo per scalo, a differenza di ciò che accade oggi, in cui viene lasciato ampio spazio di crescita e di scelta agli accordi con gli aeroporti, che possono decidere di ampliare l'offerta dei low-cost. Ampliamenti di rotte oggi avvengono in base ad accordi tra compagnie e aeroporti. La norma così come è formulata invece ha il celato obiettivo di andare a penalizzare l'azione di sviluppo degli aeroporti minori e in particolar modo di rendere difficile l'attività di sostegno e incentivazione ai vettori low-cost, probabilmente con l'obiettivo di dare un beneficio competitivo ad Alitalia, che pare ne abbia tanto bisogno.
  Questo Governo ha scelto ancora una volta di agire senza tenere in considerazione l'approccio dell'investitore privato, in particolar modo per gli scali che rispettino le condizioni di equilibrio economico, creando un sistema che rischia di rallentare e danneggiare la competitività degli scali italiani rispetto a quelli europei. Siamo d'accordo nel garantire la trasparenza, ma non possiamo accettare la discriminazione che viene messa in atto, creando dei vincoli nella gestione e pianificazione delle scelte commerciali e strategiche, ostacolando così la competitività del sistema (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, credo che sul provvedimento siano state spese parole circa l'utilità, circa la necessità, circa assolute e imprescindibili priorità per il Paese rispetto alla propria competitività, alla propria capacità di interpretare se stesso nel momento della crisi, a scadenze che sono improcrastinabili.
  Ebbene, vi sono alcuni dati che parlano in modo talmente chiaro e con tale evidenza rispetto a tutto ciò e al confronto sul panorama europeo che, in qualche modo, ci danno il tratto dell'urgenza almeno dei titoli di questo decreto. Pensare che il costo dell'energia – a essere generosi nelle stime – in Italia sia pari al 18 per cento in più che nel resto dell'Europa, che il costo delle RC-auto sia superiore a qualsiasi altro paragone, e comunque superiore al 30 per cento della media europea, dire che i siti di interesse nazionale da bonificare – 57 siti – siano il 2 per cento della superficie nazionale, confrontare quelli che sono i livelli di lettura italiani rispetto ad altri Paesi europei, sono tutte cifre che parlano da sé.
  Vediamo un impianto che ha titoli, per come vengono articolati alcuni provvedimenti, per come vengono presi, assolutamente positivi, perché riportano al centro dell'agenda del Governo e del dibattito politico di questo Paese finalmente lo sviluppo e la ripresa economica. Ma, ancora una volta, dobbiamo rilevare che questo avviene, sì, con una priorità e un'urgenza necessarie, ma con lo strumento della decretazione d'urgenza, che mette assieme molti argomenti, che bene avrebbero fatto ad avere provvedimenti dedicati e forse di maggior incisione. Infatti, in qualche modo rileviamo che, se la strada giusta su alcuni provvedimenti – o almeno nell'enunciazione, nell'annuncio di questi interventi – è quella effettivamente corretta, è quella auspicata, è quella che genera aspettativa e interesse da parte della vita dei cittadini italiani, delle imprese, delle speranze di una ripresa economica, ci attestiamo su provvedimenti che, per quanto positivi, possono risultare timidi, non dell'efficacia che si desidererebbe. Ovviamente è un'apertura di credito che in qualche modo facciamo con questa dichiarazione nei confronti del Governo e la cui efficacia reale in qualche modo sarà il tempo a darcela.
  Io devo, però, rilevare alcuni aspetti critici. Bene ha fatto il collega di SEL, l'onorevole Lacquaniti, entrando nello specifico, nella gran parte degli argomenti che attengono alla Commissione attività produttive di questo provvedimento. A me compete, invece, la parte di pertinenza della Commissione finanze e, quindi, in Pag. 75particolare gli articoli 8 e 9 e quelli che hanno a che fare con l'accesso al credito delle piccole e medie imprese.
  Di per sé mi viene da leggere il titolo stesso di questo provvedimento: Piano «Destinazione Italia» per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas (e ciò è previsto nei primi articoli), per la riduzione dei premi RC auto (e qui c’è il grande scomparso), per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese. Perché c’è un grande assente in questo titolo ? Il titolo non è aggiornato rispetto alla discussione che è avvenuta in maniera piuttosto imbarazzante soprattutto nella seduta della Commissione di ieri.
  Mi riferisco all'articolo 8, quello sull'RC auto. Noi abbiamo dato da subito un giudizio, se non positivo, come dicevo prima, di apertura di credito rispetto a questo decreto-legge. E rilevavamo come fosse in contraddizione, rispetto alle dichiarazioni del Governo, in particolare del Primo Ministro Letta, che questo provvedimento avesse al centro la ripresa economica dell'Italia, a partire dalle piccole e medie imprese, e come questa fosse conciliabile in qualche modo con l'articolo 8, che prevedeva o dichiarava la volontà di ridurre i costi delle RC auto in Italia, di fatto garantendo un oligopolio delle assicurazioni e deprimendo e scaricando questa riduzione, in particolare, sulle piccole e medie imprese artigiane, sulle carrozzerie in generale.
  Ebbene, abbiamo voluto comunque andare a vedere le carte su questo punto. La Commissione ha lavorato a lungo a partire dalla risoluzione Gutgeld e nei mesi che sono seguiti all'estate con una serie di audizioni, non dico infinita, ma molto copiosa. Siamo arrivati alla discussione vera e propria del decreto-legge e la mole degli emendamenti su questo articolo in particolare si catalizzava.
  Abbiamo visto come interessi contrapposti tirassero la giacca alla politica, sino alla farsa, a qualcosa di assolutamente ridicolo, se non stessimo parlando di una sede parlamentare, come la seduta delle Commissioni congiunte di ieri, in cui io pensavo che la richiesta di ritiro dell'articolo appartenesse ai conflitti interni a una delle forze che sostengono la maggioranza e poi vedo che il Governo, nella figura dei due sottosegretari presenti, ha dato due visioni e due pareri totalmente e diametralmente opposti.
  Credo sia anche giusto ricordare che la gran mole di emendamenti volti ad intervenire sui punti critici di questo articolo, in qualche modo hanno sortito un effetto migliorativo del provvedimento anche in relazione ad una maggiore libertà, per come era intesa inizialmente, rispetto al convenzionamento e alla parte medica, non certo sulla cessione del credito. Un miglioramento anche rispetto alle tabelle tariffarie e, quindi, alla premialità, anche in aree particolarmente penalizzate dalle tariffe dell'RC-auto, e mi riferisco all'emendamento dei relatori che ha assorbito molti degli emendamenti delle opposizioni. Questo stralcio in qualche modo ci costringe a fare una e una sola considerazione: che gli interessi delle parti, che si sono occupate di questo provvedimento, che volessero garantirsi o meno privilegi o una posizione – non sto dando giudizi rispetto a ciò –, in qualche modo hanno avuto la meglio sulla politica che non ha voluto e non ha saputo scegliere e non ha saputo mitigare le posizioni in causa. Di fatto, il risultato è che l'annuncio di riduzione dei costi delle tariffe dell'RC-auto, che sono le più alte d'Europa, non si avrà e le tariffe non caleranno perché tutto ciò non entrerà nel dibattito e dal decreto-legge questa opzione viene totalmente stralciata. Ci sono due sconfitti di questa partita e non sono né gli assicuratori, né i carrozzieri, né le associazioni dei consumatori, ma sono di fatto la politica e i consumatori che, rispetto a questa tematica, non vengono ascoltati, soprattutto i consumatori, circa le loro aspettative.
  Altro aspetto su cui vorrei soffermare l'attenzione concerne l'articolo successivo, quello riferito alla promozione della lettura. In Italia si dichiara che esiste, nelle stime migliori, il 50 per cento di italiani che acquistano almeno un libro all'anno – acquistano, non leggono – e che questa Pag. 76media sale di dieci punti se confrontata alla Francia e addirittura di 15 rispetto al Regno Unito. Ebbene, si era partiti dalla nobile intenzione di andare a promuovere effettivamente l'acquisto di libri e possibilmente la lettura attraverso un vero e proprio credito di imposta, una detrazione, fino a un tetto di 2 mila euro per nucleo familiare, ovvero in qualche modo una detrazione del 19 per cento. Ma tutto ciò viene vanificato perché si scopre che effettivamente era assolutamente incerto rispetto alle coperture e questo incentivo alla lettura di fatto viene trasformato da principio fiscale di una detrazione a quello di una voucherizzazione, a quello di offrire agli studenti delle scuole medie e superiori un bonus, un buono sconto che non so se avrà i risultati attesi di aggiungersi a ulteriori sconti della distribuzione. Di fatto, rischia di essere poca cosa rispetto a quanto dichiarato e a quanto atteso nell'annuncio del decreto-legge e rischia di trasformarsi in miseri 20 euro a beneficiario. È vero che 20 euro permettono di acquistare, nell'arco dell'anno, 100 euro di libri, ma il timore che abbiamo non è tanto che questo sia abbastanza riduttivo in termini di «regalino», di incentivo, di borsa di studio, quanto che questi 20 euro in realtà siano un aiuto, non alla piccola distribuzione, ma alla grande distribuzione che, rispetto ai piccoli librai, alle piccole catene di distribuzione, già è in una posizione predominante. Anche in questo caso, quindi, un buon auspicio che rischia di naufragare.
  L'altro aspetto riguarda quello che si diceva sul credito alle piccole e medie imprese. È chiaro che l'accesso al credito è uno dei problemi principali che attanaglia l'economia del nostro Paese, che attanaglia chi vuole fare impresa e chi la fa con difficoltà ogni giorno.
  Però forse abbiamo perso l'occasione la settimana scorsa rispetto a questo tema. La settimana scorsa ha fatto grande polemica e grande scalpore il decreto-legge Banca d'Italia. La si pensi come si vuole, di fatto è stato garantito ai proprietari di Banca d'Italia di avere quanto meno una situazione privilegiata e quanto meno di avere certezza rispetto alla distribuzione degli utili. Altrettanto corretto è rimarcare che, in quel provvedimento, nulla si è chiesto alle banche, nulla si è vincolato rispetto, ad esempio, ad una leva per favorire politiche in ordine all'accesso al credito. Questo si sarebbe potuto fare, forse, con il provvedimento tanto frettoloso, che ha messo insieme IMU e Banca d'Italia, e se qualche effetto positivo l'avrebbe potuto provocare, soprattutto se viene ritenuto necessario offrire garanzie e posizioni anche di interesse alle banche che detengono il capitale della banca centrale, è altrettanto vero che la politica, per non abdicare al proprio ruolo, dovrebbe chiedere a quegli stessi istituti bancari politiche certe. Questo si sarebbe potuto fare e crediamo sia un'occasione persa. Rispetto ad un altro tema, che mi sta a cuore, rispetto a quello dei siti di interesse nazionale, che esula dal merito stesso della Commissione finanze, occorre però fare molta attenzione e una valutazione. È vero che, ad oggi, le politiche di bonifica con riferimento ai siti di interesse nazionale sono per lo più fallimentari nel senso che molte di queste non sono «partite» e che occorre intervenire in altro modo, in altre forme; è chiaro ed evidente a chiunque non voglia avere la responsabilità di avere un passato industriale tutto novecentesco, tutto improntato alla produzione e con poco rispetto per la salute dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente e a chi si pone il problema che quella politica di salvaguardia, di ripristino in qualche modo, se non è fallita, quanto meno non è decollata. E quindi occorre intervenire rispetto a questo.
