Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 3 di lunedì 25 marzo 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 17,40.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 marzo 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Artini, Bergamini e Pistelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo 2013.
  Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri interverrà un rappresentante di ciascun gruppo in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica. Il tempo dell'intervento è di dieci minuti ciascuno. In ragione dell'articolazione del gruppo Misto in componenti politiche, a ciascuna di esse è riservato un tempo di tre minuti. Non sono previsti interventi a titolo personale.
  Come ho già anticipato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, il deputato La Russa, essendo pendente una domanda di autorizzazione alla costituzione di un gruppo (denominato «Fratelli d'Italia») con un numero di iscritti inferiore a venti, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del Regolamento, ha chiesto che, nelle more della decisione su tale domanda, sia consentito ad uno dei deputati che l'hanno sottoscritta di prendere la parola nel corso dell'informativa.
  La Presidenza vi consente eccezionalmente, per lo stesso tempo (tre minuti) assegnato alle componenti politiche del gruppo Misto.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, senatore Mario Monti.

  MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri. Onorevole Presidente, onorevoli deputate e onorevoli deputati, desidero anzitutto rivolgere, a nome del Pag. 2Governo e mio personale, a lei, signora Presidente della Camera dei deputati, onorevole Laura Boldrini, un saluto deferente e caloroso, con ogni augurio per il migliore successo nell'importante carica istituzionale che ella ricopre. Voglio rivolgere poi a tutti gli onorevoli deputati il nostro saluto e i migliori auguri per l'avvio di questa nuova e impegnativa legislatura.
  Sono molto lieto che la Presidente della Camera, così come il Presidente del Senato, abbiano voluto subito cogliere la disponibilità che, a nome del Governo, ho manifestato loro nei giorni scorsi per questa informativa in merito all'esito del Consiglio europeo.
  Non era prassi consolidata in passato, ma abbiamo ritenuto – la maggioranza che ha appoggiato il Governo uscente e il Governo stesso – di introdurre questa prassi, secondo la quale prima di ogni Consiglio europeo il Governo si reca alle Camere per riferire circa il proprio indirizzo e per ascoltare le considerazioni degli onorevoli parlamentari e, dopo ogni Consiglio europeo, viene svolto analogo rapporto informativo e presa di coscienza circa il risultato.
  Devo dire che questa prassi, molto invalsa in quasi tutti gli Stati membri dell'Unione europea, in particolare in quelli nordici, l'abbiamo introdotta per due motivi: per un doveroso riguardo nei confronti del Parlamento, che deve avere il ruolo che gli spetta in materie che sempre più assorbono una quota importante delle decisioni rilevanti per la vita del Paese, ma anche per rafforzare la posizione negoziale dell'Italia. Molte volte è capitato in passato che i Capi di Governo italiani che si sono succeduti si sentissero dire dai loro colleghi di altri Paesi: mi spiace, io non posso modificare neanche un po’ la mia posizione negoziale in sede di Consiglio europeo, perché il mio Parlamento non me lo consentirebbe.
  Ebbene, abbiamo gradualmente fatto presente a tutti gli altri ventisei Capi di Stato e di Governo che ogni Paese ha un Parlamento, monocamerale o bicamerale, e che ogni Paese ha una Corte costituzionale e che, quindi, non è il caso che quei Governi che più spesso fanno valere nel dibattito il richiamo al proprio Parlamento fruiscano di una forza negoziale maggiore di quelli che meno si riferiscono al Parlamento. Ed io ringrazio, nelle Assemblee la cui permanenza evidentemente travalica la vita delle singole legislature, il Parlamento per avere accompagnato, stimolato, talora criticato, sempre incoraggiato l'attività del Governo nei confronti delle sedi europee e, in particolare, del Consiglio europeo. Mi auguro che il Governo che – spero molto presto – succederà a questo possa avvalersi di questo stesso molto costruttivo rapporto.
  Il Consiglio europeo del 14 e 15 marzo scorsi si è occupato di diversi temi importanti. Vorrei soffermarmi, tuttavia, in particolare su quello che ritengo il fatto politico più importante cioè l'evoluzione, ben manifestatasi in quell'occasione dopo un processo continuo negli ultimi tempi, della posizione dell'Unione europea riguardo al rapporto tra disciplina del bilancio pubblico e crescita.
  Al Consiglio europeo si sono confrontate, come accade da tempo, due diverse impostazioni: da un lato, quella degli Stati membri che vedono nella riduzione del debito pubblico e nelle riforme strutturali per la competitività l'unica strada, cioè la condizione necessaria e anche sufficiente, per permettere l'uscita dalla crisi; dall'altro lato, la visione di chi, come noi, da tempo sollecitava anche misure urgenti per rispondere alle difficoltà delle imprese, alla disoccupazione crescente e al bisogno di investimenti.
  Naturalmente le decisioni del Consiglio europeo sono prese all'unanimità, a ventisette. Non basta essere molto convinti e molto assertivi: bisogna riuscire a spostare gli equilibri nel Consiglio europeo e questo richiede tempo e continuità di applicazione. Per contribuire a questo dibattito, che continuerà, ho desiderato anche cogliere l'occasione di quella che, con ogni probabilità e auspicio, sarà stata la mia ultima presenza al Consiglio europeo, per indirizzare in anticipo rispetto alla seduta una lettera al Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e a tutti i Pag. 3colleghi, Capi di Stato e di Governo, nella quale, partendo dall'esperienza italiana degli ultimi due anni, ho chiesto che la discussione si focalizzasse sugli strumenti per conciliare, in concreto, consolidamento fiscale e politiche orientate alla crescita. In particolare, ho chiesto una riflessione su come permettere ai Paesi che si trovano nella cosiddetta parte preventiva del patto di stabilità di usare appieno i margini di flessibilità esistenti per azioni a sostegno della crescita e contro la disoccupazione.
