Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 6 di martedì 2 aprile 2013

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 15,05.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 marzo 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Lombardi e Lupi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Nomina dei componenti la Giunta per il Regolamento.

  PRESIDENTE. Comunico di aver chiamato a far parte della Giunta per il Regolamento, a norma dell'articolo 16, comma 1 del Regolamento, i seguenti deputati: Gianclaudio Bressa, Alfredo D'Attorre, Federica Dieni, Cinzia Maria Fontana, Andrea Giorgis, Donata Lenzi, Generoso Melilla, Gaetano Piepoli, Danilo Toninelli, Elio Vito.

Autorizzazione alla costituzione di un gruppo parlamentare ed invito alla sua costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 28 marzo 2013, a norma dell'articolo 14, comma 2, del Regolamento, ha deliberato di autorizzare la costituzione del gruppo parlamentare «Fratelli d'Italia».
  Tale Gruppo è convocato oggi stesso, al termine della seduta dell'Assemblea, per procedere all'elezione del presidente e degli altri organi direttivi.

In morte dell'onorevole Salvatore D'Alia.

  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lo scorso 30 marzo è venuto a mancare, all'età di 82 anni, l'onorevole Salvatore D'Alia, già membro della Camera dei deputati nella X, XI, XII e XIII legislatura. Come molti di voi sanno, l'onorevole Salvatore D'Alia era padre del nostro collega Gianpiero, Vicepresidente vicario del gruppo Scelta civica per L'Italia.
  Al collega D'Alia la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora a rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori.

  GENNARO MIGLIORE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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  GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, intervengo brevemente avendo ben presente il Regolamento che ci impedisce di commentare le dichiarazioni del Presidente della Repubblica, che è intervenuto nel corso degli ultimi giorni con interventi e atti di una certa rilevanza. Tuttavia ritengo sia utile, allo stesso modo, richiamare, proprio per l'ordine dei lavori e alla vigilia della prima azione parlamentare relativa alla Commissione speciale, l'urgenza e la necessità di dare quanto più celermente il via all'insediamento delle Commissioni ordinarie. Siamo in una situazione nella quale ormai è passato del tempo rispetto alle elezioni e abbiamo bisogno che siano nella piena operatività le Commissioni ordinarie, anche in mancanza di un Governo che – vorrei ribadirlo, sempre ai fini di una nostra corretta comunicazione – è sempre in carica solo per gli affari correnti ed è dimissionario. Ed è pertanto in questo senso che le chiedo di accelerare l'iter per la costituzione delle Commissioni.
  Allo stesso modo relativamente a questa Commissione speciale che oggi ha operato sulla relazione che precede il decreto-legge relativo ai 40 miliardi, le chiederei di ribadire all'Aula che si tratta di una Commissione che, di volta in volta, avrà il mandato relativamente ai provvedimenti, così com’è stato deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Infatti non è una Commissione insediata una volte per tutte e nella Conferenza dei presidenti di gruppo, con l'accordo tutti i gruppi, era anche stata richiamata la temporaneità di questa Commissione, relativamente ai soli decreti-legge e alle sole attività che erano state indicate dalla Conferenza stessa, ed era stato precisato che, ogni qual volta vi fosse stata l'esigenza di rinnovarla, ci sarebbe stato un passaggio ulteriore nella stessa Conferenza dei presidenti di gruppo.

  PRESIDENTE. La ringrazio, come sa io ho già chiesto di individuare i componenti per le Commissioni e quindi ne parleremo nella Conferenza dei presidenti di gruppo di domani, comunque la questione è all'attenzione, è all'ordine del giorno.

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   SIMONE BALDELLI. Signora Presidente, in relazione all'intervento dell'onorevole Migliore, la questione sulla formazione delle Commissioni, come ella sa bene, è stata già affrontata in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, quando, all'unanimità, la Conferenza stessa ha deciso di aprire, da lunedì della scorsa settimana, la possibilità, da parte dei gruppi, di consegnare alla Presidenza i nomi dei colleghi delle Commissioni.
  Ora, si è dato vita alla Commissione speciale per l'esame di questi provvedimenti, come ad esempio la relazione che verrà esaminata quest'oggi dall'Aula, signora Presidente. È di tutta evidenza che se c’è qualcosa di necessario ed urgente – mi rivolgo a lei, ma concettualmente mi riferisco a quanto espresso dal collega Migliore – è la formazione di un nuovo Governo, ed è altrettanto evidente che siamo in assenza della formazione di un nuovo Governo. I gruppi stanno lavorando per la composizione delle diverse Commissioni, quando questo lavoro sarà pronto (c’è chi ha già dato sta dando, o darà i nominativi), indicheranno anche alla Presidenza i componenti delle Commissioni; ma in un sistema parlamentare, signora Presidente, lei sa bene che la formazione di un Governo e il lavoro delle Commissioni vanno di pari passo. La formazione di un Governo, la costituzione di una maggioranza da un lato e di un'opposizione dall'altro, determinano anche gli equilibri all'interno delle varie Commissioni. Il Governo, una volta costituito, si reca presso le Commissioni – come l'onorevole Migliore sa bene, avendo una lunga esperienza in quest'Aula, essendo già stato due legislature fa presidente di un gruppo importante, di maggioranza peraltro – e le Commissioni incontrano i Ministri competenti per ciascun settore, ricevendo dichiarazioni Pag. 3programmatiche in relazione all'indirizzo politico che il Governo intende seguire, dopo che il Governo stesso ha ricevuto la fiducia.
  Quindi, signora Presidente, il vero problema che in questo momento questo Paese ha – avendo un Governo che ha ricevuto l'ultima volta la fiducia in Parlamento, nelle scorse legislature ed essendo in carica per il disbrigo degli affari correnti, e avendo noi svolto le elezioni, che in democrazia non è certamente un passaggio secondario – è la verifica, con mille problemi e con mille questioni ancora politicamente aperte, relativa alla formazione del nuovo Governo.
  Quindi, signora Presidente, io la invito a riflettere ed a rimanere sulla linea che ci siamo dati tutti quanti noi in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, senza fare balzi in avanti, come in questo momento l'onorevole Migliore sembra voler fare, procedendo con serietà, con rigidità, ma anche con grande equilibrio, alla costituzione delle Commissioni parlamentari quando sarà il momento opportuno, cioè quando avremo un Governo, quando sapremo quale sarà il programma di questo Governo, quando un Governo in questo Parlamento avrà la fiducia e quando le Commissioni potranno cominciare a lavorare, sì, ma sui provvedimenti e sulle attività proprie delle Commissioni stesse (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  SIMONE BALDELLI. Signora Presidente, in relazione all'intervento dell'onorevole Migliore, la questione sulla formazione delle Commissioni, come ella sa bene, è stata già affrontata in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, quando, all'unanimità, la Conferenza stessa ha deciso di aprire, da lunedì della scorsa settimana, la possibilità, da parte dei gruppi, di consegnare alla Presidenza i nomi dei colleghi delle Commissioni.
  Ora, si è dato vita alla Commissione speciale per l'esame di questi provvedimenti, come ad esempio la relazione che verrà esaminata quest'oggi dall'Aula, signora Presidente. È di tutta evidenza che se c’è qualcosa di necessario ed urgente – mi rivolgo a lei, ma concettualmente mi riferisco a quanto espresso dal collega Migliore – è la formazione di un nuovo Governo, ed è altrettanto evidente che siamo in assenza della formazione di un nuovo Governo. I gruppi stanno lavorando per la composizione delle diverse Commissioni, quando questo lavoro sarà pronto (c’è chi ha già dato sta dando, o darà i nominativi), indicheranno anche alla Presidenza i componenti delle Commissioni; ma in un sistema parlamentare, signora Presidente, lei sa bene che la formazione di un Governo e il lavoro delle Commissioni vanno di pari passo. La formazione di un Governo, la costituzione di una maggioranza da un lato e di un'opposizione dall'altro, determinano anche gli equilibri all'interno delle varie Commissioni. Il Governo, una volta costituito, si reca presso le Commissioni – come l'onorevole Migliore sa bene, avendo una lunga esperienza in quest'Aula, essendo già stato due legislature fa presidente di un gruppo importante, di maggioranza peraltro – e le Commissioni incontrano i Ministri competenti per ciascun settore, ricevendo dichiarazioni Pag. 3programmatiche in relazione all'indirizzo politico che il Governo intende seguire, dopo che il Governo stesso ha ricevuto la fiducia.
  Quindi, signora Presidente, il vero problema che in questo momento questo Paese ha – avendo un Governo che ha ricevuto l'ultima volta la fiducia in Parlamento nella scorsa legislatura ed essendo in carica per il disbrigo degli affari correnti, e avendo noi svolto le elezioni, che in democrazia non è certamente un passaggio secondario – è la verifica, con mille problemi e con mille questioni ancora politicamente aperte, relativa alla formazione del nuovo Governo.
  Quindi, signora Presidente, io la invito a riflettere ed a rimanere sulla linea che ci siamo dati tutti quanti noi in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, senza fare balzi in avanti, come in questo momento l'onorevole Migliore sembra voler fare, procedendo con serietà, con rigidità, ma anche con grande equilibrio, alla costituzione delle Commissioni parlamentari quando sarà il momento opportuno, cioè quando avremo un Governo, quando sapremo quale sarà il programma di questo Governo, quando un Governo in questo Parlamento avrà la fiducia e quando le Commissioni potranno cominciare a lavorare, sì, ma sui provvedimenti e sulle attività proprie delle Commissioni stesse (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. La ringrazio, diciamo che la questione merita ancora un approfondimento domani presso la Conferenza dei presidenti di gruppo, e che cercheremo di acquisire anche la posizione del Senato su questo.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, come lei ha ricordato qualche istante fa, questo è un tema assolutamente delicato. La dottrina su questa questione si è variamente espressa e non ha una posizione univoca. È altrettanto evidente, però, che la nostra Costituzione, da questo punto di vista, parla chiaro: la fiducia al Governo non è solo l'indicazione di un Presidente del Consiglio dei ministri, tanto è vero che la Costituzione dice che la fiducia deve essere motivata, ma è l'instaurazione del rapporto tra il Parlamento e il Governo per l'indirizzo politico.
  Pertanto, noi ci raccomandiamo che lei, nell'approfondire questo tema la cui delicatezza è sicuramente sotto gli occhi di tutti, tenga comunque presente che noi siamo, e vorremmo continuare ad essere, una democrazia parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  MARIO MARAZZITI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Presidente, volevo essere brevissimo su questo argomento ricordando a tutti noi, avendo io fatto le veci di supplente presso la Conferenza dei presidenti di gruppo, che la questione delle Commissioni era già stata acclarata pienamente e all'unanimità, e che quindi essa non merita particolare approfondimento, nel senso che abbiamo deciso all'unanimità di segnalare i nomi dei partecipanti alle Commissioni e, quindi, di aprire il «riempimento» delle Commissioni, ma di non chiuderlo, attendendo il passaggio della formazione del Governo.
  Si tratta di un passaggio che è sicuramente prioritario per il nostro Paese, che aspetta, sicuramente, un Governo che si assuma responsabilità su cose importanti, necessarie ed urgenti. Comunico a tutti i colleghi che non ne hanno fatto parte, che nella Commissione speciale abbiamo trovato un buon clima costruttivo di lavoro e quindi credo che, come Parlamento, possiamo fare dei passi importanti per sostenere il nostro Paese e, inoltre, per offrire elementi di responsabilità per arrivare a dare al nostro Paese il Governo di cui ha bisogno.

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  ROBERTO FICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Volevamo dire che anche noi del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ... silenzio per favore un attimo, qui sotto... (Commenti)... mi scusi, Presidente non riuscivo a parlare.

  PRESIDENTE. Lasci dire al Presidente, per favore.

  ROBERTO FICO. Sì, scusi. Volevo dire che anche noi del gruppo MoVimento 5 Stelle vogliamo che le Commissioni permanenti partano il prima possibile per iniziare a lavorare nell'interesse del Paese e che questo Parlamento riacquisti la sua centralità legislativa. È già successo quattro volte nella storia che partissero le Commissioni permanenti prima che venisse data la fiducia al Governo e quindi noi faremo di tutto per far partire queste Commissioni e iniziare a lavorare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ho acquisito tutti i pareri e la situazione verrà approfondita durante la Conferenza dei presidenti di gruppo prevista per domani.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, intervengo per comunicare a Governo e Parlamento, che nella serata di ieri una tensostruttura della Lega Nord a Trieste, utilizzata per la campagna elettorale delle elezioni regionali che si terranno ad aprile, ha subito atti vandalici con la devastazione di materiale elettorale e di propaganda elettorale. Ovviamente riteniamo l'atto particolarmente grave perché non permettere la libertà di espressione e la libertà di comunicare la propria opinione politica è un atto contro la democrazia che dovrebbe essere condannato da tutte le forze politiche. A tale riguardo, ovviamente, invitiamo il Governo a mettere in atto tutte le misure che ha a disposizione per rendere possibile la campagna elettorale in un clima di civiltà e di garantire la possibilità per i cittadini di informarsi prima, ovviamente, di accedere alle cabine elettorali. Al contempo ringraziamo le forze dell'ordine per quanto hanno fatto già nella giornata odierna per accertare i responsabili di questo atto vergognoso e violento; infine, vorrei solamente sottolineare un fatto che riteniamo grave, perché alcuni esponenti vicini ad aree dell'estrema sinistra e dei centri sociali, oggi, sui social network, anche nei miei confronti, si sono compiaciuti di questa azione, dicendo che è un «dovere morale» attaccare le strutture e il materiale informativo della Lega Nord. Riteniamo che questa sia una posizione inaccettabile e ci auguriamo che tutte le forze presenti in questo Parlamento e fuori da questo Parlamento condannino atti di questo tipo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Il Governo è presente e chiederemo che assuma tutte le misure necessarie a far chiarezza su questo episodio.

Discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Doc. LVII-bis, n. 1) (ore 15,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  Come già precisato nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 25 marzo e nella seduta dell'Assemblea del 26 marzo 2013, all'esame della relazione in oggetto si applica la procedura di cui all'articolo 118-bis, commi 2 e 4, del Regolamento.Pag. 5
  Avrà quindi luogo un dibattito limitato, con l'intervento di un deputato per ciascun gruppo e per ciascuna componente del gruppo Misto, nonché dei deputati che intendano esprimere posizioni dissenzienti dai rispettivi gruppi.
  Le eventuali risoluzioni alla relazione dovranno essere presentate nel corso della discussione, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 118-bis del Regolamento.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 marzo 2013.

(Discussione – Doc. LVII-bis, n. 1)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Causi.

  MARCO CAUSI, Relatore per la maggioranza. Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, per la prima volta da quando è in vigore la nuova legge di contabilità e finanza pubblica, il Governo si avvale di una norma che non aveva mai utilizzato: si modificano gli obiettivi di finanza pubblica al di fuori delle sedi in cui essi vengono stabiliti o corretti, ovvero nel Documento di economia e finanza in aprile e nella Nota di aggiornamento in settembre. La legge prevede tale possibilità qualora il Governo intenda – e cito la norma di legge – «effettuare interventi correttivi in presenza di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica». Il richiamo scelto dal Governo aiuta a rendere chiarissimi i fatti che abbiamo di fronte: da un lato un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, frutto dell'aggravamento della recessione italiana a partire dall'ultimo trimestre del 2012, dall'altro lato l'urgenza di mettere in campo interventi correttivi di sostegno all'economia, anche grazie a nuovi varchi che si sono recentemente aperti in ambito europeo. I varchi riguardano un programma straordinario di pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione e poi quella che potremmo chiamare una mini golden rule, che consentirà nel corso del 2013 di scomputare alcune spese pubbliche di investimento dai parametri finanziari rilevanti nel processo europeo di coordinamento dei bilanci pubblici.
  Il Governo chiede al Parlamento, con l'approvazione in Aula di un'apposita relazione, di prendere atto della modifica dei quadri di finanza pubblica, per poter poi procedere al varo degli interventi correttivi. Si tratta, perciò, di una relazione che fa da quadro di riferimento per futuri provvedimenti. In questa fase il Parlamento è chiamato a discutere di linee generali: da un lato sulla situazione macroeconomica e di finanza pubblica e dall'altro lato sugli indirizzi politici per un imminente decreto di sblocco dei pagamenti pubblici.
  La legge non prevede che il Parlamento debba approvare la relazione del Governo, che è considerata alla stregua di un obbligo informativo-preventivo quando il Governo usa la decretazione d'urgenza in materia e con riflessi finanziari. Non è quindi senza significato il fatto che siamo qui oggi a discutere di questa relazione: il Governo che chiede di esaminare e di emanare un decreto d'urgenza, è in carica per l'ordinaria amministrazione e ha bisogno, quindi, di un'autorizzazione esplicita delle Camere per proporre un provvedimento il quale, anche se poi passerà comunque per queste Aule, ha chiaramente una natura non ordinaria.
  La relazione è stata esaminata, signora Presidente, dalla Commissione speciale istituita dalla Camera per l'esame degli atti del Governo. Molte domande sono state sollevate da parte di tutti i gruppi politici presenti, sia in materia di quadro macroeconomico e macrofinanziario, sia in materia di pagamenti pubblici. Voglio dare atto al Governo che molte e puntuali risposte sono state fornite dai Ministri Grilli e Moavero Milanesi. La Commissione si è valsa poi di due contributi: un'audizione dell'ISTAT, focalizzata più sul versante macroeconomico, ed una della Pag. 6Banca d'Italia, focalizzata invece sul tema dei crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti del settore pubblico.
  Il peggioramento dell'economia italiana, molto brusco nell'ultimo trimestre 2012 (-0,9 per cento sul trimestre precedente) porta a rivedere al ribasso la previsione di crescita per il 2013, che passa da 0,2 a -1,3 per cento. In Commissione, il Ministro dell'economia ha chiarito che, in assenza dell'intervento per lo sblocco dei pagamenti, la stima del Governo sul PIL 2013 sarebbe ancora peggiore, pari a -1,5 per cento. L'impatto della misura, secondo il Governo, sarebbe ancora più rilevante nel 2014, dove la previsione, a politiche invariate, scende dal vecchio 1,1 per cento a 0,6 per cento, ma poi risale al più 1,3 per cento grazie agli interventi correttivi proposti.
  Alcuni commissari hanno avanzato dubbi sulla robustezza di queste valutazioni, anche richiamandosi a dati più pessimistici elaborati da autorità indipendenti e internazionali, sia per l'anno in corso sia per il 2014. La Banca d'Italia ha tuttavia stimato che le difficoltà di accesso al credito delle imprese hanno contribuito ad abbattere il prodotto italiano nel 2012 per circa 0,6 punti percentuali.
  La relazione fornisce una nuova stima dell'indebitamento netto non corretto per il ciclo, che peggiora fino al 3 per cento nel 2012, al 2,4 per cento nel 2013 (-0,6 al confronto con le previsioni di settembre) e all'1,8 per cento nel 2014. Il peggioramento deriva da due spinte contrapposte: da un lato un forte declino delle entrate fiscali, conseguenza della recessione, valutato in ben 15,7 miliardi in meno nel 2013, in parte bilanciato da una riduzione della spesa per interessi, conseguenza della riduzione dei tassi valutata in 5,3 miliardi.
  Si tratta di due punti di grande rilievo su cui sollecito l'attenzione dell'Aula. L'entità della contrazione delle entrate sembra segnalare che anche in Italia l'impatto delle restrizioni di bilancio sull'economia (e, attraverso essa, di nuovo sul bilancio, quello che in gergo tecnico si chiama il «moltiplicatore fiscale») sia stato sottovalutato nei programmi di stabilizzazione messi in opera negli ultimi anni soprattutto nei Paesi europei colpiti da crisi bancarie e da crisi del debito sovrano. È un auspicio della Commissione speciale che questo tema così importante possa essere approfondito nel prossimo DEF.
  Sul versante della spesa per interessi, il Ministro dell'economia ha chiarito in Commissione che i risparmi del 2013 derivano dalla riduzione dell'attuale curva dei tassi sui titoli pubblici italiani al confronto con quella di un anno fa, quando il DEF fu predisposto, e dall'aumento, già preso in considerazione, conseguente all'emissione di nuovo debito pubblico per il finanziamento del programma straordinario dei pagamenti. Ne segue (e si tratta di un punto cruciale per la nostra riflessione) che se i tassi di interesse sul debito pubblico italiano dovessero tornare a crescere non solo l'emissione di nuovo debito per i pagamenti alle imprese verrà a costarci di più, ma sopratutto rischieremmo di vanificare i risparmi ottenuti con la riduzione dello spread, quei risparmi che oggi per mezzo di questa relazione stiamo di fatto utilizzando.
  Interessate all'intervento di pagamento straordinario dei debiti commerciali del settore pubblico sono le amministrazioni centrali, gli enti territoriali e il Servizio sanitario nazionale per importi pari a circa 20 miliardi nel 2013 e ulteriori 20 nel 2014. Il Ministro dell'economia ha indicato che il riparto del programma straordinario prevede: 19 miliardi a beneficio dei comuni (di cui 7 per investimenti distribuiti in 12 nel 2013 e 7 nel 2014); 14 miliardi per la sanità (5 nel 2013 e 9 nel 2014); 7 miliardi per lo Stato (3 miliardi e mezzo in ciascun anno).
  Banca d'Italia ha sottolineato l'impatto positivo della misura non solo sul piano congiunturale, ma anche su quello strutturale poiché fornisce maggiore trasparenza dei bilanci pubblici e maggiore certezza e prospettiva sul ripristino di un normale circuito dei pagamenti, oggi tra l'altro regolato da nuove norme comunitarie recepite dall'Italia.
  La Commissione invita l'Assemblea a valutare l'opportunità di fornire al Governo Pag. 7una serie di indirizzi per la predisposizione del decreto di attuazione, indirizzi che sono contenuti nella proposta di risoluzione predisposta per il voto di quest'Aula (in particolare: evitare il rimando a ulteriori fonti normative, privilegiare la semplicità e l'automatismo delle procedure, privilegiare tra i beneficiari del programma le amministrazioni i cui debiti commerciali non derivino da procedure poco trasparenti di bilancio, ad esempio da un eccesso di debiti fuori bilancio o da troppi contenziosi con i fornitori). Rimando, per le ulteriori condizioni, al testo scritto che sta agli atti della mia relazione.
  Per quanto riguarda il rapporto fra impresa e sistema creditizio, la Commissione ha ritenuto (anche qui negli indirizzi che si danno al Governo nell'ambito della risoluzione col parere favorevole del Ministro dell'economia) che il flusso dei pagamenti potrà essere graduato accordando priorità a quelli che le imprese non hanno ancora ceduto al sistema creditizio. Il riflesso contabile dell'intervento non ha un interesse solo tecnico, ma anche politico.
  Il conto economico delle amministrazioni pubbliche, su cui si basano i parametri europei, è costruito considerando le spese correnti in termini di competenza e le spese di investimento in termini di cassa; ne segue che i pagamenti arretrati di spese correnti sono già stati contabilizzati e la loro liquidazione non ha impatti sull'indebitamento netto, ovvero sulla misura europea del deficit pubblico.
  Questi pagamenti hanno impatti sul debito, sul fabbisogno, sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, ma non sull'indebitamento netto. Al contrario, i pagamenti arretrati per le spese di investimento determinano un peggioramento dell'indebitamento netto. Nella proposta del Governo si tratta di 7,8 miliardi, pari a mezzo punto di PIL, concentrati nel solo 2013, con l'effetto di portare la stima dell'indebitamento netto per l'anno in corso da -2,4 per cento a -2,9 per cento.
  Una piccola quota del margine di peggioramento, pari a 800 milioni, è destinata al finanziamento dei nuovi investimenti produttivi che potrebbero essere scomputati dai parametri rilevanti per l'equilibrio dei bilanci; anche in questo caso si tratta di una novità dell'impalcatura comunitaria, seppure dagli effetti economici ancora modesti. È passato insomma un principio di golden rule, seppure in formato mini e seppure vada ancora chiarito a quali classi di investimento potrà essere applicato.
  La discussione in Commissione ha chiarito che è interesse del Paese ottenere, nel confronto con le istituzioni europee, un'interpretazione di questa regola che la renda permanente e la estenda all'insieme degli investimenti che possono esercitare un impatto a breve positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione, in particolare giovanile.
  La materia presenta profili comunitari assai delicati e complessi, tenuto conto che l'Italia è in uscita dalla procedura per disavanzo eccessivo e che questa condizione è stata fondamentale per creare i presupposti favorevoli che hanno aperto i varchi a interventi correttivi anticiclici.
  La Commissione speciale ha rilevato che le operazioni sui pagamenti arretrati, nel portare l'indebitamento 2013 al 2,9 per cento del PIL, sembra esaurire ogni residuo spazio di politica economica a livello nazionale, fatta esclusione per manovre finanziarie dotate di adeguate coperture, a parità di saldi. Il Ministro Moavero ha ben descritto in Commissione le caratteristiche di questa svolta europea, la quale non si basa su un cambiamento delle normative e dei trattati in vigore, ma su una positiva evoluzione interpretativa degli stessi, frutto anche dell'iniziativa italiana.
  Ai Paesi in grave recessione l'Unione consente un uso un po’ più aggressivo di politiche fiscali anticicliche di livello nazionale, con preferenza per quelle – come i pagamenti degli arretrati pubblici per spese correnti – che non hanno impatto sulla dimensione economica del deficit, ma solo su quella finanziaria. Non si può certo parlare di una compiuta svolta nella direzione auspicata dai critici keynesiani delle politiche europee, ma è comunque un passo avanti.
  A chi è stato delegato da un'ampia maggioranza della Commissione per la Pag. 8presente relazione sembra evidente che il cambiamento di linea delle sedi comunitarie sulle prescrizioni in merito alla finanza pubblica italiana sia la conseguenza di due fattori: da un lato la nuova solidità del bilancio pubblico italiano, messo in sicurezza dai numerosi e dolorosi interventi degli ultimi 18 mesi; dall'altro lato, le nuove preoccupazioni per l'evoluzione particolarmente negativa della congiuntura economica italiana. Teniamo conto che il drastico aggiustamento italiano ha generato fra le altre conseguenze un sostanziale pareggio della nostra bilancia dei pagamenti, il cui disavanzo solo due anni fa valeva tre punti di PIL. Poco più della metà di questo riequilibrio deriva da una contrazione delle importazioni, il resto dall'aumento delle esportazioni. Poiché l'Italia, per le dimensioni dei flussi di commercio che attiva, non è Cipro e non è neppure la Grecia, questi numeri hanno un impatto sui partner europei, un impatto che si fa valere al di là delle parole.
  Se è vero, insomma, che la valutazione congiunta di un bilancio italiano strutturalmente in fase di risanamento e di una profonda e ormai troppo prolungata recessione italiana che ha effetti negativi anche sull'Europa, se è vero, quindi, che questi due elementi portano l'Europa a cominciare a modificare atteggiamento nei confronti delle priorità di politica economica per il nostro Paese, allora sembra necessario che l'Italia, oltre a mantenere la ritrovata credibilità in materia di stabilità finanziaria e a rispettare gli impegni di bilancio assunti nelle sedi europee, in particolare l'obiettivo di una valutazione positiva nell'ambito della procedura sui disavanzi eccessivi, l'Italia, però, sia vigile e pronta a continuare un confronto serrato con le istituzioni europee, finalizzato a rendere il più possibile efficaci i nuovi margini di flessibilità, anche con riferimento a ulteriori interventi di sostegno all'economia e all'occupazione, soprattutto giovanile.
  Questa linea di condotta è perfettamente compatibile, a mio modo di vedere, con il forte presidio che, sulla base di un preciso interesse nazionale, l'Italia deve mantenere e rafforzare su un fronte cruciale ancora aperto, quello di un'Europa più orientata alla crescita, quello del coordinamento fra le politiche nazionali, quello del decollo delle politiche di livello europeo, basato su un bilancio propriamente federale. Su questi temi è aperto un importante confronto politico nel Parlamento europeo, che ha recentemente bocciato il progetto di bilancio proposto dai Governi e dalla Commissione, che chiede più Europa. E su queste linee la risoluzione, che proponiamo al voto di questa Camera, porta, in premessa, numerosi elementi e considerazioni.
  In conclusione, signora Presidente, nel raccomandare alla Camera l'approvazione della relazione presentata dal Governo, è importante sottolineare che si tratta di un atto che apre la strada a un provvedimento di stimolo all'economia, i cui aspetti di merito potranno essere valutati in sede di esame del decreto. All'origine dell'apertura europea verso nuovi margini di flessibilità per le politiche italiane di bilancio sono, allo stesso tempo, i risultati già conseguiti in termini di stabilità finanziaria, che vanno salvaguardati, e una preoccupazione per il prolungamento della recessione economica nel nostro Paese. Il costo e la stessa fattibilità del programma straordinario di pagamento dei crediti commerciali delle pubbliche amministrazioni dipende dalla stabilità dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano nelle prossime settimane e nei prossimi mesi e, a sua volta, l'evoluzione dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano dipenderà dalla nostra capacità, come sistema Paese, di evitare che l'incertezza politica possa tracimare in instabilità. L'intervento sui pagamenti pubblici, così come la mini golden rule, sono primi importanti passi di un cammino che deve acquisire continuità nel tempo e guardare non solo alle questioni europee ma anche alle tante questioni nazionali di riforma ancora aperte, per le quali non possiamo rimproverare l'Europa ma soltanto noi stessi. Queste preoccupazioni ritengo debbano essere al centro dell'impegno del nuovo Parlamento Pag. 9affinché il testo possa, con vigore e rinnovata speranza, riprendere una strada di crescita sostenibile (Applausi).

