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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 124 di lunedì 25 novembre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 16.

  ENRICO GASBARRA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 novembre 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Archi, Baldelli, Berretta, Bocci, Boccia, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Fassina, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galan, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Nicchi, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 16,02).

  PRESIDENTE. Invito ora il deputato segretario di Presidenza a dare lettura del sunto delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

  ENRICO GASBARRA, Segretario, legge:
   FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:
    misure a tutela del verde pubblico (387) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    la creazione di organi di stampa di proprietà pubblica per favorire l'accesso alla professione giornalistica (388) – alla VII Commissione (Cultura);
    il completamento del collegamento autostradale tra Civitavecchia e Livorno (389) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    l'istituzione di comunità autogestite sul modello dei kibbutz israeliani (390) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    interventi a sostegno delle collaboratrici domestiche (391) – alla XI Commissione (Lavoro);
    misure a favore dei soggetti che hanno difficoltà a fronteggiare i propri debiti economici (392) – alla VI Commissione (Finanze);
    l'assunzione di esperti di medicine non convenzionali (393) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    l'adozione di nuovi equipaggiamenti per gli operatori ecologici (394) – alla VIII Commissione (Ambiente);Pag. 2
    misure per aumentare la sicurezza dei paraurti degli autoveicoli (395) – alla IX Commissione (Trasporti);
    lo stanziamento di risorse per la realizzazione di campagne archeologiche nei siti delle città dell'antichità (396) – alla VII Commissione (Cultura);
    l'istituzione di un organismo di ricerca per l'individuazione delle esigenze di intervento normativo più sentite dai cittadini, dotato di iniziativa legislativa (397) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede l'istituzione di una Commissione di inchiesta sugli errori giudiziari (398) – alla II Commissione (Giustizia);
   MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
    l'ampliamento del divieto di fumo nei luoghi pubblici e aperti al pubblico (399) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    una revisione complessiva del sistema di tassazione dei redditi (400) – alla VI Commissione (Finanze);
   FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
    nuove norme in materia di controllo dei bilanci degli enti locali da parte della Corte dei conti (401) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'istituzione della Giornata degli italiani nel mondo (402) – alla III Commissione (Affari esteri);
    misure per la tutela della qualità dei prodotti ortofrutticoli (403) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
    interventi assistenziali in favore delle vedove (404) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    misure a tutela dei cittadini, istituendo il Ministero dei cittadini, organismi comunali di rappresentanza delle categorie sociali e spazi per le pubbliche riunioni e abolendo i difensori civici (405) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    misure per assicurare che gli organi di stampa riservino maggiore spazio ai problemi dei cittadini comuni (406) – alla VII Commissione (Cultura);
    nuove norme in materia di immigrazione (407) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   TOMMASO BADANO, da Sassello (Savona), chiede la revisione dei valori posti a base delle imposte immobiliari sulle abitazioni di pregio o di lusso (408) – alla VI Commissione (Finanze);
   PAOLO PELINI, da Roma, chiede norme per la riqualificazione delle professioni di farmacista e biotecnologo (409) – alla XII (Affari sociali);
   EDOARDO MACRÌ, da Milazzo (Messina), chiede nuove norme in materia di cessione dei loculi cimiteriali (410)alla XII Commissione (Affari sociali);
   ANTONIO BOGONI, da Porto Viro (Rovigo), chiede interventi per la definizione delle transazioni relative agli indennizzi per i danneggiati da vaccini, emotrasfusioni e talidomide (411) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   ELVIO DI CESARE, da Gaeta (Latina), e numerosi altri cittadini chiedono l'istituzione di una Commissione di inchiesta sullo smaltimento illegale di rifiuti tossici in Campania e in altre aree del Paese, nonché l'individuazione dei terreni contaminati e l'avvio immediato degli interventi di bonifica (412) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
    l'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute (413)alla II Commissione (Giustizia);
    l'istituzione di un museo della memoria per gli internati militari italiani (414)alla VII Commissione (Cultura);Pag. 3
    interventi a tutela delle aree protette (415) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    iniziative per la commemorazione del centenario della prima guerra mondiale (416)alla IV Commissione (Difesa);
    misure a tutela delle persone affette da autismo e dei loro familiari (417)alla XII Commissione (Affari sociali);
    la riorganizzazione della associazione italiana della Croce rossa e del servizio di pronto intervento 118 (418)alla XII Commissione (Affari sociali);
    interventi per ridurre le tariffe dei traghetti verso la Sardegna, la Sicilia e le isole minori (419)alla IX Commissione (Trasporti);
    norme per garantire la rappresentanza degli abbonati nel consiglio di amministrazione della RAI (420) alla VII Commissione (Cultura);
    disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia (421)alla II Commissione (Giustizia).

Modifica nell'affidamento dei poteri attribuiti ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta il 22 novembre 2013, il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente ha reso noto che è stato affidato ai deputati Paolo Russo e Rocco Palese l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera, in sostituzione delle deputate Mariastella Gelmini, Renata Polverini e Lorena Milanato.

Modifica nella composizione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, in data 21 novembre 2013, il deputato Francesco Ferrara, in sostituzione del deputato Claudio Fava, dimissionario.

Discussione della mozione Sorial ed altri n. 1-00194, concernente iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo (ore 16,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Sorial ed altri n. 1-00194, concernente iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al resoconto stenografico del 20 novembre 2013.
  Avverto che sono state presentate le mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00255, Di Salvo ed altri n. 1-00256, Tinagli ed altri n. 1-00257, Gnecchi ed altri n. 1-00258, Fedriga ed altri n. 1-00259 e Pizzolante ed altri n. 1-00260 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Sorial, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00194. Ne ha facoltà.