  Certo che vogliamo avere chiarezza e contezza rispetto al principio, che appunto sarà di principio in senso astratto, ma è fondamentale per la legislazione, per come la conosciamo, che il principio del «chi inquina paga» non venga alterato. Se, da un lato, è giusto dare contezza e la possibilità anche in termini di snellezza rispetto agli accordi di programma, è altrettanto vero (e questo non danneggia le imprese, anzi fa fare una migliore impresa) che il principio del «chi inquina Pag. 77paga» non deve essere demolito. Su questo aspetto ci riserviamo, anche in fase di discussione degli emendamenti e poi di dichiarazione di voto, di chiarire meglio la nostra posizione in base a come il provvedimento verrà disegnato e in base a quelle che saranno, su questo punto specifico, le risposte del Governo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Peluffo.
  Io ho un'indicazione di dieci minuti, trascorsi i quali l'avviserò. Poi lei ovviamente sa che ha a disposizione fino a trenta minuti che può utilizzare. Io mi permetto solo di segnalarle con il campanello quando è trascorso il tempo indicatomi dal gruppo. Prego, ne ha facoltà.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, intervenendo in discussione sulle linee generali del decreto-legge «Destinazione Italia», voglio anzitutto fare una piccola premessa riguardante lo svolgimento dei lavori delle Commissioni congiunte in sede referente. Mi sento di farlo in considerazione dei giorni concitati che abbiamo alle spalle sui quali non intendo aggiungere alcuna valutazione. Su questo il Partito Democratico ha avuto parole chiare e comportamenti netti e adesso attendiamo le determinazioni in merito dell'Ufficio di Presidenza della Camera. Mi interessa mettere in evidenza che nelle Commissioni si è svolto un confronto serrato, duro, ma tutto concentrato sui contenuti. Ognuno ha mantenuto le proprie idee, ha avuto occasione, tempo e modo di esprimerle nel pieno rispetto del Regolamento, delle prassi e nel pieno rispetto degli altri. Quel rispetto per gli altri, signor Presidente, che non è segno di cedevolezza ma è senso delle istituzioni, del proprio ruolo e della cifra del proprio comportamento.
  Ci sono stati nelle Commissioni anche momenti di convergenza puntuale tra maggioranza e opposizioni e il risultato complessivo, il testo licenziato dalle Commissioni rappresenta indubbiamente un passo avanti rispetto al testo originale, nel solco degli obiettivi del Governo, a mio giudizio. Si può essere più o meno d'accordo, ma, indubbiamente, è il risultato di un lavoro faticoso e positivo del Parlamento.
  Il decreto che siamo impegnati a convertire rientra nella serie di provvedimenti presi dal Governo che, per alcuni aspetti, hanno radici più profonde, anche nei provvedimenti del precedente Governo, provvedimenti a sostegno della crescita economica, in un quadro di compatibilità finanziaria, che a quest'Aula dovrebbe essere sempre ben chiara e da cui, comunque, non si può esulare. Si tratta, quindi, di misure non una tantum, ma inserite in un cammino, un processo lungo e difficile che, passo dopo passo, deve consentire al nostro Paese di afferrare la crescita, uscendo dalla drammatica crisi nella quale ci siamo trovati. Misure, quindi, che rientrano nelle vie della ripresa, come oggi un quotidiano titola sulle proprie pagine.
  Si tratta di interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», che hanno come primo obiettivo l'attrazione di investimenti esteri nel nostro Paese e a sostegno dello sforzo del Presidente del Consiglio nella serie di visite e di incontri bilaterali a livello internazionale. Dei risultati di queste visite sono sicuro ci sarà occasione per una disamina attenta, ma, intanto, le notizie di questi giorni danno segnali positivi. Tra questi cito, a titolo di esempio, la decisione del fondo kuwaitiano «KIA» di investire 500 milioni nel Fondo strategico italiano.
  Risultato di rilievo, certo: come è stato detto, poi, bisognerà capire come saranno usati, e dovranno essere usati al meglio. Peraltro, io stesso sono stato firmatario, mesi fa, di un'interrogazione che sollevava, per esempio, dubbi su alcuni interventi, su un intervento specifico del Fondo strategico italiano nella grande distribuzione, che non è prevista dal proprio statuto come uno dei settori di competenza. Quindi, credo che, poi, giustamente, sia stata accantonata. Ma al di là dei dubbi che si possono avere, è indubbio che Pag. 78questa scelta e questi investimenti dimostrano che un'opportunità c’è, che una novità c’è.
  Allora, Presidente, intendo concentrarmi in questo intervento nel dettaglio soltanto di alcuni articoli, coordinandomi, quindi, anche con gli altri interventi dei colleghi del Partito Democratico, per rimarcare il contributo del lavoro delle Commissioni.
  Innanzitutto, l'articolo 1, che interviene per la riduzione dei costi dell'energia, che è un obiettivo di questo Governo: questo decreto rappresenta indubbiamente un ulteriore passaggio in questa direzione, a cui, immagino, dovranno necessariamente seguire anche altri, perché sappiamo quanto siano gravosi i costi della bolletta elettrica sulle famiglie e sulle imprese, soprattutto le piccole e medie imprese. E sappiamo quanto sia spesso sedimentato il blocco degli oneri di sistema su cui incidere.
  Voglio segnalare che l'emendamento del Partito Democratico approvato nelle Commissioni interviene e modifica il comma 2, perimetrando l'ambito di applicazione ed esclude gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 100 chilowatt e gli impianti idroelettrici fino a 500 chilowatt. Questo perché è una scelta per garantire certezza degli investimenti, individuando anche una certa scala di priorità.
  C’è una materia controversa all'interno di questo articolo, che è stata sollevata anche negli interventi precedenti da alcuni colleghi, nella fattispecie, del MoVimento 5 Stelle: faccio riferimento alla centrale a carbone nel Sulcis. Io voglio mettere in evidenza alla loro attenzione e all'attenzione di tutti quanti noi, che il comma 11 dell'articolo 1 abroga il meccanismo di incentivazione previsto a partire dal 1994, che era di particolare onere per il settore elettrico nazionale.
  E voglio anche segnalare che l'emendamento del Partito Democratico interviene sul comma successivo, il 12, quello che riguarda la sfida del protocollo di intesa della regione Sardegna per la realizzazione del centro di ricerca e la centrale elettrica con tecnologie CCS, ossia carbon capture and storage. Ebbene, l'emendamento del Partito Democratico ha integrato il testo, precisando che l'incentivo a carico del GSE è concesso esclusivamente per la quantità di energia prodotta con la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica, spostando, quindi, le ragioni dell'incentivo tutte sul terreno dell'innovazione tecnologica.
  Per concludere sull'articolo 1, Presidente, al comma 16 segnalo un altro emendamento del Partito Democratico che interviene con un calcolo più equilibrato del valore di rimborso nelle gare per la distribuzione del gas e introduce una proroga conseguente e funzionale di quattro mesi.
   Per quanto riguarda un altro articolo, voglio intervenire brevemente; mi riferisco all'articolo 6 che interviene in materia di misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese. Su questo io credo che dobbiamo sempre tenere presenti i dati dell'ultima valutazione della Commissione europea che sono dello scorso giugno e riguardano il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda digitale in Italia.
  Ebbene, il nostro Paese è all'ultimo posto nella diffusione della banda larga ad alta velocità ed è ad uno degli ultimi posti per quanto riguarda la percentuale di individui che utilizzano regolarmente Internet. Da questo punto di vista gli emendamenti dei relatori danno maggiori certezze sui finanziamenti, sui tempi ed intervengono, per esempio, anche nella regolamentazione degli scavi per la posa di fibra ottica.
  C’è poi un altro emendamento che è stato presentato identico praticamente da tutti i gruppi, che interviene sulla mini rottamazione delle frequenze, garantendo maggiormente e, aggiungo, opportunamente le TV locali. A questo va aggiunto – non è nel provvedimento, ma è un annuncio che ha fatto alla Commissione industria del Senato il sottosegretario Catricalà – che finalmente, dico io, partirà la gara per le frequenze TV dalle prossime settimane e sarà svolta entro l'estate.Pag. 79
  Sull'articolo 8, in realtà, ci sarebbero state molte cose da dire, ma dopo lo stralcio mi preme sottolineare che bisogna mantenere l'obiettivo di riduzione dei costi della RC auto, bisogna mantenere l'impegno del Governo di un'iniziativa legislativa di intervento sul sistema e, secondo me, vanno utilizzati in questo senso, come materiali utili, il lavoro di approfondimento che è stato fatto in Commissione e soprattutto gli emendamenti dei relatori che, a mio giudizio, costituiscono un punto di equilibrio avanzato.
  Infine, tornando al testo, all'articolo 13, nei primi commi, ci sono disposizioni per la realizzazione di opere connesse ad Expo 2015. Si tratta di interventi per rendere possibili le infrastrutture di accesso e le infrastrutture funzionali alla realizzazione del sito dell'Expo. Sono previste funzioni di vigilanza sullo stato di attuazione delle opere in capo al commissario unico e al tavolo istituzionale e poi si consentono al commissario unico deroghe alla normativa vigente per l'immediato avvio delle opere e la loro tempestiva realizzazione, ossia si tratta dell'esercizio dei poteri straordinari di protezione civile già conferiti al commissario unico. Decisioni a questo punto inevitabili a causa del tempo perso negli anni precedenti nella governance di Expo. Del resto, se ne era occupata anche quest'Aula nella legislatura precedente. A questo punto mancano 14 mesi all'inizio dell'Expo, è necessario quindi fare presto, fare bene per, Presidente, ottimizzare l'opportunità costituita da Expo per l'Italia, visto che, oltre ad una grande manifestazione internazionale, costituisce il primo grande strumento anticiclico che può rappresentare un potente acceleratore per incrociare la ripresa economica già a partire da quest'anno.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Senaldi. Ne ha facoltà.
  Anche per lei vale la stessa questione: dopo dieci minuti io la avverto, poi ovviamente lei ha il tempo che ritiene.