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Causi per la relazione molto dettagliata che ci ha fornito.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, deputata Cancelleri.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI, Relatore di minoranza. Signora Presidente, colleghe e colleghi deputati, il Governo ha presentato la Relazione in esame ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine, in primo luogo, di rivedere gli obiettivi di finanza pubblica relativi agli esercizi 2013 e 2014, già fissati con le risoluzioni approvative della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, tenendo conto del peggioramento dei valori programmatici dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione. In secondo luogo, registra il peggioramento dovuto alle misure di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali che le pubbliche amministrazioni detengono con i propri fornitori, che saranno contenute in uno specifico provvedimento legislativo da presentare al Parlamento.
  Con riferimento all'aggiornamento del quadro macroeconomico previsto dal Governo nella Relazione al Parlamento 2013, le previsioni sulla dinamica del PIL per l'anno in corso sono state riviste rispetto alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, mentre quelle per l'anno 2014 sono state corrette al rialzo per due decimi di punto percentuale. Tali stime sono, per l'anno 2013, in larga misura in linea con quelle di differenti analisti privati e della Commissione europea, mentre per il 2014 risultano più ottimistiche per oltre mezzo punto percentuale, includendo gli effetti positivi derivanti dall'adozione delle misure sui debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche.
  Tali interventi, immettendo liquidità nel sistema economico, potrebbero consentire alle imprese di realizzare gli investimenti programmati, il pagamento di arretrati al personale, stimolando contemporaneamente i consumi delle famiglie.
  Al riguardo, riteniamo opportuno che il Parlamento adotti tutte le misure necessarie al fine di verificare nel corso dell'anno l'effettivo impatto sul PIL, monitorando in tal modo la tenuta del quadro macroeconomico.
  Ricordiamo, inoltre, che la suddetta è una manovra una tantum che non tiene conto e non si interroga in merito alla programmazione a medio termine dei saldi di indebitamento e di fabbisogno, nonché del debito delle amministrazioni pubbliche.
  Tali effetti andrebbero, invece, puntualmente definiti e valutati al fine di tener conto dell'effettivo impatto sui predetti saldi delle misure che saranno adottate in applicazione degli indirizzi formulati nella relazione e di assicurarne la coerenza con il complessivo quadro di compatibilità finanziaria all'interno del quale le decisioni in esame dovranno inserirsi. Pertanto, in sede di esame parlamentare del provvedimento preannunciato dal Governo, che non esclude lo sforamento della soglia fissata dall'Europa, è assolutamente necessario aprire urgentemente un tavolo volto a ridiscutere i dannosi impegni presi in termini di obiettivi di finanza pubblica, tra cui il fiscal compact e il Fondo «salva Stati». Del resto, le stesse disposizioni del Trattato che consentono taluni margini di flessibilità nella sua applicazione dimostrano tutta la loro lacunosità.
  Se non verranno rispettati questi impegni, noi come altri Paesi europei, saremo costretti a misure finanziarie forti e depressive, per recuperare il denaro necessario, pena sanzioni internazionali.
  Anche in considerazione del fatto che i provvedimenti già adottati per la riduzione dello stock dei debiti delle pubbliche amministrazioni hanno dimostrato, sotto il profilo operativo, una efficacia assai limitata, si ritiene opportuno che le nuove misure da adottare siano accompagnate da presidi procedurali e da supporti documentali volti a garantire un miglior funzionamento dei meccanismi di certificazione Pag. 10e il monitoraggio circa l'effettivo adempimento da parte delle amministrazioni delle obbligazioni nei confronti delle imprese creditrici.
  Tali meccanismi dovrebbero essere tali da assicurare un efficace controllo anche su impulso delle imprese interessate, con possibilità delle stesse di accesso alla documentazione relativa alla procedura di pagamento. Inoltre, le procedure prefigurate dovrebbero essere accompagnate da un adeguato apparato sanzionatorio per le amministrazioni inadempienti.
  Occorre, infine, prestare particolare attenzione all'individuazione della platea dei soggetti pubblici e privati interessati dalle misure in maniera da garantire principi di equità e di solidarietà, tenuto conto che l'entità delle risorse stanziate non è tale da coprire interamente l'ammontare dei debiti commerciali della pubblica amministrazione e tenuto conto del tessuto produttivo industriale italiano.
  Gli interventi delineati all'interno della relazione non sono destinati a finanziare nuove spese, bensì a chiudere posizioni giuridiche perfezionate in esercizi precedenti. Rappresenta, invece, un'eccezione rispetto alla natura delle misure precedentemente enunciate la previsione dell'adozione di disposizioni, anche in deroga ai vincoli finanziari previsti per il 2013, per i cofinanziamenti nazionali dei Fondi strutturali comunitari.
  In particolare, con riferimento alle misure appare opportuno che nel provvedimento legislativo che sarà adottato dal Governo siano salvaguardati, nella erogazione dei pagamenti, il principio cronologico dei debiti e l'esigenza di evitare discriminazioni derivanti dalla collocazione territoriale delle imprese creditrici, al fine di non pregiudicare i creditori degli enti locali meno efficienti.
  Sempre con riferimento agli enti locali che saranno interessati dalle misure sopra ricordate, in coerenza con il meccanismo introdotto dall'anno 2012 che prevede che gli obiettivi del Patto di stabilità interno siano attribuiti ai singoli enti in base alla loro virtuosità, sarebbe opportuno che il Governo tenesse conto di ulteriori e nuovi criteri qualitativi di selezione connessi, ad esempio, a parametri di sana gestione amministrativa e ad indicatori di sostenibilità ambientale e di qualità della vita nei territori interessati.
  Inoltre, con riferimento alla difficoltà di accertare l'entità complessiva dei debiti commerciali della pubblica amministrazione e la natura, di parte corrente o di conto capitale, delle relative spese, appare indifferibile l'adozione di criteri omogenei di contabilizzazione delle transazioni della pubblica amministrazione, in modo da consentire un miglioramento della qualità e della tempestività dei dati statistici.
  Con riferimento, infine, al contributo che tale manovra darebbe nell'allentare le tensioni nell'offerta del credito, appare opportuno che il decreto-legge che il Governo vorrà adottare preveda adeguate direttive e strumenti, oltre all'imprescindibile e attesa moral suasion nei confronti degli istituti di credito, affinché gli effetti positivi dell'erogazione dei 40 miliardi di euro si riversino nell'economia reale, promuovendo concretamente il benessere dei cittadini, e non confluiscano nei mercati finanziari.
  È necessario, pertanto, introdurre meccanismi di pubblicità delle attività di certificazione dei propri debiti svolte dagli enti locali verso lo Stato in modo tale che il cittadino e l'impresa possano controllare che il proprio ente debitore proceda nella certificazione dei propri debiti, e dunque si attivi un controllo virtuoso degli enti da parte dei cittadini.
  Per tutte le considerazioni esposte, il gruppo MoVimento 5 Stelle ritiene che il Governo si debba impegnare a mettere in atto qualsiasi iniziativa necessaria per superare la situazione di paralisi negli adempimenti contrattuali delle pubbliche amministrazioni, rimuovendo, così, uno degli ostacoli alla funzionalità di molte delle nostre imprese e, quindi, al superamento della difficile congiuntura economica coerentemente con le priorità evidenziate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 11

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

  VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, gli interventi dei relatori hanno sottolineato con molta chiarezza l'importanza della relazione che è all'esame dell'Aula oggi. Importanza sotto due profili: il primo perché è propedeutica all'adozione di misure che avranno, indubbiamente, una rilevanza di tutto rilievo per quanto riguarda la possibilità di assolvere ai crediti commerciali che le pubbliche amministrazioni hanno nei riguardi delle imprese fornitrici per importi, appunto, importanti: 20 miliardi sia per l'anno in corso sia per il successivo.
  L'altro punto di rilievo – è stato colto molto bene anch'esso dai relatori – è che siamo di fronte ad un quadro congiunturale, ad un quadro tendenziale di finanza pubblica che consente di guardare con una certa fiducia ai risultati di azioni di risanamento molto pesanti adottate nel corso degli ultimi due anni.
  Si tratta di azioni di risanamento della finanza pubblica, avviate già nel corso del 2011, in particolare con le manovre dell'estate, e rafforzate con le manovre di fine 2011 e con quelle adottate nel corso del 2012. Siamo ora in condizione di poter guardare a dei provvedimenti, che indubbiamente avranno degli effetti espansivi sull'economia, in un quadro generale di rispetto delle regole che presiedono al finanziamento e all'andamento della finanza pubblica nel quadro europeo, ma che utilizzano margini di flessibilità che, fino a poco tempo fa, erano preclusi.
  È di tutta evidenza che ciò che ci accingiamo a mettere in atto come Governo e come Parlamento si rende possibile perché siamo alle soglie della fuoriuscita dalla procedura di bilancio eccessivo. Non ho altro da aggiungere.

(Risoluzione – Doc. LVII-bis, n. 1)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Giancarlo Giorgetti, Amici, Barbanti, Bernardo, Buttiglione, Di Salvo e Tabacci n. 6-00001, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Doc. LVII-bis, n. 1).

(Ripresa discussione – Doc. LVII-bis, n. 1)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie Presidente, la relazione presentata alla Camera da parte del Governo parte da una fotografia impietosa dell'ulteriore peggioramento dei dati, tanto per quanto riguarda il dimensionamento economico e industriale tanto per quanto attiene al rapporto finanziario di indebitamento. Un ulteriore peggioramento rispetto alle previsioni contenute nell'ultima variazione al DEF, presentata dal Governo nello scorso mese di settembre e che fortifica il convincimento di quanto, più che inutile, dannosa sia stata l'esperienza di questo Governo che ci era stato prospettato come salvifico proprio sui temi dell'economia e della finanza e che arriva stancamente al termine della sua corsa, consegnando all'Italia tutti i dati economici, tutti, nessuno escluso, fortemente peggiorati rispetto al momento in cui ha assunto l'onere di governare il Paese. È diminuito il PIL, è crollata la produzione industriale, è aumentata la disoccupazione, è aumentata la pressione fiscale – paghiamo le tasse anche sulla prima casa –, è cresciuta la spesa pubblica nella totale incapacità dei cosiddetti tecnici di fare quello per cui erano stati chiamati, cioè tagliare le spese dello Stato non dovendo – non assumendo alcuna posizione politica – rendere conto ad alcuno dell'impopolarità degli interventi che dovevano essere assunti per tagliare la spesa pubblica, e così non è stato. Tutto è stato nascosto, ammantato, nei comunicati, nelle autocelebrazioni, financo nelle asserzioni di talune forze politiche, dal fatto che comunque questo Governo ci stava per restituire una credibilità internazionale rispetto alla quale Pag. 12non voglio tornare sugli episodi che sono stati fatti oggetto dell'attenzione di questo ramo del Parlamento nella scorsa settimana, forse è meglio stendere un definitivo e pietoso velo.
  A fronte di questo previsto peggioramento, che tendenzialmente prevede un abbassamento del PIL da -0,2 previsto a -1,3 e un innalzamento del rapporto di indebitamento, il Governo prevede, in questa relazione, come intervento immediato volto a mitigare questi effetti negativi, l'immissione di liquidità nel sistema economico, sostanzialmente, la possibilità di liberare 40 miliardi (20 miliardi da spendere entro il 2013 e 20 miliardi nel 2014) per pagare i crediti vantati dalle imprese private nei confronti della pubblica amministrazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 16).