Pag. 4

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, con la mozione di oggi noi vogliamo portare in quest'Aula uno dei problemi che, ormai da anni, assilla il nostro Paese e lo assilla soprattutto, non per quanto riguarda il termine «pensioni d'oro», ma in realtà per il fatto che, in contrapposizione alle pensioni d'oro, ci sono delle pensioni che vengono chiamate «minime», ma che in realtà sono pensioni irrisorie, sono pensioni che non possono nemmeno essere definite minime perché, con 495 euro in un mese, sfido chiunque all'interno di quest'Aula, dai deputati, ai funzionari, ai lavoratori, di dirmi come si fa a vivere in Italia, oggi, con 495 euro. È un problema, è una disgrazia. Nel frattempo, ci sono pensioni che valgono 90 mila, 70 mila, 50 mila, 40 mila euro al mese, ed è una cosa scandalosa proprio per il fatto che sono contrapposte a queste altre pensioni.
  Per l'appunto, quindi, abbiamo presentato questa mozione, che è una mozione che, dal punto vista tecnico, va direttamente a tagliare, con certe aliquote, l'ammontare delle pensioni, il totale delle pensioni che viene, in questo momento, erogato in Italia, e recupera un totale annuale di un miliardo 140 mila euro.
  Questo totale annuale che viene recuperato oggi viene redistribuito alla fascia più debole dei pensionati che vi è in questo momento in Italia, ossia la fascia dei pensionati che ricevono meno di 500 euro in un mese. Ricordo a tutti che vi è una soglia di povertà, che è di 600 euro al mese, sotto la quale si è poveri. Questi pensionati sono dei poveri ! Quindi, lo Stato, legittimamente, o secondo lo Stato in maniera legittima e lecita, continua a dare 500 euro e continua a dare una pensione che, in realtà, è la pensione della povertà, è la pensione delle persone che non ce la fanno, è la pensione dei pensionati per cui, in realtà, non vi è più il problema, come qualche anno fa, di arrivare alla terza settimana del mese. Qui vi è il problema che adesso queste persone, in realtà, non arrivano neanche alla seconda settimana. Questo miliardo 140 mila euro, suddiviso e redistribuito tra i 2 milioni 200 mila – dati che ci vengono forniti direttamente dalle istituzioni – di pensionati minimi, corrisponde a un'ulteriore mensilità che viene data ai pensionati, ossia 518 euro, subito, che possono essere dati ai pensionati; 518 euro oggi, a fine novembre, a poche settimane da Natale, quando tutti i lavoratori percepiscono, ormai da anni, una tredicesima, che poi viene usata sistematicamente per ripagare gli aumenti di tasse, per ripagare le batoste finali a fine anno. Noi, invece, qui stiamo dando una mensilità in più a delle persone che, in realtà, non ce la fanno. E quando dico che non ce la fanno, non lo dico senza alcun dato, senza alcuna informazione di base. Lo dico per il fatto che – è notizia proprio degli scorsi giorni, ma ormai è da mesi, da anni che succede – vi sono dei pensionati che sono costretti quotidianamente a rubare. Darò dei nomi a caso: Giorgio, ad Imperia, in un supermercato, ha rubato mele e noci: è stato subito denunciato dalla polizia con l'accusa di furto aggravato. Un pensionato di 64 anni ! Mele e noci che ha depositato nel sacchetto delle mele mentre pesava. Ha pesato le mele al supermercato e, prima di chiudere il sacchetto, una volta emessa l'etichetta del peso, ne ha aggiunta qualcuna. Un bottino di 4 euro ed è stato, naturalmente, denunciato dalla polizia. Ma poi vi potrò parlare di Laura, dopo Giorgio vi parlo di Laura: è una pensionata di Genova che, avvicinatasi alla cassa per pagare la spesa, aveva messo nel carrello il pane e la pasta, ma, poi, i prodotti che non si poteva permettere, tipo la carne, se li era messi all'interno del giubbotto. È uscita senza pagare la carne ed è stata poi denunciata. Un pericoloso criminale a piede libero !
  Quindi, vi ripeto, la nostra mozione, per l'appunto, ha la possibilità, oggi, di dare un po’ di sollievo a questi pensionati. Sono soldi che diamo ai pensionati minimi, che quindi li spenderebbero subito, direttamente, perché è gente che non ce la fa. Quindi, questi 500 euro verrebbero rimessi direttamente all'interno dell'economia nazionale, girerebbero.Pag. 5
  Quindi, comunque sia, si darebbe respiro a tutti, perché il problema dei pensionati è un problema che ci unisce tutti, il problema della povertà in Italia è un problema che ci unisce tutti. Infatti, se io oggi non sono povero, ma ho un negozio di frutta e verdura o ho un negozio di vendita al dettaglio e non posso andare avanti perché la gente non compra, rimettendo in circolo qualcosina, come questo miliardo 140 mila euro, si può dare sollievo a tutti.
  Ma poi il fatto è che 518 euro, per noi che siamo qui all'interno della Camera dei deputati, possono sembrare pochi. Cosa sono 518 euro in un anno ? Bene, 518 euro, in un momento in cui un chilo di pane insacchettato, al Penny Market vicino a casa mia, costa 2,65 euro o un chilo di pane, dal fornaio, arriva a costare 3 euro, non dico che mi permettono di comprare il pane, ma mi permettono di comprare gli ingredienti per fare il pane in casa. Mi permettono di comprare quel chilo di farina a 0,55 euro, sempre al Penny Market – perché vado al discount a comprare i prodotti, Presidente – o al Lidl di fianco, e il lievito di birra, che mi costa 0,60 euro.
  Con un chilo di farina, con il lievito di birra, con poca spesa per l'acqua e per l'elettricità, riesco a fare in casa due-tre chili di pane. Se poi sono virtuoso riesco a fare la pasta madre, che quindi devo coltivare all'interno di casa, mi rimane lì per giorni e ne posso fare il pane. Cinquecentodiciotto euro mi permettono a Natale – io, Nonno Mario – di poter comprare la Playmobil da regalare ai miei nipoti, se proprio voglio fare un gesto e riesco a fare questo gesto. Cinquecentodiciotto euro oggi, in questo periodo, mi permetterebbero di pagare un paio di bollette, la bolletta della corrente, due mesi di corrente – sono 40 euro per me pensionato all'interno di una casa popolare e potrei in qualche modo riuscire a pagarle – e magari pagare gli arretrati che ho tenuto in questi anni, in questi mesi, perché non sono riuscito a pagarli. Cinquecentodiciotto euro, Presidente, non servono ai pensionati per andare in vacanza adesso che arriveranno le vacanze di Natale, come molti di noi qui dentro faranno, non servono per comprarsi abiti di marca, orologi Rolex, per comprarsi penne di tutte le marche possibili e immaginabili, ma servono per andare avanti nel quotidiano. Quindi, sono 518 euro che potrebbero servire anche per le bollette del gas – supponiamo un consumo medio che si aggira attorno ai 25-30 euro –, la spesa della spazzatura. Vede, Presidente, noi oggi con questa mozione possiamo dare 518 euro, quando invece finora tutti quelli che hanno parlato di tasse, di essere sentinelle sulle tasse, tutti quelli che hanno fatto finta di essere, in qualche modo, difensori della gente, di ogni singola persona, qui dentro, ci hanno preso in giro e al pensionato oggi tocca pagare un'IMU che in realtà è la TASI, a cui poi si aggiunge la TARI, che insieme diventano TRISE e ci costano più dell'IMU.
  Oggi, in questi giorni, qui dentro, i deputati e i parlamentari che vanno in televisione a dire di difendere le tasse, poi cercano di aumentare il canone RAI di 6 euro, ossia portandolo da 113,50 a 119,50 euro. Sì, è vero, c’è l'esenzione, ma solo per gli over 75, tutti gli altri come fanno a pagarli ? E quindi qui dentro le sentinelle, quelli che dicono di essere sentinelle delle tasse, in realtà io li chiamerei solo «lucciole», perché finora hanno operato solo nell'interesse di quei pochi e fanno finta di operare nell'interesse di tanti, ma in realtà poi fanno tutt'altro.
  Quindi, mentre tutti voi, tutti qui dentro, aumentano le tasse e chiedono alle persone di pagare di più per le incompetenze di queste istruzioni e vanno in TV a raccontare palle – le uniche palle, quelle d'acciaio sono quelle che vengono raccontate in TV – e da anni si aumentano le tasse, mentre una destra parla di Berlusconi e racconta di tasse, e la sinistra parlava una volta dell'euro e di come in qualche modo avremmo vissuto tutti meglio con l'euro, ecco, ci sono persone che guadagnano novanta, cinquanta, sessanta, settantamila euro in un anno.
  Presidente, questa gente ci ha rapinato per anni indossando un passamontagna Pag. 6quando prelevava dai conti di tutti e poi mostrava le facce di plastica quando si accendevano i riflettori dei salottini in televisione. Ecco, questa gente è stata scoperta, siete stati scoperti e siete stati circondati. Noi siamo qui oggi senza passamontagna, con le nostre facce oneste e porteremo in questi giorni una maschera che vedrete tutti in questi giorni in giro, e con questa maschera vi diremo una cosa sola: noi combattiamo oggi le facce di bronzo; fuori i soldi, oppure noi ce li riprenderemo con gli interessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanni Paglia, che illustrerà anche la mozione Di Salvo n. 1-00256, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, la mozione che noi presentiamo per la votazione prova ad affrontare il tema dei livelli retributivi delle pensioni sotto quelli che riteniamo essere i due punti di vista fondamentali. Il primo è quello di chi vive con una pensione inferiore a mille euro al mese e quindi di fatto in condizione di povertà relativa. Parliamo in questo caso di oltre sette milioni di persone, cioè il 45 per cento dei pensionati totali. Fra questi si evidenziano ulteriormente i due milioni e mezzo di pensionati al minimo, quasi il 15 per cento del totale, vale a dire persone che ogni mese provano a farcela con meno di 500 euro. Stiamo parlando – è bene ricordarlo – di cifre lorde, casomai a qualcuno i pensionati italiani sembrassero ricchi.
  Se poi alziamo l'asticella a 1.443 euro – parliamo, cioè, di circa 1.200 netti, che continua ad essere una cifra che non consente, diciamo così, grandi accumulazioni –, arriviamo a oltre 12 milioni di persone, il 68 per cento del totale di chi ogni mese riceve un assegno dall'INPS, costando tuttavia al sistema solo il 42 per cento, come è ovvio, dato che parliamo di chi ha le pensioni più basse in questo Paese.
  Stiamo parlando – sempre perché sia chiaro – soprattutto dei lavoratori e delle lavoratrici italiane, di chi ha sorretto questo Paese, ne ha consentito lo sviluppo, lo ha fatto spesso a spese della propria salute e oggi ha la fortuna di poter riposare, spesso strappando, peraltro, alla propria pensione anche un sostegno a figli e nipoti. A queste persone andrebbe garantito che, almeno per chi si situa nella fascia bassa – quelli sotto i 750 euro –, ci sia un aumento delle erogazioni, e per gli altri quanto meno una difesa forte, assoluta dalla perdita progressiva di valore; fatte salve, ovviamente, eccezioni per chi possieda patrimoni o rendite che mutino significativamente la sua condizione.
  Noi abbiamo, quindi, già proposto come emendamento a più di un decreto di erogare una sorta di quattordicesima ai pensionati sotto i 750 euro al mese, un contributo straordinario di almeno 500 euro da corrispondere insieme alla tredicesima. Lo riproponiamo anche in questa mozione, e invitiamo tutta l'Aula a riflettere seriamente su quello che sarebbe un sollievo vero dato a chi ha realmente difficoltà a mantenere intatta la propria dignità, se si pensa a cosa significhi vivere con meno di 750 euro al mese. Sono letteralmente pensioni da fame, certificate come tali da qualsiasi istituto di statistica, dato che la povertà relativa è, appunto, collocata intorno ai 900 euro al mese, e quella assoluta, pur non quantificata, non è molto lontana da lì.
  Allora, io vorrei che il Parlamento, il Governo, gli organi di informazione, l'opinione pubblica, avessero lo sguardo puntato sulle condizioni di chi non ce la fa, di chi non ha nemmeno il diritto ad una vecchiaia serena, dopo aver lavorato e faticato per una vita, e si occupassero di loro, anziché presentare la questione pensionistica sempre e solo a partire dallo scandalo dei privilegi. Oggi avrei preferito che questo dibattito scaturisse da una riflessione sulle pensioni basse, molto più che da un atto d'accusa alle pensioni d'oro. Sarebbe, infatti, stato un segnale che sappiamo dove guardare in prima battuta, verso la sofferenza sociale, ed è per questo che la nostra mozione ha voluto partire da qui.Pag. 7