  Rispetto a queste premesse, credo che i risultati dell'ultimo Consiglio europeo segnino un progresso reale nella direzione auspicata da tempo dall'Italia e con il forte consenso, che mi è parso molto trasversale, del Parlamento italiano, vale a dire di un maggiore bilanciamento tra disciplina delle finanze pubbliche e attenzione alla crescita e all'occupazione.
  Le conclusioni del Consiglio ribadiscono in più punti l'importanza delle misure in favore della crescita sia dal lato del mercato unico europeo, sia dal lato dell'attuazione delle misure del Patto per la crescita.
  Il Patto per la crescita – lo ricordo – è un'iniziativa, adottata dal Consiglio europeo nel giugno del 2012, mossa inizialmente da una lettera che il Governo italiano, al quale si sono poi uniti altri undici Governi, ha scritto al Consiglio europeo nel febbraio del 2012. Si è creato un certo dinamismo che, mesi dopo, si è anche giovato dell'avvento al potere in Francia e nel Consiglio europeo del Presidente Hollande, più sensibile a questo tema del Presidente Sarkozy, e nel Consiglio europeo di giugno si è stipulato per la prima volta questo Patto per la crescita.
  Ma l'elemento chiave di quest'ultimo Consiglio europeo, oltre a fare il punto sull'attuazione delle misure del Patto per la crescita, è stato un altro: per la prima volta sono indicate aperture che, se opportunamente valorizzate da Paesi come l'Italia, che più ne hanno interesse, potrebbero trasformarsi in un varco verso un nuovo sentiero di politica economica. Il Consiglio ha, infatti, riconosciuto l'importanza, per la qualità delle finanze pubbliche, della distinzione tra spesa pubblica corrente e spesa pubblica per investimenti produttivi. Il Consiglio chiede che il risanamento di bilancio sia differenziato e favorevole alla crescita e che – cito perché ognuna di queste parole è stata oggetto di piccoli avanzamenti e tentativi di arretramenti da parte di un fronte più nordico – «nel pieno rispetto del Patto di stabilità e di crescita, le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell'Unione europea per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con gli obiettivi di bilancio siano sfruttate nel braccio preventivo del Patto stesso», cioè per quei Paesi che non stanno violando il Patto di stabilità e di crescita e che, quindi, sono nel braccio preventivo e devono osservare determinate regole, e non ancora nel braccio, ahimè, repressivo. Anche la terminologia non è sempre delle più rasserenanti.
  Che cosa vuol dire quest'affermazione ? Non si tratta ancora della deroga che consentirebbe di contabilizzare gli investimenti produttivi al di fuori del Patto di stabilità e di crescita, cioè della cosiddetta golden rule, ma della possibilità che, nel valutare il percorso di uno Stato verso la situazione di equilibrio della finanza pubblica a medio termine, si tenga conto dell'impatto sulla crescita di tali investimenti. Quindi, la formula usata dal Consiglio sta ad indicare che i Paesi che non hanno deficit eccessivo possono aumentare il volume di determinate categorie di investimenti pubblici, in particolare quelli legati ai fondi strutturali e alle reti transeuropee, suscettibili di creare crescita futura e, quindi, di compensare nel tempo l'investimento iniziale.
  Le regole di base rimangono invariate, ma con questa interpretazione, che non è un trucco, ma è un'interpretazione legittimata delle regole esistenti, si evita un'applicazione meccanicistica che ingabbia gli Stati membri creando margini per gli investimenti pubblici proprio nel momento in cui è più appropriato sostenere l'economia. Si tratta di uno spazio di manovra vero, non effimero, anche se contenuto entro certi limiti e vincolato a spese per Pag. 4investimenti che hanno obiettivi di crescita, come i progetti cofinanziati dall'Unione.
  Qui, permettetemi una parola: è molto facile che ciascuno di noi o moltissimi di noi, su questo e su altri punti, venendo da una tradizione e da una sensibilità italiane, si dichiarino sistematicamente insoddisfatti di queste angustie. Naturalmente, la tradizione italiana è una tradizione alla quale si può anche non sentirsi legati. Quando io mi sono presentato in quest'Aula e in quella del Senato il 17 novembre del 2011 per sottoporre il nostro Governo alla fiducia delle Camere, ho ricordato con pacatezza ai deputati e ai senatori che quel macigno che grava sulle spalle degli italiani giovani di oggi, che non trovano lavoro, in queste Aule è stato fabbricato nel corso dei decenni con un sistematico eccesso della spesa rispetto alle imposte e, quindi, con un aumento continuo del debito pubblico che sarebbe gravato sulle generazioni future, le quali hanno il piccolo inconveniente che poi arrivano – e, quindi, sono arrivate – con le spalle gravate da questo debito pubblico che ha terribilmente complicato tutto.
  Ecco che noi italiani abbiamo una sensibilità che deriva dall'avere internalizzato questi comportamenti, che risalgono a molti e molti anni addietro, ma che sono stati con noi per decenni, e altri Paesi pensano che noi siamo ancora su quella lunghezza d'onda e non è facile convincerli che siamo radicalmente cambiati.