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Ed è importante, molto importante, signor Presidente, che questo provvedimento, quale che siano gli aspetti dubbi, sui quali poi voglio tornare, possa essere varato perché è necessario che lo Stato, che è sempre così incapace di assolvere ai propri adempimenti nei confronti delle imprese e dei fornitori (è drammaticamente vero, addirittura, che in molte occasioni i crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione non compaiono nemmeno nelle passività esposte dai diversi livelli della pubblica amministrazione, a livello centrale, come a livello periferico), sia solvibile verso le obbligazioni che assume, mentre lo stesso Stato è invece inflessibile nei confronti dei contribuenti che vengono vessati a volte per mezzo dell'applicazione di interessi a livello di strozzinaggio, compiacente e compresente l'opera dei concessionari tributari.
  Ed è importante che questo provvedimento sia attuato, come prevede la relazione, con un inizio di rallentamento della morsa dell'applicazione del Patto di stabilità, a quegli enti locali che hanno le risorse per poter pagare i propri fornitori, segno, forse, che in Europa cominciano a rendersi conto, come diceva quella famosa barzelletta del contadino che, dopo settimane di soddisfazione rispetto al proprio cavallo che si era abituato a vivere senza mangiare, che, prima o poi, il cavallo senza mangiare smette di vivere. E l'Europa forse ha colto o comincia a cogliere drammaticamente il segnale di un'economia che non può andare avanti con vincoli ristretti che impediscono qualunque investimento a favore dell'economia e delle imprese.
  L'effetto complessivo di questo intervento però – e qui veniamo alle parte dolenti, Presidente – sarà sensibilmente minore di quanto dichiarato, perché, tra i creditori della pubblica amministrazione, risulta, per un importo di circa 9 miliardi, proprio il sistema delle aziende di credito, degli istituti di credito che già hanno goduto (eccome se hanno goduto !) di interventi straordinari da parte di questo Governo. Forse, questo è anche il motivo per il quale questo Governo, alla fine del suo triste mandato, vuole chiudere con un'ulteriore e definitiva elargizione nei confronti del sistema bancario e delle aziende di credito.
  Abbiamo chiesto al Governo, non senza condivisione, se fosse in grado di esprimere l'ordine di priorità con il quale queste risorse verranno impiegate, cioè se effettivamente, nel pagamento dei fornitori, sarà dato primato alle imprese private ed ai fornitori privati in luogo degli istituti di credito che hanno già goduto di cospicue dotazioni finanziarie, quando il Governo ha deciso di distribuire le risorse a tasso agevolato che erano state erogate dall'Unione europea. Ma su questo, tanto per cambiare, non abbiamo avuto alcuna risposta.
  Questa crescita nei pagamenti determinerà, secondo le previsioni che espone il Governo nella relazione, un ulteriore indebitamento dello Stato, passando, nel corso del 2013, dal 2,4 per cento al 2,9 per cento, il che significa, per tradurlo in termini concreti ed attuali, che quale che sia – ammesso che ci sarà – un Governo Pag. 13di legislatura, questo Governo, nel corso del 2013, non avrà la capacità e la possibilità di fare interventi neanche per un solo euro, se non accompagnato da interventi di finanziamento ad hoc. Ciò, tradotto in italiano, significa usare un'altra volta la leva fiscale ed aumentare ulteriormente la pressione a carico dei contribuenti per fare qualunque tipo di intervento, perché quell'unico margine disponibile viene completamente utilizzato dal Governo che sta per cedere la sua carica.
  Il Governo, peraltro, accompagna questa relazione con una previsione di crescita del PIL nel corso del 2014. Siamo tristemente abituati a vedere tutte le tabelle previsionali economiche che danno degli aspetti salvifici nel divenire: si sconta sempre qualche cosa di negativo nel presente, come se nel divenire dovessero invertirsi tendenze che, purtroppo, drammaticamente fino ad oggi nemmeno la somma delle migliori teste d'uovo (sedicenti tali) ha potuto garantire all'Italia. Si prevede secondo il Governo che nel 2014 quest'immissione di liquidità nel mercato possa portare ad una crescita del PIL dal più 0,6 previsto al più 1,3. Noi non abbiamo alcun dato per potere conoscere la veridicità di questa previsione, però sappiamo che c’è un consuntivo che il Governo si è rifiutato di farci conoscere.
  Pensiamo all'articolo 35 del decreto-legge n. 1 del 2012, quello per intenderci passato alla storia per avere contraddistinto il Governo come il Governo dei liberalizzatori, quasi che avessero messo mano alla riforma dei servizi di pubblica utilità (e invece poi abbiamo scoperto che la liberalizzazione di questo Governo altro non era che l'aggressione ai tassisti e la possibilità di vendere le pillole abortive nei supermercati tra i pannolini ed i cavolfiori). Questo Governo, dicevo, con l'articolo 35 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha già messo mano, teoricamente, ad un intervento per il pagamento dei debiti pregressi da parte della pubblica amministrazione. Non abbiamo modo di conoscere quali e quanti effetti positivi, sia sulla diminuzione delle esposizioni debitorie della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, sia sull'effetto di ripresa del PIL e, quindi, della produzione (la stessa che il Governo accorpa per il 2014 al provvedimento che viene individuato quest'anno), siano stati realizzati con quel provvedimento dell'inizio 2012.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Insomma, signor Presidente, per farla breve, tanto per cambiare, siamo alle solite: troppo incerte le modalità di intervento previste dalla relazione del Governo, troppo approssimativa la previsione degli effetti che questo Governo attribuisce ad un intervento salvifico, un pressappochismo che è stato fin dall'inizio la cifra del Governo tecnico e che ne contraddistingue anche l'ultimo intervento.
  Siccome, in particolare, ci sta a cuore l'attenzione, la possibilità, l'agibilità, la concreta opportunità delle imprese di poter sopravvivere, riteniamo comunque importante che una parte di queste risorse riesca, la più ampia possibile, ad arrivare nelle tasche degli imprenditori che hanno fornito i propri beni e le proprie prestazioni di servizio alla pubblica amministrazione. Pertanto, il gruppo Fratelli d'Italia voterà a favore, unicamente per questo motivo, della relazione (Applausi di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signori Ministri, colleghi, la relazione che il Governo ha proposto al Parlamento in questo inizio travagliato della XVII legislatura fotografa un quadro aggravato rispetto alle già critiche previsioni contenute nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza del 2012, messo a punto lo scorso settembre. Si prefigura un calo del PIL di 1,3 punti percentuali per l'anno in corso rispetto al calo dell'1,1 per cento previsto, ma soprattutto, la cosa più grave, un ulteriore aumento del già alto tasso di disoccupazione che, nel 2014, secondo le stime del Governo, sfiorerà il 12 per cento.Pag. 14
  Il Governo ci propone per il 2014 uno scenario più ottimistico sotto il profilo della bilancia dei pagamenti e anche di una graduale crescita del PIL, stime però non condivise dalla Commissione europea e da molti esperti. Naturalmente, tutti noi ci auguriamo che l'andamento dell'economia nazionale rispecchi queste concessioni di moderato ottimismo, ma anche con tale presupposto nessuna analisi è incoraggiante dal punto di vista più allarmante, quello appunto dell'occupazione, che è oggi certamente il sintomo più grave e socialmente allarmante di questo stato. È in questo quadro economico allarmante, da un lato, ed in un quadro politico inedito tuttora carico di incertezza, che prende forma finalmente concreta almeno una prima risposta allo scandalo dei debiti commerciali non onorati della pubblica amministrazione; una questione vergognosa, denunciata dalla Lega Nord in tutte le sedi istituzionali e non istituzionali ma che, sino ad ora, appariva essere relegata a dettaglio di scarso interesse del Governo Monti, un Governo di tecnici e di burocrati, benché invece fosse esattamente il tipo di problema incagliato su questioni tecniche, come i meccanismi statistici ed un Patto di stabilità concepito in maniera ottusa e non logica, un problema di «cavilli» che si è tramutato nel corso di molti anni in un problema economico per le imprese, un problema concreto di dimensioni enormi, ormai quasi ingestibile. Quel genere di problema cui andava trovata con flessibilità e buonsenso proprio una soluzione tecnica, che i tecnici dovevano darci, che il Governo in carica per lungo tempo, forse anche troppo, non ha cercato con la dovuta perseveranza.
  Oggi non siamo qui a fare recriminazioni, non c’è più tempo. I creditori dello Stato, le aziende, gli imprenditori ed i loro collaboratori e dipendenti non hanno più tempo da aspettare. Hanno bisogno di risposte immediate, certe, complete. Non si possono aspettare né i tempi della politica né i tempi dei tecnici. Agiamo subito, ora che finalmente l'Europa ha capito il danno irreparabile che sta provocando la sua politica di rigidità e che finalmente ci concede con grande benevolenza la possibilità di non uccidere totalmente le nostre aziende.
  È vero, come era prevedibile, che per liberare una parte delle risorse necessarie sarà necessario emettere nuovo debito, che certo non fa bene ad un bilancio come il nostro già appesantito spaventosamente dal debito pubblico creato da Governi molto antichi, soprattutto negli anni Ottanta e negli anni Novanta. È anche vero però, a voler chiamare le cose con il loro nome, che questo è un debito che, se pur non registrato contabilmente, esiste già, solo che, anziché risultare dalla contabilità nazionale, è interamente riversato sui bilanci delle aziende che hanno lavorato per lo Stato e che sostengono un peso ingiustamente gravoso, usati dallo Stato come maschera per non fare emergere il proprio stesso debito. Un debito che ha raggiunto livelli tali che fino ad oggi nessuno osava nemmeno fare stime attendibili.
  Oggi dalla Banca d'Italia sappiamo che solo alla fine del 2011 l'ammontare era di circa 90 miliardi: una cifra spaventosa, pari a più finanziarie, pari a 5,8 volte il PIL di questo Stato. La proposta del Governo di liquidare al massimo 40 miliardi in due anni, se paragonata a queste cifre, oltre tutto non comprensive di quanto maturato nel 2012, appare certamente riduttiva, capace di alleviare ma certo non di risolvere i problemi causati proprio dallo Stato alle aziende dei suoi stessi cittadini. Ma come abbiamo già detto il momento è talmente difficile che non possiamo permetterci polemiche ma solo proposte ed uno stimolo costante a fare in fretta e meglio che si possa fare.
  Aspettiamo, quindi, questa settimana stessa dal Governo il decreto che attui le misure annunciate, e pertanto ci aspettiamo un lavoro proficuo, propositivo, collaborativo nelle due Commissioni parlamentari create apposta, si può dire, per convertire questo decreto ed evitare qualunque dilazione dovuta a questioni politiche o procedurali.
  Ascolterà, sono certo e spero, mi auguro, il Governo, nella predisposizione del decreto, le indicazioni chiare che il Parlamento Pag. 15gli trasmette con le risoluzioni che oggi voteremo. Indicazioni che saranno veramente utili perché il Parlamento e i parlamentari hanno già lavorato molto su questo tema nel corso della scorsa legislatura, raccogliendo dal confronto con gli amministratori locali e con il mondo produttivo, oltre che l'invocazione d'aiuto, anche indicazioni molto puntuali su quali siano gli errori compiuti fino ad oggi e quale sia la vera fotografia del problema, non omogenea nello Stato.
  Parlare di pubblica amministrazione in senso sempre generico costituisce una scelta semplificata che però maschera situazioni molto diverse: non tutte le amministrazioni, soprattutto fra quelle territoriali e locali, hanno agito con lo stesso criterio nel ricorso a scelte di spesa che avrebbero potuto comportare crediti commerciali non onorabili.
  Affinché la definizione di «ente virtuoso» non resti solo uno slogan giornalistico, che diventa quasi una beffa per chi amministra a prezzo di sacrifici per sé ed i suoi cittadini senza alcun valore, chiediamo che il Governo, nel definire quali enti locali territoriali potranno avere accesso in via prioritaria ai fondi stanziati per pagare i debiti commerciali, dia la precedenza ai cosiddetti «enti virtuosi», riconoscendone l'impegno nell'amministrare bene.
  Soprattutto è necessario evitare nel modo più assoluto che le procedure adottate in buona fede per dare respiro all'economia e restituire credibilità allo Stato committente, si tramutino in un condono di comportamenti contabili non trasparenti, non rigorosi o adottati con leggerezza da amministrazioni che hanno abusato dei propri bilanci. Se ciò dovesse accadere raggiungeremmo il risultato opposto: di minare ancora una volta la possibilità di questo Stato di dimostrarsi equo, coerente e perciò rispettabile da parte di tutti i suoi popoli.
  La pubblica amministrazione non può continuare a rappresentare per i cittadini e per gli imprenditori un'entità ostile, spesso lenta ed incomprensibile.
  Il richiamo a far presto comporta la scelta di meccanismi immediati di pagamento, che non richiedano dopo la conversione del decreto-legge ulteriori note attuative, circolari esplicative, carte bollate: non ci serve la burocrazia, lo Stato sta fallendo, bisogna muoversi ! Occorrono meccanismi immediati, automatici, i cui oneri ricadono sull'ente debitore che deve attivarsi immediatamente. Tutte, ribadisco tutte, le amministrazioni statali, regionali e locali devono essere obbligate ad attivarsi senza inerzia ed in maniera proficua. In caso di ritardo o negligenza chiediamo sanzioni e assunzioni di responsabilità: meccanismi, dunque, di monitoraggio dall'inizio alla fine.
  Il Parlamento ha già sollecitato e continuerà a sollecitare il Governo a utilizzare questa benevola concessione dell'Europa riguardo al tema dei pagamenti della pubblica amministrazione, ma bisogna utilizzarla pienamente, senza lasciare nulla di intentato. Qualsiasi margine non utilizzato con i meccanismi previsti dovrà essere immediatamente reimpiegato, mantenendo un confronto costante con le istituzioni comunitarie allo scopo di ottenere ulteriori aperture per coprire l'intero ammontare dei crediti insoluti e porre fine definitivamente a questa situazione vergognosa.
  Il Governo, il Governo dei tecnici finalmente può fare una cosa giusta, dunque io, come movimento della Lega Nord, vi chiedo di attivarvi in maniera più veloce possibile e dare il dovuto a tutti quei nostri cittadini che hanno lavorato per questo Stato e devono essere ancora pagati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Gentile Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi discutiamo oggi di un provvedimento lungamente atteso, richiesto non solo dalle imprese e dalle forze economiche e sociali ma anche dalle istituzioni europee.
  Per troppo tempo si sono usate le imprese, ma anche i lavoratori e i pensionati, Pag. 16per fare cassa e per alleggerire temporaneamente la situazione del debito pubblico attraverso un atteggiamento moralmente discutibile, cioè non rispettando gli impegni presi. Il provvedimento del Governo che sblocca una parte del pagamento dei crediti da parte della pubblica amministrazione giunge con estremo ritardo e dopo il fallimento delle precedenti iniziative come quelle della certificazione cartacea ed elettronica dei crediti e il pagamento con titoli di Stato alle imprese creditrici. Questi ultimi provvedimenti hanno prodotto risultati modesti, poco più di 330 milioni di euro di crediti pagati a fronte di oltre 90 miliardi di euro. E, addirittura, l'operazione di pagamento di crediti con titoli di Stato ha avuto risultati pari allo zero. A suo tempo si è detto che queste iniziative avrebbero prodotto la soluzione di almeno una parte di questo annoso problema, ma sono state solo un «pannicello caldo», un'operazione di marketing più che una soluzione tecnica efficace e funzionante.
  Ricordiamo che il ritardo con cui si è proceduto con questo provvedimento, che avrà effetti solo nella seconda metà dell'anno, è stato la causa della chiusura di molte imprese e della perdita di migliaia di posti di lavoro negli ultimi tre anni. La mancata assunzione di questo provvedimento fino ad oggi, come per molti altri che potevano avere un impatto anticiclico ed espansivo di sostegno alla domanda e agli investimenti, è il frutto di una politica sbagliata, quella dell’austerity, che ha portato, non solo alla depressione economica in gran parte dei Paesi dell'area Euro, ma anche all'accentuazione dell'indebitamento dei bilanci pubblici. Solo chi è accecato dall'ideologia liberista e rigorista può rifiutarsi di vedere gli effetti nefasti di queste politiche. Si tratta – quello in discussione oggi – di un provvedimento reso possibile dopo la tardiva presa di coscienza da parte delle istituzioni europee verso la necessità di allentare un po’ la morsa del Patto di stabilità attraverso una maggiore flessibilità dei vincoli di bilancio. Si dice che il nostro Paese non poteva prendere prima questo provvedimento perché dovevamo compiere l'opera di risanamento dei conti pubblici. È certamente vero che lo spread è diminuito in questi diciassette mesi, ma è anche altrettanto vero che, nel frattempo, il rapporto deficit-PIL è tornato ad aumentare e arriverà al 2,9 per cento, anche in virtù di questo provvedimento, e che il debito è aumentato nel frattempo di sette punti e il PIL è diminuito del 2,2 per cento nel 2012 e diminuirà dell'1,3 per cento nel 2013. Le entrate fiscali, come si dice nella relazione del Governo che accompagna questo provvedimento, diminuiranno nel 2013 di oltre 15 miliardi di euro. È un risanamento, quindi, sulla carta perché l'amara realtà è che siamo ancora in emergenza finanziaria e, soprattutto, siamo in un'emergenza sociale ed economica.
  Delle tre parole con cui il Primo Ministro Monti si è presentato alle Camere diciassette mesi fa all'atto del suo insediamento, rigore, equità e crescita, solo la prima è stata «declinata» e a senso unico e a danno della gran parte della popolazione, mentre equità e crescita sono rimaste parole vacue e lettera morta. E non essendoci stata crescita, ma anzi una diminuzione ulteriore del PIL, la situazione di emergenza finanziaria non è stata debellata, ma si è incancrenita ed è diventata sempre più complessa e difficile. Con questo provvedimento, oggi sempre più urgente, si può ridare un po’ di fiato alle imprese, salvandole dal baratro. È un provvedimento che risponde all'esigenza espressa dalla Commissione europea con la sua direttiva che impone termini brevi e certi di pagamento della pubblica amministrazione alle imprese. È un varco importante che si apre contro la logica delle politiche di pareggio di bilancio e di restrizione della spesa pubblica per far ripartire una politica economica a sostegno della domanda, del lavoro e degli investimenti. Nella risoluzione si chiede una svolta della politica europea in questa direzione; ne prendiamo positivamente atto. Inoltre, questo varco deve essere utilizzato anche per la rinegoziazione, a livello europeo, delle politiche di pareggio di bilancio e, in Italia, per la radicale Pag. 17revisione del Patto di stabilità interno in modo da ridare la possibilità agli enti locali di fare investimenti, di sostenere la realizzazione di piccole opere e di finanziare il welfare locale e la tutela del territorio.
  Siamo preoccupati che si arrivi, con questo provvedimento, a sforare con il 2,9 per cento – siamo quasi al 3 – il rapporto deficit-PIL, soglia che, se superata, produrrebbe procedimenti e sanzioni per lo sforamento del rapporto deficit-PIL previsto dal Patto di stabilità. Poiché negli ultimi anni le previsioni sono sempre state ottimistiche e poi smentite, lo sforamento del 3 per cento è una possibilità reale.
  Da una parte questo pone interrogativi sulle possibilità di finanziare provvedimenti sociali urgenti come il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga ed i provvedimenti per gli esodati e siamo soddisfatti che nella relazione e nella risoluzione che discutiamo oggi questo tema venga comunque evidenziato e ricordato. D'altra parte temiamo che lo sforamento del 3 per cento possa portare l'Italia alla richiesta degli aiuti europei con il fondo «salva-Stati» con l'imposizione di «condizionalità» che toglierebbero margini di manovra alla politica economica del nostro Paese, vincolandola ad un programma massiccio di tagli alla spesa pubblica. Noi non vorremmo che questo esito fosse sottovalutato o in qualche modo evocato e ricercato come eredità per il futuro Governo.
  Il provvedimento oggi in discussione è necessario, ma va accompagnato da una radicale revisione della politica economica del nostro Paese, passando dall’austerity ad una politica per la crescita ed il sostegno della domanda, del lavoro e dei redditi. Il provvedimento deve correttamente tener conto di alcune priorità: che vengano pagate prima le imprese e poi le banche, che vengano pagati i crediti più antichi, che si tenga conto di un meccanismo di riparto equilibrato a livello regionale. Dobbiamo evitare che i pagamenti siano concentrati in pochissime regioni. Dobbiamo prevedere – con una convenzione con l'ABI – che con l'estinzione dei debiti delle imprese con le banche non ci sia poi anche l'estinzione dell'apertura di credito delle banche con le imprese stesse. Chiediamo, inoltre, alle imprese che saranno beneficiarie di questo provvedimento di fare questo come prima cosa: pagare gli stipendi e i TFR arretrati da molti mesi alle decine di migliaia di lavoratori che si trovano in questa drammatica condizione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  
Sinistra Ecologia Libertà sostiene questo provvedimento – concludo – ma chiede contemporaneamente, considerata l'entità della spesa prevista, che questo non vada a danno degli altri provvedimenti – come quelle per gli esodati e la cassa integrazione in deroga – che saranno in discussione nei prossimi giorni e chiede che questa «mini golden rule», che è stata varata con l'obiettivo di sbloccare il pagamento dei crediti alle imprese, sia ampliata al Patto di stabilità interno per gli enti locali, consentendo da subito un piano di investimenti ed interventi per piccole opere pubbliche che hanno il pregio di partire subito, mettere subito le imprese nella condizione di lavorare e di creare nuova occupazione.
  Speriamo che questo provvedimento possa essere, all'interno del quadro della discussione a livello europeo sulla necessità di allentare i vincoli delle politiche di bilancio a favore di politiche per la crescita, il primo passo per il superamento di politiche di austerity – politiche spesso dai tratti isterici ed ideologici – a favore di politiche espansive, di sostegno alla domanda, agli investimenti, ai redditi, al lavoro. Il fallimento delle politiche di austerity è sotto gli occhi di tutti. Tutti gli indicatori macroeconomici sono peggiorati ma soprattutto è peggiorata la condizione sociale del Paese: una cura da cavallo che ha reso moribondo anche il cavallo.
  Si tratta di cambiare rotta e questo provvedimento può andare nella giusta direzione. Ma per essere veramente giusta questa direzione deve avere come obiettivo più generale il rilancio dell'economia, la risposta alle emergenze sociali, in primo luogo il lavoro, la ricostruzione di una Pag. 18politica industriale che al Paese manca da molto tempo. Ora si tratta di dare ossigeno – dopo averlo dato alle imprese – anche al lavoro, ai giovani, ai pensionati e ai precari. Ed è questo il cambiamento che il nostro Paese si aspetta (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zanetti. Ne ha facoltà.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la relazione di aggiornamento dello scenario economico sul biennio 2013-2014 di cui oggi discutiamo, presuppone l'avvio di un piano straordinario di pagamento dei debiti maturati dalla pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori per un ammontare complessivo di 40 miliardi di euro: 20 nel 2013 e 20 nel 2014. Questo importo significativo ma insufficiente ad onorare l'intero monte crediti vantato dalle imprese tiene conto della necessità di non sforare la soglia del 3 per cento del rapporto deficit-PIL, anche per lasciare aperta la porta a nuovi stanziamenti, tanto più se la misura confermerà nei fatti le stime di positivo impatto sul PIL. Tali stime, a dire il vero, sembrano improntate ad un certo ottimismo, posto che sul 2014 il tasso di crescita atteso del PIL viene previsto, nella relazione, all'1,3 per cento e, quindi, addirittura in aumento, proprio grazie all'effetto stimato dal piano straordinario dei pagamenti, rispetto al tasso di crescita che, sempre sul 2014, era atteso, nella Nota di aggiornamento dello scorso settembre, nella più inferiore misura dell'1,1 per cento.
  Posto che in parallelo la relazione abbatte dal meno 0,2 per cento al meno 1,3 per cento la stima sul PIL del corrente anno 2013, è inevitabile che qualche apprensione sorga. Ottimismo o meno nelle stime di impatto sul PIL, si tratta, però, di un'opportunità da cogliere senza tentennamenti: sarebbe, infatti, fuorviante ragionare in termini di costo-opportunità e piani alternativi di utilizzo delle leve del deficit e del debito, perché lo spiraglio di flessibilità che si è aperto in sede europea non riguarda la possibilità di fare nuova spesa, ma soltanto di pagare i debiti per spesa già sostenuta e non ancora onorata dal punto di vista finanziario.
  Il timore sul raggiungimento del deficit al 2,9 per cento nel 2013, quindi, è più qualcosa di legato al rischio di sforare il 3 per cento e non poter poi procedere con questi interventi in futuro, che un problema legato all'impossibilità per il futuro Governo di fare provvedimenti senza coperture di spesa, che dovrebbe, viceversa, trovare comunque. In tempi in cui l'Europa interviene altrove per imporre prelievi forzosi dai conti correnti pur di risanare i bilanci pubblici, questa apertura non è poca cosa e rende giustizia alla qualità dell'azione condotta dal Governo Monti sul fronte del risanamento del bilancio pubblico quale presupposto ineludibile per il rilancio dell'economia del Paese.
  D'altro canto, proprio dal confronto tra questa relazione e l'ultima Nota di aggiornamento dello scenario economico, che era stata presentata dal Governo precedente il 22 settembre 2011 dopo le due manovre estive da esso compiute poco prima che passasse la mano, emergono elementi significativi che aiutano a vedere le cose come stanno. Se si prende la Nota di aggiornamento economico-finanziario del 22 settembre 2011, si vede come già allora il Governo Berlusconi prevedesse di onorare gli impegni assunti in sede europea applicando sugli italiani una pressione fiscale pari al 44,07 per cento nel 2012, al 44,84 per cento nel 2013 e al 44,83 per cento nel 2014.
  La relazione oggi in discussione evidenzia come la pressione fiscale sia stata, invece, a consuntivo, pari al 44,03 per cento nel 2012 e sia attesa al 44,4 per cento nel 2013 e al 44,28 per cento nel 2014. Il Governo Monti, quindi, non solo non ha determinato una pressione fiscale maggiore di quella che il Governo precedente aveva già messo in bilancio, salvo sfilarsi nel momento in cui la sua introduzione non poteva più essere procrastinata, ma ne ha anzi introdotta una inferiore, Pag. 19e questo nonostante un trend economico che ha continuato a peggiorare rendendo ancora più difficile una quadratura del bilancio trovata grazie a interventi concreti sul lato della spesa. Questo è quello che dicono i numeri ed è proprio grazie a questi numeri che oggi possiamo varare un piano straordinario di pagamento dei privati invece che uno straordinario di ulteriore prelevamento.
  Ora, se è vero che 40 miliardi di euro sono meno della metà del debito pregresso complessivo, la storia ci insegna che questo tipo di misure incontrano spesso il problema opposto, ossia quello della loro sottoutilizzazione rispetto alle dotazioni finanziarie disponibili a causa di pubbliche amministrazioni che si dimostrano poco solerti ad aprire pratiche e avviare procedure, come se il tracollo dell'economia privata fosse qualcosa che non le riguardasse.
  Per questo motivo, riteniamo che il provvedimento debba costituire l'occasione per procedere finalmente alla creazione di un'anagrafe di tutti i debiti commerciali della pubblica amministrazione, con obblighi di comunicazione in capo agli uffici e previsione di sanzioni stringenti per i relativi dirigenti: né più né meno come accade per il popolo delle partite IVA nei confronti dell'anagrafe tributaria, anche perché solo in questo modo si potrà ottenere che il pagamento dei debiti pregressi avvenga secondo il più oggettivo dei criteri, cioè quello dell'anzianità dei crediti in un quadro di reale trasparenza.
  Riteniamo inoltre che, nel caso di crediti vantati da società ed enti interamente a partecipazione pubblica, i pagamenti debbano essere accompagnati da meccanismi idonei a garantire che le somme incassate vengano da essi immediatamente utilizzate per procedere al pagamento dei propri subfornitori privati.
  Fondamentale sarà, poi, prevedere nel decreto adeguati protocolli con il sistema creditizio per assicurare che questa misura, relativamente ai crediti già scontati o affidati dalle banche, si traduca nel rinnovo di sconti e affidamenti per pari ammontare a livello complessivo e non si traduca, invece, nemmeno in parte, in una mera occasione di rientro delle esposizioni complessive degli istituti di credito. Fuori dalla retorica più populista e distruttiva, le banche sono a pieno titolo un pilastro fondamentale del sistema, ma questa misura nello specifico è indirizzata all'altro pilastro, gli operatori economici, e in quanto tale dev'essere neutrale per quelli finanziari e interamente veicolata a quelli economici.
  Importante è, infine, chiarire che i destinatari dei pagamenti e degli arretrati saranno non soltanto le imprese, ma tutti i fornitori della pubblica amministrazione, compresi quindi i liberi professionisti, troppo spesso dimenticati e discriminati in questo tipo di provvedimenti.
  L'insieme di questi accorgimenti potrà contribuire in modo decisivo ad assicurare l'effettività, l'efficacia e l'equità di una misura estremamente importante per dare nuova linfa all'economia del Paese e fare in modo che le previsioni di crescita del PIL sul 2014 riportate in questa relazione, che il gruppo Scelta Civica per l'Italia approva e invita ad approvare, trovino adeguata conferma a consuntivo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ottobre, a nome della componente del gruppo Misto, Minoranze linguistiche. Non ho difficoltà a dargli la parola, invitando tuttavia i gruppi ad iscriversi per tempo in questo tipo di discussioni, che per prassi hanno luogo secondo l'ordine di consistenza. Il deputato Ottobre ha facoltà di parlare.

  MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, care colleghe, cari colleghi, onorevoli, vi è una prospettiva di fondo che è evidente nella relazione del Governo relativa al prossimo Documento di economia e finanza 2013. L'azione di riequilibrio dei conti pubblici ha certamente ottenuto risultati strutturali, ma il quadro macroeconomico presenta dati congiunturali e previsioni a medio termine che si riassumono in un ulteriore peggioramento delle previsioni Pag. 20contenute nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza del 2013, in primo luogo relative al PIL e alla domanda interna.
  Il risanamento di bilancio e il rispetto della stabilità finanziaria sono obiettivi perseguiti e che occorre mantenere come obiettivi prioritari e tuttavia il loro conseguimento è posto in discussione e non può essere separato da interventi di sostegno e sviluppo dell'economia reale. Ciò che è evidente in Italia e nel confronto in sede europea, è che, in assenza di crescita e in presenza di una ulteriore contrazione del PIL, gli obiettivi di bilancio e di finanza pubblica sono fortemente in discussione. Le stime di finanza pubblica per il biennio 2013-2014 presentano un ulteriore peggioramento dell'indebitamento della pubblica amministrazione in rapporto al PIL. Anche in relazione a tali dati è positiva l'intenzione del Governo di procedere con un intervento urgente a immettere liquidità nel sistema economico sbloccando i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione per 40 miliardi di euro nel biennio 2013-2014. È una misura che il Governo ritiene compatibile con i vincoli di finanza pubblica e che ha giustamente proposto e sostenuto in sede comunitaria. Riteniamo, in realtà, sia un intervento che possa concorrere, in parte, giacché ulteriori provvedimenti urgenti di sostegno sono indispensabili, a che vi siano prospettive dell'economia reale che siano compatibili con gli obiettivi di finanza pubblica.
  Siamo di fronte ad un quadro pesante se valutiamo le condizioni delle imprese che non riescono a sostenere nel contempo l'andamento recessivo, l'elevata pressione fiscale, i debiti commerciali della pubblica amministrazione, la restrizione nell'accesso al credito e l'assenza di incentivi per il lavoro. È una condizione che ha ormai assunto dati drammatici e strutturali, con le imprese che, isolate, non possono mantenere dei profili competitivi e che sono costrette a chiudere. Il decreto annunciato dal Governo è un passo importante, necessario, urgente. Un passo che non può rimanere isolato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pagano. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, il Parlamento della XVII legislatura è chiamato, per la prima volta, ad un voto sulla relazione sulla legge di contabilità e finanza pubblica. Il Governo è tenuto a ciò quando vi siano scostamenti rilevanti della finanza pubblica rispetto agli obiettivi precedenti, e questo è il caso odierno visto che, nonostante il DEF – da presentare entro il 10 aprile – lo scostamento è davvero rilevante. Contestualmente dopo un lavoro – il cui merito esclusivo è del nostro vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani – è stata esitata una direttiva (2011/7/UE) che dovrebbe risolvere una volta per tutte i ritardi della pubblica amministratori verso i propri fornitori.
  Premetto che il nostro gruppo, per etica e cultura politica, considera il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione verso le imprese un debito morale. Uno Stato che pretende dai cittadini fedeltà fiscale imponendo livelli di imposizione stratosferici deve dare il buon esempio quando è lui a pagare. In Italia, invece, al contrario, lo Stato è tanto feroce, assolutista, dittatoriale, oserei dire, nell'esazione dei tributi, quanto blando, lassista e indolente quando invece è chiamato al pagamento dei propri impegni. Siamo inoltre convinti della non più procrastinabile necessità di iniziare un percorso di ripresa che parta dalla immissione nel sistema della liquidità dovuta.
  A seguito di queste premesse, in Commissione abbiamo sollecitato una risoluzione unitaria che sappia realizzare una serie di condizioni ed è questa l'occasione che mi consente di ringraziare tutti i colleghi del PdL che hanno partecipato attivamente a questi lavori, gli onorevoli Calabria, Bernardo, Alfano, Vignali, Lainati, ma anche e soprattutto il presidente della Commissione Giorgetti, e devo aggiungere Pag. 21anche tutti i colleghi degli altri gruppi parlamentari, il Partito Democratico, 5 Stelle, Scelta Civica, a riprova che in questo momento storico, anche al di là dei veti, incomprensibili agli occhi dei cittadini, un lavoro collegiale, realmente utile e proficuo nell'interesse del Paese, va fatto.
  Cosa abbiamo preteso nella risoluzione ? Divieto di norme secondarie al fine di evitare perdite di tempo; pagamento diretto dello Stato alle imprese, anche per conto degli enti locali, evitando dispersioni di risorse, sull'esempio virtuoso di ciò che ha già fatto la Spagna; monitoraggio mensile dei pagamenti e soprattutto rimozione di ostacoli formali pretestuosi, specie quando esiste sproporzione fra i pochi crediti vantati della pubblica amministrazione e i molti debiti verso i fornitori. Tutto ciò senza alcun mandato al Governo che vada oltre l'ordinaria amministrazione e gli affari correnti. Anche queste sono premesse, signor Presidente, perché non possiamo tuttavia prescindere che c’è un'analisi dei dati economici forniti dalla relazione del Governo che qui vogliamo sottolineare, in quanto assolutamente inadeguati.
  In primo luogo, il nuovo quadro della finanza pubblica rivede nettamente al ribasso la crescita economica ed il PIL passa da -0,2 a -1,3 per cento, ma nel contempo dice che la crescita economica futura sconta già gli effetti positivi delle operazioni di pagamento della pubblica amministrazione di cui stiamo trattando. Tuttavia, i saldi di bilancio non la considerano. Quindi, un quadro oscuro, per nulla trasparente. Ancora, emerge un calo delle entrate fiscali per 21 miliardi di euro. Il calo più significativo riguarda le entrate tributarie, 18 miliardi di euro (sul quale tornerò tra qualche secondo), ovvero quelle entrate generate dal normale funzionamento dell'economia: i redditi dei lavoratori (l'IRPEF), i profitti delle imprese (l'IRES), gli scambi commerciali (l'IVA). In terzo luogo, secondo quanto dice il Governo sono diminuite le spese per gli interessi sui titoli: -5,4 miliardi di euro quest'anno, -6,6 il prossimo anno; ma a ciò, francamente, nessuno crede. In conclusione, viene il sospetto che il Governo abbia gonfiato appositamente il risparmio sulla spesa in conto interessi per non far apparire il deficit pubblico sopra il 3 per cento. Questo non è un dato che dico io, Presidente, lo dice il presidente dell'ISTAT, Giovannini, e il direttore Franco, di Bankitalia. D'altronde, il bluff non era difficile da scoprire. Le previsioni del DEF di settembre sono state riviste al ribasso per ben 18 miliardi di euro, perché l'aumento delle tasse ha provocato il crollo delle basi imponibili IVA, IRPEF e IRES. Quindi, anziché aumentare, il gettito è crollato.
  Il senatore Monti ha sbagliato strategia, perché ha aumentato le tasse per raccogliere più gettito, ma è successo esattamente il contrario. E dire che glielo abbiamo detto centinaia di volte, in quest'Aula, come in tutte le sedi, che aumentare le tasse in recessione avrebbe provocato un disastro. Spiego meglio: l'aumento delle tasse in recessione significa diminuzione del PIL, cioè diminuiscono i profitti delle imprese, diminuisce la propensione ai consumi, diminuisce la propensione agli investimenti e al risparmio e, quindi, di fatto, crolla la base imponibile, quindi diminuiscono le entrate, aumenta il deficit e aumenta il debito. Non bisognava essere scienziati dell'economia per capire che sarebbe finita così.
  Con l'evidenza dei dati macroeconomici e finanziari questo Governo, accortosi del fallimento totale della sua politica economica, tutta incentrata sull'aumento di tasse, resosi conto dell'avvenuto crollo del PIL, dei consumi e dell'occupazione, appreso che persino il controllo dei conti pubblici è sfuggito inaspettatamente di mano, si è fatto prendere dal panico. Questo Governo lascia in eredità al prossimo Esecutivo una situazione economica e finanziaria disastrosa: il peggiore crollo economico, industriale e commerciale che la storia della Repubblica italiana ricordi. Lascia uno stato dei conti peggiore di quello che aveva promesso di sistemare: un debito pubblico che ha toccato il record di 2 mila miliardi di euro; un rapporto Pag. 22debito-PIL che viaggia verso il record, anch'esso storico, del 150 per cento, quasi il triplo della soglia massima consentita dai Trattati europei. Lascia un deficit pubblico dal valore di pareggio di bilancio, che è sempre stato annunciato, ma mai raggiunto. Infine vorrebbe prendersi i meriti di un'operazione (quella di cui stiamo trattando oggi) già da tempo pensata dal precedente Governo, ma scaricando l'intero costo e tutte le incertezze del successo dell'operazione sul prossimo, che dovrà pensare, ahimè, presumibilmente, ad una nuova manovra correttiva, e reperire risorse per l'assorbimento dell'aumento della spesa in conto interessi necessario a finanziare l'operazione a seguito del buco delle entrate tributarie.
  Spiace contraddire lo stimato collega Zanetti, ma esiste in economia un principio inderogabile secondo il quale la bontà delle politiche economiche si misura dalle statistiche economiche.
  E le statistiche dicono che questo Governo passerà agli annali per essere stato il peggiore della Repubblica italiana: 16 mesi al potere, mai uno in cui il PIL abbia visto un segno positivo. Doveva essere il motore della crescita e, invece, lascia un crollo straordinario: -3,7 per cento di PIL in due anni. Ha giustificato il crollo del sistema economico come un passo necessario per riportare il debito pubblico sotto controllo e ora, alla fine del suo incarico, ci viene a dire che la speranza di vederlo diminuire è solo un'utopia.
  Cosa bisogna fare a questo punto ? Il buonsenso, prima ancora della politica, dice una sola cosa: costruire un Esecutivo forte che abbia potere contrattuale, e un Presidente della Repubblica autenticamente rappresentativo di tutti gli interessi nazionali. Fatto sta che la posizione vetero-ideologica, oserei dire quasi da anni Cinquanta, ha bloccato la cosa più logica che si potesse fare, cioè un Governo di larghe intese che già più volte è stato sperimentato in Germania.
  Noi non possiamo più pensare che gli italiani non abbiano capito questo disegno. Le responsabilità sono evidenti. Quindi, per quanto l'azione del Capo dello Stato sia indirizzata in una logica di individuazione di un percorso politico, riteniamo che non si possano ulteriormente avere perdite di tempo. È vero che l'Italia il Governo ce l'ha e che può lavorare, ma può lavorare solo per gli affari correnti e non mi pare proprio che l'Italia sia in una fase così tranquilla per poter temporeggiare ancora. Urge un Esecutivo politico capace di guardare a tutto il Paese, e non ad una sola parte politica, e che sappia prendere decisioni forti e veloci. Adesso bisogna ridiscutere il fiscal compact, riscrivere un patto per la crescita, far funzionare lo scudo antispread, negoziare lo sforamento del Patto di stabilità per il pagamento della pubblica amministrazione ai fornitori, che secondo il nostro parere non è di 70 miliardi, ma di 120 miliardi. Fu così per Kohl: durante l'unificazione delle due Germanie fecero le loro riforme senza rispettare il Patto di stabilità, ma loro avevano un Esecutivo forte, che rappresentava tutto il Paese. Ecco perché siamo convinti che abbiamo bisogno di parlare con coloro che si sentono i padroni dell'Europa con una capacità di contratto che ovviamente in questo momento non abbiamo. Ecco perché ci vuole un Esecutivo di larghe intese.
  Ed ecco perché il prossimo Capo dello Stato deve essere garante della coesione nazionale, difendere gli interessi legittimi rispetto alla rapacità della finanza internazionale tecnocratica, e mai e poi mai scelto da una sola parte politica. Per coloro che fanno orecchio da mercante ricordo che da luglio prossimo e per tutto il 2013 famiglie e imprese continueranno ad essere scuoiate vive. Solo dall'IVA avremo 14,7 miliardi che graveranno in capo ai cittadini. Poi ci sarà la TARES, l'accisa sui carburanti (50 centesimi in più), l'addizionale IRPEF, l'IMU, l'IVIE sulle case all'estero, il taglio della detraibilità delle auto aziendali (uno scherzetto che varrà 500 milioni di euro in più da pagare per le nostre aziende), Tobin tax, bollo sui conti correnti, «patrimonialina» dello 0,15 per cento sugli investimenti finanziari. Altre tre milioni di famiglie – ci ha detto la CGIL l'altro ieri – finiranno Pag. 23nell'inferno della povertà. E ancora non abbiamo parlato dei 50 miliardi che dobbiamo restituire all'Unione europea per il fiscal compact. Ciò significa spesa pubblica tagliata in maniera spaventosa.
  Onorevoli colleghi, senza un Esecutivo forte e un Presidente della Repubblica forte, eletto da tutti, non si va da nessuna parte. Qualora ciò si renderà impossibile, è evidente che non potranno essere accettati «surrogati» che in maniera maldestra porterebbero un'altra vittoria di Pirro, che però questa volta non verrebbe fatta pagare a qualcuno, ma a tutta la nazione, che da quel momento in poi verrebbe ridotta alla irrilevanza internazionale e alla povertà economica.
  Noi non siamo per l'estrema soluzione delle elezioni se non costretti. Lo ribadiamo: l'attaccamento verso i nostri valori, il nostro popolo e la nostra Patria, ci porta con il cuore e la ragione, ad una soluzione costruttiva. Noi l'avviso ai naviganti lo abbiamo dato. Ora ognuno si assuma davanti alla storia e al popolo le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, Ministri, colleghi, oggi, con questa risoluzione, il Parlamento ha dato mandato al Governo per redigere un decreto che consenta il pagamento di una parte di debiti commerciali della pubblica amministrazione, nell'ordine di 20 miliardi per ciascuna delle annualità 2013 e 2014, con relativi benefici per il sistema delle imprese e per le condizioni di liquidità dell'interno del sistema economico nazionale.
  Occorre sottolineare alcuni aspetti: secondo le ultime stime della Banca d'Italia i debiti commerciali della pubblica amministrazione ammonterebbero a 91 miliardi alla fine del 2011, la cui composizione vedrebbe particolari incidenze sul fatturato del settore delle costruzioni. Non solo la quantificazione è poco affidabile, ma risulta per nulla esaustiva. Del tutto assente è la quantificazione del 2012, mentre quella del 2011 è basata su un limitato campione, non rappresentativo del tessuto industriale italiano.
  Di questi crediti, una parte – il 10 per cento, secondo la Banca d'Italia – è stato già ceduto dalle imprese a intermediari finanziari con le forme pro soluto e pro solvendo, a seconda dei casi; ciò significa che possiamo ragionevolmente ritenere che l'ammontare dei debiti corrisponda a un'immediata immissione di liquidità nel sistema economico per quelli in mano alle imprese, mentre per i pagamenti che finiscono nel sistema creditizio l'efficacia dell'operazione è incerta, in quanto l'immissione di liquidità risulta essere indiretta.
  Occorre ricordare, signor Presidente, che il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, recependo la direttiva europea, fissava in 30 giorni il pagamento dei crediti ordinari della pubblica amministrazione e in 60 giorni il regolamento per casi eccezionali. Tale decreto è stato del tutto disatteso, le ragioni sono riconducibili da un lato alla difficoltà di certificare i crediti, che ha scoraggiato moltissime imprese a presentare le relative domande, e dall'altro ai ritardi nella messa a punto della piattaforma informatica.
  Non è un Paese civile quello in cui si permette che decine e decine di migliaia di imprese sane ed efficienti si trovino in seria crisi di liquidità per il perpetrare di inefficienze e malfunzionamento della macchina amministrativa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), non è un Paese a cui sta a cuore il futuro dei suoi cittadini quello in cui ci si limita al mero rispetto contabile di alcuni dubbi principi numerici, invece la politica – in particolare modo la politica economica – si dovrebbe occupare di realizzare obiettivi di benessere, di piena occupazione, di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale Pag. 24del Paese, come ci ricorda la nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma così non è stato, anzi, ancora una volta è stato messo in primo piano solo il mero principio contabile invece che la salvaguardia del concetto economico di impresa, il cui scopo ultimo è quello di generare economia reale, e non finanziaria o bancaria. Cari colleghi, ci sembra che gli ultimi Governi si siano più comportati come una classe di piccoli ragionieri, intenti a svolgere il compito assegnatogli dall'Europa, invece che ricercare soluzioni per l'Italia, cosa che contraddistinguerebbe un politico da un ragioniere. Com’è possibile governare un Paese che puntualmente disattende le più elementari regole degli adempimenti contrattuali e com’è possibile che ciò inneschi un circuito economico virtuoso basato sull'affidabilità delle parti in causa ?
  Torniamo alla risoluzione, la manovra oggetto dello studio della Commissione speciale sarà finanziata da una nuova emissione di debito pubblico che avrà un forte impatto sull'indebitamento netto, vicinissimo al -3 per cento, ipotizzato al -2,9 per cento, soglia che, qualora superata, comporterebbe la non applicabilità della mini golden rule. Considerato il troppo spesso verificato pressappochismo delle stime governative, ci rendiamo conto dell'effettiva rischiosità degli scenari che potrebbero profilarsi ? Siamo sull'orlo del precipizio e voi ne siete responsabili.
  Il MoVimento 5 Stelle è fermamente convinto che sia giunta l'ora di procedere al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, ma non è pienamente d'accordo nelle modalità dell'operazione. Il fiscal compact e il Fondo «salva Stati» sono impegni troppo gravosi e non volti alla ripresa dell'economia italiana, che è la vera urgenza del Paese. Pensate che questo l'ha capito anche la rigorosa Germania, bloccando tramite la Camera dei Länder il fiscal compact. Questa politica monetaria europea basata sui principi di austerity e rigore è troppo miope e lontana dai principi di unione e salvaguardia dei cittadini.
  Il problema di fondo non è quello di inseguire la crisi, ma di decidere se si vogliono cambiare radicalmente le politiche economiche europee seguendo basilari principi di logica economica e di benessere sociale, o continuare con queste politiche di crescita insostenibili e fallimentari. Certo è che in questo stato di non decisione rispetto a una politica economica europea, i cittadini pagano un prezzo altissimo. Fino a che sarà più conveniente investire nei mercati finanziari piuttosto che nell'economia reale, le nostre imprese continueranno a morire di credit crunch, invece di avere particolare impatto sullo sviluppo economico nei territori e sulla cura e la manutenzione delle risorse e dei beni pubblici a livello locale. L'esempio di Cipro, ormai già passato nel silenzio delle cronache, rappresenta la disfatta economica e democratica di una nazione avvenuta non attraverso armi, ma in modo subdolo e surrettizio, attraverso politiche finanziarie europee (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ci proponiamo, Presidente, di dare risposta a questi quesiti attraverso l'apertura di un tavolo di lavoro presso la Camera per potere, una volta per tutte, ridiscutere le clausole di rigore e la cecità di questo sistema Europa, superando questo tabù ed affrontando le conseguenze a esse collegate, come già fatto da altri Paesi. Al MoVimento 5 Stelle preme fortemente che alle imprese italiane, soprattutto le piccole e medie imprese, cuore pulsante della nostra economia, vengano saldati i propri crediti, dando respiro alla produttività della parte sana del sistema imprenditoriale italiano. Pertanto, il nostro lavoro all'interno della Commissione speciale, ha voluto significare l'inserimento dei seguenti punti fondamentali all'interno della risoluzione di maggioranza, volti a vigilare che ciò avvenga nel modo più trasparente possibile: le imprese prima delle banche; la trasparenza e la pubblicità; l'economia reale prima di quella finanziaria; l'economia locale e non quella delle grandi opere; la distribuzione dei flussi di denaro secondo equità e solidarietà.Pag. 25
  Vi ricordiamo, cari colleghi, che il Parlamento, votando oggi questa risoluzione di maggioranza, si impegna a garantire tutto questo per assicurare l'avvio di un circuito virtuoso che garantirà, attraverso benessere sociale, che nessuno rimanga indietro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Baretta. Ne ha facoltà.

  PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, colleghi, questa è la prima vera discussione di politica economica che facciamo in quest'Aula dopo l'avvio della legislatura. Siamo chiamati ad esaminare un aspetto molto importante e delicato: le modifiche, purtroppo al ribasso, delle previsioni economiche già contenute nel Documento di economia e finanza. È la prova, se ancora ce ne fosse bisogno, della gravità della situazione nella quale si trova l'Italia, e dell'urgenza di dare risposte. Ma le risposte continuano a non arrivare.
  L'economia italiana sta subendo un brusco peggioramento. Il PIL si è ridotto ulteriormente. Appena due mesi fa la Banca d'Italia non prevedeva, per quest'anno, segnali di miglioramento e l'Istat, ancora in questi giorni, ci segnala un ulteriore abbassamento del grado di fiducia delle famiglie, mentre cresce quello che eufemisticamente viene chiamato il grado di deterioramento del capitale umano, cioè il disastro nel quale versa la condizione giovanile.
  Conosciamo bene, infatti, i dati drammatici della disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, ma anche quelli di coloro che, non più giovani, perdono il lavoro. E così, mentre aumentano le ore della cassa integrazione, stanno terminando le risorse necessarie a sostenerla, con il rischio che aumentino coloro che si troveranno senza reddito e senza pensione, mentre dobbiamo ancora risolvere il problema degli esodati.
  Vediamo crescere vertiginosamente il numero delle aziende produttive e commerciali che chiudono ogni giorno, spesso strozzate da una crisi di liquidità dovuta all'asfissia del credito.
  Siamo impressionati e coinvolti dal numero di imprenditori che si sono suicidati perché non sopportavano il fallimento di una vita spesa a far crescere, attraverso la loro attività e la loro azienda, l'economia di un territorio ed il lavoro di persone e famiglie. È sempre più insostenibile il peso della pressione fiscale, aggravata dall'attesa della Tares e dall'imminente aumento dell'IVA. Siamo interrogati dall'aumento spaventoso della povertà. Crescono attorno a noi l'indigenza e il disagio. Ne pagano il prezzo le famiglie e le comunità, e sono soprattutto gli enti locali, a cominciare dai comuni, ad essere in difficoltà nell'assicurare i servizi ai cittadini.
  È un elenco ancora incompleto, ma già di per sé sconvolgente, un elenco di priorità concrete e immediate di persone e famiglie che attendono da noi risposte. Al tempo stesso, vediamo che, pur nella generale sfiducia, gli italiani continuano a rimboccarsi le maniche e ad operare ogni giorno con tenacia per mandare avanti la baracca, ma anche questo impegno, questo attivismo e questa volontà positiva, esprimono una domanda di sostegno, di strumenti e di conoscenza che ha bisogno di risposte. Risposte che tardano ad arrivare a causa di un contesto politico straordinariamente intricato, e noi qui oggi risentiamo del peso di questa situazione incompiuta. Abbiamo apprezzato la capacità del Presidente Napolitano di evitare lo stallo completo di una legislatura appena nata e saremo leali sostenitori della sua iniziativa, ma non possiamo in quest'Aula non dirci che avvertiamo tutta la precarietà e la problematicità di questa fase. Le Commissioni speciali sono già al lavoro da alcuni giorni e non ci sottrarremo alle nostre responsabilità, ma il nostro compito come Commissione speciale, per quanto importante, non può risolvere la crisi. La normale via parlamentare non dipende solo dal Governo, ma francamente non ne prescinde. La sovranità del Parlamento, che esiste e precede il Governo, si realizza compiutamente solo in relazione all'Esecutivo.
  L'argomento dunque diventa non tanto un Parlamento che agisce senza Governo, Pag. 26ma un Parlamento che legifera con un Governo purché sia, anche scaduto. È quanto sta accadendo a noi. Noi infatti discutiamo con un Governo dimissionario e, ancorché mai sfiduciato, nemmeno mai fiduciato da questo nuovo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). Questa situazione non può durare. Ci vuole un Governo, un nuovo Governo, ma non uno qualsiasi. Sono troppi i commentatori e gli opinionisti che, dopo averci per molto tempo criticato, perché eravamo, a loro dire, troppo concilianti e troppo responsabili, oggi si spendono con disinvoltura per maggioranze qualsiasi, purchessia, purché respiri. No, quello che serve oggi, proprio per la gravità e l'urgenza della situazione del Paese, proprio perché bisogna prendersene cura e dargli una prospettiva certa, non è una maggioranza qualsiasi, un Governo qualsiasi. Serve sì un Governo, e subito, ma che sia di cambiamento, che affronti di petto e con coraggio la situazione economica, sociale e politica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà) e soprattutto non si perda in estenuanti tentativi di conciliazione, come fin troppe volte abbiamo dovuto fare nella «strana maggioranza» dello scorso anno. Insomma un Governo che lo faccia per davvero questo cambiamento.
  Nondimeno, signor Presidente, proviamo a rispondere, per quanto in nostro potere, ad alcune emergenze economiche e sociali. Oggi una prima risposta sembra possibile finalmente, sbloccare cioè i pagamenti della pubblica amministrazione verso le imprese. Diciamo subito però che lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione verso i creditori è per noi solo il primo passo, il primo atto di una strategia compiuta. Se vogliamo infatti incidere davvero sulla ripresa, bisogna smontare al più presto l'intero Patto di stabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). Bisogna svincolare gli enti locali dai vincoli del Patto, a cominciare dai comuni, e consentire loro di potere agire, a partire dalle risorse disponibili, almeno su tre grandi emergenze che si intrecciano tra loro: il dissesto idrogeologico e la cura del territorio, la manutenzione degli edifici pubblici, a cominciare dalle scuole (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle) e la regolarità dei pagamenti. Si dovrà agire senza indugi, anche a fronte della disponibilità manifestata in questi giorni in sede europea per un possibile allentamento delle regole del Patto.
  Per quanto ci riguarda, noi riconfermiamo il pieno rispetto degli impegni presi dall'Italia in materia di bilancio, ma proprio la conferma, anche da parte del nuovo Parlamento, di questi vincoli, ci rende credibili nell'insistere con l'Unione europea per un cambio di assetto. Dobbiamo recuperare il ritardo accumulato negli ultimi mesi di Governo della scorsa legislatura, quando si poteva, a fronte del miglioramento dei nostri conti pubblici, alzare di più la posta per spingere per una revisione delle regole europee.
  L'attuale politica economica dell'Unione non consente di uscire dalla crisi. Al necessario rigore dei conti pubblici è indispensabile – indispensabile – affiancare le misure per lo sviluppo e la solidarietà. Per la verità, lo si sarebbe già dovuto fare da tempo, come da noi sollecitato a più riprese ed affermato da questo stesso Parlamento in una risoluzione di pochi mesi fa.
  L'Italia deve fare la sua parte, a cominciare dall'imminente appuntamento di stesura dei due principali documenti di politica economica: il Documento di economia e finanza, che – lo ricordo – dovrà essere presentato a questo Parlamento entro la metà di questo mese, cioè tra una decina di giorni, e il Piano nazionale delle riforme.
  Credo necessario, signor Presidente, che il Governo esca dal riserbo che circonda queste scadenze e cominci a discutere con noi, in Parlamento, cosa intende fare e dire in questi importanti documenti. Ma intanto agiamo, agiamo noi: almeno sui pagamenti, bisogna agire ora. Il 25 per cento delle imprese italiane sono creditrici Pag. 27della pubblica amministrazione. Delle oltre 30 che falliscono ogni giorno, più della metà lamenta, tra le cause, i ritardati pagamenti, i cui tempi sono ben oltre i due anni, il doppio della media europea.
  Il debito era l'anno scorso di 60-70 miliardi di euro. Quest'anno è già arrivato oltre i 90 miliardi, con il risultato, doppiamente negativo, che l'insolvenza degli enti pubblici provoca un crescente, pesante contenzioso, con l'effetto di un ulteriore aggravio dei costi. Non vi è tempo da perdere, dunque, e finalmente anche il Governo considera questo tema come necessario. Gli importi previsti, pari a circa 40 miliardi di euro, non rappresentano neanche la metà di quei 91 miliardi del totale, ma è un buon inizio, soprattutto se nel decreto il Governo terrà conto delle indicazioni unanimi che stanno provenendo da quest'Aula.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 17,05).

