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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 151 di martedì 14 gennaio 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 10.

  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Baretta, Bindi, Bonafede, Luigi Di Maio, Gregorio Fontana, Galan, Galati, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Mogherini, Pes, Ravetto e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di una interpellanza e di una interrogazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di una interrogazione.

(Iniziative per garantire parità di trattamento al personale militare esposto all'amianto o affetto da patologie asbesto-correlate in relazione alla disciplina generale prevista per i lavoratori in analoghe condizioni – n. 2-00363)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Migliore n. 2-00363, concernente iniziative per garantire parità di trattamento al personale militare esposto all'amianto o affetto da patologie asbesto-correlate in relazione alla disciplina generale prevista per i lavoratori in analoghe condizioni (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazione).
  L'onorevole Piras ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, sarebbe stata opportuna io credo la presenza del Ministro, ma non per questo io non la ringrazio per la sua presenza. Come lei sa e credo ormai tutti in questo Paese sanno, ogni anno l'amianto produce migliaia di vittime. È un male silenzioso e subdolo che poco compare nelle cronache, ma che merita di essere ascritto al registro delle stragi di questo Paese. Prima che fosse accertato ciò che oggi ben conosciamo, prima che fosse chiara la correlazione fra l'esposizione all'amianto ed alcune forme tumorali, in Italia c’è chi ha tratto enormi profitti e chi sulla fiducia mal riposta e sulla carenza di informazioni ha acquistato prodotti per l'edilizia, e non solo, saturi di questo veleno. Tracce di un passato del quale fatichiamo a liberarci, sia perché ne sono ancora piene le nostre Pag. 2città, sia perché è stato talmente diffuso il suo utilizzo che ancora appare difficile una bonifica completa del nostro Paese.
  Conosciamo anche un altro fatto e, cioè, che gli effetti della contaminazione da amianto non sono immediati e che possono passare alcuni decenni prima che una persona che per motivi professionali o abitativi sia venuta a contatto con l'amianto possa realmente ritenersi un sopravvissuto. Fra le persone, fra i lavoratori che più di altri hanno vissuto a contatto con l'amianto una lunga parte delle loro esistenze lavorative, vi sono i dipendenti civili e militari della difesa, quindi i dipendenti dello Stato. Le cifre messe a disposizione dalle associazioni delle vittime, per quante incomplete, sono impressionanti. Una percentuale elevatissima di forme tumorali asbesto-correlate sono riconducibili a persone che hanno prestato servizio per la difesa. E una percentuale elevatissima di queste ha sviluppato forme tumorali asbesto-correlate – cosa che non necessariamente è lo stesso di ciò che ho detto prima – a testimonianza di quanto fosse diffuso l'utilizzo di questi materiali, ad esempio a bordo dei mezzi della Marina militare o dell'Aeronautica militare e quanto quelle condizioni lavorative abbiano inciso sulla salute dei dipendenti.
  Fin qui tutto tragicamente normale e conosciuto, tanto che già da tempo il nostro Paese si è dotato di norme di carattere risarcitorio e di un sistema di indennizzi dedicato alle vittime dell'amianto. Ciò che non torna, o più semplicemente che risulta intollerabile, è il trattamento riservato ai militari, di fatto esclusi dai benefici della legge n. 257 del 1992. Ciò sebbene le norme fin qui in vigore e i conseguenti atti posti in essere riconoscano formalmente che il personale militare che ha ottenuto il rilascio del curriculum da parte del Ministero sia stato esposto ad amianto ben oltre le soglie minime consentite dalla legge.
  Perciò le chiediamo, con questa interpellanza, se sia intendimento del Governo superare l'inaccettabile somma di discriminazioni subite dal personale militare esposto all'amianto o affetto da patologie asbesto-correlate, adottando apposito atto di indirizzo che riconosca i previsti benefici al personale militare delle Forze armate e delle forze di polizia, compresa l'Arma dei carabinieri, senza distinzione di mansioni e categorie, in possesso del curriculum lavorativo rilasciato dal Ministero della difesa attestante l'essere stati adibiti, in modo diretto ed abituale, ad attività lavorative comportanti l'esposizione all'amianto o al medesimo personale affetto da malattie o patologie asbesto-correlate, accertate da parte del competente dipartimento militare di medicina legale.
  Chiediamo se il Governo condivida l'interpretazione della norma data dall'INAIL con la quale esso nega di emettere la certificazione al personale militare affetto da patologie asbesto-correlate, seppure in possesso del curriculum lavorativo attestante l'esposizione all'amianto, precludendo, di fatto, ai lavoratori militari l'applicazione del comma 7, dell'articolo 13, della legge n. 257 del 1992, il quale riconosce a tutti i lavoratori esposti alle fibre di amianto, che hanno contratto una malattia professionale, il diritto alla contribuzione aggiuntiva dell'intero periodo lavorativo di esposizione moltiplicato ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5 indipendentemente dagli anni e dalla quantità di esposizione all'amianto.
  Chiediamo se corrisponda al vero la notizia diffusa nei giorni scorsi dalla AFeVA Sardegna ONLUS secondo la quale i dipendenti dello Stato vittime dell'amianto, in cui la patologia si sia manifestata dopo l'entrata in vigore del cosiddetto decreto-legge «salva-Italia» sono esclusi dalle provvidenze previste per le vittime del dovere, in quanto, da quella data, sarebbe stato abolito l'istituto dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio per talune categorie di lavoratori e, nel caso affermativo, le chiediamo se sia intendimento del Ministro della difesa e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione assumere iniziative per far salvo l'istituto dell'accertamento della dipendenza Pag. 3delle infermità da causa di servizio nei procedimenti per il riconoscimento dello status di vittima del dovere, per il rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria nei confronti di quanti, a causa della mancanza di protezione e di informazioni, sono morti o si sono ammalati per aver inalato o ingerito amianto e altri cancerogeni.
  Le chiediamo se sia intendimento del Ministro rendere pubblici i risultati delle indagini ambientali, epidemiologiche, statistiche e diagnostiche eseguite a cavallo degli anni Sessanta-Settanta dalla clinica di medicina del lavoro di Bari presso l'arsenale della Marina militare di Taranto e dalla clinica del lavoro di Milano, con la collaborazione dell'istituto di medicina del lavoro di Genova presso l'arsenale della marina militare di La Spezia e i risultati di tutte le altre indagini esterne eventualmente autorizzate in seguito.
  Le chiediamo se sia intendimento del Governo rendere pubblici il numero dei casi dei tumori e delle patologie asbesto-correlate che hanno colpito il personale militare e civile della Difesa a causa dell'esposizione all'amianto presente nel naviglio, nei mezzi e nelle installazioni dello Stato, riconosciuto dalle competenti commissioni mediche ospedaliere, dipendenti da causa di servizio o da fatti inerenti il servizio svolto a partire dal 1986.
  Le chiediamo, infine, se sia intendimento del Governo rendere pubblico l'esito dello studio epidemiologico conoscitivo sull'incidenza delle patologie asbesto-correlate nell'ambito delle categorie lavorative per il personale civile e militare delle Forze armate, avviato nel 2011 dalla direzione generale della sanità militare in collaborazione con l'università La Sapienza di Roma.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, non è la prima volta che veniamo interrogati su questioni che riguardano l'uso di amianto che, dopo la norma, è stato ovviamente eliminato nell'utilizzo. Però questo lo dico perché noi continuiamo a portare avanti il monitoraggio e, quindi, ringraziamo tutti quelli che sollecitano questa attività. Tra l'altro l'interpellanza è indirizzata non solo al Ministero della difesa ma anche ad altri Ministeri e la risposta che mi accingo a leggere fa riferimento ai dati che la Difesa possiede e a tutte le attività che sono stati svolte in questi anni e che proseguono ancora adesso.
  Per quanto riguarda gli aspetti che più ci interessano e relativamente alla possibilità di applicare al personale militare la disposizione di cui all'articolo 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992 – che riconosce a tutti i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto, che vengono documentate dall'INAIL, il diritto alla contribuzione aggiuntiva per l'intero periodo lavorativo di esposizione moltiplicato per il coefficiente previsto, ossia 1,5, indipendentemente dagli anni e dalla quantità di esposizione all'amianto – si condivide pienamente, quindi viene condivisa, l'esigenza di provvedere, in ragione della peculiarità e specificità dell'impiego, alla estensione di tale norma anche al personale militare che ha contratto una malattia professionale e all'aumento da 1,25 a 1,5 del coefficiente di maggiorazione del periodo di servizio, questo per tutto il personale esposto all'amianto.
  Ciò, fermo restando che la maggiorazione dell'1,5 sarebbe, comunque, valida ai soli fini della misura del trattamento pensionistico e non cumulabile con le supervalutazioni legate ai periodi di impiego operativo.
  Ove, invece, diversamente ragionando, si ritenesse percorribile l'ipotesi di un cumulo delle supervalutazioni, si dovrà prevedere con un'apposita iniziativa legislativa, riguardante l'intero comparto sicurezza-difesa, unitamente alla preventiva definizione dell'impatto economico del provvedimento in questione. Poiché facciamo riferimento a iniziativa legislativa, è Pag. 4ovvio che il Governo sta valutando con le disponibilità economiche e finanziare come è possibile poter estendere all'intero comparto tale questione.
  Preme, tuttavia, far rilevare che l'estensione al personale militare che ha contratto malattie professionali, non comporterebbe benefici previdenziali significativi, stante il vigente istituto della pensione privilegiata conseguente alle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, nonché la specifica tutela apprestata dall'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005 per gli equiparati alle vittime del dovere che prevede per il personale, nonché per i superstiti in caso di decesso, la corresponsione di una serie di benefici, che adesso vi leggo: speciale elargizione di euro 2.000 per punto percentuale dell'invalidità soggetta a rivalutazione, in favore degli ammalati; speciale elargizione di euro 200.000, soggetta a rivalutazione automatica, per i superstiti aventi diritto; assegno vitalizio di euro 258,23 mensili, soggetto a perequazione automatica, agli ammalati con invalidità permanente non inferiore al 25 per cento della capacità lavorativa nonché, in caso di decesso, a tutti i superstiti, in questo caso anche compresi i figli maggiorenni; speciale assegno vitalizio, non reversibile, di euro 1.033 mensili, soggetto a perequazione automatica agli ammalati, con invalidità permanente non inferiore al 25 per cento della capacità lavorativa nonché in caso di decesso, a tutti i superstiti, anche in questo caso compresi i figli maggiorenni; in caso di decesso, due annualità di pensione, comprensive di tredicesima mensilità, a favore dei familiari superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità; esenzione dal pagamento del ticket per ogni prestazione sanitaria; diritto al collocamento obbligatorio a favore degli infortunati, nonché del coniuge e dei figli superstiti ovvero dei fratelli conviventi a carico qualora siano gli unici superstiti dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi (questa è un'estensione introdotta per andare incontro al nucleo familiare). Spetta anche a tale personale, qualora venga presentata apposita istanza, l'equo indennizzo e la pensione privilegiata.
  Quanto, invece, alla notizia secondo cui i dipendenti dello Stato vittime dell'amianto, la cui patologia si sia manifestata dopo l'entrata in vigore dell'articolo 6 del decreto legge n. 201 del 2011, sono esclusi dai benefici previsti per le vittime del dovere, in quanto tale norma ha disposto l'abolizione dell'istituto dell'accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta per talune categorie di lavoratori, si precisa che la norma prevede espressamente l'esclusione dell'applicazione della stessa nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza-difesa, per il quale, dunque, è sempre previsto l'accertamento della dipendenza da causa di servizio ai fini del riconoscimento dello status di vittima del dovere, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria.
  Si aggiunge che per gli altri dipendenti dello Stato il citato articolo 6 non può far venire meno, in assenza di un espresso riferimento, la speciale tutela per le vittime del dovere e i loro equiparati.
  Per quanto attiene alle problematiche connesse all'esposizione all'amianto in ambito Marina militare, la Forza armata «ha approntato rimedi volti a risolvere il problema dell'esposizione all'amianto, conseguendo risultati significativi e apprezzabili che hanno abbattuto notevolmente il livello di rischio», come affermato anche dal sostituto procuratore della Repubblica di Torino nel corso dell'audizione che si è tenuta il 18 aprile 2012 presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato all'estero.
  In particolare, la Marina militare, già nel 1986, aveva intrapreso azioni per il contenimento dell'utilizzo del minerale in questione e, dopo l'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, non ha più impiegato materiale contenente tale minerale.
  Nei confronti delle famiglie del personale affetto da varie patologie asbesto-correlate viene attuata da parte della Marina Pag. 5militare una capillare ed attenta assistenza, in particolare per l'avvio del procedimento previsto per la verifica del diritto alla corresponsione dei benefici di cui abbiamo detto anche prima – spettante, quindi, agli aventi diritto –, applicabile ai casi in questione in base alla prassi amministrativa posta in essere dal Comitato di verifica per le cause di servizio e confermata anche dal parere del Consiglio di Stato in data 4 maggio 2010.
  Con riferimento, invece, ai risultati delle indagini ambientali epidemiologiche, statistiche e diagnostiche effettuate negli anni Sessanta e Settanta dalla clinica di Medicina del lavoro di Bari presso l'Arsenale della Marina militare di Taranto, si precisa che la circostanza segnalata dall'onorevole interpellante dovrebbe riferirsi ad una convenzione stipulata nel 1970 tra l'Arsenale della Marina di Taranto e l'università degli studi di Bari, non direttamente collegata allo studio di eventuali patologie asbesto-correlate; quindi, era una convenzione concernente tutte le malattie.
  In particolare, tale convenzione prevedeva un'analisi generale di tutte le lavorazioni nocive effettuate presso l'Arsenale, come dicevo, oltre all'individuazione di opportuni sistemi di controllo medico del personale impiegato e l'individuazione di opportuni dispositivi per prevenire queste patologie sulla base della migliore esperienza del periodo e nel rispetto della normativa vigente. I casi individuati di neoplasie polmonari non furono ricondotti ad esposizione all'amianto. C'erano dei casi, ma non ci fu la correlazione diretta.
  Si precisa, in conclusione, che il rettore dell'università degli studi di Bari non rinnovò la convenzione con la Marina militare poiché – testualmente diceva – a giudizio del docente non era rispondente ai fini scientifici e di un'effettiva realizzazione di una tutela del rischio da lavoro. Non c'era una correlazione diretta.
  Con riferimento, poi, al numero dei casi dei tumori e delle patologie asbesto-correlate che hanno colpito il personale della Difesa a causa dell'esposizione all'amianto, si fa presente che, per le patologie neoplastiche, il database dell'Osservatorio epidemiologico della Difesa fa riferimento alle segnalazioni pervenute dalle Forze armate relativamente al periodo 1991-2013. È il caso di evidenziare che tutte le notifiche in questione interessano soltanto il personale in servizio attivo, in quanto dopo congedo/quiescenza tali informazioni non afferiscono più alla sanità militare, ma percorrono i percorsi civili.
  Nello specifico, i casi di esposizione all'amianto e le patologie risultano 51 – quelli totalmente censiti –, di cui 33 deceduti, mentre, per quanto riguarda le patologie polmonari, sono stati notificati – significa che è stata fatta la comunicazione – 275 casi. Tale numero si riferisce a tutti i casi osservati nelle Forze armate nel periodo indicato, senza alcuna indicazione di nesso causale con qualsiasi tipo di eziologia.
  Per quanto concerne, invece, i tumori di laringe, faringe, stomaco e colon retto, sono stati segnalati, rispettivamente, 40, 53, 135 e 396 casi. Si evidenzia, tuttavia, che, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, per tali sedi non risulta un legame diretto con l'esposizione.
  Per quanto concerne, infine, le patologie asbesto-correlate non neoplastiche, si rappresenta che tale dato non è in possesso dell'Osservatorio, in quanto le patologie croniche del personale vengono segnalate dalle singole Forze armate solo quando determinano una prognosi superiore a 45 giorni, ma senza alcun riferimento alla causa.
  Con riferimento, in ultimo, allo studio epidemiologico avviato nel 2011 dalla sanità militare in collaborazione con l'università «La Sapienza» di Roma, si sono registrati inizialmente alcuni problemi della rete di Forza armata con il portale in cui il software è stato installato.
  Però, le difficoltà di accesso al portale non hanno consentito di raggiungere il numero di adesioni necessario alla valutazione statistica. Il comitato tecnico-scientifico del progetto, che è presieduto dal professor Tomei, ha, per ovviare, deciso di affiancare al sistema informatico che aveva dato dei problemi, una modalità Pag. 6cartacea di adesione, perché in effetti il dato per noi è fondamentale, è importante. Tale metodo ha permesso di raccogliere circa 1.300 adesioni. Nel dicembre 2013, infine, sono state definitivamente messe a punto le procedure informatiche e presumibilmente a breve il progetto di studio degli indicatori di patologie asbesto-correlate sarà avviato alla fase esecutiva, che comporta la selezione del campione di personale aderente al progetto e la successiva acquisizione dei dati con questionari informatici.

  PRESIDENTE. L'onorevole Piras ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, intanto ringrazio l'onorevole Alfano per l'evidente impegno nella risposta. Mi potrei ritenere parzialmente soddisfatto, intanto, in primo luogo, per l'impegno del Governo a superare una palese discriminazione nei confronti dei dipendenti delle Forze armate su questo tema. Debbo dire che credo che lo Stato italiano abbia un dovere nei confronti dei suoi lavoratori, che abbia un dovere anche nei confronti dei lavoratori delle Forze armate e abbia un dovere anche nei confronti dell'opinione pubblica. Ciò che qui si sostiene non è un indice puntato contro l'utilizzo che lo Stato fece – cioè, non è questo il momento di ragionamenti di questo tipo – dell'amianto. È del tutto ovvio che, in fasi della storia di questo Paese nelle quali ancora non si conosceva bene l'effetto sulla salute di quella sostanza e dell'utilizzo di quei materiali, lo Stato non poteva sapere. Ciò che va rilevato è che – questo mi corre l'obbligo di dirlo – ogni volta che in questo Paese si pone un tema di questo tipo sembra quasi che ci sia una nebulosa sui dati ufficiali, sulle indagini epidemiologiche, che non ci rende mai comprensibile fino in fondo il numero, le correlazioni e gli effetti dell'utilizzo di alcuni materiali.
  Questo avviene sull'amianto ma avviene anche in tantissimi altri casi che si potrebbero citare, dagli effetti della piombemia all'inquinamento industriale, agli effetti delle basi dei poligoni militari sulla salute delle popolazioni. C’è sempre una nebulosa che secondo me non fa bene alla democrazia, non fa bene al Paese e certamente non rende giustizia alle vittime, in questo caso dell'amianto, ma più in più generale degli inquinamenti ambientali.
  Io voglio dire in quest'Aula che confronterò questa risposta con le associazioni con cui ho collaborato in questi giorni, in questi mesi, per produrre questa interrogazione nella maniera più informata e puntuale possibile, perché penso che loro abbiano diritto a sapere, forse prima degli altri, ma anche in rappresentanza non solamente delle vittime ma di tutto il popolo italiano. E con loro io spero che il Ministero e il sottosegretario possano attivare una relazione positiva affinché nei prossimi anni si possa disvelare ciò che è successo, si possa dar vita a un equo risarcimento, a una parità di trattamento anche per le vittime dell'amianto dipendenti dello Stato e nello specifico delle Forze armate, perché questo Paese possa godere di una trasparenza maggiore rispetto a quello che è successo.

(Elementi in merito alla vicenda della mancata trasmissione sui canali RAI del film documentario «Reduci» – n. 3-00429)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Rossi n. 3-00429, concernente elementi in merito alla vicenda della mancata trasmissione sui canali RAI del film documentario Reduci (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazione).
  Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il riferimento è all'interrogazione dell'onorevole Rossi che chiede notizie in merito al documentario-film intitolato «Reduci» che narra le storie di sei soldati italiani tornati da missioni internazionali dove hanno subito incidenti.Pag. 7
  Vorrei riferire, in linea generale, che, come noto, la valutazione dei progetti relativa ai filmati avviene per opera della sottocommissione per il riconoscimento dell'interesse culturale dei progetti filmici ai sensi della cosiddetta «Legge cinema», ovvero il decreto legislativo n. 28 del 2004 e dei relativi decreti, in particolare i due decreti ministeriali cosiddetti «Composizione ed attività della Commissione per la cinematografia e valutazione dell'interesse culturale» e l'altro denominato «Modalità tecniche di sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica». Essa è formata da esperti nel settore della cinematografia – registi, autori, esperti giuridici ed economici – nominati per due terzi dal Ministro e per un terzo dalle regioni.
  La sottocommissione, la cui composizione è divulgata anche sul sito web della Direzione generale per il cinema, è presieduta di diritto dal Direttore generale ed opera presso la stessa Direzione generale per il cinema, in assoluta autonomia nella valutazione dei progetti. La legge indica i criteri di valutazione discrezionale del progetto filmico (qualità artistica intesa come valore del soggetto e della sceneggiatura, qualità tecnica, intesa come valore delle componenti tecniche e tecnologiche, coerenza delle componenti artistiche e di produzione del progetto filmico, intesa come completezza e realizzazione dello stesso progetto produttivo). Peraltro, nella prima riunione utile di ogni nuovo anno di attività la Sottocommissione adotta ed aggiorna degli indicatori utili di dettaglio per le attività di valutazione dei progetti. Ai suddetti criteri di dettaglio delle attività della Commissione è data la massima divulgazione, sia con lettera circolare inviata alle maggiori associazioni di categoria sia con pubblicazione sul sito web della Direzione generale per il cinema.
  La procedura di riconoscimento dell'interesse culturale è assimilabile ad una vera e propria procedura concorsuale che avviene in tre sessioni annuali con relativa delibera, che poi diventa la graduatoria dei progetti e quindi l'assegnazione di relative risorse ai progetti partecipanti ad una delle sessioni di delibera, perché sono tre momenti. Ogni fase della complessa procedura, oltre ad essere gestita per via telematica, è divulgata sempre sul sito web della stessa Direzione generale per il cinema.
  Sono riconosciuti di interesse culturale ed ammessi al contributo economico i progetti che oltre ad essere sufficienti – minimo 60 punti, massimo 100 – conseguono il punteggio più alto nella graduatoria di valutazione e rientrano peraltro nell'ambito delle risorse disponibili per la specifica seduta. In particolare, per il progetto del cortometraggio «Reduci», prodotto dalla società Good Day Films Srl, per la regia di Andrea Adolfo Bettinetti, è stato richiesto sia il contributo che la dichiarazione di interesse culturale all'interno della III sessione per il 2012 (che scadeva il 15 settembre dello stesso anno); in tale sessione sono stati presentati 70 progetti di cortometraggio. Con delibera del 28 dicembre 2012, il progetto ha ottenuto il punteggio di 68, posizionandosi al 19o posto per i progetti con punteggio pari o superiore a 60 che non rientrano nel limite delle risorse disponibili.
  A fronte di 400 mila euro di risorse disponibili per la seduta, sono stati valutati 76 progetti di cortometraggio (ovvero 70 progetti presentati e 6 rinviati dalla sessione precedente). I progetti ammessi al contributo sono stati 12, e 3 hanno avuto il solo riconoscimento dell'interesse culturale.
  La motivazione espressa dalla Commissione recita testualmente: «Documentario che vuole raccontare da una prospettiva italiana le difficoltà, le ansie, le paure e i sogni dei militari italiani al ritorno dalla missione in Afghanistan. Il progetto vuole seguire i protagonisti, il rapporto con i loro cari, cercando di illustrarne le angosce attraverso interventi di psicologi.
  Un progetto ben articolato dal punto di vista artistico che, a fronte di un impianto produttivo poco maturo, si colloca tra i progetti esclusi dal contributo, superato da altri ritenuti più meritevoli».
  Il progetto è stato nuovamente presentato con caratteristiche sostanzialmente invariate nella prima sessione del 2013 – Pag. 8la successiva – che aveva scadenza il 15 gennaio dello stesso anno. In tale sessione sono stati presentati 79 progetti di cortometraggio. Con delibera del 18 settembre 2013, il progetto ha ottenuto il punteggio di 77, posizionandosi alla quarta posizione tra i «progetti con punteggio sufficiente non finanziati per esaurimento risorse disponibili e punteggio sceneggiatura superiore o uguale a 40 punti», questo su 81 progetti di cortometraggio valutati. L'importo disponibile per tale seduta rispetto al 2012 è stato minore e pari a 300 mila euro.
  In riferimento alla menzionata richiesta di patrocinio si rappresenta che essa non risulta essere stata inoltrata; peraltro si osserva che di norma il patrocinio viene richiesto, ed eventualmente riconosciuto, per singoli eventi o manifestazioni di carattere culturale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Rossi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, io ringrazio innanzitutto il sottosegretario Alfano, che evidentemente si è fatto tramite del rappresentante del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. È evidente che la risposta è molto tecnica e sotto un profilo tecnico appare difficilmente attaccabile, peraltro vorrei far rilevare come a mio avviso, ferma restando evidentemente la competenza della Commissione indicata dal sottosegretario Alfano, dire che il documentario vuole raccontare le difficoltà, le ansie, le paure e i sogni dei militari italiani al ritorno dalla missione in Afghanistan, mi sembra onestamente riduttivo circa lo spirito del documentario «Reduci», che io ho avuto il piacere di vedere.
  Questo film-documentario non vuole raccontare questo, l'obiettivo principale è quello di individuare e indicare all'opinione pubblica un mondo in cui spirito di servizio, spirito di sacrificio, valori morali, valori etici, senso dell'interesse comune, senso della patria è «proprio». Allora è evidente che se non si è colto il messaggio che andava oltre le angosce, le paure e il coraggio dei sei militari intervistati – ricordo anche che comunque si citano anche i morti nel documentario, tanto per dire – allora è evidente che il giudizio della Commissione non può che essere diverso da quello che era lo spirito del film «reduci». È un film-documentario che a mio avviso lancia un messaggio a questa nazione, che io mi auguro che possa essere raccolto in altri ambiti.
  Invito pertanto il sottosegretario Alfano a farsi carico tramite presso il Ministero dei beni e delle attività culturali, per vedere se esistono possibilità, in prospettiva, affinché la RAI acquisisca questo documentario e lo possa pubblicizzare sui canali normali in maniera tale che non risulti privilegio di pochi, ma che risulti invece di visibilità per tutti i cittadini italiani nello spirito che ho detto, cioè nella volontà di testimoniare lo spirito di servizio delle Forze armate italiane.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e dell'interrogazione all'ordine del giorno. Sospendiamo adesso la seduta, che riprenderà alle ore 14 con il seguito della discussione delle mozioni sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 14,05.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balduzzi, Brambilla, Capezzone, D'Incà, Leone, Meta, Schullian e Sisto sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

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Seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00227, Gallinella ed altri n. 1-00274, Mongiello ed altri n. 1-00276, Franco Bordo ed altri n. 1-00277, Zaccagnini e Pisicchio n. 1-00278, Faenzi ed altri n. 1-00279 e Dorina Bianchi e Bosco n. 1-00280 sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00227 (Nuova formulazione), Gallinella ed altri n. 1-00274, Mongiello ed altri n. 1-00276, Franco Bordo ed altri n. 1-00277, Zaccagnini e Pisicchio n. 1-00278, Faenzi ed altri n. 1-00279 e Dorina Bianchi e Bosco n. 1-00280 sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di lunedì 9 dicembre 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
  Avverto che il nuovo schema recante la ripartizione dei tempi, predisposto a seguito della costituzione del nuovo gruppo parlamentare «Per l'Italia», è stato pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 dicembre 2013.
  Avverto altresì che è stata testé presentata la mozione Sani, Rondini, Gallinella, Mongiello, Franco Bordo, Zaccagnini, Faenzi, Bosco, Catania e Schullian n. 1-00311 (Vedi l'allegato A – Mozioni), il cui testo è in distribuzione, e contestualmente sono state ritirate le mozioni all'ordine del giorno.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla mozione Sani, Rondini, Gallinella, Mongiello, Franco Bordo, Zaccagnini, Faenzi, Bosco, Catania e Schullian n. 1-00311.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole. Ringrazio tutti i gruppi parlamentari per il lavoro che è stato portato avanti e, quindi, per la sintesi felice che è stata realizzata per un tema così importante. Ribadisco, quindi, il parere favorevole del Governo.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oreste Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, la mozione che ci accingiamo a votare pone un tema che a noi Socialisti è molto caro. Lo sviluppo di un'agricoltura ecosostenibile, il rispetto della biodiversità e la tutela dell'agroalimentare made in Italy sono, infatti, tutti temi tra loro strettamente connessi e decisivi per il futuro del nostro Paese.
  L'agricoltura intesa come produzione ecosostenibile di prodotti di qualità ha, infatti, questa duplice rilevanza: da un lato essa rappresenta una risorsa insostituibile per la competitività del nostro Paese a livello europeo e mondiale, dall'altro essa costituisce – e lo sosteniamo da tempo – un prezioso strumento di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio paesaggistico e ambientale.
  Rispetto a tale quadro molte sono le sfide da affrontare e i problemi da risolvere, dal tema dell'emissione di organismi OGM nel settore ortofrutticolo nazionale, già in parte affrontato da questa Assemblea, a quello della sicurezza alimentare, sino a quello della tutela dei beni alimentari prodotti in Italia secondo standard igienico-qualitativi al di sopra della media europea.
  Il punto politico contenuto nella presente mozione è chiaro: la circolazione di alimenti che evocano una regione e una cultura italiana che invece non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale. Pag. 10Rispetto a tali condotte fraudolente e scorrette è giunto il momento di mettere in campo un'azione decisa di contrasto.
  Le normative comunitarie e nazionali sul punto sono ancora inadeguate, perché frammentarie e confuse. Sono tutti prodotti, alcuni di essi sono adeguatamente tutelati, penso al latte e ai suoi derivati, mentre alcuni altri, per tenere testa ad una concorrenza spesso sleale, sono fortemente sottopagati, penso alle carni suine.
  C’è un forte bisogno, dunque, di un intervento decisivo, che reprima tali prassi commerciali e pubblicitarie, fortemente dannose per la nostra economia. Ciò è possibile solo attraverso una politica di generale rivalutazione e tutela di tutto l'agroalimentare, made in Italy e non solo, ed è bene dirlo nelle opportune sedi nazionali, ma anche e soprattutto in sede europea.
  La mozione presentata dalla collega Mongiello, che mi vede cofirmatario, sulla quale il gruppo Socialista esprime parere favorevole, è un primo necessario passo verso la soluzione di questi complessi problemi, le cui soluzioni non possono però non passare attraverso il riconoscimento del valore strategico per l'Italia dell'agricoltura e la piena valorizzazione di quest'ultima.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, il tema della tutela dei prodotti agroalimentari italiani è un tema centrale per la difesa dell'economia e per la difesa della nostra cultura. Non è proprio e semplicemente un tema di carattere tecnico, ma vi è un problema che, nella difesa del made in Italy, comprende gli aspetti culturali, quelli più tipici della nostra nazione. Quindi, la battaglia che si deve fare per ottenere la possibilità del riconoscimento dei nostri prodotti, che oggi riguarda i prodotti agroalimentari, è un tema di carattere più generale e più vasto.
  È quindi evidente che le mozioni che sono state presentate dai gruppi in Aula, tutte le mozioni, rispondono ad un principio al quale noi, come Fratelli d'Italia, aderiamo in modo convinto. Bisogna trovare, al di là delle mozioni presentate e del voto che la Camera, con ogni probabilità, darà in modo favorevole rispetto alle mozioni stesse, una modalità di carattere operativo. È quindi evidente che il tema, da quest'Aula, immediatamente dopo l'approvazione delle mozioni, si dovrà spostare necessariamente a livello internazionale, a livello europeo e a livello anche della WTO, a livello di quelle che sono le modalità e le istituzioni che devono garantire, non solo per la nostra economia, ma anche per i consumatori, che i nostri prodotti italiani, così come i prodotti di tutte le altre nazioni – perché il tema è di carattere culturale – possano trovare una loro difesa.
  È evidente che l'etichettatura rappresenta un primo risultato, ed è un risultato che ovviamente riguarda anche e soprattutto la difesa delle nostre imprese. I marchi italiani fortunatamente sono ancora copiati, l'idea che il made in Italy rappresenti un prodotto di qualità è ancora presente; ovviamente dobbiamo fare in modo che questo sentire in positivo verso ciò che viene prodotto in Italia venga difeso anche perché, se si dovesse appannare la nostra immagine per quello che riguarda i prodotti, è evidente che le conseguenze sarebbero molto peggiori e ci sarebbe un'ulteriore difficoltà nella difesa dei nostri interessi economici.
  Gli esempi di frodi alimentari, di contraffazione di marchi, di veri e propri imbrogli che riguardano il nostro prodotto agroalimentare è un elemento conosciuto da tutti quanti noi. A tutti noi è capitato, andando all'estero, di vedere sui banchi dei supermercati prodotti che portavano i colori della nostra bandiera, scimmiottando quelle che sono anche le etichette di maggiore pregio e di maggiore visibilità che esistono: sappiamo bene che, fino ad oggi, non si è riusciti ancora a trovare un Pag. 11meccanismo che metta nelle condizioni che, attraverso provvedimenti di legge, vi sia un reale impedimento.
  Allora, il passo successivo rispetto a quello che oggi viene fatto in quest'Aula attraverso l'approvazione delle mozioni, che puntano tutte sulla possibilità di un'etichettatura e quindi su un immediato riconoscimento del nostro prodotto in tutto il mondo, deve essere una procedura che coinvolga necessariamente gli altri organismi di carattere internazionale.
  Ebbene, io sono convinto che da parte del Governo – e mi aspetto che il Governo possa esprimersi in tale senso – vi sarà la puntata successiva rispetto a quello che oggi noi proponiamo e, cioè, quali saranno le iniziative che l'Italia, anche attraverso la possibilità che ci sarà data nel prossimo semestre, che vedrà l'Italia alla guida della Comunità europea, adotterà in modo che possano intervenire azioni a tutela dei prodotti agroalimentari italiani, per la qualità del nostro prodotto, per la difesa del consumatore ad essere certi che il prodotto che viene acquistato, immaginando che sia un nostro prodotto lo sia effettivamente, e attraverso, ovviamente, anche la difesa delle tante imprese, delle tante aziende e delle tante iniziative che propongono il prodotto agroalimentare italiano come un prodotto di qualità, che rappresenta un pezzo della nostra cultura.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccagnini. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, ci ritroviamo oggi davanti a un importante provvedimento che impone, diciamo, una via più marcata per la difesa del made in Italy, made in Italy che soffre di una competizione e di una concorrenza sleale e che soffre, in ambito europeo, di una mancanza di presenza, di presenza ai tavoli europei, nei comitati, in Commissione e nel Consiglio europeo, di una rappresentanza italiana che porti realmente avanti le istanze italiane.
  Cerchiamo di recepire l'articolo 39 del regolamento europeo, in maniera che anche noi possiamo fare delle proposte per tutelare realmente il made in Italy, al contrario di quello che sta facendo l'Inghilterra, con una proposta di etichettatura «semaforica» che mette a repentaglio la validità e la credibilità dei nostri prodotti sul mercato.
  Ma, mi soffermerò, in ultimo, su un punto veramente importante che io ho introdotto con la mia mozione e che è quello sugli organismi geneticamente modificati e sulla necessità di etichettare, in maniera trasparente e chiara, le filiere che utilizzano organismi geneticamente modificati. Questo perché ? Perché solo dando la possibilità al consumatore di scegliere, in maniera informata, consapevole e trasparente, possiamo bloccare un'invasione di prodotti e di sementi che non favoriscono la nostra agricoltura. La nostra agricoltura non ha bisogno, né economicamente né per quanto riguarda i rischi della salute e ambientali ben noti con l'utilizzo degli OGM, di questo tipo di prodotto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema dell'etichettatura dei prodotti agroalimentari riveste grande importanza nel nostro tessuto produttivo. Il settore per cui oggi stiamo discutendo ricopre circa il 17 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese, con più di 800 mila imprese impegnate.
  Secondo quanto riportato dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, l'Italia risulta essere al primo posto nel mondo in termini di sicurezza dei prodotti agroalimentari, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori dalla norma. Riscontriamo solo lo 0,3 per cento, che è un dato ben inferiore rispetto a quanto si rileva sia in Europa sia nel resto del mondo. I nostri prodotti, quindi, sono senza alcun dubbio tra i più rinomati e genuini e tale eccellenza, oltre a comportare benefici economici indiscutibili, produce, però, anche una costante crescita Pag. 12dei deprecabili e illegali fenomeni di contraffazione e pirateria commerciale.
  Questi comportamenti non provocano soltanto un danno economico per le nostre imprese agricole, ma anche notevoli problemi in ordine alla tutela della salute dei consumatori italiani e stranieri, con il conseguente pregiudizio all'immagine complessiva del made in Italy che tali pratiche fraudolente e scorrette comportano.
  In particolare, a noi del gruppo Per l'Italia preme sottolineare il ruolo che una corretta informazione al consumatore può esercitare nella promozione del prodotto italiano di qualità, anche all'estero. Infatti, come è noto, i consumatori dei prodotti italiani all'estero, siano stranieri amanti del made in Italy o nostri connazionali, sono spesso disorientati da indicazioni ingannevoli. Al fine di tutelare la nostra buona reputazione, ma soprattutto la salute delle persone, è assolutamente prioritario che il Governo elabori una strategia politica complessiva atta a garantire un'etichettatura chiara e trasparente, che esprima in maniera inequivocabile provenienza e qualità del prodotto italiano, in modo da renderlo riconoscibile ovunque. Ne va del prestigio del nostro Paese, della rispettabilità delle nostre imprese e della filiera produttiva italiana.
  In particolare, al gruppo Per l'Italia preme prendere in considerazione i settori lattiero-caseario e della carne suina, colpiti da concorrenza sleale, quando non illecita, da parte di competitori internazionali spesso privi di scrupoli.
  Il Governo ha il dovere politico e morale di adottare, anche per i settori produttivi appena citati, una normativa analoga a quella prevista per gli oli di oliva vergini, in modo da garantire maggiore accessibilità e trasparenza sulle informazioni inerenti importazioni e controlli delle carni e del latte e dei suoi derivati.
  Bisognerebbe, inoltre, dare piena attuazione all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012 nella parte relativa a pratiche commerciali sleali e all'abuso di posizioni dominanti che possono determinare distorsioni del mercato attraverso l'imposizione di prezzi palesemente più bassi della media.
  Il nostro gruppo invita inoltre il Governo ad attivarsi in sede europea affinché venga valorizzata maggiormente la provenienza geografica del prodotto agricolo italiano e dei suoi derivati. Apprendiamo con soddisfazione che l'Unione europea, nelle more della scadenza del termine del 13 dicembre 2013, ha emanato il regolamento di esecuzione della Commissione n. 1337 del 2013, che fissa le modalità di applicazione del regolamento n. 1169 del 2011, per quanto concerne l'indicazione del Paese di origine e del luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili.
  Bisogna però dare concreta attuazione ad una normativa che sarà strategica per il nostro Paese, nonché adoperarsi in ogni modo per bloccare l'usurpazione del made in Italy, un vero e proprio marchio di fabbrica che da sempre è sinonimo di eccellenza e non vuole venire infangato dalla concorrenza sleale di taluni produttori stranieri.
  Per questi motivi, il gruppo Per l'Italia darà voto favorevole alla mozione, fiducioso che il Governo possa adoperarsi a tutela di un settore così importante per il nostro sistema produttivo e la nostra reputazione internazionale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, noi riteniamo che sia un buon risultato essere arrivati ad una mozione unitaria su un tema importante come quello oggetto della presente. È una mozione che va nella direzione di accogliere anche i rilievi fatti in quella presentata dal nostro movimento, che interpretava le istanze delle associazioni di categoria dell'agroalimentare e, in particolare, le legittime preoccupazioni sortite dall'adozione nel Regno Unito di un tipo di etichettatura per alimenti da supermercato che utilizza i colori del semaforo.Pag. 13
  Il sistema adottato in Gran Bretagna ha suscitato notevoli perplessità che si fondano sul fatto che non ci sono alimenti buoni o cattivi in assoluto, perché molto dipende dalle combinazioni: è il pasto nel suo complesso che classifica una dieta come equilibrata e sana, o meno. Il sistema inglese potrebbe risultare diseducativo rispetto all'attenzione verso una dieta equilibrata, dove è buona regola fare un bilancio tra le energie assunte e quelle consumate. È importante che il consumatore sia informato del contenuto nutrizionale degli alimenti, ma lo è ancora di più conoscere l'origine dei prodotti alimentari.
  Il made in Italy agroalimentare si caratterizza per le sue eccellenze in termini di livello di sicurezza e sistema dei controlli alimentari, prodotti a denominazione e produzioni biologiche. L'agroalimentare made in Italy registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro e rappresenta oltre il 17 per certo del prodotto interno lordo. Occorre difendere il settore e contrastare con più decisione l'usurpazione del made in Italy, assicurando l'origine dei prodotti agroalimentari al fine di garantire la salute e il benessere del consumatore. È sempre opportuno tenere presente come la garanzia della provenienza dei vari prodotti tuteli la salute del consumatore, quanto, se non più, della consapevolezza della composizione degli stessi alimenti. Vale la pena, a tale proposito, ricordare quanto è emerso da una recente analisi di Coldiretti, condotta sulla base della relazione annuale della Commissione europea sulle azioni delle dogane, dalla quale emergono dati allarmanti: le dogane hanno sequestrato quasi 40 milioni di prodotti per un valore delle merci intercettate vicino al miliardo di euro; due prodotti su tre arrivano dalla Cina, e la Cina si conferma essere la capitale della contraffazione, ancora una volta; sono in crescita le contraffazioni alimentari con un aumento del 170 per cento del valore dei cibi e bevande sequestrate dai carabinieri dei NAS nei primi mesi del 2013 rispetto al 2007. Ad esserne vittima quest'anno è stato quasi un italiano su cinque, secondo l'indagine Coldiretti, complice in parte la crisi e le difficoltà economiche che hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a optare per alimenti economici con prezzi troppo bassi per essere sinceri. La contraffazione a tavola è quella più temuta dagli italiani: sei italiani su dieci, il 60 per cento, la considerano, a ragione, più grave delle frodi fiscali e degli scandali finanziari. La contraffazione alimentare in Italia vale un miliardo di euro, che sale a 60 se si considera il fenomeno dell’italian sounding nel mondo. La frode alimentare è un crimine particolarmente odioso perché si fonda soprattutto sull'inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, come dicevo prima, sono costretti a risparmiare sull'acquisto di alimenti. Ed ancora, sulla base di dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori suini, risulta che l'Italia nel 2012 ha importato solo dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e di carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate; questo nonostante da articoli apparsi sulla stampa europea sia emerso che l'efficienza dell'industria della carne suina in Germania è basata su prodotti a basso costo, operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento non sostenibili, con gravi ripercussioni sulla salute dei consumatori finali, questo per l'eccessivo impiego, nell'allevamento, di antibiotici.
  Bene dunque l'impegno che assume il Governo nella mozione unitaria a fare in modo di promuovere in sede di Unione europea il rispetto del termine del 13 dicembre 2014, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza, con riferimento al latte e ai prodotti lattiero-caseari, alle carni suine fresche, refrigerate o congelate, ed ancora ad assumere tutte le iniziative di competenza affinché la Commissione europea avvii una rapida verifica sulla compatibilità del sistema di etichettatura inglese con la normativa europea relativa alle indicazioni nutrizionali degli alimenti, nonché sul rispetto da parte del Governo britannico dell'obbligo di previa Pag. 14notifica previsto per l'introduzione di nuove regolamentazioni in materia di etichettatura.
  Ed ancora la mozione impegna il Governo a prevedere, compatibilmente con la normativa vigente europea, l'adozione anche per le carni suine e per tutte le altre produzioni importate, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione dei collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche.
  Naturalmente sono buoni gli impegni che chiediamo al Governo di assumere a seguito dell'adozione di questa mozione. Rimaniamo, però, convinti che si debba fare di più e si debba fare presto, nella speranza che non rimanga lettera morta e che magari tra un anno dovremo tornare ancora sull'argomento.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,30).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Catania. Ne ha facoltà.

  MARIO CATANIA. Signor Presidente, il tema della regolamentazione dell'etichettatura e della presentazione dei prodotti alimentari ha progressivamente assunto nel corso degli ultimi decenni un'importanza crescente, non solo sul mercato europeo, ma anche in molti altri mercati internazionali. Questo è dovuto a molteplici fattori.
  Da un lato, noi assistiamo costantemente, almeno in alcune parti del pianeta, a una crescita della consapevolezza, da parte dei consumatori, e della sensibilità che i consumatori stessi rivolgono alla tematica dei prodotti alimentari. I consumatori chiedono di conoscere sempre più e sempre meglio le caratteristiche dei prodotti, vogliono essere informati su tutta una serie di fattori che, a loro avviso, possono contribuire a dare un giudizio più meditato sulla qualità, sulla salubrità dei prodotti stessi. Dall'altro lato, il tema della etichettatura e della presentazione dei prodotti alimentari viene colto sempre di più da parte delle imprese, ma anche degli Stati, come un tema importante di politica commerciale. Una regolamentazione in materia che sia più in sintonia con le caratteristiche del sistema produttivo nazionale può aiutare il prodotto sui mercati e, viceversa, può svantaggiare produzioni di altri Paesi che presentano caratteristiche diverse.
  È un tema su cui in tutte le sedi internazionali, quindi, ci si scontra e ci si confronta incessantemente con l'obiettivo di guadagnare, nelle varie sedi, regolamentazioni sempre più consone agli interessi nazionali.
  Per un Paese come l'Italia tutto questo ha un rilievo particolare. Ha un rilievo particolare perché il nostro circuito, il nostro sistema agroalimentare, è intanto uno dei più importanti non solo d'Europa, ma del mondo: siamo un player non trascurabile nel commercio agroalimentare mondiale. Ma è importante anche per un altro motivo, perché la caratteristica intrinseca del nostro sistema agroalimentare è quella di produrre un livello qualitativo elevato, riconosciuto come tale in quasi tutti i mercati, e riconducibile a un modello di sistema alimentare, quello della dieta mediterranea, che nel corso degli ultimi decenni si è guadagnato sempre di più rinomanza in tutti i contesti.Pag. 15
  Per questo motivo, per un Paese come il nostro, per un sistema agroalimentare come il nostro, la regolamentazione in materia di etichettatura e di presentazione dei prodotti alimentari assume un ancor maggior rilievo rispetto ad altri.
  È evidente che il successo del nostro agroalimentare porta con sé anche tutto un fenomeno di imitazioni e di usurpazioni del prodotto, che avvengono in varie forme in tutto il pianeta. Ci sono fenomeni che riguardano vere e proprie falsificazioni dei prodotti italiani. In altri casi, invece, assistiamo semplicemente a fenomeni di imitazione, o in alcuni casi anche di usurpazione della notorietà del prodotto italiano.
  È tutto quello che viene comunemente riassunto con la denominazione dell’italian sounding, un fenomeno che, come è stato già ricordato in quest'Aula, costa al nostro Paese molte decine di miliardi ogni anno in termini di danno al sistema delle imprese nazionali.
  Ebbene, tutto questo ci porta ancora in modo più diretto ad un elemento che ha assunto molto rilievo nell'ambito della tematica dell'etichettatura ed è l'elemento dell'origine. L'origine dei prodotti è un fattore fondamentale nell'ambito delle informazioni che trasmettiamo al consumatore e questo fattore è quello che più è vulnerabile, come dicevo poc'anzi, nel contesto di una competizione di mercato sempre più agguerrita e spesso non corretta, di cui l'Italia molto spesso fa le spese.
  Non ci dobbiamo nascondere che il tema dell'origine è un tema che può risultare divisivo anche sul piano interno. Noi abbiamo, in realtà, una larga parte dell'industria alimentare nazionale che è un'industria di trasformazione. Molto spesso questa trasformazione ha dei processi complessi. È evidente che sta poi al legislatore cogliere, nel modo più sensibile e nel modo più equilibrato, quella che deve essere una giusta regolamentazione, che tenga conto di tutti gli interessi di filiera in modo corretto.
  Che dire a questo punto delle cose da fare ?
  Le mozioni che sono state presentate in Assemblea sono, ed erano, tutte mozioni in larga parte condivisibili, e lo è ancora di più la mozione unitaria che è stata elaborata e presentata in Aula e che viene sottoposta all'approvazione oggi.
  Noi dobbiamo partire dalla consapevolezza che questa materia è regolamentata a livello comunitario e quindi non sono possibili scorciatoie, non sono possibili iniziative unilaterali sul piano nazionale che tendano a risolvere quelli che ci appaiono come i problemi principali in materia.
  Occorre invece raddoppiare ed intensificare l'impegno a livello europeo, proprio per ottenere una regolamentazione sempre più corretta, sempre più trasparente, sempre più conforme da un lato alle aspettative dei consumatori e dall'altro anche – è doveroso dirlo – agli interessi del nostro sistema produttivo.
  Chi spesso accusa l'Europa di insensibilità, chi ricorda che l'Europa spesso in materia non ha una regolamentazione come la vorremmo, dimentica però che, rappresentando con impegno e lucidità i nostri interessi in sede comunitaria, è possibile ottenere i risultati voluti. Se ci voltiamo indietro e guardiamo indietro nel tempo, 25 anni fa noi non avevamo, a livello europeo, né una regolamentazione di protezione delle denominazioni d'origine né alcuna regolamentazione che imponesse l'origine del prodotto nella fase di commercializzazione. Abbiamo lavorato, abbiamo fatto molti risultati in questo arco temporale: oggi la regolamentazione europea è sicuramente più sensibile alle nostre aspettative di quanto non lo fosse in passato.
  Questo non vuol dire che dobbiamo fermare i nostri sforzi, anzi deve essere uno stimolo per continuare con sempre maggiore impegno, come sta facendo anche l'attuale Governo, così come i precedenti, nella direzione di una regolamentazione che tuteli sempre di più gli interessi nazionali e le aspettative dei consumatori.
  Per tutte queste ragioni Scelta Civica conferma pieno sostegno alla mozione unitaria Pag. 16che è stata presentata in Aula oggi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonino Bosco. Ne ha facoltà.