  Vi prego anche di osservare, a beneficio dell'efficacia che potrete avere nei confronti dei futuri Governi, che una cosa è desiderare con forza o picchiare il pugno sul tavolo a Bruxelles, come spesso da queste aule si esortano i Governi a fare, altro è ottenere un risultato. Pensate che quello scudo anti-spread introdotto nell'estate del 2012 dalla Banca centrale europea e non ancora utilizzato né dall'Italia né da altri, ma che è lì che dà una certa tranquillità al mercato e che fa sì che oggi, anche sotto turbolenze politiche come quelle elettorali e post-elettorali di un Paese, gli spread non schizzino più ai livelli che abbiamo conosciuto in passato, è stato possibile ottenerlo solo perché il Governo italiano, avvalendosi per una volta della regola della unanimità, che tanto è criticabile in sé, ha bloccato quel Patto per la crescita, che prima ho citato come cosa positiva in giugno, quando ha detto: no, non adottiamo questa sera il Patto per la crescita, se non adottiamo prima nel contesto dell'Eurogruppo a livello di Capi di Governo quest'altra misura per la stabilizzazione dei mercati, che alcuni Paesi, come la Germania, la Finlandia o l'Olanda, non volevano, ma siccome volevano anche loro il Patto per la crescita, ci è riuscito alla fine di avere tutte e due le cose, con un vantaggio generale. Ma bisogna tenere presente che sono giochi molto complessi, nei quali la durezza fino al veto può essere giocata con rarità, mentre altre volte si sono minacciati veti poi non esercitati e questa naturalmente è la ricetta migliore per farsi trattare senza considerazione e senza efficacia.
  Gli spazi di manovra che si sono così creati sono un risultato, credo, significativo per l'Italia, per il quale desidero ringraziare per la loro attività che nei vari ambiti i membri del Governo hanno esercitato, in particolare il Ministro Moavero Milanesi, il Ministro Grilli, il Ministro Barca, il Ministro Passera e il Ministro Catania, che hanno lavorato con grande continuità. Non cito il Ministro Giarda perché il Parlamento è la sua Europa, e quindi è qui che lavora.
  Parallelamente un altro risultato significativo è stato raggiunto grazie all'evoluzione della posizione della Commissione europea sul tema, che sta a tutti noi tanto a cuore, dei debiti commerciali della pubblica amministrazione presso le imprese.
  In sintonia con le conclusioni del Consiglio europeo, lunedì 18 marzo, la Commissione europea ha incoraggiato l'Italia a mettere in atto un programma per la liquidazione, in tempi ragionevoli, del debito commerciale della pubblica amministrazione, notando che l'impatto sulle finanze pubbliche dei pagamenti effettuati per liquidare i debiti arretrati, in quanto non costituiscono nuova spesa pubblica, sarà preso in considerazione come fattore Pag. 5mitigante al momento della valutazione della sostenibilità delle finanze pubbliche italiane. Da notare che la Commissione europea è l'organo che autorizza oppure no, ma che autorizza o meno sulla base di un consenso che si è determinato a livello di Consiglio europeo. La Commissione europea, anche composta dalle attuali personalità, finora aveva fatto blocco a ipotesi di questo genere; sbloccandosi il consenso a livello di Consiglio europeo, ha potuto adesso essere – e addirittura tenere moltissimo ad apparire – l'entità che sferza l'Italia a fare tutto e subito in tema di pagamento del debito. Naturalmente va tenuto presente che se questo comporta la ri-uscita dai corsetti in materia di disavanzo pubblico ci risaremmo.
  Cosa può fare in concreto il nostro Paese per cogliere queste opportunità ? La strada maestra è quella di presentare nel Programma nazionale di riforma e nel Programma di stabilità, che come ogni anno l'Italia dovrà sottoporre alla Commissione entro il mese di aprile, un'agenda di riforme e i conseguenti obiettivi di finanza pubblica per l'anno in corso. I problemi del Paese però non aspettano il calendario comunitario. Anche alla luce del richiamo formulato dal Capo dello Stato e dell'allarme lanciato dalle parti sociali, abbiamo perciò ritenuto di anticipare i tempi e mettere subito in cantiere un intervento per risolvere in modo radicale il problema dei ritardi dei pagamenti e per assicurare i fondi necessari per gli investimenti cofinanziati dai fondi strutturali. Le misure adottate sin da oggi per assicurare lo smaltimento degli arretrati della pubblica amministrazione in forma indiretta non hanno, infatti, conseguito i risultati sperati. D'altro canto, l'applicazione della direttiva europea sui tempi dei pagamenti, che impone alle pubbliche amministrazioni di pagare i fornitori entro trenta giorni, permetterà di evitare la creazione di nuovo debito arretrato, ma lascia sul tappeto il problema dello stock di arretrati ereditati dal passato.
  Alla luce del mutato quadro europeo, il Governo ha quindi ritenuto necessario cambiare marcia, passando a una strategia di liquidazione diretta e non più indiretta dei debiti della pubblica amministrazione. In questo senso, il Consiglio dei ministri ha approvato il 21 marzo un progetto di intervento straordinario che comporta la mobilitazione di 20 miliardi di euro nella seconda parte del 2013 e di 20 miliardi di euro nel 2014, per un totale di 40 miliardi di euro.
  Le misure che il Governo intende adottare comprendono, in particolare, queste cinque componenti: in primo luogo un allentamento dei vincoli del Patto di stabilità interno, tale da consentire agli enti territoriali l'utilizzo degli avanzi di amministrazione disponibili e permettere i pagamenti effettuati in favore degli enti locali sui residui passivi a cui corrispondono residui attivi di comuni e province. Secondo: l'istituzione di fondi rotativi per assicurare la liquidità agli enti territoriali per il pagamento delle altre tipologie di debiti contratti con i fornitori, con obbligo di restituzione in un arco di tempo certo e sostenibile. Terzo: il pagamento dei debiti del comparto sanitario attraverso la concessione di anticipazioni di cassa. Quarto: una deroga alle spese 2013 per i cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. Quinto: i rimborsi fiscali pregressi a carico dello Stato attraverso l'utilizzo delle giacenze di tesoreria. I termini dell'intervento prospettato dal Governo sono descritti in modo più compiuto nella Relazione che abbiamo trasmesso al Parlamento ai sensi della legge n. 196 del 2009.