  PIER PAOLO BARETTA. Di questi 91 miliardi, solo 11 sono quelli ceduti pro soluto a intermediari finanziari, il che ci consente di affermare che la priorità dei pagamenti può andare direttamente alle imprese, scongiurando la giusta preoccupazione, da più parti manifestata, che la quota parte rilevante fosse destinata al sistema bancario.
  Ma l'assoluta urgenza di pagare le imprese non deve farci ignorare un aspetto di questa vicenda che va affrontato con grande senso di responsabilità. Mi riferisco ai riflessi di questa manovra sul saldo di bilancio, che passerebbe da meno 2,4 per cento al 2,9, a ridosso, cioè, di quel 3 per cento del PIL che rappresenta, come noto, il livello massimo di indebitamento netto nominale previsto dal Patto di stabilità e crescita.
  Dunque, con l'intervento sui pagamenti, che – lo ripeto – va assolutamente realizzato, si esaurisce, di fatto, almeno per il 2013, il residuo spazio per interventi di politica economica a livello nazionale. Politicamente, si tratta di un'ipoteca sulle attività di questo e anche, e soprattutto, del prossimo Governo che non possiamo sottovalutare e che rende necessaria una presa di coscienza politica.
  Tanto più se ci ricordiamo quell'elenco di priorità di cui ho parlato all'inizio e se confermiamo la scelta di non sforare il tetto del 3 per cento, si prefigura l'eventualità di una manovra correttiva. È meglio prendere coscienza sin d'ora di questa complessità, affinché la discussione che faremo a breve sul DEF ne sia consapevole.
  In conclusione, signora Presidente e colleghi, ci aspettiamo, con l'approvazione di questa risoluzione, che, già nei prossimi giorni, il Governo vari il decreto applicativo per dare il via ai pagamenti certi ed immediati alle imprese da parte della pubblica amministrazione. Ci aspettiamo anche che il decreto raccolga le indicazioni del Parlamento.
  Il relatore, onorevole Causi, e i rappresentanti di tutti i gruppi – sottolineo, tutti – sono concordi nel chiedere rapidità e nel rivendicare concretezza e chiarezza, a partire dall'immediata esigibilità, dalla semplicità ed automatismo delle norme, dall'effettiva possibilità di compensazione con i debiti tributari delle imprese, dall'eventuale centralizzazione dei pagamenti, sulla base, pur con le specificità italiane, del modello spagnolo (Spagna che, peraltro, concluse l'intesa con l'Europa un bel po’ di mesi fa).
  Insomma, se si agisce subito, si può tamponare l'emorragia, si sblocca lo stallo e si avvia una inversione di tendenza salutare. È il presupposto decisivo per favorire una ripresa di fiducia da parte delle imprese, soprattutto quelle medie e piccole, strozzate da troppi fattori negativi – credito, produttività, scarsa innovazione – per sopportare che tra questi ostacoli ci sia anche lo Stato. Noi non possiamo permettercelo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, onorevole Argentin ? A che titolo ?