  ANTONINO BOSCO. Signor Presidente, rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, il fenomeno dell’italian sounding e della contraffazione dei prodotti alimentari made in Italy costituisce certamente un danno enorme per il nostro Paese, penalizzando in termini rilevanti le imprese e provocando la perdita di migliaia di posti di lavoro.
  È un sacrificio enorme che, in particolare in una fase di crisi economica come quella attuale, il nostro Paese non è più in grado di sopportare. Da quanto si apprende dagli organi di stampa, il fatturato del falso made in Italy, incluso quello relativo al fenomeno dell’italian sounding, ha di gran lunga superato l'ammontare di 60 miliardi di euro nel solo comparto agroalimentare. La qualità è un principio, uno standard produttivo fondamentale su cui si deve puntare con la massima determinazione. L'Unione europea, nel suo complesso, ha il dovere di farlo perché proprio la qualità, nelle varie produzioni, rappresenta un elemento distintivo, un enorme valore aggiunto che può fare la differenza sui mercati di tutto il mondo.
  Si tenga presente che questo elemento, la qualità, è ancora più rilevante proprio nel settore agroalimentare, rispetto al quale il nostro Paese vanta un indiscutibile ruolo di primissimo piano. Il nostro Governo, dunque, ha il dovere di intervenire nelle sedi comunitarie per fare della qualità e della sua difesa un principio fondante del sistema produttivo europeo. Da tenere ben presente che in questo quadro si aggiunge, aggravandolo, un elemento particolarmente preoccupante e, cioè, il sempre più crescente interesse della criminalità organizzata, signor Presidente, il cui giro d'affari, riferito al settore delle frodi e della contraffazione, continua ad aumentare arrivando, a quanto si apprende, a circa 14 miliardi di euro nel solo 2013. Questa è una ragione in più per pretendere il giusto rigore a difesa della qualità della produzione italiana.
  L'Europa, come sappiamo bene, signor Presidente, è sempre più solerte nel chiedere il rigore, nel chiedere austerità quando si tratta di politiche di bilancio e di politiche economiche. Ebbene, il nostro Governo ha, però, l'obbligo di pretendere dall'Unione Europea lo stesso livello di attenzione e di rigore nei casi in cui ad essere in pericolo è la tutela della qualità e dell'origine dei nostri prodotti. Stiamo parlando di un patrimonio inestimabile per molti Paesi europei e in particolare per l'Italia. Ma se l'Europa continua a mostrarsi incerta e in alcuni casi contraddittoria in questa direzione, non può certamente esserlo l'Italia. Non dobbiamo in alcun modo consentire la dispersione di questa enorme fonte di ricchezza e di benessere. Dobbiamo, invece, signor Presidente, adoperarci affinché la genuinità dei prodotti italiani sia assolutamente protetta e garantita.
  In questo quadro non possiamo che valutare positivamente l'impegno dimostrato in più occasioni dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, che in questi mesi ha fatto della difesa e della promozione del made in Italy e della qualità che questo rappresenta, un tratto caratterizzante della sua azione di governo. Non dobbiamo dimenticare che, nonostante le contraffazioni e a dimostrazione della forza del settore agroalimentare del nostro Paese, nel 2013 il nostro export nel settore agroalimentare beneficerà di un incremento dell'8 per cento, raggiungendo la quota record di 34 miliardi di euro. Una tale forza economica non può e non deve mancare di essere tutelata da politiche commerciali ingannevoli o comunque scorrette, finalizzate ad usare in maniera impropria il marchio del made in Italy, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
  È per questi motivi che il Nuovo Centrodestra ritiene sia opportuno chiedere al Governo di continuare ad impegnarsi perché solleciti la Commissione europea affinché, Pag. 17nel quadro di quanto stabilito nel regolamento, l'Unione europea si doti di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti. È, dunque, necessario che a tutti i livelli, quello nazionale, quello comunitario e quello internazionale, si affermi una chiara e rigorosa politica di difesa della produzione italiana, anche al fine di contrastare con maggiore determinazione ed efficacia il fenomeno dell’italian sounding che negli ultimi anni è apparso con sempre maggiore frequenza sui mercati globali. È un fenomeno questo particolarmente grave per il nostro sistema produttivo, specie nei mercati emergenti, dove appare particolarmente diffuso. Un fenomeno che contrasta direttamente con il nostro interesse nazionale e che, dunque, dobbiamo contrastare con la massima determinazione.
  In ultimo, ma non certamente per ordine di importanza, appare urgente adottare le opportune iniziative finalizzate ad una più intensa ed efficace politica della promozione e diffusione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani, la cui diffusione deve essere sostenuta con politiche mirate, in particolare favorendo la semplificazione degli oneri burocratici per le nostre imprese. In gioco vi sono la ricchezza, il benessere dei tanti lavoratori e delle tante lavoratrici del comparto agroalimentare, ovvero di uno dei settori del tessuto economico-finanziario più importanti e capaci di creare posti di lavoro. E tutti quanti sappiamo quanto ve ne sia bisogno in tempi come quelli che stiamo vivendo. Non sprechiamo questa nostra enorme risorsa, ma tuteliamola, garantiamola dagli attacchi ingannevoli di quanti hanno l'interesse a penalizzare il made in Italy, un fiore all'occhiello di cui dobbiamo andare tutti fieri.
  Per tutti questi motivi il Nuovo Centrodestra ritiene particolarmente significativa e importante l'approvazione di una mozione unitaria su problematiche così delicate e vogliamo sottolineare come, ancora una volta e questo è un altro dato assolutamente rilevante, sul tema dell'agricoltura, il Parlamento ed il Governo si ritrovano a lavorare nella stessa direzione. Tutto ciò è una dimostrazione di attenzione che ha avuto una recente ed importante conferma anche nell'ultima legge di stabilità nella quale il comparto agricolo ha registrato una serie numerosa di interventi positivi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema sicurezza alimentare è considerato come un tema di primaria importanza in materia di diritto dei consumatori. Se è vero che siamo ciò che mangiamo, verrebbe da chiedersi che razza di mostri siano diventati vista la diffusione di prodotti geneticamente modificati, di carni imbottite di antibiotici, storie di mozzarelle blu e di cetrioli killer. Sembra che sia diventato sempre più difficile scegliere cosa essere dal momento che pare difficile essere sicuri di ciò che arriva sulle nostre tavole.
  Ma tutto questo pare non interessare al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali che, anche questa volta, è assente al dibattito in Parlamento. Io ricordo che, in materia di argomenti agroalimentari, il Ministro è stato presente soltanto una volta alla Camera dei deputati da quando è diventata Ministro. Evidentemente è troppo impegnata nel Sannio a comandare o a raccomandare. Ma tant’è abbiamo il sottosegretario, di cui abbiamo molta stima, che evidentemente rappresenta lo stesso dignitosamente il Governo.
  Due sono le questioni importanti riguardo a questo argomento e riguardo a questa tematica dell'etichettatura agroalimentare contenuta nelle mozioni e alla fine nella mozione unitaria. La questione della etichettatura cosiddetta semaforica britannica e i decreti attuativi previsti dalla legge 3 febbraio 2011, n. 4: sostanzialmente i due argomenti che il 5 dicembre la Coldiretti qua, in Piazza Montecitorio, è venuta a porre all'attenzione del Parlamento e del Governo. E oggi appunto Pag. 18insisto sul fatto che il Ministro è assente e ha trovato il tempo per andare a farsi fotografare al Brennero per quanto riguarda la manifestazione della Coldiretti ma ovviamente non viene a discutere in Parlamento su come intende e quando intende dare atto ai decreti attuativi su cui è stata richiamata dalla stessa Coldiretti. Infatti questo è l'argomento prioritario. Abbiamo bisogno che sia attuata la legge approvata nel 2011, centrata sull'esigenza di promuovere il sistema produttivo nazionale nel quale la qualità dei prodotti è frutto dei legami con il territorio di origine e sulla pari necessità di trasmettere ai consumatori l'informazione sull'origine territoriale dei prodotti alla base delle dette qualità. Ecco queste questioni di fondo, approvate in una buona legge, non sono ancora attuate per il fatto che il Governo italiano non ha ancora applicato i decreti attuativi. E questo è il punto di richiamo forte che facciamo nei confronti del Governo.
  L'altro invito che portiamo avanti nei confronti del Governo italiano è quello che vada con una voce forte e ferma in Europa a contrastare la cosiddetta colorazione semaforica rispetto all'etichettatura nutrizionale introdotta dal dipartimento di salute britannico. Praticamente cosa si vuole fare ? Lo schema inglese del semaforo si basa sulla schedatura degli alimenti: verde uguale cibo buono, rosso cibo cattivo, mettendo a rischio i prodotti di qualità e non considerando il fatto che non esistono cibi buoni o cattivi ma solo regimi alimentari corretti o scorretti. Schedare cibi e bevande in questo modo è pericoloso e fuorviante perché si offre al consumatore soltanto un'informazione parziale ed erronea che non tiene più conto della dieta complessiva e soprattutto non considera il regime alimentare nel suo insieme.
  Contro l'introduzione di questo sistema si sono espresse le maggiori sigle dei produttori alimentari italiani e anche associazioni di altri Paesi europei, in particolare, tutto il sud Europa, perché questo scenario vede penalizzati innanzitutto i prodotti alla base della dieta mediterranea. Insomma, è un vero attacco alla tradizione agroalimentare mediterranea, quella più sana e completa dell'intera Europa. Noi abbiamo lavorato per convergere su una mozione unitaria, perché speriamo che in questo modo ci sia effettivamente e si possa riscontrare l'impegno da parte del Governo ad affrontare le questioni prioritarie che ho detto.
  Ovviamente, nella mozione sono contenuti anche altri punti. In modo particolare, SEL si ritrova sul fatto che in tutte le sedi europee debbono essere avviate le trattative politico-istituzionali, al fine di vedere riconosciuta all'Italia la possibilità di utilizzare le disposizioni ulteriori, così definite, quali: la protezione della salute pubblica e dei consumatori, la prevenzione delle frodi, la repressione della concorrenza sleale, la protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, nonché la tutela delle indicazioni di provenienza e denominazione di origine controllata. Dicevo, appunto, dell'applicazione della legge n. 4 del 2011, della questione semaforica.
  In sostanza, è necessario tutelare in ogni modo l'immagine e il valore culturale ed economico – stiamo parlando del 15 per cento del PIL del nostro Paese – dell’export agroalimentare dei prodotti made in Italy, evitando che i sistemi di etichettatura volontaria vengano utilizzati a fini discriminatori e distorsivi del mercato nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari italiane: parliamo di un milione e 200 mila posti di lavoro in Italia; difendere, tutelare giuridicamente il valore disponibile e immateriale della dieta mediterranea quale patrimonio dell'umanità, così come dichiarato nel 2010 dall'UNESCO.
  C’è un altro punto che intendo sottolineare – e su questo mi avvio a concludere –, a cui SEL tiene in modo particolare. Abbiamo anche introdotto un impegno nei confronti del Governo ad assumere iniziative affinché possano essere adottate modalità di etichettatura facoltativa per gli alimenti con zero OGM, cioè per quei prodotti ove gli organismi geneticamente modificati non siano stati utilizzati in nessuna delle fasi della filiera. Io Pag. 19penso che questo sia un ulteriore elemento molto positivo che ci permette di convergere su una mozione unitaria.
  Su questo argomento mi corre l'obbligo di fare una puntualizzazione, in modo particolare, anche per uscire dall'ambiguità, nei confronti degli amici e dei compagni del Partito Democratico, perché si sta giocando una partita rischiosissima nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FRANCO BORDO. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Il Friuli ha permesso la coltivazione di prodotti geneticamente modificati, e non solo, non si è fermato lì: oggi sta regolamentando l'introduzione di questi prodotti, sta realizzando il regolamento della cosiddetta coesistenza. È una cosa che noi non possiamo tollerare, questo Parlamento non può tollerare, se vuole essere coerente con la mozione approvata nel luglio del 2013 in cui, di fatto, contrastavamo, in tutti gli effetti, l'uso dei prodotti OGM. Allora, io penso che oggi la presidente Serracchiani – presidente del Friuli-Venezia Giulia ed esponente di punta del Partito Democratico a livello nazionale – debba avere un minimo di coerenza e chiarezza con questo Parlamento e anche con il suo partito.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  FRANCO BORDO. Pertanto, io invito il PD ad essere coerente fino in fondo. Quello che è approvato a livello nazionale valga anche per il Friuli, perché gli OGM non si fermano ai confini regionali: la contaminazione biotech si estenderà a tutto il nord d'Italia e, poi, al centrosud d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Signor Presidente, devo dire che la condivisione di questa mozione da parte di tutte le forze politiche denota un'esigenza che è fortemente sentita: quella di rafforzare la tutela del made in Italy nei confronti dei prodotti italiani del nostro sistema agroalimentare.
  Guardate, questa è una esigenza che non sentiamo soltanto noi, forze politiche rappresentative in Parlamento, ma è sentita anche dalle associazioni di categoria che quotidianamente combattono per il riconoscimento dell'autenticità dei nostri prodotti italiani – voglio ricordare la manifestazione della Coldiretti proprio per quanto riguarda il settore suinicolo – ed è sentita anche dalla società in senso ampio, perché attraverso l'etichettatura del prodotto, attraverso un'etichetta chiara e trasparente, in cui siano indicati con chiarezza le materie prime di provenienza, i luoghi di produzione e di origine, si può effettuare, veramente, quella che è la più efficace tutela della salute del consumatore e si può creare anche quel rapporto di fiducia che, ahimè, i fatti a cui abbiamo assistito anche in passato, di contraffazione ai danni proprio del consumatore, hanno in qualche modo interrotto. Per far questo occorre che vi sia una legislazione, una normativa sull'etichettatura anche in Europa, assolutamente in linea con le esigenze della filiera agroalimentare italiana. Voi sapete che questo, purtroppo, non accade e, guardate, la mancanza di un'etichettatura in qualche modo inequivocabile fa sì e da vita anche ad un fenomeno che colpisce gravemente il settore agroalimentare italiano ovvero quello della contraffazione.
  Purtroppo, questo in qualche modo indebolisce il settore forte della nostra economia, perché bisogna dirlo: il settore agroalimentare rappresenta il 17 per cento del PIL italiano; se vogliamo che questo settore sia anche un motivo di sviluppo e di impulso per l'economia italiana dobbiamo proteggerlo. Tra l'altro, il fenomeno dell’italian sounding – che come sapete, purtroppo, è la contraffazione proprio del prodotto, l'utilizzo del brand, del marchio, che poi in realtà non rappresenta il prodotto autentico italiano, perché, magari, è prodotto altrove o con materie prime reperite altrove – determina un valore Pag. 20economico di 60 miliardi di euro che vanno a depauperare il sistema agroalimentare del nostro Paese.
  Accanto a questo, lo voglio ricordare, perché ci giunge comunicazione proprio dal Secondo Rapporto dell'Eurispes, esiste anche il cosiddetto italian souding legale che è un fenomeno legale, ma altrettanto subdolo e ingannevole per il consumatore e che, purtroppo, non solo si sta espandendo, ma negli ultimi tre anni si è fortemente rafforzato. Questo consiste nella pratica delle multinazionali che acquistano le nostre aziende storiche italiane, ne utilizzano in qualche modo l'onorabilità che loro si sono fatte nel mondo, ne utilizzano poi il brand, ma di fatto utilizzano prodotti, materie prime che non sono italiani e che fanno provenire magari dall'estero perché hanno costi inferiori. Insieme a questo si verifica un ulteriore grave problema: si assiste alla delocalizzazione dei centri di produzione con la conseguenza che si hanno perdita di posti di lavoro, ma soprattutto si mettono in circolazione e in commercio prodotti che non hanno il gusto, il pregio, la qualità del prodotto italiano, sferzando nei confronti delle aziende dell'agroalimentare italiano e dell'intera filiera una concorrenza così irresistibile da alimentare a sua volta questo processo che, di fatto, consiste nell'acquistare e nel rilevare le aziende italiane che, in ragione anche di questo fattore negativo, vanno naturalmente in crisi. Questo avviene in tutti i settori dell'agroalimentare. Voglio ricordare che la Francia, ad esempio, si è concentrata sul settore caseario, la Spagna sull'olio, le multinazionali svizzere ed americane, in realtà, stanno acquistando e rilevando gran parte delle aziende italiane; rispetto a questo soltanto l'introduzione di una normativa efficace e rispondente alle esigenze del made in Italy dell'agroalimentare può costituire un efficace deterrente.
  Per questo noi chiediamo al Governo – guardate, questo è un po’ il nodo della questione – che noi sappiamo si sta impegnando su questo, un rinnovato impegno perché in sede comunitaria si possano veramente rappresentare o, più che altro, si possa ottenere una legislazione che sia realmente confacente alle esigenze e che rafforzi il made in Italy del sistema agroalimentare.
  Ciò perché, altrimenti, noi faremmo diventare quello che è un settore forte, quello che è un volano di sviluppo, pericolosamente uno dei settori più deboli. Devo dire che a questo riguardo il Governo Berlusconi ha avuto piena contezza nel 2011, nella precedente legislatura, approvando una legge, che è la legge n. 4 del 2011, che è stata citata anche dei miei colleghi e che però non ha avuto attuazione. Essa prevedeva e prevede, all'articolo 4, che siano emanati dei decreti ministeriali attuativi della legge stessa, ma di fatto – e qui è il nodo del problema – siamo stati fermati dall'Europa, che ha eccepito due motivi di gravame: uno di ordine procedurale, ritenendo appunto che non vi fosse stata la preventiva comunicazione ai sensi della direttiva n. 98/34/CE, ed uno, però, anche di ordine sostanziale. Ciò perché, diciamolo, forse non vi è troppo interesse dell'Europa; forse non vi è l'interesse da parte dei Paesi del nord Europa di avere una legislazione e una normativa rigorosa e rigida per tutelare il made in Italy. Non vi è perché, come vedete, in realtà l'utilizzo del brand italiano non autentico di fatto alimenta anche un altro sistema, un altro mercato, e dà naturalmente possibilità anche agli altri Paesi di poter sfruttare la nostre qualità, creando però un danno di immagine all'Italia.
  Rispetto a questo noi chiediamo al Governo veramente un intervento forte e deciso, perché sebbene l'Europa abbia fatto progressi rispetto a questo e dagli anni Settanta stia cercando in qualche modo di normare la materia, di fatto anche il regolamento (UE) n. 1169/2011 non è rispondente a quelli che sono i bisogni e le necessità dell'Italia. Per questo, insieme ad altri provvedimenti che io voglio citare, perché ritengo siano anch'essi dei fattori determinanti per la tutela e per sconfiggere l'influenza delle agromafie all'interno della filiera agroalimentare, sarà necessario anche modificare, Pag. 21ad esempio, il codice penale creando delle fattispecie di reato che siano rispondenti appunto ai fatti illeciti di cui facemmo menzione.
  Io vorrei fare un esempio: il reato di sofisticazione, purtroppo, se non viene inserito nei reati di mafia, gode di una prescrizione così breve da essere quasi non perseguibile. Insomma, rispetto a questo una legge noi l'abbiamo già approvata in materia di d'olio d'oliva: è necessario e indispensabile che vi sia un intervento forte e deciso da parte del Governo, perché si capisca e perché si comprenda come sia importante per l'Italia difendere un settore così strategico. Noi abbiamo trattato oggi in Commissione il decreto con cui finalmente si darà attuazione a quell'indirizzo già indicato dal Governo Monti di accesso alla terra, della possibilità di dare in concessione i terreni demaniali ai giovani imprenditori, un poco per creare nuovi posti di lavoro e per evitare magari che le campagne restino prive di aziende agricole. Ma allo stesso tempo credo che se non siamo in grado di creare un sistema normativo virtuoso in grado di tutelare poi quelle produzioni, è chiaro che noi non daremo niente a questi giovani, finiremo per dare delle terre ma non daremo loro quella protezione necessaria che costituirà anche motivo di sviluppo e che naturalmente darà la possibilità loro di avere veramente un'attività economica redditizia.
  Peraltro, in questa mozione noi ci siamo espressi, naturalmente negativamente, rispetto al sistema di etichettatura del Governo britannico, che ha introdotto «l'etichettatura a semaforo». Noi l'abbiamo fatto anche con altri atti all'interno della Commissione agricoltura, però, lo voglio ribadire, questo è veramente un sistema di etichettatura ingannevole, che non informa, che non dà consapevolezza al consumatore ma semplicemente inganna e ha una funzione soltanto allarmistica.
  Sarebbe naturalmente la fine della nostra dieta mediterranea e rispetto a questo noi chiediamo anche che sia verificata una compatibilità con il regolamento comunitario n. 1169/2011.
  Concludo dicendo che Forza Italia concorda con i molti punti della mozione unitaria, e siamo soddisfatti naturalmente per il risultato raggiunto.
  Chiediamo, però, al Governo non soltanto un intervento in sede comunitaria, chiediamo al Governo anche un intervento nella sede di Ginevra nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del mercato perché la tutela del made in Italy non deve fermarsi ai confini dell'Italia o ai confini del mercato unico europeo, deve travalicare. Il nostro è un prodotto che ha qualità e qualifica l'Italia nel mondo, per cui va difeso anche in quelle sedi, anche nella sede di Ginevra.
  Mi auguro, poi, che l'Expo 2015 sia la reale occasione per creare quella moral suasion rispetto a tutti i Paesi del mondo sul nostro prodotto. Noi di Forza Italia ci abbiamo creduto nel 2011 facendo una legge sull'etichettatura e ci crediamo ancora oggi combattendo a fianco di tutta la filiera agroalimentare e ritenendo che questo è un settore che deve essere difeso. Forse, se nella legge di stabilità del 2015 avessimo previsto un sostegno anche a queste aziende che vivono e combattono tutti i giorni contro aziende che fanno loro concorrenza sleale, oggi forse avremmo un settore più forte.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà. Chiedo ai colleghi vicini all'onorevole Gallinella se possono stare in silenzio, grazie.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, colleghi, è sicuramente ridondante ribadire che la trasparenza e la correttezza delle informazioni legate alla diffusione dei prodotti alimentari è cosa fondamentale.
  Oggi andremo a votare con soddisfazione una mozione congiunta con tema l'etichettatura; tema, sempre attuale e, a tal proposito, vorrei ricordare che, a dicembre, abbiamo avuto ampie manifestazioni Pag. 22da parte dei produttori italiani, in merito alla tutela del «fatto in Italia», senza dimenticare che noi, come Paese, oltre ad essere grandi produttori, siamo anche grandi trasformatori.
  È chiaro che la bontà dei prodotti agroalimentari è di notevole importanza per il cittadino consumatore ritenendo, giustamente, che la qualità della materia prima, l'indicazione della provenienza di un alimento e le sue modalità di trasformazione e commercializzazione debbano essere elementi imprescindibili da riportare in etichetta, come anche la presenza degli OGM nel prodotto. Tutti aspetti che abbiamo approfondito durante la fase di discussione e, pertanto, non ci tornerò sopra.
  È chiaro che questo argomento non lo dobbiamo affrontare solo qua dentro, ma anche a livello europeo e internazionale, ed è bene ricordare che a dicembre sono state approvate a livello comunitario regole esecutive per un sistema di etichettatura obbligatorio che stabilisce un nesso tra una particolare carne, il luogo di provenienza e la sua lavorazione, incluse distinzioni opportune tra prodotti comunitari ed extra-UE. Sicuramente un provvedimento importante per l'informazione alimentare ai consumatori e, partendo da questo risultato, occorre lavorare affinché si apra la strada all'etichettatura obbligatoria anche di altri prodotti alimentari.
  Questa mozione vuole aiutare il Governo proprio a realizzare tale obiettivo.
  In primo luogo, emanando i decreti attuativi dell'articolo 4 della legge n. 4 del 2011 e tenendo conto anche dell'articolo 19 della direttiva 2000/13 che ci permette di adottare disposizioni maggiormente legate alle nostre peculiarità visto che ci copiano ovunque tramite la contraffazione e l’italian sounding.
  Inoltre, non dobbiamo distogliere lo sguardo dal commercio elettronico, tutelando soprattutto in ambito internazionale la diffusione libera dei domini Internet legati alle nostre denominazioni, ricordando che l'Italia è la prima come numero di denominazioni. E per questo con tale mozione vogliamo dare forza al Ministero in sede GAC dove si discuteranno nella prossima primavera tali regole.
  Occorre, altresì, assumere tutte le iniziative possibili affinché la normativa del «semaforo inglese» non diventi prassi, in quanto rischia di essere fuorviante e dannosa per le nostre produzioni.
  Abbiamo poi inserito l'idea, per promuovere i nostri prodotti nel mondo, anche tramite opportuni accordi, di utilizzare come «vetrine» i ristoranti italiani all'estero che ad oggi sono decine di migliaia.
  Tutto questo, inoltre, deve essere comunque associato a campagne d'informazione, sia sui prodotti che su una corretta dieta alimentare e, a tal riguardo, voglio ricordare all'Aula la volontà del Ministro Carrozza di attivare un sondaggio on-line con tema «la scuola che vorrei»; sarà mia premura segnalare, tra le altre cose, l'educazione alimentare nella scuola primaria.
  Nella mozione, inoltre, si introduce per la prima volta, la segnalazione di prodotti contenenti OGM e, a tal proposito, vorrei ricordare a quest'Aula come del resto la quasi totalità degli italiani si è espressa contro tali, chiamiamoli «elementi».
  Ci auguriamo che il Friuli (e qui mi rivolgo alla governatrice Serracchiani) non bypassi la volontà popolare, consentendo sul proprio territorio regole che permettano con troppa facilità, e noi non vorremmo assolutamente questo, una contaminazione da parte di questi organismi.
  Concludo dicendo che ovviamente il MoVimento 5 Stelle voterà a favore, perché l'obiettivo della tutela del prodotto italiano, dei produttori alimentari e di tutti i consumatori tramite una chiara e trasparente etichettatura è fondamentale; e il Governo dopo questo voto dovrà attivarsi immediatamente, altrimenti saremo qui a ricordarlo ogni giorno: operazione che noi chiamiamo «fiato sul collo» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colomba Mongiello. Ne ha facoltà.

Pag. 23

  COLOMBA MONGIELLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi deputati, sono lieta di aver portato all'attenzione, insieme a molti altri colleghi, temi come l'etichettatura, la tutela e la valorizzazione del made in Italy, la qualità dei prodotti alimentari italiani, l'innovazione tecnologica elaborata dalle università italiane e utilizzata dalle aziende italiane, la cultura, l'identità dei mille paesaggi e territori italiani. Un bene immateriale inestimabile, al pari dei capolavori artistici e letterari prodotti dal nostro genio, che il sistema commerciale ci consente però di valutare, nel caso dell'agroalimentare, in oltre 200 miliardi di euro: una filiera produttiva che nel 2013 ha garantito alla nostra bilancia commerciale circa 34 miliardi. E ancor di più ne ha generati, purtroppo, nelle casse delle aziende che ci copiano e delle organizzazioni criminali che ci truffano.
  Siete davvero certi che la mozzarella di bufala che tanto ci piace sia fatta esclusivamente con cagliata italiana ? O che la passata di pomodoro che voi utilizzate per il sugo sia frutto della trasformazione di prodotto italiano in stabilimenti italiani ? O che il prosciutto venduto come proveniente dagli allevamenti di un paesino da cartolina delle colline italiane non venga invece da altre porcilaie ? Avete mai sentito parlare di «zottarella», «parmesan», «prosiutto» ?
  Basterebbero i dati economici ed i motivati dubbi che ho appena sollevato a motivare l'immediata adozione di una legge promulgata nel 2011 e ancora in attesa dei regolamenti attuativi.
  Non sono bastate le valutazioni economiche, le pressioni politiche, le proteste dei produttori e le richieste dei consumatori: l'unico Paese al mondo a possedere un vero e proprio brand commerciale sceglie di non valorizzarlo e di non tutelarlo con l'adozione di etichette che rendano ancora più chiara e trasparente la carta di identità dei prodotti, che premino qualità, investimenti, che promuovano il consumo consapevole.
  La priorità è, quindi, avversare duramente la contraffazione, quella illegale e quella legale: perché, colleghi, l’italian sounding altro non è che una forma legale di contraffazione, di appropriazione di un marchio per truffare i consumatori che credono di mangiare italiano, e invece mangiano rumeno, statunitense, tedesco e così via.
  Poi ci sono le truffe vere e proprie: le sofisticazioni, la vendita, la somministrazione di cibo pericoloso per la salute. Nel settore dell'olio d'oliva, citato dalla collega Faenzi, siamo riusciti con la legge che immeritatamente porta il mio nome, a costruire un sistema di regole sull'etichettatura e ad introdurre sanzioni penali e finanziarie, siamo riusciti nel fine della legislatura precedente ad essere più rigorosi dell'Europa, più disciplinati dell'Europa, più accorti dell'Europa. Per una volta siamo noi, l'Italia, il modello da copiare, per una volta siamo noi, l'Italia, che indica la strada per rendere più equo, trasparente e legale un mercato in cui hanno avuto troppo peso i Paesi che il cibo non lo producono e le aziende che hanno speculato sulla debolezza degli agricoltori, l'inefficacia delle norme, l'opacità delle filiere produttive.
  Ed è volontà della Camera dei deputati proseguire su questa strada con l'istituzione della Commissione di inchiesta sulla contraffazione, che mi auguro diventi presto operativa: Commissione che può e deve diventare luogo in cui si studia approfonditamente il tema della lotta alla contraffazione, in cui si costruiscono alleanze virtuose con i produttori e i consumatori, le autorità di controllo e le forze dell'ordine, la magistratura, gli organismi scientifici in cui si analizzano flussi commerciali e gli effetti dell’italian sounding. Azioni finalizzate ad articolare norme e sanzioni adeguate, a promuovere una nuova soggettività italiana in seno all'Unione europea, ad essere presenti con la necessaria consapevolezza e forza negli organismi internazionali.
  Mentre noi proponiamo le etichette che valorizzano l'origine, altri avanzano l'etichettatura semaforica, spiegata in Aula dal collega Taricco, per continuare a regolare il traffico commerciale a proprio uso e Pag. 24consumo, arrivando a spacciare per insani alimenti che, al contrario, garantiscono salute e vita. Alimenti – mi riferisco all'olio, al parmigiano, alla pasta – che compongono la dieta mediterranea, dichiarata patrimonio dell'umanità perché sintesi di una cultura millenaria e presidio salutistico ben più importante di tanti farmaci in commercio.
  Dove, se non in Italia, si poteva organizzare l'esposizione universale dedicata all'alimentazione sana e alla nutrizione nel mondo ? Una scelta politica strategica e di grande rilievo in un mondo ancora segnato da profondissime disuguaglianze proprio nella disponibilità di cibo.
  L'Expo non deve essere la vetrina delle cucine mondiali, una sorta di fiera del buon cibo; deve essere il luogo in cui le culture si incontrano per conoscersi e rispettarsi, le imprese si incrociano per scambiare qualità, i Paesi si confrontano per stabilire regole eque.
  Tocca a noi guidare questo processo, perché abbiamo l'esperienza, la competenza, la qualità per farlo. Tocca a noi fornire schemi normativi più innovativi e adeguati a tutelare e valorizzare la tipicità dei prodotti della terra in Europa come in Africa o in Asia. Tocca a noi elaborare pratiche commerciali che sostengano gli sforzi produttivi di chi non ha la capacità o la volontà di adeguarsi alle pur legittime regole della produzione industriale o della grande distribuzione. Tocca a noi costruire presidi a tutela della salubrità e del benessere del cibo e di chi lo consuma. Tocca a noi affermare il valore della terra e degli esseri che la popolano. Affermare con chiarezza l'origine di un prodotto ed esplicitarne le proprietà, ricostruire il mosaico della filiera produttiva e chiarire le relazioni tra i sistemi produttivi di Paesi diversi è parte tanto della strategia di valorizzazione del made in Italy che della strategia di innovazione e di relazione tra noi e il cibo.
  Ancora una volta in quest'Aula ribadiamo con forza la posizione di netta contrarietà sugli OGM, lo abbiamo già fatto con la nostra mozione. Noi siamo il Paese che ha scelto la biodiversità, la tipicità, la qualità e auspichiamo che anche la regione Friuli vada nella stessa direzione. Il primo passo da compiere è, quindi, quello di convincere il legislatore europeo che la difesa della qualità non è incompatibile con le regole del mercato unico; dunque, deve essere esteso l'obbligo della individuazione e localizzazione della zona di origine del prodotto o delle parti qualificanti della filiera.
  Infatti, ad eccezione delle regole che sono state fissate per alcune denominazioni di origine, per tutti gli altri prodotti si è preferito affermare un principio di carattere differente, cioè l'indicazione è obbligatoria solo nel caso in cui la sua omissione possa indurre il consumatore in errore circa l'effettiva provenienza del prodotto alimentare.
  Il Parlamento italiano, invece, ha approvato una legge sull'etichettatura proprio con la finalità di difendere e promuovere il sistema produttivo italiano affermando l'intrinseca connessione tra origini territoriali e qualità del prodotto, dunque la necessità che questo legame indissolubile sia correttamente e chiaramente comunicato al consumatore.
  Diventa perciò fondamentale ribadire e sottolineare la necessità di predisporre un quadro di misure organico nell'ambito del quale definire una puntuale articolazione e un maggiore dettaglio del sistema di etichettatura per tutelare le denominazioni di origine controllata e le indicazioni di provenienza dei prodotti agroalimentari, come per reprimere i diffusi fenomeni di concorrenza sleale, che solo l'anno scorso sono valsi 60 miliardi di euro nella più perfetta legalità.
  Tocca quindi al Governo italiano, a maggior ragione durante il prossimo semestre di Presidenza dell'Unione europea, impegnarsi per affermare in Italia e in Europa il necessario rigore a tutela della qualità, della cultura, dell'identità del nostro Paese, perché il cibo che noi produciamo, cari colleghi, che sappiamo coltivare, che sappiamo raccogliere, è da sempre uno dei tratti maggiormente distintivi del nostro essere orgogliosamente italiani.Pag. 25
  Concludo, nel dichiarare il voto favorevole del Partito Democratico alla mozione sull'etichettatura ringrazio il sottosegretario, gli uffici e tutti i colleghi che hanno contribuito ad elaborare un testo condiviso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mongiello.
  Invito i colleghi a prendere posto.
  Ha chiesto di parlare il presidente della XIII Commissione, onorevole Sani. Ne ha facoltà.
  Invito i colleghi a prendere posto, se possibile in silenzio, e a liberare l'emiciclo.

  LUCA SANI. Signor Presidente, intervengo solo per ringraziare i gruppi ed i colleghi che hanno ritirato le loro mozioni per convergere su un testo unitario che abbiamo elaborato in Commissione agricoltura, con il contributo degli uffici della Commissione e del Ministero.
  Credo che questo risultato testimoni la consapevolezza del Parlamento rispetto alle potenzialità che rappresenta il settore agroalimentare per la crescita del Paese. Sicuramente questo voto darà maggiore autorevolezza al Governo per poter andare nelle sedi comunitarie ed internazionali a cogliere quei risultati che, non solo sull'etichettatura, ma sull'agricoltura in generale questo Paese si aspetta.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sani, Rondini, Gallinella, Mongiello, Franco Bordo, Zaccagnini, Faenzi, Bosco, Catania, Schullian n. 1-00311, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Gigli... Gandolfi, provi a votare... Aspettiamo l'onorevole Gigli e poi chiudiamo... Chiedo ai tecnici se possono assistere l'onorevole Gandolfi... è una procedura complessa... Onorevole Gandolfi, non si preoccupi, sta arrivando il tecnico... Onorevole Gigli, ci ha dato una soddisfazione... Anche l'onorevole Gandolfi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  487   
   Maggioranza  244   
    Hanno votato
 487).    

  (I deputati Amoddio, Gasbarra, Gnecchi e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Seguito della discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00196, Abrignani ed altri n. 1-00299, Allasia ed altri n. 1-00300, Fantinati ed altri n. 1-00301, Dorina Bianchi n. 1-00302 e Benamati ed altri n. 1-00308, concernenti iniziative volte alla salvaguardia dell'interesse nazionale in relazione agli assetti proprietari di aziende di rilevanza strategica per l'economia italiana (ore 15,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00196, Abrignani ed altri n. 1-00299, Allasia ed altri n. 1-00300, Fantinati ed altri n. 1-00301, Dorina Bianchi n. 1-00302 e Benamati ed altri n. 1-00308, concernenti iniziative volte alla salvaguardia dell'interesse nazionale in relazione agli assetti proprietari di aziende di rilevanza strategica per l'economia italiana (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di ieri, lunedì 13 gennaio 2014, è stata presentata la mozione Benamati ed altri n. 1-00308, che è già stata iscritta all'ordine del giorno.Pag. 26
  Avverto altresì che è stata testè presentata una nuova formulazione della mozione Benamati ed altri n. 1-00308, il cui testo è in distribuzione, che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Dorina Bianchi, Cimmino e Buttiglione, i quali, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano il secondo, terzo e quarto firmatario (Vedi l'allegato A – Mozioni). Contestualmente, la mozione Dorina Bianchi n. 1-00302 è stata ritirata dalla presentatrice.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, alcune brevi considerazioni prima di esprimere il parere.
  Innanzitutto, per quanto riguarda la richiesta che è stata fatta da più mozioni, ma in particolare dall'onorevole Airaudo, di impegnarci a porre in essere gli atti attuativi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012, faccio presente che i regolamenti relativi all'esercizio dei poteri speciali da parte dello Stato per i settori diversi dalla difesa (energia, trasporti e telecomunicazioni) sono di imminente emanazione, in quanto gli stessi sono stati inviati alle Camere per l'espressione del prescritto parere, quindi siamo in attesa della conclusione di questo iter.
  Per quanto riguarda invece la questione della Telecom, il Governo ritiene essenziale la tutela dei livelli quantitativi e qualitativi dell'occupazione e degli investimenti che devono essere incrementati e ritiene anche strategica la rete di telecomunicazioni ed in tal senso ha avviato l'iter di approvazione dei decreti sul golden power. La separazione societaria, non proprietaria, della rete resta una priorità da perseguire, preferibilmente su basi volontarie.
  Con riferimento invece alla specifica vicenda di Alitalia CAI, il Governo ha ben presente che in Italia, così come in Europa, vanno superati i fattori che hanno reso più vulnerabili anche i vettori nazionali. In tale contesto, era dunque necessario affrontare in modo tempestivo, organico e collegiale, a livello di Governo, la questione della crisi Alitalia, non per rispondere a presunte spinte protezionistiche, quanto nel presupposto della richiamata importanza strategica, che questo settore riveste per il nostro Paese.
  In coerenza con tale prospettiva e con tale spirito, è sempre stata sottolineata l'importanza del ruolo del trasporto aereo nel panorama nazionale e internazionale anche sotto i concorrenti profili aziendali e occupazionali. Il Governo quindi ha ribadito in ogni circostanza, in modo chiaro, che non era assolutamente disponibile ad un intervento pubblico che si limitasse a ripianare i debiti, ma era disponibile alla ricerca di una soluzione orientata alla continuità aziendale, il che consente la difesa dell'occupazione e la possibilità di alleanze forti in uno scenario di mercato nuovo. È quindi doverosa la centralità del ruolo del Governo in tale vicenda, come è stato ben chiarito anche dal comunicato della Presidenza del Consiglio, il 10 ottobre scorso.
  Quanto al ruolo strategico da affidare ai principali scali italiani in un settore che, più di altri, risente della spinta alla globalizzazione dei mercati, la costante opera di impulso del Governo è finalizzata a dare attuazione a contratti di programma in corso, sia per gli aeroporti di Roma e di Milano e ha consentito di attivare i necessari investimenti per l'adeguamento delle infrastrutture strategiche di questi due aeroporti.
  Ricordo anche che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha riattivato il tavolo del trasporto aereo a cui partecipano tutti gli operatori del comparto e i sindacati del settore e sono state inoltre varate una serie di norme (il decreto-legge n. 145 del 2013, articolo 13, commi 21, 22 e 23), con le quali tra l'altro si mantiene l'attuale assetto del Fondo speciale del Pag. 27trasporto aereo, prorogando l'attuale livello di finanziamento (commi 21 e 23) proprio per evitare pesanti criticità in un momento particolare di crisi di settore.
  Per quanto riguarda la salvaguardia dei livelli occupazionali, si ricorda che la società Alitalia Compagnia Aerea Italiana Spa a seguito degli accordi governativi dell'11 marzo 2011 e del 28 dicembre 2012, finalizzati all'intervento della cassa integrazione straordinaria per il periodo complessivo di 48 mesi, sottoscritti presso la Direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha presentato istanze per la concessione del trattamento di integrazione salariale sino al 13 marzo 2014. Da ultimo, con il decreto ministeriale 76751 del 6 novembre 2013 è stato autorizzato – con tale decreto – il trattamento di integrazione salariale fino al 13 marzo 2014.
  Per quanto riguarda, infine, Finmeccanica, e la cessione degli assetti civili di Finmeccanica, si rappresenta che Finmeccanica è una società quotata in borsa, il cui capitale, circa il 70 per cento, è detenuto dai privati. È comunque evidente che il Governo ha seguito e continua a seguire con estrema attenzione i dossier relativi alla cessione di asset da parte di Finmeccanica, al fine di tutelare gli interessi generali, la continuità produttiva e lo sviluppo industriale. Il processo di riorganizzazione di Finmeccanica, che ha finora interessato le aziende comprese nella subholding Selex e quelle afferibili al gruppo Alenia Aermacchi, ha positivamente coinvolto le parti interessate e ciò ha consentito di stipulare con le maggiori organizzazioni nazionali importanti accordi, che hanno consentito di escludere interventi drastici sulla occupazione, pur in un quadro di forte attenzione agli obiettivi di efficienza, produttività e competitività.
  Tuttavia, sono ancora necessarie azioni volte a recuperare efficienza e dimensione strategica anche in quei settori genericamente ma impropriamente indicati come civili – ci si riferisce, soprattutto, ad AnsaldoBreda, BredaMenarinibus, Ansaldo Energia ed Ansaldo STS –, che operano in un contesto reso particolarmente competitivo dalla presenza di importanti aziende multinazionali nei rispettivi settori (basta ricordare la Siemens, la Alstom, la General Electric e la Bombardier).
  Per queste ragioni il Governo segue con particolare attenzione i processi riorganizzativi già avviati nel caso di Ansaldo Energia, con il triplice obiettivo di: favorire l'ingresso in queste aziende di primarie imprese multinazionali che con l'apporto di capitali e tecnologia possano consentire loro di allargare la presenza nei rispettivi settori, condizione fondamentale per dare una prospettiva strategica; in secondo luogo, mantenere una significativa presenza di capitale pubblico per garantire, anche attraverso adeguate azioni di governance che dovranno interessare sia le singole aziende sia l'intero raggruppamento, la tutela del know-how e delle peculiarità nazionali; in terzo luogo, accelerare i processi di recupero di efficienza che hanno impedito da troppo tempo di disporre delle risorse necessarie per lo sviluppo.
  Con queste motivazioni, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Benamati, Dorina Bianchi, Cimmino, Buttiglione ed altri n. 1-00308 (Nuova formulazione) e parere contrario sulle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00196, Abrignani ed altri n. 1-00299, Allasia ed altri n. 1-00300 e Fantinati ed altri n. 1-00301.

  PRESIDENTE. Ricordo che sarebbe importante, al netto del fatto che ci sono anche testi di mozioni che vengono modificati, che il Governo potesse avvalersi del tempo che gli è consentito utilizzare per intervenire nella fase della replica per non rendere molto lunga la fase dei pareri.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lello Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi come componente politica Partito Socialista Pag. 28Italiano siamo particolarmente lieti di potere discutere e, quindi, esprimere anche la nostra posizione e il nostro voto per ciò che riguarda le politiche industriali di questo Paese. Io credo che dobbiamo per un attimo ricordare la storia. Questo Paese ha avuto momenti importanti di industrializzazione che vanno fino alla fine degli anni Settanta e degli anni Ottanta, con interventi importanti, e subito dopo una terza fase di ristrutturazione industriale.
  Il dato vero è che, da quel periodo in poi, non vi è stato da parte dei Governi, e in modo particolare dei Governi passati, un piano importante e forte che vedesse ripristinare e quindi ridiscutere le politiche industriali di questo Paese.
  Abbiamo perso settori strategici della nostra industria, vedi per esempio chimica, tessile e via discorrendo, e non abbiamo sostituito questi settori estremamente maturi con settori innovativi. Abbiamo, in buona sostanza, imboccato una strada che è quella appunto, come sottolinea la cosiddetta commissione della competitività, di un Paese che è destinato alla deindustrializzazione.
  Ecco perché c’è bisogno di un impegno forte, di linee chiare, indispensabili per fare in modo che questo Paese ritorni ad essere un Paese capace di poter reindividuare quei settori innovativi che vanno nella direzione di poter industrializzare il nostro Paese e, quindi, di dare possibilità di crescita e di occupazione.
  Certo, vi sono determinate necessità; vi è la necessità che si individuino interventi chiari, come possono essere quelli sulle burocrazie, le quali limitano la possibilità di certi interventi; interventi sulle infrastrutture o che vanno, per esempio, nella direzione della riduzione del costo energetico e della costruzione di un sistema nuovo che indichi le prospettive per una crescita complessiva del nostro Paese.
  Noi apprezziamo notevolmente l'impegno da parte dei parlamentari di SEL e, pur avendo il Governo espresso parere sfavorevole, noi crediamo che quella mozione debba essere presa in considerazione e per quanto ci riguarda voteremo a favore della mozione SEL.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 15,35)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Totaro. Ne ha facoltà.

  ACHILLE TOTARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le mozioni in questione hanno un vizio di origine, perché rimandano al decreto-legge n. 21 del 2012: Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. In realtà, a fronte del processo di deindustrializzazione che sta subendo l'Italia e della alienazione di marchi storici considerati asset strategici della nostra economia, sarebbe stato molto più opportuno ampliare il raggio di azione entro cui, sempre nel rispetto del diritto europeo sulla libera concorrenza, lo Stato esercita la golden rule.
  Ci troviamo infatti oggi a dover discutere mozioni che sono in qualche modo superate dagli atti prodotti dal Governo. Mi riferisco, in particolare, alla avvenuta trasmissione (atto n. 040) dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante il regolamento per l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, ancora in corso di esame presso le Commissioni trasporti di Camera e Senato – avendo chiesto una deroga al Governo, si presume che il parere sarà espresso entro il 20 gennaio – e dello schema del Presidente della Repubblica recante il regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale. Due provvedimenti che discendevano dal decreto-legge n. 21 del 2012 e che, se tempestivamente emanati, avrebbero evitato la figuraccia della vicenda Telecom Spagna.Pag. 29
  In realtà, nonostante i due atti fossero stati redatti dal Governo Monti, lo scorso Esecutivo non completò l'iter, impedendo che fosse immediatamente applicabile l'esercizio della golden share. Il provvedimento trasmesso alle Camere nell'inverno del 2013, dal Governo Letta, era lo stesso scritto dal Governo Monti. Infatti, il provvedimento entrato in Consiglio dei Ministri l'8 ottobre riportava la data del 25 marzo 2013.
  Attorno a questi due provvedimenti c’è un giallo, come riferisce l'agenzia di stampa parlamentare Public Policy. Annunciati a marzo del 2013 e attesi in Consiglio dei Ministri, in realtà rimasero per mesi nei cassetti del Ministero dello sviluppo economico, allora guidato da Corrado Passera.
  Questi ritardi di fatto impedirono l'attuazione della legge quadro, che riformava la golden share e rimandava a successivi regolamenti la salvaguardia degli interessi strategici in aziende non statali nei settori della difesa, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 15,40)

  ACHILLE TOTARO. La legge quadro di Monti del 15 marzo 2012 sulla riforma della golden share era stata approvata per superare la procedura di infrazione aperta da Bruxelles nei confronti dell'Italia riguardo al potere di veto degli Stati sull'acquisizione di quote rilevanti di società partecipate, e stabilisce che tra le reti strategiche a cui si applica il regime di golden share ci siano anche quelle di Telecom. Tra l'approvazione del decreto-legge, la scrittura dei conseguenti atti secondari e la loro trasmissione alla Camera abbiamo dunque perso oltre un anno e mezzo. Oggi ci troviamo a discutere di un tema che non può, vista la sua importanza strategica, essere esaurito nelle buone intenzioni di una mozione i cui dispositivi vengono di fatto sistematicamente disattesi. La percentuale delle mozioni realmente applicate dai Dicasteri competenti, ancorché approvate dal Governo, sono davvero minime. Il problema è capire se l'Esecutivo intenda, e come, salvaguardare i nostri settori economici che non sono soltanto nell'ambito della difesa nazionale, comunicazione, corridoi, trasporti, gasdotti, porti, ma sono il nostro principale vettore di cultura, di ricchezza e di sopravvivenza. Nell'arco di pochi anni infatti, decine e decine di marchi nostrani non solo hanno cambiato proprietà, ma anche nazionalità. Come negare che dietro a prodotti della nostra filiera agroalimentare ci sia un interesse strategico nazionale ? Ricordiamoci quello che accadde con la SME. Come negare che i prodotti del tessile, dell'ITC, settori che stanno gradualmente desertificando, non siano segmenti che necessitano di politiche economiche che impediscano l'assalto da parte di acquirenti stranieri ? Pensiamo alla Finmeccanica, sulla quale grava l'ombra di possibili vendite.
  Credo sia necessario rivedere e ampliare l'istituto della golden share, immaginando anche un nuovo provvedimento legislativo che estenda la tutela a settori come l'agroalimentare. Concordo con quanto sostenuto qualche tempo fa dal Ministro per gli affari europei Enzo Moavero, quando affermò che fosse giunto il momento di un ripensamento della disciplina a livello comunitario (29 marzo 2012, audizione presso le Commissioni finanze e bilancio della Camera sul decreto-legge che disciplina la partecipazione dello Stato alle società in alcuni settori strategici come difesa, sicurezza, energia, trasporti). Il Ministro, in quella occasione, sottolineò anche l'esistenza di due snodi delicati sulla materia, il primo riguardante la reciprocità tra Paesi dell'UE e il secondo legato alla considerazione dell'acquisto del controllo di un'impresa come esercizio di libertà di stabilimento. Il primo profilo rileva perché è difficile, soprattutto a livello comunitario, procedere senza una disciplina comune a tutti i Paesi e che non crei cioè situazioni di squilibrio. Sotto il secondo profilo, è invece evidente che il principio della libera circolazione di beni e servizi cozza con le limitazioni imposte Pag. 30dalle regole sulle partecipazioni statali blindate. Anche per questi motivi allora il Governo italiano ha posto la questione di una verifica profonda sulla legislazione dei vari Paesi europei riguardante la golden share. «Non è più tempo, su un tema così delicato, di andare avanti in ordine sparso», questo ha aggiunto Moavero, «perché pensiamo che ci sia una simmetria tra le legislazioni. Abbiamo chiesto un rapporto su questo, in modo da stimolare al meglio la Commissione nel suo ruolo di guardiano. Per questo stiamo pressando molto da vicino la Commissione su quello che viene fatto dagli altri Paesi». Questo era il Ministro Moavero in Commissione. Ecco, mi chiedo: che fine ha fatto quello studio che sicuramente poteva essere utile a un esame comparativo della golden share, sulla sua applicazione nei Paesi UE ? Un'analisi che ci avrebbe consentito forse di estendere il campo di applicazione o di immaginare un intervento legislativo più attento alla salvaguardia delle aziende italiane.
  In sostanza, quello che chiediamo è che il Governo si impegni a istituire un tavolo in seno al MISE (ce ne sono tanti e credo che non si possa sconvolgere il Ministro perché ce n’è uno in più) per fare un'anagrafica delle aziende strategiche al di fuori dei criteri stabiliti da quel decreto-legge e individuare uno strumento attraverso cui lo Stato possa esercitare la golden share, per evitare che si continui a saccheggiare la nostra economia e il patrimonio umano di chi lavora e di chi produce.
  Insomma, chiediamo una politica economica capace di difendere l'italianità dei nostri marchi, primi fra tutti Finmeccanica, ENI ed ENEL, aziende strategiche che sarebbe un atto masochistico, suicida, vendere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, queste mozioni ci offrono una buona occasione per cominciare a parlare seriamente in Italia di politica industriale, in Italia ed in Europa. È molto tempo che non se ne parla ed è bene che adesso si torni a parlarne.
  Per sgombrare il campo, devo dire, però, che non ho capito – e comunque non accetto – alcuni toni che sono affiorati all'interno di questa discussione: toni che danno l'immagine di un Paese ripiegato su se stesso, che non crede nella sua capacità di competere, che è preoccupato di difendersi e che è attirato da nostalgie protezionistiche. Io non capisco come noi possiamo fare a dire che è bene, è positivo, è giusto attirare investimenti in Italia, darci da fare, andando in giro per il mondo per dire alla gente: «Venite in Italia e investite in Italia», e poi, quando qualcuno lo fa e nel farlo magari compra un'azienda italiana, diciamo che non va bene, abbiamo paura.
  Abbiamo paura di che cosa ? Sono denari che vengono in Italia, che creano posti di lavoro in Italia. Se chi è il proprietario dell'azienda che viene comprata reinveste in Italia, aumenta la quantità di capitale che viene investito in Italia e aumenta anche l'occupazione in Italia. Si ha paura che un investitore straniero sia meno corrivo con alcune cattive abitudine del sistema italiano ? Potrebbe non essere una cosa del tutto cattiva per il Paese se aumentano gli investitori che vogliono stare limpidamente sulla regola di mercato e magari tagliano alcune connessioni tra affari e politica che non rendono onore all'Italia. Quindi, in primo luogo credo che dobbiamo sgombrare il campo da questo. Noi non siamo su di un atteggiamento protezionistico e di paura.
  Una seconda osservazione. Noi viviamo un momento particolare della vita nazionale, un momento in cui è vero, come dicono alcune mozioni, che il sistema industriale italiano si è compresso, ma ha subito anche una drammatica trasformazione. Alcune imprese sono morte. Nulla le riporterà in vita, nulla potrà riportarle in vita. Altre imprese sono cresciute. Noi oggi stiamo superando la crisi perché i lavoratori italiani e gli imprenditori italiani Pag. 31hanno realizzato una straordinaria operazione di crescita delle nostre esportazioni.
  Sento intorno a me la nostalgia per un vecchio modello di sviluppo trainato dalla spesa pubblica che è morto e non tornerà, perché questa crisi non è una crisi provvisoria, è un cambiamento di struttura dell'economia mondiale, è un cambiamento della divisione internazionale del lavoro. Quel tipo di economia non tornerà e stiamo uscendo con una nuova economia che è trainata dalla capacità di esportare e, quindi, dalla competitività e, quindi, dalla capacità di reggere la concorrenza dei mercati internazionali.
  Quando parliamo di politica industriale dobbiamo domandarci: quale politica industriale ? Vogliamo sostenere la parte più dinamica e innovativa dell'impresa italiana, dandole la possibilità di espandere ancora la sua presenza sui mercati mondiali ? O vogliamo condurre battaglie di retroguardia per difendere settori arretrati, che non sono in grado di reggere alla concorrenza sul costo del lavoro dei mercati emergenti ? È una distinzione fondamentale, che non sento fare molto spesso e che decide fra due tipi di politica industriale. Uno è quello del ripiegamento, è quello della preoccupazione che gli altri non vengano. L'altro è quello della fiducia in se stessi, nella propria capacità competitiva ed è lo sforzo di togliere alle imprese italiane e ai lavoratori italiani i lacci e i laccioli che impediscono loro di ottenere risultati ancora migliori nel contesto mondiale.
  Ma voglio ripetere qui il ringraziamento a quelle imprese e a quei lavoratori che ci stanno tirando fuori dalla crisi. L'Italia aveva una bilancia commerciale passiva per 3,7 punti del PIL. Oggi, nell'arco di due anni, andiamo ad avere una bilancia commerciale che è attiva tra 1 e 2 punti del PIL. È il risultato di uno sforzo straordinario. Se non partiamo dalla consapevolezza di questo sforzo non andremo lontano.
  Certo, c’è poi un problema vero di tutelare settori strategici in Italia. Vi prego di credermi, nessuno ne è più convinto di me, in tempi quando queste cose non erano popolari sono stato io a fare la direttiva europea sull'offerta pubblica d'acquisto, la 2004/25/CE, senza la quale la recente legge n. 56 del 2012 non avrebbe potuto essere fatta.
  Infatti prevede giustamente che a determinate condizioni – condizioni di reciprocità, condizioni di protezione di settori strategici – lo Stato ha il diritto di porre dei limiti e di ostacolare delle acquisizioni che vengono sentite come ostili al sistema Paese.
  Quindi c’è un problema, ma non mettiamolo al primo punto: mettiamo al primo punto il fatto che abbiamo bisogno di sostenere l'espansione dell'impresa italiana, che è attiva, che è viva, che è capace di stare sui mercati internazionali e che deve andare ancora di più sui mercati internazionali. Poi occupiamoci anche di questo.
  Alcune osservazioni fatte sono sensate: la distribuzione internazionale. Certo, se l'Italia non ha una rete mondiale di distribuzione o almeno europea, il prodotto italiano dell'alimentare verrà venduto al consumatore che andrà a chiederlo, ma non starà in prima fila sugli scaffali perché lo possa prendere anche il consumatore che magari non sa bene cosa prendere.
  Certo, bisognerebbe però anche fare una storia del modo in cui l'Italia ha perso la sua presenza all'interno di questo settore. È una storia lunga e dolorosa, per la memoria di tutte le forze politiche una volta rappresentate in questo emiciclo.
  Certo, ci sono settori strategici, ci sono problemi che vanno affrontati, ma vanno affrontati con uno spirito di fiducia nelle nostre capacità e con uno spirito europeo.
  Si è parlato di Telecom: bene, Telecom soffre i mali di una storia lunga e travagliata.
  Però, signor Viceministro, io sono convinto che il problema vero di Telecom oggi non è un problema nazionale: tutte le telecomunicazioni europee sono in crisi. Telefonica ha visto dimezzare il suo valore di Borsa negli ultimi anni, esattamente come Telecom. E perché ? Perché abbiamo Pag. 32delle regole europee sbagliate, perché le telecomunicazioni sono strategiche, ma non a livello nazionale, a livello europeo. Se noi non abbiamo la possibilità di far muovere i messaggi su una rete europea efficiente, otteniamo un risultato minimo dalla digitalizzazione, dalla banda larga, dall'innovazione.
  E noi abbiamo un sistema di tariffazione europeo che oggi non consente alle vecchie imprese ex monopoliste di finanziare l'innovazione, non consente di finanziare l'infrastruttura.
  Allora giusta la separazione societaria, ma forse ci vorrebbe anche una separazione proprietaria e il coraggio di dire che ci vuole una grande società europea per le infrastrutture, la quale faccia la rete infrastrutturale delle telecomunicazioni in Europa, mentre rimane nelle competenze e nei doveri degli Stati nazionali e del mercato sostenere gli investimenti sui servizi, perché il problema dell'Italia è che noi non sappiamo dove prendere i soldi per modernizzare la rete e stiamo perdendo la concorrenza anche sui servizi. E qui servono operazioni anche di concentrazione europea, servono nuovi sistemi di tariffazione, perché oggi noi facciamo degli sconti pazzeschi ai grandi competitori d'Oltralpe, i quali, utilizzando tariffe molto favorevoli, hanno invaso e controllato il mercato.
  Di questo bisogna parlare a livello europeo, di questo e di altro, perché l'opportunità di parlare di politica industriale emerge oggi dentro un contesto europeo che cambia. Per la prima volta dopo molti anni l'Europa si pone il problema della politica industriale.
  Abbiamo una comunicazione della Commissione che ci pone l'obiettivo del 20 per cento del PIL europeo prodotto dal settore manifatturiero (oggi, per intenderci, siamo tra il 15 e il 16). Però queste enunciazioni fino ad ora sono deboli, manca una visione ed il Governo italiano, soprattutto in occasione del semestre italiano di Presidenza, potrebbe contribuire a dare questa visione, perché se vogliamo il 20 per cento del PIL che viene dal manifatturiero non possiamo non porci il problema di che tipo di manifatturiero.
  L'acciaio: pensiamo che l'acciaio sia una cosa che serve per i settori manifatturieri che si devono sviluppare ? Se è così, il piano acciaio dell'Unione europea non è sufficiente, perché se pensiamo che per lo sviluppo l'acciaio sia vitale occorre prendere iniziative più forti.
  Dobbiamo tornare, in qualche modo... Vi ricordate Pasquale Saraceno ? Forse, non lo dovevo citare perché è un democristiano, ma lo cito lo stesso. Vi ricordate Pasquale Saraceno, quando spiegava le ragioni e i limiti dell'intervento dello Stato nell'economia ? Lo Stato interviene non per creare i posti di lavoro, ma per togliere gli ostacoli che impediscono agli imprenditori di creare i posti di lavoro. Nell'Italia di allora gli ostacoli erano: non c'erano le autostrade per esportare (e abbiamo fatto le autostrade), non c'era l'acciaio a basso costo (e si è fatto l'acciaio a basso costo), non c'era l'energia a basso costo (e si è fatta l'energia a basso costo).
  Oggi forse servono cose diverse e dovremmo aprire un dibattito su quali sono le cose che servono oggi. Oggi, forse, dell'energia a basso costo serve sempre, ed è un problema europeo che non si risolve a livello nazionale. L'acciaio a basso costo non lo so, ma probabilmente serve ancora l'acciaio a basso costo. Ma certamente serve la conoscenza a basso costo, serve essere presenti nei settori innovativi e avere un progetto, italiano ed europeo, per essere presenti e crescere nei settori innovativi. Nuove fonti di energia, nuovi materiali, nanotecnologie, biotecnologie: è la seconda fase della rivoluzione informatica.
  Ecco, noi voteremo il documento unitario, ma vorremmo molta più energia da parte del Governo nell'affrontare queste questioni. E – ultima battuta – molti chiedono al Governo un cambiamento di passo. Anche noi lo chiediamo, ma ho un grande timore, che molti di quelli che chiedono al Governo un cambiamento di passo, vogliono che il Governo cammini velocemente nella direzione sbagliata, cioè Pag. 33verso il vecchio sistema di sviluppo che è morto e che ci ha fatto accumulare un debito pubblico insostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Per L'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sulla mozione che stiamo trattando oggi c’è la maggior condivisione di tutti i partiti dell'emiciclo per proseguire e proporre una discussione sulla politica industriale nel nostro Paese che da decenni non si sta facendo. Le mozioni sono sicuramente interessanti. Si discute, si cerca di porre dei rimedi e proporre anche delle soluzioni future. La nostra mozione chiede l'adozione di una politica di rilancio strutturale del sistema industriale italiano, anche attraverso l'immediata attuazione di interventi di riduzione del carico fiscale, di semplificazione burocratica e di facilitazione all'accesso al credito a favore delle piccole e medie imprese, al fine di aumentare la competitività dell'economia italiana e di esercitare i poteri speciali che per legge sono previsti in materia di assetti societari per le attività di rilevanza strategica in tutti quei processi di vendita che coinvolgono imprese attive in settori di particolare rilevanza per il Paese, dato che, negli ultimi anni, complice la crisi economica, l'Italia ha ceduto parti importanti del suo patrimonio industriale in favore di investitori esteri, perdendo via via asset che sono sempre stati considerati strategici per la crescita economica del Paese.
  Secondo un rapporto sulla competitività recentemente pubblicato dalla Commissione europea, dal 2007 al 2012 l'Italia ha perso 20 punti percentuali negli indici di produzione industriale e, con riferimento alla produttività, ha perso molte posizioni anche rispetto a Paesi economicamente più deboli. Il rapporto lascia inoltre intravedere come senza riforme strutturali la posizione industriale italiana sia destinata solo a peggiorare. Il declino industriale italiano ha origini lontane ed ha inizialmente travolto la grande industria arrivando via via ad intaccare quello che da sempre è considerato l'asse portante del nostro sistema economico, la piccola e media impresa italiana. La chiusura di numerose piccole realtà produttive, fortemente radicate nei territori locali, ha comportato un vero e proprio depauperamento industriale ed occupazionale in questi ultimi anni, con conseguenze devastanti sull'economia dell'intero Paese. Numerosi marchi che rappresentano le più grandi espressioni del made in Italy nel mondo sono oggi di proprietà di aziende straniere. Ne sono un esempio i grandi nomi della moda e del lusso come Loro Piana, Gucci, Bulgari, Fendi e Valentino, ma anche Fiorucci e Parmalat nel settore alimentare e Ducati in quello della meccanica.
  Gli ultimi accadimenti relativi ai processi di privatizzazione di Alitalia e Telecom Italia rendono ancora più evidente l'ondata di deindustrializzazione che sta attraversando il Paese, la quale, di fronte all'inesistenza di organiche riforme di Governo, mina la competitività del nostro sistema economico condannando l'Italia a una posizione di povertà e di emarginazione. Le privatizzazioni in Italia sono sempre avvenute con la logica prioritaria di tutelare gli interessi strategici dell'economia nazionale e di restituire competitività al tessuto industriale del Paese.
  Ciò ha comportato la perdita di un patrimonio di imprese, tecnologie e conoscenze che non è stata compensata, tranne in rari casi, con la nascita di nuove realtà industriali di rilevanza per l'economia italiana.
  Con il decreto-legge n. 21 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, è stata emanata una disciplina innovativa in materia di poteri di intervento dello Stato in caso di operazioni straordinarie riguardanti imprese attive nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale, delle comunicazioni, dell'energia e dei trasporti, prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri possa, attraverso un proprio decreto, esprimere un veto a quelle operazioni Pag. 34che diano luogo a situazioni di pregiudizio per gli interessi nazionali anche in riferimento alle reti e agli impianti, compresi quelli necessari ad assicurare la continuità degli approvvigionamenti, nei settori medesimi.
  Sul declino economico dell'Italia pesa la mancanza di una pianificazione industriale a livello nazionale, di una politica seria, coraggiosa e trasparente in grado di affrontare con rigore e determinazione i veri problemi che affliggono il Paese, dall'insostenibile pressione fiscale alla difficoltà di accesso al credito, passando per un vetusto e asfissiante sistema burocratico. È pertanto necessario che il Governo adotti quanto prima una politica di rilancio del sistema industriale del Paese al fine di poter uscire dalla recessione e inaugurare una nuova fase di crescita economica il cui cuore pulsante torni ad essere il sistema delle piccole e medie imprese.
  Questo è quanto noi richiediamo al Governo per fare in modo di rilanciare settori importantissimi del manifatturiero italiano.
  Sicuramente in questi anni, come abbiamo già sentito in quest'Aula poc'anzi, l'inflazione è pari quasi allo zero ma ciò soprattutto per una situazione nella quale i consumi sono praticamente spariti e perciò potremmo anche trovarci in una condizione futura, nei prossimi anni, di fronte, ad una deflazione, cioè l'abbassamento dei prezzi e i consumi ma questo per evidenti motivi non dovuti a ragioni industriali ma perché le vendite sono praticamente sbagliate.
  Quello che condivido nella discussione che oggi stiamo affrontando è che le regole europee sono sbagliate da sempre. La nostra proposta è sicuramente di mantenere facendo riscrivere le regole, obbligando l'Europa a riscrivere le regole, cosa che il nostro Paese non ha mai voluto fare quando arrivavano direttive che si prendevano in toto e venivano approvate giusto per dovere di cronaca e beneplacito di chi le portava all'esame dell'Aula.
  Oggi non ci sono più le condizioni, c’è da ridiscutere tutto il procedimento legislativo europeo. Ci attendiamo delle risposte concrete, anche se sappiamo benissimo che questo Governo non ha quella fiducia e non ha quel coraggio che tanti cittadini, tanti italiani si aspettavano durante le elezioni, ma il Governo delle larghe intese è anche questo.
  Perciò noi appoggeremo sicuramente chi ha un euroscetticismo fondato su ragioni e su motivazioni ciò al fine di cercare di superare la crisi e ci asterremo sulle altre mozioni, quelle di SEL, del MoVimento 5 Stelle, del Nuovo Centrodestra e del PD, pur ritenendole tutte mozioni interessanti nei dispositivi, nell'impegno, però c’è da chiarire benissimo e chiarire fondamentalmente chi è a favore di questo Paese e chi è a favore di un'Europa allargata. Noi riteniamo che le mozioni non siano puntuali anche se riconosco – lo ribadisco – la buona volontà e il buon impegno di tutti per cercare di superare la crisi. Ma, ahimè, alle parole devono sostituirsi i fatti e anche in questo caso si latita. Perciò noi ci asterremo sulle mozioni diverse dalla nostra sulla quale chiederemo l'impegno di tutti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Librandi. Ne ha facoltà.
  Prego i colleghi, se riuscite ad abbassare il tono della voce.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Signor Presidente, onorevoli esponenti del Governo, onorevoli colleghi, c’è un rischio nel presente e nel futuro dell'economia italiana rappresentato da una possibile deindustrializzazione del tessuto imprenditoriale nazionale.
  Contrastare questa tendenza non può che essere la priorità assoluta dei decisori pubblici oggi e nei prossimi anni. L'attuale crisi economica globale non è l'unica causa del declino industriale italiano: essa ha esasperato i problemi, ma la loro natura è più antica della recessione. Detto in altri termini, le cause dei mali italiani non sono né l'euro né la globalizzazione: i mali italiani sono tutti di ordine e di origine nazionale. L'alta fiscalità, un welfare e un mercato del lavoro inadeguati, la Pag. 35scarsa liberalizzazione dei servizi, la lentezza del sistema giudiziario, le regole complesse ed incerte erano le zavorre del sistema Paese già prima del 2007-2008. Su tutto questo, come e più di allora, grava il debito pubblico più alto d'Europa; anzi, se alcuni Paesi hanno potuto negli anni passati reagire alla crisi con misure di stimolo fiscale più o meno efficaci, l'abnorme stock di debito ha reso impossibile ogni tentativo di manovra espansiva.
  Entro nel merito della discussione. Anzitutto, non ci convince la mozione presentata dai colleghi di SEL, Airaudo ed altri, la cui filosofia di fondo – la tutela dell'italianità e della priorità pubblica di comparti industriali – stride con la nostra visione della concorrenza e del ruolo del regolatore pubblico come arbitro di un mercato ordinato aperto. Altre mozioni, come quella del PD, dei colleghi Benamati ed altri, si concentrano, invece, sulla necessità di misure di competitività per l'economia italiana e ci appaiono più rispondenti alle reali esigenze del Paese.
  In particolare, non condividiamo il tentativo delle mozioni di SEL e del MoVimento 5 Stelle di interrompere le iniziative di alienazione di patrimonio mobiliare pubblico, in un contesto in cui, invece, è cruciale che lo Stato abbatta significativamente il suo stock di debito. Ci sono anche ragioni di natura industriale a supporto di questa posizione: meno debito significa minore spesa per interessi e, quindi, maggiori margini per ridurre la pressione fiscale su imprese e lavoratori, ormai giunta a livelli insostenibili, e per investire in infrastrutture strategiche come la banda larga e la rete dei trasporti.
  Meno debito pubblico significa anche promuovere il credito alle imprese. L'Italia subisce da qualche anno gli effetti di una stretta creditizia: l'aumento del differenziale dei tassi di interesse italiani rispetto a quelli tedeschi ha appesantito il costo del danaro per le imprese. Si è verificato un preoccupante effetto di «spiazzamento» nei confronti del credito bancario: con gli istituti finanziari chiamati ad acquistare ingenti quantitativi di titoli di Stato, la disponibilità di investimenti nel settore privato si è drammaticamente ridotta.
  Ci opponiamo altresì al tentativo di affermare l'equazione: italianità uguale interesse nazionale. Sia chiaro anche per noi è opportuno che il Governo sia dotato degli strumenti necessari per monitorare le dinamiche e le implicazioni di eventuali passaggi in mano estere di importanti aziende italiane che possiedono reti strategiche. Ci associamo, dunque, alla richiesta al Governo, presente anche nella mozione a prima firma dell'onorevole Benamati, di procedere il più rapidamente possibile all'approvazione dei regolamenti di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012, con il quale il Governo Monti ha uniformato la normativa italiana sul golden power alla disciplina europea.
  Tali regolamenti devono però servire a codificare i margini di intervento, favorendo un quadro regolatore stabile e trasparente, non a rendere onnipotente il decisore pubblico. Il compito di un Governo non è quello di discriminare possibili investitori sulla base della nazionalità, ma quello di offrire le migliori condizioni possibili per attrarre capitali ed idee, a beneficio dei consumatori e dei lavoratori.
  Non è attraverso il ritorno ad antistoriche e fallimentari politiche interventiste che l'Italia ritroverà il sentiero della crescita, ma in virtù di un ampio programma di riforme volte a rendere il nostro Paese nuovamente attraente per gli investimenti nazionali ed internazionali. Come aumentare la quota misera – appena l'1,6 per cento – di investimenti esteri ad appannaggio dell'Italia ?
  Occorre contrastare la sindrome dell’outlet per cui attrarre investimenti significherebbe svendere allo straniero per fare cassa; è la sindrome di Fort Apache che spinge a dire: siamo in declino, alziamo mura per chiuderci e difendere così quello che ci resta. Anche i recenti episodi come la querelle sulla fantomatica web tax mostrano, purtroppo, la persistenza di un sentimento ostile rispetto alla concorrenza internazionale; va superato !
  Con questa discussione si inaugura un dibattito sul nostro futuro industriale che Pag. 36approfondiremo con l'esame del decreto «destinazione Italia». Ci auguriamo che in quella sede il Governo sarà più propenso che in passato a recepire le proposte migliorative provenienti dal Parlamento. Il minimo comune denominatore tra le forze della maggioranza non può esser la stabilità fine a se stessa, ma il coraggio delle riforme atte a restituire dinamismo e competitività all'Italia. Questo ha chiesto Scelta Civica fin dal primo minuto al Premier Letta, per questo lavoreremo fino all'ultimo minuto.
  Un tema cruciale è la riduzione della bolletta energetica delle imprese italiane, che resta estremamente salata, dai costi di sistema; gli incentivi alle rinnovabili, pur diminuiti rispetto al passato, pesano ancora per circa il 18 per cento in bolletta, circa 12 miliardi di euro l'anno, sono un costo improprio e improduttivo. Ancora, la rimodulazione del sistema di agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia, le cosiddette imprese energivore, potrebbe portare ad un alleggerimento non indifferente per le bollette dei consumatori industriali, avvantaggiandone la competitività. Ma si può fare molto di più, anche a partire dal decreto «destinazione Italia» nel quale, peraltro, si registrano alcune scelte ingiustificate: l'energia che sarà prodotta dalla centrale a carbone nel Sulcis sarà incentivata con costi a carico dei consumatori per 63 milioni di euro l'anno per un intero ventennio. Questa è una misura da ripensare completamente, magari destinando le risorse alla riqualificazione professionale dei lavoratori.
  Come per l'energia, è fondamentale operare per ridurre in ogni ambito l'inflazione da servizi, cioè il costo elevato imposto al nostro sistema produttivo dalla incompleta o ridotta liberalizzazione dei trasporti, delle telecomunicazioni, dei servizi professionali. C’è il tema dei sussidi alle imprese da ridurre significativamente e da trasformare in forme generalizzate di detassazione. C’è la questione infrastrutturale, su cui il Paese sta accumulando ritardo rispetto ai partner continentali, anche in virtù di una cattiva programmazione e gestione delle risorse comunitarie. C’è il dossier della modernizzazione e della formazione scolastica e universitaria. Scelta Civica incalzerà il Governo sul mercato del lavoro, in particolare nelle sue implicazioni di investimenti esteri. Proponiamo una riduzione dei costi fiscali e contributivi del lavoro, da ottenere anche attraverso una revisione dello strumento della cassa integrazione straordinaria e in deroga. Abbiamo presentato una proposta di codice semplificato del lavoro, una legislazione del lavoro semplice, facilmente traducibile in inglese, allineata ai migliori standard europei.
  Mi avvio a concludere; non un industriale, ma un sindacalista responsabile come Raffaele Bonanni disse qualche tempo fa: senza fabbriche non ci sono diritti. È un concetto che tutti faremmo bene a tenere a mente quando la discussione politica annega nella retorica dei diritti acquisiti. L'Italia perde capacità produttiva: meno 20 per cento dal 2007 ad oggi, perché non è più un luogo strategico per gli investimenti del mondo. Deve tornare ad esserlo. Il patto di coalizione dovrà essere un autentico business plan, per usare un gergo industriale, un canovaccio di azioni concrete e puntualmente identificate in termini di tempistica, costo ed effetti.
  La mozione Benamati ed altri rappresenta uno spunto utile in tal senso. Annuncio pertanto il voto favorevole di Scelta Civica a tale mozione e il voto contrario alle altre (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, il 24 settembre 2013, il rapporto sulla competitività della Commissione europea rendeva noto che in Italia è in corso una vera e propria deindustrializzazione; deindustrializzazione che nasce, soprattutto, e che è presente, soprattutto, in percentuali molto alte nel sud del nostro Paese.
  Parlo di Sicilia, Puglia, Campania e anche Sardegna. Naturalmente la crisi generale Pag. 37che si è verificata in questo periodo non ha aiutato le nostre imprese a sopravvivere, con naturalmente la perdita di numerosi posti di lavoro, con l'aumento di cassa integrazione e naturalmente di disoccupati, che hanno ancora di più maggiore difficoltà a trovare lavoro. Noi a settembre abbiamo presentato anche un'altra mozione, che è stata approvata in Aula, per quanto riguarda l'industria manifatturiera: sono d'accordo con chi, anche in quest'occasione, ha sottolineato come ci sono però delle realtà in Italia, partendo dall'industria manifatturiera alle aziende dinamiche e innovative, che invece hanno rappresentato un trend opposto rispetto alle piccole e medie imprese tradizionali che hanno avuto grandi difficoltà nel nostro Paese e che spesso hanno chiuso i battenti.
  Queste mozioni partono dal decreto-legge n. 21 del 2012, con il quale si è intervenuti in materia di poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori strategici al fine di adeguare le norme italiane e le indicazioni comunitarie sulla base delle indicazioni della Commissione europea. Tali poteri, riguardanti taluni limitati settori strategici e fondamentali, possono essere esercitabili su motivi di interesse generale quale l'ordine e la sicurezza pubblica, movimenti di capitale e la tutela delle istituzioni finanziarie. Le deroghe ammesse non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata del libero movimento dei capitali. Non c’è dubbio che a questo proposito noi abbiamo difficoltà per quanto riguarda vicende che potrebbero riguardare aziende strategiche per il nostro Paese e per gli interessi nazionali, come, ad esempio, Alitalia, ENI o Telecom Italia.
  Nella mozione chiediamo delle cose precise, che però – ricordo – sono centrali, anche nel programma del Governo, sulle quali anche il Presidente del Consiglio, l'11 dicembre 2013, si è impegnato a lavorare e per le quali è stata concessa la fiducia da parte del Parlamento. Con la mozione comune a prima firma Benamati chiediamo la riduzione delle imposte sulle imprese, soprattutto quelle riguardanti il lavoro, la riduzione quindi del cuneo fiscale e dei costi energetici. Altro punto qualificante della mozione è quello riguardante la necessità che il Governo adotti tutte le misure necessarie per consentire il pieno utilizzo delle risorse comunitarie destinate al sostegno e al rilancio della competitività delle imprese italiane, e che si impegni soprattutto per investimenti pubblici per lo sviluppo della competitività delle nostre imprese. Un ulteriore impegno che si chiede al Governo è di procedere con la massima sollecitudine all'approvazione definitiva dei regolamenti previsti dall'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, al fine di rendere operativi i poteri speciali che per legge gli competono per tutelare l'interesse nazionale in caso di passaggio in mani straniere di importanti aziende italiane di particolare rilevanza strategica per il Paese. L'ultima richiesta che viene fatta al Governo è quella di valutare la possibilità di modificare il Testo unico della finanza, con l'intento di rafforzare i poteri della Consob nell'accertamento di situazioni di controllo di fatto da parte di soci singoli o in concerto con loro.
  Naturalmente il nostro è un voto favorevole alla mozione comune Benamati e altri.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stefano Quaranta. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, colleghi, Sottosegretario, la mozione di Sinistra Ecologia Libertà, come è stato riconosciuto anche in alcuni degli interventi, fa uno sforzo grande, io credo, per riportare l'attenzione non soltanto al tema dello sviluppo e a quello dell'occupazione ma anche a quello della politica industriale. Questo lo dimostrano alcuni interventi che ci hanno preceduto e hanno preso la nostra mozione come riferimento per la discussione. Lo dimostra anche l'intervento che ha fatto il Sottosegretario che ha ripreso alcune delle questioni che noi abbiamo citato nella nostra mozione.Pag. 38
  Ora ci fa piacere che finalmente il lavoro abbia acquisito una centralità nel nostro dibattito che era mancata nei mesi passati anche perché è un tema che riguarda circa 9 milioni di nostri concittadini tra coloro che cercano lavoro e non lo trovano, tra coloro che hanno smesso di cercarlo e tra coloro che hanno salari talmente bassi che, se anche lavorano, non hanno risolto il loro problema esistenziale.
  Ora in una fase, diciamo, di crisi come questa che colpisce particolarmente il mondo giovanile, il punto è se le ricette che sono state portate avanti sino ad adesso sono sufficienti, il punto è se pensiamo di rispondere a questa grave crisi solo con un certo tipo di politiche in continuità con quelle che sono state fatte fino ad oggi.
  Ora verificheremo e leggeremo con attenzione le proposte che verranno dal Partito Democratico. Fin da subito noi crediamo che non sia più sufficiente il libero mercato o il mondo dell'impresa lasciato a se stesso per rispondere a questa crisi e pensiamo che sia fondamentale un intervento pubblico, come avviene in tutte le fase di crisi rispetto alle quali bisogna dare una risposta molto forte.
  Noi siamo dell'idea che sia l'occupazione a generare sviluppo e non il contrario. Pensiamo che debbano essere ribaltate le politiche europee che sono state portate avanti in questi anni laddove l'austerità è diventata recessione.
  Noi crediamo, appunto, che nei momenti di crisi o si risponde con grandi rivoluzioni di carattere tecnologico e innovativo o si operano politiche fiscali davvero efficaci che però sono fino ad adesso mancate, oppure l'alternativa è che lo Stato diventi anche datore di lavoro. Noi pensiamo, e l'abbiamo già proposto, a una sorta di green new deal italiano che tenga insieme lo sviluppo del nostro Paese, la manutenzione del nostro territorio e che quindi faccia ripartire in maniera virtuosa il nostro Paese.
  Ora io vorrei ricordare qui a tutti noi che il lavoro è un diritto sancito dalla Costituzione che ne prevede anche la promozione effettiva da parte della Repubblica e questo lo vorrei ricordare perché prevede anche che sia giustamente retribuito il lavoro e che il lavoro sia dignitoso. Io credo, ho la sensazione, che di leggi anticostituzionali in questi anni ne siano state fatte non solo in materia elettorale ma anche forse in materia di lavoro laddove appunto questi principi sanciti in maniera solenne dalla Costituzione sono stati pesantemente disattesi tanto è vero che la precarietà ormai è la cifra del nostro Paese da questo punto di vista.
  Ora noi però abbiamo come intento anche quello di modificare in maniera più profonda il sistema produttivo del nostro Paese verso forme ad alta intensità di lavoro, che siano utili socialmente, che consentano di sviluppare soprattutto quei lavori dove le macchine più difficilmente possono sostituire il lavoro dell'uomo. Insomma per fare queste cose serve lo Stato, queste non sono cose che avvengono attraverso il mercato lasciato solo a se stesso.
  In questi anni invece abbiamo assistito un quadro completamente diverso: a cessioni importanti di marchi italiani nei settori più prestigiosi della moda, della meccanica, degli alimentari, a delocalizzazioni, a ristrutturazioni aziendali anche laddove c'erano stati finanziamenti pubblici o agevolazioni di tipo regionale, penso da ultimo al caso della Piaggio.
  Del resto, però, l'altro convitato di pietra della nostra discussione è sempre quello del debito pubblico per cui per risolvere il debito pubblico e per fare cassa si mette mano a Finmeccanica, a Poste, si fanno interventi che vanno nella direzione opposta a quella da noi auspicata.
  Siamo in una fase di deindustrializzazione, andrebbero – anche io credo – guardati con più attenzione casi come quello della FIAT rispetto alla quale si parla sempre e solo in termini positivi senza mai entrare nel merito delle scelte che davvero si stanno facendo.
  E penso a tutti quei settori strategici, da Telecom ad Alitalia a Finmeccanica, che riguardano settori che sono talmente Pag. 39importanti da determinare la qualità della democrazia di un Paese. Di questo io credo dobbiamo essere consci.
  Per questo allora il ragionamento sulla golden power, sui regolamenti attuativi che noi abbiamo proposto: per difendere un interesse nazionale, per imporre investimenti là dove sono necessari al mantenimento di presidi industriali in questi settori.
  La nuova disciplina, tra l'altro, consente l'esercizio appunto di poteri speciali rispetto a tutte le società pubbliche e private che hanno rilevanza strategica per la loro attività: di questo stiamo parlando e su questo abbiamo avanzato posizioni che richiedono una rapida approvazione.
  Noi chiediamo, quindi, una posizione chiara del Governo su questi temi, rispetto agli asset strategici del nostro Paese. E credo che sia fondamentale ragionare su come possiamo rilanciare il nostro patrimonio industriale, anziché alienarlo.
  Da questo punto di vista, quindi, l'attuazione dell'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, poi convertito, che assegna poteri speciali e che ci uniforma al diritto europeo, è fondamentale, e lo vedremo poi in alcuni casi specifici che voglio citare prima della fine. Questo riguarda sia società pubbliche che private.
  L'altro provvedimento fondamentale è quello sull'OPA, ripreso anche dalla mozione Mucchetti al Senato: l'obbligo di acquisizione, soprattutto facendo riferimento al caso che poi è stato emblematico nella questione Telecom. La soglia unica del 30 per cento quando siamo in presenza di un patto dominante nell'assemblea (vedi Telco) non è sufficiente. E allora questo provvedimento sulla riforma dell'OPA, innanzitutto, deve prevedere il rafforzamento dei poteri di controllo della Consob, ma poi anche aggiungere a questa soglia fissa del 30 per cento per l'OPA obbligatoria una seconda nei casi di accertamento e di controllo di fatto. E tutto questo perché noi riteniamo – ripeto – che nei settori strategici sia fondamentale la presenza, la tutela, la garanzia dello Stato.
  E, allora, due brevi accenni alle due vicende che sono il cuore delle nostre proposte, Telecom e Alitalia. È stato accennato da qualcuno che i problemi di Telecom partono da lontano: io vorrei dire con chiarezza che partono da come è stata fatta la privatizzazione di questa società, dal fatto che si è consentito di utilizzare la tecnica di portare in Telecom il debito maturato con l'acquisizione. E questo è stato fatto a più riprese, in tutti i passaggi di proprietà della società. Ed è questo che determina il debito ingente di una società che era il quinto gruppo di telecomunicazioni al mondo.
  Però noi vogliamo difendere la prospettiva di questo settore, che riteniamo fondamentale. E allora da questo punto di vista, però, vorrei ricordare che difendere la prospettiva del settore è anche difendere il lavoro; e vorrei ricordare come le esternalizzazioni fatte tra il 2000 e il 2006 hanno già creato gravissimi problemi e penalizzato molto il lavoro. Su questo è stato fatto un lavoro importante e unitario nella Commissione trasporti e telecomunicazioni della Camera; e la risoluzione che ne è uscita, cui hanno partecipato tutti i gruppi, ha portato a degli obiettivi condivisi importanti, che noi abbiamo messo nella nostra risoluzione e che portiamo all'attenzione del Governo: approvare i regolamenti attuativi, la golden power nel caso appunto di sicurezza nazionale, il tema dell'occupazione, la garanzia di accesso alla rete per tutti gli operatori, la dimensione internazionale del gruppo, che è fondamentale per continuare a fare investimenti e per essere un attore internazionale, e non può essere anche questo oggetto di una svendita per fare cassa. E mi permetto di sottolineare anche la richiesta dei sindacati, che io colgo, appoggio e sostengo, che chiedono che ci sia un negoziato con Telefonica per garantire gli investimenti che sono necessari per portare avanti l'agenda digitale, che è fondamentale per la strategia del nostro Paese.
  Il secondo caso è quello di Alitalia. Anche qui, permettermi di dire qualche parola di verità: la gestione tra il 2007 e il 2010 è stata una gestione talmente opaca Pag. 40di Alitalia che meriterebbe, a nostro giudizio, una Commissione di inchiesta parlamentare; e noi lo abbiamo chiesto dall'inizio di questa legislatura.
  Ovviamente il risultato di tutto questo è stato che sono rimasti danneggiati i cittadini italiani, i lavoratori, che anche in questo caso hanno patito grandissime perdite, con la cancellazione di posti di lavoro e la riassunzione poi nella nuova compagnia Alitalia.
  Io credo – anche qui in sintesi – che l'Italia non si possa permettere una compagnia di carattere regionale mal gestita, sempre sull'orlo del fallimento; e io sono d'accordo, noi siamo stati d'accordo sull'ingresso di Poste, perché può rafforzare la compagine, ma ci dev'essere una grande vigilanza però anche sulla scelta dei nuovi possibili partner stranieri, che sono fondamentali, ovviamente soltanto però se avranno certe caratteristiche. Infine, quindi, in sintesi...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  STEFANO QUARANTA. Concludo. Noi chiediamo alcuni impegni chiari al Governo e lo chiediamo in questo dibattito parlamentare perché spesso le prese di posizione dei partiti politici ci sembrano più avanzate rispetto a quello che poi il Governo è riuscito a fare fino ad ora. Vi è il tema dei regolamenti per l'attuazione dei poteri speciali a tutela dell'interesse nazionale, l'impegno a portare avanti la risoluzione unitaria della Commissione trasporti su Telecom, la modifica della legislazione sull'OPA e poi soprattutto seguire e porre in essere ogni atto che tuteli il futuro, soprattutto occupazionale, in Alitalia CAI, che difenda ancora i nostri aeroporti di Fiumicino e di Malpensa. Poi si tratta di arrestare la cessione degli asset del civile di Finmeccanica...