  Alla luce di alcune dichiarazioni dei giorni scorsi, che hanno generato qualche imprecisione, vorrei però chiarire alcuni aspetti. In primo luogo, da molte parti si chiede che il Governo paghi il debito tutto e subito; piacerebbe anche a noi.
  Ora, la presa di posizione della Commissione europea non significa un via libera illimitato all'aumento di deficit e di debito pubblico per i pagamenti dei debiti commerciali. Per quanto riguarda il deficit, l'Italia deve rispettare la soglia del 3 per cento nel 2013, mantenendo, a questo fine, un adeguato margine di sicurezza. Se Pag. 6questa soglia viene sforata, infatti, l'Italia non uscirà dalla procedura di deficit eccessivo e perderà ogni possibile vantaggio. Perché, d'altra parte, sono possibili, se pur con limiti, oggi ? Questo credo sia un legittimo dubbio, che tutti avrete: perché viene oggi a prospettare queste cose ? Perché le previsioni aggiornate, presentate poche settimane fa dalla Commissione, confermano che l'Italia avrà conseguito nel 2013 l'obiettivo severissimo del pareggio strutturale del bilancio pubblico; severissimo e fissato nell'estate del 2011 dal mio predecessore con la Commissione europea e la Banca centrale europea, anche comprensibilmente per cercare, in una situazione di grandissima turbolenza del mercato, di dare prova di grande volontà di riequilibrio dei conti. È obiettivo ambiziosissimo, ma che il Governo da me presieduto non si è neanche potuto permettere di pensare di mettere in discussione chiedendo un differimento, perché, su una base di molto fragile credibilità dell'Italia in quella fase, non avremmo voluto alimentare scetticismi circa la nostra determinazione, evidentemente. Quindi, abbiamo accolto con molto favore che qualche settimana fa la Commissione europea abbia sancito nelle sue previsioni questo pareggio strutturale, che significa un deficit non corretto per il ciclo del 2,4 per cento. Siccome, comunque, il massimo è il 3 per cento, volendo non lasciare al nuovo Governo la probabilità di andare subito a sbattere la testa contro il tetto, valutiamo che lo spazio fiscale utilizzabile per l'operazione di pagamento dei debiti della P.A. che impattano sul deficit sia di circa lo 0,5 per cento, così da arrivare a 2,9 per cento e non al 3 o sopra.
  Questo spazio dovrà essere usato per pagare i debiti che corrispondono a spese in conto capitale, perciò non ancora contabilizzate nel deficit, e per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali. È vero, peraltro – e mi avvio alla conclusione, onorevole Presidente, e chiedo scusa per il tempo che questa intricata materia ha richiesto – che la maggior parte dei pagamenti avrà un impatto solo sul debito pubblico e non sul deficit. Tuttavia, anche in questo campo i margini non sono illimitati. Bisogna infatti tenere conto che le maggiori spese devono essere coperte emettendo titoli del debito pubblico e quindi deve essere valutato l'impatto sui mercati di nuove emissioni e l'effetto a cascata sull'indebitamento netto, quindi sul deficit. Riteniamo inoltre opportuno – questa è una valutazione che spetta per intero al Parlamento e al nuovo Governo – non pregiudicare sin d'ora tutti i margini per altri eventuali interventi come misure per promuovere l'occupazione stabile e ridurre il cuneo fiscale, in particolare per donne e giovani, o interventi per affrontare la crescente povertà. La cifra drammatica di quattro milioni pubblicata ieri credo abbia dato semplicemente evidenza numerica a una realtà che conosciamo e che è il risultato, certamente, delle misure drastiche che il rinvio per anni e anni dell'equilibrio di bilancio ci ha costretti, con l'appoggio generoso di tutte le componenti della maggioranza che ha retto il precedente Governo, di decidere. D'altra parte, è anche il risultato, questa grande povertà, di una disattenzione – a mio parere personale – che nel corso di molti anni si è stabilita sui temi della disuguaglianza, che sono poi, in modo prorompente, riemersi. Questo non solo in Italia, ma in tutte le economie avanzate.
  Per questo, cioè per lasciare qualche spazio, abbiamo valutato che un intervento di circa 40 miliardi, distribuito su due anni, rappresenti un ordine di grandezza sufficiente per avere un impatto reale sulle imprese e realistico, tenuto conto della capacità di assorbimento della pubblica amministrazione e della sua velocità nella liquidazione degli arretrati.
  Ovviamente, si tratta di un ordine di grandezza che può essere rimodulato, in funzione della risposta del mercato e del successo dell'operazione. Se vi saranno le condizioni appropriate, si potrà puntare all'obiettivo di eliminare in due anni la parte patologica del debito arretrato, che corrisponde a circa due terzi dei 71 miliardi stimati dalla Banca d'Italia.
  Non abbiamo voluto coprire oltre il secondo anno, perché abbiamo ritenuto Pag. 7non corretto, dal punto di vista di un Governo in carica per gli affari correnti (e che spera che questa fase si concluda al più presto nell'interesse generale), adottare una prospettiva che vincolasse i futuri governi su un orizzonte troppo lungo.