Pag. 28

  ILEANA ARGENTIN. Sarò brevissima, a titolo personale, per dire una cosa molto semplice. Visto che parliamo di imprese, di pagamenti necessari, ruberò solo un minuto a questa Aula, e a lei Presidente – che ringrazio per avermi dato la parola – per dire che da sempre le imprese hanno l'obbligo di assumere le categorie protette, i disabili, gli ex detenuti, i rifugiati, le persone con difficoltà. Bene, oggi noi voteremo a favore tutti insieme. Però chiedo alle imprese, ancora una volta, una attenzione maggiore. Chiedo a questo Governo, o al Governo che verrà, di non dare appalti, come prevede la normativa, lì dove non c’è il rispetto delle assunzioni obbligatorie previste dalla legge. Grazie (Applausi).

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro chiusa la discussione. Avverto che la risoluzione n. 6-00001 è stata sottoscritta anche dal deputato Corsaro. Invito ora il rappresentante del Governo a dichiarare se intende accettare la risoluzione numero 6-00001.

  VIERI CERIANI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Prima di passare ai voti vorrei ricordare l'onorevole Ugo Vetere.

In ricordo dell'onorevole Ugo Vetere (ore 17,10).

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, la notte scorsa è deceduto, all'età di 88 anni, l'onorevole Ugo Vetere, già deputato nella VI, VII e VIII legislatura e senatore nella X legislatura.
  Nato a Reggio Calabria il 23 aprile 1924, sindacalista, dopo aver partecipato alla resistenza iniziò il suo impegno a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori nella CGIL. Nel corso degli anni Sessanta lasciò il sindacato per dedicarsi all'attività politica. Nel 1966 venne eletto al Consiglio comunale di Roma nelle liste del PCI. Nel 1976 fu nominato assessore al bilancio nella giunta guidata da Giulio Carlo Argan, carica che mantenne anche nella successiva giunta di Luigi Petroselli. Dal 1981 al 1985 ricoprì il difficile incarico di sindaco della capitale, che svolse con dedizione e con grande spirito di servizio, e che fu caratterizzato da una costante attenzione al miglioramento delle condizioni di vita delle periferie e da una particolare sensibilità nei confronti delle fasce più deboli della cittadinanza.
  Eletto alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1972, fu componente di numerosi Commissioni ed organismi parlamentari. Nel corso della sua attività diede un decisivo contributo alla redazione e all'approvazione di progetti di legge in materia di enti e finanza locale, di tutela dei lavoratori, di istruzione, di università.
  Ugo Vetere è stato un sindacalista ed un politico capace e rigoroso, un amministratore serio e competente. La Presidenza ha già fatto pervenire ai familiari l'espressione della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea, invitandola ad un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, solo qualche parola per ricordare la figura e la personalità di Ugo Vetere.
  Amava dire – e in questa espressione si raccoglie molto della sua personalità – la seguente frase: tocca sempre a qualcuno seminare e toccherà sempre a qualcun altro raccogliere.
  Lui apparteneva a coloro che si proponevano di seminare, di costruire e fu un costruttore, fu un seminatore. Era la sua idea alta di senso del servizio nei confronti delle istituzioni e nei confronti dei cittadini.Pag. 29
  Era nato nel 1924 in Calabria. Aveva partecipato da giovanissimo alla resistenza, qui a Roma, e subito dopo la liberazione era stato impegnato nell'attività sindacale. Era diventato, come ha ricordato il Presidente, segretario generale della funzione pubblica di Roma e poi segretario nazionale. Erano gli anni della CGIL di Di Vittorio e di Agostino Novella.
  Nel 1966 era stato eletto nel consiglio comunale di Roma e ne era diventato capogruppo per il Partito Comunista Italiano ed è del 1972 la sua prima elezione alla Camera dei deputati.
  In dieci anni, a partire dalla vittoria di Argan e dalla sua sindacatura, trascorse la sua parte più importante, quella per la quale sarà ricordata la sua vita: assessore al bilancio con Argan, assessore al bilancio con Luigi Petroselli e dopo la morte del sindaco più amato dai romani toccò a lui raccoglierne la difficile eredità.
  Lungo dieci anni si occupò quasi sempre delle stesse cose, sì, è vero: finanza locale. Ma per lui finanza locale voleva dire delle cose concrete, precise, e delle scelte di campo. Il suo lavoro per l'edilizia, per dare la casa a chi non ce l'aveva, per sistemare le borgate, il suo lavoro con Don Luigi Di Liegro per dare una casa ai senzatetto: era questo il cuore della sua azione ed il cuore della sua iniziativa.
  Amava anche ripetere: sono il sindaco di tutti, di chi mi ha votato, di chi non lo ha fatto e di chi mi ha votato contro. Nel 1986 non ce la fece ad essere rieletto e con lui terminò quella straordinaria ed irripetibile stagione di amministratori romani, in cui Roma cambiò volto e diventò più giusta e più moderna. In qualche misura, da vivente, restò il testimone più autorevole di quei dieci anni di buona amministrazione.
  Fu un uomo sobrio, onesto, concreto. Il suo vicesindaco nel ricordarlo oggi lo ha definito il sindaco gentiluomo. Dunque, quello che noi ricordiamo è sostanzialmente un grande esempio di una persona che ha onorato non solo la sua parte politica e la sua città di elezione, ma le nostre istituzioni e la nostra democrazia. E ci ricorda anche che la ricerca di questi valori apparentemente nuovi, in realtà, richiama valori che non hanno tempo, che sono insieme anche antichi, perché sono permanenti e segnano l'idea più alta che si possa avere della responsabilità pubblica e dell'onore che si deve alle nostre istituzioni (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 17,15).

(Votazione – Doc. LVII-bis, n. 1)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione la risoluzione Giancarlo Giorgetti, Amici, Barbanti, Bernardo, Buttiglione, Di Salvo, Corsaro e Tabacci n. 6-00001, accettata dal Governo.
  (È approvata – Applausi).

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito del medesimo gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia ha reso noto che sono stati nominati tesoriere il deputato Paolo Vitelli e segretario d'Aula la deputata Gea Schirò Planeta. Ai deputati Gianpiero D'Alia, Adriana Galgano e Mario Marazziti è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

In morte dell'onorevole Umberto Scapagnini.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Umberto Scapagnini, già membro della Camera dei deputati nella XVI legislatura.
  La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni Pag. 30della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dall'Assemblea.
  Ne commemoreremo la figura in un'altra seduta (Applausi).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 3 aprile 2013, alle 12,30:

  Comunicazioni del Presidente.

  La seduta termina alle 17,20.