  PRESIDENTE. Onorevole Quaranta, deve concludere.

  STEFANO QUARANTA. ... perché penso che qui davvero, essendo azionista di riferimento, si può svolgere un ruolo fondamentale.
  Quindi – concludo davvero – credo che, grazie a noi, si sia riparlato di politica industriale in questa sede. Noi continueremo a farlo anche nei prossimi mesi, vigileremo sull'attività del Governo e annunciamo il voto favorevole anche sulla mozione del MoVimento 5 Stelle che ci sembra accogliere gran parte delle cose che noi abbiamo detto nella nostra mozione e sottolinearle.
  Sulle altre mozioni ci asterremo perché ci sembrano ancora troppo deboli rispetto alla gravità in cui si trova il nostro Paese, che non può più aspettare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo, attraverso queste mozioni, un problema che ci riguarda tutti da vicino e che in qualche modo anche la discussione odierna ha visto allargarsi non soltanto rispetto al semplice tema delle quote di proprietà di alcune società statali. Sono state citate, sono state indicate, qualcuno ha chiesto anche il rimedio, ma riteniamo che il problema, sotto questo profilo, sia molto più ampio e riguardi, pertanto, non solo la perdita di competitività e di produttività della nostra industria, bensì quello di avere una vera e propria deindustrializzazione del nostro Paese. Questa deindustrializzazione si sta verificando drammaticamente in due modi ed è un po’ sotto gli occhi di tutti quello che sta capitando, specialmente da un paio d'anni a questa parte: da un lato, la chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali (peraltro neanche di poca importanza, anche rilevanti e anche con grosse perdite occupazionali) e, dall'altro (che mi è sembrato essere l'inizio dell'argomento di queste mozioni), la perdita della proprietà nazionale, sia pubblica che privata, di aziende in settori strategici industriali molto importanti.
  Abbiamo visto come tutti quanti oggi, da ultimo il relatore che mi ha preceduto, Pag. 41hanno chiesto questo dibattito come un dibattito assolutamente rilevante perché noi, in questo che stiamo evidenziando, potremmo vedere la fine di una parabola che qualcuno ha anche enunciato prima, in particolare l'onorevole Buttiglione; mi riferisco a quella che noi abbiamo vissuto nell'immediato dopoguerra, in particolare negli anni Sessanta e Settanta, i famosi anni del boom economico, quando la nostra industria manifatturiera, il nostro made in Italy, mise delle basi per fare poi diventare il nostro Paese, intorno ai successivi anni Novanta, la quinta nazione più industrializzata del mondo.
  Certo – è stato anche ricordato in maniera molto chiara – quelli furono anche anni particolari, in particolare vi fu proprio l'esplosione del nostro debito pubblico, il debito pubblico che aumentò – ricordiamo anche questo – anche per l'acquisizione, la cosiddetta nazionalizzazione, di alcuni settori strategici importanti del nostro Paese. Ma poi, queste aziende, di cui oggi viene citata e richiesta la non perdita almeno della quota di rilevanza, hanno sicuramente reso il nostro Paese, sia per reddito pro capite che per occupazione, un grande Paese industrializzato.
  Tutto questo, infatti, si è poi riversato negli anni futuri su alcuni settori importanti, come per esempio l'energia (senza per questo ritornare indietro a Enrico Mattei). Insomma diciamo che sia l'ENI che l'ENEL sotto il profilo energetico hanno dato non solo lustro al nostro Paese con investimenti all'estero ma anche grande occupazione.
  Sono ormai aziende a livello occupazionale, sia in Italia che nelle loro basi estere, di grandissimo rilievo e spesso hanno anche condizionato la politica estera del nostro Paese, oltre che la politica industriale.
  Questo è purtroppo, però, il ricordo del nostro passato. Oggi dobbiamo affrontare una realtà ben diversa. Il nostro secolo è stato indubbiamente portatore di grandi crisi, soprattutto di natura economica. Non possiamo dimenticare quella del 2001, successiva alla crisi politica con l'attacco agli Stati Uniti, e soprattutto quella finanziaria del 2008 dei cui effetti ancora oggi molte nazioni pagano le conseguenze.
  Tutto ciò ha avuto ripercussioni nel mondo, non solo in Europa, ma la crisi che nasce fuori dall'Italia, probabilmente anche fuori dall'Europa, ha visto reazioni completamente diverse sia da parte delle famose potenze storiche del nostro Paese, che dalle cosiddette potenze nascenti, prima c'era il BRICS, oggi c’è il MINT, il Brasile, il Messico, l'India o la Cina. Ebbene, rispetto a tutte queste nazioni che hanno reagito e oggi sono sicuramente fuori dalla crisi, con aumento del PIL – anche se alcune di esse, come ad esempio gli Stati Uniti, con grandissimo debito pubblico – invece l'Unione europea, che, a mio parere, è un'unione un po’ frettolosa di Stati, sia quelli storici che l'hanno fondata, sia quelli che si sono aggiunti, ha risposto in maniera non positiva alla crisi sia dal punto di vista politico, sia soprattutto dal punto di vista economico.
  L'Europa non ha una medesima politica industriale, una medesima politica fiscale, e ha una Banca centrale che, di fatto, al di là dell'attività positiva svolta dal suo Governatore – che tra l'altro quest'anno mi sembra sia stato dichiarato governatore dell'anno – non ha, per come è stata concepita, le caratteristiche che dovrebbe avere una banca centrale dell'Unione considerata come banca di un Paese. Tutto ciò ha indubbiamente penalizzato l'Europa e, all'interno dell'Europa, i Paesi più deboli economicamente.
  Veniamo al nostro Paese che, come sappiamo, ha i problemi strutturali del proprio ciclo economico e pertanto, forse più di tutti, insieme ad altre due nazioni del sud Europa, è stato penalizzato dalla crisi. I problemi del nostro Paese sono strutturali, concernenti, per quanto riguarda la parta pubblica, l'alto debito, e per quanto riguarda il privato, l'alto costo del lavoro ed un'insostenibile pressione fiscale.
  L'Italia ha pagato un alto prezzo alla crisi economica mondiale ed è stata una delle nazioni, nell'ambito dell'Europa, che Pag. 42proprio per la sua struttura manifatturiera, per la percentuale in cui l'energia viene computata nell'ambito manifatturiero, e pertanto per il costo dell'energia, non è riuscita ad incidere in maniera forte per reagire. Sappiamo tutti quello che è successo: soprattutto con riferimento al costo dell'energia, anche se stiamo andando verso quello che ci è stato chiesto con il Protocollo di Kyoto, sicuramente il costo economico per i nostri cittadini e le nostre imprese è ancora altissimo.
  Chiaramente, oltre a questi motivi del tutto interni, bisogna denunciare anche il fatto che al nostro Paese – ed è questo il motivo per cui abbiamo inteso dedicare un punto specifico della nostra mozione – è mancato da troppo tempo un piano industriale nazionale, un piano che dovrebbe porre le basi sia per evidenziare le questioni ed i limiti che abbiamo indicato, ma anche per cercare di individuare un percorso per risolvere tali limiti.
  Ebbene, tutto ciò è emerso in maniera drammatica negli ultimi due anni. Al di là, pertanto, del limite di non avere un piano industriale nazionale, nel nostro Paese dobbiamo evidenziare comunque limiti fondamentali rispetto a questo problema. Abbiamo un sistema capitalistico che non ha mai capitalizzato le proprie aziende, ha sempre «portato gli utili a casa», come si suol dire, magari scaricando le perdite sull'azienda.
  Di fatto, le nostre aziende, sono sempre state troppo poco capitalizzate e questo le ha rese sicuramente, rispetto a quelle delle altre nazioni, con una grave perdita.
  Il secondo motivo è il costo del lavoro: un costo del lavoro giunto a livelli insostenibili, sul quale il Governo, a nostro parere, è intervenuto in maniera assolutamente insufficiente e non forte. Poi abbiamo detto anche della parte fiscale, che è quella che più incide.
  Poi, potremmo parlare anche della giustizia civile e della giustizia penale, che rendono il nostro Paese ormai in tutte le classifiche mondiali direi da terzo mondo; sotto questo profilo noi non siamo competitivi e su questo il Governo continua a non dare delle risposte.
  Qual è stata la conseguenza di tutte queste disuguaglianze ? Che le nostre aziende più competitive sono state spesso acquistate da aziende internazionali, francesi, spagnole, russe e arabe. Ebbene, noi dobbiamo cercare di invertire questa tendenza. Noi ci abbiamo provato in Forza Italia e lo rivendichiamo ancora oggi con Alitalia perché riteniamo che un Paese che ha una grossa vocazione turistica non possa dare la propria compagnia di bandiera a un competitor.
  Abbiamo fatto quella battaglia e così oggi guardiamo con preoccupazione l'acquisizione di altri settori strategici, come quello delle comunicazioni.
  Abbiamo visto anche noi queste mozioni, nelle quali – ripeto – il richiamo è forse un po’ troppo forte per un Governo debole come quello che oggi vediamo, che più che composto da forze concorrenti, mi sembra composto da forze contrapposte. Allora, diciamo che noi abbiamo rivendicato e chiediamo che il Governo si impegni in maniera seria per dare al nostro Paese un piano industriale nazionale.
  È per questo che anche noi ci asteniamo sulle altre mozioni, nelle quali abbiamo anche visto una battaglia comune su alcuni aspetti relativi a queste nostre richieste, a queste nostre urgenze e all'indicazione di non far uscire il nostro Paese da quella che era una volta la quinta o sesta nazione più industrializzata del mondo, per non farlo troppo recedere. I nostri padri ci hanno indicato una strada, noi lo vorremmo lasciare in questo modo ai nostri figli. E chiaramente sulla nostra mozione esprimeremo il nostro voto favorevole.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti della scuola media statale «Giovanni XXIII» di Pietramelara, in provincia di Caserta, e gli studenti e gli insegnanti dell'istituto superiore di istruzione «A. Gramsci – G. M. Keynes» di Prato, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

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  MARA MUCCI. Signor Presidente, mi associo ai saluti.
  Abbiamo scritto questa mozione a seguito di diverse risoluzioni presentate e discusse nelle Commissioni, a fronte di una preoccupazione legata alle vendite delle residue quote pubbliche delle grandi imprese.
  Nell'ultimo ventennio, molti investitori stranieri hanno acquistato aziende italiane che hanno rappresentato la peculiarità del made in Italy a livello internazionale, a partire dal settore agro alimentare (Buitoni, Orzobimbo, Salumi Fiorucci, Parmalat, Star, Riso Scotti, vino Chianti, e l'elenco sarebbe lunghissimo), della moda (Fendi, Bulgari, Loro Piana, Valentino, Ferrè, Gucci), del lusso e della meccanica (come la Ducati), settori di punta della nostra industria, in cui avevamo raggiunto esempi di indubbia e rinomata eccellenza.
  A partire dalla stagione della privatizzazione spinta degli anni Novanta, praticamente quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale. Deindustrializzare in Italia significa svendere, significa spostare fabbriche e aziende dal luogo di origine spesso all'estero, per motivi di natura economica, sì, per far calare i costi della produzione e della manodopera.
  Lo Stato dov'era, dov’é nel frattempo ? Ci siamo svenduti anche il gruppo Telecom Italia che, oltre ad essere il principale operatore telefonico del Paese è uno dei principali attori del mercato finanziario nazionale, ma soprattutto detiene la proprietà delle reti di accesso. Come è possibile sottovalutare che il nuovo azionista controllerà una delle reti infrastrutturali più importanti in un Paese civile ? Le comunicazioni, le informazioni, da sempre, rappresentano il grado di democrazia di un Paese. Ci stiamo rendendo conto della deriva verso cui ci stiamo dirigendo ?
  E ancora: ci ostiniamo a non voler pensare a praticare una vera politica industriale, che preveda un taglio netto alla burocrazia, alle pressioni fiscali, che riduca l'atavico gap infrastrutturale tra Nord e Sud, che faciliti il credito da parte delle banche verso le imprese, che combatta la corruzione, l'evasione fiscale e l'antimeritocrazia, vere piaghe sociali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Vi rammento solo qualche numero, giusto per ricordarci del grande patrimonio che abbiamo e che continuiamo a svendere.
  In Italia, le grandi aziende quotate in borsa valgono 353 miliardi e sono per il 40 per cento in mano a stranieri, con percentuale in continuo aumento. Un 40 per cento di imprese italiane, in mano alle famiglie, ed il restante 20 per cento è in mano a banche, fondi pensione e Stato italiano.
  In Italia le aziende nel loro complesso, valgono 1.620 miliardi e sono per il 60 per cento in mano a famiglie e imprese; un 20 per cento è in mano a stranieri ed il restante 20 per cento è in mano a banche, fondi pensione e Stato.
  Le grandi imprese valgono di più rispetto a quelle estere, ma sono un tesoro sempre più in mano agli stranieri. Negli ultimi dodici mesi nonostante la crisi il valore delle società per azioni del nostro Paese è cresciuto di 44 miliardi, da 1.575, più o meno, a 1.620. Ma è in aumento di 30 miliardi – più o meno il 10,3 per cento – la quota di possesso detenuta da soggetti esteri, che complessivamente ora hanno 332 miliardi rispetto ai 301 di un anno fa.
  Cosa significa tutto ciò ? Semplice. Il sistema industriale e aziendale italiano è fondamentalmente composto di piccole e medie imprese, cosa nota e risaputa, controllate essenzialmente dalle famiglie italiane. Le grandi imprese, pur pesando per appena il 20 per cento del valore delle aziende italiane guidano, di fatto, Confindustria e le organizzazioni imprenditoriali, ma essendo controllate per il 40 per cento da stranieri di fatto questi ultimi tutelano i loro interessi e non quelli dei cittadini italiani. Come se tutto ciò non bastasse, hanno fortemente delocalizzato le produzioni all'estero, con tutto quello che ne consegue in termini economici e sociali.
  Quando ci renderemo conto e quando ci riprenderemo il controllo delle grandi aziende e siederemo ai tavoli che contano, dettando il nostro piano di sviluppo, allora Pag. 44torneremo ad essere grandi. Lo ripeto: la deindustrializzazione significa che non si fanno più politiche industriali di fatto. Lo Stato italiano è colpevole perché invece di aiutare complica la vita a chi vuole fare impresa in Italia e i problemi sono purtroppo noti: troppa burocrazia, male oscuro dell'Italia che complica la vita agli imprenditori senza generare valore; la corruzione dentro e fuori dalle istituzioni, che da decenni distrugge le opportunità di crescita e di innovazione, inibisce gli investimenti stranieri, mangia posti di lavoro, aggrava le disuguaglianze sociali, penalizza la meritocrazia e apre la porta delle istituzioni alle mafie.
  Poi c’è la pressione fiscale – lo ripetiamo spesso – insostenibile, che rappresenta il maggiore ostacolo alla creazione di nuovi posti di lavoro, distruggendo quelli preesistenti senza peraltro essere in grado di arginare l'avanzata del debito pubblico. In più, abbiamo firmato trattati che ci vincolano a restituire quota parte del debito pubblico in vent'anni, per un totale che si aggirerà a circa 50 miliardi l'anno di manovra quando facciamo fatica a trovare le coperture dell'IMU sulla prima casa, un balzello che ci ha tenuti incollati alle dichiarazioni e ai decreti per mesi che facevano e disfacevano.
  Dobbiamo renderci conto fino ad ora che se davvero dovremo fare dal 2015 queste manovre draconiane antidebito allora resterà poco da spendere per agevolazioni alle imprese, per esempio sul credito d'imposta, defiscalizzazione, incentivi alle start-up o fablab. Nell'attuale scenario, colleghi, con l'obiettivo di risanare il nostro debito pubblico vendere asset pubblici è, anzi sembrerebbe, una strada quasi obbligatoria. Il tentativo – ci teniamo a ribadirlo – è purtroppo vano. Anche se vendessimo tutte le quote di partecipazione pubblica – e lo dico anche a Scelta Civica – la cifra che otterremmo non superebbe i 10 miliardi contro oltre 2 mila miliardi di debito e stiamo parlando di imprese che generano indotti e occupazione. Infatti, il rendimento di un euro investito nelle suddette società, ENI ed Enel ad esempio, è superiore agli interessi pagati su un euro di debito che verrebbe eliminato dalla vendita delle partecipazioni. Pagare il debito pubblico, vendendo partecipazioni è, quindi, contabilmente senza senso !
  Invece di svendere la parte di patrimonio pubblico che è redditizio, come ENI ed Enel, dobbiamo immaginare di costruire uno Stato attento agli sprechi, capace di spendere con oculatezza i nostri denari, investire nelle infrastrutture che impediscono ad oggi un collegamento tra Nord e Sud, capace di limitare la spesa improduttiva ed il costo eccessivo di gestione di un'impresa, semplificare la vita ai cittadini con poche norme, chiare, definitive, creare lavoro, puntando nei settori che fanno crescere il Paese, quali fonti rinnovabili e riqualificazione energetica, incentivando la ricerca scientifica e l'innovazione qualitativa. Insomma, tutto ciò che da decenni leggiamo come dichiarazioni di intenti dalla politica.
  Basta chiacchiere, basta con le mozioni generiche. Preferiamo poche cose ma concretizzate, impegni precisi ed efficaci al Governo, il coraggio di un'azione. Basta chiacchiere, ora servono i fatti. Per questo chiediamo a tutti di votare con coscienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fantinati. Ne ha facoltà.

  MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, ieri in discussione sulle linee generali, a nome del MoVimento 5 Stelle, ho provveduto ad illustrare alcune fra le motivazioni che hanno spinto il nostro gruppo a presentare la mozione su cui oggi chiediamo il voto favorevole di tutta l'Aula.
  Noi siamo davvero preoccupati che l'Italia possa perdere aziende strategiche e fondamentali per il suo sviluppo economico ed è per questo che esprimiamo senza esitazione la nostra ferma contrarietà alla vendita, ma possiamo benissimo chiamarla svendita, da parte del Governo delle residue quote pubbliche in imprese Pag. 45come Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Ferrovie, Fincantieri, le reti del gas e della luce, SNAM e Terna, RFI e Telecom.
  Perché diciamo questo ? Innanzitutto perché riteniamo che il Governo, e in particolare questo Governo, non abbia alcun diritto o titolo per procedere a questa vendita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Voglio ricordare infatti al Premier e a tutti Ministri che le aziende che ho poc'anzi citato non sono di loro proprietà; sono aziende costituite e consolidatesi nel tempo grazie agli sforzi di generazioni di italiani. Nessuno, né Letta né Saccomanni le possono vendere come se fossero cosa loro, perché non è così. Sono già tante le aziende nazionali che abbiamo perso nel corso degli anni e sarebbe davvero imperdonabile se ne perdessero ancora altre.
  La mia collega ha citato, bene o male, le nostre aziende italiane che non sono più italiane, non le voglio ripetere. Sono finite tutte in mani straniere e il Governo vorrebbe fare lo stesso adesso con Eni, Enel, Finmeccanica. Perché ? Perché il Paese dovrebbe privarsi di aziende strategiche sane, che producono, che danno lavoro, che sono il vanto del nostro made in Italy ? Queste aziende sono una risorsa imprescindibile per il Paese, mentre il Governo sembra trattarle come una zavorra di cui liberarsi. Perché mai, specie in una fase di recessione così pesante, con una disoccupazione a livelli così alti dovremmo depauperare un indotto formato magari da piccole e medie imprese che esistono intorno a queste grandi aziende ?
  Per giustificare le sue intenzioni il Governo dice che vendere le quote pubbliche di queste aziende serve, perché poi si incassano soldi per diminuire il debito pubblico. Ma qui mi fermo e faccio una pausa: ma pensate veramente che qualcuno in Italia sia disposto ancora a credervi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Il debito pubblico, sia sotto Letta che sotto Monti, è aumentato, nonostante vi fossero stati solenni e pubblici impegni a diminuirlo. Noi – e penso anche gli italiani – non ci fidiamo del Governo e delle sue promesse. Le privatizzazioni sono cosa troppo seria perché se ne occupi un Governo così debole. Non possono essere immaginate come una svendita di fine stagione per incassare qualche euro oggi, ma perdendo gli utili ben consistenti che queste aziende pubbliche garantiranno di dare nel prossimo futuro.
  E poi secondo voi se le svendessimo queste aziende chi le potrebbe comprare ? Ve lo diciamo noi, la risposta è semplice: le grandi multinazionali, gruppi finanziari speculativi internazionali che già detengono quote importanti del nostro debito pubblico. Daremmo di nuovo le chiavi di casa del nostro Paese a chi di questo Paese ne vorrebbe fare un solo boccone.
  Invece di svendere, chiediamo al Governo di investire in queste aziende in termini anche e soprattutto di ricerca e di sviluppo. Se si vuole privatizzare bisogna farlo in maniera strategica, pensando al futuro, non in maniera tattica per trovare, come già ho avuto modo di dire, coperture finanziarie per sopperire a qualche fittizia abolizione di qualche tassa o imposta, quando noi poi sappiamo bene che alle tasse il Governo ha solo cambiato il nome.
  Quando dico che il Governo dovrebbe investire sulle aziende pubbliche, mi riferisco ad una maggiore attenzione nella scelta del management. Non ci sfuggirà certo che ci sono personaggi le cui competenze manageriali peraltro non sono nemmeno comprovate. Sono messi lì da partiti e passano di CdA in CdA, quando addirittura non fanno parte contemporaneamente di più consigli di amministrazione.
  Queste persone, a fronte di stipendi milionari, spesso hanno prodotto risultati poco apprezzabili, fallimentari, senza pagarne quasi mai le conseguenze, anzi in taluni casi questi manager sono stati ricompensati con liquidazioni milionarie per avere impoverito le aziende pubbliche che hanno amministrato.
  C’è da rimanere allibiti perché nel settore privato e comunque da nessuna parte nel mondo un manager che lavora male viene poi gratificato, anziché essere cacciato.Pag. 46
  Riteniamo dunque che il Governo debba adottare da subito le politiche per tutelare il patrimonio industriale italiano, e non svenderlo, perché, altrimenti, ne deriverebbe un danno irreparabile per la nostra economia. Pensi piuttosto, Letta, ad intervenire sulle cause che impediscono al nostro Paese di crescere e di competere a livello internazionale. E su questi fronti bisogna agire per essere competitivi: bisogna eliminare la burocrazia, abbassare la pressione fiscale, colmare il gap infrastrutturale tra Nord e Sud, aumentare l'accesso al credito da parte delle banche, tutte cose che ho già detto ieri. Quindi, invece di svendere le nostre imprese, il Governo si adoperi, nelle pause in cui non è impegnato a discutere di rimpasti e di questioni personali dei Ministri, a colmare le carenze strutturali di cui ho accennato, che sono fonte di arretratezza per il nostro Paese.
  Il MoVimento 5 Stelle, come è noto a tutti, si sta battendo con tenacia contro le lobby del gioco d'azzardo. Le scommesse non ci piacciono. L'unica scommessa che però voglio fare è quella a favore del nostro Paese, affinché possa ripartire, affinché si possa fare impresa e produrre in Italia. Anche per questo, durante l'ultima legge di stabilità, ci siamo battuti con successo affinché i finanziamenti che lo Stato dà alle imprese vengano investiti da queste in Italia e non vadano all'estero. Non possiamo permetterci – e questo vale anche per le imprese pubbliche – che i soldi dei cittadini italiani, soldi pubblici, vengano adoperati per produrre ricchezza e lavoro all'estero e non in Italia. I soldi degli italiani devono restare in Italia e non servire, ad esempio, a Fincantieri per comprare stabilimenti in Asia perché lì costano meno.
  Alla luce di queste brevi considerazioni, invito tutti i colleghi deputati a condividere e appoggiare la mozione del MoVimento 5 Stelle con cui si impegna il Governo a non procedere alla messa sul mercato delle residue quote pubbliche delle grandi società partecipate dallo Stato. Anzi, chiediamo che esso adotti delle politiche per valorizzare, rendere più competitive nel mercato interno ed internazionalizzare le società partecipate dirette e indirette dello Stato.
  Più specificatamente, a nostro avviso, il Governo deve attuare un piano industriale per promuovere, attraverso misure di fiscalità di vantaggio, la ricerca e l'innovazione e la tutela del made in Italy in ogni settore produttivo.
  Chiediamo infine al Governo, in considerazione del fatto che alcune aziende pubbliche operano in settori assai delicati per gli interessi e la sicurezza nazionali (mi riferisco ai settori come l'energia e le comunicazioni), di attuare una vigilanza molto attenta e puntuale, in ottemperanza ai poteri previsti nella golden power.
  Spero che su queste richieste di buonsenso tutte le forze politiche possano trovare una convergenza, a dimostrare che tutti noi siamo stati eletti, fino a prova contraria, per fare gli interessi degli italiani, e non quelli di altri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ecco perché il MoVimento 5 Stelle vede troppo deboli la mozione del Nuovo Centrodestra e la mozione della Lega, concorda con la mozione di SEL e, invece, voterà contro la mozione di Forza Italia e voterà contro anche la mozione del Partito Democratico perché, per quanto magari potremmo essere d'accordo continuamente con i vostri slogan da campagna elettorale, è ora che si faccia veramente qualcosa. Basta parlare, basta parlare di rimpasti ! Facciamo veramente qualcosa per la nostra produttività italiana.
  Sento tanto parlare, in questo periodo, di cambio di passo. Non serve cambiare passo, basta fare il passo nella direzione giusta, verso gli italiani e verso la piccole e media impresa e verso il nostro sistema produttivo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianluca Benamati. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, questa è la seconda volta in poche settimane, in tre mesi, che in quest'Aula ci Pag. 47occupiamo di manifattura e di sistema industriale. Questa è la testimonianza dell'importanza che riveste questo tema per il Parlamento, e debbo dire che questa discussione avviene in un momento particolare, un momento in cui vediamo primi flebili segnali di ripresa nel sistema produttivo e in cui il Governo sta riorganizzando le azioni dei prossimi mesi. Questo consente a questa discussione di assumere un significato molto particolare. Siamo in un momento in cui abbiamo chiuso un anno, il 2013, ancora pesante per l'industria e la manifattura italiana. Il saldo delle aziende nate e morte in quest'anno è stato il peggiore degli ultimi dieci.
  Abbiamo avuto una perdita consolidata della capacità del sistema manifatturiero, attraverso questa crisi ormai più che quinquennale, di circa il 15 per cento – la capacità perduta –, con punte del 40 per cento in alcuni settori. Abbiamo visto crescere la disoccupazione, che ha superato abbondantemente il 12 per cento, con punte di elevata gravità nel settore della disoccupazione giovanile.
  Eppure, alcune notizie, alcune indicazioni possono farci pensare che una prima inversione di tendenza potrebbe occorrere in questo periodo. Già il settore manifatturiero che lavora per le esportazioni nel 2013, come nel 2012, è stato un bastione dell'economia del nostro Paese. L'industria italiana, da dati della Commissione europea che sono stati già citati, ha prodotto anche nel 2013 il 15,5 per cento del valore aggiunto generato in tutta l'economia del Paese: un dato superiore a quello della media europea. Alcuni indici industriali, come il Markit PMI index, che è un indice che si riferisce ai responsabili degli acquisti di migliaia di aziende in Europa, situano il nostro Paese fra quelli meglio collocati in area di ripresa e sviluppo.
  E allora siamo ottimisti ? No, non siamo ottimisti. Vogliamo evitare ogni incauto ottimismo oggi, perché il tessuto produttivo che sta uscendo da questa crisi è profondamente diverso dal tessuto produttivo che cinque, sei anni fa vi è entrato. Abbiamo – e lo diciamo con chiarezza – un rischio profondo di desertificazione industriale in diversi settori. Abbiamo la quasi certezza per un periodo di una ripresa senza lavoro. È per questo che noi chiediamo al Governo di focalizzarsi in questo momento, con un nuovo programma, su una politica industriale rinnovata. Una politica che, anche rispetto a quelle che sono le direzioni in ambito europeo, possa appoggiarsi su scelte strategiche, che sappia definire dei settori prioritari su cui allocare le risorse non cospicue, che rafforzi quelle misure attive che già il Governo ha messo in atto in questo periodo e intendo le misure per diminuire il costo dell'energia.
  Alcune cose sono state fatte in diversi provvedimenti. Occorre una maggiore incisività anche guardando nel complesso il sistema energetico, dalla produzione alla pulizia delle bollette per diminuire i costi dell'energia per le aziende e per i cittadini. Occorre rafforzare l'azione verso il taglio del cuneo fiscale che si è avviata, rimpolpando nel futuro quel Fondo per l'ampliamento di questa azione. Occorre continuare la politica che si è svolta di accesso al credito, perché ancora troppo spesso il credito limita le azioni delle aziende italiane.
  E poi occorrono misure quadro. Occorre alleggerire la burocrazia, dare tempi certi di attuazione dei provvedimenti e dell'ottenimento delle autorizzazioni. Occorre evitare le tasse occulte che gravano sulle aziende in tema energetico, in tema assicurativo, in tema burocratico. Questo è un Paese che sta iniziando a delocalizzare, non in Bulgaria, non in Romania, in Svizzera. E non lo facciamo perché gli imprenditori italiani amano il cioccolato e gli orologi a cucù, ma perché trovano delle risposte celeri ai problemi esistenti.
  Poi c’è il tema, il problema delle grandi aziende e qui credo che il Governo possa muoversi nel giusto passo, nella giusta direzione, rinforzando quelle azioni che ha già iniziato a mettere in campo. E anche qui vorrei essere chiaro: grandi aziende pubbliche e grandi aziende private. Le grandi aziende sono un valore per questo Paese – per troppo tempo abbiamo Pag. 48evitato questa parola –, sono un valore e sono per questo una cura che il Governo deve considerare.
  Per quanto riguarda il settore privato, ho sentito in alcuni interventi citare il caso della FIAT. Il caso della FIAT è sicuramente un caso innovativo e vincente di competizione all'interno di un mondo selvaggio, che è quello della produzione dell'auto, globalizzato e altamente concorrenziale. Noi chiediamo al Governo in questo, però, nel vedere positiva l'evoluzione dell'azienda FIAT, di tenere alto il tema del contatto con l'azienda per avere certezza degli investimenti, delle capacità produttive in Italia, della permanenza e dello sviluppo delle fasi di progettazione, di ricerca e di design nel nostro Paese all'interno di questa nuova realtà multinazionale.
  Poi ci sono anche dei casi di aziende private privatizzate più di recente come Alitalia. In questo caso devo dire – e lo dico spassionatamente, da chi su questi banchi, nella legislatura scorsa, fu opposizione di quel processo di privatizzazione condotto in maniera veloce e per certi aspetti anche raffazzonata con l'obiettivo di un malinteso spirito nazionalistico, che ci fece rinunciare ad un proficuo accordo internazionale per aggirarci attorno a una soluzione di una compagnia che presentava già molti problemi – che oggi il nostro tema, signor sottosegretario, non è quello della nazionalità di Alitalia, ma è quello di porci la questione se questo Paese, un Paese che ha nel turismo, nella manifattura e negli affari dei bastioni della propria economia, può fare a meno di un grande vettore aereo internazionale che abbia la base nei nostri aeroporti e la base logistica nel nostro Paese, che porti flussi turistici direttamente a Milano, a Roma e a Venezia senza dover passare da Amsterdam, Francoforte o Parigi. Questo è il tema vero.
  E allora devo dire, signor sottosegretario, che quello che ella ci ha detto all'inizio della sua introduzione rispetto alla continuità aziendale, al ruolo degli scali italiani, al tavolo per il trasporto aereo, alle misure messe in campo, anche con l'ingresso di Poste Italiane all'interno di questa compagine, ci rassicurano, ma noi le chiediamo di operare in questo settore con rinnovata vitalità.
  Così come ci rassicura quanto lei ci ha detto di Telecom, che per noi è un argomento molto delicato. Lo ebbi già a dire nel precedente intervento sul tema della manifattura: grandi sono le preoccupazioni per l'occupazione, ma grande è la preoccupazione per la difesa dell'interesse e della sicurezza nazionale rispetto alla rete di telecomunicazioni che è all'interno di quell'azienda.
  Noi chiediamo, signor sottosegretario, per il tramite del Presidente, la completa attuazione della legge n. 56 del 2012 sui poteri speciali a tutela delle aziende di interesse nazionale nel caso in cui esse contengano infrastrutture strategiche per il Paese. Chiediamo anche, perché è nel nostro dispositivo – e non sono gli unici i colleghi di SEL che hanno posto questo tema –, una revisione della disciplina dell'OPA.
  Diciamo che, signor sottosegretario, quello che lei ha detto in termini di Telecom rispetto alla tutela dell'occupazione ed alla separazione della rete sono parole che in questo ci confortano.
  Questi sono fatti, questi sono passi nella giusta direzione.
  E allora spendo le ultime parole, prima di avviarmi alla conclusione, sul settore delle aziende pubbliche. Qui, signor sottosegretario, voglio fare una riflessione generale: mi auguro che questo Governo – e vado a concludere, signor Presidente – voglia evitare di considerare le aziende pubbliche come è stato fatto negli ultimi anni e dagli ultimi Governi, cioè come poltronifici, sistema per sistemare gli amici su quelle poltrone o al meglio come pure partecipazioni societarie, ma dia già in questo una diversa visione ed attribuisca ad esse finalità strategiche, perché sono strumenti di politica industriale.
  Quindi, per esempio nel caso di Finmeccanica, bene la strategicità del settore aerospaziale, bene che Fincantieri abbia opportunità di valorizzazione e possa essere e continuare ad essere una Pag. 49grande realtà internazionale, bene che Ansaldo Energia, consolidata a livello nazionale, affronti il mercato e le collaborazioni internazionali da un ruolo non ancillare.
  Chiediamo anche supporto e sviluppo per BredaMenarini, per Ansaldo Breda e per Ansaldo STS.
  Concludo, signor Presidente e signor sottosegretario, dicendo che questo per noi è il momento di agire, questo è il momento di rinforzare il passo nella giusta direzione.
  Abbiamo di fronte a noi eventi che ci daranno incisività, come la Presidenza dell'Unione europea, e visibilità, come l'Expo 2015.
  Il futuro nel settore manifatturiero industriale di questo Paese è ancora nelle nostre mani, ma si decide ora, con le nostre azioni e con le scelte che faremo adesso e nel prossimo futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Prendiamo posto.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Airaudo ed altri n. 1-00196 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ferro...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  511   
   Votanti  439   
   Astenuti   72   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato
 126    
    Hanno votato
no  313).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Abrignani ed altri n. 1-00299, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Latronico, Rostellato, Terzoni, Folino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  511   
   Votanti  462   
   Astenuti   49   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
  54    
    Hanno votato
no  408).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Allasia ed altri n. 1-00300, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Rostellato...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  510   
   Votanti  338   
   Astenuti  172   
   Maggioranza  170   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  318).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fantinati ed altri n. 1-00301, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Salvo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 50

   (Presenti  511   
   Votanti  441   
   Astenuti   70   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 123    
    Hanno votato
no  318).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benamati, Dorina Bianchi, Cimmino, Buttiglione ed altri n. 1-00308 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  514   
   Votanti  410   
   Astenuti  104   
   Maggioranza  206   
    Hanno votato
 320    
    Hanno votato
no   90).    

  A seguito delle intese intercorse tra i gruppi, considerato il tempo a disposizione, lo svolgimento di ulteriori argomenti, iscritti all'ordine del giorno per il seguito dell'esame, è rinviato ad altra seduta. Sempre a seguito delle intese intercorse tra i gruppi, se non vi sono obiezioni, passiamo quindi direttamente al punto 7 dell'ordine del giorno, già previsto per le ore 18, recante la discussione sulle linee generali del disegno di legge di Conversione n. 1885 in materia di emergenza ambientale.
  Vi sono delle grida, ma non delle obiezioni. Deduco che, quindi, si possa procedere.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate (A.C. 1885-A) (ore 17,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1885-A: Conversione in legge del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1885-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Invito i colleghi che desiderano lasciare l'Aula, giacché non vi sono più votazioni, a farlo in silenzio.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Bratti, con la preghiera ai colleghi che intendono lasciare l'Aula di farlo in silenzio, mentre quelli che rimangono in Aula, a maggior ragione, diano la possibilità al relatore di intervenire. Grazie, prego, onorevole Bratti.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, iniziamo la discussione di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge che reca disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate. Voglio subito dire che dal punto di vista del contenuto... aspettiamo un attimo...

  PRESIDENTE. Onorevole Bratti, mi perdoni. Colleghi, allora, altrimenti sospendiamo la seduta per tre minuti e facciamo uscire i colleghi. A questo punto, sospendiamo la seduta per cinque minuti che riprenderà alle ore 17,20.

  La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 17,25.