  Anche perché non possiamo dimenticare che la peggior riforma del secolo – lo scandalo Fornero – non solo non dà una risposta ai pensionati in condizioni di povertà, ma, anzi, li prende come modello da rendere in futuro una condizione generalizzata.
  Ci sono poche cose chiare, infatti, in un provvedimento che ha generato, ufficialmente per un errore di stima, centinaia di migliaia di esodati e che pare non sia stato nemmeno in grado di quantificare con precisione i risparmi, se è vero che dai 21 miliardi iniziali siamo passati, pare, a oltre 90. Con ciò rendendo ancor più chiara quale «rapina» si sia consumata a danno dei lavoratori italiani, cui è stato tolto in un solo colpo tempo e denaro, allungando la permanenza sul lavoro e diminuendo l'erogazione pensionistica.
  Si è terminata così la demolizione dell'impianto solidaristico del nostro sistema previdenziale, ridotto di fatto ad un sistema privato, ma senza nemmeno quegli elementi di flessibilità tipici di questo ultimo. E si è progettato scientificamente un futuro in cui, forse, continueranno ad esistere le pensioni d'oro, ma certamente, ancor più di oggi, la condizione generalizzata sarà, appunto, quella delle pensioni da fame, pensioni oscillanti fra 500 e 900 euro.
  Tutti sappiamo che questo è ciò che attende le lavoratrici e i lavoratori italiani, quando e se riusciranno a uscire indenni dal ciclo della loro vita in fabbriche ed uffici, dato il limite a cui è stata portata l'età minima per il ritiro, oltre ogni considerazione di giustizia, equità e ragionevolezza, senza nemmeno la minima considerazione per chi si è consumato in lavori usuranti. I lavori usuranti, infatti, esistono, ve lo posso assicurare, e sono molti di più di quanti possiate immaginare.
  Ma – dirà qualcuno – questo è il prezzo da pagare all'inaccettabile privilegio di una generazione che ha voluto uscire molto presto dal lavoro, magari a cinquanta anni, magari dopo soli trentacinque passati in fabbriche inquinanti e pericolose. Magari, addirittura, prepensionata, per fare fronte a crisi aziendali, ristrutturazioni di sistema, quando si trovava più normale agevolare l'uscita di un cinquantenne, che condannare un ventenne alla disoccupazione.
  Si chiamava solidarietà, e funzionava, anche perché, a quanto risulta, i conti dell'INPS hanno sempre tenuto, limitatamente almeno ai lavoratori dipendenti, per cui, tra l'altro, la «media del pollo» sull'allungamento della vita non ha mai funzionato fino in fondo, dato che in questo Paese di lavoro si muore prima e dopo l'età della pensione.
  Funzionava, tra l'altro, certamente meglio di un sistema che pretende di inchiodare le persone al posto di lavoro fino a quasi settanta anni, lasciando inoccupata un'intera generazione, con i risultati immaginabili anche in termini di produttività generale del Paese. La «stabilità del campo santo,» pare abbiano sentenziato oggi i soliti bolscevichi de The Wall Street Journal.
  Una volta che si sia partiti da qui, dalla necessità di rivedere la misura delle pensioni basse e l'età minima di pensione, allora, e rigorosamente in secondo ordine di importanza, si può parlare di pensioni d'oro, con la certezza di avere le carte in regola per parlare di giustizia e magari facendo un po’ d'ordine.
  Si era partiti, giustamente, denunciando lo scandalo di chi percepisce ogni mese decine di migliaia di euro. Giusto, che altro c’è da dire ? Poi, però, ci si era probabilmente resi conto che si trattava di poche centinaia, al limite poche migliaia, di persone, allora si è abbassata la soglia. Grillo in campagna elettorale parlava di un limite di 5 mila euro netti. Anche questo sembrava ragionevole, perché 5 mila euro netti sembrano alla maggior parte degli italiani una cifra importante. Però, chi ragiona di numeri sa che anche in questo modo, mettendo un limite a 5 mila euro netti per tutte le pensioni superiori, i risparmi sarebbero attorno al miliardo di euro l'anno. Troppo poco, per chi ancora pensa alle pensioni come possibile fonte di saccheggio. È così che ormai sulla stampa da un po’ si sente parlare di Pag. 8pensione d'oro intorno al livello dei 3 mila euro lordi, in attesa di abbassare magari ancora un po’ l'asticella.
  E allora qui – lo dico subito – cominceremmo a non esserci più, perché si deve avere il coraggio di ammettere che i privilegiati in questo Paese non sono quelli che ricevono poco più di 2 mila euro netti al mese di pensione, magari dopo aver lavorato a lungo e aver versato non pochi contributi, dato che i dipendenti versano oltre il 40 per cento della loro retribuzione lorda.
  I privilegiati in questo Paese, piuttosto, sono quel 10 per cento che detiene il 50 per cento della ricchezza nazionale, sono quelli che vivono di rendite finanziarie, tassate al 20 per cento, sono i manager strapagati, con uno dei rapporti fra retribuzione minima e massima fra le più scandalose d'Europa. I privilegiati sono i generali, che ancora godono di un'indennità aggiuntiva da invasione sovietica, e i tanti coni d'ombra dell'amministrazione pubblica e parapubblica. I privilegiati, se vogliamo, siamo noi qui dentro, molto più di quanto lo sia chi nella vita ha fatto un minimo di carriera lavorativa e sulla base di quella è stato retribuito e, di conseguenza, ha versato contributi elevati che ora gli garantiscono una buona pensione.
  Perché dobbiamo ricordare a noi stessi che è esistito un momento normale nella storia italiana, in cui il lavoro veniva retribuito decentemente, in cui esisteva un rapporto fra impegno e responsabilità e retribuzione, in cui si poteva persino pensare di poter crescere professionalmente e avere di conseguenza uno stipendio che aumentava. Ci serve ricordarlo, anche per non rassegnarci all'idea che l'unico lavoro possibile sia precario e sottopagato, o pagato per nulla, che i contributi di un Cococo o di un Cocopro debbano finire nel nulla, che quando ti viene chiesto di assumerti più responsabilità sul luogo di lavoro si debba dare per scontato che questo avverrà a fronte del nulla dal punto di vista retributivo. Perché se non lo ricordiamo, se non ricordiamo che è possibile, finiremo per accettare questa orribile normalità, che ci ha condotti dritti in una crisi nata dalla disuguaglianza.
  Allora – per finire – per noi il punto non sono solo le pensioni d'oro. Per noi il punto vero è un sistema fiscale passato da un rapporto fra aliquota minima e massima da 1 a 7 a 1 a 2 dagli anni Ottanta ad oggi. Ragioniamo di questo: tra poco il nostro Parlamento discuterà del nostro progetto di legge sui compensi massimi, di come rendere nuovamente progressivo il nostro sistema fiscale e di quanto debba essere l'aliquota per chi guadagna ogni mese decine di migliaia di euro, indipendentemente dalla fonte. Noi pensiamo debba essere molto alta, sia esso un pensionato o sia un dirigente in servizio. Se avremo il coraggio di fare questo, di ragionare a 360 gradi di uguaglianza, solidarietà e progressività, possiamo stare certi che non incapperemo in nessun problema con la Corte costituzionale. Anzi, magari scopriremo che la Costituzione è dalla nostra parte.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso, che illustrerà la mozione n. 1-00257, di cui è cofirmatario.
  Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, non tornerò sull'analisi della situazione delle pensioni basse, che è stata già illustrata dal collega del MoVimento 5 Stelle, e sulle disparità e i problemi sociali che ne derivano. Vorrei solo fare delle considerazioni sul perché fino ad oggi non si è intervenuti. Non credo che si possa dare la colpa ai Governi, nel senso che gli ultimi Governi – il Governo Berlusconi, prima, il Governo Monti, poi, e anche il Governo attuale – degli interventi hanno tentato di farli. I tentativi si sono, però, quasi sempre fermati in Parlamento e, poi, quando sono riusciti a superare il vaglio parlamentare, si sono fermati davanti alla Corte costituzionale.
  Il motivo del mancato successo dei tentativi è stato la famosa questione dei diritti quesiti di cui si sente parlare continuamente, Pag. 9che è uno spauracchio che viene agitato sempre, ogni volta che si tenta di toccare situazioni di privilegio consolidato. Nel caso delle pensioni d'oro questo è particolarmente evidente.
  Ora, il problema è che questa nozione, la nozione della intangibilità dei diritti quesiti è una nozione che è nata in un contesto totalmente diverso, quando si trattava di tutelare parti deboli (dipendenti, pensionati) da interventi che andavano a ledere dei diritti, delle conquiste sociali che erano stati faticosamente ottenuti.
  È abbastanza paradossale che un istituto, o meglio una nozione che è nata con questa finalità sia diventata uno strumento di tutela di alcuni evidenti privilegi, soprattutto quando le pensioni altissime sono il frutto di un sistema retributivo e, magari, di pochi mesi di attività svolta con uno stipendio molto alto. Ed è abbastanza paradossale che da questo sia scaturita una giurisprudenza che ha portato alla dichiarazione di incostituzionalità di alcuni interventi che sono, invece, semplicemente finalizzati a ribilanciare la situazione.
  Ora, con tutto il rispetto per la Corte costituzionale, credo che questo sia un tema abbastanza generale. Si tende oggi a interpretare i principi che sono nella Costituzione in maniera piuttosto conservatrice senza guardare alle loro origini e senza soprattutto guardare molto ai diritti quesiti più importanti che ci sono, che sono quelli che nascono dalla stessa Costituzione: il diritto a una pensione dignitosa, il principio di eguaglianza, il diritto al lavoro. Sono tutti concetti che sono previsti dalla Costituzione, sono diritti che tutti noi acquisiamo quando nasciamo e che oggi sono messi in dubbio, sono danneggiati, sono pregiudicati spesso da dei privilegi che, paradossalmente, finiscono per essere tutelati da questo generico principio del «non si può cambiare la situazione perché c’è un diritto acquisito».
  In realtà, nella storia della nostra Repubblica, quello che è successo è che alcune categorie sono rimaste indietro e di diritto non ne hanno acquisito nessuno. E, oggi, il compito del Parlamento e credo anche della Corte costituzionale è quello di rendersi conto che il nostro Paese, negli ultimi anni, ha scavato un enorme fossato tra chi quei diritti li ha effettivamente acquisiti e si trova in condizioni di privilegio e chi quei diritti non ha.
  Noi di Scelta Civica per l'Italia pensiamo che questa situazione vada cambiata. Siamo nati per scardinare il sistema dei privilegi e per andare a tutelare chi un lavoro non ce l'ha di fronte a chi magari ce l'ha e lo vede eccessivamente tutelato, così come chi ha una pensione bassissima, a fronte di chi vede tutelato un diritto a una pensione alta e antistorica, in un momento nel quale tutti noi avremmo il dovere di contribuire in uno spirito di solidarietà al benessere degli altri. Ecco, credo che tutto il nostro sistema dovrebbe evolversi: partire dai principi costituzionali per arrivare a concludere che quei principi sono prevalenti rispetto ad un principio, quello della tutela dei diritti, che è sicuramente importante, ma che non è confrontabile con il diritto al lavoro o il diritto a una pensione dignitosa e con il principio di uguaglianza.
  Penso che la stessa Corte costituzionale, che ha detto varie volte che si possono toccare direttamente i diritti e le pensioni, anche retroattivamente, per motivi di bilancio, dovrebbe forse valutare il fatto che i motivi di bilancio sono sicuramente meno importanti nella nostra Costituzione della dignità della persona e che, quindi, è necessario in questa fase che chi ha di più contribuisca. Infatti, oggi l'emergenza non è quella tutelare i diritti quesiti: l'emergenza è quella di tutelare chi diritti quesiti non ne ha e questo è sicuramente un principio che la nostra Costituzione impone (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gnecchi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00258. Ne ha facoltà.

  MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, essendo oggi il 25 novembre parto, ovviamente, dal ricordare che si celebra la Pag. 10giornata internazionale contro la violenza sulle donne e, quindi, colgo l'occasione di dire anche in quest'Aula che oggi vogliamo veramente pensare a questo. Prendiamo atto anche della disponibilità e dell'iniziativa di Laura Boldrini, delle ore 17 di oggi pomeriggio: deputate leggono «Ferite a morte». Quindi, ricordiamo anche questa iniziativa della Camera. Mentre noi siamo qui a parlare di pensioni d'oro, quindi, mi sembra e ci sembra molto importante, ovviamente, anche ricordare il fatto che oggi questa è l'iniziativa. E vale anche la pena, forse, di ricordarci tutti insieme in questa Camera che si tratta sicuramente di un tema importante. Se pensiamo, infatti, che, su dieci donne uccise nel nostro Paese, sette avevano chiesto aiuto e, quindi, avrebbero potuto essere aiutate, ci sembra importante ricordare che, il 28 maggio 2013, il Parlamento ha approvato la cosiddetta Convenzione di Istanbul, che è il primo trattato internazionale sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne.
  Il 4 giugno la Camera ha approvato all'unanimità la mozione contro il femminicidio e il 9 ottobre 2013 il Parlamento ha approvato la legge contro il femminicidio, un primo passo avanti nelle politiche di contrasto alla violenza, e purtroppo secondo i dati ONU quella di genere è la prima causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni. Allora siccome a volte ci si dice che non facciamo niente in questo Parlamento e, oggi che tristemente si vuole ricordare e si vuole far presente che esiste questo fenomeno, mi sembra anche importante dire e ricordare che comunque questo Parlamento ha lavorato insieme cercando anche di migliorare le proposte del Governo e ha comunque cercato di fare un passo avanti su questo tema.
  Adesso ovviamente vado alle nostre mozioni, e però parto anche su questo, dalle donne, proprio perché mi sembra importante ricordarlo, e lo dico ovviamente in particolare al Ministro Giovannini, che quando si dice che bisogna stare attenti a non modificare troppo o a non stravolgere la «manovra Fornero», ci accorgiamo però che ancora questa non è conosciuta approfonditamente da tutti. E cito a questo proposito un comma in particolare, il comma 7 dell'articolo 24 del decreto-legge «salva Italia»; qui si è detto che bisogna pensare alle pensioni basse, cosa che condivido totalmente, poi ovviamente che dobbiamo cercare di riuscire a bloccare le pensioni alte o ad avere comunque un contributo di solidarietà dalle pensioni alte, però ci tengo veramente a dire, visto che la stampa non lo riporta e in nessun talk show lo sentiamo dire, e mai neanche in questa Aula lo si dice e lo si ripete, che il comma 7 dell'articolo 24 prevede che se la pensione non supera di almeno una volta e mezzo l'assegno sociale – e attualmente l'assegno sociale è sotto i 400 euro e quindi una volta e mezzo è 600 euro – si va in pensione a 70 anni; quindi, ribadisco, attualmente il comma 7 dell'articolo 24 della legge 214 del 2011, prevede che si vada in pensione a 70 anni, se appunto non si supera di una volta e mezzo l'assegno sociale.
  La pensione di vecchiaia delle donne in questo paese è di 446 euro medi. Noi sappiamo che tra una donna nata tra il 31 dicembre 1951 e il primo gennaio del 1952 – proprio perché non è stata prevista nessuna gradualità nella «manovra Fornero», che porterà ad un risparmio, leggendo gli studi attuariali dell'INPS, dal 2012 al 2021 di 80 miliardi, e 8,8 miliardi sono di risparmio dal 2012 al 2018, sull'innalzamento della pensione di vecchiaia delle donne – la norma comporta che per quella donna nata nel 1952, con 546 euro al mese per 13 mensilità per 5 anni che dovrà aspettare, è come se quella singola donna pagasse al debito pubblico 40.000 euro.
  Allora, come mi sembra evidente, posso partire da questo per ricordare che la «manovra Fornero», e la normativa sulle pensioni in generale, hanno una connotazione di discriminazione notevole nei confronti delle donne, e che quindi, oltre al femminicidio, esiste anche, ovviamente, una condizione di difficoltà di vita, di lavoro e di autonomia per le donne.
  Occorre modificare alcune storture o alcune cattiverie, come abbiamo visto per Pag. 11il problema legato ai congedi parentali, al non riconoscimento come prestazione effettiva di lavoro dei congedi parentali che, invece, con l'aiuto anche del Ministro Giovannini e con l'aiuto del Ministro D'Alia, siamo riusciti a mettere nella conversione in legge del decreto-legge sulla pubblica amministrazione, quindi i congedi parentali sono riconosciuti come prestazione effettiva di lavoro; invece non ci siamo ancora riusciti rispetto ai congedi per disabilità, per riconoscere anche quelli come prestazioni effettive; inoltre, ci rendiamo conto, ovviamente, che le donne non hanno retribuzioni alte, hanno retribuzioni più basse degli uomini, in modo significativo, hanno periodi discontinui di lavoro, è difficile che una donna possa aspirare alla pensione di anzianità; aspirava alla pensione di vecchiaia e adesso la facciamo aspettare cinque anni di più. Per di più, tra le righe, quasi senza che nessuno se ne accorga, se rimane quel comma 7, la stragrande maggioranza delle donne andrà in pensione a settant'anni.
  Siccome ci accorgiamo che la gente vive e si accorge delle situazioni gravi e dei danni a proprio carico nel momento in cui va a fare domanda di pensione, questo non è ancora balzato agli onori della cronaca; tuttavia, noi qui lo vogliamo dire; così come non condividiamo affatto lo scontro generazionale che si sta alimentando tra le pensioni retributive e le pensioni contributive. La legge n. 335 del 1995 ha previsto gradualmente il passaggio al contributivo e ha previsto che il calcolo retributivo venisse fatto tenendo in considerazione gli ultimi dieci anni di lavoro; così era già migliorata questa situazione con la cosiddetta legge Amato del 1992 e così già nel 1992 si era innalzata di cinque anni l'età per la pensione di vecchiaia delle donne e l'età per la pensione di vecchiaia degli uomini, passando rispettivamente da 55 a 60 e da 60 a 65 e la pensione di anzianità da 35 a 40, ma sempre con gradualità. Quando con la legge n. 335 del 1995 si è pensato al contributivo, poi c’è stata la legge n. 247 del 2007, il famoso protocollo del welfare o «riforma Damiano», che ha previsto esplicitamente che i coefficienti per il calcolo contributivo dovessero garantire un tasso di sostituzione del 60 per cento, quindi, ciò vuol dire che il passaggio dalla retribuzione alla pensione dovesse coprire, almeno, il 60 per cento della retribuzione, per permettere ai lavoratori e alle lavoratrici di andare in pensione e di poter vivere con la pensione. I coefficienti però, nei due cambiamenti che ci sono stati, sono stati addirittura peggiorativi, proprio perché il PIL, purtroppo, non è in crescita e perché stiamo vivendo un dramma sociale: la crisi economica come dramma sociale per tutti, per i disoccupati, per chi non riesce a trovare lavoro se viene licenziato, per le donne che hanno ancora un tasso di occupazione assolutamente troppo basso nel nostro Paese e, anche, di conseguenza, un peggioramento nel calcolo della pensione contributiva.
  Allora, quello che noi diciamo, in sostanza, è che bisogna occuparsi delle pensioni dei giovani e delle future pensioni; noi ne siamo assolutamente convinti. Siamo, però, anche convinti che la pensione di anzianità sarebbe andata a morire da sola, perché noi che abbiamo sessant'anni oggi, abbiamo iniziato a lavorare a vent'anni – e c’è gente che ha sessant'anni oggi e ha iniziato a lavorare anche a quindici anni – la stragrande maggioranza di noi ha anche potuto scegliere, quaranta, quarantacinque anni fa, che lavoro fare e ha anche potuto cambiare lavoro, per poter cambiare in meglio, mentre adesso noi vediamo che i giovani iniziano sempre più tardi un lavoro, un lavoro con regolare contratto di lavoro, con regolare retribuzione, con regolare contribuzione.
  Ormai abbiamo le partite IVA «spintanee», che quindi sono partite IVA incentivate da chi spinge perché un lavoratore apra una partita IVA per poter avere un costo inferiore. Quindi non sono proprio partite IVA spontanee aperte per svolgere un lavoro autonomo che contribuisca a realizzare un progetto di sé nella vita, ma spesso sono scelte obbligate per poter avere un lavoro. Quindi, è evidente che le pensioni andavano a morire da sole, Pag. 12perché se uno inizia a lavorare o ad avere una regolare contribuzione a trent'anni, i vecchi quarant'anni ai quali eravamo tanto affezionati, li raggiunge a settant'anni, e quindi ancora ce la fa ad andare contemporaneamente in pensione di vecchiaia. Quindi, non occorreva abrogare così drasticamente e senza gradualità le famose quote, perché tanto sarebbero andate a morire da sole; invece serve pensare alla modifica dei criteri per i coefficienti per la pensione contributiva, perché è evidente che con la pensione bisognerà vivere.
  Quindi andiamo a dire quante sono nella sostanza le pensioni di cui parliamo, perché è da agosto che noi continuiamo a leggere sui giornali cifre incredibili rispetto ai possibili risparmi sulle pensioni d'oro. Sappiamo poi che l'INPS si ritrova adesso costretta, dopo la sentenza della Corte costituzionale, a restituire il contributo di solidarietà, perché la Corte lo ha ritenuto incostituzionale, quindi illegittimo, e quindi l'INPS deve restituirlo, e ci ritroviamo a vedere che nella realtà la restituzione di quel contributo di solidarietà è rappresentato veramente da pochi milioni di euro. Ovviamente sono interessanti anche pochi milioni di euro, per carità, poi è interessante comunque che esista un contributo di solidarietà. Ma se pensiamo che l'INPS ha un tetto pensionistico – cioè, l'assicurazione generale obbligatoria e l'INPS hanno un tetto sopra il quale comunque non si andrà a prendere una pensione, ed è un tetto che è sotto i 100 mila euro – esiste quindi già un limite sopra il quale non si può andare, però sappiamo che non esiste solo l'assicurazione generale obbligatoria e non esiste solo l'INPS. Certo, se pensassimo che tutti si debbano comportare come l'INPS, già ci sarebbe una regola vera e valida per tutti.
  Però, andiamo a vedere quante sono le pensioni, e lo vediamo dal casellario centrale dei pensionati, quindi di tutti i pensionati, non solo dei pensionati INPS. Fino a 1.443 euro il numero dei pensionati è pari a 11.290.991: ben il 68,29 per cento dei pensionati. Quindi fino a 1.443 euro, quindi fino a tre volte il famoso trattamento minimo, abbiamo il 68 per cento dei pensionati. Da 1.443 euro a 2.405 euro abbiamo 3.813.942 pensionati, quindi il 23 per cento. Quindi, il 91 per cento di tutti i pensionati – da casellario centrale dei pensionati – prende meno di 2.405 euro lordi al mese. Quindi è evidente che in questo Paese abbiamo un problema reale di 11 milioni di persone che vivono con una pensione fino a 3 volte il trattamento minimo, quindi fino a 1.400 euro al mese; quindi abbiamo un problema reale di pensioni basse alle quali dobbiamo ovviamente pensare, perché su 16.533.152 pensioni in tutto, ben 11 milioni sono fino a 1.443 euro.
  Dopodiché abbiamo pensioni alte. Però anche su questo vale la pena di dire un po’ di numeri, visto che, comunque, saranno poi riportati su carta e, quindi, uno può guardarseli tranquillamente in modo dettagliato e soprattutto rifletterci. Da 10.101 euro al mese a 10.500 euro, quindi da 10.000 a 10.500 euro, abbiamo 1.489 pensionati in tutto: è lo 0,0090 per cento.
  Da 10.580 a 11.063 euro abbiamo 1200 pensioni: è lo 0,0073. Da 11.000 a 11.544 – non andrò poi avanti fino a dirveli tutti – abbiamo 1.172 persone fisiche, che sono lo 0,0071 per cento. Abbiamo anche ben 291 persone – quindi 291 persone – che hanno oltre 24 mila euro al mese.
  Allora è evidente che siamo assolutamente convinti che si debba agire in generale sulle pensioni. Siamo convinti che il criterio dell'INPS sia un criterio giusto, cioè individuare comunque un tetto pensionistico sul quale attestarsi, sul quale versare i contributi ma anche che garantisca la misura della pensione.
  Infatti, ad esempio, vorrei sottolineare anche un altro aspetto che non viene mai riportato ma ci tengo a sottolinearlo rispetto alla manovra Fornero, perché comunque la Ministra Fornero era ed è una docente universitaria. I docenti universitari possono lavorare fino a 70 anni. I medici, i primari medici e i dirigenti medici, possono lavorare fino a 70 anni. Alcune categorie possono lavorare fino a 70 anni. Sono le categorie che riusciranno ad avere il calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011 e la norma generale, che Pag. 13esisteva fino alla manovra Fornero, era il limite di 2080 settimane contributive sulle quali si potesse calcolare la pensione, quindi quarant'anni. Se uno lavorava 45 anni, la pensione gli veniva calcolata comunque su quarant'anni di lavoro.
  Con l'introduzione del contributivo, ad oggi, quindi dal 1o gennaio 2012, chi andrà in pensione a settant'anni può avere quarant'anni di contributi al 31 dicembre 2011 perché gli vengono considerati totalmente e al 31 dicembre 2011 aveva magari sessant'anni e poteva avere 2080 settimane di contributi con il riscatto del periodo di laurea eccetera, eccetera. E poi, in aggiunta, avrà anche dieci anni di pensione contributiva, di calcolo contributivo.
  Allora quello che veramente dico in quest'Aula è che bisogna ripensare complessivamente a tutto. Noi siamo disponibili e interessati a trovare ovviamente una formula per riuscire ad ottenere un contributo di solidarietà dalle pensioni alte, tuttavia vogliamo che questo contributo vada sul serio a favore dei giovani e, quindi, per migliorare i coefficienti di calcolo ma vogliamo anche che gli orrori della manovra Fornero, una volta e mezzo l'assegno sociale altrimenti si va a settant'anni o la garanzia soprattutto per quelli privilegiati reali che possono lavorare fino a settant'anni...