  Vorrei inoltre chiarire che il Governo – e questo è importante per una decisione che siete chiamati a prendere presto – non poteva adottare immediatamente un decreto-legge (il 21 marzo), senza presentare preliminarmente una Nota di variazione del Documento di economia e finanza, che è quella che abbiamo presentato al Parlamento.
  Infatti, l'accelerazione dei pagamenti richiede una maggiore spesa pubblica e, di conseguenza, una modifica degli obiettivi di finanza pubblica che può avvenire solo con l'approvazione preliminare delle Camere. Non appena le Camere avranno approvato – se riterranno di approvare – i loro pareri positivi sulla relazione del Governo, il Governo presenterà un decreto-legge che definirà i termini operativi dell'intervento. Sono già previsti per i prossimi giorni incontri con le parti sociali e le amministrazioni pubbliche, per definire le modalità dei pagamenti dei debiti arretrati.
  È evidente che tutto questo ha un senso a condizione che non si riproducano tensioni sui mercati finanziari dovute a nuovi focolai di crisi nella zona euro. In questo senso, credo che l'accordo di massima per un programma di assistenza finanziaria a Cipro raggiunto dall'Eurogruppo nella notte di ieri (per l'Italia era presente il Ministro dell'economia e delle finanze) possa permettere di avviare a soluzione la crisi ed evitare rischi di deterioramento.
  Desidero chiudere questo mio intervento con due rapide osservazioni, onorevole Presidente, onorevoli deputati. La disciplina di bilancio rende, paga, come direbbero gli inglesi. Impone sacrifici dolorosi ai cittadini, richiede a volte scelte penose e difficili, ma alla fine rende, non tanto perché non violando le regole di disciplina si evitano sanzioni dai mercati o dalle stesse istituzioni europee, ma perché si arriva ad un punto in cui si possono fare nuovi interventi, che richiedono risorse pubbliche, senza mettere a repentaglio la sostenibilità degli equilibri finanziari. La disciplina di bilancio non è un inverno che gela ogni politica di crescita, è la base solida su cui costruire una crescita sana e duratura, anche se è verissimo che la transizione da una situazione di non piena disciplina di bilancio ad una disciplina di bilancio è penosa.
  In secondo luogo, l'Europa e le politiche europee possono cambiare, debbono cambiare. Vi assicuro che questo Governo ha fatto tutto quello che ha ritenuto possibile, qualche volta andando al di là di quello che è stato ritenuto tollerabile dai nostri partner, abituati come erano a governi dell'Europa meridionale scarsamente pressanti. Tutto quello che era possibile riteniamo di averlo fatto. Le politiche possono cambiare ulteriormente.
  Ho lasciato anche una considerazione ai miei colleghi nell'ultimo Consiglio europeo circa i risvolti politici, psicologici ed elettorali che politiche non sufficientemente bilanciate dell'Unione europea possono comportare.
  È chiaro che ogni risultato elettorale in elezioni correttamente svolte è pienamente legittimo e l'Unione europea deve riflettere se certi risultati – che possono trovare un po’ smarrita una parte dei Paesi dell'Unione europea – che si verificano in un altro, in questo caso in Italia, non debbano indurre a qualche riflessione. Mi è sembrato giusto rappresentare anche questo in modo obiettivo e imparziale ai miei colleghi, ma questi cambiamenti necessari delle politiche europee hanno bisogno di una maturazione costante, di una paziente tessitura di alleanze, di una forza di proposta che dipende anche dalla credibilità che un Paese si guadagna con la sua azione, ed io confido che chi prenderà le redini del Paese o perlomeno del Governo dopo di noi saprà innovare, saprà essere migliore e saprà fare meglio, ma mi auguro che sappia vedere il rapporto tra l'Unione europea e l'Italia – due facce della stessa medaglia perché non possiamo considerare l'Unione europea come cosa Pag. 8non nostra – e la credibilità da guadagnare in casa come ingredienti essenziali per la politica da sviluppare.
  Sono lieto che quell'imponente risanamento delle finanze pubbliche che si è svolto in Italia negli ultimi tempi non abbia avuto, grazie anche all'azione moderatrice della politica e delle forze sociali organizzate, quegli effetti di rivolta sociale e di piazza che simili interventi hanno avuto in altri Paesi del Mediterraneo. Credo che questo sia dovuto alla grande maturità degli italiani e anche, lasciatemelo pensare, al fatto che abbiamo fatto appello agli italiani perché si salvassero da soli, senza chiedere prestiti all'Europa e al Fondo monetario internazionale, prestiti che ci venivano quasi imposti nell'autunno del 2011 perché saremmo stati pericolosi se fossimo esplosi, ma quei prestiti, che non abbiamo voluto, avrebbero comportato la presenza di una trojka – Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale – a Roma, una chiara eterogestione tecnocratica della politica italiana, e credo che gli italiani, oltre a perdere forza contrattuale per molti anni in ogni sede europea e internazionale, avrebbero visto gradualmente erosa la propria dignità e la propria speranza come purtroppo è capitato ad alcuni dei popoli che ho citato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Grazie senatore Monti per questa dettagliata informativa, passiamo quindi adesso agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Speranza. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, la nostra forza politica ha fatto da sempre dell'Europa e dell'adesione ai valori europei uno dei punti fondamentali della propria identità, ed è per questo che sono profondamente convinto che la discussione di oggi tocchi il senso profondo e il destino più vero del più grande progetto politico del nostro tempo. Dobbiamo dirci con chiarezza una verità, una verità di partenza che credo sia indispensabile: l'Europa, così come l'abbiamo vissuta negli ultimi anni, ha bisogno di una nuova e forte consapevolezza, la consapevolezza che questa linea di politica economica e finanziaria tenuta sin qui rischia di mettere in discussione il rapporto fra questo progetto e l'opinione pubblica nei nostri Paesi.