Pag. 51

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  PRESIDENTE. Do la parola, quindi, al relatore per la maggioranza, se è pronto, perché vedo un grande affollamento. Ministro Orlando, deputato Rosato...
  Ha facoltà, dunque, di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Alessandro Bratti.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, iniziamo questa discussione su questo provvedimento che ritengo molto importante, che riguarda disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate. In realtà, il cuore del provvedimento focalizza l'attenzione su due aree importanti dal punto di vista geografico e non solo, che riguardano, una, la cosiddetta «Terra dei fuochi» della regione Campania e, l'altra, Taranto, diciamo il comune di Statte, per quanto riguarda Ilva, appunto, di Taranto.
  Quindi, noi ci siamo attenuti rigorosamente alle indicazioni del decreto per quanto riguarda il contenuto, perché, in realtà – e ne siamo perfettamente consapevoli –, le problematiche che emergono in queste due aree sono purtroppo comuni a diverse parti d'Italia e, quindi, questo provvedimento costituisce anche una sorta di progetto – lo chiamo così – pilota, anche per poter affrontare eventualmente altre emergenze.
  Ricordo che in Italia i cosiddetti siti di interesse nazionale erano classificati in un numero di 57, poi, alcuni di essi sono stati derubricati. Su 44 di questi siti è stato fatto un importante lavoro da parte del Ministero della salute attraverso l'Istituto superiore di sanità, con il cosiddetto progetto «Sentieri», che, tra l'altro, abbiamo ripreso all'interno dell'articolato. Come dicevo, sono aree che meritano, anche queste, un'attenzione particolare. Quindi, il provvedimento di oggi, come ho detto in precedenza, si limita, anche se non sono due aree secondarie, ad affrontare quelle particolari emergenze.
  In linea generale, ritengo che il provvedimento, grazie a tutte le forze politiche, al contributo e alla discussione che c’è stata in Commissione, sia un provvedimento che esce notevolmente migliorato; poi, cercherò di dire il perché. Abbiamo fatto una discussione di merito importante sui singoli emendamenti: ne sono stati presentati, ricordo, circa 350.
  Una parte di questi, una quarantina, una cinquantina quasi, sono stati dichiarati inammissibili, alcuni non per il contenuto, ma proprio perché non corrispondevano alla perimetrazione del decreto. Ma, ritengo di dire, oltre 150 sono stati o trasformati o approvati così come erano, oppure assorbiti dal relatore. Quindi, c’è stata una risposta nel merito molto, molto puntuale, credo positiva. Di questo devo ringraziare anche il Ministro Orlando perché tutti gli impegni che ha preso durante la discussione sono stati puntualmente rispettati. Questo credo sia molto importante.
  Arrivo in maniera generale a definire quelle che sono state e quelle che sono le parti salienti del lavoro e, quindi, i contenuti. Inizio da quelli che sono stati gli aspetti ambientali, che sono un pezzo importante, ovviamente, di questo decreto. Abbiamo di fatto allargato e approfondito il tema delle analisi dei terreni, estendendolo: non ci siamo solo limitati a considerare i terreni, ma anche la qualità delle falde di questi terreni, che possono essere eventualmente contaminati. Abbiamo rinforzato le modalità della mappatura dei terreni per distinguere quelli che possono essere dedicati all'agricoltura food da quelli che possono essere invece dedicati ad altre tipologie di colture, ovviamente, tenendo in considerazione che molti di questi dovranno essere oggetto, poi, di procedimenti di bonifica.
  Abbiamo chiesto che nei comitati tecnici che si formano ci sia un coinvolgimento di diversi enti di ricerca e organismi scientifici, intendendo, con questi, importanti Pag. 52istituti di ricerca che non erano stati inseriti, come ad esempio l'istituto INGV oppure le università, tra l'altro del posto, che negli ultimi tempi hanno elaborato studi importanti e caratterizzanti.
  Si potenzia, poi, ed era un tema che a noi stava molto a cuore, il controllo del territorio attraverso il recepimento di un emendamento importante che sposta tre milioni e mezzo di euro come contributo alla guardia forestale per attività specifica in Campania e in maniera specifica nella cosiddetta Terra dei fuochi.
  Abbiamo, inoltre, recepito anche una buona parte della discussione fatta su un altro provvedimento riguardo all'utilizzo delle Forze armate, limitando un contingente di 850 unità e recependo anche le indicazioni della Commissione affari costituzionali che ci diceva puntualmente che l'utilizzo di questi contingenti militari deve servire solo al contrasto e alla lotta alla criminalità organizzata.
  Credo che abbiamo anche fatto un buon lavoro rispetto agli organismi per la trasparenza e l'informazione. Ci sono diversi emendamenti che sono stati accolti che prevedono la pubblicazione sui siti web degli enti istituzionali competenti, così come ci è stato richiesto soprattutto dalle forze di opposizione; abbiamo anche proposto la costituzione di consigli consultivi con le associazioni dei cittadini e le maggiori organizzazioni ambientaliste ed agricole, dando anche una responsabilizzazione per fare questo alla regione Campania e agli enti locali.
  Inoltre, siamo intervenuti anche riguardo ad alcuni aspetti importanti della normativa ambientale che costituivano un po’ un ostacolo agli attuali commissari per procedere a processi di bonifica che tra l'altro non riguardano solo la Campania, lo voglio ricordare. Ad esempio, la richiesta di avere una legislazione più precisa sul tema della qualità delle acque irrigue credo che sia un emendamento molto importante, così come la richiesta dell'emanazione, relativamente al decreto legislativo n. 152 del 2006, di un decreto specifico, aspettato da tempo, sui livelli di contaminazione dei terreni agricoli.
  Ancora, per quanto riguarda l'Ilva, rimanendo agli aspetti squisitamente ambientali, mi riferisco agli articoli 7 e 8, abbiamo esteso l'impegno dell'applicazione durante la fase commissariale dal 70 al 80 per cento della realizzazione degli obiettivi AIA, perché ci è stato spiegato molto bene dal Ministro che alcuni di questi obiettivi sono azioni che si attivano e altri, invece, sono azioni che si concludono all'interno dell'autorizzazione ambientale integrata. Sempre per quanto riguarda l'Ilva, credo che abbiamo introdotto un punto fondamentale che è quello dell'avere le risorse economiche necessarie per poter attuare l'autorizzazione ambientale integrata anche attraverso l'attuazione del cosiddetto piano ambientale. Quindi, abbiamo proposto un percorso che riguarda una richiesta di ricapitalizzazione da parte dei soci, in primo luogo del proprietario principale, ma anche degli altri soci, ma non abbiamo escluso, anzi, rinforzato il procedimento per il ricorso alla possibilità di utilizzo delle quote economiche confiscate o messe sotto sequestro dalla magistratura. Abbiamo anche introdotto una tempistica, cosa che non era così. Infatti, abbiamo detto che tutti questi procedimenti si devono concludere entro il 2014.
  Arrivo poi agli aspetti sanitari che sono un punto forte che, come Commissione, abbiamo voluto e che probabilmente nel decreto originario non erano stati considerati. Abbiamo ripreso il Progetto SENTIERI dicendo che questo progetto, sia per l'area campana che per l'area dell'Ilva, riguarda uno studio approfondito e importante sull'epidemiologia e quindi sull'effetto dell'inquinamento ambientale sulla salute dei cittadini. Poi siamo riusciti ad ottenere, e questo grazie anche ad un lavoro di interlocuzione con il Ministero della salute, un finanziamento importante per quanto riguarda i cosiddetti screening sanitari.
  Adesso non voglio semplificare questa parola, screening sanitario, perché abbiamo anche sottolineato che i contenuti di questi screening devono essere comunque sempre definiti dall'Istituto superiore di sanità. Poi, per la prima volta – e Pag. 53questo credo sia importante –, in tutte le procedure che riguardano l'Ilva, abbiamo introdotto il concetto che anche il Ministero della sanità debba essere sentito riguardo ai diversi provvedimenti. Arrivo agli aspetti economici, che non sono assolutamente un dettaglio. Credo che uno degli emendamenti più importanti, che riguarda gli aspetti economici ma che credo sia anche un segnale etico, sia quello che riguarda l'utilizzo dei fondi, delle somme e i beni mobili riguardanti i beni confiscati, che sono riferiti, nella fattispecie, alla regione interessata – parlo della Campania –, ma che possono essere utilizzati in processi di bonifica. Era una richiesta che ci veniva da tutte le forze politiche, che ci veniva dai comitati, che ci veniva dalle discussioni che sono state fatte in questi giorni, che sono state accolte, così com’è stato accolto il fatto che una parte dei fondi del piano di sviluppo rurale che non è stata spesa dalla regione Campania, ma che era stata destinata proprio per attività di bonifica, possa essere utilizzata per potenziare l'attività di monitoraggio, nella fattispecie l'attività di monitoraggio delle falde. Poi, abbiamo anche introdotto la possibilità di utilizzare i fondi strutturali – a parte quelli del piano di coesione relativi alla programmazione attuale – per il periodo 2014-2020.
  Insomma, direi che complessivamente – adesso non voglio sparare dei numeri a caso – sia un decreto che entra con un valore di circa 3 milioni di euro ed esce, in due anni, attorno ai 65-70 milioni di euro. Questo per dare anche un ordine di grandezza del quantum finanziario messo a disposizione sia per gli aspetti ambientali che per gli aspetti sanitari. Aspetti normativi altrettanto importanti riguardano l'introduzione di un reato penale importante. Sapete che la prossima settimana vi sarà la discussione di un provvedimento – anche questo richiesto da tempo – concernente l'introduzione dei reati ambientali nel codice penale, ma abbiamo pensato – questa ovviamente è una richiesta che veniva dal Governo – di inasprire da subito il reato di combustione illecita dei rifiuti facendolo passare da contravvenzionale a un vero e proprio delitto, tenendo anche in considerazione altri aspetti che riguardano l'abbruciamento di paglia e residui di potature, che invece non sono interessati da questo inasprimento delle pene.
  Si introduce una procedura che è stata utilizzata per l'Expo 2015, per quanto riguarda il pericolo di infiltrazioni della malavita organizzata negli eventuali appalti che saranno realizzati per le bonifiche; questo è importante. Si tratta di un articolo molto dettagliato, per il quale dobbiamo ancora limare alcune questioni che vedremo in Comitato dei nove, ma è sicuramente molto importante. Per ultimo, e concludo, credo che abbiamo introdotto – e penso sia una conquista importante – una serie di norme da tempo aspettate e che riguardano la governance degli aspetti collegati al dissesto idrogeologico per quanto riguarda l'utilizzo dei commissari straordinari.
  Insomma, abbiamo costruito un percorso, attraverso una serie di emendamenti, in cui c’è un rientro graduale nell'ordinarietà. Noi, infatti, abbiamo sempre sostenuto che con il procedere in emergenza spesso i problemi non vengono risolti, ma che ci voglia un coinvolgimento degli enti locali e dei cittadini per poter risolvere i problemi di un determinato territorio. Ecco, ho concluso; ho fatto una carrellata generale di quelli che ritengo siano stati i punti fondamentali che siamo riusciti a mettere in questo decreto; un decreto che credo esca, come detto prima, profondamente migliorato. Di questo voglio ringraziare tutte le forze politiche che hanno dato un contributo credo fattivo in Commissione, al di là di alcune impostazioni di base che possono essere differenti rispetto ad alcuni temi, oltre, ovviamente, davvero ringraziare il Ministro per il lavoro costante, presente, e per aver mantenuto tutti gli impegni che come Commissione gli avevamo posto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Massimo De Rosa.

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  MASSIMO FELICE DE ROSA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, colleghi, Ministro, primi di novembre 2013: il MoVimento 5 Stelle presenta una mozione sulla Terra dei fuochi, a prima firma Di Maio; gli altri partiti corrono ai ripari, presentando mozioni analoghe. A dicembre 2013 il Governo italiano si accorge improvvisamente della gravissima situazione campana, e sull'onda dello sdegno popolare emana un decreto-legge sulle emergenze ambientali. Probabilmente anche questo passerà come un successo di capitan Letta o dell'ebetino di Firenze; sta di fatto che, come spesso è avvenuto, il MoVimento 5 Stelle riesce a portare in Parlamento temi concreti, argomenti ignorati da anni nelle Aule ma al massimo sbandierati a scopi elettorali nelle TV di regime.
  Avremmo voluto affrontare un decreto-legge che parlasse di tutte le situazioni di emergenza ambientali, che proponesse soluzioni generali e definitive per tutte quelle situazioni che causano danni all'ambiente e danni sanitari alle popolazioni residenti. Così non sarà, e per l'ennesima volta si tratterà di un decreto-legge che norma il caso specifico senza una visione generale, il solito decreto-legge che lava le coscienze senza risolvere nulla. Questo decreto-legge vuoto di contenuti è però l'unico mezzo di cui oggi disponiamo per poter migliorare la situazione dei cittadini campani, e abbiamo deciso di provarci.
  Presidente, Ministro, in questo decreto-legge i contenuti ce li mettiamo noi ! Abbiamo il dovere morale di ascoltare i cittadini e fare loro da megafono: per questo siamo andati nei territori più colpiti di Campania e Puglia, per raccogliere le richieste che venivano direttamente da quegli elettori che i colleghi degli altri partiti interpellano solo al momento del voto.
  Il lavoro in Commissione è stato immenso. Nonostante un sostanziale clima di collaborazione abbiamo sofferto un certo disagio. Sì, disagio: disagio nel dover lavorare con i rappresentanti di quei partiti che per anni hanno gestito le regioni interessate dall'emergenza ambientale e che sono parte in causa di questa emergenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Se il PD ha colpe innegabili di connivenza con il malaffare in queste regioni, Forza Italia dà sempre il meglio, presentando emendamenti di personaggi come Russo e Cesaro. Il deputato Russo è stato intercettato in colloqui ambientali e telefonici con Mautone, secondo gli inquirenti vicino ai clan della zona, durante le indagini sulle ramificazioni della camorra dell'agro nolano. I PM hanno firmato nei suoi confronti un'informazione di garanzia per violazione della legge elettorale e per concorso esterno in associazione mafiosa, poi archiviata. Questa persona è stata anche presidente della Commissione d'inchiesta sui rifiuti, nello stesso periodo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Luigi Cesaro, per gli amici (scusate la pronuncia) «Giggin’ a purpetta», è indicato dal collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo come «un fiduciario del clan Bidognetti», nell'ambito del maxiprocesso per lo scandalo dei rifiuti in Campania. L'11 luglio 2011 Luigi Cesaro viene ufficialmente indagato per il suo rapporto con il clan camorristico dei Casalesi.
  Capisce bene, Presidente, che il nostro non è stato un lavoro facile in Commissione ! Abbiamo portato sul tavolo dei lavori più di 140 emendamenti, cercando di incidere su un procedimento pessimo nei contenuti. Molte cose sono state modificate, ma ancora ci sono dei nodi da sciogliere per rendere questo decreto-legge anche solo passabile. Lo ripeto, passabile, perché questo decreto-legge non è e non sarà mai per noi la giusta via per affrontare il problema campano e pugliese.
  Esatto ! Pugliese: perché in questo decreto-legge troviamo anche una parte dedicata ad un'altro grande disastro ambientale e sanitario, il caso Ilva di Taranto. Si sono uniti due drammi per poi agire solo su uno, e poter derogare sull'altro.
  Sulla parte del decreto-legge che riguarda appunto l'Ilva si è potuto fare ben Pag. 55poco: abbiamo trovato una maggioranza «blindata», con nessuna apertura, nessun dialogo. Abbiamo trovato davanti a noi una maggioranza sorda, che bada più ai problemi dell'azienda, dei Riva, commissariati da una persona inadeguata, che a quelli ambientali e sanitari. Tuttavia siamo riusciti ad estendere lo studio epidemiologico e gli screening medici anche all'area tarantina: ormai era un dovere verso le popolazioni locali.
  Andiamo ora nel dettaglio. Abbiamo ottenuto la definizione di parametri precisi per la catalogazione dei terreni come food e no food. Ci devono essere meno incertezze: la catalogazione dev'essere svolta con analisi e limiti di tolleranza precisi.
  Abbiamo ottenuto l'inserimento della mappatura e della caratterizzazione dei pozzi e delle acque di falda, non presente all'inizio nel decreto-legge: saranno anche qui finalmente stabiliti i parametri di legge per le acque irrigue.
  Abbiamo chiesto di far ripartire lo studio SENTIERI, uno studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti al rischio inquinamento. Vogliamo anche l'istituzione del registro dei tumori e delle malformazioni congenite per tutte le aree SIN e comunque in stato di emergenza ambientale.
  Abbiamo ottenuto tutto, ma limitato alle aree campane e pugliesi. Chiediamo più informazione e trasparenza verso i cittadini. Siamo riusciti con alcuni emendamenti a ottenere una maggiore trasparenza e diffusione dei dati che si verranno a produrre durante le indagini ambientali.
  Si è, inoltre, introdotto l'obbligo, da parte del Ministero dell'ambiente, di documentare e rendere facilmente rintracciabili le risultanze di tutti gli interventi previsti dal piano delle misure ambientali e sanitarie per l'Ilva di Taranto.
  Riteniamo che molto vada ancora fatto su questo decreto. Vogliamo che il coordinamento degli enti durante le operazioni di mappatura e caratterizzazione nella Terra dei fuochi sia affidato al Ministero dell'ambiente, lo abbiamo già chiesto al Ministro. I Ministri hanno invece individuato, come ente coordinatore, l'agenzia per le erogazioni in agricoltura, l'Agea; probabilmente è l'ultimo regalo, l'ultimo colpo di coda del Ministro De Girolamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  L'Agea è un «ente-mangiatoia», un ente che non ha né la mission né le competenze per questo ruolo. Se vogliamo guardare poi all'opportunità di questa scelta, per lo meno sorgono dei dubbi. Infatti parliamo di un'agenzia che ha funzionato male, commissariata fino a poco tempo fa, tuttora sotto inchiesta da parte della Guardia di finanza e con a capo una persona, Giovanni Mainolfi, che è stata coinvolta nello scandalo della loggia P3, e non bastava, anche della P4 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Forse, Presidente, sono io a essere prevenuto, perché Giovanni Mainolfi, detto «’o maresciallo», ha un curriculum impeccabile ma, almeno a leggere alcuni interrogatori inediti dell'inchiesta sulla P3 scovati da l'Espresso recentemente, è stato assai vicino sia ad Alfonso Papa che a Pasquale Lombardi, quest'ultimo considerato dai PM di Roma uno dei vertici dell'organizzazione segreta che avrebbe cercato di pilotare appalti, sentenze giudiziarie e effettuato dossieraggi contro avversari politici. La persona giusta al posto giusto !
  Ma proseguiamo. Vogliamo che le caratterizzazioni e le mappature in Campania riguardino tutte le aree che negli ultimi vent'anni sono state agricole, anche solo per un periodo. Questo per evitare di trovarci con bombe ecologiche e sanitarie ben piazzate sotto a ex terreni agricoli ora edificati. Voi vivreste in quelle case ? Chiederemo questi controlli con forza perché non intendiamo essere responsabili di altri malati e altri morti.
  I terreni «no food» non devono diventare facile preda del business delle biomasse. Il decreto rischia di spingere verso colture non agroalimentari che possono rivelarsi un boomerang sul lato ambientale se destinate alle agro-energie e alla chimica verde.Pag. 56
  Abbiamo presentato emendamenti per dare forza alle proposte dei cittadini nell'ambito della Commissione e del Comitato che si occuperanno della terra dei fuochi. Le discariche dell'Ilva vanno caratterizzate e devono sottostare alle normative e ai controlli senza deroghe. Basta deroghe, vogliamo controlli e vogliamo sanzioni ! I parametri che definiscono il rispetto della progressiva adozione delle misure previste dall'AIA devono riferirsi alle prescrizioni adempiute e non alle avviate. Coscienti della situazione che stanno vivendo le popolazioni pugliesi e campane, abbiamo voluto dare un senso a questo decreto, un decreto nato male che non condividiamo nell'impostazione ma che abbiamo cercato di rendere utile come strumento per recepire le istanze dei cittadini.
  Molto altro sarà da discutere in Aula in questi giorni. Questo decreto è la conseguenza del fallimento delle istituzioni locali, regionali e nazionali che negli anni sono state colluse, assenti o conniventi con la malavita organizzata e le lobby di potere. Non pensate che questo decreto sia una vittoria per qualcuno. È l'Italia intera che ha perso, ha perso un'altra occasione per fare qualcosa di serio e concreto per le popolazioni di Taranto e della Campania (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Onorevole De Rosa, mi è stato segnalato che nel corso del suo intervento – onestamente non l'ho ascoltato – avrebbe usato un'espressione poco felice, «ebetino di Firenze», glielo ripeto io. Poiché è stata registrata e lei l'espressione effettivamente l'ha usata, richiamo lei e tutti i colleghi, come sempre, all'uso di un linguaggio consono. Non aggiunge e non toglie nulla usare...

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Ci siamo anche regolati !

  PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, sto parlando con il suo collega De Rosa. Non toglie e non aggiunge nulla al contenuto, che è assolutamente legittimo, del suo intervento. Il linguaggio può essere usato in maniera diversa (Commenti dell'onorevole De Rosa). Non ha la parola, onorevole De Rosa. È un richiamo ad un linguaggio consono.

  MASSIMO FELICE DE ROSA, Relatore di minoranza. Modifico la parola !

  PRESIDENTE. No, non c’è bisogno che la modifichi perché purtroppo è registrata, quindi non la può modificare.
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, innanzitutto parto dalle considerazioni svolte dal relatore per la maggioranza Bratti dicendo che condivido quanto da lui sottolineato, perché condivido che sono stati fatti miglioramenti importanti rispetto al testo del decreto arrivato in Commissione.
  Le ricadute economiche e l'allarme sociale provocato dalla pericolosità dei prodotti agroalimentari campani interessano l'intero Paese poiché ne va di mezzo la salute dei cittadini, non solo della regione Campania, ma di tutto il Paese. Infatti, la distribuzione commerciale dei prodotti e la movimentazione delle merci avviene attraverso canali complessi e diversificati che nella nostra epoca è impossibile limitare e circoscrivere.
  Diventa quindi urgente e indispensabile acquisire una fotografia dello stato di contaminazione dei terreni della cosiddetta «terra dei fuochi» attraverso la mappatura delle aree interessate da inquinamento e vietare in queste aree le colture di specie destinate all'alimentazione umana o animale.
  Del resto, risulta a tutti chiaro ed evidente il fallimento delle istituzioni locali e regionali che avrebbero dovuto affrontare da anni la drammatica situazione di questi territori contrastando gli interessi Pag. 57della criminalità organizzata. Nonostante le chiare competenza della regione Campania in materia di rifiuti il Governo ha scelto la strada dell'intervento d'urgenza e la logica emergenziale – e duole considerare che quest'emergenza, piaccia o no, dura ormai da un ventennio – per far fronte al pericolo «terra dei fuochi».
  Sulla base di tale logica il decreto istituisce comitati e commissioni, adotta programmi straordinari di intervento, dispone la riprogrammazione dei fondi del piano di azione e coesione della regione Campania per individuare le risorse necessarie e prevede l'impiego delle Forze armate in funzione di ordine pubblico. Si tratta di interventi eccezionali di emergenza che, secondo il nostro gruppo, discostandosi dalle garanzie che offrono le procedure ordinarie delle leggi dello Stato, rischiano di tradursi in un'ulteriore infinita proroga dell'emergenza rifiuti della regione Campania e perpetuare i disastri, le inchieste giudiziarie, gli appalti truccati e la corruzione che hanno caratterizzato i luoghi in questi ultimi anni.
  L'articolo 1 del decreto-legge disciplina la procedura della mappatura dei terreni, affidando all'ISPRA e all'ARPA Campania lo svolgimento delle indagini tecniche, sulla base di direttive interministeriali che dovranno stabilire indirizzi comuni e priorità, anche facendo riferimento a strumenti di telerilevamento.
  È stata una grave lacuna del testo il mancato riferimento a indagini dirette sui territori, perché, come abbiamo ribadito con i nostri emendamenti, solo la caratterizzazione ambientale effettiva dei suoli potrà garantire la congruità dei terreni e delle falde idriche per la coltivazione dei prodotti alimentari.
  I telerilevamenti non bastano, a nostra opinione. Occorre effettuare sondaggi, scavi, perforazioni, carotaggi, analisi fisiche e chimiche dei campioni di suolo e delle acque di falda per poter acquisire la giusta conoscenza dello stato di fatto.
  Durante l'esame in sede referente nella Commissione ambiente il testo, come dicevo all'inizio, è stato migliorato nel senso di prevedere il ricorso alle migliori tecniche disponibili per lo svolgimento di queste indagini.
  Purtroppo, non possiamo ritenere risolta la situazione nella terra dei fuochi con l'emanazione del decreto-legge in discussione. Non riteniamo le norme proposte in grado di far cambiare vita e costume ad una società che da anni ha maltrattato la propria terra o di far riformare il comportamento degli amministratori che da anni hanno trascurato il proprio territorio – e direi anche i propri doveri – e hanno permesso l'inquinamento di terreni agricoli fertili, il tombamento e l'incendiamento di rifiuti.
  Il grande numero di enti coinvolti apporterà un aggravio delle responsabilità e una eccessiva frammentazione delle informazioni. Avremmo preferito la previsione di un unico soggetto istituzionale responsabile, che non potrebbe essere altro che la regione, quale soggetto competente in materia di gestione dei rifiuti e in materia di bonifica di siti inquinati a carattere regionale.
  Non ci convince il ripetuto appello alla debolezza della regione Campania che, come già dimostrato dalla cronica situazione di emergenza rifiuti in cui versa il territorio, richiama il continuo intervento dello Stato centrale per raddrizzare la situazione e prevenire conseguenze peggiori, nel paradosso di vedere nella città di Napoli il problema dei rifiuti che viaggia contestualmente al record mondiale per numero di operatori ecologici o, se vuole, di spazzini.
  Inoltre, riteniamo incongruo, rispetto alla generale condotta del Governo, il riferimento all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, la cosiddetta Agea, che con la riforma degli enti, in osservanza alla spending review, doveva essere soppressa. Non riteniamo, quindi, opportuno assegnare ulteriori compiti a tale Agenzia perché delle due l'una: o la spending review è una presa in giro, oppure evidentemente non si capisce per quale motivo enti che dovrebbero essere soppressi vengono invece gravati di ulteriori competenze.Pag. 58
  Inoltre, le disposizioni contenute nel decreto-legge non sono di immediata applicazione, ma contengono una serie di rimandi a direttive ministeriali di indirizzo e a decreti attuativi, che appesantiscono l'azione rendendo macchinoso l'intero sistema, nonostante si tratti di un'area di intervento ben delimitata; e qui, in quest'Aula, poi ci stupiamo che tutti quanti vogliamo meno burocrazia, però poi, alla fine, quando facciamo le leggi, non ci si riesce mai.
  All'articolo 2 non condividiamo la previsione di diversi organismi interministeriali, cioè comitato e commissione, che hanno i medesimi compiti nell'individuazione delle azioni di monitoraggio, tutela e bonifica dei terreni campani.
  La determinazione degli indirizzi da parte dei Ministri si ritiene superflua visto che alla fine i Ministeri che partecipano sia al comitato che alla commissione sono esattamente gli stessi; quindi, a nostro parere, sarebbe bastato un unico organismo. La nomina, invece, di due organismi rischia di produrre semplicemente lungaggini e spese che devono assorbire gli stessi organismi statali.
  Né ci soddisfa l'ennesima commissione di esperti proposta dalla Commissione ambiente in sede referente: se il Governo è voluto intervenire nella situazione di inquinamento della terra dei fuochi, dovrebbe essere lo stesso Governo, attraverso le direzioni ministeriali competenti, a prendersi la responsabilità della programmazione e del coordinamento degli interventi, senza scaricare ad altri le proprie competenze.
  Poi, al comma 4 dell'articolo 2, non riteniamo opportuna la nomina di ulteriori commissari straordinari per la regione Campania, dopo che il decreto già istituisce un comitato e una commissione apposita; ciò in considerazione dell'esigenza di trasparenza ed efficacia delle azioni che, in passato, in Campania, non sono state garantite dalle gestioni commissariali dell'emergenza rifiuti.
  Non condividiamo, inoltre, al comma 5, sempre dell'articolo 2, la possibilità dell'integrazione delle risorse occorrenti con eventuali ulteriori risorse, finalizzate allo scopo, nell'ambito dei programmi dei fondi strutturali europei 2014-2020, perché tale disposizione si presenta alquanto incerta e vaga, lasciando presagire risorse illimitate per la bonifica della regione Campania, nonostante esistano altri siti inquinati su tutto il territorio nazionale, con analoghe problematiche, ovviamente provocate non dalla combustione illecita di rifiuti, ma da cause industriali; cioè noi denunciamo che qui si rischia di destinare dei fondi illimitati alle bonifiche della regione Campania, quando altri territori del nostro Paese aspettano, chi da trenta, chi da quaranta, chi da cinquant'anni, delle risorse per fare delle bonifiche su altri territori.
  Anche in quei territori vi sono dei problemi di carattere sanitario, non soltanto nella regione Campania. So già che verranno poi presentati tanti ordini del giorno da vari colleghi nei quali si dice che interveniamo anche a Marghera, a Seveso e nell'alessandrino, però è un dato di fatto che gli ordini del giorno sono tanto belli, quanto poi, il più delle volte, ahimè, inutili. Vorremmo vedere delle azioni concrete per questi territori che aspettano da un cinquantennio, invece che tante belle parole, o, al massimo, un pezzetto di carta che qui chiamiamo «ordine del giorno».
  Poi, proprio in tema di risorse finanziarie, riteniamo indispensabile l'integrazione dell'articolo 2 con una disposizione che preveda che la regione Campania presenti annualmente al Parlamento una relazione per la rendicontazione delle risorse effettivamente destinate alla bonifica dei siti industriali e dei terreni contaminati.
  Il ricorso a strumenti repressivi e l'ampliamento delle soglie delle sanzioni penali, come quelle previste dall'articolo 3, sono strumenti utili, ma non sufficienti a garantire la tutela dell'ambiente. Non basta offrire la possibilità ai prefetti di utilizzare l'esercito per perseguire i responsabili. Occorrono azioni sinergiche che coniughino prevenzione, informazione, controllo, repressione e obblighi di riparazione del danno da parte dei responsabili, Pag. 59nonché il coinvolgimento e la ferma volontà di intervento da parte delle istituzioni.
  Per raggiungere ciò, occorrono modifiche legislative organiche e strutturali che intervengano sull'intero sistema della normativa in materia ambientale. Gli accavallamenti normativi nell'ambito dello stesso codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, rischiano di disorientare gli operatori, creare confusione e lasciare ai giudici il compito di districarsi tra le norme.
  Infatti, l'incenerimento dei rifiuti, ai sensi dell'allegato B della parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, figura come una pratica di smaltimento di rifiuti che, se non autorizzata, ai sensi dell'articolo 256, comma 1, dello stesso codice, è già punibile con la pena dell'arresto da 3 mesi a un anno o con l'ammenda fino a 26 mila euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi, e con la pena dell'arresto da 6 mesi a due anni e sempre con l'ammenda fino a 26 mila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
  Quello che noi vogliamo dire è che non si capisce per quale motivo, se c’è un'aggravante di pena per chi appicca questi incendi ai rifiuti, non vi è, al contempo e parimenti, un intervento serio e chiarificatore per il problema dell'abbandono dei rifiuti. Perché è di tutta evidenza che, se i rifiuti non fossero per strada o non fossero sparsi sui territori, non ci sarebbe nessuno che potrebbe poi dargli fuoco.
  È vero che nel decreto si dice che a coloro che abbandonano i rifiuti con il fine poi di appiccare il fuoco vengono inasprite le pene. Però, mi dovete spiegare come si fa a legare il fatto che uno abbandona i rifiuti con il fine di appiccare il fuoco, o come ciò sia a lui riconducibile se poi non è lui stesso che sta appiccando fuoco. Non so, glielo si chiede ? Si guarda se nelle tasche ha i fiammiferi o l'accendino ? A parte i casi particolarmente evidenti e, direi, di criminali un po’ storditi, che magari arrivano lì con l'accendino e la tanica di benzina, in tutti gli altri casi penso che il problema dell'abbandono dei rifiuti, che poi è il vero problema cronico della regione Campania, resti assolutamente irrisolto.
  Inoltre, riteniamo che il testo del Governo non chiarisca in modo inequivocabile che le spese per la bonifica devono essere a carico di chi inquina, cioè dei soggetti che hanno provocato il danno, appunto sulla base del principio «chi inquina paga». Siamo soddisfatti dell'accoglimento in Commissione ambiente di un nostro emendamento che prevede l'obbligo del ripristino dello stato dei luoghi, del risarcimento del danno ambientale e del pagamento delle spese relative alla bonifica da parte del responsabile dell'incendio illecito dei rifiuti.
  Poi, non si capisce come si potrà dimostrare la funzionalità dell'abbandono alla successiva combustione, quello che dicevo prima parlando a braccio, e punire l'intenzione della combustione con la stessa pena della condotta già avvenuta della combustione illecita dei rifiuti.
  Il nostro gruppo poi non condivide il comma 3 dell'articolo 5, che dispone che gli enti locali della regione Campania utilizzino le risorse della sezione enti locali del Fondo anticipazioni liquidità del decreto-legge n. 35 del 2013 per il pagamento dei debiti per oneri di smaltimento dei rifiuti maturati al 31 dicembre 2009 nei confronti dell'unità tecnica-amministrativa, ovvero il pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti della stessa unità. Cioè, tradotto dagli aspetti di carattere tecnico, gli enti locali della regione Campania, siccome non hanno le risorse, si faranno prestare i soldi dalla Cassa depositi e prestiti.
  Il problema è che in quest'Aula, al di là di quella che sarà la versione ufficiale – e, cioè, che diremo tutti «no, ma tranquilli, i soldi in questo caso sono solo prestati» – sappiamo benissimo (e la storia di provvedimenti analoghi in questo Paese insegna) che i soldi che vengono prestati a questi enti locali, che tutto hanno tranne che l'essere virtuosi, purtroppo non torneranno mai alle casse centrali. Quindi, i cittadini, non so, marchigiani piuttosto che quelli della Basilicata pagano le tasse per Pag. 60la mancanza della regione Campania e per smaltire i rifiuti della regione Campania, per le bonifiche e anche per i prestiti che andranno fatti agli enti locali, particolarmente indebitati, sempre della regione Campania.
  La relazione illustrativa del provvedimento afferma che la norma vuole favorire il recupero da parte, appunto, dell'unità tecnica-amministrativa campana della somma di questi 150 milioni di euro, con i quali provvedere alla realizzazione degli interventi e delle attività che sono alla base della proroga di cui al comma 1 dell'articolo 5. Non è chiaro, appunto, se tali risorse esistano attualmente presso la Cassa depositi e prestiti, che ha già, comunque, disposto anticipazioni di liquidità agli enti richiedenti per complessivi 3,6 miliardi di euro attualmente in corso di erogazione (per l'IVA che è stata aumentata ricordo che non è stato trovato un miliardo di euro, mentre qui sono 3,6, quelli che sono in corso di erogazione da parte della Cassa depositi e prestiti).
  Chiaramente l'articolo 13, comma 8, del decreto-legge n. 102 del 2013 ha previsto l'integrazione delle risorse della sezione enti locali per l'anno 2014, con un incremento della dotazione complessiva del Fondo anticipazioni liquidità per 7,2 miliardi di euro, destinando tale incremento ad ulteriori pagamenti.
  Poi ancora non si condivide il fatto che il comma 3 dell'articolo 5 stabilisce una priorità per il pagamento dei debiti dei comuni campani nei confronti dell'UTA, senza definire limiti agli importi utilizzati per tale scopo.
  Con riferimento al comma 4 dell'articolo 5, riteniamo che la questione del riconoscimento dell'applicazione dei versamenti contributivi previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici con gestione dell'INPS al personale assunto dal commissario straordinario a tempo determinato al 31 marzo 2013, e successivamente prorogato al 31 marzo 2014, per la gestione degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli nord, Foce Regi Lagni e Cuma, doveva essere risolta con un provvedimento amministrativo e non doveva diventare oggetto di un provvedimento di urgenza come un decreto-legge.
  Del resto si tratta di un problema applicativo creatosi a seguito della mancanza di una specifica previsione nell'ordinanza del 9 maggio 2012, n. 4022, che ha trattato la gestione dei predetti impianti e ha previsto che il commissario delegato dovesse avvalersi delle unità di personale in quel momento in servizio presso i medesimi impianti.
  Si condividono, invece, le norme agevolative per la nomina dei commissari per il rischio idrogeologico, vista la continua emergenza in cui versa il Paese su questo fronte, e le norme che risolvono taluni problemi applicativi del decreto-legge n. 61 del 2013, relativamente al commissariamento dell'ILVA e in generale per il commissariamento straordinario degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti per l'ambiente e la salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.
  Mi pare di leggere in questo decreto-legge comunque il tentativo di continuare ad andare nella direzione di garantire l'occupazione, tra l'altro su questo versante e quindi su questo fronte condividiamo pressoché tutto del decreto.
  Ribadiamo comunque la necessità di predisporre una normativa organica in materia di amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, anziché intervenire in maniera sporadica con provvedimenti di urgenza ogni qual volta si manifestano questioni critiche.
  In considerazione pertanto di una serie di disposizioni positive che sono comunque contenute nel decreto-legge e del fatto che la Commissione ambiente della Camera – e ringrazio ancora il relatore – ha condotto un proficuo esame del provvedimento, che ha corretto su più punti il testo del Governo, anche risolvendo alcune questioni sollevate con i nostri emendamenti, il nostro gruppo non presenterà un testo alternativo al presente decreto.

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  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, semplicemente per ringraziare in modo sentito tutti i gruppi parlamentari che hanno contribuito al miglioramento e al rafforzamento delle finalità del decreto-legge. Io considero l'esigenza di emanare questo decreto effettivamente basata su presupposti di urgenza. Certo, la crisi che si è venuta a determinare in quest'area è una crisi che persiste da molti anni. Questo non fa venire meno l'esigenza di procedere con rapidità nell'intervenire sulla crisi stessa, che, come ho avuto modo di rammentare, non considero esclusivamente una crisi di carattere ambientale, ma bensì la conseguenza di una crisi di carattere istituzionale, dovuta oggettivamente ad una carenza delle istituzioni nell'intervenire e nell'affermare in quei luoghi la sovranità dello Stato. Sarebbe lungo probabilmente e ci dividerebbe la ricostruzione delle ragioni che hanno prodotto questo vero e proprio black out democratico. Tuttavia, credo che possiamo convenire sul fatto di dover agire e agire con grande rapidità, offrendo alle popolazioni interessate degli elementi di certezza e degli strumenti di intervento. Questo fa il decreto.
  Questo fa il decreto – voglio dirlo – introducendo dei riferimenti che partono da un contesto locale, ma che assumono anche una valenza di carattere generale. Siamo partiti ad affrontare il tema della classificazione dei suoli con una procedura che è stata migliorata, io credo, anche grazie al contributo di alcuni commissari; siamo arrivati ad affrontare anche il tema del monitoraggio delle falde – e in questo voglio esplicitamente dire che il contributo del MoVimento 5 Stelle è stato significativo – e si è poi arrivati a determinare – e questo credo che sia un altro elemento importante – per la prima volta una parametrazione dei caratteri delle acque necessarie all'irrigazione. Quindi, ha ragione l'onorevole Grimoldi: si parte da visioni specifiche e da contesti specifici, però, quando è stato possibile, questo approccio non ha impedito anche l'elaborazione di una normativa che potrà avere un carattere più generale.
  Sempre in questa direzione, voglio dire che noi costituiamo, a mio avviso, una premessa importante per un ulteriore passo: mi riferisco al tema dello screening sanitario. In questo caso, è vero, si tratta soltanto di due realtà, non ultime dal punto di vista della criticità ambientale nel nostro Paese, però la quantità e, io voglio dire anche, l'ambizione dei due interventi consente, a mio avviso, di porre in modo strutturale il tema del rapporto tra ambiente e salute. Non lo risolviamo qui, non lo poteva risolvere questo decreto, ma questo decreto pone le condizioni perché questa discussione sia affrontata e risolta nell'ambito di un altro provvedimento che presto arriverà in Aula ossia il «collegato ambientale».
  Sul fronte della repressione, anche in questo caso, si agisce, assumendo alcuni strumenti che io credo fosse doveroso mettere a disposizione delle forze dell'ordine e della magistratura, ma non si rinuncia, anche in questo caso, poiché esiste un provvedimento che è all'esame della Commissione giustizia, ad un approccio di carattere sistemico. In qualche modo, noi anticipiamo con questo decreto una serie di strumenti, per poi sistematizzarli in quel contesto.
  Da questo punto di vista potrei dire, anzi devo dire, che a molte cose ha provveduto, nel miglioramento di questo testo, la discussione e un corretto svolgimento della dialettica tra maggioranza e opposizione e all'interno delle stesse forze di maggioranza. Io mi auguro che questo tipo di approccio possa proseguire in Aula e che si evitino, in qualche modo, delle polemiche che hanno un carattere esclusivamente propagandistico. Davvero da questo lavoro può infatti arrivare un segnale al Paese che non costituisce un merito: non farò dichiarazioni, se questo decreto sarà rapidamente convertito, di tripudio per il Governo, ma di rivendicazione del ruolo delle istituzioni tutte e del Parlamento, perché credo che, da questo Pag. 62punto di vista, il risultato debba essere ascritto come un risultato di tutti coloro che con buona volontà hanno contribuito ad andare in questa direzione. In questo senso, la questione che è stata posta su chi deve presidiare o dirigere o rivendicare un ruolo centrale nel processo di classificazione dei suoli deve essere affrontata. La questione del ruolo di Agea all'interno di questa procedura, non deriva da una subordinazione di una struttura rispetto all'altra. Se fosse una questione di prestigio o se fosse una questione di rilievo pubblico, probabilmente avrei accettato la logica della competizione tra Ministeri che ci è stata proposta da alcuni interventi. Ritengo, invece, che la logica che si deve seguire sia una logica di funzionalità: Agea sarà probabilmente soppressa – non so – in base alla spending review, ma Agea in questo momento è la struttura che ha, al suo interno, il maggior numero di informazioni che riguarda il tema della Terra dei fuochi e dei suoli agricoli nella Terra dei fuochi.
  Noi per troppo tempo – quando dico «noi» in questo caso parlo di tutte le istituzioni –, assecondando una competizione tra diverse istituzioni, abbiamo consentito, non che non si scattassero fotografie a quel territorio, ma che se ne scattassero troppe, spesso in contrapposizione una con l'altra, dove ogni ente gelosamente custodiva le informazioni che aveva raccolto nel corso del tempo.
  In una logica di funzionalità quello che dobbiamo fare, invece, è utilizzare la banca dati più importante, che è quella di AGEA, e far convergere su questa struttura l'insieme di tutte le informazioni che ci consentiranno finalmente di dare un dato di certezza, che – guardate – risponde ad alcuni elementi che io considero fondamentali: da un lato, certo, la tutela della salute, la tutela dell'ambiente, ma, dall'altro, anche la tutela delle imprese che non sono state neanche lontanamente coinvolte dal fenomeno Terra dei Fuochi e che sono state, invece, colpite dal punto di vista economico, sulla base spesso di un'informazione sensazionalistica. In questo caso, la risposta che dobbiamo dare è quella delle certezze, perché le certezze – la certezza dello screening ambientale, la certezza della classificazione dei suoli, la certezza dell'analisi delle acque – da un lato, risolvono il tema del rischio di strumentalizzazioni e di speculazioni. Abbiamo visto come alcuni competitori economici abbiano approfittato di questa vicenda nei confronti della filiera agricola campana.
  Ma c’è anche il rischio della sottovalutazione. Se il sensazionalismo ha potuto svilupparsi è perché spesso rispetto agli allarmi lanciati non c’è stata una risposta basata sui fatti, ma semplicemente un'alzata di spalle. Se, invece, agli allarmi che vengono e che sono giustificati da una situazione drammatica, che ha caratterizzato quell'area come altre aree del Paese, si risponde producendo dei dati, questo è l'unico modo attraverso il quale si può in qualche maniera rassicurare senza apparire superficiali o senza apparire distanti dalle esigenze dei cittadini.
  Credo che si siano affrontati anche dei temi importanti che riguardano la questione della partecipazione e della trasparenza delle informazioni. Non sarà la svolta su questo tema, ma dei passi avanti sono stati compiuti. E io mi auguro che degli ulteriori passi avanti, anche sulla base dell'embrione che è contenuto in questo decreto-legge, possano essere compiuti nella direzione della costruzione di forme nuove, di istituti nuovi di partecipazione. Annuncio che nelle prossime settimane porterò in Consiglio dei Ministri un provvedimento che disciplinerà il tema del dibattito pubblico nel nostro Paese.
  Per tutte queste ragioni io credo che questo provvedimento vada letto per gli strumenti che mette a disposizione per affrontare delle crisi che sono in essere. E parliamo di fatti, non semplicemente di grida manzoniane, perché il tema delle risorse è stato richiamato dal relatore e fa sì che a fronte di ogni obiettivo ci siano anche risorse disponibili per il sostegno alle imprese, per le bonifiche da realizzare, per lo screening ambientale, per la georeferenziazione. Ma in questo provvedimento non ci sono soltanto gli obiettivi Pag. 63e gli strumenti per intervenire. Ci sono, a mio avviso, anche dei semi, degli elementi embrionali che possono essere ulteriormente sviluppati. Alcuni lo sono già nell'ambito del testo stesso, altri potranno essere ripresi in prossimi provvedimenti dal Parlamento.
  Per questo io davvero, senza nessuna forma cerimoniale, voglio ringraziare tutti coloro che hanno dato un contributo fondamentale nella discussione appartenenti a tutte le forze politiche, perché da tutte le forze politiche sono venuti contributi importanti, e naturalmente in primo luogo il relatore, che è stato il fulcro di questo lavoro e che ci ha portato – io credo – a un risultato che potrà essere ulteriormente migliorato, ma che sicuramente è un grandissimo passo avanti nella direzione da tutti auspicata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, io vorrei che, quando affrontiamo problemi di questa gravità, un po’ tutti ci sforzassimo di parlare non ai nostri tifosi, ma, se possibile, a tutti i cittadini. Io penso che tutti hanno ribadito che c’è stato un grande lavoro comune in questo provvedimento, poi si può discutere di tutto. Voglio essere sincero fino in fondo.
  Io non sono affatto certo che questo provvedimento, in ordine ai due punti che affronta – cioè sia il tema della Terra dei fuochi, sia il tema dell'ILVA – sia sufficiente a sostenere una situazione che si è compromessa gravemente nel corso degli anni. Quello di cui sono sicuro è che noi abbiamo fatto il possibile. Abbiamo fatto il possibile per rafforzare una scelta giusta del Governo di emanare un decreto in questa direzione, ma che arrivava in Parlamento con una strumentazione inadeguata.
  Qui voglio essere anche di nuovo franco con i colleghi anche dell'opposizione: molte critiche sono condivisibili, cioè è chiaro che nella vicenda campana c’è stata nel passato una grave inadempienza da parte delle istituzioni e delle forze politiche. Io la vicenda la conosco bene, esiste da tantissimo tempo quella vicenda ed è chiaro anche che la struttura del commissariamento, in Campania come in altre parti d'Italia, è servita molto spesso più per raccogliere risorse che non per risolvere i problemi. In Campania penso si siano spesi o sono stati impegnati qualcosa come 4 miliardi di euro per i commissariamenti che hanno interessato la vicenda dei rifiuti ed il problema non è risolto ed anzi voglio dire che uno dei cambiamenti che sono stati introdotti anche nel decreto è stato quello di avviare un superamento dei commissariamenti, riducendo la proposta che veniva dal Governo, condizionandoli di più, perché è chiaro che quello strumento non funziona, non ha funzionato, nella maggior parte dei casi non ha funzionato.
  Quindi dobbiamo capire ragionevolmente come andare avanti.
  Ed è anche vero che, oltre ad un'inadempienza da parte delle istituzioni e delle forze politiche, c’è stata una trascuratezza di questo fenomeno per molto tempo.
  Ora qui però francamente evitiamo di fare i bambini che dicono: «Mio, mio, mio !». Non è così: la desecretazione dell'audizione di Schiavone è stata chiesta da tutta la Commissione ambiente e su questi terreni c’è stato spesso un lavoro comune ed anche miglioramenti introdotti in questo decreto sono stati figli di emendamenti prodotti dalle forze di opposizione e dalle forze di maggioranza. Per esempio, per quanto riguarda la «partita sanitaria», c’è stato un forte impegno nel recuperare un tentativo – che già avevamo fatto con un decreto precedente – di introdurre anche nella vicenda di Taranto elementi di tutela dei cittadini e delle popolazioni: non ci eravamo riusciti e siamo riusciti a recuperarlo in questa situazione.
  Si poteva fare una cosa più ampia ? Sicuramente sì.
  Il Ministro ha ricordato che arriverà un collegato ambientale, che può essere la sede in cui allargare il ragionamento per cui è stato fatto. Non abbiamo voluto Pag. 64allargare oltre misura «la partita penale», perché rischiavamo di fare un lavoro superficiale ed affrettato, mentre arriva in Parlamento – o dovrebbe arrivare in Parlamento – la prossima settimana un testo di legge unificato, che è figlio di una proposta di legge che ho presentato io, che ha presentato il collega Micillo del MoVimento 5 Stelle, che ha presentato la collega Pellegrino di SEL, che affronta in maniera più organica la materia. E non aveva senso, in questa sede, correre di fretta, perché la fretta qualche volta fa i gattini ciechi.
  E abbiamo cercato, in questo decreto, rigorosamente di applicare le prescrizioni che ci sono venute con maggiore durezza, dopo il pasticcio del «salva Roma», di rimanere al merito del provvedimento. Quindi, abbiamo cercato di fare bene il nostro mestiere di parlamentari.
  L'abbiamo fatto – lo voglio dire non per richiedere... – anche impegnandoci personalmente, perché voglio ricordare che la Commissione ha lavorato – e qui rinnovo i complimenti al lavoro straordinario fatto non solo dal relatore Bratti, che sappiamo essere anche competente fortemente in materia, ma anche per l'accompagnamento che abbiamo avuto dal Ministro Orlando, che è stato sempre presente nei momenti in cui era necessaria la sua presenza – tra Natale e Capodanno, ha ascoltato non solo le istituzioni, ma anche i comitati di cittadini, le associazioni ambientaliste, i soggetti che potevano essere interessati alla vicenda; è tornata al lavoro prima della Camera dei deputati, perché sapevamo che avevamo poco tempo.
  Avevamo poco tempo perché un decreto ha i tempi che ha e perché volevamo consentire anche al Senato di fare il suo lavoro.
  Ed avevamo poco tempo perché per troppo tempo queste questioni sono rimaste senza soluzioni.
  Io so bene che questa vicenda, la vicenda della Terra dei fuochi, la vicenda della illegalità in Campania è un male antico.
  Lo stesso slogan «Terra dei fuochi», lo stesso nome «Terra dei fuochi», fu inventato da un dossier di Legambiente del 2003, ripreso da Saviano nel 2006.
  È una partita antica ed abbiamo fortunatamente avuto recentemente un movimento popolare di indignazione – che ha coinvolto cittadini, comitati, la Chiesa, le istituzioni – che ha fornito una pressione sulla politica per superare le inerzie del passato.
  Infatti, troppe volte nel passato questi fenomeni sono stati considerati fenomeni di serie B, sono stati considerati fenomeni non importanti, sono stati considerati, anche purtroppo in quelle terre, dei fenomeni rispetto ai quali chiudere un po’ gli occhi. Questo è accaduto. È accaduto e voglio ricordare che di questo hanno beneficiato in maniera massiccia, sia imprese poco onorevoli di tutta Italia, sia i clan della camorra in Campania. Li voglio ricordare i nomi dei quindici clan che sicuramente hanno tratto profitto dallo smaltimento illegale dei rifiuti in Campania perché questi erano e sono i nostri nemici. Sono gli Alfieri, i Belforte, i Bidognetti, i Birra-Iacopino, i Casalesi, i Crimaldi, i Fabbrocino, i Galasso, i La Torre, i Mallardo, i Marfella, i Mazzacane, i Moccia-Maione, i Nuvoletta e gli Schiavone. Questi hanno tratto profitto da questa vicenda. Essere riusciti ad introdurre nel decreto-legge il fatto che una parte dei beni che possono essere ricavati dai sequestri a questi clan vadano ad affrontare le bonifiche prioritarie in Campania, lo ritengo un atto positivo dal punto di vista economico, ma per certi aspetti ancora più importante dal punto di vista simbolico.
  I miglioramenti introdotti nel decreto-legge sono stati ben ricordati da Alessandro Bratti. Noi abbiamo introdotto innanzitutto la «partita sanitaria» che non c'era nel decreto-legge. Sono 25 milioni di euro per quest'anno e 25 milioni di euro per l'anno prossimo che verranno utilizzati sotto la supervisione dell'Istituto superiore di sanità, sia per la «Terra dei fuochi», che per i cittadini di Taranto. Non è poco, è un primo passo, è un precedente importante. Sono stati introdotti nuove tipologie Pag. 65di reato e nuovi strumenti di interdizione alla criminalità con ricorso anche all'Esercito. Io mi auguro che funzioni il reato di abbruciamento dei rifiuti. Non ne sono certo. Bisognerà anche che l'insieme delle misure che sono previste nella legge di introduzione dei reati penali in campo ambientale lo si incardini in un sistema di contrasto all'illegalità in questo settore in cui l'Italia da troppo tempo è indietro. È anche utile che il Parlamento finalmente metta a lavoro la Commissione bicamerale di inchiesta sui rifiuti che finalmente è stata approvata, ma che può essere uno strumento anche utile in questa direzione.
  Sono stati introdotti interventi a sostegno dell'agricoltura. Noi oggi abbiamo approvato, senza voler essere schizofrenici, una mozione sulla vicenda dell'agricoltura che riguarda appunto l'etichettatura dei prodotti agroalimentari. Infatti, sappiamo che quella della qualità e del legame con il territorio è una frontiera importantissima per il nostro Paese. In quel territorio c’è stata una ferita profonda perché quando un'importante azienda della Lombardia dice che per garantire i cittadini ha usato solo pomodori lombardi – anche emiliani, ma adesso non entro nel merito della qualità dei pomodori, ma mi sento di spezzare una lancia a favore dei pomodori campani, però non è questo l'oggetto del contendere di questo dibattito parlamentare, in quanto potrei parlare anche di mozzarella di bufala e di tante altre cose – fa un danno anche all'onore di un'agricoltura di straordinaria qualità che è difficile valutare. Dobbiamo sapere, però, che nel provvedimento abbiamo cercato di rafforzare anche le misure che possono essere usate, dopo aver perimetrato pure terreni che, invece, purtroppo, non potranno più essere coltivati perché sono stati inquinati, per sostenere un'agricoltura di straordinaria qualità.
  Sono stati rafforzati gli strumenti di partecipazione ed è stato, come ricordava bene di nuovo il relatore Bratti, riscritto e potenziato quello che è il cuore del provvedimento per quanto riguarda l'Ilva, cioè il fatto di garantire le risorse per la realizzazione del risanamento ambientale e per la bonifica, a partire dai beni che possono essere recuperati dagli azionisti e segnatamente dalla famiglia Riva.
  Questo è il cuore del provvedimento circa la vicenda dell'Ilva. Io vorrei essere franco anche qui. Io so che sull'Ilva ci sono punti di vista diversi, però io qui difendo la scelta che è stata fatta, che è difficile, che spero funzioni, che è quella, però, di tenere assieme l'ambiente e la salute con quel sito produttivo, anche perché troppi posti in Italia sono stati abbandonati come luoghi produttivi e sono rimasti luoghi di degrado anche dal punto di vista ambientale e sanitario.
  Se volete facciamo un lungo elenco. La scelta fatta è una scelta difficile anche sul piano istituzionale perché vi ricordo che il nostro è l'unico Paese dell'Occidente in cui è stato varato un commissariamento di un'azienda per motivi ambientali e sanitari e non c’è nessun altro Paese al mondo in cui questo è stato fatto. È stato fatto a fronte della gravità della situazione che si è realizzata all'Ilva, di nuovo una gravità, come in Campania, figlia anche di opacità della politica e delle istituzioni ma questa scelta molto netta va sostenuta, va accompagnata, vanno trovate le risorse e cerchiamo di farlo in questo decreto-legge e va portata avanti perché fare un passo indietro provocherebbe problemi da tutti i punti di vista.
  Abbiamo usato – e lo voglio dire e dobbiamo essere grati – come propellente (questo anzitutto vale per il Governo ma vale anche per noi) per avere la forza per introdurre queste misure, anche questo straordinario fenomeno di partecipazione che sono state le iniziative e le manifestazioni a partire da quella più importante, quella del «Fiume in piena», che si è realizzata a Napoli, di cittadini che finalmente vogliono prendere in mano il proprio destino e che chiedono alla politica e alle istituzioni un cambio di passo.
  Voglio dire anche – e mi avvio a terminare – che questo decreto-legge però non parla solo di ambiente e di sanità ma parla anche di due cose molto importanti che si chiamano legalità ed economia. Si chiamano legalità perché senza legalità Pag. 66non c’è un Paese civile, in misura diversa ovviamente, ma quelli che noi oggi stiamo affrontando sono problemi figli dell'assenza della legalità, figli dell'assenza di certezza del diritto, figli dell'assenza di controlli, figli dell'assenza delle istituzioni e senza di questo non c’è futuro.
  E stiamo parlando di economia perché, se abbiamo in mente un'Italia che affronta la crisi, dobbiamo avere in mente un'Italia che lo fa, da un lato, salvaguardando le sue risorse più preziose, il territorio, le comunità, la qualità dell'agricoltura, la qualità dei prodotti (su questo credo che siamo d'accordo ampiamente in questo Parlamento) e che lo fa a partire da un'industria che scommette sull'innovazione, che scommette sull'ambiente. Noi non saremo competitivi nel mondo con industrie straccione che puntano a tirare il collo agli impianti e che non fanno investimenti in innovazione, che non difendono la salute e che non difendono l'ambiente. Quindi, ritengo questo provvedimento straordinariamente importante anche dal punto di vista della legalità e dell'economia. L'Italia che c’è in questo provvedimento è un'Italia che prova ad affrontare la crisi, facendo l'Italia, tirando fuori le sue energie migliori.
  In questo momento stanno avendo successo, a livello diverso, due bei film italiani. Ha vinto il Golden Globe «La grande bellezza» di Sorrentino e consiglio a tutti di andare a vedere anche il film di Virzì, «Il capitale umano». Entrambi ci parlano di un'Italia contraddittoria: penso alla bellezza di Roma che c’è ne «La grande bellezza», però un'Italia che è anche cinica, rassegnata. C’è una battuta quella più famosa del film di Virzì in cui la moglie frustrata dice al marito: «Avete scommesso sul declino di questo Paese e avete vinto».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 18,35).

  ERMETE REALACCI. Ecco noi non vogliamo scommettere sul declino di questo Paese. Noi sappiamo che i problemi che stiamo affrontando sono figli anche di un declino che non è stato solo un declino economico ma è stato anche un buio della legalità, un buio della dignità, un buio dell'onore di questo Paese. Quelle istituzioni che non hanno fatto la loro parte, quei politici che non hanno fatto la loro parte, quegli imprenditori che non hanno fatto la loro parte certo non hanno applicato l'articolo 54 della Costituzione che dice che le funzioni pubbliche devono essere adempiute con disciplina ed onore. Non c’è stato onore in questa vicenda, non è facile ritrovarlo dall'oggi al domani. Non sono certo che questo provvedimento sarà sufficiente ma certo questo provvedimento vuole dare anche onore a quelle terre e all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Realacci, anche per la citazione cinematografica. È iscritto a parlare l'onorevole Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, voglio ripartire dalla parola «bellezza», una parola talvolta dimenticata dalla politica, dal racconto di quest'Aula, dalla capacità nostra di riconnetterci anche alla salubrità di un paesaggio, alla capacità di stare sulle cose importanti e di utilizzarla anche come strumento motore di cambiamento, di innovazione, di recupero dal punto di vista economico e produttivo.
  E voglio partire da un luogo, che è paradigmatico dell'abbandono da parte dello Stato, dell'abbandono della memoria innanzitutto e della sottovalutazione della bellezza e dell'attivismo, invece, ricco, diffuso, di un pezzo di società civile, che è riuscita a convincere la politica e il Governo che recuperare un sito reale come Carditello serviva innanzitutto per parlare alla «Terra dei fuochi» e rilanciare quell'area sul terreno turistico, sul terreno culturale e anche sul terreno economico e produttivo. Io voglio partire da lì, perché, altrimenti, non riusciamo a capire cosa è accaduto in questi anni.
  Io lo vorrei dire sommessamente anche ai colleghi che dicono che è un problema Pag. 67della Puglia, è un problema della Campania, è un problema del Mezzogiorno, il luogo delle impotenze di questo Paese. Il Mezzogiorno è stato terra di conquista: se noi non affrontiamo questo nodo su questo terreno non riusciamo a renderci conto effettivamente, signor Ministro, del perché siamo oggi costretti ad intervenire attraverso la decretazione d'urgenza e attraverso la necessità di individuare una nuova strumentazione legislativa per affrontare la grande questione della bonifica della regione Campania.
  Ma come dicevo prima partendo da Carditello, la bonifica non può essere solo ambientale, la bonifica non può essere solo di quei siti, e poi ci verrò: la bonifica significa un grande piano per il Mezzogiorno, un grande piano di messa in sicurezza di quell'area, un grande piano per la cultura, per il lavoro, per l'economia verde. E quel grande piano significa che il nostro Paese ritorna a unirsi e non diventa esclusivamente il luogo attraverso cui raccontare le cose che non vanno. Cari colleghi della Lega, l'inquinamento della «Terra dei fuochi» è anche, e soprattutto, l'inquinamento delle aziende del Nord, che hanno immaginato la regione Campania e il Mezzogiorno d'Italia come uno sversatoio di un modello di sviluppo che non riusciva a chiudere il ciclo dei rifiuti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 18,40).