  ANGELO SENALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il decreto-legge «Destinazione Italia» approda oggi in Aula per la sua conversione certamente migliorato rispetto al testo iniziale, grazie al lungo e approfondito esame delle Commissioni attività produttive e finanze che hanno permesso di porre la discussione in un complesso normativo coerente, rilevante che può rappresentare uno spunto importante per il rilancio delle attività e dell'attrattività del nostro Paese.
  Con questo intervento vorrei sottoporre all'attenzione dell'Aula alcuni provvedimenti contenuti nel decreto-legge che ritengo siano significativi e prioritari per le ragioni e le finalità del decreto stesso.
  Innanzitutto, è evidente e condiviso da tutti – ne abbiamo parlato più volte anche di recente in quest'Aula – come uno dei principali elementi di differenza rispetto agli altri Paesi, non solo Europei, sia l'elevato costo della bolletta energetica italiana. Se nel settore delle tariffe del gas si è raggiunto nell'ultimo periodo un sostanziale ravvicinamento ai prezzi medi europei, le tariffe elettriche presentano una sperequazione quantificabile intorno al 30 per cento che penalizza famiglie ed imprese.
  Le iniziative poste in campo dal Governo, all'articolo 1 del decreto, con il superamento della tariffa bioraria e migliorate, oltretutto, nel lavoro di Commissione, in particolare nella definizione degli impianti esclusi dalla determinazione del prezzo zonale orario per il regime di ritiro dedicato, vanno, seppur nei limiti delle risorse disponibili, nella giusta direzione di un riequilibrio del costo finale dell'energia elettrica, così come la rimodulazione degli incentivi, spalmati su tempi più lunghi, contempera la necessità di riduzione della spesa attuale di oltre 12 miliardi di euro con la garanzia e la salvaguardia di ritorno dell'investimento effettuato da privati e società.
  Per quanto attiene al tema dell'attività di ricerca e sviluppo, all'articolo 3, essenziale per rilanciare la presenza di imprese sul nostro territorio ed unica via per consolidare il tessuto economico-industriale a garanzia del lavoro e del futuro Pag. 80del nostro Paese, vorrei fissare l'attenzione su alcuni dati relativi alla classifica dei Paesi membri dell'Unione europea dove gli investimenti in ricerca e sviluppo sono maggiori. La Germania è la prima, con la somma record di poco meno di 74 miliardi di euro investiti, che rappresenta il 2,84 per cento del prodotto interno del Paese e il 28 per cento della spesa totale nell'Unione europea in ricerca e sviluppo. Nel Regno Unito la spesa complessiva ammonta a quasi 31 miliardi di euro, pari a circa 1,77 per cento del PIL e al 12 per cento della spesa complessiva europea. In Francia, nel 2011, si sono investiti circa 45 miliardi di euro per la ricerca, con una incidenza sul PIL domestico pari a 2,25 per cento. Nella classifica l'Italia è praticamente assente, si colloca in un anodino sedicesimo posto, in base alla percentuale dell'investimento sul PIL domestico, con circa 19 miliardi di euro, pari a 1,26 per cento del prodotto interno.
  Né sono rassicuranti i rapporti ISTAT: da anni gli investimenti in ricerca e sviluppo si sono interrotti e non si registrano segnali di una inversione di tendenza. Dal 2009 al 2012 l'incidenza sul PIL degli investimenti in ricerca e sviluppo è ferma al valore di 1,26 per cento, con poche oscillazioni. I dati sono espressi in termini nominali; se si leggono in termini reali, depurati cioè dall'effetto inflazione, si registra un desolante trend negativo. I dati censiti dall'Istituto di ricerca statistica mettono in luce un calo degli investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle imprese che hanno settori corposi (almeno 500 addetti in ricerca e sviluppo) e un aumento, invece, della spesa nel segmento delle piccole e medie imprese. Per queste ultime, però, è difficile raggiungere la massa critica necessaria per competere con realtà europee analoghe ma ben più consolidate.
  In Italia, infine, i fondi pubblici stanziati per attività di ricerca e sviluppo sono costantemente calati negli ultimi anni: 8,9 miliardi di euro stanziati nel 2011 contro i 9,5 miliardi nel 2010 e i 9,8 nel 2009. Nello stesso anno lo Stato francese ha speso più di 16 miliardi di euro, la Germania 23 e il Regno Unito 10 miliardi. Nel maggio 2012, la Commissaria europea per la ricerca e l'innovazione, in visita a Roma, rimproverava al nostro Paese scarso coinvolgimento nelle attività di ricerca e sviluppo e si augurava un impegno maggiore per il futuro, ricordando la correlazione positiva tra investimenti mirati e ripresa economica. All'interno del programma Europa 2020 l'Italia si è data come obiettivo il raggiungimento di una quota d'incidenza sul PIL della spesa in ricerca e sviluppo pari a 1,56 punti percentuali.
  Non si può, quindi, che guardare con favore il sostegno alla ricerca e sviluppo previsto dal decreto, che, introducendo il meccanismo del credito di imposta sull'incremento delle spese sostenute in ricerca e sviluppo decisamente più semplice, immediato e tempestivo, rispetto agli usuali sistemi a bando di concorso a volte complessi, opachi ed in alcuni casi erogati fuori tempo massimo, dà una spinta decisiva al raggiungimento dell'obiettivo del 2020.
  Nel percorso emendativo abbiamo, come Partito Democratico, ristretto la platea dei beneficiari alle imprese con un fatturato massimo di 500 milioni, proprio per rafforzare l'intervento verso quelle aziende piccole e medie che rappresentano il tessuto portante della nostra imprenditoria e che spesso operano in nicchie di eccellenza. Inoltre, la possibilità di aderire al meccanismo del credito di imposta anche a consorzi e reti di imprese favorisce la collaborazione ed offre la possibilità anche a microimprese di accedere ai benefici.
  Certamente questo è da intendersi come un primo passo verso una impostazione strutturale e continuativa del credito d'imposta sulla ricerca e sviluppo così come presente in molti Paesi europei, dove il riferimento è a tutto il monte di spesa, e non solamente all'incremento. Agevolazioni tramite il credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo costituiscono un efficace incentivo allo sviluppo ed agiscono nelle prime fasi del ciclo di vita dell'innovazione. È sempre più frequente, nelle economie avanzate, l'introduzione Pag. 81di dispositivi a sostegno dell'innovazione che agiscono sugli stadi più avanzati del processo. Mi riferisco in particolare al Patent Box, speciale tipologia di agevolazione fiscale che tutela la proprietà intellettuale con il duplice obiettivo di attirare idee innovative e brevetti, e nello stesso tempo contenere la fuga verso paradisi fiscali, fuga resa più semplice a motivo della elevata mobilità di cui godono simili proprietà.
  Altri punti qualificanti da considerare per valutare la portata complessiva del provvedimento in discussione, riguardano le misure in materia di nuove imprese a partecipazione giovanile e femminile, per sostenerne lo sviluppo e l'accesso al credito. Si rafforzano le basi per il sostegno a nuove imprese costituite da non più di dodici mesi, sviluppando quella capacità imprenditoriale tipica dell'iniziativa personale che trae spinta dalla nostra diffusa cultura dell'intrapresa, riservando una quota significativa a favore delle iniziative femminili.
  Così come le norme contenute all'articolo 5 e all'articolo 10, che in maniera chiara puntano, da una parte, a favorire l'internazionalizzazione delle nostre imprese, anche delle imprese della filiera agricola ed agroalimentare, e, dall'altra, a favorire l'interscambio di cervelli operanti nelle start up innovative. Così come un altro punto è l'attrazione di investimenti di società a capitale straniero, attraverso anche la concentrazione delle competenze per le cause in cui sono parte società estere presso sezioni specializzate di 10 sedi di tribunali delle imprese.
  Inoltre, le norme contenute nell'articolo 11, volte a favorire la risoluzione di crisi aziendali, permettono e sostengono la possibilità che gli stessi lavoratori costituiti in cooperative possano assumersi l'onere della gestione dell'impresa o di rami di essa, al fine di tutelare l'occupazione e di salvare presenze produttive che mantengano il tessuto diffuso della nostra manifattura.
  I punti che ho posto in rilievo rappresentano un quadro d'insieme di grande interesse e di grande portata di cui dobbiamo dare atto al Governo, e che nella compatibilità del bilancio attuale e nella convinzione di poter disporre di nuove risorse nel prossimo futuro, delineano una impostazione di fondo tendente a sostenere nei fatti l'impresa ed il lavoro, agendo su alcuni difetti storici del nostro Paese, indicando la strada da percorrere per cercare di uscire da una crisi strutturale come quella che viviamo ormai da anni, e proponendo l'impianto per futuri provvedimenti che rafforzino ulteriormente le priorità contenute nel decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prodani. Ne ha facoltà.