  È una consapevolezza economica e finanziaria, ma, dal mio punto di vista, è, prima di tutto, una straordinaria consapevolezza politica. E se condividiamo, onorevoli colleghi, il fatto che il progetto europeo è davvero – come spesso diciamo – il più grande investimento politico ideale del Novecento; se condividiamo – come spesso diciamo – che il progetto europeo è l'orizzonte entro cui abbiamo piantato le nostre radici, il miglior lascito che le generazioni più mature hanno costruito e consegnato alle generazioni più giovani – come spesso dice il Presidente Napolitano –, allora io penso che non ci sia da scherzare e che ci sia bisogno davvero di non sbagliare. Non sbagliare deve significare, senz'altro, capire che il risanamento deve andare avanti, che gli impegni vanno rispettati – come è giusto che faccia un grande Paese – e che l'autorevolezza, che pure abbiamo recuperato negli ultimi tempi, è un patrimonio indivisibile della nostra comunità nazionale, ed un fatto positivo. Ma dobbiamo dirci con la stessa nettezza che, se l'Europa continuerà ad essere percepita dai nostri cittadini solo come rigore, ristrettezza, lacci, impedimenti e, in qualche modo, soltanto come burocrazia, noi rischiamo qualcosa di gravissimo e cioè la frattura tra il popolo e il progetto politico europeo, e io penso che questo prezzo non si possa pagare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).
  Questa nuova consapevolezza, che mi pare essere il punto di partenza di una Pag. 9nuova stagione che si apre, l'ho letta nella sua lettera, Presidente Monti, del 14 marzo a tutti gli altri Capi di Stato. Vogliamo dargliene atto: la flessibilità controllata di cui si parla, serve esattamente per accompagnare, al risanamento dei conti pubblici, azioni ormai indispensabili di sostegno della nostra economia, ma dobbiamo ancora lavorare, vogliamo ancora capire i margini di flessibilità intorno alla fatidica soglia del 3 per cento, dato che la previsione è a rischio di superamento della soglia per la procedura di deficit eccessivo.
  E ancora: le conclusioni del Consiglio a noi sembrano un passo avanti, un primo, ma pur importante, passo avanti. Quando si parla, per la prima volta, di risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita, non si sta, dal nostro punto di vista, discutendo nel chiuso di una stanza, ma si sta, dal nostro punto di vista, provando a capire cosa sta avvenendo nel profondo della società europea. Questa frase per noi significa provare ad abbassare un prezzo sociale non più sostenibile di questo risanamento; significa, ancora per noi, rimettere al centro occupazione e giovani; significa, ancora, per noi, rimettere al centro la grande questione del lavoro e la grande questione dell'inclusione sociale e significa, ancora, avere il coraggio di puntare su investimenti selettivi, a partire dalla conoscenza e dalle energie rinnovabili. E le conclusioni sono state un segnale, così come un segnale, dal nostro punto di vista, è stata ancora la lettera della Trojka al Portogallo, dove si parla, per la prima volta, di correzione di un percorso di aggiornamento dei conti, con un'attenzione inedita, ancora non vista sino ad oggi, agli aspetti strutturali – e non solo nominali – degli obiettivi di bilancio.
  Ancora, nella stessa direzione, abbiamo letto la decisione dell'Eurogruppo di allungare, con una lettera del 16 marzo, la scadenza dei prestiti di Irlanda e Portogallo. Eppur si muove – verrebbe da dire – riecheggiando la famosa espressione di Galileo. Certo, non è primavera, eppure è proprio di una svolta copernicana che noi abbiamo bisogno e sulla quale vogliamo impegnarci a lavorare. Vogliamo dirlo con chiarezza. Questa risposta sarebbe dovuta arrivare prima. Avevamo ragione noi, aveva ragione chi metteva al centro la questione della domanda.
  E quanti danni sono stati prodotti, danni per l'economia reale, danni enormi per le famiglie e per le imprese. E, poi, questi danni hanno provocato altri danni e la stessa finanza pubblica, che avrebbe dovuto beneficiare di queste scelte, alla fine ha finito per pagarne le conseguenze. E, allora, io penso che oggi, con questa chiarezza, con questa nettezza, dobbiamo immaginare di procedere con determinazione. Abbiamo bisogno di accelerare. Saremo disponibili a farlo sin dalle prossime ore e sin dai prossimi provvedimenti. Non possiamo non immaginare che sia positiva questa leva finanziaria di 40 miliardi per restituire il credito giusto, dovuto, che tante piccole e medie imprese hanno nei confronti della pubblica amministrazione. Dobbiamo sforzarci assieme, senza bacchette magiche, senza miracoli, a fare di più, perché è giusto provare ad arrivare più in là, e i 70 miliardi che indica la Banca d'Italia sono un grido di dolore quotidiano che arriva alle orecchie di chi prova a legare istituzioni e politica ad una società, mai come oggi, così distante e così in difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  E, ancora, l'allentamento del patto di stabilità. Ne abbiamo discusso, parlato, incontrando tanti sindaci, amministratori. Noi dobbiamo dare più flessibilità agli enti locali e dobbiamo, in modo particolare, favorire quei piccoli investimenti e quelle piccole opere che possono ridare liquidità ad un sistema che rischia di non farcela. E, ancora, ragioniamo, valutiamo le ipotesi; anche sul fronte tributario noi pensiamo che uno slittamento della Tares, la cancellazione dell'aumento dell'IVA previsto, possano essere segnali che vanno nella direzione giusta, segnali di comprensione dello stato di insofferenza in cui versano i nostri cittadini. Nessun provvedimento basta da sé, ma mai come oggi, consapevoli Pag. 10delle tante difficoltà, dobbiamo sforzarci di dare ossigeno, di dare fiducia ai nostri cittadini.