  ARTURO SCOTTO. E oggi siamo costretti ad intervenire. C’è stata l'incapacità, la corruzione, la collusione di una classe dirigente, di classi dirigenti, che si sono alternate nel corso degli ultimi cinquant'anni al potere in quelle aree. Ma c’è stata anche una fragilità profonda del tessuto associativo, della cosiddetta società civile, di un pezzo della borghesia di questo Paese, che ha immaginato che bastava il profitto immediato invece che la cura della terra, la cura dei prodotti alimentari, la cura dei prodotti industriali: un modello di sviluppo ed economico diverso. Invece, abbiamo assistito nel corso degli anni ad una svendita di quella terra e su questo terreno le organizzazioni camorristiche funzionavano come una sorta di global service che, attraverso il ciclo dei rifiuti, riuscivano a ripulire i soldi e riuscivano a costruire fortune immense.
  Questo è il contesto nel quale è cresciuto questo grande tema. E in questo contesto noi dobbiamo intervenire in maniera profonda, chirurgica: ci vorranno altri fondi, altri provvedimenti, altri strumenti. Ci vorranno innanzitutto, però, procedure rapide e trasparenti, la capacità di fare presto e la capacità di fare bene. Ci vuole un grande piano per uscire dall'emergenza: bisogna evitare che si immagini che la soluzione commissariale sia una soluzione eterna.
  Bisogna ridare fiducia ai cittadini e agli enti locali; bisogna contemporaneamente riuscire ad immaginare che anche la presenza dell'Esercito – che a noi non convince perché ci sembra una scorciatoia, mentre invece andavano attivate di più le forze dell'ordine, andava fatto un investimento più forte su questo terreno – sia una presenza temporanea e legata esclusivamente, come dire, alla vicenda che noi affrontiamo oggi delle bonifiche, della mappatura del territorio, della liberazione di forze per reprimere il fenomeno dei roghi.
  Contemporaneamente bisogna, però, andare ad intervenire subito e rapidamente e bisogna anche avere un'idea di sviluppo; un'idea di sviluppo significa, da un lato, immaginare per i terreni «no food» – e noi lo proponiamo con un emendamento e chiediamo al Governo e alla maggioranza di rifletterci – una riconversione di quei terreni da bonificare per la canapa e il veltiner; è uno strumento che può dare, da un lato, un ristoro più rapido al territorio e ai terreni inquinati e, dall'altro, può innescare ulteriori elementi di sviluppo e un indotto molto forte.
  Chiediamo, allo stesso tempo, che accanto al giusto e sacrosanto screening sanitario sia istituito il registro dei tumori: i dati dei tumori sono drammatici, sono dati che parlano di una Spoon River, di Pag. 68donne e di uomini che ci raccontano, da un'altra dimensione, dei propri figli morti, del proprio parente che è scomparso, del proprio compagno che si è ammalato, di un pezzo di società che è stata devastata dal traffico illecito dei rifiuti, dagli sversamenti, dall'inquinamento, dall'avvelenamento della terra, delle falde acquifere e dei prodotti alimentari, dalla mano criminale della camorra e dalla mano collusa di una certa politica e di sistemi di potere che sono alimentati dai commissariati dei rifiuti e dai commissariati delle bonifiche.
  Dobbiamo intervenire bene, e facciamo bene sullo screening sanitario, ma bisogna rapidamente istituire il registro dei tumori, bisogna contemporaneamente accelerare e sbloccare, come è previsto, grazie anche ad un'iniziativa molto forte delle associazioni e dei comitati, quei beni mobili confiscati alla camorra che come previsto nella modifica del decreto-legge devono andare rapidamente alle bonifiche. Quei beni mobili confiscati sono quello strumento che fa dire alla popolazione, e che ricostruisce anche un patto di solidarietà tra lo Stato e la popolazione, che chi ha inquinato paga e chi ha inquinato paga con i propri soldi, paga con i beni di cui si è appropriato illecitamente nei confronti dei cittadini.
  Bisogna scommettere sulla società civile attiva, su quello straordinario popolo misto di donne e di uomini che hanno sfilato nel corso degli ultimi anni e nell'ultimo mese per chiedere uno stop al biocidio, per chiedere un'altra Campania e un altro ambiente. Su questo terreno il controllo delle associazioni è fondamentale, così com’è fondamentale che le gare vengano espletate, come abbiamo chiesto e ottenuto, con evidenza pubblica, perché non può esserci neanche un minimo margine alla discrezionalità nell'utilizzo di quei fondi, perché c’è un passato che parla chiaro.
  Occorre, dunque, un intervento rapido e occorre individuare, anche, i soggetti che lo attuano; quei soggetti sono i consigli consultivi che non devono avere soltanto un ruolo formale, ma che devono essere parte integrante di un processo di riscatto di un'area e bisogna attivare tutti gli operatori dell'agricoltura, dell'ambiente e dell'industria pulita, perché queste bonifiche siano una grande occasione. Dalle avversità si possono aprire stagioni nuove di opportunità per la regione Campania, per la regione Puglia, per il Mezzogiorno.
  Dobbiamo farlo, però, in tempi davvero rapidi.
  Noi abbiamo poco tempo davanti. Abbiamo la necessità di offrire risposte forti, radicali. Occorre una scelta che non sia soltanto di facciata, e lo sforzo che è stato fatto deve incrociare anche lo sforzo che nel corso degli ultimi anni hanno fatto tante associazioni, tanti mondi ambientalisti.
  Se oggi si può parlare in regione Campania di «rifiuti zero» è perché c’è stato anche un pezzo del mondo dell'associazionismo, dell'ambientalismo e anche della sinistra politica che ha avuto la capacità di porre questo tema quando sembrava una bestemmia.
  Su questo terreno – lo dico al Ministro Orlando, che so essere sensibile e profondo conoscitore della regione Campania – non possiamo immaginare che la vicenda delle eco-balle finisca esclusivamente con la scelta di costruire nuovi impianti di termovalorizzazione, soprattutto nei luoghi che sono stati maggiormente colpiti dai fenomeni di cui sopra, di cui ho parlato prima, e che sono stati vittime delle scelte scellerate che sono state adottate da imprese private e anche da una politica che ha compiuto molti errori.
  Concludo. Noi abbiamo una valutazione ovviamente positiva del lavoro che è stato fatto nelle Commissioni. Non è vero che ci sono stati dei muri che si sono alzati; c’è stata una reciprocità, c’è stata una capacità di ascolto, c’è stata la consapevolezza comune che le istanze che venivano portate avanti, anche da noi, molto critiche, fossero un punto di vista che andava rispettato, che andava ascoltato e che andava preso in considerazione.
  Ovviamente non tutte le questioni che abbiamo posto sono state accolte. Pensiamo che nel corso del dibattito dell'Aula Pag. 69ci sia ancora la possibilità di migliorare il decreto con gli emendamenti che verranno posti, e chiediamo a tutti, da questo punto di vista, un supplemento di attenzione, di impegno e di ascolto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, interverrò su alcuni aspetti particolari di questo decreto-legge, rimandando all'intervento di altro collega una valutazione più complessiva del provvedimento, che comunque salutiamo certamente con favore.
  Il primo degli aspetti particolari su cui vorrei intervenire riguarda l'ambito dei problemi di carattere sanitario. Dico subito che salutiamo con soddisfazione come, su sollecitazione della XII Commissione, sia stato inserito, in qualche modo, un meccanismo di controllo del rischio sanitario, con particolare riferimento alle patologie neoplastiche e a quelle malformative; un aspetto che paradossalmente era trascurato nella versione originaria. Sarebbe stato, infatti, paradossale se un decreto che ha come incipit proprio quello di considerare l'estrema gravità sanitaria di un fenomeno – questo era appunto l’incipit del provvedimento – non avesse poi contenuto di fatto nessun provvedimento di carattere sanitario.
  È per questo, quindi, che salutiamo con particolare favore il riferimento all'allargamento a queste zone a rischio dello studio epidemiologico SENTIERI, pur facendo rilevare, come abbiamo fatto rilevare già in Commissione affari sociali, che occorrerà ripensare in qualche modo l'impianto dello stesso studio epidemiologico, perché i dati di mortalità, come è ovvio che sia, innanzitutto non fanno riferimento a fattori di rischio attuali, ma magari a fattori di rischio che sono partiti alcuni anni a monte; e poi, soprattutto, ovviamente non tengono conto, perché non possono tenerne conto, dei soli fattori di rischio ambientale, ma magari sono condizionati anche da altri eventi, quali per esempio la precocità della diagnosi, che è legata all'efficienza delle strutture sanitarie o all'efficacia dei meccanismi di cura, anch'essi legati alla qualità delle istituzioni sanitarie della zona.
  Inoltre, per definizione, gli studi di mortalità rischiano di essere aggregati troppo per macroaree, e quindi di non tener conto del rischio ambientale che si verifica in vicinanza di specifici siti.
  Sottolineiamo, quindi, dicevo, con piacere questo aspetto, così come sottolineiamo con piacere che siano stati messi a disposizione... Mi scuso, ma ci terrei che il Ministro ascoltasse. Dicevo, saluto con piacere che siano stati messi a disposizione 25 più 25 milioni di euro per effettuare questo tipo di screening; anche se la fretta talvolta è nemica della precisione, e all'articolo 1, comma 1-bis, si fa riferimento paradossalmente di nuovo a qualcosa che era stato pensato probabilmente per il rischio ambientale intorno all'Ilva di Taranto, perché si fa particolare riferimento al superamento dei valori stabiliti per le polveri sottili: qualcosa che evidentemente con il rischio campano ha relativamente poco a che fare. Invito, da questo punto di vista, i relatori anche ad apportare una correzione a questa definizione.
  Vi sono altri due aspetti che vorrei sottolineare accanto a questo sanitario per il quale, ripeto, ci terrei che lo studio epidemiologico fosse in qualche modo fin da subito esaustivo, tenendo conto di tutti i dati di incidenza, in particolare quelli che possono ricavarsi dai registri tumori e dai registri malformazioni, che peraltro mi risulta che, almeno nella regione Campania, siano anche in fase di avanzata di elaborazione e anche in parte di effettuazione, e che possono o potrebbero essere agevolmente integrati con quelli dello studio SENTIERI.
  Gli altri due aspetti sui quali vorrei brevemente soffermarmi sono, uno, quello previsto dall'articolo 3, comma 2, lì dove si parla dell'impiego a disposizione dei prefetti delle Forze armate per un contingente massimo di 850 unità: un aspetto che salutiamo con particolare apprezzamento, Pag. 70perché riteniamo che la collaborazione delle Forze armate possa essere particolarmente importante in questa fase, e possa esserlo soprattutto senza sottrarre le forze di polizia dai loro compiti istituzionali.
  Infine, l'ultimo aspetto che vorrei sottolineare ritengo che sia il più importante. All'articolo 2, comma 4, è previsto che il comitato interministeriale predisponga una relazione con cadenza semestrale, da trasmettere al Parlamento, avente ad oggetto il quadro aggiornato delle procedure di bonifica e messa in sicurezza dei siti specifici, dello stato di avanzamento dei lavori e dei progetti, nonché il rendiconto delle risorse finanziarie impiegate e di quelle ancora disponibili. Bene: riteniamo che questo sia l'aspetto più importante, sul quale il Governo è bene che prenda un impegno preciso, perché questo provvedimento, sul quale noi possiamo oggi esprimere, come dicevo, una valutazione certamente positiva, rischia, se non si passa per quella fase, di rimanere un libro dei sogni, o se preferite un libro delle pie intenzioni.
  Pertanto, il giudizio riteniamo che questo Parlamento possa e debba darlo proprio nella fase di relazione semestrale, alla scadenza dei primi sei mesi, e in quelle che ad essa seguiranno (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mirko Busto. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, dopo tutti questi anni siamo ancora al ricorso emergenziale. Questo Governo affronta la questione ambientale e della salute pubblica che coinvolge prevalentemente le zone tra le province di Napoli e Caserta con strumenti straordinari, senza una complessiva visione di insieme e senza una progettualità di lungo periodo per il ripristino del benessere ambientale e sanitario di questa zona.
  Allora è chiaro, qua l'emergenza è connaturata al sistema, qua ci viene voglia di pensare che qui l'unica emergenza reale siete voi, una classe politica non all'altezza di questo Paese, che ha lasciato andare la barca a fondo pur di salvare i propri interessi, i propri recinti d'interesse particolare e lobbistico. L'approccio emergenziale è anche un modo per concentrare lo sguardo sul presente distogliendolo da quanto è successo in passato.
  Non possiamo far finta di dimenticare quello che è successo e le origini profonde del malessere di queste terre. Dando uno sguardo al nostro Paese vediamo, da un lato, la trattativa Stato-mafia, una trattativa sulla quale si è poggiato lo «scheletro politico» delle nostre istituzioni. Parallelamente, sul piano industriale, c’è stato in Italia una sorta di patto scellerato tra aziende del centro-nord e la criminalità organizzata per lo smaltimento illecito dei propri rifiuti.
  Dal 1991 al 2013 nelle numerose inchieste sono state coinvolte ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia. In 22 anni sono stati sversati nella terra dei fuochi – o terra dei veleni – da 10 a 30 milioni di tonnellate di veleni, oltre 410 mila camion. Rifiuti tossici di ogni tipo, persino rifiuti prodotti da petrolchimici storici del nostro Paese (l'Acna di Cengio, l'ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce). Poteva accadere questo senza la complicità delle istituzioni e di una classe politica corrotta e connivente ? Le inchieste della magistratura hanno e continuano ad affermare il contrario.
  Altro punto centrale del nostro discorso è quello di non accettare l'idea di regionalizzare il problema, perché qua il problema è di sicuro di natura nazionale, se non internazionale. Stiamo parlando di un vero e proprio sistema. Dove si trova oggi la nuova terra dei veleni ? Forse in Romania o in Somalia ? Dove sono le nuove vittime di un sistema industriale irresponsabile e criminale vincolato alla sola legge del profitto, cinica e spietata, che non riconosce alcun diritto all'ambiente e alla salute dei cittadini ? Come diceva qualcuno, che purtroppo ci ha lasciato troppo presto: per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti.Pag. 71
  Naturalmente sappiamo che non tutto l'agroalimentare campano è contaminato, certo è che varie aree saranno escluse categoricamente dalla produzione di cibo. E cosa sarà di queste terre ? Serviranno 80 anni per bonificare i territori dell'area nord di Napoli, questo ha dichiarato il presidente della regione Caldoro, citando i dati contenuti nella relazione della procura della Repubblica.
  Questo decreto prevede la definizione di aree adatte e non adatte alla produzione agro alimentare. Ci saranno terre per produrre cibo e aree per produrre altro. Il rischio che noi vediamo è il proliferare incontrollato di coltivazioni per la produzione di agro-energie, impianti a biomassa, impianti a biogas oppure impianti per la produzione di biocombustibili. Questo proliferare è dovuto agli effetti perversi degli incentivi statali per le energie rinnovabili. Gli effetti di questa eventualità si ripercuoterebbero ancora una volta sulla salute dei cittadini in termini di peggioramento della qualità dell'aria, delle acque e dei suoli, così come avviene oggi in tante regioni italiane.
  Il nostro obiettivo principale deve essere la bonifica e non nuovi business che, come al solito, sono molto proficui per pochi mentre ai cittadini distribuiscono briciole e danni. Ne beneficerebbe, ad esempio, il patron della società chimica Mossi e Ghisolfi, Guido Ghisolfi, iscritto al PD e grande sostenitore, tra l'altro, della corsa alle primarie di Renzi, cui ha donato assieme alla moglie, 100 mila euro.
  Chi deve pagare la bonifica ? Dobbiamo evitare che i soldi delle bonifiche finiscano silenziosamente nelle mani di chi ha inquinato. Dobbiamo evitare l'assurdo che questi criminali guadagnino due volte.
  Noi abbiamo proposto, tra l'altro, di consentire la coltivazione di piante appositamente scelte per contribuire alla rimozione delle sostanze inquinanti rilevate, tramite la fitodepurazione. Purtroppo si è preferito andare in un'altra direzione.
  Ma chi dovrà pagare la bonifica ? Chi in questi anni ha guadagnato. In primo luogo, tutto il sistema delle ecomafie, quindi l'utilizzo dei soldi sottratti a questi criminali per le bonifiche, come richiesto da un emendamento, da voi accolto, del Movimento 5 Stelle, e poi le aziende che hanno lucrato sui facili servigi delle mafie per lo smaltimento.
  Vorremmo che fossero proprio queste aziende a doversi impegnare per le bonifiche: chi inquina paga, è il principio più volte portato avanti dall'Unione europea.
  Dobbiamo cercare le responsabilità anche attraverso un sistema di identificazione della tipologia, o pattern, della provenienza delle sostanze inquinanti.
  Ma veniamo ora alla parte che riguarda l'Ilva di Taranto. Il provvedimento in questione è il quarto decreto dedicato all'Ilva in un anno, e anche, a fronte di quest'ennesima misura d'urgenza, non si sono ancora risolti i problemi né per le città di Taranto e Statte, né tanto meno per i lavoratori. Nessuno a tutt'oggi può dire con certezza scientifica che gli eventi di malattia e morte comprovati dalle perizie epidemiologiche in sede di incidente probatorio siano terminati, anzi, tutt'altro. A meno che qualcuno ci voglia convincere che le rilevazioni di semplici centraline poste all'esterno dello stabilimento possano davvero rappresentare il miglioramento ambientale che voi più volte avete invocato, ma mai applicato nei fatti al capoluogo ionico.
  Non prendiamoci in giro colleghi. Non prendiamo in giro i cittadini e i lavoratori, non prendiamo in giro l'Europa che già ha aperto altre due procedure d'infrazione sulla vicenda Ilva. Nel 2011 la Corte ci ha già condannato per inosservanza della direttiva perché stabilimenti come Ilva producevano in assenza di AIA. Ma voi, parlamentari della Repubblica, non solo state continuando a non far rispettare le direttive europee sull'AIA allo stabilimento Ilva, ma siete stati capaci di far disapplicare anche un'altra direttiva europea, quella sul «chi inquina paga».
  Una costante, per uno Stato come l'Italia, che punisce con cartelle esattoriali e quant'altro ogni singolo e semplice cittadino, che magari ha avuto qualche piccolo problema con la propria attività, ma si tiene alla larga dal far pagare a gente Pag. 72come i Riva, che alcuni di voi hanno definito capitani coraggiosi ai tempi della privatizzazione di Alitalia, per i crimini ed i danni provocati.
  D'altronde, comprendiamo, vi comprendiamo ! Dopo le campagne elettorali degli anni scorsi, dove Riva e le sue aziende hanno donato centinaia di migliaia di euro a Bersani, a Vico (ex parlamentare PD che voi avete ripresentato alle elezioni di questa legislatura), a Forza Italia, all'onorevole Fitto e chissà a quanti altri, ora siete in una brutta situazione perché è difficile voltare le spalle agli amici e agli amici degli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma non è solo una questione di sanità e ambiente. Guardando all'andamento del mercato dell'acciaio, alla concorrenza soprattutto asiatica, ai costi delle materie prime e ai costi di produzione dell'acciaio, risulta difficile, quasi impossibile, dare garanzie per il futuro dei lavoratori dello stabilimento. Certamente, così come confermato dall'ex amministratore delegato Ilva, che voi avete voluto come commissario della stessa azienda di cui era già a busta paga, Enrico Bondi, che in audizione il 27 dicembre ha candidamente ammesso che i soldi per le prescrizioni dell'AIA non ci sono e non si sa come trovarli. Una situazione disperata dove perdono tutti: cittadini, lavoratori e Stato.
  Il tempo passa, volete illudere i cittadini che questi decreti possano cambiare una realtà che invece è ancora immutata in tutta la sua tragicità ?
  E con la logica dell'emergenza si continua a produrre acciaio con gli stessi impianti dell'Ilva che negli anni hanno condannato almeno 30 persone all'anno a morte. Con impianti che ancora oggi, in una regione a costante crisi idrica, come la Puglia, continuano ad utilizzare acqua potabile per produrre acciaio, mentre nelle case popolari dei quartieri di Taranto i cittadini dei piani superiori non riescono a ricevere normalmente acqua potabile per mancanza della pressione !
  Ai tarantini serve un'efficiente sanità pubblica che tuteli ogni singolo cittadino. A Taranto succede proprio in questi giorni che a causa della mancanza di personale, delle inefficienze e dell'elevato numero di pazienti avvelenati dalle industrie, i tarantini sono costretti a fare lunghe file in piedi in ospedale per la chemioterapia e per curarsi. Per questo abbiamo provato, per la terza volta in tre decreti in questa legislatura, a garantire a spese dell'Ilva l'esenzione dal ticket sanitario a tutti i cittadini, ma voi vi siete rifiutati e state dicendo ancora «no».
  Forse qualcuno di voi dirà che si sta tentando di tutelare il lavoro. E allora perché, nonostante i tre decreti «ad aziendam», nonostante le deroghe alla legge che pongono questa azienda «più uguale delle altre» e impossibile da chiudere, nonostante il tentativo di recepire degli ulteriori finanziamenti della proprietà, nel 2014 sono previsti in «solidarietà» circa 2.400 operai a Taranto ?
  Ci dica il Governo che fine ha fatto la strategia nazionale dell'acciaio prevista dal primo decreto «salva Ilva» ma mai presentata ? Come si pretende di continuare a produrre l'acciaio senza una vera strategia nazionale che pianifichi le quantità e le qualità della produzione in base alle nostre necessità ?
  E cosa dire dei provvedimenti di cosiddetta «bonifica» che stanno per compiersi, ma sarebbe forse meglio dire «per abbattersi» su Taranto, e che sono determinati anche dalle scelte di persone che risultano ad oggi indagate nel filone giudiziario «Ambiente Svenduto» ?
  Cosa dire del miracolo del Mar Piccolo di Taranto, culla e motore della civiltà tarantina per millenni, con le sue sorgenti d'acqua dolce sotterranea, l'alto numero di organismi viventi, anche protetti, come le popolazioni di cavallucci marini, e i suoi prelibati mitili, che nel secondo seno potrebbero rischiare, a causa dei sedimenti sollevati da eventuali dragaggi ? E la marina militare cosa dice in proposito dell'area a mare di competenza dell'arsenale militare, che per oltre cent'anni ha inquinato parte del fondale della laguna tarantina ?
  Colleghi, con l'aiuto della popolazione interessate, dovremmo invece iniziare a Pag. 73pianificare un futuro diverso per la città di Taranto e Statte, fatto di alternative economiche all'Ilva.
  Sono troppe le incognite che non rendono certo il futuro di questa azienda, anzi, sono di più i segnali che ci fanno pensare che non sarà tra molto la chiusura dello stabilimento, solo che noi del MoVimento 5 Stelle, a differenza vostra, oltre a guardare in faccia la realtà, chiediamo di programmare dei cambiamenti veri che si potranno realizzare nel corso del tempo.
  Taranto è storia, cultura, natura. Taranto è mare, dove è facilmente possibile avvistare i delfini. Taranto deve essere liberata dall'oppressione e dagli interessi delle lobby e dai politici lacchè delle lobby (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, mi concentrerò, in questo mio breve intervento, sulla prima parte del decreto in esame. Si tratta di argomenti che mi toccano assai da vicino, essendo anch'io residente nella cosiddetta Terra dei fuochi, la triste metafora con la quale sono indicati i territori compresi tra le province di Napoli e Caserta.
  La Terra dei fuochi vanta un'altissima densità abitativa, una popolazione afflitta da una sensibile riduzione della qualità e della durata della vita media rispetto al resto d'Italia. Parliamo di un territorio caratterizzato da un'altissima incidenza di patologie tumorali e in cui sono potenzialmente in atto mutazioni genetiche in grado di incidere sul genoma delle popolazioni attuali e sulle generazioni future.
  Oltre allo studio del fenomeno ai tavoli di concertazione e alla mobilitazione civile, che è servita – dobbiamo riconoscerlo – a mobilitare le nostre coscienze, occorre agire; occorre agire e subito perché si tratta di una lotta contro il tempo e, a fronte di un tempo enorme, ingiustificabile e assurdamente perso in questi anni, devo riconoscere che in questa legislatura si è perso davvero poco tempo rispetto all'enormità di un problema incancrenitosi negli anni.
  Certo, spiace che si sia dovuto ricorrere alla decretazione d'urgenza, ma è un segno triste e decadente dei tempi. Tuttavia, di tempo se ne è sprecato davvero poco, sia nei lavori in Commissione ambiente, sia qui, nell'Aula di Montecitorio. Molti aspetti migliorativi dell'originario decreto sono ampiamente condivisibili.
  Ne ricorderò alcuni: bene il programma di incentivazione per le colture no food: ricordo che nella Terra dei fuochi, una volta, si coltivava la canapa, che tra l'altro è un ottimo strumento anche per la bonifica dei territori. Mi sarebbe piaciuta un'attenzione straordinaria riguardo a queste terre da bonificare, per esempio, agli impianti fotovoltaici, o alla green economy, che potrebbe tenere al riparo questi ettari di terreno, quando cadrà inevitabilmente il silenzio nei prossimi anni su questo problema, da ulteriori e sempre possibili speculazioni. Bene che le opere di bonifica siano attuate con bandi di evidenza pubblica. Sufficienti al momento le risorse stanziate. Molto bene gli esami gratuiti per la popolazione residente e, soprattutto, utilissima la loro successiva divulgazione per dati aggregati. Bene, molto bene, l'utilizzo dei beni sottratti e confiscati alla camorra e da utilizzare per le bonifiche, magari in quota parte rispetto ai fondi già procacciati, ma il valore simbolico di questo provvedimento è altissimo. Assai condivisibili le azioni di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità. Ottimo l'inasprimento del contrasto al reato di combustione illecita di rifiuti.
  Infine, bene l'informazione trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle notizie di reato in materia ambientale e poi successivamente l'esito delle sentenze. Meno condivisibile una certa farraginosità nella governance dell'intera struttura responsabile del decreto, organismi tecnico-scientifici, un comitato interministeriale, una commissione ad hoc, il coinvolgimento delle prefetture e poi della presidenza della Pag. 74regione Campania. Ci sarebbe piaciuto un più fluido organigramma, senza troppe complicazioni di responsabilità. Inoltre, è ancora limitato, sotto certi aspetti, il coinvolgimento attivo delle popolazioni residenti e poi vi è una certa complessità nella tempistica. Forse, sarebbe stato meglio adottare una sorta di cronoprogramma.
  Mi rendo conto che è difficile, ma il susseguirsi di tempi – 60, 90, 15 giorni – crea difficoltà a noi stessi, che abbiamo la responsabilità di approvare questo decreto, nell'immaginare tempi certi per vedere i primi risultati. E, tuttavia, è certamente apprezzabile la relazione semestrale al Parlamento sull'avanzamento dei lavori, che sarà compito del comitato interministeriale. Noi vigileremo ogni sei mesi sul puntuale avanzamento dei lavori.
  Così come non ci piace la proroga, diretta o indiretta, di gestioni commissariali in materia di gestione dei rifiuti in Campania o sulla materia assai delicata del dissesto idrogeologico. Ci piacerebbe dire che si ponga finalmente limite e fine alle cosiddette «politiche di intervento per somma urgenza».
  Infine, devo registrare una certa complessità del dettato normativo, ma, ahimè, questa è caratteristica negativa non solo di questo decreto ma, in generale, di tutta l'attività normativa che via via, per noi che siamo dei neofiti in queste Aule, guardiamo in questi mesi con attenzione e talvolta con qualche difficoltà ermeneutica e interpretativa.
  Complessivamente per chiunque viva nella Terra dei fuochi il decreto non può che essere salutato con soddisfazione e come un segnale di speranza. Accanto alla ricognizione dei dati già elaborati in questi anni ben vengano le nuove indagini tecniche finalizzate alla mappatura dei siti e, soprattutto, la pubblicazione dei risultati, pubblicazione con evidenza fortissima sui siti del Ministero e della regione Campania.
  C’è bisogno – e ce lo chiedono a gran voce i comitati dei cittadini – di massima trasparenza e chiarezza. È in gioco la salute di noi tutti, dei nostri bambini, la salubrità del nostro ambiente, la qualità della nostra vita. In quest'ottica ben venga la valorizzazione della studio epidemiologico «Sentieri», che è già stato ricordato, e nella certezza e nella trasparenza dei dati la messa in sicurezza e la promozione della filiera agroalimentare campana, la promozione della filiera agroalimentare campana, perché è una delle straordinarie risorse della nostra terra, accanto al turismo enogastronomico, e non possiamo consentire che su questi aspetti avvenga una insulsa speculazione.
  Accanto ai provvedimenti per l'accesso ai terreni anche privati bene la chiara destinazione ad aree no food delle aree contaminate, con il loro controllo periodico e sistematico affidato al Corpo forestale dello Stato. Ed è importante sottolineare la chiara delimitazione delle aree. Lo voglio sottolineare: la chiara delimitazione delle aree. Alcuni hanno parlato, ma il dato deve essere verificato, dell'allarmante numero di 7 mila ettari di territorio contaminato o di oltre 4 mila siti di discarica non a norma. Occorre, invece, una chiara delimitazione delle aree, per evitare che cada sulla nostra terra un generalizzato marchio di infamia, con ripercussioni sull'industria alimentare – si pensi alla nostra eccellente industria agricola e conserviera – e anche sul turismo, che fa del turismo enogastronomico un punto di forza e di eccellenza nella nostra Campania.
  L'attenzione del Governo si è meritoriamente orientata non solo ai terreni ma anche al monitoraggio delle falde acquifere e dei pozzi, con l'indicazione di stringenti parametri di qualità delle acque per uso irriguo.
  Ravvisiamo – si diceva – una certa farraginosità nella distribuzione delle responsabilità: un comitato interministeriale che determina gli indirizzi, più una commissione ad hoc, che adotta e coordina il programma straordinario di interventi per la tutela della salute, per le bonifiche, per la rivitalizzazione dell'economia dei territori. Se certamente è condivisibile che tale commissione sia composta da rappresentanti dei Ministeri, dall'incaricato del Governo per i roghi tossici, attraverso un Pag. 75emendamento in Commissione ambiente, di eventuali esperti di chiara fama – addirittura si dice anche stranieri – noi ci saremmo invece più modestamente aspettati un maggiore coinvolgimento dei comitati e delle associazioni territoriali.
  Ricordo ovviamente che il comma 4-bis dell'articolo 2 prevede l'istituzione di consigli consultivi delle comunità locali su iniziativa degli enti locali interessati. Ma mi chiedo ? Sarà sufficiente ? Tra un luminare di Oxford e un giovane brillantemente laureato in biologia che vive a Giugliano io credo che il problema lo sappia individuare soprattutto il secondo. Un altro aspetto che ci piace del decreto è la previsione di uno screening sanitario gratuito per il controllo dello stato di salute della popolazione residente. Per esso sono state stanziate opportune risorse e, più in generale ci appaiono sufficienti al momento i fondi disponibili. Ad essi si aggiungeranno – si spera – i fondi strutturali, come è stato indicato, 2014-2020.
  In quest'ottica, però, assume, come già ho detto all'inizio, un alto valore simbolico l'utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata per le bonifiche attraverso, ovviamente il Fondo unico per la giustizia.
  Apprezziamo le disposizioni per garantire trasparenza e concorrenza nella realizzazione delle grandi opere e su queste parole «grandi opere» io mi chiedo e chiedo a tutti i nostri collegi: esiste forse un'opera più grande di quella di restituire dignità e salubrità ad un ambiente che un tempo era conosciuto come la Campania felix ? Io non credo che esista opera più grande e meritoria di quella che ci accingiamo a sostenere anche attraverso questo decreto.
  Apprezziamo – dicevo – le disposizioni per garantire trasparenza e concorrenza nella realizzazione delle opere di bonifica e ciò per prevenire infiltrazioni, con la creazione, che salutiamo con favore, di una sezione specializzata del Comitato per l'alta sorveglianza sulle grandi opere, con l'istituzione di un gruppo interforze per il monitoraggio e le bonifiche delle aree inquinate, con controlli antimafia stringenti su appalti e subappalti.
  E qui vorrei dire che la cultura della legalità non è appannaggio di una singola forza politica, siamo tutti quanti interessati a che si affermi il principio della legalità assoluta. Saremo tutti quanti vigili, nessuno si attribuisca patenti di legalità.
  Ulteriore elemento utile contenuto nel decreto concerne la combustione illecita dei rifiuti, il reato di combustione illecita di rifiuti, con pene da due a cinque anni o da tre a sei anni, quando il danno è aggravato da un'azione in una zona già indicata di emergenza ambientale. Pene addirittura aumentate di un terzo quando si tratta di attività organizzata o di impresa o su territori dichiarati di emergenza ambientale. E poi vi è l'utilizzo dell'esercito. Certo servirà l'esercito con il coordinamento dei prefetti, però mi auguro un utilizzo limitato a 850 unità che non si trasformi nell'ennesima militarizzazione delle nostre terre con gravi ripercussioni sull'immagine della nostra Campania, che non può essere nell'immaginario collettivo considerata di volta in volta la terra di Gomorra o la Terra dei fuochi e dove i nostri giovani, i nostri ragazzi, magari in visita, come è stato ricordato, alla reggia di Carditello, devono passare attraversare un territorio militarizzato a presidio di terre incolte.
  Infine, ci fa piacere registrare per i reati comportanti un pregiudizio per l'ambiente o un pericolo per la salute o per la sicurezza agroalimentare l'obbligo, su cui prima mi sono soffermato, di comunicazione da parte del pubblico ministero al Ministro dell'ambiente. Così si potrà intervenire tempestivamente ed è una norma davvero da salutare con soddisfazione.
  In conclusione, il gruppo di Scelta Civica ritiene il decreto in esame un buon provvedimento, migliorato grazie all'attività parlamentare già in Commissione ambiente e domani magari ulteriormente migliorabile in Aula, con eventuali emendamenti e ordini del giorno. E mi fa piacere sottolineare che i miglioramenti che si cercano di apportare sono anche, e soprattutto, Pag. 76il frutto dell'ascolto delle istanze, talvolta del grido di dolore, che viene dai territori, una presenza, sui territori, tra la gente, che non può essere presuntuosamente ritenuta prerogativa esclusiva di qualche singola forza politica più adatta forse al giornalismo di inchiesta che all'assunzione di responsabilità di Governo. Tuttavia non è il tempo delle polemiche. Davanti al disastro ambientale della mia regione occorre agire, senza inutili passerelle, ma con concretezza e con buona volontà, come ha detto lei, signor Ministro.
  Noi vigileremo sulla tempistica attuativa del decreto. Noi deputati campani di Scelta Civica ci attendiamo che uno strumento normativo buono determini azioni efficaci sul territorio. La bellezza deturpata delle nostre terre, la grande bellezza evocata anche dal collega Realacci, della «Terra dei fuochi» non può essere irrimediabilmente compromessa dall'incapacità di una classe politica che in questi anni si è resa responsabile dello scempio.
  Noi deputati di Scelta Civica siamo alla prima esperienza parlamentare, abbiamo tantissimo da imparare, ma non ci difetta, signor Ministro, la buona volontà e l'attenzione straordinaria per nostri territori (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.

  PAOLO RUSSO. Signor Presidente, cos’è la «Terra dei fuochi» ? Intanto, io preciserei che sarebbe più corretto parlare di «Terra dei fumi»: lì vediamo spesso dei fumi che salgono, quasi mai dei fuochi. E la prima definizione di questa «Terra dei fuochi» va ascritta ad una intuizione straordinaria dell'associazione Legambiente che già nel 2004 indicò come troppo spesso in quella terra rifiuti venivano combusti nell'aspettativa e nella prospettiva di smaltirli illecitamente. Più o meno 110 chilometri, una lingua lunga 110 chilometri, due province, per ora cinquantasette comuni – poi ragioneremo anche di questo –, vari enti e varie competenze, oltre due milioni di abitanti, oltre novemila abbruciamenti in un anno. Un quadro desolante da questo punto di vista, ingravescente anche dal punto di vista delle sensibilità sociali e del contesto sociale che si registra. Ma se oggi parliamo in chiave positiva di questo e se oggi utilmente, grazie al mondo vitale e vivace dell'associazionismo, alla Chiesa, ai partiti finalmente svegli, finalmente ragioniamo di questo, lo dobbiamo al fatto che finalmente si è sistemato il ciclo ordinario dei rifiuti urbani; lo dobbiamo, guardate, a quel termovalorizzatore di Acerra che taluni continuano a combattere; lo dobbiamo al fatto che finalmente nelle nostre città non c’è più il cumulo di rifiuti urbani che impediva la nostra vista, non la vista dei più avveduti, ma impediva la vista di molti, perché si occupassero della grande questione del nostro Paese e di quella regione che era la questione dei rifiuti speciali. I report di Legambiente e delle altre associazioni ambientaliste indicavano come ci fossero milioni di tonnellate di rifiuti speciali, pur prodotti dal nostro sistema industriale, che non si ritrovavano nelle forme ordinarie di smaltimento. E devo dire che tutto questo è stato disvelato perché finalmente in quella regione è partito un ciclo ordinato nella gestione dei rifiuti urbani.
  Certo le criticità sono ancora tante, soprattutto riguardano la città di Napoli, che si rifiuta di avere un termovalorizzatore pretendendo che gli stessi rifiuti facciano 5 mila chilometri di viaggio in nave per essere termovalorizzati altrove: che bella solidarietà questa ! Ma capisco che gli stessi che attribuiscono criticità alla gestione dei rifiuti urbani, poi sono gli stessi che attribuiscono quelle medesime criticità alla gestione dei rifiuti speciali, ma si oppongono a che le prime vengano risolte.
  E poi – guardate – capisco anche i colleghi grillini. Li capisco. Guardate, non ho nessun timore. Li capisco, soprattutto, perché vi ho seguiti su questo merito: scarsi nei contenuti. E, quindi, avevate una sola strada, quella di non indicare che il Governo stava facendo male con l'aiuto Pag. 77delle opposizioni. Abbiamo anche insegnato come si fa opposizione, contribuendo in modo significativo a migliorare un testo. E capisco come questa scarsezza di qualità, di profondità, di merito aveva una sola via d'uscita: la contumelia, la fandonia, la fesseria, semplicemente le bugie. Intanto, guardate, solo per farvelo sapere, in modo tale che anche i colleghi campani ve lo ridicano un po’ meglio...

  PRESIDENTE. Onorevole Russo, si rivolga alla Presidenza.

  PAOLO RUSSO. Presidente, solo per farlo sapere anche a lei: non mi risulta di essere mai stato indagato per vicende legate ai rifiuti e quando sono stato indagato, meno male, lo stesso PM che aveva indicato un'ipotesi di reato ha prontamente richiesto un immediato proscioglimento. Il collega De Rosa ha dimenticato di dirlo questo fatto. Capisco che è ininfluente.
  Ma questo mi indica anche perché vi siete appigliati a questa condizione: perché sperate di intimidire, sperate di frenare, sperate che non si contribuisca, così come io continuerò a fare e come i colleghi di Forza Italia continueranno a fare fino in fondo, sapendo che dobbiamo rispondere ai nostri elettori, al Paese intero. E proverò a continuare a fare il mio dovere nel rispetto di quanto detto. E allora ci sono propaganda, disinformazione, poca verità, tanta demagogia. Se poi i colleghi si sono trincerati dietro questa pantomima, sibillina posizione per continuare a salire sul tetto, lo facciano pure. Vorrei dare anche in questo modo una mano alla maggioranza di Governo, che non mi appartiene: vi aiuterò, li farò salire sempre sul tetto, perché continuerò a fare fino in fondo il mio dovere, presentando emendamenti e posizioni, sapendo di rispondere con onestà ai nostri elettori e al nostro mandato.
  Guardate, intanto, se c’è qualcosa che i colleghi non hanno capito io sono sempre disponibile a spiegarle queste cose, a spiegarle con serenità e con calma. E questa furbizia non serve. Non serve anche la furbizia di proteggersi, attraverso l'Aula, attraverso l'atto parlamentare, dalla naturale querela. Ma capisco che ci sono conigli e furbastri.
  Ma veniamo al merito. Il decreto-legge non conteneva l'esenzione del ticket per le attività di screening di prevenzione delle patologie tumorali, ora la contiene. Possiamo dire che tutti abbiamo presentato emendamenti. Però gli attenti sanno quanti hanno lavorato in questa direzione con convinzione, anche quando trovavamo qualche timidezza nel Governo.
  E abbiamo anche sollecitato l'obbligo di indicare i parametri organolettici tali da consentire l'uso irriguo in agricoltura.
  Un problema di cui da tanto tempo si richiede la risoluzione e per il quale nulla era stato fatto sinora, non per la Campania, ma per l'intero Paese.
  Abbiamo ottenuto l'obbligo di indicare i parametri, con apposito decreto legislativo, al fine di bonificare i suoli perché siano utili per le colture della filiera alimentare: anche questo non c'era nel decreto.
  Guardate, non sto qui a dirvi che il Governo se ne era dimenticato: non c'era. Non c'era: forse presi dalla fretta, c'era la necessità di dare qualche notizia alla stampa, di far presto, di dimostrare che si agiva. Tutto questo non c'era. Non c'erano i militari.
  A proposito dei militari, avvisate i colleghi 5 Stelle della Commissione difesa che hanno votato per errore una proposta di legge di cui sono io primo firmatario. L'hanno votata e, grazie a quella proposta – che poi abbiamo inserito paro paro (si dice così ?) nella conversione del decreto: non c'era tutto questo, non c'era – finalmente potremo avere 850 militari sul nostro territorio per evitare nuovi sversamenti.
  Ma devo dire che i colleghi pentastellati hanno presentato un emendamento nel tentativo di intestarsi: che poca cosa ! Invece di 850 ne volevano 800 di militari.
  Insomma, c’è da imparare ancora.
  Noi pronti a farvi scuola e ad insegnarvi un po’ di cose, non nell'interesse di una parte, nell'interesse del territorio.Pag. 78
  E poi non c'era nel decreto il sistema di tutela, attraverso un modello copiato, quello dell'Expo 2015: non c'era nel decreto il sistema di tutela, di impermeabilità per evitare che ci fossero infiltrazioni.
  Queste sono le cose serie che siamo riusciti ad ottenere.
  E non c'era nel decreto che le confische alla camorra potessero essere utilizzate per le bonifiche.
  E non c'era il coinvolgimento delle università e delle università campane.
  E il Governo aveva dimenticato persino le Capitanerie di porto, che hanno una competenza sui 50 chilometri di litorale domizio.
  E aveva dimenticato il Governo, anche il Ministero della difesa, aveva dimenticato i meccanismi di partecipazione, ma tutte cose che abbiamo contribuito ad inserire noi, non con lo spirito della parte, ma con lo spirito di chi indica nell'interesse del Paese qual è la strada migliore.
  E poi il Governo Monti ed il Ministro dell'ambiente di quel Governo avevano declassificato i siti nazionali (il domizio flegreo e gli altri tre) a siti di interesse regionale.
  Il Governo se ne era dimenticato. Qual è il problema ?
  Glielo abbiamo ricordato, glielo ricorderemo ancora domani con gli emendamenti. Glielo abbiamo ricordato e siamo certi che il Governo saprà rispondere a questa domanda.
  Questo è il rapporto corretto tra opposizioni e maggioranza: sollecitare cose che il Governo ha dimenticato – in verità molte – perché possano essere inserite in un provvedimento comune.
  E le risorse nazionali ? Guardate, questo è un tema centrale. Le risorse vanno utilizzate: quelle del Fondo di coesione e sviluppo della regione Campania, non c’è dubbio.
  Ma se non viene utilizzata la quota nazionale di queste risorse, allora è una pantomima, è una presa in giro, perché se è questione nazionale, nazionale deve essere.
  Se è questione nazionale devono essere utilizzate anche in quota parte le risorse nazionali.
  Altrimenti sarà soltanto una finzione.
  Tutto bene ? No, di certo.
  È un passo importante, è un importantissimo passo in avanti. Manca ancora molto, ma comunque abbiamo apprezzato l'atteggiamento del Governo, devo dire, molto di più del Ministro Orlando.
  Ci sono ancora questioni.
  Ma vi pare normale che l'accesso ai terreni, a centinai di questi terreni, debba essere fatto soltanto dai NOE e dai NAS, le poche unità che ci sono ? Impegneremo questi pochi uomini ad alta specializzazione per fare cose che potrebbero fare le Polizie locali, la Polizia, che chiunque potrebbe fare ? E vi pare normale che non ci sia una misura nazionale del PSR per aiutare le imprese agricole di quei territori ? Io non voglio, come i colleghi che ho sentito prima, fucilare i poveri agricoltori che non possono più coltivare nella filiera agroalimentare. Io li voglio aiutare. Li voglio aiutare ad investire, magari aiutati, anche in settori no food. Dovremmo tentare insieme le due operazioni, la valorizzazione del prodotto agricolo di eccellenza sui mercati nazionali ed internazionali, ma il PSR non presenta una misura di carattere nazionale. Dobbiamo far sì che agli agricoltori aggiungiamo al danno la beffa ?
  E poi c’è da migliorare l'elenco dei comuni. Abbiamo detto al Ministro che ci sono aree nelle quali c’è un buco in mezzo, comuni come quello di San Vitaliano, di cui vi siete dimenticati, amministrato dal centrosinistra, ma ve lo ricordo io, perché è giusto. Abbiamo detto «via i burocrati», «più spazio alla scienza». Abbiamo detto «risorse nazionali», abbiamo detto «maggiore dotazione organica delle forze di polizia», abbiamo detto «deroga al Patto di stabilità», abbiamo detto di consentire le ordinarie pratiche agricole. E abbiamo detto anche di consentire alle Polizie locali di potersi muovere pure sugli altri comuni. È evidente che se lo limitiamo all'angusto limite territoriale tante volte un intervento rischia di non essere efficace. Abbiamo detto di cogliere l'occasione Pag. 79per nuove strutture ospedaliere e di cogliere l'occasione anche per una migliore ripartizione del fondo.
  Sull'Ilva è evidente che si rincorre. Si rincorrono ex post criticità ambientali e talvolta giudiziarie. Ma anche lì, oggi, con questo provvedimento, si è più attenti nei confronti dei cittadini e nei confronti delle bonifiche. Questa è l'occasione del riscatto del Parlamento. L'orgoglio e la voglia di rimettere in cammino la nostra regione dopo quel ventennio di devastazioni e di cattive gestioni. Oggi finalmente il ciclo dei rifiuti urbani ha preso forma in quella regione. Niente rifiuti zero. Rifiuti zero è come voler abolire gli ospedali e fare malattie zero. Servono gli impianti e rifiuti zero è soltanto una pantomima inventata da taluno che serve soltanto a creare ulteriore confusione e non soluzione ai problemi. Quella è una regione che, se non fosse per Napoli, avrebbe il 35 per cento e passa della raccolta differenziata, ma Napoli sapete in quali mani e in che condizioni è. Altro che rifiuti zero, ancora vi è da fare, ma siamo sulla buona strada e, consentitemi, questo non è merito nostro, è anche merito nostro. Dall'opposizione dimostriamo che la nostra azione non è preconcetta. Voteremo, se non ci sono trabocchetti, domani. Voteremo a favore, ma non ci sottrarremo a migliorare questo testo, sul fronte della sensibilizzazione sociale, sul fronte dell'associazionismo, sul fronte delle pratiche migliori e anche sul fronte della trasparenza.
  Noi non rubiamo il pallone quando stiamo perdendo. Noi con quel pallone continuiamo a giocare sapendo che sappiamo giocare meglio e sappiamo anche fare goal. Quelli che dicono «no» agli impianti sono sempre gli stessi. Consentitemi di offrirvi un dato e chiudo: questo decreto-legge prevedeva un po’ di cose, 5.199 parole. Emendato, è diventato 9.459 parole, un'altra cosa, niente a che vedere con il «salva Roma». Emendamenti nel merito, emendamenti di qualità, emendamenti che hanno migliorato il testo, emendamenti che hanno migliorato il testo nell'interesse del territorio e della nazione, non marchette.
  Consentitemi di ringraziare la regione per la collaborazione che ha dato, per le sollecitazioni e i suggerimenti. Rimane ancora in piedi una vicenda che è la vicenda di Napoli e di Caserta escluse dalla esenzione del ticket al fine degli screening. Ma voglio dire altri non se ne sono accorti ma poi se ne accorgeranno quando rileggeranno, quando verranno a lezione. Ci sono ancora queste questioni che porremo alla vostra attenzione fino in fondo.
  Consentitemi di ringraziare il relatore che è stato bravo, capace ed attento, disponibile oltre il limite e consentitemi non per ultimo di ringraziare il Ministro. Vedo Ministri dichiarare a destra e a manca e intestarsi meriti. Che vi devo dire ? Lo facciano: chi ha partecipato ai lavori in questi giorni si è accorto che c’è stato un solo interlocutore serio, affidabile, disponibile, attento come deve essere un Ministro, più attento alle opposizioni che alla sua maggioranza. Attento nel senso di capace di ascoltare, capace di interpretare l'ascolto e di dare una soluzione a quelle criticità in una chiave di Governo nazionale. Gli altri Ministri li ho visti dichiarare a gogò, dichiarare per farsi belli.
  Qui non c’è da farsi belli, qui c’è da registrare con amarezza come con grande ritardo si interviene su una questione che le avanguardie di questo Paese e anche le avanguardie politiche avevano già indicato anni addietro e avevano indicato alla regione incapace e svogliata nel dare queste risposte. Grazie davvero.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Russo. Ho consentito che sforasse il tempo che era stato indicato dal gruppo essendo quello dell'onorevole Russo l'unico intervento del gruppo di Forza Italia.
  È iscritta a parlare la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame oggi rappresenta l'attuazione di tutta una serie di mozioni che la Camera Pag. 80ha approvato il 5 novembre scorso in riferimento al drammatico fenomeno dei roghi di rifiuti speciali, tossici o altro che da circa quindici anni affligge soprattutto le province di Napoli e Caserta.
  Com’è noto, gli incendi rappresentano lo strumento con il quale imprenditori senza scrupoli, con la remunerata complicità delle organizzazioni criminali, smaltiscono, a bassissimo costo ed in dispregio della legge, materiali spesso tossici e quindi pericolosi per la salute dei cittadini.
  Sovente, percorrendo gli assi autostradali delle provincie di Napoli e Caserta, e di altre aree della Campania, in meno di un'ora e già per piccoli tratti, si possono osservare decine di pennacchi di fumo nero, che spargono nell'aria un odore acre e pungente. Il fenomeno si evidenzia ancor maggiormente in modo particolare nei territori dei Comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca, tristemente denominati mediaticamente come «la terra dei fuochi», perché in questo modo indicati da un famoso best seller che comunque non scopriva nulla di nuovo in quanto nel libro venivano di fatto ripresi – e questo dato fornisce la cifra del disinteresse colpevole delle istituzioni locali preposte ai controlli – i ben noti «rapporti ecomafia» redatti ogni anno puntualmente da Legambiente, la quale, a sua volta, ne traeva le informazioni da alcune inchieste giudiziarie.
  Le mozioni che l'Aula ha approvato il 5 novembre chiedevano: di avviare un'indagine accurata sulla salubrità dei terreni, delle falde acquifere e dell'aria nelle aree più direttamente interessate dallo sversamento illegale; di mappare con estrema esattezza i siti contaminati, con il coinvolgimento dell'istituto superiore di sanità, dell'ISPRA e dell'ARPA regionale; di considerare gli effetti che l'elevato inquinamento ha sul settore agroalimentare campano, che peraltro rappresenta uno dei pilastri dell'economia regionale; di adottare politiche di inasprimento delle pene per i reati ambientali, da assimilarsi, a tutti gli effetti, sostanziali e processuali, a quelli di stampo mafioso e/o terroristico; di vigilare affinché i lavori eventualmente affidati a ditte specializzate nel settore non siano in alcun modo riconducibili, direttamente o indirettamente, a persone legate alla criminalità organizzata; di promuovere, d'intesa con gli enti territoriali competenti, linee guida per ARPA, aziende sanitarie locali ed enti locali per una continua ed effettiva sorveglianza e monitoraggio del proprio territorio; di quantificare le risorse necessarie alla bonifica delle aree: per questo giova ricordare che il 18 luglio 2008 è stato siglato un accordo di programma Stato-regione denominato «Programma strategico per le compensazioni ambientali nella regione Campania», modificato poi l'8 aprile 2009 e dotato di 282 milioni di euro di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate; una destinazione impropria, certo, dato che quelle risorse erano destinate allo sviluppo economico, ma tuttavia inevitabile; di avviare, in ultimo, uno screening sanitario sulla popolazione residente, al fine di valutarne lo stato di salute e di adottare le misure di prevenzione e di profilassi.
  Giova ricordare che l'attività di screening da adottare, evidentemente senza costi per i cittadini che vi si sottopongono, comporterà un costo tra i 20 e i 30 milioni di euro, ma eviterà ulteriori maggiori costi successivi a carico della sanità. Difatti, l'esplosione dei fenomeni tumorali, che sono curati in totale esenzione, comporta l'esplosione dei costi della sanità e dell'assistenza pubblica e sarebbe opportuno che il Governo li valutasse e li comunicasse al Parlamento.
  Nel 2007 è iniziato uno studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti al rischio da inquinamento, il cui acronimo è «SENTIERI», ne abbiamo parlato anche prima. Tale studio è stato compilato nel dicembre 2010: in esso viene condotta un'analisi della mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di una serie di grandi centri industriali, attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali o pericolosi.
  Lo studio ha preso in considerazione 44 dei 57 siti oggi compresi nel Programma nazionale di bonifica, rivelando il seguente profilo di mortalità: eccesso tra il 10 per Pag. 81cento e il 15 per cento nella mortalità generale e per tutti i tumori in entrambi i generi; eccesso di circa il 30 per cento nella mortalità per tumore del polmone per entrambi i generi; eccesso in entrambi i generi dei decessi per tumore della pleura; eccesso compreso tra il 50 per cento per gli uomini e il 40 per cento per le donne di decessi per malattie respiratorie acute; eccesso di circa il 15 per cento tra gli uomini e il 40 per cento nelle donne della mortalità per malattie nell'apparato digerente; incremento di circa il 5 per cento dei decessi per malattie del sistema circolatorio soprattutto tra gli uomini.
  Questi dati non sono semplici statistiche: questi dati urlano con forza l'inerzia colpevole di chi sarebbe dovuto intervenire sin dal primo giorno e non l'ha fatto. I cittadini italiani di queste aree – che, a questo punto, potrebbero, a buona ragione, non riconoscersi in questa definizione visto come sono stati dimenticati dalle istituzioni locali e dallo Stato per circa quindici anni – sono circondati dagli inquinanti, sia in aria, sia al suolo, sia nel sottosuolo.
  L'ultima stima sui tempi di eventuali bonifiche fatta dal Ministro della salute pro tempore, Balduzzi, ha rilevato che, partendo subito, ci vorranno circa cinquant'anni per decontaminare i territori in oggetto e che, comunque, il carico tossico maggiore, pur eliminando da subito tutte le cause, ci sarà nei prossimi 25-35 anni.
  Quanto allo svolgimento di indagini tecniche per la mappatura anche mediante strumenti di telerilevamento, che sono a cura del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dell'Istituto superiore di sanità e dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania, si è aggiunta la disposizione di buonsenso che prevede di utilizzare i dati già in possesso delle ASL, dei comuni e della stessa ARPA.
  Un'ulteriore previsione all'articolo 1 incarica l'Istituto superiore di sanità, in concorso con l'ARPA regionale, di potenziare ed aggiornare questi studi epidemiologici. All'articolo 2, invece, è stata aggiunta un'altra importantissima previsione, nella quale si stabilisce che le associazioni agricole ed ambientaliste, ma anche i semplici cittadini, possono coadiuvare l'attività di mappatura e consentire di individuare le responsabilità attraverso l'invio di documentazioni cartacee, audio e video.
  Di rilievo – è importante – anche l'introduzione di una norma, nella quale si prevede che i beni sequestrati alle organizzazioni criminali locali o coinvolte nello sversamento dei rifiuti siano destinati alla messa in sicurezza e alla bonifica di siti inquinati.
  La Commissione ha, poi, previsto l'uso della flotta aerea del Corpo forestale, destinata alle attività contro gli incendi boschivi, anche per l'individuazione e lo spegnimento di incendi di rifiuti.
  È stato, inoltre, previsto l'avvio dello screening volontario e a costo zero per i cittadini residenti nelle aree inquinate (e quindi non solo Campania, ma anche Puglia), con oneri pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale.
  Infine, si è disposto che le risorse per le bonifiche siano integrate con quelle che saranno finalizzate allo scopo, nell'ambito dei programmi dei fondi strutturali europei e con la quota spettante alla Campania delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, che come già detto sarebbero dovute essere risorse destinate allo sviluppo della regione, ma che si sono dovute stornare a copertura delle spese per l'emergenza.
  Onorevoli colleghi, voglio concludere questo mio intervento riportando una frase di don Maurizio Patriciello. Lo conosciamo tutti, è il parroco che lotta in prima linea per ristabilire la legalità nelle terre devastate dai veleni della camorra, a favore del suo martoriato popolo. La voce dei profeti, purtroppo, spesso è inascoltata, derisa o, addirittura, denigrata. Dice don Maurizio: «Unica mia intenzione è dare, per quanto posso, un contributo perché la mia, la vostra, la nostra terra Pag. 82risorga dalla morte cui è stata condannata. Il disastro ambientale è sotto gli occhi di tutti e costa al nostro popolo povertà, depressione, sofferenza, morte. Non ci è stato rubato qualcosa, ci è stato rapinato il futuro e la vita stessa. Per questo motivo credo con tutte le mie forze che continuare a tacere oggi diventa per me peccato mortale. Da questa convinzione discende il mio impegno. Le parole di Gesù: “Se tacerete voi, grideranno le pietre”, mi rimbombano nella mente notte e giorno. Altro non mi interessa. Avanti, dunque, cercando di evitare ogni inutile polemica con chi ha guardato e continua a guardare al creato non come la culla dell'umanità ma come occasione di guadagni disonesti e criminali. Queste persone sono i nostri veri nemici. Comunque si chiamino. Ovunque si trovino. Qualunque cosa dicano».
  È nostro preciso dovere istituzionale e politico, oggi, unire le nostre voci a quella di don Maurizio, e mettere così finalmente fine a tanti anni di silenzi dovuti certamente all'indifferenza, ma non possiamo escludere, in qualche caso, alla complicità ed alla connivenza.
  Le coraggiose denunce del popolo campano, che finalmente è sceso in piazza e continuerà a farlo, gli anni di lotta caparbia e sottovalutata di persone che si esponevano coraggiosamente, personalmente anche realizzando dei geoblog di denuncia sulla localizzazione dei roghi tossici e i servizi di meritevoli trasmissioni televisive d'inchiesta che hanno contribuito ad accendere in maniera irreversibile, per fortuna, i riflettori su questo che dobbiamo chiamare con il suo nome, e cioè un «biocidio», devono trovare finalmente nelle Aule parlamentari le risposte dovute.
  Questo decreto-legge rappresenta una prima, concreta e fattiva risposta. E se si considera che in altro provvedimento attualmente all'esame della Comissione giustizia della Camera sono in corso di introduzione i reati ambientali, beh, possiamo dire che gli impegni assunti dal Governo con le mozioni approvate il 5 novembre 2013, risultano complessivamente approvati.
  Per questo motivo esprimo, a nome del gruppo del Nuovo Centrodestra alla Camera dei Deputati, il pieno assenso al decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame oggi, con la discussione sulle linee generali, è già stato dibattuto e ho potuto ascoltare ampiamente le relazioni del relatore per la maggioranza, dei relatori di minoranza e degli intervenuti fino adesso. La discussione si protrarrà ulteriormente dato che è un argomento che tocca tanti, senza escludere nessuno.
  La discussione sicuramente si può intraprendere, essendo questo un decreto-legge governativo urgente, ma la nostra richiesta, la nostro domanda è: perché l'urgenza dopo nove o dieci anni in cui si sapeva e si conoscevano approfonditamente le questioni ? Il decreto-legge tratta della cosiddetta terra dei fuochi, ma non solo.
  Ma giusto per capire, per inciso, di cosa si sta parlando e facendo poi una breve discussione, essendo alla Camera dei deputati e trattando di problemi nazionali e non solo esclusivamente locali, sarebbe molto più logico trattare, come è stato fatto nei mesi scorsi, decreti o proposte di legge parlamentari all'insegna di trattazioni nazionali o di aziende nazionali da cercare di risollevare dalla crisi.
  Nelle ultime ore si è discusso tanto delle progettualità future, ma qui sembra sempre che si cerchi di rincorrere il problema all'ultimo momento. E la fretta non è stata mai buona consigliera, neanche oggi, e non lo sarà domani. Non è stata buona consigliera nel decreto sull'Ilva, perché nello stesso cosiddetto decreto della terra dei fuochi si tratta anche del commissariamento Ilva, cosa che apprezziamo sempre di più cercando di rimodulare la legislazione rispetto ai problemi attuali. Ci fosse, nella trattazione dei problemi nazionali, una velocità pari a quella Pag. 83con cui si stanno trattando i problemi locali, sarebbe sicuramente un passo in avanti per il Parlamento, ma anche per questo Governo.
  La terra dei fuochi è individuata da una vasta area situata nell'Italia meridionale, tra le province di Napoli e di Caserta, e caratterizzata dalla presenza di roghi di rifiuti, donde l'appellativo «terra dei fuochi». Esso venne utilizzato per la prima volta nel 2003 nel rapporto ecomafie 2003 curato da Legambiente, e successivamente venne utilizzata dallo scrittore Roberto Saviano nel libro Gomorra. L'area territoriale è compresa all'incirca tra una dozzina di comuni e si caratterizza per lo sversamento illegale di rifiuti, anche tossici, da parte della camorra e, in parte, dal clan dei Casalesi, cosa che il collega Realacci ha descritto elegantemente nel suo intervento citando tutti i clan che hanno toccato purtroppo questo territorio.
  In molti casi, i cumuli di rifiuti illegalmente riversati nelle campagne o ai margini delle strade venivano e vengono incendiati dando luogo a roghi i cui fumi diffondono nell'atmosfera e nelle terre circostanti sostanze chimiche tra cui la diossina.
  Da molti decenni, nelle campagne campane si sono verificati sversamenti di rifiuti industriali e di rifiuti tossici e nucleari provenienti dal nord Italia e dal nord Europa. In particolare, nelle zone di Succivo, Caivano, Acerra e Giugliano in Campania si sono verificati roghi di rifiuti industriali responsabili di un alto tasso di tumori che hanno colpito soprattutto giovani donne, al seno e alla tiroide, e bambini. Queste sono relazioni di Legambiente che sono state portate in evidenza già da altri colleghi.
  Nel 2011, secondo un rapporto dell'ARPA della Campania, un'area di 3 milioni di metri quadri, compresa tra i Regi Lagni, Lo Uttaro, Masseria del Pozzo-Schiavi ed il quartiere di Pianura della città di Napoli, risulterebbe molto compromessa per l'elevata e massiccia presenza di rifiuti tossici.
  L'inquinamento da diossina dei terreni è estremamente pericoloso, come già detto da tanti, anche in altri interventi, non solo su questo decreto, perché introduce sostanze tossiche nella catena alimentare degli animali da allevamento e può raggiungere anche l'uomo. Nel marzo 2008 furono riscontrate presenze di diossina nel latte di bufala proveniente da allevamenti del casertano, attribuite all'inquinamento ambientale.
  A seguito di questi riscontri, che comunque riguardavano in maniera limitata gli allevamenti impiegati per produrre la mozzarella di bufala campana DOP, alcuni Paesi, tra cui Corea del Sud e Giappone, bloccarono temporaneamente l'importazione della mozzarella campana. A seguito della notizia, la vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita significativamente, non solo in Italia, ma anche all'estero.
  Perché riprendo una serie di interventi già fatti da altri colleghi ? Perché mi riallaccerò poi a situazioni territoriali a me vicine e conosciute da tanti e, alle volte, negate con negazione dell'evidenza.
  La zona interessata sarebbe anche da considerare con un traffico di rifiuti, fra le cui attività rientrerebbero lo sversamento e l'eliminazione di materiali come copertoni o scorte di abbigliamento, provenienti soprattutto dal nord d'Italia con il recupero del rame dei cavi elettrici, attività cara ai nomadi. I roghi diventarono più frequenti quando potevano essere confusi tra i numerosi roghi applicati ai comuni di immondizia durante la crisi dei rifiuti in Campania, fra il 2007 e il 2008. I carabinieri, finalmente, accertarono che tra gennaio e marzo 2007 furono incendiati 30 mila chili di rifiuti in terreni agricoli, con un ricavo di oltre 118 mila euro.
  Le dichiarazioni del pentito di mafia Carmine Schiavone, già rilasciate nel 1995, perciò quasi vent'anni fa ai magistrati, e poi ribadite ai microfoni di Sky nel 2013, hanno evidenziato come la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto, soprattutto di materiali tossici tra cui il piombo, scorie nucleari, materiale acido, che hanno inquinato le falde acquifere Pag. 84campane e delle coste di mare del basso Lazio, fino ad arrivare a Castelvolturno.
  Qui nasce una domanda molto spontanea, perché sicuramente non è un inquinamento da attribuire all'attuale amministrazione e alle attuali forze dell'ordine, che dovrebbero e dovevano vigilare; ma in quel periodo, perciò prima del 1995, perché non c’è certezza da quando avvenivano i primi riversamenti di rifiuti di qualsiasi genere, tossici e non solo, in quei terreni campani, cosa faceva in quegli anni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dell'industria, il Ministero dell'interno, il Presidente della Repubblica, il presidente della regione, il presidente della provincia locali, i vari sindaci, perché non interessava un solo comune ? Ma poi anche gli enti di controllo, come i vigili urbani, i carabinieri, le forze dell'ordine tutte ? Ci si lamenta sempre che c’è un eccessivo numero di forze dell'ordine in questo Paese, con una serie di competenze non ben delineate; e ci domandiamo le motivazioni perché per 20, 30, forse anche di più – perché, lo ripeto, non ci sono dati ufficiali, essendo un'operazione criminale quella che avveniva in quel periodo, fino a qualche tempo fa, e forse ancora oggi – cosa facevano tutte le forze dell'ordine, che passavano dalla Guardia di finanza ai carabinieri alla polizia locale e non solo, alla stessa AGEA, agli enti regionali, le guardie provinciali ? Sarebbe un lungo elenco, capire le motivazioni; ma qui non si sta facendo un processo a qualcuno: cercare giustamente colpevolezze.
  Come le colpevolezze si cercano di capire su tutti i territori. Io arrivo da un territorio, come dico sempre, quasi di confine, che è il Piemonte, la provincia di Torino, in cui c’è stata un'azienda che, come qualcuno aveva descritto in quest'Aula e non solo, aveva riversato dei rifiuti. Essendo un'azienda del nord possiamo citarla, non penso che sia illegale farlo: la FIAT. Essa aveva utilizzato un sistema non proprio lecito, di utilizzare il cosiddetto clan dei Casalesi per smaltire dei rifiuti ingombranti. Vi posso assicurare però che sul nostro territorio, nelle zone industriali, oramai deindustrializzate, che gli enti locali hanno acquisito sotto vari ricatti che la FIAT ha fatto in questi ultimi decenni, e non solo, si sono scoperti purtroppo una serie di agenti inquinanti che non hanno nulla da invidiare alla Terra dei fuochi: la differenza forse è che ha fatto meno scalpore, clamore, perché si è utilizzato il buonsenso e la volontà di potere risollevare e ripulire quei terreni, con ingenti costi pubblici e privati, perché regione, province, comuni stessi si sono messi in azione, cercando di ripulire il più possibile le ex ferriere di Torino, quando hanno tirato fuori e messo alla luce un fiume che passa nel Torinese che allora, all'epoca, negli anni Sessanta-Settanta, era ricoperto da cemento armato.
  Hanno provato poi che l'azienda stessa riversava all'interno del fiume, della Dora, dei liquami inquinanti; perciò è evidente che ogni luogo ha la sua peculiarità. Tuttavia, ci domandiamo il motivo per cui, in alcuni sistemi, nello stesso Paese – non dico in Europa, nello stesso Paese Italia – deve funzionare in un modo e in altri in un altro modo, con gravi ingenti spese economiche, ripeto, dal momento che regione, provincia e comune di Torino, in questi ultimi dieci anni, hanno speso ingenti capitali pubblici, fra cui anche alcuni privati; poi, le colpevolezze si sapeva da dove provenivano, perché la proprietà era univoca, la famiglia gestiva le aziende in modo molto unitario, perciò non si poteva scappare da lì ed, essendo ancora l'azienda in essere, si è cercato di trovare una soluzione con loro, cosa che in altri luoghi non si è potuto fare, o non si è voluto fare, questo non lo so.
  Con questo decreto-legge si mette sicuramente una «toppa», si volta pagina, sperando che sia la volta buona e si possano risollevare quei territori. Sempre da Torino, in quei territori – mi dispiace continuare a citare, mi dispiace, sono onorato di citare costantemente la mia città – il buon Cirio Francesco nel 1856 partì alla volta del casertese per impiantare le prime piantagioni di pomodoro e ciò mi ha fatto «balzare» l'idea di citarlo; Pag. 85i colleghi precedenti, soprattutto il collega Realacci ha citato gli episodi dei pelati italiani, i cosiddetti pelati Cirio. Sicuramente non citava il sottoscritto, avente un capiente calvizia, ma i pelati, i pomodori famosi in tutto il mondo. Proprio in quei terreni (erano terreni assolutamente agricoli) Cirio Francesco, nato a Nizza Monferrato, piemontese, ha impiantato le prime piantagioni per cercare di creare un'industria che, ad onor del mondo, fino a che Romano Prodi non la prendesse negli anni Settanta, era leader del settore, con la manifattura dei pelati, dei piselli e degli altri prodotti in scatola.
  Molto interessante la storia di questo Paese e molto interessante sarà capire dove si arriverà con il decreto, perché nel suddetto abbiamo rilevato, come esplicitato dall'onorevole Grimoldi, di cui mi onoro come sempre della sua amicizia, facendo parte del gruppo della Lega Nord, delle incongruità, anche se ha descritto e lo ha definito un decreto «omogeneo», in termini di importanza, cercando di ribaltare e riportare all'evidenza una serie di peculiarità; peculiarità che saranno proposte in forma emendativa nelle prossime giornate. Sono state già discusse in Commissione e già prese in considerazione – dobbiamo portarlo all'onore della cronaca – dal Governo stesso, cercando di portare in evidenza che «chi inquina, paga», e soprattutto il rifiuto deve essere gestito, come da sempre, come succede anche nel nostro territorio e dovrebbe succedere in tutto il territorio, dove viene prodotto l'inquinamento e lì deve essere smaltito. Questa azione illecita purtroppo ancora oggi è in essere, è evidente, ma io non colpevolizzo le attività industriali e il singolo imprenditore; posso colpevolizzare gli enti locali, la politica stessa di quegli anni che sapeva, sapendo di mentire, e faceva finta di niente e, oltre a nascondere la testa come gli struzzi, nascondeva i rifiuti sotto terra.
  Perciò, le disposizioni vanno bene, cerchiamo solo di essere celeri, di fare una cosa definitiva, non come il decreto sull'Ilva, in cui tutte le volte si rincorrono modifiche su modifiche, perché in questo decreto trattiamo anche dell'Ilva per la sesta o settima volta; che sia la volta buona e si possa essere coscienti di quello che si è fatto e del risanamento di un territorio che ha determinate necessità.
  Purtroppo, come si sa, ci vorranno decenni per ripulire e fare in modo che si ritorni all'epoca di Francesco Cirio di fine Ottocento; però se c’è la buona volontà da parte della politica, mi sembra che possa essere già un punto di inizio.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Palma. Ne ha facoltà.