  ARIS PRODANI. Signor Presidente, inizia oggi l'esame in Aula del disegno di legge di conversione del decreto-legge «Destinazione Italia», ennesimo provvedimento omnibus il cui contenuto estremamente vario contrasta fortemente con l'omogeneità normativa che dovrebbe essere riservata a questo tipo di strumento legislativo.
  Come riconosciuto dal parere espresso dal Comitato per la legislazione di Montecitorio, il decreto-legge contiene disposizioni che «incidono su un ampio spettro di settori normativi e recano multiformi misure, che lo scarno preambolo qualifica, al fine di ricondurle ad una ratio unitaria, quali fattori essenziali di progresso ed opportunità di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitività delle imprese».
  La debolezza di questo fil rouge è evidente, e per certe materie è logico porsi il dubbio dell'esistenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza che giustificano la stessa decretazione d'urgenza.
  Si passa infatti da interventi in campo energetico a quelli sulla normativa dei condomini, da numerose misure a favore delle imprese – come riqualificazioni produttive e credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo – a quelle relative al settore delle telecomunicazioni, da disposizioni Pag. 82per ridurre i costi dell'assicurazione per la responsabilità civile – fortunatamente soppresse in Commissione – a interventi per incrementare l'efficienza del sistema giudiziario, da ulteriori misure per l'Expo 2015 a interventi per valorizzare specifiche aree dell'Obiettivo convergenza, giungendo poi a misure per la bonifica dei siti di interesse nazionale (SIN), oltre a particolari disposizioni per l'area di crisi industriale complessa di Trieste.
  Questi ultimi due ambiti di intervento sono racchiusi nell'articolo 4 del provvedimento, che dedica i primi dieci commi alla modifica radicale del Codice ambientale – il decreto legislativo n. 152 del 2006 – per la parte relativa alle misure di bonifica dei SIN. In pratica i proprietari delle aree interessate, compresi i responsabili dell'inquinamento, se il disastro è stato compiuto prima del 30 aprile 2007, potranno usufruire di un accordo di programma cofinanziato dallo Stato se propongono un percorso di reindustrializzazione. In questo modo non solo si concede un ulteriore favore a coloro che hanno prodotto o contribuito a produrre la contaminazione dei siti, ma si arriva paradossalmente a scaricare il costo delle bonifiche dal soggetto responsabile a chi rileva il sito inquinato e allo Stato.
  La prima applicazione di questa nuova disciplina riguarderà la bonifica dell'area di crisi industriale complessa di Trieste, per la quale i successivi commi dall'11 al 13 dell'articolo 4 prevedono la nomina a commissario straordinario, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. L'obiettivo del commissario è quello di garantire l'attuazione dell'accordo di programma quadro per la realizzazione degli interventi urgenti nell'area di crisi industriale complessa di Trieste. Questa disposizione è stata scritta in modo così impreciso, vista la sua inclusione non esplicitata in un articolo relativo alle bonifiche ambientali e l'assenza del riferimento normativo all'accordo di programma, da indurre in confusione persino il Servizio Studi della Camera – dipartimento attività produttive. Infatti si osserva nella scheda di lettura preparata dai funzionari di Montecitorio che, testuali parole, «la norma non indica chiaramente a quale documento si faccia riferimento» e successivamente «il documento di riferimento sembrerebbe comunque essere l'accordo di programma sottoscritto in data 25 maggio 2012 e relativo agli interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel SIN di Trieste».
  In realtà l'accordo di programma a cui si riferisce il testo è stato sottoscritto in tutta fretta il 30 gennaio scorso ma su questo tornerò in seguito, perché la grave crisi in cui versa l'area industriale di Trieste merita un approfondimento per i suoi risvolti non solo produttivi e occupazionali ma anche di natura ambientale e di salute pubblica.
  La Ferriera di Servola è un impianto siderurgico di proprietà del Gruppo Lucchini, situato a Trieste, ora in amministrazione controllata. Questa struttura, sorta alla fine dell'Ottocento per la produzione di ghisa, è passata più volte di proprietà e condivide la grave crisi che coinvolge il gruppo di appartenenza. Nel 2011 Lucchini aveva chiuso i conti con una perdita di circa 64 milioni, mentre l'anno successivo ha registrato un debito di circa 650 milioni di euro. Per provare a scongiurare il dissesto finanziario del gruppo, alla fine del 2012 l'allora Ministro dello sviluppo economico del Governo Monti, Corrado Passera, ha nominato commissario Piero Nardi, su richiesta della Lucchini stessa, che ha attivato la procedura prevista dalla legge Marzano sulle misure per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza.
  La realtà triestina conta circa 490 lavoratori e per la sua salvaguardia negli anni scorsi è stato approvato un programma, concordato con la Regione, che prevedeva una chiusura controllata degli impianti, parallelamente a un piano sociale per salvaguardare i lavoratori e la messa in sicurezza delle aree dal punto di vista ambientale. Risulta ben evidente, quindi, come la finalità principale degli Pag. 83accordi e dell'azione politica avrebbe dovuto essere la riconversione dell'attività produttiva e non la sua continuità.
  La situazione industriale è ulteriormente precipitata e il 22 gennaio 2013 presso il Ministero dello sviluppo economico è stato convocato un tavolo di crisi conclusosi con l'impegno dell'Esecutivo ad avviare il confronto con i territori in cui sono presenti gli stabilimenti Lucchini più grandi, Trieste inclusa, in modo da riconoscere lo stato di crisi industriale complessa e avviare il processo di riconversione produttiva.
  Il Governo, con il decreto-legge n. 83 del 2012 relativo a «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, nella legge n. 134 del 2012, all'articolo 27 aveva adottato disposizioni per il riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa. Il comma 8 dell'articolo stesso, però, demandava a un decreto attuativo del MISE il compito di definire le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale.
  Questo decreto-legge è stato firmato solo il 31 gennaio 2013 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 14 maggio. Trieste è stata inserita con decreto-legge, il n. 43 del 2013, sulle emergenze ambientali, convertito in legge nel mese di giugno, tra le aree di crisi industriale complessa, bypassando la procedura di individuazione prevista dal decreto del Ministero dello sviluppo economico. Dal mese di giugno del 2013 al gennaio 2014 le istituzioni locali e nazionali, insieme alle parti coinvolte, non sono state in grado di approvare l'accordo di programma, previsto dall'articolo 27 del decreto-legge sulla crescita, necessario per l'adozione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale della Ferriera.
  Solo a seguito del decreto-legge «Destinazione Italia», che prevede la nomina a commissario straordinario, come dicevamo, del presidente della regione, Debora Serracchiani, è stato approvato il 30 gennaio scorso, non senza contestazioni, come vedremo, il tanto atteso accordo di programma. L'emergenza che coinvolge la Ferriera di Servola, come ho in precedenza anticipato, non è solo industriale, ma anche ambientale e di salute pubblica. Da anni infatti desta viva preoccupazione il livello di inquinamento ambientale legato allo stabilimento, che costituisce una seria minaccia per la salute di lavoratori e abitanti.
  Lo stato di degrado ambientale della zona in cui insiste la Ferriera è evidente dai risultati di alcune indagini effettuate nel corso degli ultimi anni. Nello specifico, si tratta dei dati raccolti nel 2007 dal CIGRA (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) dell'università degli studi di Trieste, su richiesta della procura della Repubblica, di un'indagine epidemiologica dell'ASS n. 1 di Trieste, resa nota nel 2013, anche in questo caso su incarico dalla procura, e di ulteriori dati ambientali pubblicati da fonti giornalistiche in relazione alle indagini della magistratura sul caso del riciclaggio delle scorie e nella gestione di due discariche abusive all'interno dello stabilimento.
  Nel 2012, inoltre, sono stati pubblicati i risultati del progetto «Sentieri», lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, finanziato dal Ministero della salute, per l'analisi della mortalità delle popolazioni residenti vicino a grandi centri industriali attivi o dismessi e aree di smaltimento di rifiuti industriali e pericolosi. Queste zone presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitario tale da essere state riconosciute come siti di interesse nazionale per le bonifiche, i cosiddetti SIN. Questo studio ha preso in considerazione 44 dei 57 siti oggi compresi nel programma nazionale di bonifica, che coincidono con i maggiori agglomerati industriali nazionali e tra questi figurano anche quelli di Trieste, che include la Ferriera, e Taranto.
  Le conclusioni relative al sito di interesse nazionale di Trieste, nel periodo 1995-2002, sono allarmanti se confrontate Pag. 84con quelle di Taranto: considerando queste aree quasi a parità di popolazione, le morti connesse all'inquinamento degli impianti siderurgici decretano il tragico primato di Trieste, con 1.959 decessi, quasi il doppio rispetto ai 1.072 di Taranto. L'inquinamento del sito industriale è stato confermato anche dallo studio dell'ARPA del Friuli Venezia Giulia, pubblicato nel mese di giugno 2013, intitolato «Biometraggio dell'inquinamento da gas fitotossici nella Regione Friuli Venezia Giulia tramite licheni come bioindicatori». Quest'indagine è basata sull'analisi della biodiversità dei licheni che vivono sulla scorza degli alberi, organismi sensibili ai diversi gas tossici, e si basa sul campionamento eseguito in 72 stazioni, distribuite in tutta la regione, tra marzo 2011 e ottobre 2012. I valori peggiori, sostiene il documento, si concentrano in prossimità della centrale termoelettrica di Monfalcone, in provincia di Gorizia, presso la Ferriera di Servola e Muggia, in provincia di Trieste, non lasciando adito a dubbi.
  Dati del genere hanno chiaramente allarmato ulteriormente la popolazione locale, stupita dall'inerzia delle autorità nazionali e locali. Privati cittadini e rappresentanti dell'associazione ambientalista «No smog» dal 2008 al 2012 hanno presentato numerosi esposti e segnalazioni alla procura della Repubblica di Trieste per fare presente il degrado ambientale e sanitario nel comprensorio abitativo di Servola, legato allo stabilimento industriale. Le emissioni della Ferriera per più anni consecutivi hanno superato notevolmente i limiti di legge e i valori obiettivo, come nel caso della concentrazione di PM10, secondo i rilevamenti di alcune centraline dell'ARPA e come sostenuto da analisi commissionate nel 2013 dall'associazione «No Smog» riguardo alla concentrazione di benzopirene e idrocarburi policiclici aromatici, sostanze altamente tossiche, nel terreno. Ad oggi non è disponibile nessuna informazione sull'esito di questi esposti, che non risultano essere stati archiviati. Inoltre, secondo una serie di controlli ordinari e straordinari effettuati proprio dall'ARPA il 27 novembre 2012 e nei giorni 19,20 e 21 dicembre 2012, ai sensi del codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 29-decies), sono state riscontrate numerose irregolarità legate al funzionamento della Ferriera, relative agli obblighi previsti dall'Autorizzazione integrata ambientale del 2008, oggi in scadenza. La nuova bozza di AIA è praticamente una fotocopia della precedente, circostanza assurda, considerate le violazioni documentate e riscontrate dall'ARPA. Dalle amministrazioni competenti ci si aspetta un comportamento più serio, finalizzato alla reale salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini.
  Solo il 25 maggio 2012 è stato sottoscritto a Trieste l'accordo di programma il fra Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, la provincia di Trieste, i comuni di Muggia e Trieste, EZIT (Ente zona industriale di Trieste) e l'autorità portuale di Trieste per gli «interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Trieste». L'obiettivo dell'accordo è quello di facilitare i soggetti responsabili e i soggetti interessati a operare la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica dei suoli, delle falde, delle acque superficiali e delle aree marino-costiere del SIN, offrendo la possibilità di adottare procedure celeri con tempi certi di risposta, indicati nel documento stesso.
  La copertura delle spese previste, contenuta nell'articolo 11 dell'accordo, prevede il ricorso a risorse pubbliche e private. Le prime quantificate in 13 milioni di euro circa, mentre le seconde dovevano essere quantificate in fase di approvazione del piano di caratterizzazione generale unitario.
  Ad oggi, le procedure si sono fermate alla sola caratterizzazione di alcune parti del SIN, peraltro su superfici ridotte, con la conseguenza che in due anni dalla stipula non è stata avviata nessuna opera di bonifica.Pag. 85
  È paradossale che per risolvere sia le emergenze ambientali che industriali legate alla ferriera si sia dovuto attendere l'articolo 4 del provvedimento oggi in esame, che prevede il ricorso alla nomina commissariale del presidente della regione, soggetto che potrà ricorrere a numerosi poteri di deroga, rendendo ancora più critica e confusa una situazione che si sarebbe dovuta risolvere rispettando tempi certi e procedure fissate dalla legge.
  Ancora una volta, quindi, l'Esecutivo conferisce poteri commissariali per risolvere situazioni gestite in modo approssimativo e per le quali sarebbe stata più utile una maggiore correttezza istituzionale. Quest'ultima, infatti, è stata ulteriormente infranta dalla sottoscrizione dell'accordo di programma-quadro avvenuta il 30 gennaio scorso, prima che fosse concluso l'iter di conversione in legge del decreto-legge in oggetto. Non si tratta, lo sappiamo, dell'infrazione di una norma, perché un decreto-legge produce immediatamente i suoi effetti, ma il buon senso avrebbe dovuto consigliare alle parti interessate di sottoscrivere l'accordo subito dopo la conclusione del suo iter parlamentare di conversione in legge.
  Cosa accadrebbe infatti nel caso in cui le norme sulla nomina commissariale dovessero essere modificate ? Ovviamente, sarebbe necessario intervenire sull'accordo stesso, dando vita a ulteriore confusione e perdita di tempo. Inoltre, il testo dell'accordo prevede specificamente l'autorità commissariale, fatto che fa pensare maliziosamente come questa parte del «Destinazione Italia» sia considerata immodificabile dal Parlamento.
  Riguardo il contenuto del documento, colpiscono l'attenzione tre articoli in particolare: il 6, il 7 e 1'8.
  L'articolo 6 riguarda il progetto integrato di messa in sicurezza e reindustrializzazione del sito della Ferriera, e stabilisce chiaramente che gli interventi relativi, definiti nell'accordo, siano a carico dell'aggiudicatario della procedura di evidenza pubblica necessaria per il passaggio di proprietà.
  L'articolo 7 segue la stessa linea del precedente per definire il programma degli interventi di messa in sicurezza, si badi bene, a carico del soggetto interessato non responsabile della contaminazione per l'immediata fruizione dell'area.
  L'articolo 8, poi, al comma 3, prevede il cofinanziamento per la cifra complessiva di 41 milioni 500 mila euro a valere del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Lo stesso articolo, al comma 6, prevede che il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare possa avvalersi della provincia e della regione per svolgere le indagini necessarie all'individuazione del responsabile dell'inquinamento. Si tratta in questo caso di una vera e propria farsa, visto che già si conosce da anni il responsabile di questa grave situazione.
  L'accordo di programma, lo ricordo, non è stato sottoscritto dalla presidente dell'autorità portuale di Trieste a causa di alcune criticità relative alla quantificazione e riscossione dei canoni demaniali marittimi, e a ulteriori aspetti del procedimento concessorio, che riguardano parte dell'area da bonificare. L'autorità portuale, infatti, prima di firmare, intende verificare alcune questioni in sospeso poco chiare, come quella delle concessioni demaniali marittime, le disposizioni sulla responsabilità dell'inquinamento – che eliminano di fatto ogni imputazione a carico della società Servola Spa per la presunta impossibilità di risalire con certezza al responsabile – e la questione relativa all'esclusione dall'accordo della rimozione dei cumuli localizzati sul promontorio sud dell'area demaniale della ferriera.
  Secondo recenti stime dell'autorità portuale, il costo degli interventi di bonifica per l'area demaniale, solo per l'area demaniale, sia sulla terra ferma che al mare, si aggirerebbe sui 115 milioni di euro.
  Nei giorni seguenti alla stipula del documento, i mass media hanno pubblicato e trasmesso numerose interviste in cui rappresentanti di associazioni, come il Circolo Miani, il segretario dell'associazione «No smog», Adriano Tasso, e numerosi ambientalisti hanno messo in luce le criticità presenti nel testo, che tra l'altro scoraggerebbero Pag. 86qualsiasi gruppo industriale a partecipare al bando di gara che dovrà essere indetto per rilevare l'area.
  Questo accordo, così come sottoscritto dai Ministeri competenti e dagli enti locali, oltre a non rispettare il principio comunitario «chi inquina paga», sembra davvero allontanare chi già da svariati mesi, si veda il Gruppo Arvedi, aveva manifestato interesse a rilevare l'impianto. Paradossalmente la soluzione invocata da anni dai cittadini triestini a queste emergenze sembra allontanarsi.
  Durante l'esame in Commissione del disegno di legge di conversione del decreto «Destinazione Italia» ho presentato degli emendamenti tesi a esplicitare il delicato rapporto tra il commissario straordinario e i poteri dell'autorità portuale per evitare conflitti di attribuzioni, chiarendo anche i riferimenti normativi dell'accordo di programma, colpevolmente assenti nel decreto.
  Le mie proposte di modifica sono state respinte, a riprova del fatto che non esiste una volontà politica di modificare questa parte del provvedimento.
  L'emergenza ambientale e industriale triestina deve essere affrontata e risolta con interventi strutturali seri, che garantiscano l'efficacia e l'efficienza dell'azione politica nell'interesse della popolazione. La nomina del commissario straordinario rappresenta chiaramente la resa delle procedure ordinarie e della certezza del diritto, visti i numerosi poteri di deroga riconosciuti, che sicuramente saranno esercitati dal «governatore» del Friuli Venezia-Giulia, come previsto dalla normativa vigente e dal contenuto dell'accordo di programma.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