  PRESIDENTE. Onorevole Gnecchi, concluda.

  MARIALUISA GNECCHI. ...mentre nelle aziende private di sicuro non ci arrivi e, anzi, vieni licenziato molto prima, che non abbiano addirittura dei miglioramenti stratosferici grazie a quella che era stata una manovra di risparmio contro le donne, contro i lavoratori...

  PRESIDENTE. Onorevole Gnecchi, deve concludere.

  MARIALUISA GNECCHI. ... e che ha messo veramente in crisi troppi lavoratori e troppi lavoratrici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti del primo circolo «Santucci» di Perugia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi che illustrerà anche la mozione n. 1-00260, di cui è cofirmataria.
  Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, il tema delle pensioni nel nostro Paese ha da tempo assunto un ruolo prioritario tra i problemi da risolvere con immediatezza, sia per quanto riguarda la salvaguardia dei diritti di chi ha già lavorato per tanti anni della propria vita, sia per assicurare, o almeno cercare di farlo, i diritti di quanti oggi si chiedono se mai riusciranno ad avere il diritto ad un trattamento pensionistico in futuro. Il problema senza ombra di dubbi è complesso, ha molte sfaccettature e, soprattutto, rischia di allargarsi sempre di più se non si arriva ad una soluzione che pensi a tutti, anziché salvaguardare una parte della società a scapito di un'altra parte.
  Il problema è proprio questo: il problema è, onorevoli colleghi, che bisogna attuare una soluzione che risolva e risponda alle criticità pensionistiche di una fetta della nostra società ma, contemporaneamente, non vada a ledere i diritti, acquisiti in anni di lavoro, appartenenti a cittadini di altri settori della nostra società: è chiaro a tutti che, in termini come questi, il problema, anziché risolto, si ritroverebbe soltanto spostato di posto, con un inevitabile accrescimento del malcontento tra la cittadinanza che già oggi tocca livelli preoccupanti.
  Una riforma seria del sistema pensionistico, invece, dovrebbe guardare non soltanto al fattore della solidarietà tra classi pensionistiche agiate e meno agiate, ma anche e soprattutto ad un fattore di giustizia che forse, a mio parere, troppo volte viene inspiegabilmente accantonato o, peggio, ignorato nei dibattiti relativi alle materie di cui oggi, in questa sede, parliamo.Pag. 14
  Il Paese ha urgentemente bisogno di una riforma del sistema previdenziale di natura organica che miri, nel più breve tempo possibile, a conciliare i criteri della sostenibilità finanziaria e quelli, altrettanto importanti, della sostenibilità sociale.
  Se, da una parte, l'allungamento della vita lavorativa può essere giudicato in maniera positiva perché direttamente legata all'allungamento delle prospettive di vita in generale, dall'altra esso ha direttamente ed indirettamente comportato nuovi elementi di riflessione ed anche di preoccupazione sociale.
  È impossibile negare che ormai si è giunti ad un punto in cui l'inclusione di molte persone adulte nel mercato del lavoro risulta essere di difficile attuazione. Le cause di questa difficile integrazione lavorativa possono andare dalla crisi economico-finanziaria che il nostro Paese sta vivendo in questi anni, alla effettiva debolezza dei servizi di formazione e ricollocamento; alle dinamiche retributive legate prevalentemente all'età che, inevitabilmente, conducono all'impoverimento di persone senza lavoro, senza prospettive di pensione futura e senza sussidio.
  Siamo ormai giunti ad un punto della nostra storia in cui, alle disuguaglianze prodotte in epoche passate, ve ne sono aggiunte altre addirittura all'interno delle stesse generazioni, con interessamento sia del calcolo della prestazione che dell'età pensionabile.
  Un altro degli aspetti più spinosi legati al sistema pensionistico in Italia è costituito dalla pressione fiscale cui il sistema pensionistico è sottoposto, ma nulla ci vieterebbe di parlare di una vera e propria penalizzazione fiscale. Basta considerare che da noi i pensionati, a differenza degli altri pensionati europei, subiscono la pressione fiscale sia in fase di accumulo, ovvero quando essi hanno lavorato e pagano i contributi, sia quando effettivamente riscuotono la loro pensione, al raggiungimento dell'età consentita.
  Volendo produrre qualche esempio, posso far notare come un pensionato medio italiano paghi 4.000 euro di tasse contro i 39 euro di un pensionato tedesco; i pensionati italiani pagano il 20,73 per cento di imposte contro il 9,5 per cento dei pensionati spagnoli, un divario questo che diventa triplo se confrontato con i pensionati inglesi e quadruplo se confrontato con i pensionati francesi.
  Insomma, la questione della pressione fiscale cui sono sottoposti i pensionati in Italia è più che mai centrale ed essenziale nel tentativo di giungere ad un sistema pensionistico in grado di soddisfare tutti, senza che qualcuno ne resti ingiustamente penalizzato.
  Occorre introdurre flessibilità nel sistema previdenziale, finanziariamente sostenibile, in modo da consentire, a determinate condizioni di età anagrafica e contributiva come di prestazione, l'accesso anticipato alla pensione e da offrire più possibilità di versamento volontario, correlate alla logica contributiva, anche utilizzando il trattamento di fine rapporto per il recupero del periodo di laurea o di periodi non lavorati.
  Vi sono da considerare in questo contesto, senza per questo sollecitare conflitti tra generazioni che hanno vissuto condizioni completamente diverse e senza produrre radicali cambiamenti nelle legittime aspettative indotte dalle regole del passato, modalità di concorso solidale agli obiettivi di cui sopra da parte dei percettori di prestazioni più favorevoli o per metodo di calcolo o per età di accesso alle prestazioni stesse, con particolare attenzione a quelle provenienti da fondi speciali che hanno goduto di un rapporto particolarmente conveniente con le contribuzioni versate. Ed è questo che noi chiediamo con la mozione presentata dal Nuovo Centrodestra.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il problema della previdenza nel nostro Paese – si può definire «croce e delizia» – esiste veramente da tanto tempo ma mai come in questo periodo e in questi ultimi anni è stata fin Pag. 15troppo evidente, in un quadro che risulta grosso modo dalle mozioni che sono state presentate dai colleghi ma soprattutto anche dagli interventi, una grande sperequazione, una sperequazione e una disuguaglianza di trattamento senza precedenti per un numero enorme, milioni di persone che hanno lavorato e che adesso si ritrovano nella situazione di un compenso previdenziale e pensionistico totalmente irrisorio e insufficiente.
  Non solo, c’è il problema del contesto, cioè della crisi economica che ha ulteriormente aggravato la situazione che si è venuta a creare, e mi riferisco, soprattutto per il presente, ma anche per la proiezione futura della previdenza di milioni anche qui di soggetti, di grandi platee di cassintegrati, gente cioè che ha perso il lavoro e che forse non riuscirà più a inserirsi nel ciclo del lavoro, che si aggiunge all'altro evento che ha inciso in maniera determinante sull'impoverimento: l'introduzione dell'euro ha portato tanti benefici al nostro Paese dal punto di vista della finanza pubblica e del contenimento rispetto all'enorme stock di debito che esiste nel nostro Paese, ma il dimezzamento del potere d'acquisto di milioni e milioni di persone, soprattutto cioè di pensionati, ha inciso in maniera considerevole sia per le pensioni minime ma anche per quelle grosso modo di livello medio, dimezzandone il potere di acquisto e creando veramente una situazione di grande difficoltà che è stata ulteriormente aggravata dal far west dei costi dei servizi a domanda individuale, soprattutto per lo smaltimento dei rifiuti, che viene anche aggravato a livello locale oltre alla tassazione di carattere generale.
  Noi per principio siamo sostanzialmente contrari come Forza Italia a determinare l'entrata in vigore di nuove regole sui diritti di cittadinanza; non si tratta di una situazione di diritti acquisiti, si tratta solo ed esclusivamente del fatto che, se bisogna determinare nuove regole, queste dovrebbero valere dal momento dell'entrata in vigore di una legge, mi riferisco in particolare, anche in questo caso, all'articolo 25, comma 2, della Costituzione. Questo principio chiaramente si irradia e va a cascata su tutto e su tutti, a cominciare da uno strumento: dopo essere stato abbandonato per anni, viene rispolverato lo statuto del contribuente. D'altro canto, la Corte costituzionale negli anni e a varie riprese si è spesso e ben volentieri pronunciata sugli interventi del Parlamento.
  Di recente, vi è stata la sentenza n. 116 del 2013, depositata il 5 giugno, dalla quale il meccanismo relativo al Fondo di solidarietà, che era stato individuato con la legge n. 111 del 2012, è stato dichiarato incostituzionale.
  A distanza di pochi mesi, bisogna stare attenti a non riproporre gli stessi meccanismi in ordine ad un problema che esiste: il problema esiste, non può essere sottovalutato, va affrontato e non c’è dubbio che determina alcune situazioni. Va affrontato nella maniera giusta per evitare anche un conflitto che noi potremmo di nuovo instaurare tra poteri dello Stato, tra Parlamento e Corte costituzionale.
  Io penso che qualsiasi intervento – questo è chiaro – sulle pensioni più basse... Io ritengo che l'ultimo incremento che c’è stato fu di uno dei Governi di Berlusconi sulle pensioni minime, poi dopo, per varie situazioni e soprattutto per motivi di finanza pubblica, non ce ne sono stati altri, ma occorre anche trovare in maniera inequivocabile la copertura finanziaria anche perché, secondo me, non valutando in maniera totalmente pertinente, la Corte costituzionale ritiene sovraordinato il principio della tutela dei conti pubblici e del bilancio della Repubblica rispetto a tutto il resto.
  Le sentenze che ci sono state della Corte costituzionale sono coerenti con i principi della previdenza attualmente in vigore, come il principio di proporzionalità. Qui si tratta di trovare il meccanismo all'interno del quale cercare di individuare un sostanziale equilibrio globale tra le pensioni minime e quelle massime, le cosiddette pensioni d'oro. I principi sono l'ammontare dei contributi versati, la durata dei versamenti e il periodo di godimento della pensione stessa in relazione all'aspettativa di vita.Pag. 16
  Nel corso degli anni, questi principi sono stati purtroppo applicati in misura difforme nel tempo e nello spazio, cioè, non solo per gli interventi che il Parlamento ha effettuato nei termini previdenziali stretti, di merito, ma anche per le situazioni esterne, ad alcune delle quali facevo poco fa riferimento.
  In effetti, si inizia a parlare seriamente di previdenza: gli interventi sulla previdenza sono stati veramente tanti negli ultimi anni. Intanto, la legge delega n. 421 del 1992 del Governo Amato, anche allora, per motivi di finanza pubblica: ci fu una crisi enorme dal punto di vista della finanza pubblica che il Paese attraversò e si procedette alla riforma della previdenza, alla riforma della finanza locale, alla riforma del pubblico impiego e alla riforma sanitaria.