  GIOVANNA PALMA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signor sottosegretario, il disegno di legge di conversione del decreto di cui discutiamo è un provvedimento di grande importanza, soprattutto per il mio territorio di provenienza, quell'area vasta tra Napoli e Caserta, che vive momenti drammatici a cui bisogna dare risposte immediate.
  Con questo atto, il Governo, con l'apporto notevole delle Commissioni, che hanno migliorato il testo in molti punti, cerca di farlo con riferimento ad alcuni temi centrali rispetto alla tutela ambientale a partire dalla problematica della cosiddetta Terra dei fuochi.
  Questa denominazione nasce per segnalare solo una delle tante facce della questione «inquinamento» in Campania. Per essere più precisi, con Terra dei fuochi va indicato esclusivamente il fenomeno drammatico dei falò di rifiuti, che periodicamente, e con notevole frequenza purtroppo, vengono appiccati in quell'area. Sono roghi prevalentemente a scopo di lucro, appiccati da chi ha interesse specifico a farlo. Sollevano nubi di fumo tossico e si allungano nei centri abitati, su scuole, case, campi, distribuendo in modo drammatico diossina e pericolo per la salute.
  I roghi della Terra dei fuochi sono appiccati per occultare lo smaltimento illegale di rifiuti tossici, come vernici, stoffe e residui industriali. Il rogo distrugge il rifiuto e non lascia tracce. Altre volte vengono appiccati per recuperare materiali vendibili dai rifiuti come il rame.Pag. 86
  In questi casi rappresentano una fonte allarmante di inquinamento ambientale, che ha indubbie ricadute sulla salute pubblica. Dietro i roghi della Terra dei fuochi ci sono interessi criminali precisi: c’è la camorra, che intercetta parte dello smaltimento illecito dei rifiuti pericolosi delle aziende che, a loro volta, si rendono complici per risparmiare i costi; ma c’è anche molta bassa manovalanza del crimine. È un fenomeno diffuso, contro cui si può lottare – io ritengo – solo aumentando i controlli. È necessario che lo Stato rafforzi la sua presenza, vigili con attenzione, gestisca il territorio e intervenga con rapidità.
  Purtroppo, tutto questo, negli anni, non è avvenuto. La Coldiretti della Campania, in un dossier presentato in Commissione Agricoltura, ha denunciato che, dal gennaio 2012, ci sarebbero stati ben 6 mila roghi di rifiuti, prevalentemente di materiali plastici, scarti di lavorazione, pellame, con fenomeni di abbandono incontrollato e smaltimento abusivo che comportano rischi di inquinamento del suolo, dell'atmosfera e delle acque sotterranee. Un numero, come si vede, spropositato e incredibile, che chiama in causa certamente chi commette questi atti, ma anche chi, sul territorio, non attiva evidentemente un sistema di controlli efficace. Io penso che le istituzioni debbano fare, in questo senso, una profonda autocritica.
  Da cittadina di Giugliano in Campania, prima ancora che da parlamentare eletta in quelle zone, mi sento indignata per il fatto che lo Stato non sia riuscito mai a controllare adeguatamente quei territori. Se possono essere appiccati 6 mila roghi in due anni è solo perché manca una presenza costante, manca una vigilanza attenta, manca una volontà di base per garantire ad un pezzo di questo Paese la presenza dello Stato.
  Il Governo, con il decreto-legge, introduce all'articolo 3 il reato penale di «combustione illecita di rifiuti», punendolo con la reclusione, superando un limite normativo che rendeva le armi dello Stato come dire «spuntate» rispetto al fenomeno. Tuttavia, ritengo che determinare il reato penale e aumentare la pena potrebbe non bastare, se non vengono contestualmente, incrementati i controlli.
  Per rendere efficace la misura appare indispensabile che si attivino maggiori attività di sorveglianza. Qualcosa viene detto anche nel decreto stesso, che autorizza i prefetti a incrementare la presenza sul territorio con le Forze armate, ma nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
  Mi auguro che si faccia di più e che ci si renda conto che non ha alcun senso incrementare una pena senza incrementare anche la vigilanza, che è poi il vero deterrente.
  Il decreto che esaminiamo, anche se indicato da tutti come quello della «Terra dei fuochi», in realtà dice, a mio parere, cose molto più significative anche su altri fronti.
  Gli interventi per la sicurezza agro-alimentare, in primis, e le azioni di monitoraggio a tutela dei territori campani sono sicuramente i più rilevanti rispetto al solo tema dei roghi, più rilevanti perché si pongono il duplice problema della questione ambientale nel suo insieme e di risanamento in un territorio martoriato. Purtroppo, sul tema dei rifiuti in Campania noi scontiamo un po’ di confusione anche terminologica, se mi consentite. Sono tante le facce del problema e a volte si rischia di metterle tutte insieme. Una cosa sono i roghi tossici, un'altra sono gli interessi illeciti dei rifiuti. Una cosa sono le discariche legali, spesso fatte male e a volte gestite da prestanome della camorra benché legali, un'altra cosa sono le discariche illegali disseminate su terreni che nemmeno conosciamo, con rifiuti interrati di qualunque provenienza. Una cosa sono gli interessi criminali spesso in combutta con pezzi deviati delle istituzioni, un'altra cosa sono gli errori e le colpevoli sottovalutazioni e la mancata vigilanza che pure rappresentano colpe molto gravi dello Stato.
  Nell'emergenza, purtroppo, si rischia di calare in un solo calderone ogni cosa e diventa così difficile inquadrare i singoli problemi e lavorare distintamente alle soluzioni, lontano da posizioni ideologiche Pag. 87ma con duro e spietato senso della realtà. È evidente, però, che nella somma di tutte queste vicende, emerge una grande questione complessiva da cui deve arrivare un solo semplice programma, che io tradurrei così: «Troppi rifiuti, di ogni tipo, nell'area tra Napoli e Caserta: adesso basta !». Adesso basta, perché quella è una zona che ha già dato tanto e troppo. Non c’è spazio per immaginare nessun altro tipo di impianto, di nessun'altra natura. Questo è un impegno che le istituzioni, a tutti i livelli, devono assumere.
  Il provvedimento in esame si concreta opportunamente sul tema delle bonifiche. Io direi che lo fa con cautela, forse troppa, e con poche risorse economiche, demandando ad un altro livello la programmazione finanziaria. Tuttavia lo fa, pone il problema, avvia un percorso. Ed è decisamente un fatto positivo che va sostenuto con forza e di cui va dato al Ministro Andrea Orlando, che evidentemente conosce la questione e quei territori e, quindi, gli va dato atto di avere messo un punto centrale mai messo prima con tanta decisione, con tanta rapidità, ma che comunque è solo un punto di partenza.
  Lo svolgimento di indagini tecniche, per esempio sulla mappatura dei terreni al fine di accertare l'eventuale esistenza di contaminazioni a causa di sversamenti e smaltimenti abusivi di rifiuti e anche conseguenza della relativa combustione ci aiuta – ed è un esempio – a fare chiarezza nel distinguere opportunamente quello che è sano da quello che non lo è. Ci aiuta a non confondere l'agricoltura di pregio della Campania con i terreni contaminati. Ci aiuta a dare certezze ai consumatori e, quindi, anche agli stessi produttori.
  Ma, poi, come ci ha detto la Coldiretti in Commissione agricoltura, bisogna rendere efficaci e tempestive le azioni di bonifica e le attivazioni delle misure di emergenza e di messa in sicurezza dei terreni. Bisogna sbloccare i fondi esistenti e recuperare nuove risorse economiche da destinare prioritariamente agli interventi di bonifica, ma anche come indennizzo alle comunità danneggiate. Bisogna colpire i colpevoli, ma bisogna proteggere chi, tra gli agricoltori, subisce danni senza averne colpa.
  Attenzione, quindi, anche alle mappature: non si può agire per presunzione, ma si deve agire per dati reali. Bisogna, poi, fare chiarezza sulle destinazioni dei terreni ritenuti inquinati. Vengono giustamente sottratti all'agricoltura ai fini alimentari, ma poi che succede su quei terreni ? Ritengo che su questo punto si debba elaborare una strategia precisa, al fine di evitare ulteriori derive speculative. Sono possibili progetti per colture no food, che hanno una capacità autorigenerante dei terreni e che possono essere stimolate e aiutate anche economicamente.
  Maggiore vigilanza sul territorio, mappatura dei siti inquinati, bonifiche. Questo, quindi, in sintesi il quadro definito dal decreto. Io credo che si dovrebbe aggiungere un ulteriore punto, magari in forma di proposito politico per il futuro, su nuovi atti istituzionali. Lo dicevo prima e lo ribadisco: «Mai più rifiuti tra Napoli e Caserta». Mai più, ovviamente, smaltimento illegale, con maggiore controllo del territorio, ma anche un «mai più» rivolto alle istituzioni e allo Stato. Mai più, non per dire «non più nel mio giardino», ma per dire che non si può fare sempre nello stesso posto.
  Sono stati censiti, nell'area giuglianese, ben 22 siti, tra illegali e legali, di smaltimento di rifiuti. Discariche autorizzate chiuse, mai bonificate e soprattutto mai osservate nella loro vera natura, vista la commistione su quei territori tra camorra e affari, tra lecito e illecito. Impianti come la Resit, l'Alma, la Nova Ambiente, quella di Masseria del Pozzo, quella degli Schiavi, di Settecainati. E anche decine di sversatoi abusivi portati alla luce, con materiali di ogni genere.
  Esiste, pertanto, la grande questione di Taverna del Re, un megasito di stoccaggio dove sono ammassate milioni di tonnellate di ecoballe, e per le quali si prevede di costruire, proprio in zona, un termovalorizzatore. Un nuovo, ennesimo, insopportabile impianto per il trattamento dei rifiuti in una zona che adesso non vuole Pag. 88giustamente vederne altri e che chiede, a gran voce, la costruzione di un futuro diverso.
  Un futuro che parta da una maggiore presenza dello Stato, dalla lotta seria alla criminalità organizzata, dalla battaglia senza confini agli illeciti ambientali, e si componga solo finalmente di bonifiche e progetti compatibili con la salute dei cittadini. Noi cittadini del giuglianese, che abbiamo pagato e stiamo pagando un prezzo altissimo, chiediamo solo che ci venga restituito innanzitutto dalle istituzioni il diritto alla salute e una speranza per il futuro. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, in queste ultime settimane il Parlamento, la Commissione ambiente prima e oggi l'Aula, si ritrova a discutere del colosso siderurgico, che insiste nel territorio della provincia di Taranto, dell'Ilva, un colosso siderurgico che è figlio, frutto, di una concezione industriale che ha sempre messo al centro la produzione e le sue ricadute economiche sul territorio e che anche quando era a gestione pubblica, ma a maggior ragione durante la gestione privata dei Riva, non si è mai posto il tema della salute dei lavoratori e dei cittadini e della tutela ambientale.
  Eppure l'approccio in questi anni è cambiato, è cambiato grazie agli interventi normativi e legislativi della regione Puglia, è cambiato grazie agli interventi della magistratura tarantina ed è cambiato grazie alla crescita di una coscienza e di un attivismo ambientalista importante in quella città.
  L'Ilva di Taranto è diventata questione nazionale, la politica nazionale ha cominciato ad occuparsene, ma oggi purtroppo i risultati non hanno determinato i cambiamenti attesi dalla popolazione, cambiamenti necessari per evitare che quella produzione continui a provocare morti e avvelenamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo.
  Purtroppo registriamo ancora ritardi inaccettabili, concessioni di proroghe e di deroghe, che determinano la perdita di fiducia dei lavoratori e dei cittadini nei confronti della politica, in particolare di quella nazionale, mentre avremmo la necessità assoluta di avere certezza dei tempi di attuazione degli interventi previsti dall'AIA, unitamente al puntuale monitoraggio della qualità dell'aria e delle altre matrici ambientali.
  Avremmo bisogno di una verifica puntuale dell'efficacia delle misure adottate, avremmo cioè la necessità assoluta di dimostrare con i fatti a quella popolazione che la salute dei cittadini e dei lavoratori della città e della provincia di Taranto sono strategiche per la politica nazionale per il Governo e per il Parlamento.
  Oggi siamo qui in discussione sulle linee generali e affrontiamo l'ennesimo decreto, il decreto meglio conosciuto come quello sulla «Terra dei fuochi», ma è l'ennesimo decreto che si occupa appunto anche dell'Ilva di Taranto.
  Due decreti convertiti nel 2012, tre decreti del 2013, questo presentato appunto a dicembre del 2013 e che si vuole convertire in questi giorni. In particolare voglio ricordare il decreto che ha previsto il commissariamento di quella azienda, commissariamento resosi necessario dalle inadempienze e dal mancato rispetto delle normative vigenti sia europee che nazionali da parte della proprietà dell'Ilva.
  Voglio ricordare che ancora a novembre scorso i custodi giudiziari, l'Ispra e l'Arpa, hanno denunciato inadempienze dell'azienda. L'Unione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per il mancato rispetto delle normative europee sia in materia di emissioni industriali che di responsabilità ambientale sempre in riferimento all'Ilva, ma la proprietà non è mai stata sanzionata per le sue inadempienze e per i suoi ritardi. Così ricordo anche il decreto legislativo che parlava di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Anche lì fu inserito un articolo, l'articolo 12, che riguardava l'autorizzazione alle discariche per rifiuti pericolosi e non pericolosi, Pag. 89autorizzazione che è stata concessa – ovviamente discariche interne all'Ilva – senza tener conto delle normative vigenti nazionali ed europee.
  Insomma, una serie di provvedimenti insufficienti, se non sbagliati, che non hanno dato le risposte che la popolazione si aspettava. Ed oggi discutiamo dell'ennesimo decreto, un decreto, lo voglio dire, dal cui titolo era scomparso qualsiasi riferimento alla tutela della salute: apprezziamo che questa cosa sia stata mitigata dall'inserimento della norma che prevede lo screening sulla salute della popolazione della provincia di Taranto e dei lavoratori. Ma lo chiedo al Ministro Orlando: non pensa che bisognerebbe anche intervenire sulla valutazione del danno sanitario ? Importantissimo lo screening sulla salute di quei cittadini e di quei lavoratori, ma noi pensiamo che i criteri metodologici del decreto interministeriale sulla valutazione del danno sanitario siano sbagliati, non consentano di intervenire sulle ricadute delle emissioni inquinanti sulla salute dei cittadini. Noi pensiamo che abbia fatto bene la regione Puglia a ricorrere contro quel decreto interministeriale. Anche con un emendamento, che riproporremo in Aula, abbiamo chiesto che invece siano utilizzati il regolamento e i criteri metodologici previsti dalla legge regionale sulla valutazione del danno sanitario, per consentire che si possa intervenire prima dell'applicazione definitiva dell'AIA.
  Insomma, un decreto che è pieno di contraddizioni, così come lo è stato quello sul commissariamento. Noi abbiamo riproposto anche in questa occasione di ripristinare la figura del Garante dell'autorizzazione integrata ambientale. Perché, vede Ministro, lei lo sa: il decreto sul commissariamento, il disegno di legge sul commissariamento, eliminò quella figura, eppure quella figura è stata importante anche per determinare la scelta del commissariamento dell'Ilva. Il Garante dell'AIA aveva consentito di mantenere una relazione stretta con i cittadini, con le associazioni ambientaliste, con le organizzazioni sindacali, aveva garantito che ci fosse un'informazione puntuale su quello che accadeva in quella fabbrica.
  E allora, insomma, un decreto, anche questo, insufficiente e che presenta diverse criticità. Questo decreto pone misure in merito all'Ilva in riferimento soprattutto alle modalità dei tempi di approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria.
  Questo schema di decreto, che è stato reso pubblico l'11 ottobre 2013, era stato presentato perché le organizzazioni sindacali, le associazioni e gli enti locali potessero presentare delle osservazioni. L'11 novembre è scaduto. Avrebbero dovuto essere valutate, quelle osservazioni, ed entro centoventi giorni dalla nomina del comitato, nomina avvenuta a luglio, il piano ambientale andava presentato. Invece, lo slittamento dei termini di approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria comporterà un ulteriore slittamento dell'adozione del piano industriale e quindi un ulteriore slittamento delle concrete indicazioni temporali ed economiche di attuazione degli interventi necessari al risanamento dello stabilimento, e un ulteriore slittamento dell'attuazione delle prescrizioni dell'AIA. Noi siamo molto preoccupati, siamo molto contrari alla norma – é detto testualmente nel decreto – quella che prevede l'interpretazione autentica sulla cosiddetta progressiva attuazione delle prescrizioni AIA. Di fatto, si passa dal rispetto puntuale dei termini dell'AIA ad una norma che ancora ha parametri relativi che non garantiscono il rispetto delle prescrizioni, e il commissario in questo modo non è sanzionabile, non è sanzionabile per i ritardi nell'applicazione dell'AIA. E lo dico così: Bondi è venuto in Commissione ambiente e aveva più il piglio dell'amministratore delegato. Lui è stato amministratore delegato per conto della proprietà ed è esplicitato in questo decreto che Bondi non è nelle condizioni di rispettare i termini originari. Ma Bondi, voglio ricordare, è stato l'amministratore delegato di Ilva e dovrebbe invece sapere Pag. 90quello che è accaduto prima, e anzi prima, molto prima, avrebbe dovuto far rispettare i termini di applicazione dell'AIA.
  Anche il punto sul recepimento delle risorse necessarie al risanamento, alle bonifiche, alla ristrutturazione produttiva ci lascia molto perplessi. Perché mai quella azienda, quella proprietà, che non ha mai messo a disposizione le risorse ingenti che ha guadagnato – io lo voglio dire: in quella fabbrica, in quel territorio si sta consumando da sempre un conflitto che è tra il profitto, da una parte, e la salute e il lavoro, dall'altra –, oggi dovrebbe accettare la ricapitalizzazione allo scopo di far utilizzare risorse per le bonifiche e per l'applicazione dell'AIA ?
  Noi pensiamo che questo decreto-legge determini ancora maggiore sfiducia da parte di quei cittadini e di quei lavoratori, perché ad oggi, dopo cinque decreti-legge, ancora non si danno risposte concrete al bisogno, al grido di aiuto di quella popolazione e di quei lavoratori. Lo voglio dire sommessamente, con il dolore – che so – che proviamo tutte insieme e tutti insieme: quei lavoratori continuano a morire e continuano a morire di malattie orribili. La settimana scorsa sono morti due lavoratori colpiti dal cancro ai polmoni perché hanno manipolato l'amianto.
  Allora, noi pensiamo che dobbiamo dare risposte, ci dobbiamo assumere la responsabilità. Non possiamo più mettere in campo interventi che siano insufficienti o dannosi o sbagliati. Dobbiamo fare in modo che si rispettino subito i termini di attuazione delle prescrizioni dell'AIA, che ci siano certezze immediate sulle risorse da utilizzare, anche facendo appello – come noi facciamo appello – all'articolo 43 della Costituzione italiana, che la valutazione del danno sanitario sia una cosa seria, non sia una beffa.
  Noi in queste ore continueremo a lavorare perché il decreto-legge sia modificato. Infatti, noi pensiamo che dobbiamo dare risposte serie e che non ci possiamo presentare, ancora una volta, davanti a quei cittadini, a quei lavoratori con strumenti di questo tipo, nonostante la buona volontà, glielo dico sinceramente Ministro Orlando, che le riconosciamo. Le riconosciamo onestà intellettuale. Però non basta. Questo Parlamento deve fare molto di più.
  Quella città va risarcita. È una città che ha dato tutto: ha dato tutto al colosso siderurgico, ha dato tutto alla Marina militare, ha dato tutto a produzioni energetiche che servivano all'intero Paese ed erano produzioni che lasciavano, hanno lasciato e continuano a lasciare su quel territorio inquinamento di aria, suolo, sottosuolo, acqua. Quella città va risarcita. Noi non possiamo cavarcela dicendo: «È un altro passo avanti». C’è bisogno del passo avanti definitivo. Dovevamo avere più coraggio, dovevate avere più coraggio quando avete commissariato l'azienda. I Riva vanno allontanati definitivamente. Ma anche chi oggi ha compiti, funzioni, responsabilità di commissario si deve assumere le sue responsabilità. Non può chiedere alla politica un decreto che in qualche maniera sembra un salvacondotto per il commissario Bondi.
  Io mi appello soprattutto a lei, Ministro Orlando: so che quel riferimento alla tutela della salute che era scomparso è stato reinserito grazie al lavoro dei commissari, ma è stato inserito anche grazie alla sua volontà. E allora bisogna fare di più. Non potremmo tornare in quella terra, così bella ma così sofferente, dicendo: «Abbiamo provato, abbiamo fatto un altro passettino», perché – vedete – credo che Taranto non debba essere lasciata sola, non debba essere lasciata sola la regione Puglia, non debbano essere lasciati soli i sindacati, non debbano essere lasciati soli i tanti cittadini e le tante cittadine che in questi anni si sono spesi, con manifestazioni, con proposte, perché quella città tornasse ad essere la capitale del Mediterraneo.
  E allora noi continueremo a lavorare, anche in questi giorni, perché quel decreto-legge finalmente serva a quella città. Io lo dico concludendo: siamo stanchi di provvedimenti che servono una volta a Riva, una volta al commissario, una volta Pag. 91a garantire chi in quest'Aula prova a difendere principi costituzionali di salvaguardia della proprietà privata.
  Noi crediamo che gli articoli ai quali dobbiamo fare riferimento siano gli articoli 34 della Costituzione italiana, l'articolo 41 e l'articolo 43.
  Taranto, i suoi cittadini e i lavoratori di quella fabbrica non potranno – e faranno bene – perdonarci l'ennesimo strumento insufficiente o sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signora Presidente e Ministro, il decreto in discussione oggi alla Camera ha come finalità principale quella di risolvere la problematica della «Terra dei fuochi», soprattutto riguardo agli aspetti sanitari e ambientali e, in aggiunta, far fronte alle ripercussioni economiche che gravano sull'agricoltura campana.
  Ma io mi porrò, ovviamente per quanto un po’ più di mia competenza, soprattutto cinque domande chiave che riguardano il tema della salute e sono quelle vorrei condividere con gli amici che sono presenti questa sera qui in Aula: l'incidenza dei tumori e la mortalità della «Terra di fuochi» è superiore alla media ? C’è un nesso tra patologie oncologiche ed emergenza ambientale ? La mancata prevenzione e i ritardi nella diagnosi e nella terapia che ruolo giocano ? Rifiuti pericolosi, roghi, inquinamento della falda, qual è il killer più spietato ? È efficace uno screening di massa preventivo ?
  Le notizie che arrivano da Casal di Principe sul ritrovamento di un fusto per solventi in un terreno, a 15 metri di profondità, vicino alla falda acquifera, confermano oggi la gravità della situazione nella «Terra dei fuochi» e la necessità di risposte forti da parte delle istituzioni.
  Il decreto «Terra dei fuochi», che riguarda anche l'Ilva – e sul quale non mi soffermerò, perché effettivamente, come è stato ripetutamente detto dai colleghi, questa è la quarta volta che affrontiamo questo tema – oggi approda in Aula alla Camera con un testo molto rafforzato rispetto a quello che era stato approvato inizialmente dal Consiglio dei ministri.
  Forse la parte che maggiormente risulta rafforzata è proprio quella che riguarda la salute, anche perché, Ministro, devo dire che anch'io ero rimasta molto sorpresa del fatto che il riferimento alla salute, al Ministero della salute fosse un po’ come il grande assente nella prima versione di questo decreto.
  Vorrei esordire in questo momento citando una lettera che il Presidente della Repubblica Napolitano ha scritto a don Patriciello, parroco di Caivano.
  Sono sicura che i miei amici ascolteranno molto volentieri le parole del Presidente della Repubblica.
  «La serietà del fenomeno non può permettere di abbassare la guardia»: lo scrive il Presidente Napolitano in una lettera inviata a don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, proprio sul problema della «Terra dei fuochi».
  «Vorrà credere nel mio costante impegno a sollecitare, a tutti i livelli di Governo, gli interventi necessari».
  E continua Napolitano: «Caro don Patriciello, ho riascoltato con rinnovata commozione, dopo le drammatiche notizie che lei stesso mi ha voluto rappresentare in prefettura a Napoli nell'incontro del 29 settembre scorso, il grido accorato delle madri dei bambini colpiti da gravi patologie tumorali, ricondotte al criminale inquinamento dei vostri territori della Campania. Le rinnovo, perché se ne faccia portavoce verso le famiglie interessate, la mia intima partecipazione al loro dolore, confidando che non abbandonino la fiducia nell'impegno delle istituzioni, rese più coese e credibili anche grazie alla partecipazione attiva della rete di comitati e singoli cittadini che non si contentano di denunciare i crimini subiti, ma sostengono con le loro iniziative le operazioni di monitoraggio e di bonifica dei siti. Ho affrontato l'argomento in varie occasioni, sia in ripetuti contatti con competenti autorità locali, sia sollecitando, presso le autorità governative, l'adozione di provvedimenti Pag. 92adeguati alle necessità più urgenti riscontrate alla luce di elementi emersi di recente. La gravità del problema è stata da me pubblicamente evidenziata in una dichiarazione del 29 settembre scorso, poi nella ricorrenza della fondazione del Corpo forestale dello Stato, interessato a controlli in materia, e in un'iniziativa sull'ambiente tenuta al Quirinale con l'associazione Green Cross Italia. Malgrado l'impegno dispiegato dallo Stato, sono d'accordo con lei che la questione richiede ancora energie ed attenzioni. Sebbene il territorio colpito e danneggiato sia circoscritto e non esteso all'intera Campania, la serietà del fenomeno non può permettere di abbassare la guardia.
  Mi ritenga disponibile a ricevere nei prossimi giorni da lei un aggiornamento sulle sue valutazioni circa esigenze e istanze della popolazione. Vorrà credere nel mio costante e personale impegno a sollecitare – a tutti i livelli di governo – gli interventi necessari, compresa la vigilanza sul buon andamento delle misure e degli investimenti da effettuarsi e, non appena sarà possibile disporre di ulteriori risorse, mirate misure compensative del danno subito dalle vittime».
  Questa traccia di lettera del Presidente Napolitano potrebbe essere proprio punteggiata e in qualche modo sottolineata passo passo, non solo per ciò che dice rispetto alla diagnosi del problema, ma soprattutto rispetto agli impegni che si assume per il futuro del problema. E io vorrei sottolineare proprio queste ultime parole: «misure compensative del danno subito dalle vittime».
  Noi non abbiamo saputo avere un atteggiamento di prevenzione degno di questo nome, ma adesso dobbiamo avere un atteggiamento che sia capace di compensare il danno subito dalle vittime e la compensazione di cui stiamo parlando è evidentemente non solo una compensazione di carattere economico, ma è una compensazione che ha importanti risvolti anche sul piano economico e su questo mi soffermerò più avanti.
  La tutela della salute in Campania deve essere, però, perseguita esclusivamente attraverso vie ordinarie, piuttosto che ricorrendo a commissariamenti che, come il passato dell'emergenza rifiuti in Campania insegna, hanno rappresentato l'emblema del fallimento e hanno condotto ad una caduta verticale e pervasiva della credibilità delle istituzioni per i cittadini. I commissariamenti, infatti, da un lato, tendono a dilatare sine die i tempi di risoluzione delle problematiche per le quali sono istituiti, e, dall'altro, deresponsabilizzano i soggetti istituzionali ordinariamente competenti.
  D'altra parte, anche se la problematica fosse risolta dai commissariamenti, paradossalmente non sarebbe possibile trasferire il testimone ai soggetti ordinariamente competenti perché considerati incapaci di gestirlo.
  Il contributo che lo Stato deve dare va pertanto necessariamente improntato all'affiancamento e al supporto dei soggetti territoriali con competenza ordinaria, piuttosto che alla sostituzione degli stessi, in modo che possano perseguire, attraverso le più celeri ed efficaci modalità, la risoluzione della problematica e sviluppare le competenze utili.
  Dopo l'introduzione del reato di combustione dei rifiuti, con la stessa celerità si dovrebbe approvare l'introduzione nel nostro codice penale dei delitti ambientali, una riforma di civiltà attesa da anni, grazie alla quale, accanto al delitto di traffico illecito di rifiuti, diventerebbero legge anche quelli di inquinamento ambientale, frode in materia di ambiente, danneggiamento delle risorse ambientali, alterazione del patrimonio naturale, disastro ambientale, insieme all'obbligo di bonifica e, ove possibile, di ripristino dei luoghi compromessi a carico del condannato.
  Dopo tante parole sul caso della «terra dei fuochi», è ora necessario cambiare passo per ridare futuro ai territori della Campania saccheggiati dall'ecomafia e restituire speranza a chi è impegnato a salvaguardare e promuovere l'economia pulita e di qualità dell'intero territorio regionale. Serve, però, il massimo contenimento Pag. 93dei tempi e, a mio avviso, serve anche una profonda e adeguata educazione sanitaria.
  Nel merito sarà importante assicurare il massimo contenimento dei tempi di esecuzione delle attività di controllo e monitoraggio, così come di quelle di bonifica, per individuare e delimitare i terreni agricoli che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare.
  È necessario integrare alle indagini da remoto, quali il telerilevamento citato all'articolo 1 del decreto-legge, quelle in campo, quali le analisi di terreni e acque. In pratica, si dovranno condurre procedimenti analoghi a quelli connessi alle bonifiche per realizzare concrete ed efficaci analisi del rischio.
  Fino ad oggi abbiamo assistito ad un'estrema dilatazione dei tempi di esecuzione degli interventi e, nonostante il decreto-legge abbia termini stringenti, occorre che vi sia piena consapevolezza che, a meno che non siano disponibili i dati relativi al monitoraggio, sia da remoto che in campo, è impossibile che si possa giungere in appena sessanta giorni all'individuazione e delimitazione dei terreni agricoli prioritari che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare.
  Non possiamo dimenticare che esiste una significativa sovrapposizione della problematica della terra dei fuochi a quella delle bonifiche per la quale si registra un fortissimo ritardo nella realizzazione degli interventi dell'ex SIN, litorale domizio flegreo e agro aversano, istituito nel 1998 in cui ricade la terra dei fuochi. Infatti, sulla base dei dati disponibili aggiornati con la proposta del piano regionale delle bonifiche della Campania al settembre 2010, con riferimento allo stato di avanzamento per i quasi duemila siti potenzialmente contaminati censiti nell'ambito del SIN, risulta che per circa il 75 per cento non è stata svolta alcuna attività...

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, concluda.

  PAOLA BINETTI. Presidente...

  PRESIDENTE. Lei avrebbe finito il tempo che le è stato assegnato dal suo gruppo, poi ovviamente...

  PAOLA BINETTI. Ah sì ?

  PRESIDENTE. Sì.

  PAOLA BINETTI. Mi dispiace, signor Presidente, le chiedo qualche minuto ancora. Ma nel foglio che mi è stato dato c’è scritto trenta minuti.

  PRESIDENTE. È un vecchio foglio. Concluda comunque.

  PAOLA BINETTI. Come gli abitanti non ho avuto l'aggiornamento del foglio. La ringrazio e semmai alla fine, se lei crede, lo consegno. Però ci sono alcuni problemi della sanità che vorrei toccare velocemente.
  Ancora, in concomitanza alle attività previste nel decreto, va valutata l'opportunità di includere una serie di azioni sul fronte della sanità per colmare il divario con altre regioni in termini di efficacia delle attività di prevenzione includendo dai medici di base alle strutture ospedaliere.
  Uno dei casi che forse ha colpito di più tutti noi è stato quello di una bambina: Marianna aveva solo otto anni ed è morta di leucemia. Impossibile per la mamma non gridare a gran voce «il nostro territorio è inquinato e mangiamo veleni e per questo la mia bambina non c’è più». Marianna è solo una delle ultime vittime di una strage degli innocenti. Sono parole accorate che risuonano nel nostro orecchio e che, in qualche modo, turbano la nostra pace e la nostra serenità e che ci restituiscono un senso di responsabilità molto pesante e molto forte.
  Volevo accennare al fatto, prima lo dicevo, che il decreto-legge parla troppo poco del diritto alla salute. I riferimenti al Ministero della salute sono scarsi. Manca quello che, a mio avviso, è fondamentale: il potenziamento del servizio sanitario nazionale Pag. 94inteso come servizio sanitario regionale che includa la possibilità di esami tossicologici per i cittadini campani.
  In una regione dove la gente si ammala di tumore più che in altre parti d'Italia il Governo fa un decreto-legge che non prende adeguatamente sul serio il diritto alla salute. Il decreto-legge istituisce una commissione interministeriale fatta dai Ministeri e dalla regione Campania con il compito di mappare in cinque mesi le aree inquinate. Ma noi sappiamo che cinque mesi non saranno sufficienti per questa mappatura. Questo è uno degli elementi più gravi, anche se devo dire che uno degli aspetti positivi del passaggio del decreto-legge dal Consiglio dei ministri alle aule del Parlamento, alle Commissioni, riguarda proprio il disco verde che, attraverso la Commissione ambiente della Camera, è stato dato in questo decreto-legge con l'emendamento che stanzia 50 milioni di euro per offrire screening gratuiti alla popolazione. Però, è fondamentale che la gestione di questi fondi sia una gestione intelligente.
  Concludo il mio intervento sottolineando una cosa che va nella linea di questa sorta di riparazione a cui pure il Presidente Napolitano faceva riferimento. Una volta che lo screening sarà stato fatto, una volta che i tumori saranno stati evidenziati, abbiamo in mente di creare una rete veloce di servizi per cui questi pazienti potranno accedere concretamente a servizi di alta qualità, senza dover incorrere in quel problema che sono le file di attesa, senza dover rimandare da una volta all'altra quello che è il passaggio da una terapia che potrà essere a volte semplicemente a base di chemioterapici, a volte potrà richiedere una radioterapia, a volte potrà richiedere interventi chirurgici; ma ci sarà davvero nella Campania un servizio integrato che sappia mettere in rete tutto ciò di cui questi malati avranno bisogno ? E sapremo noi esprimere attraverso l'efficienza di un sistema sanitario centrato sui bisogni non generici dei malati ma su bisogni concreti di questi malati ciò di cui loro necessitano sicuramente per migliorare la qualità di vita, possibilmente per guarire ma comunque per imparare a convivere nel modo meno pesante, meno doloroso, meno molesto possibile con la loro malattia ?
  Io mi chiedo questo, chiedo questo e lo chiederò anche con un ordine del giorno al Ministro che questo aspetto, che è l'aspetto della riorganizzazione del servizio sulla base dei bisogni dei malati, diventi davvero una priorità del nostro sistema sanitario nazionale e l'espressione concreta per cui il Parlamento mostra, a coloro che non è stato in grado in prima istanza di difendere, con i fatti, di sapere riparare ai danni che, sia pure involontariamente, ha occasionato.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, la regione Campania è commissariata dal Governo per l'emergenza rifiuti dal 1994. Gli studi epidemiologici si sono interessati a quell'area per il sospetto di incremento della mortalità per patologie correlate all'ambiente. Si sono trovati incrementi statisticamente significativi di mortalità e morbilità in particolare nell'area definita dal 2003 «terra dei fuochi». Risale al 1995 l'audizione di Schiavone in relazione all'attività illecita di sversamento e interramento di rifiuti, ma la desecretazione di quell'audizione è avvenuta solo quest'anno, dopo diciotto anni.
  Alcuni dati sono già stati citati, comunque, l'eccesso di mortalità generale è davvero drammatico: si parla di un 9 per cento in più per gli uomini in quelle aree e del 12 per cento in più per le donne residenti nei comuni più interessati da inquinamento e presenza di siti conosciuti di smaltimento dei rifiuti, dove, poi, sono stati dimostrati eccessi di mortalità e malformazioni. La condivisione di questi dati in maniera forse più puntuale avrebbe potuto ridurre i danni, mi riferisco proprio alla desecretazione che è avvenuta, a mio parere, davvero con eccessivo ritardo.
  Gli studi epidemiologici svolti su 44 aree definite SIN hanno dimostrato, per i dati pubblicati che riguardano gli anni Pag. 951995-2002, 1.200 decessi annui aggiuntivi rispetto alla media nazionale. Le aree considerate SIN interessate riguardano circa il 10 per cento della popolazione italiana: quindi, si tratta di un'area piuttosto estesa del territorio.
  Leggendo il sito dell'Istituto superiore di sanità si legge che la condivisione dei risultati con i Ministeri della salute e dell'ambiente, le regioni, le ASL, le ARPA e i comuni interessati consentirà l'attivazione di sinergie fra le strutture pubbliche con competenza in materia di protezione dell'ambiente, di tutela della salute e, su questa base, l'avvio di un processo di comunicazione con la popolazione scientificamente fondato e trasparente. Questo è quello che riporta l'Istituto superiore di sanità. Credo che vada preso in grande considerazione quanto scritto, perché, a mio parere, questo purtroppo non è successo a sufficienza.
  Il vero e proprio progetto «SENTIERI» è stato pubblicato nel 2011 sulla rivista «Epidemiologia & Prevenzione» e ha riguardato 63 cause di morte per esposizioni ambientali. Il gruppo di lavoro «SENTIERI» non è solo un gruppo scientifico o filosofico: questo tipo di lavoro mira a individuare anche le priorità negli interventi di risanamento ambientale. Per questo, a nostro parere, è molto importante che vada avanti questo studio epidemiologico: purtroppo, i problemi di inquinamento persistono nel nostro Paese e non si può al momento interrompere gli studi in corso. Questo studio, per esempio, ha mostrato un eccesso di patologie gastrointestinali a livello della popolazione campana di alcuni comuni e ha suggerito analisi di biomonitoraggio della catena alimentare, che è quello, appunto, di cui si parla in questo decreto. E questi dati già erano disponibili da più di due anni.
  In pratica, risulta – ed è oggetto di una mia interrogazione pubblicata il 21 novembre 2013, la n. 4/02641 – che esistono dei dati successivi al 2002 e spero che, se ci sono, vengano pubblicati o, comunque, che si cerchi di processare e analizzare tali dati: reciprocamente, per il legislatore e per i ricercatori è necessario avere questi dati e riuscire ad avere le risorse per analizzarli e per processarli.
  Altrimenti, risulterebbe che anche i dati dello studio SENTIERI rischierebbero di essere secretati anch'essi.
  Perciò, sollecito sia la risposta alla mia interrogazione sia che, appunto, l'inserimento, che è avvenuto nel testo del decreto-legge di questa parte, sia seguito, poi, da una reale applicazione di quanto scritto, proprio perché, davvero, in questa fase in cui si stanno cercando di affrontare le bonifiche, è necessario individuare delle priorità. Purtroppo anche i dati epidemiologici fanno parte di queste priorità. Il mio emendamento 1.22 al testo base è stato fatto proprio dal relatore del decreto-legge e si scrive anche che è necessario, non solo proseguirlo, ma implementarlo e studiare gli effetti sommatori dell'inquinamento atmosferico con l'inquinamento del suolo e delle falde, in modo da determinare la priorità degli interventi.
  Per ora l'emendamento del relatore si è limitato alle due regioni considerate, ma auspico che a breve il medesimo criterio si applichi per tutti i SIN italiani. Anche il SIN di Mantova, dove risiedo, ha purtroppo queste caratteristiche sommatorie preoccupanti con un forte inquinamento anche atmosferico. A tenere le fila degli studi epidemiologici sarà l'Istituto superiore di sanità. Avere un capofila è importante; uno dei punti deboli del testo del decreto-legge è, a mio parere, parificare Agea, CRA e ISPRA.
  Inoltre, auspico che nel testo definitivo sulla penalizzazione dei reati ambientali sia inserito anche il reato di frode e falso. Questo provvedimento che arriverà, secondo me, dovrà prevedere questi dati perché valori di biomonitoraggio contraffatti possono inficiare, distorcere e dilazionare le opere di bonifica e una normativa eccessivamente garantista può contribuire a tali gravissimi illeciti. Proporrò in un ordine del giorno i ricontrolli a campione dei biomonitoraggi.
  Sottolineo anche il discorso centrale delle biomasse e del biogas; non vorremmo che questo decreto-legge facilitasse il fatto Pag. 96che le aree no food siano dedicate a una proliferazione di impianti a biogas e biomasse con il problema dei digestanti da spargere sui terreni e, non ultima, una possibile speculazione economica che è già in atto e che nel 2013 ha visto drenati circa 10 miliardi di euro per il settore.
  Per quanto riguarda la Puglia sottolineo che l'OMS ha effettuato due studi di mortalità sull'area di Taranto, nei comuni di Crispiano, Massafra e Statte, da cui è emerso un eccesso di mortalità importante; è stato stabilito un eccesso tra il 10 e il 15 per cento della mortalità generale per tutti i tumori in entrambi i generi, un eccesso del 30 per cento della mortalità per tumore del polmone per entrambi i generi e un eccesso anche per i tumori della pleura. Un emendamento che proporrò per l'Aula riguarda la necessità di mappatura e bonifica dell'amianto nelle aree Ilva.
  Secondo l'Istituto superiore di sanità è necessario integrare i progetti di sorveglianza anche relativamente all'inquinamento atmosferico anche nelle zone di Taranto. Il tumore polmonare è stato correlato alla distanza della residenza principale dalle acciaierie Ilva; quindi, non è solo una malattia professionale ma si è verificato anche nei residenti nelle aree limitrofe. Si è verificato, in particolare, fra le donne che sono sicuramente meno coinvolte in lavori con esposizioni altamente nocive. Per cui la strada potrebbe essere lo studio epidemiologico, gli esami di screening che sono stati inseriti, ma è anche necessaria la valutazione dell'offerta sanitaria assistenziale che risulta ampiamente carente nella provincia di Taranto.
  Voglio stimolare il Ministero della salute ad interfacciarsi con la regione Puglia per capire quale sia stato l'utilizzo delle risorse già destinate per queste aree. Non dobbiamo avere paura della cultura e della scienza, la rete aiuta, ma a volte confonde, proprio quando le pubblicazioni sono parziali. Devono essere pubblicati tutti i dati degli studi soprattutto se pagati con denaro pubblico.
  Ho potuto visionare il riassunto del recente studio IESIT su Puglia e Salento e non capisco perché non ci sia una pubblicazione analitica dei dati. Una delle richieste dei cittadini di Taranto che vogliono andare oltre questa situazione e questo disastro e che guardano avanti è la cultura, l'informazione, la necessità di sviluppo universitario dell'area con la creazione di un polo, di una cittadella della scienza.
  Anche per quanto riguarda l'Ilva, il reato di frode ambientale, penalizzato, potrebbe evitare che i filtri in uscita dell'impianto Ilva, che esistono solo dal 1999, fossero in alcuni casi, come sembra che succeda, bypassati, e quindi che le emissioni vengano direttamente in atmosfera. Le centraline di monitoraggio della qualità dell'aria presentano spesso valori paradossali. Cioè, dentro l'Ilva sembra ci sia aria più pulita rispetto a Taranto e quindi sembra che la città di Taranto stia inquinando l'Ilva (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le diossine emesse, stimate di 20 grammi all'anno, in realtà risultano, da studi diversi, di circa 120: sei volte di più, proprio perché ci sono fasi di sloping in cui le emissioni non avvengono dalle ciminiere; quindi la valutazione puntuale non è facile.
  Il paesaggio post-nucleare dell'Ilva è dominato dall'altoforno Afo 5, che ha garantito enormi produzioni (oltre 12 milioni di tonnellate di acciaio all'anno), altoforno che adesso, se dovesse essere ripristinato, costerebbe circa 2 miliardi di euro, e a breve risulterà in dismissione. Questa dismissione potrà coincidere con la fine della produzione all'Ilva. Nessuna acciaieria sostenibile ha prodotto più di 5 milioni di tonnellate di acciaio all'anno in Europa. Una politica industriale clientelare sta rischiando di far crollare tutta la filiera dell'acciaio in Italia, che conta circa 100 mila posti di lavoro, indotto compreso.
  Stiamo perdendo attività produttive, in molti casi, per il mancato rispetto dei parametri ambientali e per sistemi clientelari o di disinformazione inaccettabili. La realtà va analizzata con i cinque sensi, per tentare di capire. Si può rilevare, per esempio, a Taranto, il rumore costante anche a parecchi chilometri dallo stabilimento; Pag. 97si possono visionare gli ossidi e le polveri metalliche sulle pareti degli edifici del quartiere Tamburi. Purtroppo, le stesse sostanze vanno a depositarsi nei polmoni e nel sangue di chi vive in quelle aree ed è ben difficile togliere certe macchie. Per cui, dobbiamo lottare con scienza e coscienza per dare un futuro alle aree violentate dalla corruzione e dalla superbia di chi forse crede di appartenere ad un'altra specie. Dobbiamo lottare perché non sia più necessario il grido di dolore che compare su una lapide in via De Vincentis a Tamburi, che recita così: «Nei giorni di vento nord-nord ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale Ilva; per tutto questo gli stessi «maledicono» coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare». Firmato: i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Agostino. Ne ha facoltà. Secondo il suo gruppo ha cinque minuti.

  ANGELO ANTONIO D'AGOSTINO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, sono trascorsi poco più di due mesi dalla prima discussione sulle linee generali, in quest'Aula, sulle mozioni relative alla drammatica questione conosciuta come terra dei fuochi. Ricordate ? Era il 4 novembre. Fu quella una giornata molto importante, che vide un po’ tutti i gruppi parlamentari convergere sulla necessità di dare risposte immediate e concrete ad una emergenza di rilievo decisamente nazionale.
  Dobbiamo dare atto al Governo di aver assunto al riguardo, in tempi ragionevoli, l'iniziativa di un decreto-legge, il n. 136 del 10 dicembre 2013, che recepiva in larga parte le indicazioni generali emerse da quest'Aula nel corso del dibattito del 4 novembre. Su quel decreto – materia tornata oggi in discussione per la conversione in legge – la Commissione ambiente ha lavorato con doverosa attenzione ed estremo rigore, prendendo atto delle osservazioni e delle proposte di emendamenti forniti, oltre che da diversi onorevoli colleghi, da Legambiente Onlus e Libera, dalla Coldiretti, dal WWF e dal coordinamento dei comitati Terra dei Fuochi.
  Nessuna legge è perfetta, nessuna legge può realisticamente fare sintesi di tutte le opinioni, per quanto autorevoli, espresse su un problema e su una materia così complessa come quella in discussione.
  In una vicenda così drammatica come quella della Terra dei Fuochi, l'essenza della questione – a mio modesto avviso – è di varare un provvedimento legislativo che, al di là di nobili proponimenti, dia certezza e celerità di attuazione dei tre obiettivi: la tutela dell'ambiente, la tutela della salute e la tutela delle coltivazioni nelle aree colpite da un inquinamento criminoso che non ha precedenti tanto gravi nella storia della regione Campania e dell'intero Mezzogiorno d'Italia.
  In una vicenda così drammatica come Terra dei Fuochi, che ha riflessi sociali ed economici di gravissima portata, la nostra preoccupazione di legislatori deve mirare a garantire le concretezze degli interventi necessari: sia in termini di copertura finanziaria e di effettiva disponibilità di cassa, sia in termini di rigorosa predefinizione dei tempi di completamento degli interventi.
  Infine, onorevoli colleghi, sulla drammatica vicenda di Terra dei fuochi dobbiamo pretendere che nessuno si conceda distrazioni: perché in questa vicenda, a corollario di questa vicenda, è accaduto qualcosa che deve farci riflettere a fondo. Qui è accaduto che il coordinamento dei settanta comitati, spontaneamente nati negli ultimi mesi, si è rivolto direttamente al potere centrale bypassando le istituzioni locali, i rappresentanti territoriali d'ogni ordine e grado ed i partiti politici: insomma bypassando la politica. È un segnale di disperazione, e insieme di sfiducia nelle istituzioni democratiche che non possiamo sottovalutare, ma che anzi dobbiamo raccogliere ed interpretare, con responsabilità e rigore, per organizzare risposte chiare, persuasive e risolutive.Pag. 98
  È questa la sola strada che può consentire il recupero del rapporto tra politica e cittadini; ed è insieme una grande opportunità per riconfermare il primato della politica, ma attraverso il merito dei fatti concreti (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vincenzo Garofalo. Ne ha facoltà.