  MARCO DI MAIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, credo che il decreto che ci accingiamo a convertire in legge in questo ramo del Parlamento presenti numerosi elementi di interesse che meritano di essere segnalati. Ciò è stato possibile grazie al buono e intenso lavoro svolto nelle Commissioni finanze e attività produttive, che ha consentito di migliorare notevolmente il testo licenziato dal Governo e portare qui, in Aula, una serie di provvedimenti mirati a sostenere nel concreto il nostro sistema produttivo.
  Mi limiterò a citare alcuni aspetti di questo testo, attinenti soprattutto alle competenze della Commissione finanze, dove ogni atto e ogni azione che vengono affrontate, almeno per quanto riguarda il gruppo del Partito Democratico, hanno oggi più che mai chiaro che per rispondere al bisogno di creare – e non solo difendere – posti di lavoro dobbiamo mettere al centro del tentativo di rilancio della nostra economia la piccola e la media impresa del nostro Paese.
  Senza un sostegno concreto agli artigiani, ai commercianti e ai piccoli imprenditori, che hanno reso vivo e ricco il nostro Paese, è impossibile rimettere in moto un ciclo economico positivo, capace di generare nuova occupazione e, quindi, fare ripartire i consumi. È impossibile senza partire da qui, dal cuore del nostro sistema produttivo, agganciare una crescita che non ci possiamo accontentare riguardi solo i dati macroeconomici, ma che deve attraversare e invadere anche l'economia reale.
  Per queste ragioni, forti anche di un lavoro approfondito e accurato fatto in Commissione finanze, che al termine di una lunga indagine conoscitiva ha portato all'elaborazione di una serie di proposte concrete per favorire l'accesso al credito, anche attraverso forme alternative a quelle tradizionali, siamo intervenuti con emendamenti specifici su questo decreto. In particolare, grazie ai nostri emendamenti all'articolo 12, in larga parte accolti, vengono introdotte molte misure che favoriscono l'accesso al credito per la piccola e media impresa: si rafforza la possibilità di cartolarizzare titoli di credito per le piccole e medie imprese, semplificando considerevolmente le procedure e chiarendo, in maniera più precisa, le norme e le modalità di riferimento; si ampliano le possibilità per l'emissione di Pag. 87bond garantiti da prestiti alle piccole e medie imprese; si estende ai fondi pensione, alle assicurazioni e ai nuovi operatori finanziari di gruppi bancari la possibilità di acquistare i mini-bond. In poche parole, si irrobustisce la facoltà di accedere a forme di credito diverse da quelle tradizionali, azione fondamentale per dare ossigeno alle nostre imprese, oggi più che mai in difficoltà nell'accedere al credito attraverso i canali tradizionali.
  Rilanciare l'economia nel nostro Paese significa anche sostenere e puntare su chi decide di mettersi in gioco, in particolare sui giovani e sulle giovani generazioni. Ecco perché consideriamo di assoluta rilevanza quanto previsto dall'articolo 2 di questo decreto, che prevede una serie di incentivi all'autoimprenditorialità, favorendo e sostenendo le start-up e i progetti aziendali per i giovani fra i 18 e i 35 anni. Un beneficio che supera finalmente quello dei contributi a fondo perduto, prevedendo mutui agevolati e una serie di azioni che vanno a supporto dei giovani che decidono di scommettere su un'idea innovativa e su un progetto di futuro.
  Il «Destinazione Italia» dispone anche, con l'articolo 9, di azioni per favorire la diffusione della lettura in Italia. Lo fa stanziando un budget di 50 milioni di euro, a valere su risorse che saranno programmate attraverso i fondi strutturali europei. Un intento lodevole, ma a cui si cerca di dare concretezza attraverso un importo troppo esiguo in rapporto alla potenziale platea interessata e, cioè, i 29 milioni di contribuenti che ogni anno pagano l'IRPEF nel nostro Paese. Allora si è scelto, attraverso un emendamento del Partito Democratico, per dare efficacia alla misura di restringere la platea dei beneficiari puntando sui più giovani, cioè sui circa 2 milioni 700 mila studenti degli istituti secondari di secondo grado che, attraverso la trasformazione di questo credito d'imposta in buono sconto, potranno arrivare a una spesa per ciascuno di circa 100 euro, con un beneficio di 19 euro a testa, e dunque attivare, in aggregato, una spesa potenziale per l'acquisto di libri di circa 270 milioni.
  In questo modo si va a supportare non solo la domanda di lettura, in particolare quella più giovane, ma anche l'offerta, sostenendo la rete distributiva tradizionale. Peraltro, rispetto alla formulazione originaria, il buono sconto varrà anche per le edizioni in formato digitale. Resta, tuttavia, da chiarire – e, da questo punto di vista, sollecitiamo il Governo – il fatto che, per rendere concrete queste azioni, è necessario prevedere risorse vere, e semmai anche aggiuntive rispetto a quelle già previste, e non solo programmatiche, come quelle che riguardano, appunto, i fondi strutturali europei.
  Un'ultima considerazione vorrei svolgere a proposito degli emendamenti dei relatori che hanno portato alla soppressione, come avevamo chiesto, dell'articolo 8 di questo decreto, ossia quello che, come è noto, affrontava il tema delle assicurazioni RC-auto, con l'obiettivo, assolutamente condiviso, condivisibile e che continueremo a condividere, di perseguire una diminuzione delle tariffe a carico dei cittadini. Obiettivo che, appunto, rimane tutto da raggiungere, ma che abbiamo chiesto possa essere perseguito attraverso un intervento legislativo specifico, con un disegno di legge ad hoc – abbiamo letto già, in queste ore, le evoluzioni positive che il Governo ha voluto dare a questa materia – che consenta un ampio e approfondito dibattito parlamentare, che consenta di coinvolgere tutti i soggetti interessati al tema, senza vessare le imprese né tanto meno, e direi soprattutto, i consumatori, tenendo conto di un lavoro di analisi e studio, che da tempo in Commissione finanze abbiamo approntato, per volontà dei suoi componenti che fanno parte del gruppo del Partito Democratico, proprio mirato a focalizzare e approfondire il tema dell'abbassamento delle tariffe assicurative RC-auto.
  Un lavoro che rimettiamo a disposizione del confronto parlamentare, del Governo e delle parti interessate. Abbassare le tariffe RC-auto in Italia deve rimanere un obiettivo da perseguire con forza, in Pag. 88tempi brevi e con azioni giuste, a beneficio dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signor Presidente, colleghi, oggi, in quest'Aula, veniamo chiamati a discutere del cosiddetto «Destinazione Italia», l'ultimo di una lunga serie di «decreti macedonia» a cui non vogliamo abituarci, sbandierato come la politica del Governo per attrarre investimenti esteri e promuovere la competitività delle aziende italiane.
  In realtà, il contenuto di questo ennesimo decreto-legge è estremamente vasto e incide su un ampio spettro di settori normativi, prevedendo interventi in campo energetico, misure a favore delle imprese, disposizioni concernenti il settore delle telecomunicazioni e comunicazioni elettroniche, interventi volti a incrementare l'efficienza del sistema giudiziario, azioni volte a valorizzare specifiche aree dell'Obiettivo Convergenza, interventi volti a ottimizzare l'utilizzo delle risorse disponibili previste per la manifestazione Expo 2015 e chi più ne ha più ne metta.
  Mi chiedo se si potesse aggiungere ancora qualche altro argomento a questo variegato fritto misto ! I decreti disomogenei sono inaccettabili da tanti punti di vista: perché manca l'analisi ex ante, l'analisi di impatto ex post, perché vengono fatti in fretta, perché, quindi, non vi è l'adeguato tempo perché siano scritti in maniera adeguata e, soprattutto, perché coinvolgono sempre, in ultima istanza, il Parlamento, che, con centinaia di emendamenti, cerca di correggere questi dispositivi.
  Il MoVimento 5 Stelle si sta battendo per tentare di licenziare un testo che sia quantomeno dignitoso. Ci piace, ci fa piacere che il Governo abbia accolto la nostra richiesta di abrogare l'articolo 8, recante disposizioni in materia di RC-auto, cartesianamente in linea con le politiche di attrazione di investimenti esteri e promozione della competitività delle imprese italiane. Insomma, abbiamo, forse, evitato l'ennesima figuraccia, l'ennesima clamorosa regalia ad una lobby: quella, questa volta, delle assicurazioni.
  Di cosa vogliamo parlare ? Di quanto questo provvedimento si coordina con i precedenti decreti o, in genere, con le norme vigenti ? Inutile dire e sottolineare la sovrapposizione delle fonti e, come se non bastasse, la conseguente incertezza sulla disciplina a cui uniformarsi ! E meno male che parliamo di semplificazione. Sì, la semplificazione. Semplificare dovrebbe essere la parola d'ordine di questo Governo. Ma dove, quando anche i riferimenti normativi indicati nel testo del provvedimento in discussione non sono neanche aggiornati, quando le risorse non sono neanche certe ! Forse è troppo chiedere ed aspettarsi la relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione e quella tecnico-normativa, tra l'altro previste dalla legge vigente; ma questo Governo è talmente bravo che, in una lettera di accompagnamento, si è dichiarato esente dall'obbligo di redigere tale relazione.
  Per farla breve, per rendere passabile ma soprattutto affinché questo provvedimento serva a raggiungere lo scopo, ci siamo dovuti rimboccare le maniche, segnalando anche le cose più ovvie. A chi dice che sappiamo solo distruggere e che siamo antieuropeisti convinti rispondiamo con il nostro emendamento sulla cicloturistica VENTO, il progetto tutto italiano di una dorsale cicloturistica che parta da Venezia e arriva a Torino.
  Piste ciclabili come questa nei Paesi europei sono più che una realtà. In Austria, la Vienna con i suoi 320 km lungo il Danubio genera un indotto annuo di circa 70 milioni di euro (225 chilometri per anno). In Germania, la pista lungo il fiume Elba con i suoi 840 km produce 110 milioni di euro/chilometri l'anno. E similmente la pista lungo la Loira in Francia o lungo la Drava, che si sviluppa in Austria e Slovenia. Lungo queste piste ciclabili vi sono migliaia di imprese che si sono sviluppate e nuovi posti di lavoro in settori quali ricettività, ristorazione, enogastronomia, attività culturali, mobilità (treno, navigazione), Pag. 89sport, in sostanza settori strategici e peculiari soprattutto del nostro Paese.
  Cito un esempio per tutti, per dimostrare le potenzialità turistiche ed economiche: in Germania, in soli 15 anni, le strutture ricettive certificate e dedicate al solo cicloturismo sono cresciute di quasi 25 volte passando da 216 nel 1995 a 5.283 del 2011. E non sto parlando di un capriccio da amatori bensì di un'opportunità di sviluppo.
  Il cicloturismo in Europa è stimato avere un potenziale di oltre 2.300 milioni di viaggi mono-giornalieri e oltre 20 milioni di viaggi plurigiornalieri all'anno. Un dato impressionante per dimensione e impatto. Tutto questo pedalare potrebbe generare flussi economici intorno ai 44 miliardi di euro annui con opportunità occupazionali nuove, grazie ad una pratica basata sull'uso del mezzo di trasporto meno impattante in assoluto.
  VENTO, quindi, con i suoi 679 chilometri e i suoi paesaggi mediterranei, il suo clima, il buon cibo italiano, i vini potrebbe costituire un tracciato significativo per le tante economie legate al gusto e al territorio: una straordinaria occasione di sviluppo eco-sostenibile, eco-economico e di green economy per il nostro Paese. Attualmente, lungo il Po, oggi si può pedalare in sicurezza solo per il 15 per cento del tracciato pari ai primi 102 chilometri.
  Per ultimare la realizzazione di quella che speriamo sia presto la pista ciclabile più lunga di Italia, avremmo bisogno di 80 milioni di euro che si stima producano un indotto di 100 milioni di euro l'anno. Con tale cifra, oggi, riusciremmo a costruire solo un paio di chilometri di autostrada. Noi con un nostro emendamento abbiamo chiesto che dei 53 milioni di euro destinati all'Expo 2015 e alle opere pubbliche, 20 fossero destinati al progetto VENTO, consentendone così la realizzazione dell'80 per cento. Speriamo che in futuro il Governo comunque possa provvedere. Con un modico investimento avremmo un grande ricavo in termini economici, occupazionali e di impatto ambientale.
  Da recenti indagini fatte in provincia di Ferrara proprio sulla ciclabile «Destra Po» sono emersi dati molto incoraggianti che dicono che ogni cicloturista spende mediamente 100 euro al giorno usufruendo delle attività ricettive, di servizio e commerciali che trova lungo la ciclovia.
  VENTO rappresenta quindi un volano per un turismo e una mobilità sostenibili tale da innescare un processo virtuoso che abbia come prevedibile conseguenza benefici economici per le comunità locali, grazie ad una maggiore spesa da parte dei cicloturisti che attraversano il territorio lentamente e senza proprie risorse, attingendo altresì ai commerci, ai ristoranti e agli alberghi dei piccoli centri; inoltre, indurrebbe ad un maggiore utilizzo del trasporto pubblico con evidenti ripercussioni di minore impatto ambientale nonché di realizzazione di cicloitinerari locali beneficamente influenzati dagli itinerari europei.
  Sempre su questa scia, auspichiamo che i restanti 33 milioni di euro previsti dall'emendamento sopraccitato, siano destinati a un piano che promuova il trasporto ibrido ed elettrico sostenendo le attività imprenditoriali che sviluppano sistemi innovativi per il trasporto e coinvolgendo fonti rinnovabili di energia e vettori di energia quali l'idrogeno, nonché piccoli imprenditori.
  Il progetto VENTO e la mobilità sostenibile sono temi perfettamente in linea con le destinazioni previste per l'utilizzo del nuovo ciclo dei fondi europei 2014-2020 e i tempi sono maturi per renderli operativi.
  Lo sviluppo delle attività imprenditoriali del nostro Paese non può prescindere dalla sostenibilità ambientale. È infatti immediatamente necessaria l'adozione di programmi operativi che prevedano azioni che realizzino una politica industriale che sostenga le imprese italiane per quanto riguarda turismo e mobilità a bassa emissione.
  Questo Governo deve intervenire immediatamente per garantire che i fondi Pag. 90europei previsti dalla nuova programmazione vengano utilizzati per l'attuazione di questi progetti.
  Sono questi i programmi che possono far tornare a crescere il nostro Paese, non i 500 milioni di euro racimolati negli Emirati Arabi e non svendendo le più importanti aziende italiane peraltro appartenenti a settori strategici e vitali.
  Nel decreto, tra le altre cose, che hanno già citato in parte i miei colleghi, compaiono anche 20 milioni di euro per l'auto imprenditorialità femminile. A mio avviso, è ancora importante e tanto necessario mettere in condizione davvero le donne di lavorare, incentivando gli asili e i contratti che permettano alla donna di essere donna e mamma, e non solo lavoratrice.
  Non parliamo poi dell'incentivo alla lettura, che è stato da noi molto criticato: misure piccole e che partono dal presupposto sbagliato. Non sarà un voucher ad invogliare i ragazzi alla lettura. Il piacere della lettura lo trasmette prima di tutto l'insegnante, il bravo insegnante. È un processo, sì, lungo, magari non di immediata percezione, ma che resta nel tempo e non si impolvera.
  Il futuro di questo Paese è legato indissolubilmente all'innovazione, al turismo e alla mobilità sostenibile, ma soprattutto alla percezione delle opportunità che può dare l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Colletti, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1920-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la VI Commissione, onorevole Pesco, ma, non essendo presente in Aula, presumo vi abbia rinunziato.
  Lo stesso vale per il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Crippa, che non intende replicare.
  Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Allasia, ma, non essendo presente in Aula, s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la VI Commissione, onorevole Gutgeld.