  Da qui, poi, scaturì il decreto legislativo n. 503 e, per la prima volta nella storia repubblicana, si interviene: addirittura, nell'ultimo periodo di presidenza del consiglio di Aldo Moro, parlo del 1977. Moro, all'epoca, da Presidente del Consiglio, denunciò l'esistenza di un problema dal punto di vista della previdenza nel nostro Paese perché disse che nel mondo, solo in Italia, si poteva andare all'epoca in pensione indipendentemente dall'età. Quindi, la legge n. 421 del 1992 ed il decreto legislativo, per la prima volta, aboliscono le cosiddette pensioni baby e c’è l'innalzamento anche dell'età.
  L'altra riforma molto importante per il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo è quella del 1995 di Dini. Ci sono stati poi ulteriori interventi, non per ultimo quello di Sacconi relativo allo scalone, l'abrogazione dello stesso scalone successivamente, per poi arrivare alla riforma Fornero, che a regime, cioè negli anni, dovrebbe produrre, rispetto al sistema precedente, dal punto di vista contabile, un risparmio, secondo gli specialisti e le analisi, di 80 miliardi di euro.
  E quindi è fin troppo evidente che, davanti a una situazione del genere, interventi diretti sulla previdenza – questi che ho elencato, ma ve ne sono anche degli altri, perché poi bisogna aggiungere le interpretazioni, le circolari dell'INPS, dei vari enti previdenziali e quant'altro vi è stato – e fattori esterni hanno determinato una serie enorme di contraddizioni e di squilibri.
  Quello principale, dovuto a una serie di situazioni, è il forte squilibrio generazionale, che è la preoccupazione più forte. Noi stiamo parlando, adesso, della riduzione delle pensioni d'oro e quant'altro, cercando di dare segnali sulle pensioni minime, ma il problema è: i giovani attuali, le generazioni successive alla nostra, avranno la possibilità, con questo sistema, di avere un giorno la pensione, in un contesto in cui ormai è già un miraggio avere la possibilità di avere un lavoro a 40 anni ed è difficile averlo anche prima ?
  In più vi sono anche altri indicatori pesantissimi. Uno è l'invecchiamento della popolazione, a differenza di anni fa, e l'altro è, ahimè, anche il decremento delle nascite, che interviene. Noi, quindi, davanti ad una situazione molto ma molto complessa, con un'apertura convinta sul fatto che bisogna cercare di fare qualche cosa, soprattutto per le pensioni minime, perché si inseriscono in un contesto di povertà molto grave e di sofferenza molto marcata, non siamo contrari a che ci possa essere una revisione anche abbastanza sostanziale, ma su una base sistemica.
  Non possiamo passare da quando c'era il Ragioniere dello Stato, professor Andrea Monorchio, con la famosa «gobba» che ci mise in allarme tutti, a vari interventi a foglia di carciofo, per poi determinare la situazione che noi abbiamo ottenuto rispetto a quella attuale. Abbiamo avuto una riforma delle pensioni italiane che, rispetto al contesto europeo, mi sembra anche abbastanza profonda, mi sembra «a tenuta», se comparata con gli altri Paesi europei. Dovremmo avere attualmente un surplus addirittura di 3 miliardi di euro, fermo restando che lo Stato, per i propri dipendenti – mi riferisco all'INPDAP – sarebbe pure necessario che provvedesse a versare i contributi, perché, altrimenti, vi sono questi malintesi, che sono stati poi Pag. 17chiariti, in riferimento ai 10 miliardi sì-10 miliardi no tra INPS e INPDAP al momento dell'unificazione e quant'altro.
  Ma se noi dobbiamo valutare l'analisi giusta, noi siamo in un contesto di un surplus di oltre 3 miliardi, secondo i dati. Quindi, ritengo, in conclusione di questo mio intervento, che il contributo di solidarietà, così come determinato dalla Corte in termini di eccezionalità, di temporaneità e di ragionevolezza, vada già affrontato, ma in un contesto in cui anche il Governo dovrebbe mettere mano seriamente all'intero sistema, per avere un equilibrio e un'uguaglianza non solo rispetto alla situazione attuale, ma, soprattutto, in via prospettica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, colleghi, le pensioni d'oro sono, forse, una delle realtà più insopportabili dal punto di vista economico e morale che questo Paese conosca. L'esistenza di un divario così abissale tra chi, dopo 40 anni di duro lavoro, percepisce un sussidio da fame e chi, magari dopo pochi anni di attività da colletto bianco, intasca ogni mese un vero e proprio patrimonio rappresenta una lacerazione tanto profonda del tessuto collettivo da mettere a rischio la stessa tenuta del sistema Paese.
  Per questo, per noi del MoVimento 5 Stelle affrontare questo tema con determinazione è naturale, prima ancora che doveroso. Non potete certo dire altrettanto voi, «partito dipendenti», e lo dimostrano i taglietti di facciata e le misure tampone che avete finora proposto, anche recentemente, attraverso il vostro Esecutivo, quello che vi rappresenta forse meglio di qualunque altro Governo nella storia d'Italia, il Governo dei «larghi inciuci».
  Ma andiamo un po’ sul tecnico. La mozione che abbiamo presentato interviene sul trattamento pensionistico, tenendo in considerazione i paletti che la Corte costituzionale ha stabilito nelle sue più recenti sentenze. Mi riferisco in primo luogo al principio di progressività dell'intervento. Questo vuol dire, ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, che ogni forma di prelievo deve essere raccordata con la capacità contributiva di ciascuno. In parole più semplici, chi ha di più deve dare di più. In linea con questo principio, la nostra mozione prevede che sui trattamenti pensionistici venga applicata un'aliquota progressiva per scaglioni, che va dallo 0,1 per cento per le pensioni da uno a sei volte il minimo, al 32 per cento per le pensioni oltre 50 volte il minimo.
  La mozione in discussione supera anche il rilievo di incostituzionalità mosso dalla Corte, che ha bocciato il precedente – e «farlocco», me lo lasci dire – prelievo sulle pensioni d'oro, considerandolo una misura impositiva volta ad aumentare il carico fiscale. Il nostro non è un prelievo fiscale, ma un contributo a favore delle pensioni minime. Il maggior gettito conseguito dovrebbe essere destinato non ad arricchire le casse dello Stato, ma a riconoscere un aumento di 518 euro l'anno alle pensioni minime e ciò andrà a beneficio di oltre 2 milioni 200 mila pensionati. A tal proposito, Presidente – e non avrei mai pensato di farlo nella mia vita e attività parlamentare – vorrei citare proprio Giuliano Amato: «Nella cornice della mutualità solidale interna al sistema pensionistico anche il contributo a carico delle pensioni più alte già riconosciute e in corso di erogazione può trovare le ragioni della sua legittimità». Così affermava sul Sole24ore il 21 luglio scorso.
  Se anche il re delle pensioni d'oro, nonché giudice della Corte costituzionale, ha riconosciuto questo principio, saltano tutti gli alibi che avete finora creato per difendere l'indifendibile. Non avete più scuse. È tempo di introdurre un meccanismo di perequazione nel sistema pensionistico: tutti devono rinunciare alle eccedenze affinché tutti ricevano il giusto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sempre al canone della solidarietà risponde anche l'opportunità di fissare per ciascuna forma di sistema pensionistico un tetto massimo di pensione erogabile.Pag. 18
  Infine, la nostra mozione rispetta anche il principio di ragionevolezza, anch'esso più volte enucleato dalla Corte. Esso esige una applicazione per un arco di tempo limitato, configurando la misura come eccezionale e adeguatamente giustificata. Il rispetto del principio di ragionevolezza è garantito, in quanto la misura che abbiamo proposto è configurata come limitata ad un arco di tempo di tre anni, proprio in considerazione dell'eccezionalità della situazione economica, che peraltro voi, primi, avete causato.
  Presidente, colleghi, è tempo che vi rendiate conto che il settore pensionistico è una bomba sociale destinata ad implodere: un quadro così sbilanciato non può continuare a reggere immutato mentre la crisi si aggrava di giorno in giorno.
  Quasi la metà dei pensionati prende meno di 1.000 euro al mese: quindi si tratta di oltre 7 milioni di cittadini che non riescono a fronteggiare l'inflazione, l'aumento dei prezzi, la pressione fiscale alle stelle. Il 5 per cento dei pensionati, invece, arriva ad incassare 20 mila o anche 90 mila euro al mese e ci costa 45 miliardi, cioè la metà della spesa pensionistica italiana, cifre scandalose, che vanno ridimensionate usando l'accetta e non le forbici spuntate di Letta. Avete addirittura ritirato con disonore l'emendamento spot dal disegno di legge di stabilità sulle pensioni: siete senza vergogna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Ma vediamo perché le pensioni d'oro rappresentano il peccato originario, proprio dei partiti qui presenti, che ci hanno portato sull'orlo del default: queste sono il frutto dell'elargizione sfrenata di privilegi ai manager pubblici, ai grand commis di Stato, a quella classe dirigente che si è arricchita sulla pelle delle future generazioni, peraltro riducendo sul lastrico le aziende di spicco del Paese o gli stessi conti pubblici, ripianati poi con il sangue e le lacrime dei cittadini.
  In questo modo avete violato il patto sociale su cui deve fondarsi la Repubblica, minato alle fondamenta i due pilastri costituzionali dell'uguaglianza e della solidarietà.
  Negli ultimi anni sono stati chiesti sacrifici insostenibili sia ai ceti medio-bassi che ai futuri pensionati, non ai vari re Mida che ci costano miliardi di euro. Soldi che le facce di bronzo, comprese le vostre, hanno sottratto ai lavoratori e alle nuove generazioni.
  Siete i protagonisti di un pessimo film dell'orrore, ma ormai siamo arrivati ai titoli di coda. Il Paese è stato vampirizzato da un'orda di Nosferatu che non teme crocefissi o acqua santa, ma onestà e trasparenza. Antidoti che per troppo tempo qui dentro non si sono visti. Ora, invece, ci siamo noi, Presidente, noi cittadini portavoce del MoVimento 5 Stelle, e la casta non può più essere considerata intoccabile come in passato.
  I giudici della Consulta, della Corte costituzionale, sono stati solerti nel bocciare i provvedimenti che toccavano i loro stessi privilegi. Evidentemente erano scritti male o con scarsa convinzione, per questo il MoVimento 5 Stelle ha presentato una propria proposta netta e inoppugnabile. Un intervento straordinario, limitato nel tempo e differenziato in base alle classi di importo, che consenta: uno, di applicare un forte contributo di solidarietà alle pensioni d'oro per alzare l'importo delle minime; due, di ricalcolare le disparità tra sistema contributivo e retributivo; tre, di fissare un tetto massimo alle pensioni erogabili. Tre semplici mosse, Presidente, perché nessuno rimanga indietro e nessuno sia più privilegiato.
  Ormai i partiti hanno perso la faccia e alla casta è rimasta soltanto quella di bronzo: questa mozione è la sola possibilità che avete per non essere costretti a sparire e nascondervi, da qui fino alla pensione e anche oltre.
  Insomma, colleghi, è inaccettabile che i lavoratori onesti prendano sussidi da fame per colpa vostra: smettetela, smettetela di essere le badanti di lusso dei pensionati d'oro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