  VINCENZO GAROFALO. Signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo provvedimento, il decreto-legge oggi in discussione, reca disposizioni urgenti dirette a fronteggiare le emergenze ambientali, industriali e come ripristinare condizioni per favorire lo sviluppo delle aree interessate. Il mio intervento si limiterà alla parte relativa alla cosiddetta questione Ilva: la questione dell'Ilva di Taranto e dell'impatto che l'attività di questo stabilimento siderurgico ha avuto ed ancora ha sull'ambiente circostante la città pugliese nonché sulla salute della popolazione ivi residente. Questa questione rappresenta una vicenda ancora spinosa, e lungi dall'essere risolta.
  Con questo decreto-legge, il n. 136 del 2013, e per la precisione con l'articolo 7 del testo, si affronta il tema dell'Ilva in termini di modificazioni all'articolo 1 del decreto-legge del 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni anch'esso, dalla legge n. 89 dell'agosto 2013. In pratica, viene sollecitata la modifica della procedura di approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria degli stabilimenti dell'Ilva della città pugliese, specificando contestualmente la portata di tale piano e le sue relazioni con le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.
  Ulteriori disposizioni sono volte a definire i presupposti per la effettiva utilizzazione di questa autorizzazione ad opera del commissario straordinario: questi potrà usare le somme sequestrate anche per reati diversi da quelli ambientali, con l'autorizzazione ad intervenire sull'iter autorizzativo per la realizzazione dei lavori e delle opere previste dalla stessa autorizzazione integrata, oppure dai piani ambientale e sanitario.
  Trattandosi di un decreto-legge, che ovviamente necessita dei requisiti costituzionali di necessità ed urgenza, ritengo opportuno ricordare che tali requisiti, proprio quelli dell'urgenza e della necessità, sono costituiti dall'esigenza inderogabile ed immediata di attuare un intervento di semplificazione, nonché di interpretazione autentica, a fronte dei profili di complessità emersi nel corso delle attività di attuazione delle prescrizioni delle autorizzazioni integrate ambientali, appositamente rilasciate per questo stabilimento, per lo stabilimento Ilva di Taranto.
  Mi preme a questo punto precisare che le modifiche previste dal decreto-legge, destinate specificamente allo stabilimento Ilva, finiscono per novellare numerosi punti dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013: tale articolo reca la disciplina a carattere generale che regola il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, la cui attività comporti pericoli gravi e di impatto negativo sia sull'ambiente che sulla salute pubblica, a causa dell'inosservanza delle disposizioni ambientali.
  In particolare, la lettera a) modifica il procedimento di approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (la cui denominazione è recata dal comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013) disciplinato dal primo periodo del comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013. Il testo previgente del primo periodo, testé citato, si limitava a prevedere solamente l'approvazione del piano di tutela ambientale e sanitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la regione competente, entro 15 giorni dalla sua presentazione. Lo stesso periodo disciplinava, altresì, l'approvazione del cosiddetto piano industriale, prevedendo che essa avvenisse con decreto del Ministro dello sviluppo economico, entro quindici giorni dalla sua presentazione.Pag. 99
  Il nuovo iter procedurale previsto dalla norma in commento per l'approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria prevede invece l'acquisizione da parte del Ministro dell'ambiente, su proposta del comitato degli esperti – questa è un'importante innovazione – dei pareri della regione e del commissario straordinario, che sono resi entro sette giorni dalla richiesta, decorsi i quali il piano può comunque essere approvato anche in assenza dei pareri richiesti. In più, l'introduzione di un termine temporale preciso per l'approvazione del piano, che deve avvenire entro quindici giorni dal ricevimento dei pareri e comunque entro il 28 febbraio 2014.
  Il dimezzamento dell'arco temporale per giungere all'approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria consente una notevole semplificazione per l'attuazione dell'apposito iter procedurale, a tutto vantaggio dell'effettiva applicazione del piano industriale. A tal proposito, credo sia opportuno sottolineare l'utilità della novella al comma 8, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 61. Tale utilità è da valutare al fine di chiarire che il commissario straordinario garantisce comunque la progressiva adozione delle misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale e dalle altre autorizzazioni e prescrizioni in materia di tutela ambientale e sanitaria fino all'approvazione del piano di tutela ambientale e sanitaria e non, come previsto dal testo previgente, fino all'approvazione del piano industriale. Poiché la tutela ambientale e sanitaria precede quella industriale, una volta approvato il primo – che costituisce integrazione dell'AIA ai sensi della lettera b) dell'articolo in esame – dovranno essere osservati i termini previsti dal piano di tutela ambientale e sanitaria e non quelli dell'autorizzazione originaria. Una garanzia che ho ritenuto opportuno sottolineare al fine di precisare che, in futuro e diversamente da quanto avveniva in passato, i termini stabiliti per l'attuazione del piano di tutela ambientale e sanitaria saranno comunque rispettati, senza il rischio di assistere impotenti a dannose proroghe e perdite di tempo.
  Di ulteriore importanza, a mio avviso, risulta essere l'integrazione che la lettera d) apporta al citato comma 8, dell'articolo l, del decreto-legge n. 61 del 2013. Detta integrazione impone al commissario straordinario di assicurare la progressiva adozione delle misure dell'AIA e delle altre autorizzazioni e prescrizioni in materia di tutela ambientale e sanitaria, nelle more dell'approvazione del piano delle misure e delle attività di tutela – sia ambientale e questa volta anche sanitaria – per quanto previsto dalla lettera c). La disposizione è formulata in termini di norma di interpretazione autentica ed è volta a chiarire i termini in cui debba intendersi rispettata la progressiva adozione delle predette misure, ancorandola ad alcuni parametri e alle seguenti condizioni: la qualità dell'aria nella zona esterna allo stabilimento, per la parte riconducibile alle sue emissioni, valutata sulla base dei parametri misurati dalle apposite centraline di monitoraggio gestite dall'ARPA, risulti conforme alle prescrizioni delle vigenti disposizioni europee e nazionali in materia e comunque non abbia registrato un peggioramento rispetto all'inizio della gestione commissariale; inoltre alla data di approvazione del piano di tutela ambientale e sanitaria, siano stati avviati gli interventi necessari ad ottemperare ad almeno il 70 per cento del numero complessivo delle prescrizioni contenute nell'AIA, ferma restando la non applicazione dei termini previsti dalle predette autorizzazione e prescrizione.
  Concludo. Se pensiamo a quanto accaduto nella città di Taranto in termini di aumenti di patologie oncologiche negli ultimi anni, il rafforzamento del monitoraggio della qualità dell'aria all'esterno dello stabilimento appare elemento essenziale per intervenire in maniera fattiva, sostanziale e non meramente formale in una zona del nostro Paese tanto danneggiata dalle emissioni inquinanti di un preciso stabilimento siderurgico. Occorre attuare finalmente una seria politica di ripristino e bonifica di una intera area geografica del Pag. 100nostro Paese e restituirla ai propri residenti in condizioni tali da rappresentare un'opportunità di progresso, di lavoro e non un veicolo di morte e malattia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manfredi. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, la Terra dei fuochi non è solo il termine per indicare un'ottantina di comuni tra Napoli e Caserta, ma ha rappresentato per lunghi tratti la metafora della sconfitta della politica e dello Stato e, al contempo, la vittoria dell'illegalità sulla legalità e del pregiudizio sulla realtà.
  Oggi, grazie a tutti noi, può iniziare un cammino diverso e non possiamo esimerci dall'affrontare questa sfida perché è su questi grandi orizzonti che la politica riconquista terreno sulla sua stessa credibilità e agli occhi dei cittadini che rappresenta. Tutto questo lo dico, in particolare, innanzitutto ai colleghi della Lega Nord: la Terra dei fuochi non può essere una semplice questione locale, ma una grande questione nazionale, dove tutto il Paese, nelle sue varie estensioni, combatte unitariamente per riaffermare la sua funzione.
  Chi quotidianamente vive in questo lembo di terra, in realtà, i fuochi non li ha mai visti, ma ha potuto constatare, respirare e annusare invece i fumi dei roghi tossici, dietro i quali si dirada la gran parte delle volte la reale comprensione del fenomeno. I roghi tossici di oggi sono infatti di natura sì criminosa, ma hanno una matrice profondamente diversa da quello che è successo, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta negli stessi territori, i quali sono diventati lo sversatoio di tutto il centro-nord e del resto d'Europa, dove non c'erano né fumi, né fuochi, dove non c'era il livello di attenzione e di sorveglianza da parte dei cittadini che c’è adesso e soprattutto non c'era una reale efficace consapevolezza della classe politica locale.
  Tutto questo consentiva, ad esempio, che una grande azienda nazionale, come l'ACNA di Cengio, invece di smaltire i propri rifiuti industriali pericolosi secondo le procedure di legge al costo di allora di 3 milioni di lire a tonnellata, lo poteva fare pagando solo 300 mila lire a tonnellata, solo che lo faceva attraverso gli uomini e i mezzi del clan Bidognetti. Un vero e proprio contratto: la camorra a servizio della grande impresa anche internazionale al fine di ridurre i propri costi di gestione.
  Sarebbe un errore, però, pensare che i roghi di oggi sono figli della stessa dinamica. Questo ci porterebbe fuori strada e ci indicherebbe soluzioni non attuali per risolvere il problema.
  Oggi, la mafia e la camorra – come ci ha ricordato il procuratore Roberti, in audizione in Commissione giustizia, e come ci hanno ricordato i procuratori che abbiamo ascoltato a Caserta durante le audizioni della Commissione antimafia – investono e fanno società sulle fonti energetiche alternative, mentre invece i roghi di oggi sono figli, innanzitutto, di una consolidata economia sommersa: chi produce in nero deve per forza sversare in nero. Gli scarti di queste produzioni sono il combusto dei roghi quotidiani, che vediamo di fronte dai nostri balconi. Così come le tante micro discariche di amianto presenti sullo stesso territorio sono figlie dei tanti interventi di microbonifica delle nostre case fatte da piccole imprese che, per ridurre i costi a noi che chiediamo di spendere di meno anche in epoca di crisi, a nostra insaputa, abbandonano su questi stessi territori, lasciando sul campo e alle intemperie delle piccole «bombe ecologiche», che inquinano aria, acqua e terra e che talvolta fanno male più dei fusti che, da dieci anni, stanno sotto il terreno.
  Ho fatto questo lungo preambolo per far comprendere a tutti, sopratutto a tutti i colleghi che non sono nati lì, a differenza mia e di tanti altri colleghi campani, che la Terra dei fuochi ha bisogno di un intervento di sistema e questo decreto rappresenta le fondamenta di questo intervento da fare, aggredendo il problema da più parti.
  Per questo, va dato merito e plauso al Ministro Orlando di avere inaugurato una Pag. 101pagina nuova. Il decreto n. 136 del 2013 non è la fine di un percorso, ma il suo inizio, e la scelta di un iter aperto in grado di migliorare il decreto, in Aula, in Commissione e al Senato da parte del Governo è un altro segnale di reale apertura e cambiamento.
  Già nella giornata di ieri, in Commissione ambiente, abbiamo sostanzialmente modificato il decreto in maniera robusta, grazie al lavoro non solo del gruppo del Partito Democratico, ma anche grazie al lavoro di tutti gli altri gruppi, al fine di favorire, alla chiusura di questa fase, una operazione verità sullo stato dei suoli.
  Abbiamo favorito così non solo un elemento di certezza per la salute dei cittadini, ma abbiamo fatto contemporaneamente un'operazione verità per fermare una grande operazione di speculazione economica contro la filiera agroalimentare della nostra regione, che sta avvenendo da parte anche di gruppi stranieri in queste settimane. Una guerra nella guerra, che rischia di avvelenare, come in passato, non solo il presente dei nostri figli, ma di uccidere anche le possibilità di sviluppo per quelli che ancora devono nascere.
  I miglioramenti che ieri abbiamo ottenuto in Commissione sono differenti. Innanzitutto l'impegno economico. A prescindere dal Fondo per le bonifiche, l'impegno economico del decreto, escluso appunto il Fondo bonifiche, passa da 3 a 80 milioni. È sostanzialmente un aumento robusto e all'interno abbiamo come primo punto l'introduzione del Fondo sanitario di 50 milioni per lo screening epidemiologico per tutti i cittadini campani e tarantini interessati, gratuito e senza ticket, inserendo e colmando il primo limite di questo decreto, ossia l'assenza del Ministero della salute. Per questo oltre a Orlando bisogna ringraziare anche il Ministro competente.
  Secondo punto: l'introduzione di un quadro di riferimento. Molte volte si parla senza rendersi conto che, purtroppo, la normativa italiana in campo di suoli, acque e prodotti presenta alcune lacune che consentirebbero un uso distorto dei risultati che noi otterremo alla fine di questi studi. Queste lacune vanno colmate con provvedimenti nazionali e non certo con limiti o provvedimenti solo per la regione. Ad esempio, grazie ad un emendamento che abbiamo proposto insieme al collega Iannuzzi, per il gruppo del Partito Democratico, verranno finalmente superati i limiti della n. 152, come ha ricordato prima il Ministro. In Italia non esisteva ancora la differenziazione tra acque irrigue e acque potabili. Ad esempio, è capitato alla magistratura di dovere constatare che alcuni dei pozzi sequestrati durante le operazioni degli ultimi mesi avevano acque che in realtà sarebbero state compatibili con quelle trovate nelle acque minerali, a differenza di altre che erano realmente inquinate. Tutto questo perché c'era una vacanza di normativa che – è bene ricordarlo – si sarebbe riscontrata se questi esami li facessimo in altre regioni d'Italia. La stessa cosa riguarda per la salvaguardia del prodotto l'applicazione integrale del regolamento della Comunità europea – e non una norma territoriale – n. 178 del 2002, così come quella dei suoli di riferimento.
  Un'altra norma sulla quale ci siamo molto battuti, e che ha un grande valore innanzitutto sociale prima ancora che economico, è di avere introdotto la possibilità dell'utilizzo dei proventi mobili e di denari provenienti da confisca nell'ambito del distretto giudiziario di Napoli, che quindi comprende anche la città di Caserta e tutte le zone interessate, al fine di dare sostegno alle opere di bonifica sul territorio interessato. È una norma dal grande valore sociale e simbolico, che chiedevano associazioni, magistrati e partiti. Ma, in realtà è anche un segnale di controtendenza, un piccolo segnale di riscatto, di risarcimento, di quello che non si è potuto e non si potrà per molti anni ancora restituire e che la criminalità ha tolto a questo territorio e alle proprie popolazioni. Anche questo è un uso contrapposto rispetto anche ad esternazioni mediatiche che hanno tentato certe volte anche di aumentare la speculazione. Ricordava prima il presidente Realacci di quando a Pag. 102nome dell'VIII Commissione, dopo un'interrogazione parlamentare che io e lui avevamo presentato ad agosto, abbiamo chiesto alla Presidente Boldrini, a nome di tutti i gruppi, di desecretare le dichiarazioni di Schiavone, dichiarazioni che – è bene ricordarlo – poche settimane fa hanno portato alla chiusura del processo a carico di Bidognetti.
  È bene, però, dire che l'uso mediatico e televisivo che è stato fatto di Schiavone è una cosa da stigmatizzare con forza. Durante le audizioni a Caserta con la Commissione antimafia, il procuratore Colangelo ci ha detto, in maniera non secretata, che dopo le esternazioni in alcune trasmissioni televisive Schiavone è stato risentito dal PM della DIA, Ardituro. Alle dichiarazioni non ha aggiunto niente di più e, anzi, ha detto qualcosa in meno di quello dichiarato l'altra volta. Dobbiamo stare attenti anche a chi ha fatto il pentito e ora è fuori dal programma di protezione ad utilizzare e a speculare su quello che è un disastro e una difficoltà e un sentimento di paura.
  Abbiamo poi proposto con forza la riforma della governance.
  Ci siamo battuti come gruppo del Partito Democratico perché fosse cassata la possibilità di individuare un nuovo commissario per la «Terra dei fuochi». Bisogna chiudere per sempre la stagione commissariale e, per fare questo, bisogna agire con serietà e intelligenza, non nominare nuovi commissari e dare però tempi certi di attuazione a quelli esistenti.
  Ma anche su questo noi dobbiamo superare un limite culturale: molte volte, anche in alcuni interventi che ho ascoltato, si confonde la vicenda della «Terra dei fuochi», quella che stiamo trattando, con i rifiuti solidi urbani. Sono due cose totalmente differenti. Paradossalmente, la crisi che ha attraversato la Campania e che – è bene ricordarlo – tuttora persiste, perché siamo sotto infrazione europea e, come sa bene il Ministro, non c’è ancora un adeguamento completo (la legge regionale è stata approvata soltanto alcuni giorni fa in giunta e non ancora in consiglio regionale), non si sovrapponga a questa vicenda; sono due cose totalmente differenti e questo bisogna dirlo, perché paradossalmente tutto questo, la questione dei rifiuti pericolosi speciali, avveniva mentre c'era l'emergenza dei rifiuti solidi urbani in Campania.
  Abbiamo chiesto per questo il coinvolgimento delle università e degli enti di ricerca, in particolare della Campania, per un semplice motivo, perché sono già coinvolti con convenzioni all'interno del ciclo degli esami e questo ci consentirà di ridurre i costi e di velocizzare le operazioni.
  L'ultimo punto riguarda i reati: è normale che abbiamo iniziato soltanto adesso, ma anche durante le audizioni che abbiamo avuto in Commissione antimafia è nata l'esigenza da parte dei procuratori e dei sostituti procuratori di migliorare questa parte, ma riteniamo saggia la scelta e la proposta che ci ha fatto il Ministro di lavorare all'interno del collegato ambientale, perché serve un impianto e una riforma totale del codice e dei reati. Per questo accogliamo e accolgo con plauso l'anticipazione della discussione a fine gennaio, che ci consentirà di cogliere il secondo aspetto di questo problema.
  C’è un terzo aspetto – lo ricordavo prima – l'emersione: paradossalmente per superare il problema della «Terra dei fuochi» servirebbe anche un provvedimento di natura economica non per disperdere fondi, ma per aiutare l'emersione di tutto un ciclo di imprese i cui scarti industriali sono alla base dei roghi che ci sono.
  Bisogna aggredire il programma da molte parti. So per questo che alcuni gruppi hanno annunciato una contrarietà di fronte a questo decreto, ma io vi chiedo, anche a quest'ora, uno sforzo di accettare la sfida del cambiamento del decreto. È troppo importante per lo stato attuale della Campania, che è tutt'altro che soddisfacente, che questa sfida la affrontiamo tutti insieme.
  È troppo importante che questo Parlamento, così profondamente rinnovato, accetti questa sfida nel suo complesso e su questo tema, ognuno con le proprie differenze, Pag. 103contribuisca a costruire un ponte tra la credibilità di questa istituzione e i cittadini in quel territorio. Ne guadagneremmo tutti e, in particolare, ne guadagnerebbe la cittadinanza campana.
  Giovanni Falcone, quando incontrava gli studenti nelle scuole, diceva sempre: ogni volta che si tace, ogni volta che si china la testa, ogni volta che non si guarda negli occhi chi va contro la legalità, si muore ogni volta; chi cammina a testa alta muore una sola volta.
  Mi appello per questo a tutti voi colleghi e a tutti i gruppi affinché su questo dramma, su questo grande disastro, questo Parlamento muoia una sola volta e lo faccia a testa alta, scrivendo insieme una pagina nuova prima per l'Italia e poi per la Campania (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vega Colonnese. Ne ha facoltà.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, ci ritroviamo a parlare della Campania, ci ritroviamo a parlare della Puglia, ancora una volta non stiamo centrando il problema. Il problema non può essere regionale, perché è una questione nazionale. Mentre noi parliamo della Campania, sappiamo che in alcune regioni, quali la Sicilia, la Basilicata, l'Abruzzo, si vivono le stesse questioni che noi abbiamo vissuto per anni; è accertato. Noi stiamo qui parlando di un decreto che i miei colleghi hanno illustrato perfettamente, perché noi siamo andati proprio in Campania a chiedere ai cittadini che cosa volevano fare. Abbiamo portato il nostro programma arricchito da argomentazioni valide da parte dei cittadini campani, che non erano circoscritti in associazioni, erano delle persone che hanno studiato il problema, perché non si accontentavano di risposte comunque superficiali. Già abbiamo analizzato bene i fattori e ci saranno i miei colleghi, io voglio soltanto rispondere su una questione.
  Quando noi analizziamo il problema della Campania, non possiamo non parlare anche di chi ha causato il problema. Ha ragione Russo quando dice che noi ce la siamo presa con loro, anche con un atteggiamento quasi da vittima, accusandoci di atteggiamenti intimidatori. Quindi questo è anche un invito ai cittadini campani: si è intimidatori dicendo la verità. Perché è stata l'Aula a non concedere l'utilizzo delle intercettazioni ambientali, quando Russo dichiarava «cambiamogli i connotati», riferiti a un suo elettore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Conosciamo anche le responsabilità di chi del PD, nella nostra regione, non ha portato alcuna soluzione al problema. Noi sappiamo di Bassolino, che è stato presidente della regione ed è stato anche commissario, e sappiamo anche che è stato assolto con formula piena.
  Allora mi chiedo: come possono chiedere ai cittadini campani una soluzione, quando non c’è alcun accertamento di chi aveva le responsabilità ? E sappiamo anche di De Luca, che è stato addirittura premiato con un doppio incarico – è sindaco e Viceministro – quando ha visto il suo reato prescritto nel momento in cui c'era una discarica abusiva nel salernitano. Riconosciamo il fatto che adesso in Europa è stato inviato, da parte del PD, Cozzolino, il delfino di Bassolino.
  Allora questo io non riesco a capire: perché distinguere il merito dai nomi ? I nomi sono fondamentali perché noi stiamo parlando di illegalità. Io ho visto degli interventi molto belli, molto entusiasmanti, veramente mi sono quasi commossa, però poi dopo quei nomi sono lì. Allora, nel momento in cui si ha la verifica dei fatti, noi abbiamo presentato una proposta di legge sui reati ambientali, dal Senato arriverà una proposta da parte di una nostra senatrice che sicuramente troverà l'appoggio degli altri partiti nel momento in cui cercherà di dare una soluzione sulla questione nazionale, perché, ripeto, in altre regioni si sta verificando se non la stessa cosa, quasi la stessa cosa. Magari lì riusciamo a risolvere il problema, non arriviamo ad una situazione di non ritorno.Pag. 104
  Allora questo noi chiediamo: noi chiediamo di affrontare il problema per quello che è, un problema nazionale. Perché noi c'eravamo quando al processo Impregilo si facevano i nomi del PD e del PdL. Allora io chiedo e rinnovo l'invito che abbiamo fatto quando abbiamo presentato la mozione: mandiamo prima via queste persone nei partiti di appartenenza, facciamolo questo gesto, e poi dopo cerchiamo di discutere i temi, e troverete, come avete visto con i reati ambientali e con altre questioni, un ampio appoggio e delle proposte valide che non vanno sull'incenerimento dei rifiuti, ovviamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carlo Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, io voglio soffermarmi sul fatto che oggi noi qui stiamo parlando in quest'Aula della Camera che è un'Aula nazionale, che rappresenta la nazione. Quindi, la questione «Terra dei fuochi» e la questione Ilva diventano questione nazionale, alla ribalta dei media e dei cittadini di tutta Italia. Come si fa ? Come è successo ? Lo spieghiamo un attimo andando incontro a quella che è la richiesta di fare un'operazione verità su questa storia: oggi parliamo di decreto emergenze ambientali perché noi del MoVimento 5 Stelle, a soli cinque mesi dall'insediamento, nel luglio 2013, siamo andati a fare il famoso «Spazza-tour», uno «Spazza-tour» che ha visto settanta cittadini parlamentari tra Camera e Senato, da tutta Italia centinaia di attivisti, comitati e semplici cittadini salire sugli autobus e farsi tutte le strade dello «Spazza-tour». Più di mille persone hanno partecipato all'evento, circa trentatré testate sono state accreditate e hanno seguito tutto l'evento, più tantissimi reporter mobilitati con mezzi propri, centinaia di articoli e video, notizie apparse sulla stampa cartacea e online.
  Queste sono alcune cifre. Lo abbiamo fatto per quale motivo ? Perché in questo modo abbiamo sensibilizzato media e cittadinanza di tutta la nazione su un disastro ambientale ed umano, quello della «Terra dei fuochi» che voi avevate dimenticato. È un disastro di enormi proporzioni, ma finora misconosciuto e, appunto, dimenticato. Abbiamo spiegato all'opinione pubblica le iniziative parlamentari che il MoVimento 5 Stelle aveva già in corso: una proposta di legge, primo firmatario Salvatore Micillo, per l'inserimento dei reati ambientali nel codice penale, l'interpellanza al Senato firmata dalle portavoce Paola Nugnes e Vilma Moronese, e poi una proposta organica sulla materia, che era in preparazione allora e adesso l'abbiamo presentata, mantenendo gli impegni presi allora, sei mesi fa, cosa che la politica non ha mai fatto in questo senso.
  Noi manteniamo le promesse, voi no (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Abbiamo raccolto dati e informazioni in discariche finora militarizzate e inaccessibili, con una richiesta di documentazione che è stata rivolta da Paola Nugnes ai responsabili dell'inceneritore di Acerra. Abbiamo fatto pressione sull'ente regionale, che poi – guarda caso –, proprio nel giorno dello «Spazza-tour», ha varato due disegni di legge in materia. Quindi, questi non sono dei casi, sono delle cose che noi abbiamo spinto.
  E questa è l'occasione giusta anche per ringraziare tutti gli ospiti che abbiamo avuto in quel momento, gli esperti, per ringraziare i giornalisti, perché quando i giornalisti hanno seguito lo «Spazza-tour» lo hanno fatto con impegno e professionalità e, quindi, hanno dato quell'apporto giusto per far sì che oggi si discuta finalmente un decreto-legge, anche con tutti i suoi limiti, che parli di «Terra dei fuochi». Poi un grazie va alle forze dell'ordine, che in quelle vicissitudini, in quelle circostanze ci hanno seguito in maniera da garantire la sicurezza della giornata. Ringraziamo ovviamente anche tutti gli attivisti che in Campania ci hanno seguito, che hanno dato questa possibilità oggi di far sollevare il caso a livello nazionale.
  Quello che noi contestiamo, all'interno di questo decreto-legge, è che tutto il passaggio che noi abbiamo fatto, arrivato Pag. 105nelle vostre mani, tutta la partecipazione che si era creata, tutti i cittadini che volevano partecipare a questo momento per risolvere dei problemi, sono tutte cose che sono venute meno. I comitati ci hanno detto di non essere stati ascoltati, i cittadini non sono stati ascoltati. Solo noi del MoVimento 5 Stelle siamo andati in Campania, nel posto dove si soffre questo problema e abbiamo chiesto le proposte ai cittadini, come avreste dovuto fare voi che siete il Governo, non certo noi. E qualcuno che oggi fa parte della segreteria del nuovo PD, quando noi abbiamo fatto lo «Spazza-tour», ci ha anche sbeffeggiato dicendo che noi facevamo il giro, la gita nei territori della Campania. Questo è quello che voi ci avete lasciato, cari miei, la vostra eredità.
  Era il 6 luglio 2013. Noi sappiamo bene cosa è successo, nel senso che ci sono arrivate delle dichiarazioni da parte di alcuni pentiti, come ad esempio Schiavone. Schiavone aveva fatto un'audizione durante la XIII legislatura. Io ricordo a voi tutti, deputati di PD, PdL e tutti quelli presenti in quest'Aula, che il Presidente del Consiglio allora era Romano Prodi, il Vicepresidente era Veltroni, il Ministro dell'interno era Giorgio Napolitano, il Ministro dell'ambiente di allora era Edo Ronchi, il Ministro della salute era la Bindi, oggi presidente della Commissione antimafia, il Presidente della Camera era Luciano Violante: persone responsabili di aver secretato quegli atti, che oggi noi siamo riusciti a desecretare. È stato proprio così.
  Adesso voi mi dovete dire qual è la differenza tra un Ronchi e il Ministro Orlando ? Cosa è cambiato in questi anni ? Cosa avete cambiato ? Siete sempre voi. Quindi, quando Realacci mi viene a dire che il decreto-legge è inadeguato, le critiche sono condivisibili, che la camorra faceva gli affari, io mi chiedo: ma chi li ha fatti questi affari ? Gli affari li avete fatti voi, i nomi sono i vostri ! Non possiamo certo andarcela a prendere con qualcun altro. Non potete essere voi, quelli che hanno creato il problema, gli stessi che saranno quelli che lo dovranno risolvere. È proprio illogico.
  E, quindi, alle volte io mi stupisco del candore virgineo che ha usato Realacci e anche delle sue citazioni degne del miglior critico cinematografico, come Patanè oppure Caprara. Insomma, ci ha parlato de «La grande bellezza». Ma, forse, se c’è una parola che voi non potete utilizzare in merito alla «Terra dei fuochi» è proprio «bellezza», perché voi l'avete distrutta, l'avete imbruttita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E ve lo dico non per fare il solito attacco, la solita invettiva.
  Parliamo un po’ di storia, perché era il 1994, venti anni fa – abbiamo creato un altro ventennio –, quando nasce il commissariato per l'emergenza rifiuti in Campania. La camorra all'epoca ha il controllo sia della raccolta che dello smaltimento dei rifiuti, che assicura in discariche di sua proprietà in maniera incontrollata. Arrivano e si smaltiscono, tra l'altro, i rifiuti pericolosi del Nord: non solo rifiuti solidi urbani; quindi, la colpa non è dei cittadini. Ci sono sempre dietro le grandi aziende, quelle che poi anche voi avete inserito nel decreto-legge, come l'Ilva, quella che vi finanzia e vi ha finanziato più e più volte. L'idea, quindi, era quella di entrare in concorrenza con la camorra creando discariche pubbliche, che, poste a valle del ciclo di smaltimento dei rifiuti, potevano tamponare l'emergenza.
  La strategia è risultata inefficace per diversi motivi.
  Dapprima, l'incapacità di acquisire o aprire nuove discariche rispetto alle 18 previste dal piano di emergenza di allora; in secondo luogo, le nuove discariche: come dimostrato dalle indagini di Carabinieri e Corpo forestale, assorbono in pieno i meccanismi, il personale e le attrezzature delle vecchie discariche gestite dalla camorra. Quindi voi avete cercato di levare la camorra dalle discariche, ma in realtà avete assunto la manovalanza.
  Fino al 1999, quindi, le cose restano tali e quali. Per di più, in questo gioco delle parti le amministrazioni locali contribuiscono Pag. 106a peggiorare l'emergenza per convenienza propria naturalmente: come si evince dagli atti parlamentari dell'inchiesta Barbieri, la partecipazione nella gestione dei rifiuti viene utilizzata impropriamente come ammortizzatore sociale.
  Un certo Bassolino – magari vi dice qualcosa – assumerà 2 mila addetti per una raccolta differenziata che non vedrà mai la luce. Quindi ricordiamoci chi ha gestito questi soldi che sono già arrivati e già sono stati dispersi.
  In più, ai comuni campani questa situazione conviene sia dal punto di vista elettorale che economico: le aziende gestite dalla camorra, infatti, propongono per lo smaltimento prezzi fuori mercato, dalle 10 alle 52 lire al chilo, contro una media nazionale di 140 lire per chilo di spazzatura (quindi parliamo di lire: 1999, oggi è il 2014).
  Giuseppe Romano, prefetto e commissario straordinario di allora, dice: «Il 90 per cento delle ditte che lavorano i rifiuti è della camorra o sotto la sua influenza», quindi come se nulla fosse. E il tentativo di acquisire le discariche dunque fallisce.
  In poche parole tutte le operazioni messe in atto durante questi quattro anni di stato di emergenza risultano fallaci e si decide di cambiare strategia: coinvolgere un privato nella gestione dei rifiuti.
  Anno domini 2000: la FIBE vince l'appalto statale per l'intero ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania.
  Ecco qui che arriva la mappa del potere, perché cos’è la FIBE ? È un acronimo ottenuto dai nomi delle imprese Fisia, Impregilo, Babcock ed Evo.
  FIBE e FIBE Campania sono aziende del gruppo Fisia, che a sua volta è controllata al 100 per cento da Impregilo. Quest'ultima è una multinazionale quotata alla borsa di Milano e il principale gruppo italiano nel settore dell'ingegneria e dell'edilizia. Al suo curriculum vanta un capitale sociale di oltre 700 milioni di euro, un portafoglio d'ordini superiore ai 20 miliardi di euro, più di 10 mila dipendenti, il passante di Mestre, tratti della Salerno-Reggio Calabria, la ferrovia Torino-Milano e quella Bologna-Firenze, l'ampliamento del canale di Panama addirittura, la diga di Karahnjukar in Islanda e ancora, in progetto – quando c'era – il ponte sullo Stretto di Messina.
  Attualmente il pacchetto di controllo di Impregilo è detenuto da IGLI Spa, il cui assetto societario è parimenti costituito dal gruppo Gavio, che sicuramente conoscete bene, dal gruppo Ligresti, che sicuramente conoscete bene (altrimenti chiedete alla Cancellieri) e dalla famiglia Benetton.
  Uno dei principali motivi per cui l'appalto fu aggiudicato da Impregilo e non dalla concorrente Enel, fu il ridotto tempo di realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione, stimato e contrattualizzato in 300 giorni.
  Ma il riferimento all'accordo di programma che, come previsto dal bando di gara, avrebbe obbligato il vincitore a fare i conti con le indicazioni della committenza, viene eliminato.
  Si legge negli atti parlamentari della Commissione d'inchiesta Russo: «L'eliminazione dell'accordo di programma cancella la possibilità di un'ulteriore negoziazione del contratto con Impregilo-FIBE, indispensabile per superare la sostanziale genericità del progetto. A cominciare dai tempi di realizzazione degli impianti, dagli obblighi nelle more della sua realizzazione».
  L'ex subcommissario Giulio Facchi nel frattempo dichiara: «La mattina della firma del contratto con Impregilo, presi Bassolino» – sempre del PD – «da parte e gli dissi: Antonio, se firmiamo siamo fottuti. Non ne usciremo vivi. Lui si infuriò. Naturalmente, non aveva letto una sola riga del contratto, perché per lui quel che contava era “la questione politica”. Il resto era “roba da tecnici”... Cominciò a gridare: e allora me lo spieghi tu cosa succede se non firmo ? Non abbiamo più discariche disponibili ! Mi spieghi che succede quando, tra qualche mese, avrò i rifiuti in strada e dovrò pagare ad Enel 120 lire per chilo di rifiuto smaltito, quando invece ne pagherò 80 ? Me lo spieghi cosa diremo tra dieci mesi, quando saremo in campagna elettorale ?».Pag. 107
  Quindi Impregilo entra nell’affaire rifiuti e la disfatta elettorale alle amministrative viene scongiurata.
  Nel frattempo passano più di 1.200 giorni, quindi siamo nel 2004 quando Impregilo chiede ed ottiene dal Ministro dell'ambiente del nuovo Governo di centrodestra Matteoli (e qui entra la parte del centrodestra in questo affare), l'autorizzazione ad allacciare il futuro termovalorizzatore di Acerra alla rete Enel, condizione necessaria perché inizi a funzionare.
  Nel frattempo, Impregilo gode degli incentivi CIP 6, pagati in bolletta dai cittadini, circa 60 euro in più all'anno.
  Queste cose sono tutte documentabili e ovviamente fatte insieme dai Governi di centrodestra e poi, come avete visto dopo, anche dai Governi di centrosinistra.
  Nel frattempo poi Impregilo, in ristrettezze economiche, gode del soccorso finanziario pubblico per pagare i siti di stoccaggio temporaneo delle ecoballe.
  Quindi, Impregilo trasforma in oro l'immondizia, meglio del re Mida. Ha tutta la convenienza affinché l'emergenza continui perché viene pagato a chilo smaltito e non a risultato ottenuto. Più immondizia c’è e più guadagna.
  In questa fase rientra il famigerato Governo Berlusconi che il 26 marzo 2009 dichiara che è finita l'emergenza rifiuti. L'allora Presidente del Consiglio inaugura, quindi, l'inceneritore nella località campana. Con lui ci fu alla cerimonia il sindaco Rosa Russo Jervolino, il governatore della Campania appunto di allora, Antonio Bassolino, e molti Ministri, tra cui Stefania Prestigiacomo, che oggi siede sempre all'interno di questa Camera, Renato Brunetta, Roberto Maroni e Mara Carfagna. Il Presidente della Repubblica Napolitano lodò Berlusconi per il forte impegno e il successo ottenuto.
  Ancora una volta, inoltre, vi è la nota di Napolitano verso Berlusconi che cito testualmente: «Desidero complimentarmi con lei per il successo ed il forte impegno che ha reso possibile l'avvio dell'attività del termovalorizzatore di Acerra a conclusione di un lungo e contrastato iter. La prego di estendere il mio compiacimento al sottosegretario Guido Bertolaso e a tutti coloro che hanno collaborato al conseguimento di questo importante obiettivo». È questo che il nostro Presidente della Repubblica diceva allora a Silvio Berlusconi.
  Passano alcuni anni, è il 7 ottobre 2013, quindi arriviamo all'attualità, ma non voglio approfittare del vostro tempo, e arriviamo alle dichiarazioni di Stefano Caldoro, presidente della regione Campania, il quale lancia l'allarme nell'aula del consiglio regionale: «È emergenza nazionale». Improvvisamente, dopo il 6 luglio, dopo che noi andiamo allo Spazza Tour, il 7 ottobre si sveglia Caldoro, come se non fosse mai stato prima il presidente della regione Campania, e dice: «È emergenza nazionale. La bonifica non sarà completa prima del 2050 e, per quanto riguarda il percolato, senza avviare gli interventi dovremmo aspettare fino al 2080». Dal presidente della regione Campania arriva il ringraziamento al Capo dello Stato che, ancora una volta, ricordatemi, è Giorgio Napolitano, per la sua attenzione sulla «terra dei fuochi». Dice questo: «Quando è stato qui ha sollevato la questione verso la quale ha sempre avuto grande attenzione. Non sappiamo quali effetti abbiano avuto queste contaminazioni sulla salute dei cittadini». Ed ha concluso: «Certo il danno ambientale, che deve essere valutato dagli organi competenti e senza creare allarmismi, ha conseguenze sulla salute. Il problema è capire qual è l'impatto prodotto».
  Quindi, oggi sembra che noi stiamo andando verso un controllo maggiore della salute e mi immagino che lei, Ministro Orlando, si dissocerà da quelle che sono state le dichiarazioni della Lorenzin che ci voleva, tutti i campani, un branco incallito di fumatori e mangiatori di fritti perché, in realtà, il problema è serio in quanto ci sono oltre 6 milioni di cittadini che sono esposti al rischio di patologie che vanno dall'asma ai tumori, alle malattie cardiocircolatorie e neurologiche.
  Io penso che un altro punto sul quale vorrei porre l'accento, poi vado verso la chiusura, è che noi stiamo andando verso le bonifiche. Le bonifiche in realtà sono un Pag. 108altro affaire che è il primo livello; il secondo livello sarà l’affaire delle biomasse e del biocombustibile. Infatti, l'ultima frontiera dell'emergenza in Campania si chiama, appunto, bonifica. È un'emergenza reale e va risolta. Ma come tutte le emergenze che si rispettino, c’è già chi si è organizzato per potersi approfittare dei fondi che serviranno per tamponarla, una pioggia di soldi che forse non basterà e che fa gola a tanti e principalmente alla camorra. Perfino ai clan e ai partiti politici, aggiungo io, ora fa comodo che si parli del dramma della «terra dei fuochi» così possono spingere per ottenere misure urgenti e controlli blandi. Lo scopo è quello di provare a mangiare di nuovo sulle spalle e sul dolore della gente intervenendo nel settore delle bonifiche, lì dove loro stessi hanno causato o partecipato al disastro infiltrandosi negli appalti. Quando parlo dei clan, parlo anche dei partiti politici, questo è chiaro.
  Un caso accertato già c’è e ci sono verifiche in corso sul bando relativo alla bonifica della Resit di Giugliano, una delle più grandi aree di discarica della «terra dei fuochi». Il primo caso, quindi, riguarda una società, la Ecoart, che addirittura ha cercato di accaparrarsi i brevetti di una tecnica sperimentale, nuovissima, all'avanguardia, mettendosi in contatto con il mondo universitario e provando ad accreditarsi presso la regione Campania proprio per poter lavorare alle bonifiche. Solo che dietro questa società c'era, secondo gli investigatori, un personaggio vicino ai Casalesi che già in passato avrebbe fatto da prestanome ad Antonio Bardellino, fondatore del clan dei Casalesi stessi, per gli affari relativi alla ricostruzione post terremoto 1980, e una rete di altri soggetti collegati con la camorra che vantano coperture istituzionali e dei servizi segreti.
  Io non voglio andare oltre e tediarvi, faccio solo un piccolo appunto che naturalmente è legato un po’ più all'Irpinia. Purtroppo mi è dispiaciuto che, all'interno di questo decreto-legge, non si sia potuti andare oltre al territorio campano, perché mi rendo conto della specificità che poi abbiamo dovuto assumere. Però, avremmo voluto chiedere l'inserimento nel decreto sulla terra dei fuochi anche di due territori che spesso vengono dimenticati come quelli della provincia di Avellino cioè Ariano Irpino e Avellino.
  La prima realtà, cioè quella di Ariano, è stata interessata negli anni Ottanta dall'attività di incenerimento di rifiuti tossici della SMAE-UNICEM di proprietà, allora, della famiglia Agnelli. In quegli anni la SMAE interrò grossi quantitativi di rifiuti tossici mai rimossi. L'area non è mai stata bonificata pur essendovene la necessità. L'attività illecita della SMAE fu oggetto di indagine da parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti. Nella stessa area dove è situata la SMAE, negli anni Novanta, è stata realizzata una discarica di rifiuti, poi chiusa per inquinamento ambientale nel 2008. Questa discarica, pur essendo stata accertata la necessità della bonifica, non è stata mai bonificata dalla società titolare del sito di smaltimento e, quindi, i fattori di inquinamento ambientale non sono stati eliminati.
  La seconda realtà è quella di Avellino e delle zone limitrofe confinanti, come quelle di Sperone e Avella, ed è stata condizionata dall'attività dell'Isochimica di scoibentazione dell'amianto dalle carrozze ferroviarie delle Ferrovie dello Stato. L'amianto rimosso è stato interrato nelle zone dove è situata l'Isochimica e nelle cave di Sperone e Avella, quindi centri cittadini e centri abitati. L'area interessata dall'Isochimica non è stata mai bonificata e certamente le fibre aerodisperse di amianto hanno prodotto danni alla salute della collettività avellinese. Quindi, qui senza nessun fuoco, ma semplicemente ad opera dello Stato. Pensiamo che vi siano fondate ragioni e che fosse giusto inserire all'interno di questo decreto-legge anche questo tipo di attività (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mariastella Bianchi. Ne ha facoltà.