  ITZHAK YORAM GUTGELD, Relatore per la maggioranza per la VI Commissione. Signor Presidente, vorrei solo svolgere due brevissime precisazioni sulle cose che ho sentito. La prima riguarda la preoccupazione espressa dall'onorevole Crippa, che riguarda la riduzione degli incentivi alle energie rinnovabili. Siccome sono stati citati dei numeri, volevo solo mettere agli atti i numeri che almeno a me risultano, cioè che le energie rinnovabili ricevono oggi come incentivi circa 10 miliardi di euro l'anno, o forse 12, più c’è ovviamente il costo dell'energia stesso. Noi parliamo qui di una riduzione di 150 milioni di euro; quindi, si parla circa dell'1 per cento. Quindi, quando si paventava la possibilità di crollo finanziario, ricordo solo che una parte importante di questi investitori in realtà gode oggi di ritorni sul capitale investito tra il 20 e il 40 per cento. Mi lasci fare una battuta, Presidente: neanche Madoff proponeva questi ritorni. Quindi, mi pare che il rischio che è stato paventato non sia giustificato.
  Volevo fare una seconda brevissima replica che riguarda il tema della cartolarizzazione. Le cartolarizzazioni sono pensate proprio per dare alla piccola e media impresa un accesso al finanziamento che esce dall'ambito del credito bancario, che come sappiamo per tanti motivi scarseggia. Quindi, è una misura fondamentale per lo sviluppo e il sostentamento della piccola e media impresa.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la X Commissione, onorevole Vignali, ma non essendo presente in Aula presumo vi abbia rinunziato.Pag. 91
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, ringrazio prima di tutto le Commissioni riunite VI e X per il lavoro svolto in questi giorni, che il Governo ritiene importante e rafforzativo dell'impostazione del decreto-legge. Ringrazio, in particolare, i presidenti Capezzone ed Epifani e i relatori Gutgeld e Vignali, ma ringrazio tutti i componenti delle Commissioni. Ringrazio i deputati che sono intervenuti nel dibattito di oggi, che hanno tutti posto problemi reali riguardo ai quali vorrei chiarire il significato di fondo del decreto-legge.
  Innanzitutto, questo non è un decreto-legge omnibus, è un decreto-legge che ha come obiettivo il potenziamento delle capacità del sistema produttivo italiano e delle imprese nel nostro Paese nell'agganciare la ripresa e per irrobustire la ripresa, con elementi di rafforzamento strutturale del sistema produttivo. Questo significa anche che il decreto-legge, per affrontare queste tematiche, ha dovuto prendere in considerazione diversi aspetti che compongono i tasselli della competitività delle imprese italiane. Quindi, il ventaglio di temi che il decreto-legge tocca non significa affatto che è un decreto-legge omnibus, ma che è un decreto-legge che si occupa di sviluppo e i fattori dello sviluppo sono diversi.
  Il decreto-legge si apre con il capitolo dell'energia e del costo dell'energia, uno dei temi fondamentali per ridare competitività alle imprese italiane. Continua con un articolo dedicato al sostegno e alla creazione delle condizioni migliori per la nascita e lo sviluppo delle micro e piccole imprese, giovanili e femminili, come parti costitutive del tessuto produttivo italiano, a cui noi vogliamo dare impulso. Continua con un articolo che riguarda un punto chiave della competitività di un sistema economico avanzato: gli investimenti in ricerca e sviluppo. E introduce un credito di imposta per gli incrementi da parte delle imprese nei loro investimenti in ricerca e sviluppo. Affronta poi il tema delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e della possibilità e delle condizioni alle quali riqualificare la struttura produttiva di quei siti contemporaneamente ambientalizzando quelle situazioni. Affronta poi il tema dell'internazionalizzazione delle imprese e dell'attrazione in Italia di start up innovative. Continua con la questione della digitalizzazione delle piccole e medie imprese, la questione dello status giuridico dell'impresa, all'estero in particolare, attraverso il tribunale delle società con sede all'estero. Vi è un articolo molto significativo, piccolo, ma significativo su alcuni punti che riguardano la risoluzione di crisi aziendali. E vorrei sottolineare che questo, come anche l'articolo sulle bonifiche e la reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, prendono situazioni di crisi per dargli un futuro produttivo e occupazionale. Questa è parte costitutiva della ripresa dell'economia italiana, oltre ai temi che ho toccato prima che riguardano i fattori di competitività generale. Ma prendere in mano le situazioni di crisi per aprire prospettive di ripresa di quelle situazioni è parte costitutiva di un decreto-legge che si occupa di sviluppo.
  Vi è poi l'articolo 12 che apre, anzi rafforza, perché già era stato aperto dal decreto cosiddetto «sviluppo 2» del precedente Governo, lo strumento dei mini bond, quindi di un canale di finanziamento per le piccole e medie imprese alternativo al canale bancario, il che significa ampliare di molto le possibilità di finanziamento per le piccole e medie imprese e anche l'autonomia delle piccole e medie imprese, l'autonomia imprenditoriale, sul mercato, delle piccole e medie imprese. Vi è poi un capitolo dedicato all'Expo 2015, un articolo dedicato a questo.
  Expo 2015 fa parte in modo forte della possibilità per l'economia italiana di riprendere quota. Expo 2015 sarà un punto di incontro fondamentale sul tema della green economy, sul tema dell'agricoltura, dei nuovi prodotti biologici e così via. Sarà un punto di incontro del mondo produttivo Pag. 92globale che andrà al confronto sulle nuove tecnologie e l'Italia è il luogo in cui ciò accadrà e sarà la vetrina chiave per le nuove tecnologie italiane.
  Noi abbiamo molto da presentare su questo terreno. Basti pensare che l'Italia in Europa è il Paese forse più avanzato sul terreno dell'efficienza energetica e delle tecnologie di efficienza energetica. Quindi, Expo 2015 è un passaggio fondamentale per dare al nostro Paese una nuova proiezione sui mercati internazionali.
  E, infine, vi è un articolo importante sul contrasto al lavoro sommerso. Quest'ultimo è una delle piaghe di alcune aree del Paese che blocca lo sviluppo di quelle aree, non le sostiene affatto perché crea concorrenza sleale che mortifica le imprese sane. E, quindi, il contrasto al lavoro sommerso, oltre che rispondere ad evidenti obiettivi di natura sociale, risponde ad obiettivi economici molto precisi. Serve anche questo nel quadro delle condizioni che consentono di rilanciare l'economia italiana e anche di attrarre. Infatti, non a caso, abbiamo utilizzato il termine «Destinazione Italia» perché tutto questo pacchetto di misure sui fattori di competitività e di sviluppo significa creare le condizioni ambientali perché, primo, le imprese italiane abbiano voglia di investire e di crescere; secondo, imprese di altri Paesi abbiano voglia di venire qui da noi, di fare impresa da noi.
  Credo che questo quadro sia un quadro forte di interventi. Il lavoro delle Commissioni lo ha migliorato, quindi il lavoro parlamentare è stato importante.
  Concludo con la questione dell'articolo 8 che è stato stralciato. Il Governo ha dato parere favorevole all'emendamento presentato per lo stralcio e, contemporaneamente, ha accettato l'invito dei relatori a trasformare immediatamente in disegno di legge l'articolo 8 in materia di assicurazioni ed è quanto è accaduto stamane: il Consiglio dei ministri di questa mattina ha immediatamente varato un disegno di legge che corrisponde all'articolo 8 del decreto-legge che stiamo discutendo e che segnala la forte volontà del Governo di accelerare su questo terreno.
  Perché abbiamo accettato lo stralcio, pur essendo l'articolo 8, a nostro modo di vedere, parte costitutiva di quel pacchetto di fattori di competitività ? Perché l'articolo 8, versione decreto-legge, era un articolo, come il disegno di legge che oggi è stato varato dal Consiglio di ministri, che contiene riduzioni molto significative dei premi assicurativi della RC auto. Sommando i vari possibili sconti, si arriva per i cittadini italiani a uno sconto anche oltre il 20 per cento sulla polizza RC auto. Quindi, una misura di grande significato e importanza per i cittadini italiani ma anche per l'economia italiana perché questo riduce i costi non solo delle imprese ma i costi delle famiglie, quindi migliora il tenore di vita e il potere di acquisto delle famiglie.
  Abbiamo accettato lo stralcio perché, durante il dibattito parlamentare, con riferimento alle proposte emendative presentate e anche al lavoro egregio fatto dai relatori con il loro emendamento e la riformulazione all'articolo 8, che noi riteniamo essere comunque un contributo positivo che ha cercato un punto di equilibrio tra diverse esigenze, abbiamo ritenuto che gli emendamenti presentati segnalavano una serie di punti problematici che meritavano un dibattito parlamentare più approfondito. Noi avremmo naturalmente portato fino in fondo anche l'articolo 8 ma la segnalazione che ci è venuta dal lavoro delle Commissioni era una richiesta di attenzione.
  E noi abbiamo ritenuto corretto, nel rapporto tra Governo e Parlamento, aderire a questa richiesta e consentire, quindi, al Parlamento una discussione più ampia dell'articolo 8, che non sarebbe potuta avvenire nei tempi necessari per la conversione del decreto-legge «Destinazione Italia». L'ispirazione di quell'articolo e le misure in esso contenute sono misure di grande rilievo per le famiglie italiane, per le imprese italiane, per l'economia italiana. Da qui, l'immediata riproposizione, stamane, da parte del Consiglio dei ministri, dell'articolo 8 come disegno di legge autonomo e l'intenzione di dare a questo disegno di legge un Pag. 93percorso rapido, compatibile con quell'esigenza di approfondimento che ci è stata segnalata.
  In conclusione, è tutt'altro che un decreto «omnibus»: è un decreto sui fattori di competitività dell'economia italiana. Credo sia stato un buon lavoro quello che è stato fatto nelle Commissioni, credo che sia molto importante che il Parlamento vari la conversione in legge di questo decreto-legge per il bene dei cittadini italiani, dell'economia e della società italiana.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 19,08).