Pag. 19

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, colleghi, parliamo di pensioni, allora serve equità e riequilibrio. Partiamo subito dal terreno minato delle pensioni d'oro, espressione a volte anche sin troppo semplicistica con la quale si designano i trattamenti economici e previdenziali più ricchi.
  Per carità, si dice sempre che sono diritti acquisiti, che dietro a quelle cifre stratosferiche non vi è nulla di illegale. Vero, ma mai come adesso vi è una questione di equità che è veramente difficile eludere.
  Il quadro fornito un paio di giorni fa dall'ISTAT è, a dir poco, incredibile; i dati diffusi sono allarmanti: il 5 per cento dei pensionati ricchi pesa sulle casse dello Stato per ben 45 miliardi di euro, una cifra enorme e spropositata, se si considera che meno di un milione di pensionati – a tanto ammonta, infatti, il numero di coloro che percepiscono un assegno pensionistico pari o superiore a 3 mila euro – pesa sulla spesa pensionistica quasi quanto i 7 milioni delle fasce più basse, che percepiscono meno di mille euro al mese. Per i pensionati ricchi lo Stato spende 45 miliardi, per i secondi – che corrispondono quasi alla metà della popolazione italiana – pochi miliardi in più, per l'esattezza 51 miliardi.
  Le cifre fornite dall'ISTAT si riferiscono all'anno 2011, quando i pensionati che percepivano più di 3 mila euro risultavano 861 mila ovvero il 5,2 per cento. Di fronte a loro ci sono 7.348.000 pensionati che si collocano sotto i mille euro al mese, appunto il 44 per cento. Ai più ricchi corrisponde il 17 per cento della spesa pensionistica complessiva, a quelli più poveri il 19,2. Una divaricazione impressionante alla luce della quale il 5 per cento dei pensionati ricchi prende appunto quasi quanto il 44 per cento dei pensionati più poveri.
  Qualsiasi cifra si voglia utilizzare, si tratta di una situazione che viene percepita di fatto per ciò che è, un doloroso schiaffo in faccia a tutti coloro che sono costretti a tirare la cinghia e arrivare a stento alla fine del mese.
  Ma il Parlamento non può affrontare tale argomento senza inquadrarlo nell'ambito degli effetti della recente riforma «Fornero», che ha determinato molti guasti e tanti ancora ne creerà, se non verrà velocemente e strutturalmente modificata.
  Vediamo i guai e le iniquità maggiori che ha provocato.
  La questione della rivalutazione. Dopo il 1992 le pensioni hanno perso ogni aggancio alla dinamica salariale e la rivalutazione rispetto all'inflazione rimaneva l'unica salvaguardia contro la perdita progressiva del loro valore reale. L'eliminazione di questo strumento, anche per pensioni come quelle tra i mille e i 2 mila euro, ha prodotto una secca diminuzione del potere d'acquisto. Poiché la misura riguarda 9 milioni di pensionati, stiamo verificando anche l'inevitabile impatto negativo sull'economia del Paese.
  Inoltre, l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni per uomini e donne è una misura iniqua perché non considera che i lavori sono diversi per fatica e per impegno e che il mercato del lavoro oggi tende ad espellere i lavoratori anziani.
  Inoltre, l'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne cancella un unico riconoscimento per il lavoro di cura presente nel nostro ordinamento. Della favola bella, secondo cui i risparmi derivati da questa operazione sarebbero stati investiti in asili nido, servizi per anziani e per la famiglia, per alleviare la fatica delle donne, non è rimasto nulla: i 3,5 miliardi di euro risparmiati sono andati soltanto a fare cassa. Se a questo si aggiungono i tagli consistenti alle risorse per gli enti locali, con conseguente riduzione dei servizi pubblici, è evidente come le donne siano tra i soggetti più penalizzati dalla manovra.
  In quanto ai giovani, non solo manca un intervento per garantire loro una pensione dignitosa, ma l'allungamento dell'età pensionabile, insieme con il blocco del turnover e delle piante organiche del pubblico impiego, già oggi sta riducendo ulteriormente le loro occasioni di occupazione.
  Inoltre, vi è la questione dell'abolizione delle pensioni di anzianità con spostamento Pag. 20a quarantadue anni della contribuzione necessaria per andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica. L'aumento dell'età pensionabile e le contemporanee abolizioni delle pensioni di anzianità in presenza di un aumento della disoccupazione, di una precoce espulsione dal mercato del lavoro degli ultra cinquantenni aumentano di fatto il numero di chi sarà privo di reddito, non essendo più né lavoratore né pensionato, con conseguente aumento della spesa sociale.
  Per non parlare dello scandalo degli oltre 400 mila esodati ridotti ormai sul lastrico.
  Queste sono solo alcune delle nostre critiche a questa scellerata riforma. Ribadiamo che va rifiutata la logica di fare cassa con le pensioni. Bisogna, invece, aumentare la sostenibilità sociale del sistema sia integrando le pensioni più basse e tassando maggiormente quelle che comunemente definiamo «d'oro», sia riconoscendo a chi esegue i lavori più pesanti, non solo usuranti, e a chi ha in carico l'assistenza di soggetti non autosufficienti, la possibilità del pensionamento anticipato.
  Proponiamo, perciò, di diversificare l'età pensionabile a seconda della tipologia di lavoro e la conseguente attesa di vita, modificando anche i coefficienti di trasformazione in base agli stessi parametri.
  Proponiamo di integrare le pensioni inferiori al 60 per cento della retribuzione media con una somma finanziata dalla fiscalità generale che potrebbe essere proporzionale ai contributi versati, in modo da valorizzare il lavoro. Non rassegnarsi ad affrontare il tema dell'invecchiamento nella popolazione solo dal versante del prolungamento dell'attività lavorativa, ma ragionare di politiche di invecchiamento attivo attraverso forme di part time in uscita, incentivazione al volontariato, sostegno alla produttività sociale degli anziani, che prefigurino un nuovo patto tra le generazioni.
  Vado a concludere. Noi non ci rassegniamo a considerare la legge «Fornero» come un male ineludibile. No ! Non lo accettiamo, perché la Fornero è un furto: un furto di vita, di salute, di benessere individuale e sociale, è un furto di diritti e ovviamente – come abbiamo visto – di reddito alle famiglie. Questa legge – lo dico in una giornata importante come questa – è anche una violenza verso le donne lavoratrici italiane, perché mandare in pensione una donna spesso madre, moglie o compagna che sia, a 67, 68, 69 o addirittura a 70 anni è una violenza bella e buona. Per cui, noi vogliamo affrontare la questione pensionistica, comprese le «pensioni d'oro», senza quel facile populismo, mischiato a falso egualitarismo. SEL auspica e farà di tutto perché il Parlamento torni a muoversi e a legiferare sulla base di questi tre principi: uguaglianza, equità, solidarietà.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Villarosa. Ne ha facoltà.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, colleghi, non voglio fare un discorso fine a se stesso, non voglio parlare da solo, anche se l'Aula oggi lo permetterebbe. Voglio fare con voi un esercizio che sono sicuro che voi non fate mai perché di solito, quando gli stipendi sono alti, certe operazioni passano inosservate.
  Analizziamo insieme quali sono le spese necessarie per una persona, le spese che obbligatoriamente un uomo deve fare per vivere dignitosamente, non per strafare, ma per vivere. Un tetto lo dobbiamo avere ? L'articolo 2 della nostra Carta costituzionale lo prevede: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». L'articolo 2 della Costituzione fa un richiamo a questi diritti che hanno la loro radice in una lunga tradizione storica e filosofica. L'idea di fondo è che esistono dei diritti naturali, cioè che appartengono per natura all'uomo e, perciò, precedono l'esistenza stessa dello Stato che, quindi, non li crea, ma deve semplicemente riconoscerli e garantirli attraverso leggi ordinarie.Pag. 21
  Quindi, Presidente, qui vi è un errore di forma. La nostra mozione non dovrebbe prevedere un impegno per il Governo, ma un obbligo. E io, quindi, allo stesso modo, sono obbligato ad avere un tetto, lo Stato deve obbligarmi a dormire sotto un tetto. Un affitto, in un paese normale – non dico a Roma, ma in un paese normale, altrimenti i conti già non tornano più se prendiamo come esempio queste città – costa più o meno 250 euro al mese a persona. Più o meno, secondo una media ISTAT. E, attenzione, perché tutti questi dati li ho presi da fonti ufficiali e pubblicati dall'ISTAT appunto. In questa casa dobbiamo viverci, quindi dobbiamo avere riscaldamento ed energia elettrica. In base ai dati ISTAT, avremmo una spesa, per il gas di circa 20 euro, per l'energia di circa 40 euro, per il riscaldamento di circa 15 euro. Siamo a 75 euro. Mettiamo che una manutenzione della casa in media per mese sia di 50 euro e che spendiamo in media 30 euro per la sanità (medicinali, piccole visite, analisi del sangue e quant'altro). Dovremmo anche spostarci. Non abbiamo una macchina, non abbiamo una moto, utilizziamo i mezzi pubblici. Diciamo che una spesa almeno di 55 euro al mese ci tocca farla. Ebbene, sapete a quanto siamo arrivati ? A 460 euro. La pensione minima è 495 euro. E, comunque, stiamo vietando a questa gente di bersi un caffè al bar, di leggere un giornale o un libro, di andarsi a vedere un film al cinema. Stiamo dando per scontato che i tessuti dei loro abiti non si rovineranno mai. Stiamo dando per scontato che i compleanni, il Natale, la Pasqua, e tutti gli eventi di unione e solidarietà non si potranno festeggiare. Diamo anche per scontato che mangeranno il giusto. Ci sono rimasti 35 euro al mese per mangiare, 35 euro al mese per mangiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Quindi, ai nostri cittadini, per lo più anziani, spesso soli, con problemi di salute e di mobilità, gli permettiamo di mangiare di lusso con 58 centesimi a pasto. In altre parole, permettiamo ai nostri nonni di vivere una vita devastante portandoli all'umiliazione, soprattutto nei momenti in cui leggiamo notizie del tipo: «Non ho i soldi per mangiare, ha detto ai carabinieri un'anziana signora, residente in provincia di Perugia, sorpresa a rubare carne in scatola in un supermercato a Torgiano. La pensionata con disarmante sincerità ha spiegato ai militari di non avere i soldi per fare la spesa e di non essere in grado di pagare la carne prelevata il cui valore totale ammontava a 20 euro».
  Io vi sfido a mangiare con 58 centesimi, sfido tutti voi. Anzi, lancio una sfida: proviamo, nel mese di dicembre, a vivere con 495 euro al mese: chi di voi è disposto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Così, invece di ragionare sempre su basi teoriche, una volta proviamo a ragionare su basi pratiche.
  Ebbene, concludo: se chiuderete gli occhi davanti a queste notizie e alla nostra mozione dimostrerete il vostro valore, un valore non più alto di quello previsto per i pasti dei pensionati, 58 centesimi. Se non prenderete le giuste iniziative, per me – per me, ve lo ripeto – non varrete neanche quei 58 centesimi: varrete zero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro Giovannini.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, le numerose mozioni presentate oggi sul tema delle pensioni d'oro in realtà affrontano problemi che vanno ben al di là di questa questione, sulla quale, come le stesse mozioni ricordano, io stesso ho preso posizione più di una volta. In realtà, alcune delle mozioni riguardano meccanismi per introdurre un contributo di solidarietà a favore delle pensioni più basse, quindi all'interno del sistema pensionistico; Pag. 22altre invece vanno al di là, in qualche modo, sollevando un problema reale, che è quello del basso livello di prestazioni pensionistiche per molte persone; in alcuni casi problemi che vanno al di là anche di questo aspetto, per toccare il funzionamento complessivo del sistema pensionistico.
  Mi concentro per un attimo sulle pensioni d'oro, anche se riconosco, come ho già detto in altri interventi, che il tema delle future prestazioni pensionistiche, soprattutto per i giovani di oggi, che entrano tardi sul mercato del lavoro, che hanno vite lavorative discontinue, ha un presupposto fondamentale, che è quello di una crescita economica sufficiente per dare lavoro e per sostenere l'accumulazione. Vorrei ricordare che tutti i meccanismi basati sul sistema contributivo hanno al loro interno una formula che si basa comunque sul tasso di crescita del prodotto interno lordo. Quindi, è evidente che senza crescita, senza una crescita adeguata del reddito, senza una crescita persistente del reddito, nessun sistema contributivo riuscirà a produrre, in futuro, pensioni adeguate, soprattutto quando le persone entrano tardi sul mercato del lavoro e hanno vite lavorative discontinue. Questo però ha a che fare con l'impianto complessivo del sistema pensionistico, sul quale appunto non entro nei dettagli in sede di replica.
  Mi vorrei però concentrare sul tema delle pensioni d'oro, che inizialmente è stato l'oggetto delle mozioni. Il problema esiste, l'ho detto più volte, anche in quest'Aula, e il fatto che riguardi relativamente poche persone non è una ragione per non intervenire. Non a caso, il Governo ha preso posizione, con il disegno di legge di stabilità proprio tenuto conto dei pronunciamenti della Corte costituzionale ed ha quindi proposto un meccanismo di un contributo di solidarietà che si basa su un'aliquota progressiva, progressivamente crescente dal 5 al 10, al 15 per cento, con un punto fondamentale, diverso rispetto agli interventi precedenti e cioè che i risparmi di questo intervento restano all'interno del sistema pensionistico, cioè non vanno a riduzione del deficit o del debito. Questo è un passaggio importante, non solo culturale, ma anche sul piano giuridico, proprio perché supera una delle obiezioni che erano state sollevate dai pronunciamenti della Corte costituzionale.
  Naturalmente si possa discutere se questa graduazione della progressività del contributo di solidarietà sia condivisa dal Parlamento oppure se si debbano fissare soglie diverse o un meccanismo, appunto, di aliquote ancora più elevate. Questo fa parte e ha fatto parte della discussione parlamentare di questi giorni; vedremo quale sarà l'esito di questa discussione, ma il principio è stato inserito nella legge di stabilità con meccanismi analoghi a quelli proposti da alcune delle mozioni oggi in discussione.
  Diverso è il tema del modo con cui vengono calcolate, e soprattutto erogate, le pensioni attuali, le pensioni d'oro attuali, che non sono state calcolate e non sono erogate in base ad un sistema contributivo, ma in base ad un sistema in gran parte retributivo. Questo, però, è un problema diverso dal fatto di cercare, per il futuro, di evitare che meccanismi del genere si riproducano. Se, infatti, con gli interventi legislativi degli anni scorsi, ormai, il tema si andrà ad esaurire, in quanto tutte le pensioni, a regime, saranno calcolate con il sistema contributivo e, quindi, ognuno riceverà in base a quello che ha versato, l'eventuale problema da affrontare riguarda proprio la fase transitoria tra l'oggi, in cui ci sono dei sistemi misti, e il momento in cui questo sistema contributivo andrà a regime per tutti. Questo è un tema sul quale il Governo sta riflettendo, se cioè è possibile immaginare un meccanismo più perequato per le future pensioni oltre certi livelli, ma lì, soprattutto, dove lo squilibrio tra contributi versati e future pensioni possa essere più ampio. Questo è un tema allo studio del Governo, che però non è ancora giunto a una conclusione proprio perché attende, tra l'altro, l'opinione del Governo stesso e della maggioranza sulla legge di stabilità. Quindi, siamo dell'idea di rinviare questa ulteriore riflessione Pag. 23e intervento a dopo l'espressione da parte del Parlamento sul tema della legge di stabilità.
  Vorrei concludere questa breve replica dicendo che analizzando in dettaglio le varie mozioni presentate, ci sono punti di convergenza, ma anche punti di divergenza piuttosto rilevanti e, quindi, mi riserverei di reintervenire eventualmente in sede di votazione, in sede di ulteriore analisi di queste mozioni, proprio per tentare di mettere a fattore comune alcune delle proposte che sono state avanzate.