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  MARIASTELLA BIANCHI. Signor Presidente, signor Ministro, perdonatemi se inizio con un riferimento all'intervento che ho appena ascoltato ma non riesco a non farlo. A me fa molta impressione sentir dire con tanta leggerezza un paio di cose. La prima è, ad esempio... anzi, cito la frase direttamente e poi riprendo il filo. La frase che ho sentito dall'onorevole Sibilia prima (e preferirei non averla sentita) a un certo punto ha detto testualmente: «quando parlo dei clan, parlo anche dei partiti politici».
  Penso che sia una frase totalmente inaccettabile ovunque, in particolare in quest'Aula. Detto questo, faccio alcune considerazioni sul decreto-legge. Trovo che sia un provvedimento davvero importante. È un decreto molto coraggioso per il quale mi sento di ringraziare, in particolare, il Ministro Orlando per la tenacia e per la voglia di occuparsi di un problema molto difficile forse nell'area più tormentata del Paese come la terra dei fuochi.
  Ricordo, signor Presidente, a lei, a tutta l'Aula, a tutti noi che il Ministro Orlando, appena nominato, scelse di fare la sua prima visita da Ministro dell'ambiente esattamente nella terra dei fuochi e andò a far visita ad una cooperativa gestita da Beppe Pagano e da altre persone che noi abbiamo l'onore e l'orgoglio di conoscere, cooperativa di persone molto coraggiose che in quella terra così difficile si impegnano a reinserire nell'attività lavorativa anche ragazzi disabili.
  Penso che basti questa osservazione per dire quanto il Governo nella persona del Ministro Orlando e poi del Premier Letta abbiano avuto da subito, dal primo momento del loro insediamento, l'attenzione a un territorio così difficile che mette insieme difficoltà economica, mette insieme malaffare, mette insieme decenni di omertà, perché quelle file interminabili di camion i cittadini non potevano non averle viste così come tanti non potevano non averli visti; mette insieme lo sfruttamento di aree ricche del Paese nei confronti di altri. Ho sentito prima, signora Presidente, colleghi della Lega, ad esempio, dire che ogni territorio dovrebbe smaltire i rifiuti che produce. Se ogni territorio in Italia avesse per davvero smaltito i rifiuti che produce, la terra dei fuochi in questo momento non sarebbe nella condizione drammatica nella quale è, visto che lì sono stati sversati centinaia di tonnellate e di quintali di rifiuti tossici provenienti da imprese del nord.
  E la camorra ha deciso di avvelenare il proprio terreno per lucrare su quel traffico così indecente, avvelenando anche se stessi alla fine, avvelenando anche i propri figli, che sono, come tutti gli abitanti di quella zona, soggetti a rischi gravissimi di malattie che sono, purtroppo, sempre più evidenti e che, purtroppo, rischiano di aumentare nei prossimi decenni.
  Allora, davvero rivolgo un ringraziamento non formale al Ministro Orlando, al Premier Letta, al Governo, che hanno voluto finalmente fare della terra dei fuochi una questione nazionale, come è giusto che sia, e metterla al centro di un decreto-legge che, per la prima volta, viene proposto da un Governo e viene esaminato dalle Camere.
  È un decreto-legge – molti colleghi lo hanno ricordato prima di me – che affronta il problema da diversi punti di vista, che mette, ad esempio, come priorità la questione della mappatura, della raccolta dei dati che esistono già e che devono però essere messi a sistema per sapere quali sono effettivamente i terreni nei quali avviare le bonifiche; dà gli strumenti per avviare un primo programma di bonifiche prioritarie; introduce una prima fattispecie di reato, quella di incendio di rifiuti, che si aggrava se i rifiuti sono speciali e se a incendiare è un'impresa, se a incendiare è un'associazione criminale. È un elemento importante, già le cronache ci dicono quanto lo è: due giorni fa, ci sono stati i primi arresti di due persone esattamente incriminate per incendio di rifiuti.
  Ci sarà tempo, naturalmente, per esaminare più nel dettaglio la partita più ampia dei reati ambientali, che arriverà in Aula alla Camera nelle prossime settimane: come disegno di legge ciò è stato già approvato dalla Commissione giustizia.Pag. 110
  È molto importante anche immaginare quale possa essere contemporaneamente la tutela dei prodotti di qualità che viene realizzata in terreni che non sono a rischio di contaminazione, una volta che si sia verificato che, effettivamente, non c’è rischio di contaminazione, anche con la garanzia della qualità delle acque che viene introdotta nel decreto. L'importante è capire quale possa essere il destino dei terreni che non possono essere destinati per lunghissimo tempo, probabilmente, a colture destinate all'alimentazione.
  Io non condivido sinceramente la preoccupazione per lo sviluppo di agroenergie o di altro tipo di coltivazione che possa aiutare anche la bonifica dei terreni. Condivido fortemente la preoccupazione per ulteriori infiltrazioni della criminalità organizzata. Sappiamo tutti che quelle sono zone – quelle e tutta l'Italia, purtroppo, a partire dal ricco nord, dalla ricca Milano, da tanti centri di potere italiani – che, purtroppo, sono infestate dalla criminalità organizzata, come lo è tutto il nostro Paese e, quindi, bisognerà dotarsi di strumenti sempre più efficaci per contrastarla. Ma, certo, immaginare che terreni che non possono essere destinati a coltivazioni agricole possano avere uno sviluppo verso le agroenergie è semplicemente un'operazione di buonsenso ed è la possibilità di dare ristoro anche a chi si è visto defraudato di una proprietà così importante come è un terreno fertile.
  Molti miglioramenti sono stati portati nel decreto dalla Commissione ambiente, che ha fatto un lavoro attento, con la collaborazione di tutti i gruppi parlamentari e, di nuovo, la costante presenza del Ministro Orlando. Ne cito alcuni: la previsione di forme di consultazione dei cittadini, dei comitati, delle associazioni, che abbiamo ascoltato in numerose audizioni in Commissione ambiente; la previsione di screening medici, di screening sanitari gratuiti: 25 milioni per quest'anno e per il prossimo nelle due aree che sono oggetto del decreto, la terra dei fuochi e l'area di Taranto dell'Ilva; una misura che io trovo particolarmente importante e che è stata già citata da ultimo dal collega Manfredi e, cioè, la possibilità che i beni confiscati e le risorse confiscate alla criminalità organizzata in quelle aree possano essere destinati a sostenere le operazioni di bonifica. Sembra a noi particolarmente importante questo elemento, perché è proprio il segno tangibile di un risarcimento delle comunità che sono state attaccate così duramente dalla criminalità organizzata e dall'ingordigia delle imprese che hanno preferito non seguire vie di smaltimento regolari e, ovviamente, più costose.
  La questione «terra dei fuochi» naturalmente non ci deve far dimenticare neanche per un attimo che la gestione ordinaria dei rifiuti in Campania è, purtroppo, ancora molto lontana dall'essere arrivata ad un'ordinaria gestione del ciclo integrato dei rifiuti: ce lo testimonia il fatto che una procedura d'infrazione è ancora aperta, ce lo testimonia l'assenza degli impianti necessari. Andando in quelle zone, si vede plasticamente che i due fenomeni sono collegati. Tanti di noi sono andati in quelle zone, è capitato anche a me di andare in quelle zone con guide di eccezione che sono, poi, gli esponenti di quei comitati e di quelle associazioni che, da tanti anni, si battono per la salute di quel luogo, per la salute dei cittadini e per la dignità di chi vive lì.
  Quelle zone rappresentano tutto un insieme. La via principale della Terra dei fuochi è vicinissima a Taverna del Re, dove sono ammassate le ecoballe, e vicinissima a Ferrandelle. Ferrandelle è il capolavoro del miracolo berlusconiano della ripulitura delle strade di Napoli; ha preso il tal quale e lo ha messo a Ferrandelle con balle aperte dove cade l'acqua piovana a ulteriore inquinamento del territorio agricolo circostante e delle falde acquifere. È tutto un insieme, purtroppo, e la gestione straordinaria dovrà trovare una soluzione per diventare finalmente ordinaria, per arrivare finalmente a quella che può essere, quella che deve essere, una gestione di un fenomeno assolutamente prevedibile come quello dei rifiuti urbani, così come dovrà essere trovata una soluzione per lo smaltimento di 6 milioni di Pag. 111tonnellate di ecoballe che certamente non possiamo immaginare che continuino a gravare in quel territorio.
  Faccio solo un'ultima considerazione su un altro elemento fondamentale del decreto-legge che è la questione Ilva. Noi purtroppo siamo costretti di nuovo ad occuparci della questione Ilva, lo ha dovuto fare il Governo con l'ennesimo decreto-legge e lo fanno le Camere in sede di conversione; siamo costretti ancora ad occuparcene perché stiamo cercando, ostinatamente, di tenere insieme due cose che purtroppo nell'Ilva per decenni sono state in aperta contraddizione e che però, per noi, devono assolutamente andare insieme: lo svolgimento di una attività produttiva, anche difficile come quella di una acciaieria, deve essere coniugata al rispetto della salute. Non cederemo mai all'idea che non si possano coniugare attività produttiva, anche di una acciaieria, e rispetto della salute e rispetto dell'ambiente. Faremo tutto il possibile come Partito Democratico e, certamente, come Governo, per riuscire a tenere insieme questi due elementi. Siamo arrivati a fare il primo commissariamento per finalità ambientali, non potevamo ora non riconoscere che la totale inadempienza della famiglia Riva rispetto all'AIA ha prodotto un ritardo negli adempimenti previsti dall'AIA che deve essere recuperato e abbiamo felicemente introdotto nel decreto-legge anche la possibilità di ottenere risorse che possano finanziare gli interventi dell'AIA sapendo di non poter contare sulla collaborazione della famiglia Riva che sarebbe stata già obbligata a rispettare le prescrizioni dell'AIA e già obbligata a realizzare tutti gli investimenti necessari.
  L'ultima considerazione che faccio, è questa, signora Presidente, e mi avvio a concludere: credo che questo decreto-legge sia particolarmente importante perché va nella direzione di un «patto di cittadinanza». È un decreto-legge che ristabilisce la possibilità di ricreare fiducia nelle istituzioni, fiducia tra i cittadini, che riconosce la dignità di chi vive in quelle zone. Questo credo che sia l'elemento più importante di questo decreto-legge ed è molto importante che il patto di cittadinanza che vogliamo stringere con i cittadini si fondi sul rispetto dell'ambiente, sulla legalità, sulla possibilità che l'attività produttiva sia svolta e debba essere svolta nel rispetto, però, della dignità dei cittadini, dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente e della salute di chi vive e lavora in quelle zone.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Diego De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signora Presidente, colleghi, quei pochi che sono rimasti, io ne approfitto per ringraziare il Ministro. Lo ringrazio esattamente come lo ringrazio per la sua presenza qui in Aula, perché quello che è successo in Commissione è il dovere del Ministro cioè quello di ascoltare, fare delle audizioni, approfondire il tema. Quindi, sembra paradossale che qui si sprechino i ringraziamenti soltanto quando uno fa, magari, un po’, il proprio dovere. Ho sentito l'intervento del relatore per la maggioranza, quelli degli altri colleghi delle altre forze politiche e anche quello del Ministro; tuttavia, per quello che ho sentito non possiamo essere d'accordo con quello che è stato dichiarato. Prima di addentrarmi nel dettaglio delle cose su cui ho forti dubbi, forti criticità, vorrei fare alcune precisazioni. Si è parlato in questo decreto-legge anche del reato connesso all'appiccare il fuoco ai rifiuti, mentre non si è voluto aggravare l'abbandono dei rifiuti, lo sversamento dei rifiuti. Viene il dubbio che forse questo abbia a che fare anche con il procedimento penale in atto dove è coinvolta ENEL nella centrale Federico II di Brindisi.
  Ancora alcune altre precisazioni perché siamo stanchi di sentire bugie e di sentire omissioni, colpevoli omissioni. Qualcuno ha parlato in quest'Aula di rifiuti zero. È stato l'onorevole Scotto che, guarda caso, rappresenta un partito, SEL, che governa, anzi, fa finta di governare la regione Puglia, e in quella regione guarda caso la strategia rifiuti zero non viene attuata.
  Ancora, abbiamo sentito le dichiarazioni dell'onorevole Russo in merito alla Pag. 112strategia «rifiuti zero» come se fosse una fandonia, come se non esistesse. Beh, do una notizia all'onorevole Russo e a tutto il suo partito: la strategia «rifiuti zero» è adottata anche in città come San Francisco, con 1 milione di abitanti, per non ricordare l'italiana Capannori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Si documentassero almeno, prima di fare gli interventi. Ancora, si è parlato spesso di partecipazione dei cittadini, del loro contributo essenziale, eppure, come hanno ricordato i miei colleghi, siamo stati gli unici, noi del MoVimento 5 Stelle, come portavoce, ad andare proprio lì, in quei territori, a raccogliere le loro proposte, le loro idee, i loro commenti, per migliorarlo, questo decreto.
  Si parlava di modelli di sviluppo differenti: noi in diversi decreti abbiamo provato a darvi dei suggerimenti; abbiamo detto che in Campania come in Puglia è possibile puntare su agricoltura, allevamento, a Taranto anche di mitilicoltura, che ha reso Taranto famosa nel modo, di turismo ambientale, di turismo archeologico, di tutela del paesaggio. E cosa avete recepito di questi suggerimenti ? Nulla. Nulla, Ministro. Questo Governo, questa maggioranza, con questo decreto da una parte prepara una vetrina sulla Terra dei fuochi, promettendo di risolvere i problemi che questa classe politica ha causato, dall'altra parte, per quanto riguarda l'emergenza sanitaria e ambientale a Taranto, blinda questo decreto in maniera assurda e apparentemente incomprensibile, ma la motivazione la spiegheremo più in là. Avete reso una azienda più uguale delle altre, è ovvio. Allora io mi chiedo: chi state garantendo ? Chi state proteggendo ? Non certo i cittadini italiani, non certo i cittadini di Taranto. Vogliamo fare gli ipocriti ? Anzi, volete essere ipocriti ? Oggi qualcuno ha parlato di cercare i nemici, i colpevoli di questa situazione, ma voi dove eravate ? Eravate al Governo nazionale e degli enti locali preposti. I miei colleghi hanno ricordato Fitto, che era presidente della regione Puglia, l'onorevole Bindi, che è stata Ministro della salute, Bersani, che era Ministro dell'industria quando riceveva i finanziamenti dai Riva. Vogliamo parlare del commissario Ronchi, anche lui in quest'Aula parlamentare nelle scorse legislature ? Vogliamo parlare di Vendola, altro parlamentare eccellente ai tempi in cui c'era la commissione che indagava su questi rifiuti ?
  Allora chi sono in realtà questi partiti ? Sono i veri nemici dei cittadini, perché sono assolutamente distanti da quelli previsti dalla nostra Carta costituzionale: sono dei circoli di incompetenti, quando va bene, e quando va male sono dei comitati di interessi.
  Presidente, ho sentito in quest'Aula che in molti sono convinti che essere l'unico Paese a prevedere un commissariamento per danno ambientale e sanitario sia motivo di vanto, e mi dispiace che tra essi ci sia proprio il presidente della Commissione ambiente della Camera di questa legislatura, Realacci. Presidente, devo dare una brutta notizia ancora a costoro: non siamo più avanti degli altri Paesi, ma siamo colpevolmente più indietro. Negli altri Paesi non esistono questi commissari, perché funzionano i controlli, funzionano le verifiche. La politica non si prostra negli altri Paesi al potere economico e finanziario, e chi viene riconosciuto responsabile – e non parlo di responsabilità in fatti penalmente rilevante –, anzi, anche coloro, per i quali si ha il dubbio che siano coinvolti con responsabilità morali in fatti di questo genere, vengono rimossi. Anzi, se ne vanno loro spontaneamente e non ricoprono alcun incarico istituzionale o dirigenziale; se ne vanno prima, si dimettono per dignità, per tutelare i loro cittadini, e quando non lo fanno vengono estromessi. Questo decreto, per quanto riguarda il commissariamento di Taranto, signor Ministro, è l'ennesimo decreto di proroga e di deroga, e lei lo sa benissimo. Il Parlamento dovrebbe fissare dei paletti, diventa invece il luogo dove il commissario ordina, il Ministro intercede e i partiti eseguono.
  Il testo di questo decreto-legge, per quanto riguarda gli articoli sull'Ilva, non porta il suo nome Ministro, e lei lo sa bene, ma quello del commissario Bondi. Si deroga ancora nei termini sui procedimenti Pag. 113autorizzativi, e si prorogano condizioni per la realizzazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale: per questo, Presidente, noi siamo delusi, siamo tristi, siamo arrabbiati.
  Siamo delusi perché si porta come vittoria lo stanziamento di alcune decine di milioni di euro per l'estensione degli screening sanitari ad altre patologie. Condivisibile, per carità, perché per conoscere sicuramente è importante poter fotografare l'esistente, per poter agire correttamente. Ma queste indagini cosa dimostreranno ? Dimostreranno soltanto che i danni causati da questo stabilimento sono più estesi e profondi di quelli già accertati. E quali sono questi danni ?
  Sommariamente, Ministro (lei lo saprà meglio di me), quelli ambientali sono indicati da queste condizioni delle attività umane: entro 20 chilometri non si può coltivare qualunque tipo di agricoltura, di piantagione e non si possono allevare animali; quindi queste due attività importantissime per l'economia della regione sono assolutamente spazzate via. I bambini non possono giocare nei cortili e nelle campagne, non possono toccare il suolo. È fatto addirittura divieto di tumulare i propri morti.
  E dal punto di vista sanitario, quali sono, signor Ministro, questi danni già così evidenti ? Sono 30 morti all'anno e centinaia di ricoveri per patologie, come ictus, infarti, patologie polmonari... E questi sono dati già oggi accertati ! A Taranto, i cittadini quando si incontrano – le dico, Ministro – non si scambiano i saluti: si scambiano le notizie dei decessi in famiglia.
  La vera emergenza, signor Ministro, è questa; e per questo cosa avete fatto nel decreto-legge ? Nel quarto decreto ? Niente ! Nulla ! Zero ! Solo andare avanti con la produzione, continuare la produzione, produrre, produrre, produrre. Qualcuno dice: forse produrre acciaio. No: produrre morti quando va bene, cassintegrati, malati, disoccupati e infelici. E questo perché ? Perché allora come oggi, una oligarchia a porte chiuse decide sopra la testa dei cittadini: quei cittadini che tenete sotto ricatto.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente, le chiedo gentilmente di concedermi qualche minuto in più, visto che alcuni miei colleghi hanno rinunciato agli interventi.
  Quei cittadini, dicevo, che tenete sotto ricatto, con una palla al piede, gli stessi che sono stati sempre venduti per un piatto di lenticchie.
  E siamo tristi, ho detto. Siamo tristi perché ? Parliamo di questi screening in Campania e in Puglia. Saranno paradossalmente proposti dall'Istituto Superiore di Sanità: cioè un istituto tecnico, un ente di ricerca; non dalle regioni, cioè dagli enti giuridicamente e funzionalmente preposti. E perché non si fa questo ? Perché non ci si fida di fornire tutti questi quattrini agli enti locali e alle regioni. E perché non ci si fida ? Pensiamoci: un'istituzione non si fida delle altre istituzioni. Legittimamente, visti gli scandali e le situazioni pregresse. Ma questo testimonia inequivocabilmente che la politica di questi partiti, colpevolmente zerbini delle lobby e della malavita, è fallita. Perciò, signor Ministro, faccio una proposta: mandi i militari anche all'Ilva. Così potremo andare anche come parlamentari senza preavviso, senza che l'azienda ci stenda un tappeto rosso.
  Perché siamo assolutamente insoddisfatti ? È facile comprenderlo, Ministro: pur ammettendo per assurdo – per assurdo, dico – il principio che attuate, cioè che, per risanare un'area bisogna, continuare ad inquinarla, soffocarla, stuprarla e ucciderla, è passato un anno dal decreto del primo commissariamento. Cosa è stato ottenuto ? Risponda, Ministro, lo dica ai cittadini !
  Noi siamo anche arrabbiati, ho detto: perché la monocultura dell'acciaio è in evidente contrapposizione alla salute, contrariamente a quanto diceva qualche altro deputato qui nell'Aula. Non c’è alcun equilibrio e parità, come previsto dalla Corte Costituzionale, che ha sancito che il diritto Pag. 114alla salute vero non può comprimere quello al lavoro; ma parimenti quello del lavoro non può comprimere il diritto alla salute.
  E allora, Ministro, cos'altro serve ? Non bastano i bambini con il piombo nel sangue ? Non bastano le malformazioni ? Non bastano gli aborti ? Non bastano ancora i tumori ? Non bastano i morti ? Cosa significa salute per voi, se non conoscete neanche cosa significa sopravvivere di stenti ?
  Presidente, immaginate se nella Terra dei fuochi si autorizzasse con un commissario statale lo sversamento dei rifiuti per ricavare pochi denari per bonificare le aziende che sversano: questo state facendo con Ilva. Parlate di garantire il lavoro e ripeto, parlate di cose che non conoscete, perché a Taranto c’è il 40 per cento di disoccupazione, perché avete bruciato tutte le alternative economiche che sono incompatibili con la siderurgia pesante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Parliamo del commissario Bondi, non il commissario nominato da lei, Ministro, ma il commissario dei Riva. Lo ha detto apertamente: i soldi non ci sono. Se li sono messi al sicuro i Riva e alcuni di voi se li sono mangiati dato che i Riva finanziavano i partiti e alcuni parlamentari tra cui Fitto e Bersani. I Riva delle larghe intese, potremmo dire. Bondi, colui che solo per quest'affermazione andava rimosso, colui che afferma che a Taranto i tumori esistono solo per il fumo delle sigarette oppure che le polveri sulla città sono delle precipitazioni della sabbia sahariana. Ecco, già solo per queste dichiarazioni andava rimosso, Ministro.
  Ma perché vi riteniamo colpevoli ? Perché non date risposte, come fa spesso la politica in Italia, cioè rimanda la soluzione dei problemi nel tempo. Non avete una prospettiva, una visione di lungo periodo, dovreste indicare cosa volete nei prossimi cinque, dieci, trenta, cinquant'anni in quelle aree. Voi vi nascondete dietro le emergenze e sono emergenze che voi stessi causate perché sono funzionali alle vostre promesse, alle campagne elettorali che in Italia si ripetono ogni anno. Sono funzionali ai fondi che distribuite e alle nomine che fate. Vi interessate di salute ma questo Parlamento circa un mese fa ha autorizzato ancora un altro gasdotto, il TAP, che prevede nella sua centrale altre emissioni per il territorio salentino. Ministro, le emissioni nocive non conoscono confini amministrativi !
  Quand’è che parleremo allora anche degli altri sversamenti citati da Schiavone, che non sono in Campania, per esempio quelli del sud Salento ? Ne riparliamo fra vent'anni, signor Ministro ? Cosa manca nell'azione di Governo ? Perché si dice che il MoVimento 5 Stelle non è propositivo ? Io la inviterei a guardare gli altri decreti dove noi ancora abbiamo presentato altri emendamenti, ma faccio un riassunto di alcune proposte. Non c’è ancora un piano nazionale dell'acciaio, signor Ministro. Dov’è, dov’è questo piano nazionale ? Non l'abbiamo proposto noi, l'avete scritto voi nel primo decreto, voi siete inadempienti pure su quello che scrivete, tanto siete abituati a non mantenere le vostre promesse. Non c’è ancora un'ipotesi di riconversione industriale dell'area e del territorio circostante. Il Ministro, anzi ex Ministro, Fassina lo ha dichiarato con superficialità e anche un'aria di beffa: gli impegni degli ordini del giorno, approvati in quest'Aula, sono sempre disattesi e lo è anche quello che avete preso in considerazione sulla riconversione dell'area.
  Ancora, non c’è l'esenzione dei ticket sanitari per tutti i residenti di Taranto e Statte o qualsiasi altra misura compensativa – anche se noi siamo contro le compensazioni ma il territorio è talmente martoriato che forse sarebbe stato il caso di prevederlo – dei danni subiti dalla popolazione. Avevamo chiesto di ridurre la produzione, perché se quella è la prima causa fondamentale di inquinamento, non si può bonificare un territorio che continua ad avere quelle emissioni inquinanti. Vogliamo ancora parlare degli sversamenti della Marina militare, dei rifiuti radioattivi della Cemerad ? Magari, Ministro, ne parleremo nel prossimo decreto.Pag. 115
  Ministro, veramente, non c’è alcuna motivazione di tripudio, alcun risultato di cui esser fieri, alcun motivo di giubilo, nessuna ragione per essere orgogliosi. Avete solo fatto poco e male il vostro dovere. Figuriamoci adottare un tono trionfalistico per sventolare vittorie inesistenti. È chiara l'operazione che volete portare avanti: inculcare ai tarantini, ai pugliesi, agli italiani e al resto del mondo che Taranto – concludo signor Presidente, è l'ultima frase – è solo siderurgia, occultando quello che di meraviglioso questa città e il territorio circostante hanno. Abbiamo perso tutti, abbiamo perso ancora un'occasione per ridare dignità ai cittadini. Oggi è stata scritta una pagina nera per Taranto, ma non lo capite e non lo capirete mai finché non proverete ad andare, senza scorta, in mezzo ai tarantini, finché non vedrete gli spasmi dei vostri colleghi che esalano gli ultimi respiri, finché non vedrete i vostri cari morire, uno dopo l'altro, in lente agonie, costretti a viaggi della speranza in ospedali di altre regioni per cicli di chemio o radioterapia.
  Io vorrei Taranto libera, e Taranto ai tarantini come l'Italia agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Micillo. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MICILLO. Presidente, colleghi, Ministro, questa sera il Governo Letta mette il fiocco sul decreto-legge della «Terra dei fuochi»: è nato ! Mentre una parte dell'informazione accoglie la notizia con felicitazioni vivissime, noi usciamo invece dal coro dei festeggiamenti per dire che questo decreto è la sintesi dell'Esecutivo, inconcludente ed inefficace. Quando non rinvia al «faremo», fa ancora più danni: nel metodo lacunoso e nella scelta inconsistente. È un decreto-legge farlocco. Invece di svolgere il tema, sono state date solo delle generiche tracce, mentre nello specifico in queste terre ci si ammala e si muore.
  È un provvedimento che sfrutta l'urgenza, ma senza le opportune e adeguate misure di urgenza che la situazione richiede. Sarebbe bastato consultare comitati ed associazioni impegnati territorialmente per dare un volto di concretezza al decreto.
  Il Governo lascia sospesi diversi problemi e nemmeno secondari, sui quali con non poca fatica siamo riusciti a mettere un po’ di ordine. In primo luogo, sulle bonifiche, dopo l'assenza assoluta nel testo iniziale, se non nel sottinteso dei compiti dell'ennesima commissione interministeriale e dell'ennesimo comitato tecnico-scientifico, di regole chiare circa i tempi, i modi e i criteri di scelta dei soggetti cui affidare compiti tanto delicati e onerosi, i primi spiragli messi nero su bianco si sono aperti solo grazie al prezioso contributo, attuato attraverso il lavoro di Commissione, al quale abbiamo contribuito con le proposte raccolte direttamente tra i concittadini della «Terra dei fuochi», coi quali, a differenza di quanti credono che per poter gestire le problematiche di quel territorio bastano poche righe scritte su un foglio, ci siamo confrontati e fatti portavoce delle loro istanze in Commissione e adesso in Aula.
  In secondo luogo, sulla mappatura dei terreni, che è poi a monte delle bonifiche, il sistema con cui si intende procedere, pur nell'apparente volontà di definire criteri chiari con cui operare verso cui abbiamo spinto introducendo piccole, ma sostanziali precisazioni, come la necessità di indagare anche le acque di falda, appare nebuloso e confusionario con una serie di scadenze temporali e di interventi sui terreni subordinati a pareri preventivi il cui rischio concreto e tangibile è quello di rallentare tra balzelli vari un processo che, oggi più che mai, richiede invece costanza e decisione.
  Leggendo l'ultimo testo del decreto, relativamente agli interventi da attuare sui terreni che dovessero risultare contaminati, e dopo una già definita serie di istruzioni che regolamentano il modo di operare ai fini dell'individuazione dei terreni da destinare a produzioni non alimentari, fa specie leggere ancora una volta «sulla base di ulteriori indagini». Ulteriori Pag. 116indagini ? Ma, dopo aver acquisito le documentazioni e i dati da parte delle regioni e degli altri enti coinvolti nelle attività di monitoraggio passate e presenti, dopo aver predisposto una campagna di interventi mirati, con l'ausilio delle professionalità in seno agli organi coinvolti come il Corpo forestale dello Stato, piuttosto che il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, di quali «ulteriori indagini» si parla ? Perché, se esistono sistemi di controprova finali, capaci di emettere risultati certi, tanto vale utilizzarli fin da subito e non come «ulteriori indagini».
  In terzo luogo, sull'agroalimentare, come pensate di tutelare la filiera economica campana e, in special modo, quei prodotti coltivati e lavorati all'origine tra Napoli e Caserta, nonché la salute di milioni di consumatori, non solo campani ma di tutto il mondo ? L'immagine esageratamente distorta di queste terre ha provocato un crollo di vendite pari al 35-40 per cento. Lo dice la Confederazione italiana agricoltori.
  Ai consumatori non servono le rassicurazioni di una politica che, troppe volte ed ancora oggi, continua a mentire agli italiani. Per non parlare dell'idea di coinvolgere l'Istituto nazionale di economia agraria in un'analisi – si legge in uno degli emendamenti – sulle prospettive di vendita dei prodotti agroalimentari delle aree individuate come prioritarie nelle indagini condotte sui terreni, verificando le principali dinamiche del rapporto tra la qualità dei prodotti agroalimentari e la qualità percepita dal consumatore.
  Sembra quasi un tentativo di non rassicurare il consumatore sulla qualità dei prodotti ma di raggirarlo, in nome di chissà quali regole del mercato.
  Quarto: è di queste ore la notizia che il Governo ha previsto dei fondi per gli screening, una «toppa» in vista di questa discussione in Aula. Un'iniziativa ad orologeria. Leggiamo di 50 milioni di euro destinati ad analisi medico-sanitarie sulla popolazione. Lo scorso mese ci veniva risposto che non c'erano fondi. Di colpo sono usciti. O non sapete fare i conti o i soldi non ci sono solo per le nostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il 4 novembre scorso quest'Aula bocciò la nostra proposta di indagine epidemiologica contenuta nella mozione sulla «Terra dei fuochi», che proponeva pure la videosorveglianza nei punti nevralgici degli sversamenti ed indi dei roghi tossici. L'Aula sentenziò che i criminali dei rifiuti potessero continuare a sversare allegramente, rispettando la loro privacy. La descrizione dei malfattori va tutelata più degli abitanti.
  Ma, di fronte al «gioco» di prestigio con cui sono comparsi questi fondi, che tuttavia riteniamo una buona notizia per cominciare a dare linfa alla lotta contro l'emergenza sanitaria incombente sul territorio, non possiamo non alzare l'attenzione su come o, meglio, dove saranno incanalati tutti questi soldi che, levati i costi della burocrazia amministrativa e strumentalistica, potrebbero bastare a svolgere con serietà le indagini medico-sanitarie a tutela e salvaguardia di circa 4 milioni di persone.
  La Campania, infatti, grazie ad una collaudata strategia politico-clientelare, è stata il laboratorio dei commissariamenti, degli interventi di somma urgenza e dei conseguenti dirigenti strapagati, che anticipava la logica delle larghe intese, che all'epoca hanno edificato ricchezze sul «magna magna» dei rifiuti e dei conseguenti disastri ambientali, con i danni che tutti sappiamo. E dal momento che questo decreto è nato ancora una volta sotto la stella del profilo emergenziale, non possiamo esimerci dal sottolineare tale punto e urlare che la «Terra dei fuochi», così come le zone devastate dal punto di vista ambientale del Paese, non chiedono interventi straordinari o emergenziali ma un sano ritorno alla normalità e al rispetto delle regole.
  Sugli interventi sanitari, ricordiamo che alcuni concittadini si sono recati fuori regione per ricevere le adeguate cure del caso o stabilire la quantità precisa di metalli pesanti o inquinanti presenti nel proprio organismo. Dovrebbe essere, apprendiamo, Pag. 117l'Istituto superiore di sanità a curare questa fase. Tuttavia, tra le interrogazioni alle quali non ho mai avuto risposta vi è pure quella sul centro antiveleni del «Cardarelli» di Napoli, una struttura che non è mai stata potenziata, mancante dei servizi e risorse esistenti come in un qualsiasi altro centro italiano preposto ai compiti svolti al pubblico per avvelenamenti o intossicazioni. Allora, se screening deve essere che si riparta dal pubblico, ridando linfa a strutture che fino a oggi, tra mille difficoltà e la concorrenza sleale di strutture private con evidenti conflitti di interesse, continuano a distinguersi come autentiche eccellenze nel settore sanitario. E penso ancora al «Cardarelli», il nosocomio più grande del Mezzogiorno, all'istituto «Pascale», piuttosto che il «Monaldi»... Il pubblico.
  Quinto: sugli sversamenti abusivi di rifiuti industriali e sul collegamento di questa attività al lavoro nero, è lecito supporre che si tratta di attività che andranno avanti ancora dopo questo decreto; che nella miopia – senza offesa per i miopi – della proposta di introduzione del reato di incendio di rifiuti e l'idea di impiegare l'Esercito per perseguire i responsabili abbandonandosi alla logica dell'emergenza, si è completamente dimenticato l'elemento fondamentale di contrasto al traffico illecito di rifiuti che è la prevenzione e, cioè, il controllo della fonte e l'indagine sul sommerso, che potrebbe non solo frenare il flusso illecito di rifiuti ma addirittura, con le dovute strategie, creare un nuovo orizzonte di rilancio economico e lavorativo.
  Non una parola sul leggendario Sistri, poiché, per tutte le volte che è stato annunciato e per le altrettante volte in cui non se n’è vista traccia, leggendario è il termine adatto per definire questo famigerato sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che al momento vive solo in una striminzita circolare che ne sancisce l'obbligo di adozione, a scaglioni per tutti gli enti obbligati ad adottarlo entro il prossimo mese di giugno.
  Non una parola su sanzioni che potrebbero riguardare chi non si mette in regola o che addirittura si rende colpevole della manomissione del sistema. Basta ricordare la famigerata tecnica del giro di bolla con la quale attraverso la falsificazione dei documenti di trasporto dei camion che trasportavano veleni lungo l'asse Nord-Sud si è alimentato un avvelenamento di massa senza precedenti ai danni delle popolazioni campane.
  Ma evidentemente quando ad essere a rischio sono gli interessi più alti, come quelli dei grossi comparti industriali, questo Governo non si mostra così forte come fa con il piccolo delinquente che sferza e appicca. In definitiva, e mi avvio alla conclusione, la «Terra dei fuochi» merita provvedimenti seri, non spot, martoriata com’è da industriali senza scrupoli che non potevano non sapere dove andassero i loro rifiuti con quei costi ridicoli di smaltimento, una terra dimenticata per anni dallo Stato, lasciata morire a se stessa. Qualcuno di questo Governo dovrebbe chiedere scusa alla popolazione. Sarebbe pure ora come rappresentanti governativi.
  Non sono passati anni da quando due Ministri, qualcuno in carica ancora, sostenevano che i tumori fossero da addurre agli stili di vita condotti in questi luoghi. Come se il fumo e l'obesità provocassero tutti i cancri e le morti premature di bambini e di giovani. Come se fosse stato un problema di patatine fritte o di colesterolo alto. Proprio il 5 gennaio scorso lei, Ministro Orlando, ha riconosciuto con un tweet che vi è un legame tra inquinamento e malattia. Di colpo gli allarmisti sono diventati cittadini impegnati e da rispettare. I negazionisti continuano a ricoprire invece i loro profumati incarichi e poltrone. Ancora, chi sbaglia non paga.
  Sotto l'albero di Natale abbiamo trovato il decreto, lo abbiamo sfogliato e studiato, approfondito e cercato di migliorare con i nostri emendamenti, alcuni dei quali clamorosamente bocciati da una strana maggioranza, alla quale è attaccato un Governo che, stando ancora a quello che vediamo, naviga a vista tra gli iceberg.
  Ricordiamo allora di quali emendamenti si trattava: per la pubblicazione, da Pag. 118parte dell'Istituto superiore di sanità, del registro tumori e delle analisi epidemiologiche in Campania, per l'aggravamento delle pene per chi inquina e il divieto di realizzare discariche e inceneritori in aree a rischio ambientale. Non erano emendamenti del MoVimento 5 Stelle, ma dei cittadini, cari parlamentari della maggioranza, cittadini, che il 28 dicembre scorso alla galleria Principe di Napoli ci hanno portato i loro suggerimenti, consigli, proposte di modifica. Erano emendamenti di comitati ed associazioni, che a nostro avviso rappresentavano il desiderio di un territorio di avere giustizia e certezza di poter svoltare.
  La nostra politica non è andare nei salotti televisivi a dire una cosa ed a farne un'altra in Aula, ma favorire realmente la partecipazione democratica dei cittadini mediante incontri pubblici e l'ausilio di Internet (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  
Lunedì 13 gennaio, alle 14, sono scaduti i termini di presentazione degli emendamenti al testo unificato che ha assorbito alcuni dei punti cardine della mia proposta di legge sull'inasprimento delle pene per i delitti ambientali. Un testo che farà la differenza con questo decreto di facciata, uno spot per dire alla gente: stiamo facendo, sì, ma cosa  ? Sarebbe stato meglio non fare affatto, per non creare confusione. Si è scelto di non scegliere con ragionevolezza. Il decreto di sicuro passerà, ma non il problema roghi e l'inquinamento ambientale. Andava formulato un decreto ad hoc per la Terra dei fuochi. Meritava questo, perché è un caso anomalo di inquinamento ambientale, senza precedenti nella storia italiana.
  Vogliamo bloccare la proliferazione incontrollata degli impianti di trattamento termico, siano essi gassificatori o a biomasse che potrebbero nascondere dietro soluzioni apparentemente sostenibili un ulteriore aggravamento dell'inquinamento ambientale, legato alla diffusione in atmosfera di sostanze presenti nel terreno con specie vegetali non alimentari. Insomma, vogliamo restituire ai cittadini suoli bonificati e non compromettere ulteriormente la qualità dell'aria. Vanno analizzati pure i suoli edificabili per scongiurare che nelle fondamenta delle case siano sotterrati rifiuti pericolosi, tossici o chissà peggio altro. Aspetto questo che pone grande attenzione sulla questione del cambio di destinazione dei suoli all'atto della realizzazione dei nuovi PUC, cambio che potrebbe intervenire al momento di assenza di criteri precisi di identificazione di suoli contaminati che, se ritenuti inutilizzabili ai fini agricoli, potrebbero aprire la strada a nuove e sciagurate speculazioni edilizie.
  Vogliamo introdurre la coltivazione di essenze vegetali per svolgere la fitodepurazione. Vanno definiti i parametri delle acque irrigue e i parametri dei terreni food e no food. Questo decreto sull'emergenza ambientale non risolve proprio nulla. Einstein diceva:«I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza di chi li ha creati».
  Un'ultima cosa: quando parliamo di Terra dei fuochi parliamo di Italia, non di un Paese straniero. Quindi, capirete che il problema è dell'Italia intera. Quando capirete questo, forse inizierete a capire il problema (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

  SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, Ministro, voglio tranquillizzarvi: io parlerò veramente poco, anche perché volevo fare giusto qualche piccola osservazione. La prima è che, soprattutto dopo quello che ho sentito stasera, sto veramente pensando di fare una proposta di legge che proibisca di parlare della propria regione a tutte quelle persone che con i propri comportamenti l'hanno rovinata, anzi l'hanno devastata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed è vero, è verissimo – mi dispiace che non c’è – quello che diceva l'onorevole Russo: noi non possiamo fare altro che imparare da lui; soprattutto possiamo imparare molto su come fare ad essere indagati per associazione mafiosa, ad esempio, o come poter dire che siamo noi ad avere comportamenti Pag. 119minacciosi quando proprio mentre lo diceva dietro di lui sedeva Luigi Cesaro che, per chi non lo sapesse – noi lo conosciamo benissimo, noi campani lo conosciamo veramente bene –, lo invito veramente ad andare a leggersi il suo fantastico curriculum vitae.
  Poi parliamo del decreto. Veramente non capisco come si faccia a fare un decreto sulla Terra dei fuochi, ma per un motivo molto semplice: mi hanno sempre insegnato, fin dalle elementari, che il decreto doveva avere due criteri in particolare, la necessità e l'urgenza. Ora, sulla necessità nessun dubbio. Ma parliamo un attimo dell'urgenza della Terra dei fuochi: voi state considerando la Terra dei fuochi adesso un'emergenza, il che è a dir poco ridicolo, perché l'emergenza ci poteva essere vent'anni fa, dieci anni fa, adesso è uno stato di fatto devastante e l'avete creato voi, tutti quanti voi in quest'Aula, perché tanto i partiti da vent'anni, da molto di più, sono sempre gli stessi. State ricostruendo anche la Democrazia Cristiana, quindi veramente non ci manca nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, se proprio vogliamo fare qualcosa per la Terra dei fuochi, non facciamo un decreto. Per favore, non prendiamoci così tanto in giro: facciamo una proposta di legge, facciamola seriamente.
  Comunque, parliamo anche delle metodologie che hanno accompagnato lo studio di questo decreto. Io non sono nella Commissione ambiente, quindi non voglio parlare di voi anche se ho minimamente visto come si è lavorato, ma voglio parlare della mia Commissione, la Commissione affari sociali, che ha dovuto dare un parere al decreto senza neanche sapere se quello che riguardava l'ambito sanitario sarebbe stato approvato o meno in Commissione ambiente. Quindi noi dovevamo decidere se approvare o meno un decreto sulla Terra dei fuochi senza sapere se, poi, sarebbe stato approvato il ticket e il registro tumori, così, al buio, come se neanche stessimo giocando a poker. Veramente proprio al buio dovevamo fare: tanto che ci importa, mica stiamo decidendo le sorti di una terra già del tutto martoriata. Complimenti !
  Oltretutto in questo decreto non è previsto neanche il divieto di costruire nuovi inceneritori: tanto mica fanno male ! Continuiamo pure a devastarla, questa terra. In questo decreto si parla ancora di commissario straordinario e in particolare per la Terra dei fuochi si parla ancora di commissario straordinario. Ma volete capire che per i campani parlare di commissario straordinario è veramente una beffa ? Ci avete distrutto con questi commissari straordinari. Io non voglio dire che questa metodologia è sbagliata, ma se continuate a mettere come commissario straordinario persone che pensano solo ai propri interessi, è inutile. Parlatene con Bassolino, se non volete parlare con me. Fate spiegare a lui il perché non va bene il commissario straordinario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Io capisco che a voi mancano le persone oneste o che comunque quelle oneste non fanno veramente curriculum da voi e mandate avanti altro (a proposito, mi dispiace veramente tanto per Faraone), ma o cambiate veramente voi all'interno, oppure basta con queste scelte ! Veramente, è indecente. Comunque, la cosa veramente più grave del decreto, ma proprio grave, è che non avete minimamente pensato a che cosa volesse la gente. Voi pensate che lì la gente si vede i parenti, gli amici, i genitori, i figli, i bambini morire, e l'unica cosa che vuole è giustizia, l'unica cosa che vuole è vedere che chi è stato causa di questo vada in galera immediatamente, ma veramente immediatamente.
  E voi, invece, che cosa dite ? «No, forse qualche pena amministrativa sanzionatoria». Questa gente deve andare in carcere. E non avete punito non solo chi ha inquinato, non solo chi inquina, ma neanche chi sapeva e non ha fatto nulla, neanche se quel qualcuno che sapeva faceva parte delle istituzioni. Ma di cosa stiamo parlando ? Perché volete continuare a prenderci in giro così ? Voi state osando veramente tanto.Pag. 120
  Voi continuate a dire, giorno dopo giorno, che siamo noi a istigare la gente. Il vostro Presidente del Consiglio dice continuamente, a parte le balle in televisione, ma questo lo facciamo fare a Fazio, che noi istighiamo le persone, che incendiamo gli animi, che chiamiamo la gente a protestare contro di voi, quando voi state rischiando tantissimo, perché quando questa gente si alzerà e protesterà veramente perché disperata, perché la state portando alla fame, perché la state portando alla morte, voi sarete in grandissimo pericolo e non avrete neanche il tempo di chiedere scusa.
  Quindi, cominciate adesso, abbassate la testa e chiedete umilmente perdono per i vostri peccati e cominciate a fare qualcosa di serio. Per una volta non fate più campagna elettorale, almeno su queste cose, almeno sulla morte e sulla vita delle persone, proprio veramente per decenza. Mi scuso per questo carisma, ma veramente non se ne può più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1885-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori di minoranza rinunciano alle repliche. Il relatore di maggioranza intende replicare ?

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. No, signor Presidente, domani mattina nel Comitato dei nove avremo occasione anche di capire come condurre il resto della discussione in Aula.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Onorevoli parlamentari, io vorrei soltanto ricordare e puntualizzare alcune questioni. La prima è questa: io il 2 maggio mi sono recato nella cosiddetta Terra dei Fuochi – definizione che preferirei superare, perché evoca un'aura poetica che purtroppo non appartiene a quella zona – e, in quella occasione, mi sono premurato di ascoltare molti dei testimoni, che allora non erano abbastanza isolati di quel dramma; cosa che ho continuato a fare anche nel corso dei mesi successivi.
  L'ho fatto per due ragioni: perché considero quell'area un'emergenza in sé e perché la ritengo un emblema, cioè un'evidenza della crisi che spesso si determina e del nesso che vi è tra crisi dello Stato e crisi della democrazia e crisi ambientale. C’è un'analogia, da questo punto di vista, tra Taranto e la Campania, ma c’è anche una profonda differenza, perché se a Taranto – come è stato detto – vi è una contraddizione tra produzione e ambiente, nella cosiddetta Terra dei Fuochi questa vicenda, non soltanto ha distrutto ambiente, ma ha distrutto anche la produzione.
  E questo lo dico perché è stata rimproverata l'assenza di urgenza, anche negli ultimi interventi che ci sono stati. Ora, con molto rispetto per le considerazioni che sono state fatte, io voglio dire che il fatto che si sia tardato così tanto non è una buona ragione per sostenere che si trattava di continuare a tardare ancora. In secondo luogo, lo dico perché aver sollevato questo problema, ed anche in questo senso mi pare l'onorevole Micillo abbia evidenziato questo aspetto, questa vicenda – fortunatamente e opportunamente, tanto la vostra iniziativa, quanto probabilmente la mia visita avrebbe avuto un risultato diverso dal punto di vista della mobilitazione di energie e di istituzioni, se non ci fosse stata poi quella grande mobilitazione di cittadini che si è determinata successivamente –, aver sollevato questo tema però senza costruire una griglia di certezze, ha provocato (e in quel caso vi è un oggettivo elemento di urgenza) un effetto collaterale che è quello di una caduta verticale della competitività della filiera agricola di quella zona.Pag. 121
  Quindi, se non ci fosse un'urgenza storica, ce n’è una indotta dal fatto che il fenomeno è andato al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, io dico fortunatamente. Da questo punto di vista, io credo che il decreto-legge non può avere l'ambizione di superare le cause che hanno portato a quel fenomeno, perché quelle cause sono cause profonde. Sono la difficoltà di far funzionare la filiera dei controlli, l'inadeguatezza del sistema delle sanzioni, l'assenza di alcuni parametri per quanto riguarda le matrici ambientali.
  Lo avete detto e l'hanno detto in molti: l'assenza di un adeguato sistema di contrasto all'evasione fiscale e all'evasione contributiva, una difficoltà a costruire degli istituti funzionanti di partecipazione, una difficoltà a far funzionare la democrazia, così come conclamato poi nei fatti da molti scioglimenti di consigli comunali che si sono succeduti a causa di infiltrazioni camorristiche in quella zona.
  Ecco, il decreto non ha la pretesa di affrontare e risolvere tutto questo.
  Il decreto ha la pretesa, l'ambizione di offrire degli strumenti per tamponare gli effetti di queste cause profonde, alcune delle quali, io credo, possono essere intaccate da alcune misure contenute nel decreto stesso e risolte in riforme sistematiche che in qualche modo si sono già avviate, anche grazie allo stimolo della discussione che c’è stato.
  Mi spiego nel dettaglio: ci sono delle risposte specifiche, ci sono alcune risposte che sono passate dal particolare al generale e ci sono alcuni elementi che producono invece un processo che può consentire di passare dal particolare al generale.
  Fino a questo decreto non esisteva una classificazione dei suoli agricoli dal punto di vista della contaminazione. Dopo questo decreto c’è questo tipo di parametro. Lo dico perché fino a questo decreto l'unico modo di classificare i suoli agricoli era ricavato da concetti giurisprudenziali. Dopo questo decreto ci sono dei parametri.
  La stessa cosa vale per le acque irrigue e qui vorrei correggere alcuni interventi che ci sono stati. Questo decreto stabilisce quali sono le acque irrigue utilizzabili e quali sono contaminate e non lo sono più e devo dire che mi sorprende il fatto che si contesti la mancata soluzione di questo tema, quando io credo che alcuni dei parlamentari che sono intervenuti o almeno alcuni parlamentari del gruppo che è intervenuto – mi riferisco al MoVimento 5 Stelle – sono stati proprio tra coloro che hanno stimolato di più questo tipo di risposta e ai quali do volentieri atto.
  C’è stato un rafforzamento, come ho detto anche nell'introduzione, perché dal tema dei terreni si è passati anche all'analisi del tema della falda.
  Ci sono invece, per così dire, degli embrioni di ulteriori sviluppi, che possono essere ripresi in atti normativi che sono peraltro in itinere e che credo vadano accompagnati con attenzione.
  Mi riferisco in primo luogo al tema delle sanzioni.
  Qui noi abbiamo dato soltanto le sanzioni che sono strettamente necessarie – poi si può discutere sulla questione degli ingombranti: era più idoneo, era meglio mettercelo o non mettercelo, è opinabile il ragionamento – però noi abbiamo semplicemente dato alcuni strumenti per intervenire in una situazione di crisi ambientale come quella.
  Non abbiamo la pretesa, in un decreto, di ricostruire un sistema organico di sanzioni.
  Non l'abbiamo perché sarebbe sbagliato, perché un sistema di sanzioni non si rende più efficace semplicemente inasprendo le sanzioni, ma costruendo una proporzionalità tra l'illecito e la sanzione e una razionalità del sistema nel suo insieme che non può essere affrontata e risolta in un provvedimento come questo e che, non a caso, è affrontata io credo con un confronto aperto, come credo sappia l'onorevole Micillo, in sede di Commissione giustizia, realizzando là un altro obiettivo che mi sono dato all'inizio di questa legislatura, cioè quello di una riforma compiuta del tema degli ecoreati.
  Infatti soltanto con una sistematicità di approccio si può costruire un sistema di sanzioni sufficienti.Pag. 122
  Così io dico anche sul tema dello screening: il tema dello screening non risolve complessivamente un vuoto che oggettivamente c’è nel nostro ordinamento, cioè quello del rapporto tra salute e ambiente.
  Però il fatto che in due realtà così significative si avviino dei processi pilota può consentire di avere una normativa organica. Io in Commissione mi sono impegnato a far sì che, in sede di collegato ambientale, questo tema possa avere una disciplina compiuta.
  Vorrei, invece, replicare ad alcune critiche che sono state fatte in modo ricorrente nei diversi interventi, quella della farraginosità e quella della lentezza nelle procedure individuate per la classificazione dei suoli. Respingo il tema della lentezza perché noi non stiamo andando ad incidere su un tema qualsiasi, ma stiamo andando a dire se un'area può essere utilizzata o meno a livello agricolo. Per la vita di alcune imprese significa se c’è o non c’è un futuro nei prossimi anni.
  Non lo possiamo fare semplicemente sulla base di uno screening sommario del terreno. Dobbiamo costruire una procedura che, attraverso una serie di passaggi, arrivi a dire quali sono i suoli che non sono utilizzabili per questo tipo di attività. È più giustificata a mio avviso la critica riguardo al tema della farraginosità. Non lo è se si guarda qual è la causa della mancanza di fotografie definitive di quelle zone. Infatti, la mancanza di queste fotografie nasce da un dato: moltissimi soggetti, come ho detto, che si sono prodotti in analisi dei suoli, in caratterizzazioni, in elementi di analisi attraverso georeferenziazioni, ma tutti quanti in concorrenza tra loro, spesso sovrapponendosi. Allora, quell'insieme di soggetti che viene visto come particolarmente complesso è finalizzato a costituire una sorta di reductio ad unum, cioè un meccanismo attraverso il quale si possa passare da una molteplicità di banche dati ad un'unica banca dati, che non è risolutiva e per questo c’è il tema delle ulteriori attività.
  Ma come – è stato detto – fate questo grande comitato e poi vi riservate ancora ulteriori attività ? Sì, perché il comitato risolve un tema, che è quello della georeferenziazione, cioè di ciò che si vede dall'alto, ma una volta che hai visto dall'alto, per dire che un terreno è effettivamente e definitivamente compromesso e lo devi bloccare dal punto di vista dell'attività agricola, in alcuni casi implica, invece, un ulteriore passaggio che è quello di una caratterizzazione a terra. Per questo c’è un ulteriore passaggio che è previsto nel procedimento.
  Io sono perché si riconosca anche il fatto che alcune aree non devono essere utilizzate, anzi io credo che sia urgente che si dica quali sono le aree che non devono essere utilizzate. Attenzione a non criminalizzare le attività agricole. Io non sono perché nel decreto-legge – per questo ho ritenuto inopportuni alcuni emendamenti – si dicesse addirittura che tipo di colture si dovevano fare. Una volta che abbiamo definito che non sono utilizzabili per le colture di carattere alimentare, le ulteriori specifiche credo debbano essere definite in sede amministrativa perché, altrimenti, noi con una norma rischiamo di creare un vincolo che poi non è idoneo effettivamente all'utilizzo no food di quei territori. E questo lo vorrei dire con molta nettezza. Dire «no food» non significa assolutamente che in quelle aree ci devono andare termovalorizzatori o, come ho sentito dire, biomasse o impianti di altra natura. Significa semplicemente che quelle aree possono essere coltivate, ma per tipi di coltura che non sono legati all'alimentazione umana.
  Io credo che si debbano ringraziare i molti che sono scesi in piazza e che hanno consentito di mantenere i riflettori accesi e di mantenerli per così tanto tempo in tutte queste settimane e mi auguro ancora nei prossimi mesi. Ma se c’è un soggetto – e lo dico da laico – che va particolarmente ringraziato è la Chiesa, perché la Chiesa, in questa zona così come a Taranto, è stata il punto di riferimento, anche in momenti di disperazione dei cittadini. Io questo lo dico riconoscendo un ruolo politico, se mi è consentito, spesso magari di supplenza, che è stato svolto dall'istituzione religiosa. Poiché ho citato la mia Pag. 123visita e poiché non sono solito citarmi, né fare campagna elettorale, né utilizzare trionfalismi, vorrei anche dire, però, che non ho atteso il decreto-legge per assumere alcuni provvedimenti. Lo dico perché mi è stato contestato che alcuni dei provvedimenti non sono presenti nel decreto-legge. All'indomani del confronto che ho avuto – in particolar modo ricordo un'assemblea nella chiesa di Caivano –, cioè nella primavera scorsa, abbiamo siglato un accordo con Ecopneus che è l'azienda che raccoglie pneumatici che, come saprete, è uno dei combustibili di innesco dei roghi.
  E abbiamo dato luogo a una grande campagna di raccolta di pneumatici che si svilupperà ulteriormente. Proprio in conseguenza di quel confronto abbiamo bloccato l'importazione di rifiuti da altre regioni, di rifiuti speciali e rifiuti industriali. E in terzo luogo – questa è la cosa che mi è stata rimproverata nella discussione in particolar modo dall'onorevole Micillo mi pare – il tema della tracciabilità.
  Il Sistri è stato in qualche modo dosato nella sua attuazione in tutto il territorio nazionale. Soltanto in Campania il Sistri entrerà in vigore in modo integrale da marzo e lo abbiamo fatto per costruire un sistema di tracciabilità integrale in una regione che aveva queste specifiche caratteristiche. Abbiamo ritenuto anche noi che la via maestra fosse quella di ritornare all'ordinarietà tant’è che il primo intervento che ho ritenuto utile fare è stato proprio quello di aumentare i contributi per la raccolta differenziata ai comuni che sono stati sciolti per fenomeni di infiltrazioni criminali attualmente retti dai commissari prefettizi.
  Sulla questione Taranto alcune brevissime notazioni. Non credo che si debba parlare del quarto decreto su Taranto. Questo è il terzo decreto dopo il commissariamento. Infatti rivendico una netta discontinuità tra il decreto precedente e quello che ha portato al commissariamento nell'approccio nei confronti della magistratura e perché questo decreto assegna – guardate, nel decreto del commissariamento la figura del garante era presente – il Parlamento ha deciso di togliere questa figura. Però credo che da quel decreto in poi si dica una cosa semplice: la garanzia del rispetto delle regole poi si può essere in grado di rispettarle o meno; lo si può fare bene o male ma che garante del rispetto delle regole è la magistratura e la magistratura ordinaria in primo luogo. Questo lo abbiamo affermato nel passaggio al decreto che ha istituito il commissario.
  E guardate credo che si sottovaluti un po’...non meno nessun vanto del fatto che si è introdotto il commissariamento. Certo che il commissariamento è il frutto di un fallimento politico che si è succeduto in molti anni. Però abbiamo un sistema sanzionatorio che non prevedeva la possibilità di intervenire e limitare direttamente la proprietà.
  Credo che sia da rivendicare il fatto che a fianco alla limitazione della proprietà dovuta a tutela dei creditori, cosa che esisteva già, il commissariamento per queste ragioni esisteva, ce ne sia anche uno che può anche essere in qualche modo eccezionale sicuramente, che è legato però alla violazione della normativa ambientale. Con l'introduzione di questo istituto non con il modo in cui questo istituto è stato esercitato su cui si può discutere, ma con l'introduzione di questo istituto si dice una cosa, che è tanto importante garantire i crediti delle aziende quanto importante garantire la salute dei cittadini. E questo, credo, sia una cosa che dovrebbe essere salutata come un'innovazione positiva dal punto di vista ordinamentale. Poi, ripeto, può darsi che funzioni, che abbia funzionato meglio in alcune fasi piuttosto che in altre, ma quando rivendichiamo la bontà di quella scelta rivendichiamo esattamente questo tipo di significato.
  Ci si rimproverano spesso i ritardi nell'attuazione dell'AIA. Non sempre, non solo dovuti, diciamolo, all'attività dei commissari. C’è stata tutta una serie di passaggi che non è stata ininfluente rispetto alla loro attività. Però poi diventa paradossale il fatto che ci si rimproveri contemporaneamente di introdurre alcune norme che consentono di accelerare i tempi per la realizzazione dell'AIA. Mi Pag. 124spiego: ci sono stati degli emendamenti che abbiamo respinto in Commissione che prevedevano l'impossibilità di utilizzare la Conferenza dei servizi per realizzare le opere edili che sono funzionali all'attuazione dell'AIA e non scorciatoie rispetto ad impianti che hanno rilevanza ambientale. La copertura dei parchi minerali che dovrebbe essere una cosa condivisa da tutti.
  Se siamo davvero tutti d'accordo sul fatto che l'AIA debba essere approvata rapidamente non si capisce per quale motivo si è contrari sul fatto che si individuino delle procedure più rapide per realizzare, per esempio, un'opera come quella.
  Vorrei rassicurare, ci sono stati alcuni interventi che riguardavano il tema Taranto extra Ilva: non c’è nessuna decisione che va nella direzione del dragaggio del Mar Piccolo. C'era un finanziamento che andava in quella direzione, è stato sospeso, rimettendo all'università la valutazione su qual è il tipo di intervento più idoneo per la pulizia dei fondali, perché si riteneva che il dragaggio non fosse quello più congruo per affrontare questo tipo di inquinamento dei fondali. Questo, naturalmente, ha comportato un rallentamento rispetto a quell'intervento. Ci attendiamo che qualcuno ci rimproveri il fatto che siamo in ritardo: se avessimo fatto il dragaggio saremmo stati veloci, ma avremmo fatto la scelta probabilmente sbagliata. Fatto sta che adesso stiamo aspettando una valutazione, un supporto scientifico per vedere qual è il tipo di intervento più idoneo per evitare, appunto, il fatto che ci siano forme di contaminazione dovute al dragaggio.
  Io vorrei che, però, in tutta questa analisi del quarto decreto secondo alcuni, il terzo secondo me, si segnali un fatto: che si sono dati degli strumenti di intervento più forte per reperire le risorse. Perché è vero che le risorse non ci sono, ma non per colpa di Bondi: le risorse non ci sono perché delle risorse che si dicevano disponibili, nella concreta disponibilità dei commissari e di chi sta gestendo la realizzazione dell'AIA non è passato quasi niente al momento. C’è una norma che prevede la possibilità di utilizzare una parte di quei beni per investimenti di carattere ambientale. Questa dovrebbe essere una norma salutata da tutti positivamente.
  Francamente, è un po’ in contraddizione con questo fatto: io non voglio entrare nella polemica, nella propaganda, lasciamo stare. Io non conosco i Riva e non ne sento la mancanza, ma continuare a farci dire che stiamo facendo dei favori ai Riva, quando prevediamo delle norme che consentono di utilizzare una parte dei loro beni confiscati per fare degli interventi che, nel corso del tempo, non hanno mai voluto fare, mi sembra francamente una contraddizione che è difficile da superare.
  C’è un altro elemento presente nel decreto. Come vedete, spendo due parole in più proprio sul tema Taranto, perché su Taranto mi pare che – diciamo così – la dose di approssimazione nella lettura sia un po’ eccessiva. C’è un tema che è presente nel decreto, cioè si afferma un principio, che è questo: adesso le emissioni sono diminuite perché una parte degli impianti non funziona. C’è un principio che è stabilito, che dice: quando ripartiranno gli altri, bisogna che comunque il livello di emissioni sia uguale a quello attuale, cioè in un momento in cui una parte degli impianti non viene utilizzata. È un principio che, dal punto di vista della tutela della salute, dal punto di vista dello sforzo che si deve fare di innovazione e di adeguamento agli obiettivi dell'AIA, è molto importante. Io penso che dovrebbe essere anche questo un elemento valutato con equanimità: non pretendo con particolare favore, ma se dobbiamo dare un giudizio, diamolo guardando all'insieme di un provvedimento.
  Concludo su un tema, perché lo ritengo particolarmente importante – e di questo ringrazio davvero tutte le forze politiche che lo hanno posto, e mi meraviglia, diciamo, che alcune di queste forze politiche non ne rivendichino il merito, lo dico con molta franchezza –, che riguarda l'utilizzo delle risorse confiscate per realizzare le bonifiche. Qui si realizza, secondo Pag. 125me, un obiettivo importantissimo, almeno dal punto di vista simbolico. Io non so quanti soldi si riusciranno a tirare fuori dalle confische per proventi derivanti da reati ambientali, ma il fatto che quei proventi siano riutilizzati per risarcire parzialmente un territorio che è stato saccheggiato da quel tipo di attività criminale, penso che sia un segnale positivo. E penso che sia un segnale che fa onore a tutto il Parlamento che ha voluto questo tipo di misura. Io devo dire che questa parte del provvedimento, questa misura l'avrei voluta dal primo momento.
  Mi sono fermato perché, devo dire, non ero arrivato a cogliere la possibilità che invece è emersa nel confronto, perché credo che il confronto in Commissione sia utile. Con una formulazione diversa da quella che poi è venuta fuori, infatti, si rischiava di intaccare il funzionamento del Fondo unico giustizia che già oggi prevede che i proventi delle confische siano utilizzati dalle forze dell'ordine nell'attività di repressione e prevenzione. Il fatto di aver staccato le due famiglie di reati, tutti gli altri, gli ecoreati, da un'altra parte, ha consentito di superare anche dei problemi che erano stati diversamente segnalati da parte della Ragioneria generale dello Stato e anche di costruire un meccanismo per cui si attua anche all'ambito penale il principio: chi inquina paga.
  Credo che sia un fatto assolutamente positivo che deriva, appunto, da un confronto in Commissione e penso che debba essere un elemento, anche in questo caso, che ci fa valutare con equilibrio questo provvedimento che non definirei davvero una vetrina. Sono io a dire che non sarà la soluzione dei mali che hanno afflitto quel territorio, perché i mali che hanno afflitto quel territorio sono la conseguenza moltiplicata dei mali che hanno afflitto il Paese e noi sappiamo come sia difficile affrontare alla radice quei mali. Tuttavia, io credo che sia una prima risposta dello Stato dopo tantissimo tempo. Non ci possiamo dispiacere del fatto che questa risposta arrivi. Potrà essere inefficace, potrà essere inadeguata, ma io non credo, come è stato detto, che sarebbe stato meglio non fare niente, perché il niente è proprio quello che, giustamente, ci rimproverate e che ci avete rimproverato fino ad oggi. Io non credo che si possa dire che sia meglio che, a fronte delle richieste dei cittadini, si dicesse, ancora una volta, non si può fare niente, non si deve fare niente. Non avremo fatto tutto quello che si doveva. Forse si potrà fare di più, ma il fatto che dopo vent'anni arrivi una risposta da parte dello Stato io credo che vada rivendicato con orgoglio. Sì, di questo sono orgoglioso, senza alcun tipo di trionfalismo. Dopo vent'anni, con tante persone che si sono girate dall'altra parte, questo Governo e anche il sottoscritto, se mi consentite, non si è girato dall'altra parte e ha provato ad affrontare il problema. Lo so che è più facile non fare niente perché si evitano le critiche; io credo, invece, che sia meglio fare, sfidando anche le critiche, soprattutto quando alcune sono, francamente, pregiudiziali e pretestuose (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 15 gennaio 2014, alle 10:

  (ore 10 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate (C. 1885-A).
  — Relatori: Bratti, per la maggioranza; De Rosa e Grimoldi, di minoranza.

Pag. 126

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Ciprini ed altri n. 1-00292, Marcon ed altri n. 1-00298, Guidesi ed altri n. 1-00303, Piso e Dorina Bianchi n. 1-00305, Martella ed altri n. 1-00310 e Zanetti ed altri n. 1-00312 concernenti iniziative in ambito europeo e nazionale per la revisione dei vincoli derivanti dal Trattato noto come «fiscal compact».

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   MADIA ed altri: Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professionisti dei beni culturali, e istituzione di elenchi nazionali dei suddetti professionisti (C. 362-A).
  — Relatore: Ghizzoni.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Gigli, Sereni, Cimmino ed altri n. 1-00254, Bobba, Luigi Cesaro, Scotto, Antimo Cesaro, Binetti ed altri n. 1-00058, Di Salvo ed altri n. 1-00295, Calabria ed altri n. 1-00297, Rondini ed altri n. 1-00304, Silvia Giordano ed altri n. 1-00306 e Dorina Bianchi e Roccella n. 1-00307 concernenti iniziative per il contrasto alla povertà.

  (ore 15)

  5. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 23,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MASSIMO FELICE DE ROSA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1885-A.

  MASSIMO FELICE DE ROSA, Relatore di minoranza. Presidente, colleghi. Primi di Novembre 2013: il M5S presenta una mozione sulla terra dei fuochi, gli altri partiti corrono ai ripari presentando mozioni analoghe.
  Dicembre 2013: il Governo italiano si accorge improvvisamente della gravissima situazione campana e sull'onda dello sdegno popolare emana un decreto sulle emergenze ambientali.
  Probabilmente anche questo passerà come un successo di capitan Letta o dell'ebetino di Firenze, sta di fatto che, come è spesso avvenuto, il M5S riesce a portare in Parlamento temi concreti, argomenti ignorati da anni nelle aule ma al massimo sbandierati a scopi elettorali nelle tv di regime.
  Avremmo voluto affrontare un decreto che parlasse di tutte le situazioni di emergenza ambientale italiane, che proponesse soluzioni generali e definitive per tutte quelle situazioni che causano danni all'ambiente e danni sanitari alle popolazioni residenti.
  Così non sarà e per l'ennesima volta si tratterà di un decreto che norma il caso specifico senza una visione generale, il solito decreto che lava le coscienze senza risolvere nulla.
  Questo decreto vuoto di contenuti è però l'unico mezzo di cui oggi disponiamo per poter migliorare la situazione dei cittadini campani e abbiamo deciso di provarci.
  Presidente, in questo decreto i contenuti ce li mettiamo noi !
  Abbiamo il dovere morale di ascoltare i cittadini e fare loro da megafono, per questo siamo andati nei territori più colpiti di Campania e Puglia, per raccogliere le richieste che venivano direttamente da quegli elettori che i colleghi degli altri partiti interpellano solo al momento del voto.
  Il lavoro in Commissione è stato immenso. Nonostante un sostanziale clima di collaborazione abbiamo sofferto un certo disagio.
  Disagio nel dover lavorare con i rappresentanti di quei partiti che per anni Pag. 127hanno gestito le regioni interessate dall'emergenza ambientale e che sono parte in causa di questa emergenza.
  Se il Pd ha colpe innegabili di connivenza con il malaffare in queste regioni, Forza Italia dà sempre il meglio presentando emendamenti di personaggi come Russo e Cesaro.
  Il Deputato Russo è stato intercettato in colloqui ambientali e telefonici con Mautone, secondo gli inquirenti vicino ai clan della zona, durante le indagini sulle ramificazioni della camorra dell'agro nolano. I Pm hanno firmato nei suoi confronti un'informazione di garanzia per violazione della legge elettorale e per concorso esterno in associazione mafiosa, poi archiviata.
  Cesaro, per gli amici Giggin’ a purpetta, è indicato dal collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo come «un fiduciario del clan Bidognetti», nell'ambito del maxi-processo per lo scandalo dei rifiuti in Campania.
  L'11 luglio 2011, Luigi Cesaro viene ufficialmente indagato per il suo rapporto con il clan camorristico dei Casalesi.
  Capisce bene Presidente che il nostro non è stato un lavoro facile !
  Abbiamo portato sul tavolo dei lavori più di 140 emendamenti, cercando di incidere su un procedimento pessimo nei contenuti.
  Molte cose sono state modificate ma ancora ci sono dei nodi da sciogliere per rendere questo decreto anche solo passabile. Ripeto passabile, perché questo decreto non è e non sarà mai per noi la giusta via per affrontare il problema campano e pugliese.
  Esatto ! pugliese.
  Perché in questo decreto troviamo anche una parte dedicata ad un altro grande disastro ambientale e sanitario, il caso Ilva di Taranto
  Si sono uniti due drammi per poi agire solo su uno e far passare ulteriori deroghe sull'altro.
  Sulla parte del decreto che riguarda appunto l'Ilva si è potuto fare ben poco, sono articoli blindati sui quali non c’è stato quasi nessun dialogo né apertura.
  Abbiamo trovato davanti a noi una maggioranza sorda che bada più ai problemi dell'azienda, commissariata da una persona inadeguata, che a quelli ambientali e sanitari.
  Tuttavia siamo riusciti a estendere lo studio epidemiologico e gli screening medici anche all'area Tarantina.
  Ormai era un dovere verso le popolazioni locali.
  Andiamo ora nel dettaglio:
  Abbiamo ottenuto la definizione di parametri precisi per la catalogazione dei terreni come food e no food. Non ci devono essere più incertezze. La catalogazione deve essere svolta con analisi e limiti di tolleranza precisi.
  Abbiamo ottenuto l'inserimento della mappatura e della caratterizzazione dei pozzi e delle acque di falda. Saranno anche qui finalmente stabiliti i parametri di legge per le acque irrigue.
  Abbiamo chiesto di far ripartire lo studio Sentieri, lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti al rischio inquinamento. Vogliamo anche l'istituzione del registro dei tumori e delle malformazioni congenite per tutte le aree sin e comunque in stato di emergenza ambientale. Abbiamo ottenuto tutto ma limitato alle aree campane e pugliesi.
  Chiediamo più informazione e trasparenza verso i cittadini.
  Siamo riusciti con alcuni emendamenti a ottenere una maggiore trasparenza e diffusione dei dati che si verranno a produrre durante le indagini ambientali.
  Si è introdotto l'obbligo da parte del ministero dell'ambiente di documentare e rendere facilmente rintracciabili le risultanze di tutti gli interventi previsti dal piano delle misure ambientali e sanitarie per l'Ilva di Taranto.
  Riteniamo che molto vada ancora fatto su altri fronti.
  Vogliamo che il coordinamento degli enti durante le operazioni di mappatura e caratterizzazione nella terra dei fuochi sia affidato al ministero dell'ambiente.
  I ministri hanno invece individuato, come ente coordinatore, l'agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea).Pag. 128
  Probabilmente è l'ultimo colpo di coda della De Girolamo !
  Questo ente-mangiatoia non ha né la mission né le competenze per questo ruolo. Se vogliamo guardare poi all'opportunità di questa scelta, per lo meno sorgono dei dubbi. Infatti parliamo di un'agenzia che ha funzionato male, commissariata fino a poco tempo fa, sotto inchiesta da parte della guardia di finanza e con a capo una persona, Giovanni Mainolfi, che è stata coinvolta nello scandalo della loggia P3 e della P4.
  Forse, Presidente, sono io a essere prevenuto !
  Perché Giovanni Mainolfi, detto o’ maresciallo, ha un curriculum impeccabile ma, almeno a leggere alcuni interrogatori inediti dell'inchiesta sulla P3 scovati da «l'Espresso», è stato assai vicino sia ad Alfonso Papa che a Pasquale Lombardi, quest'ultimo considerato dai pm di Roma uno dei vertici dell'organizzazione segreta che avrebbe cercato di pilotare appalti, sentenze giudiziarie e effettuato dossieraggi contro avversari politici.
  La persona giusta al posto giusto !
  Ma proseguiamo.
  Vogliamo che le caratterizzazioni e le mappature riguardino tutte le aree che negli ultimi 20 anni sono state agricole anche solo per un periodo. Questo per evitare di trovarci con bombe ecologiche e sanitarie ben piazzate sotto a ex terreni agricoli ora edificati. Voi vivreste in quelle case ? Chiederemo questi controlli con forza perché non intendiamo essere responsabili di altri malati e altri morti.
  I terreni no food non devono diventare facile preda del business delle biomasse. Il decreto rischia di spingere verso colture non agroalimentari che possono rivelarsi un boomerang sul lato ambientale se destinate alle agro-energie e alla chimica verde
  Abbiamo presentato emendamenti per dare forza alle proposte dei cittadini nell'ambito della commissione e del comitato che si occuperanno della terra dei fuochi
  Le discariche dell'Ilva vanno caratterizzate e devono sottostare alle normative e ai controlli senza deroghe. Basta deroghe, vogliamo controlli e sanzioni !
  I parametri che definiscono il rispetto della progressiva adozione delle misure previste dall'AIA, devono riferirsi alle prescrizioni adempiute e non alle avviate.
  Coscienti della situazione che stanno vivendo le popolazioni pugliesi e campane, abbiamo voluto dare un senso a questo decreto.
  Un decreto nato male che non condividiamo nell'impostazione ma che abbiamo cercato di rendere utile come strumento per far recepire le istanze dei cittadini.
  Molto altro sarà da discutere in aula in questi giorni.
  Questo decreto è la conseguenza del fallimento delle istituzioni locali, regionali e nazionali che negli anni sono state colluse, assenti o conniventi con la malavita organizzata e le lobby di potere.
  Non pensate che questo decreto sia una vittoria per qualcuno.
  È l'Italia intera che ha perso !
  Ha perso un'altra occasione per fare qualcosa di serio e concreto per le popolazioni di Taranto e della Campania.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Sani e a. 1-311 487 487 244 487 60 Appr.
2 Nom. Moz. Airaudo e a. 1-196 511 439 72 220 126 313 53 Resp.
3 Nom. Moz. Abrignani e a. 1-299 511 462 49 232 54 408 53 Resp.
4 Nom. Moz. Allasia e a. 1-300 510 338 172 170 20 318 53 Resp.
5 Nom. Moz. Fantinati e a. 1-301 511 441 70 221 123 318 53 Resp.
6 Nom. Moz. Benamati e a. 1-308 n.f. 514 410 104 206 320 90 53 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.