  Il Partito Democratico, cari colleghi, pensa che da questa crisi si esca con più Europa e non con meno Europa. Lo dimostra anche il caso Cipro. Cosa dimostra quel caso ? Che serve un'unione bancaria vera, che controlli e vigili, con regole certe e uniformi, per affrontare le crisi e per dare sicurezza a tutti, evitando situazioni non più sostenibili come i paradisi fiscali. Lo dicevo prima e concludo: serve più Europa, non meno Europa. Serve più integrazione, non meno integrazione. Ma, chiediamo un'integrazione solidale e democratica, che non tema ma solleciti il trasferimento della sovranità, per colmare quel gap incredibile tra la potenza dell'economia e il potere della politica. Noi vogliamo fare questo sulla base di un nuovo equilibrio tra rigore e solidarietà, soprattutto puntando sul rafforzamento dell'Unione europea.
  Concludo. La posta in gioco è altissima: è la tenuta di questo grande sogno, di questo sogno ancora imperfetto ma diventato a poco a poco realtà, che è il progetto politico europeo, il primo punto del governo di cambiamento che noi vogliamo costruire e il PD, come sempre, farà la sua parte (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lombardi. Ne ha facoltà.

  ROBERTA LOMBARDI. Grazie gentile Presidente. Presidente Monti, deputate e deputati, chiedo scusa innanzitutto per la voce, perché questo ruolo di portavoce evidentemente mi sta debilitando. Farei una piccola premessa storica.
  Nel periodo compreso tra il 1800 e il 2009, il nostro fragile pianeta ha registrato circa 250 episodi di default del debito estero sovrano e almeno 68 casi di default del debito pubblico domestico. Nonostante l'ampia rassegna di crisi finanziarie che si sono verificate, la comunità internazionale, evidentemente, non sembra ancora essere entrata in possesso degli strumenti atti ad evitare di ricadere in tali situazioni. Siamo quindi, in quest'Aula, ad ascoltare le comunicazioni del Governo su un'altra nuova crisi che ha investito il Vecchio Continente.
  Ma prima di compiere qualche breve riflessione sugli eventi delle ultime settimane e di adesso, è opportuno richiamare alla mente le caratteristiche che hanno contraddistinto la prima vera crisi internazionale del debito che risulti documentata. Facciamo un salto indietro nel passato: tale crisi ha tratto origine dai prestiti concessi dai mercanti italiani all'Inghilterra nell'ultima parte del tredicesimo secolo. A tal tempo, l'Italia era un centro finanziario sviluppato e l'Inghilterra solo un Paese emergente, anche se ricco di risorse naturali. Tuttavia, una serie di sconfitte militari costrinsero Edoardo III d'Inghilterra a dichiarare l'insolvenza e i mercanti fiorentini, che erano i principali creditori, assaltarono gli sportelli bancari. Ciò che stupisce – e qui mi riaggancio alla situazione attuale – è che l'Inghilterra non riuscì a liberarsi completamente della sua fama di insolvente, fino a quando non uscì rafforzato il ruolo del Parlamento. E la comunità internazionale accolse con favore, infatti, che per la prima volta, a garantire il debito inglese, quindi il debito sovrano di una nazione, fosse un'istituzione a carattere permanente. E oggi come allora emerge quindi con chiarezza l'importanza del Parlamento.
  Per questo motivo ringraziamo il Presidente Monti di essere venuto a riferirci sulle conclusioni del Consiglio europeo, in conformità a quanto previsto dall'articolo 4 della legge n. 234 del 2012, ma ricordiamo anche che il Parlamento dovrebbe essere ascoltato prima dello svolgimento delle suddette riunioni e soprattutto – sottolineiamo – deve essere ascoltato e non solamente informato. Comprendiamo che la scadenza elettorale abbia reso difficile l'adempimento di quello che potremmo definire un obbligo istituzionale, Presidente, ma a maggior ragione non comprendiamo il tono trionfalistico con il quale il suo Governo ha accompagnato le Pag. 11conclusioni di tale Consiglio. Ci sembra infatti che i riferimenti all'importanza della crescita e dell'allentamento delle regole fiscali in un momento così difficile per l'economia europea, siano assai flebili e non abbiano creato nuovi spazi di azione concreta rispetto alla normativa comunitaria vigente, che ci sembra ancora troppo ispirata esclusivamente al rigore e non anche alla solidarietà. Sono infatti la trasparenza, la crescita e la solidarietà le parole chiave intorno alle quali andrebbero riorganizzati l'architettura istituzionale europea (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà) e i meccanismi di intervento previsti nel caso di crisi finanziarie.
  Il caso di Cipro mostra ancora una volta in maniera emblematica i limiti del meccanismo di solidarietà previsto dall'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il limite di tale meccanismo non è, a nostro avviso, quello da più parti indicato, connesso alla sua capienza, in altri termini alla sua dimensione finanziaria, bensì quello delle modalità con il quale è stato disegnato. Tale sistema infatti, sulla scorta del modello di organizzazioni internazionali quali il Fondo monetario internazionale, presenta una natura integralmente intergovernativa e non prevede alcun intervento diretto con risorse proprie del bilancio dell'Unione europea; in altri termini esso si risolve in contributi assegnati dagli Stati membri partecipanti, sotto forma di prestiti e garanzie. Nell'assegnazione di queste risorse non vi è quindi alcun obbligo di trasparenza né tantomeno alcuna forma di controllo democratico. Soprattutto, tale meccanismo entra in azione soltanto quando il Paese ha l'acqua alla gola, privandolo della possibilità di scegliere, ed è subordinato alle cosiddette condizionalità. Tali condizionalità non presentano una natura solo economica, vale a dire di verifica della sussistenza di un rischio per la stabilità finanziaria dell'area euro e delle esigenze finanziarie effettive o potenziali dello Stato richiedente, bensì si traduce, come dimostra il caso cipriota, in un vero e proprio commissariamento delle autorità politiche.