  PRESIDENTE. Salutiamo gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale di Ancona nord, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Con la replica del Ministro Giovannini si è così concluso per la seduta odierna, l'esame delle mozioni sulle iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo, all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,45).

  PAOLO PARENTELA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO PARENTELA. Signor Presidente, gentili colleghi, sono qui a chiedermi perché non è ancora stato concesso lo stato di calamità naturale alla mia terra, la Calabria, a seguito del violento nubifragio di martedì scorso. Torrenti e fiumi esondati; alcuni cittadini senza più la casa, altri ancora all'opera per togliere il fango dalle proprie abitazioni; piccole attività commerciali con migliaia di euro di danni subiti; strade provinciali cancellate dall'acqua; imprenditori agricoli che hanno visto interi raccolti sparire insieme al fiume d'acqua che ha invaso le loro terre; 70 mila catanzaresi ancora senz'acqua potabile a casa. Ci sono responsabilità, le responsabilità della politica che ha amministrato in modo troppo spesso complice, complice degli speculatori che hanno disossato la nostra terra.
  Signor Presidente, se a Catanzaro e nel resto della Calabria nei giorni scorsi non c’è stata alcuna vittima è solo per miracolo. Attraverso lei, voglio sollecitare il Ministro dell'interno a concedere lo stato di calamità alla mia terra ed evitare che i calabresi si sentano, per l'ennesima volta, dei cittadini di «serie C» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 17,47).

  MASSIMILIANO BERNINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare una risposta da parte del Governo ad una interrogazione che ho presentato il 24 luglio 2013, la n. 4-01455, riguardante un deposito militare presso la riserva naturale del lago di Vico, in provincia di Viterbo.

  PRESIDENTE. Rivolgeremo, ovviamente, entrambe le richieste al Governo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 26 novembre 2013, alle 9,30:

  1. – Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

  (ore 12)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga Pag. 24delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 1670-A).
  – Relatori: Manciulli (per la III Commissione) e Rossi (per la IV Commissione), per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Guidesi ed altri n. 1-00201, Palese ed altri n. 1-00235, Causi ed altri n. 1-00236, Paglia ed altri n. 1-00237, Zanetti ed altri n. 1-00238 e D'Incà ed altri n. 1-00241 concernenti iniziative in materia di federalismo fiscale.

  4. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   VELO ed altri: Legge quadro in materia di interporti e di piattaforme logistiche territoriali (C. 730-A).
  – Relatori: Velo, per la maggioranza; Catalano, di minoranza.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Morassut ed altri n. 1-00011, Lombardi ed altri n. 1-00092, Piazzoni ed altri n. 1-00149, Antimo Cesaro ed altri n. 1-00246 e Fedriga ed altri n. 1-00252 concernenti iniziative in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Sorial ed altri n. 1-00194, Giorgia Meloni ed altri n. 1-00255, Di Salvo ed altri n. 1-00256, Tinagli ed altri n. 1-00257, Gnecchi ed altri n. 1-00258, Fedriga ed altri n. 1-00259 e Pizzolante ed altri n. 1-00260 concernenti iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo.

  La seduta termina alle 17,50.

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