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata predisposta la seguente rimodulazione dei lavori dell'Assemblea:

  Venerdì 7 febbraio (ore 9,30 e pomeridiana con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni).

  Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1920 – Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC – auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (da inviare al Senato – scadenza: 21 febbraio 2014).

  Lunedì 10 febbraio (dalle ore 10, con prosecuzione pomeridiana).

  Discussione sulle linee generali delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-00288, Busin ed altri n. 1-00329, Paglia ed altri n. 1-00330 e Zanetti ed altri n. 1-00331 concernenti iniziative per armonizzare il sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto alla luce del Libro verde sul futuro dell'IVA adottato dalla Commissione europea.

  Dalle ore 12:

  informativa urgente del Governo sugli sviluppi della vicenda relativa agli stabilimenti italiani della multinazionale Electrolux;

  discussione sulle linee generali della mozione Di Lello ed altri n. 1-00157 concernente l'indicazione dell'affiliazione dei partiti politici nazionali a quelli europei, in vista delle elezioni europee del 2014.

  Martedì 11, mercoledì 12, giovedì 13 e venerdì 14 febbraio (antimeridiana e pomeridiana con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni).

  Seguito dell'esame dei progetti di legge:
   disegno di legge n. 1920 – Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC – auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (da inviare al Senato – scadenza: 21 febbraio 2014);
   proposta di legge n. 3 e abbinate – Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
   proposta di legge n. 1253 e abbinate – Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l'integrazione al trattamento minimo INPS.

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Ruocco ed altri n. 1-00288, Busin ed altri n. 1-00329, Paglia ed altri n. 1-00330 e Zanetti ed altri n. 1-00331 concernenti iniziative per armonizzare il sistema europeo Pag. 94dell'imposta sul valore aggiunto alla luce del Libro verde sul futuro dell'IVA adottato dalla Commissione europea;
   Di Lello ed altri n. 1-00157 concernente l'indicazione dell'affiliazione dei partiti politici nazionali a quelli europei, in vista delle elezioni europee del 2014.
   Nella giornata di venerdì 7 febbraio non avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.

  L'esame della Relazione della Commissione giustizia sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 (Doc. XVI, n.1) avrà luogo martedì 18 febbraio, antimeridiana.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo e sull'ordine dei lavori (ore 19,10).

  TIZIANO ARLOTTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, ho chiesto di poter intervenire, perché, già nel maggio scorso, avevo presentato, insieme alla collega Petitti, un'interrogazione rivolta al Ministro dello sviluppo economico, con un ulteriore sollecito che ho fatto anche in luglio, ad oggi ancora senza risposta. Questo intervento era per chiedere di ripristinare al più presto la qualità del segnale del digitale terrestre su tutto il territorio della provincia di Rimini e di garantire così il servizio pubblico radiotelevisivo – sopratutto televisivo –, nonché per domandare eventuali interventi riparatori a tutela degli utenti.
  Non si sono avuti, nel frattempo, sviluppi positivi per gli utenti: permane il grave disagio non solo per i residenti (comunque tenuti a pagare il canone RAI) e, in particolar modo, per la popolazione anziana, ma anche per le migliaia di turisti che trascorrono le vacanze nella nostra riviera e che non possono usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo. Dallo switch off del novembre 2010, interi quadranti della provincia di Rimini sono, dunque, privati della visione dei canali del servizio pubblico RAI, causa pessimo o del tutto assente segnale televisivo.
  Il problema è stato più volte segnalato da utenti, comitati, associazioni dei consumatori e anche dagli enti locali, ricevendo dalla RAI rassicurazioni su interventi di miglioramento della ricezione che, almeno per ora, non hanno prodotto risultati.
  Mi trovo, pertanto, costretto a rinnovare al Governo la mia richiesta di assumere tutte le iniziative al fine di assicurare il più rapido ripristino delle opportune condizioni qualitative del segnale televisivo in tecnica digitale su tutto il territorio.
  Colgo anche l'occasione, Presidente, per dire che sono purtroppo troppe le interrogazioni che sono state fatte e che, addirittura, non hanno avuto risposta; parlo di interrogazioni che sono state depositate da marzo in poi.

  MARCO CARRA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO CARRA. Signor Presidente, molto rapidamente le chiedo di farsi interprete nei confronti del Governo di un'esigenza molto diffusa e molto sentita nel mio territorio, il basso mantovano, territorio che, come lei sa, nel maggio 2012 è stato duramente colpito dal terremoto.
  Ebbene, per la ricostruzione di strutture ed infrastrutture pubbliche sono stati destinati importanti fondi, importanti risorse e, per quanto riguarda il territorio mantovano, per il 2013, sulla base degli accordi che i tre presidenti di regione hanno assunto, sono stati destinati 37 milioni di euro. Si tratta, appunto, di fondi utili per la ricostruzione di scuole, municipi, chiese, fondi che evidentemente i comuni, le comunità, le parrocchie stanno attendendo, mi viene da dire da troppo tempo, e che sarebbero già dovuti arrivare.
   Allora, a fronte degli impegni che il Governo si è assunto, a partire dal Presidente Pag. 95del Consiglio dei ministri, circa l'erogazione tempestiva di questi fondi, sono a chiederle di adoperarsi, appunto, nei confronti del Governo perché venga sollecitata l'erogazione di questi fondi. Ho già presentato un atto di sindacato ispettivo e tuttavia continuo ad auspicare che, per erogare fondi per la ricostruzione, non sia necessario rispondere alle interrogazioni ma agire, agire tempestivamente.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 7 febbraio 2014, alle 9,30:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (C. 1920-A).
  — Relatori: Gutgeld (per la VI Commissione) e Vignali (per la X Commissione), per la maggioranza; Pesco (per la VI Commissione), Crippa e Allasia (per la X Commissione), di minoranza.

  La seduta termina alle 19,15.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MAURIZIO BERNARDO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1920-A

  MAURIZIO BERNARDO. Sin dalla sua presentazione il Decreto chiamato «destinazione Italia» è stato contestato per la sua eterogeneità. L'8 gennaio la Camera ha respinto talune pregiudiziali in questo senso.
  La diversità dei contenuti del decreto è stata imputata ad una intrinseca debolezza del Governo Letta, ai veti incrociati al suo interno, all'incapacità di disturbare questa o quella lobby.
  In realtà proprio il decreto in esame presenta un assieme coordinato di norme che devono inquadrarsi nello sviluppo del Programma di Governo, volto a tenere sotto controllo i conti pubblici e contemporaneamente ad introdurre misure che rilanciano la competitività del Sistema Paese e la presenza dell'Italia sulla scena internazionale.
  L'attività posta in essere in questi mesi dal Governo Letta comincia a registrare i primi risultati positivi e ne voglio sottolineare tre:
   1) nel 2013 le tasse sulle famiglie son scese e la tendenza continuerà anche nel 2014. Le dichiarazioni di fine anno del Presidente Letta riprendono uno studio della CGIA di Mestre secondo il quale nel 2013 è diminuito il peso delle tasse sulle famiglie italiane, soprattutto grazie alle norme sul cuneo fiscale, contenute nella Legge di stabilità. Gli importi, seppur abbastanza modesti, invertono una tendenza che negli ultimi anni aveva assunto una dimensione molto preoccupante. I benefici fiscali 2013-2014 ammortizzeranno, per i lavoratori dipendenti, l'aumento dovuto all'introduzione della TASI, all'aggravio dell'Iva e al ritocco all'insù delle addizionali e del carburanti.
  E questa riduzione è rivolta alle famiglie con le fasce di reddito più basse: secondo la CGIA per un giovane operaio la contrazione degli oneri fiscali rispetto al 2013 sarà di 111 euro, per la coppia con un figlio la riduzione salirà a 183 euro e i benefici fiscali 2013-2014 ammortizzeranno, per i lavoratori dipendenti, l'aumento dovuto all'introduzione della TASI, all'aggravio dell'Iva e al ritocco all'insù delle addizionali e del carburanti.
  Siamo, certo, ben lontani dai 10 miliardi che sono stati richiesti dal mondo produttivo, Confindustria in primis, ma le Pag. 96risorse destinate in questo senso sono il primo passo di un percorso che il Governo Letta, con il pieno appoggio del NCD, intende proseguire quest’ anno;
   2) la seconda osservazione riguarda il pagamento dei debiti della P.A. È vero che la UE ha avviato ieri una procedura d'infrazione, ma al momento siamo al semplice invio di una lettera nella quale non sono ancora chiare le contestazioni della Commissione. Quel che invece è certo è che nei due decreti di primavera/estate sono stati stanziati 27,2 miliardi di euro per il 2013 (e più di altri 20 per il 2014) e che 21,6 sono già stati pagati e altri 2,9 sono sul punto di essere erogati. Si tratta dell'equivalente di 1,6 punti di PIL. E gli effetti si vedono: dal terzo trimestre 2013 la caduta del PIL si è arrestata;
   3) da alcuni mesi si intravedono anche segnali di ripresa, iniziati nel novembre dell'anno scorso: la produzione industriale ha segnato un complessivo +1,4%, con incrementi record per il tessile (+6,2%), trasporti (+7,5%) e dal farmaceutico (+8,3%). Per non parlare dell'agroalimentare nazionale che ha continuato ad inanellare risultati positivi per tutto il periodo di crisi, con tassi di crescita mediamente superiori al 3%. Nel 2013 ha raggiunto quota 33 miliardi di euro, con una crescita stimata del 6% rispetto all'anno precedente.

  E qui è opportuno ringraziare la collega De Girolamo, che è stata un ottimo ministro dell'Agricoltura, come riconoscono tutte le associazioni imprenditoriali di settore e che soprattutto ha garantito a questo comparto la centralità che merita: non dimentichiamo che in questi anni di crisi il volume di affari dell'agroalimentare nazionale ha superato quello del manifatturiero.
  Ma avviciniamoci ai contenuti del decreto esaminandone alcune disposizioni.
  Per quel che riguarda l'energia, gli interventi contenuti nell'articolo 1 sono volti a ridurre le bollette elettriche di famiglie e imprese per circa 600 milioni di euro, in particolare mediante rimodulazione su più anni dell'incentivo spettante. Queste misure si assommano con quelle già introdotte dalla Legge di stabilità sul capacity payment (gli oneri necessari a mantenere stabile la rete elettrica): tali oneri, pari a circa 800 milioni, si sarebbero dovuti scaricare sulle bollette elettriche, ma grazie all'iniziativa del Nuovo Centro è stato possibile evitare che questo accadesse. Di conseguenza, quest'anno i cittadini e le imprese, in particolare le PMI, risparmieranno in bolletta 1,2 – 1,4 miliardi, cioè circa il 5-6% del totale dei costi.
  Va precisato che se avessimo voluto lasciar correre i prezzi dell'energia com'era previsto nella normativa precedente, quest'anno il complesso degli incentivi alle rinnovabili sarebbe arrivato attorno ai 14 miliardi, cioè un valore pari a quello del costo industriale del totale della generazione elettrica in Italia.
  Un elevato costo dell'energia è fattore di deindustrializzazione. Nell'avanzatissima Germania non sono poche le voci degli industriali che si levano contro l'eccessivo onere degli incentivi alle rinnovabili e spingono sul Governo perché li riduca (cosa peraltro già avvenuta in Spagna) o minacciano la delocalizzazione. Contenere i prezzi dell'energia è quindi una misura di rilancio del sistema economico e della competitività.
  Su queste misure abbiamo sentito il collega Realacci parlare di «attentato alle rinnovabili» sia sulla questione del capacity payment, sia sulla rimodulazione degli incentivi contenuta in questo decreto. Sommessamente occorre ricordare che eolico e fotovoltaico incassano circa 8 miliardi di incentivi e sovraprezzi, e la posizione di Realacci, in questo quadro, appare, quindi, difficilmente sostenibile.
  Un Governo si deve occupare del complesso delle questioni e non solo di un aspetto: di conseguenza deve tener conto non solo degli obiettivi comunitari, il 20-20-20, che peraltro abbiamo già superato con 6 anni di anticipo, ma anche dei prezzi dell'energia per le imprese.
  E non possiamo non tener conto delle preoccupazioni espresse da Confindustria sia sulla questione emissioni, sia sui nuovi obiettivi al 2030.Pag. 97
  Uno dei motivi per cui Cina e India sono competitive sta nel fatto che vanno a carbone. Noi non vogliamo andare a carbone, ma non vogliamo nemmeno «suicidarci per correttezza ambientale» e quindi e necessario tener conto dell'esistente e diversificare le fonti.
  Di conseguenza salutiamo con favore sia le norme di vantaggio in favore dell'elettricità prodotta dall'istituenda centrale a carbone del Sulcis, precisando che la centrale sarà dotata della tecnologia Ccs (Carbon capture and storage), sia le norme che prevedono un trattamento di maggior favore per le imprese a forte consumo di gas, a carico delle quali andranno minori oneri generali di sistema.
  Come pure apprezziamo le misure per la certificazione energetica degli edifici e le tecnologie ambientali, norme in grado di ridurre la «bolletta energetica» che annualmente il Paese paga.
Le misure adottate sono molto equilibrate e prevedono, diversamente da prima, che chi vuoi vendere senza Attestato di prestazione energetica, potrà farlo ma dovrà pagare una sanzione amministrativa pecuniaria: in tal modo si stimola il processo di ristrutturazione energetica degli edifici, ma non si incide su un mercato immobiliare depresso dal 2008.
  Le norme, contenute nell'articolo 5 in materia di internazionalizzazione delle imprese rientrano in un lavoro complessivo che il Governo sta portando avanti, di cui fanno parte una serie di iniziative per favorire gli investimenti esteri in Italia. Correttamente Confindustria ha osservato che mediamente ogni anno 1.400 miliardi di dollari viaggiano nel mondo alla ricerca del posto migliore e più sicuro per la loro allocazione. Di questo patrimonio il nostro Paese intercetta una quota molto bassa: 12 miliardi medi annui contro i 66 del Regno unito, i 37 di Francia e Spagna e i 25 della Germania.
  Il Governo è conscio di questa situazione ed ha avviato una serie di incontri tra i suoi esponenti e il mondo imprenditoriale delle multinazionali e dei Paesi esteri, in particolare gli emergenti.
  Il 16 dicembre Letta e Zanonato si sono riuniti con gli esponenti di numerose multinazionali per rilanciare il brand Italia nel mondo, e in tale ambito è stato illustrato il Piano Destinazione Italia, sia una ulteriore serie di iniziative del Governo.
  Lo stesso dicasi per il Ministro Bonino, che il 10 gennaio ha presieduto, per la prima volta alla Farnesina, la riunione dell’International Business Advisory Council (IBAC), composto dai vertici di circa 50 multinazionali tra le più importanti al mondo.
  In quella sede è stato osservato come la presenza dei leader del business internazionale sia un segnale di fiducia per il nostro Paese e come sin dall'atto della sua presentazione alle Camere l'attrazione di investimenti stranieri sia stata una delle priorità del Governo Letta. Si tratta di un interesse nazionale per due ragioni: perché necessitiamo di capitale finanziario, industriale e umano per prendere parte alla crescita globale e perchè c’è una stretta relazione tra attrazione dei capitali e competitività del nostro Paese.
  Rammento infine che il Piano destinazione Italia è stato presentato nei giorni scorsi a Pechino, in occasione della visita in Cina del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. Negli incontri è stato confermato il sentimento positivo di cui l'Italia gode in Cina quale paese amico e con forti legami storici e culturali, insieme all'attenzione con cui la nuova leadership intende impostare i rapporti economici con il nostro Paese.
  Ciò premesso appare chiaro che tutte quelle norme che appaiono eterogenee quali: la creazione di competenze precise o che risolvono l'incertezza del rapporto tra le imprese straniere e la PP.AA.; il tribunale delle imprese; lo sportello dedicato presso l'Agenzia delle Entrate; le misure per facilitare l'ingresso o la concessione del permesso di soggiorno di lunga durata o per lavoro al personale straniero qualificato, in realtà rientrano in un unico disegno.
  Sotto lo stesso profilo sono di grande importanza la previsione che il comparto agricolo possa partecipare ai Consorzi per Pag. 98l'internazionalizzazione, nonché l'incremento della dotazione dell'ICE per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese, con vincolo di destinazione per le PMI.
  Altre norme riguardano il rafforzamento dell'operatività degli uffici frontalieri dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e delle Camere di commercio italo-estere o estere in Italia.
  Uno dei punti centrali del decreto Destinazione Italia è il credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo, la cui copertura è individuata, individuata sui Fondi strutturali europeo 2014-2020 e, in particolare, sul programma operativo nazionale (PON) gestito dal ministero dello Sviluppo economico. La copertura individuata è di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016 e la misura prevede un credito d'imposta pari al 50% delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50.000 euro in ricerca e sviluppo. Se un appunto si può fare, riguarda il fatto che queste norme non sono a regime, ma solo per 3 anni e che la misura riguardi le spese incrementali e non quelle a regime. Ma occorre tener conto della scarsità di risorse e della necessità di «rodare» la misura.
  Il Governo si è reso conto che è necessario colmare un importante divario con le altre nazioni: in Francia ad esempio è concesso un 30% di sconto sui primi 100 milioni, più un ulteriore 5 per cento oltre i 100 milioni. E la misura è in vigore dal 1983.
  Le modifiche in Commissione hanno previsto che le risorse per il credito d'imposta possano derivare anche pianificazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) o del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (Fondo IGRUE). Inoltre sono state incluse tra le spese ammissibili anche quelle sostenute presso università o organismi di ricerca.
  Conclusivamente osservo che il decreto in esame muove nella giusta direzione ed ha un complessivo carattere di coerenza. Evidentemente esso costituisce solo una parte del percorso di rilancio dell'economia contenuto nel programma di Governo, ma il proficuo lavoro svolto in Commissione, che è andato avanti rapidamente nonostante le giornate convulse che stiamo vivendo e durante il quale sono stati accolti senza preclusioni politiche emendamenti di tutte le parti politiche, dimostra la bontà del testo.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 3)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1921-A/R - voto finale 481 479 2 240 296 183 49 Appr.
2 Nom. Ddl 2012 - quest. preg. 1,2,3,4 440 440 221 162 278 49 Resp.
3 Nom. Ddl 2027 - quest. preg. 1,2,3 398 398 200 166 232 49 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.