  Noi comprendiamo la necessità della tutela dei creditori e riteniamo che debba essere riconosciuto loro un diritto di garanzia di solvibilità del debitore, ma se la garanzia si spinge fino all'imposizione di scelte di politica economica, prescindendo dalla valutazione delle esigenze del singolo cittadino e della tutela dell'intera collettività nazionale, allora il prezzo del prestito diventa davvero troppo alto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma non siamo qui solo per criticare sterilmente procedure che ci sembrano allontanare sempre più l'Unione europea da quello che era il suo disegno originario, bensì siamo qui per rivendicare l'adozione di nuovi strumenti che, tenendo conto dell'elevato numero di crisi che stanno colpendo i Paesi dell'Unione europea e dell'elevato rischio di contagio insito negli stessi, possano consentire di cambiare il corso degli eventi.
  Quali caratteristiche dovrebbero avere questi strumenti ? In primo luogo, intervenire ex ante, quando il Paese colpito dalla crisi può ancora scegliere tra strategie diverse e prevenire possibili attacchi speculativi, ma, soprattutto, devono prevedere meccanismi di governance che privilegino un controllo democratico e pongano precisi limiti alla discrezionalità delle autorità finanziarie (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà). Elementi, questi, che, in nuce, si possono rinvenire nel Fondo europeo di redenzione contenuto nel Blueprint della Commissione.
  Concludo – concludiamo – ricordando che la letteratura accademica e politica ha ampiamente inneggiato all'Europa come ad un'unione di successo, paragonandola ad un'orchestra. Ed è vero che essa può vincere, come affermato da Ginsborg, sul piano della solidarietà sociale, il confronto con gli Stati Uniti imperialisti e aggressivi e la disciplina repressiva e monolitica, ma se leggiamo la cronaca e guardiamo agli eventi reali, vedremo come l'orchestra non suoni all'unisono, praticando in forma insoddisfacente Pag. 12e fortemente limitata la democrazia rappresentativa e ignorando i principi della democrazia partecipativa.
  Proponiamo, allora, che l'Europa, che molti hanno paragonato ad un gigante addormentato, possa svegliarsi dal suo torpore, facendosi promotrice di un progetto nuovo ed originale, che sappia combinare e intrecciare i principi della rappresentanza e della partecipazione, andando oltre quello della sussidiarietà.
  Cambiamenti che potranno essere compiuti non in laboratorio, ricorrendo a strumenti di ingegneria istituzionale, ma partendo dal singolo cittadino, che noi immaginiamo ed incarniamo come attivo, e quindi pronto a sorvegliare i propri rappresentanti, non solo controllandoli, ma contribuendo alle loro decisioni.
  Vogliamo, allora, che l'Europa non aspetti un altro caso Cipro suonando la solita musica, ma si renda conto che anche le democrazie cosiddette mature, nelle quali, quindi, sono ben radicati i diritti politici dei cittadini, possono essere profondamente logorate dell'acuirsi delle disparità di ricchezza. Sarebbe, quindi, importante che l'Europa riflettesse anche sull'opportunità dell'adozione di misure in grado di far ripartire rapidamente la crescita, pur senza grandi investimenti, con meccanismi che tutelino effettivamente la trasparenza dei mercati attraverso l'istituzione di autorità di controllo sovranazionali con poteri e governance tali da dissuadere chiunque dal violare le regole (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brunetta. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente del Consiglio dimissionario in carica per gli affari correnti, professor Monti, con una certa qual dose di masochismo mi sono imposto di ascoltarla bene quest'oggi, anzi, di ascoltarla due volte, perché l'ho ascoltata anche nella sua relazione al Senato, per capire, per capire bene, anche perché questa sua informativa di oggi, e quella che il suo Governo terrà domani sempre nelle Aule del Parlamento, rappresentano, forse, i due momenti conclusivi dell'attività del suo Governo.
  Due momenti conclusivi ad alto valore simbolico, sull'ultimo Consiglio europeo l'uno, e ad alto valore simbolico sulla triste vicenda dei Marò, domani. E proprio per questo ho ascoltato con grande attenzione la sua informativa. E, sinceramente, ho notato una distanza spaventosa del suo dire dalla realtà italiana, dai bisogni dell'Italia, dal grido di dolore che viene a noi dall'Italia, dall'economia italiana, dalla società italiana.
  Sinceramente, il suo dire è stato del tutto esoterico, incomprensibile, senza cuore, senza capacità di parlare alla gente, tutto intriso di terminologie, lessico europeo incomprensibile ai più. E si è vista nella sua relazione, nella sua informativa, la distanza che corre tra questa Europa, questa cattiva Europa, la sua Europa, e i bisogni della gente.
  Non voglio fare retorica, ma l'Italia sta morendo, le imprese italiane stanno morendo. I tre milioni di disoccupati italiani, i 600 mila cassaintegrati italiani, le imprese che chiudono non possono trovare conforto dalle sue parole.
  Lei si chiede, signor Presidente, se i risultati del Consiglio del 14 e 15 rappresentano un progresso reale. Io le dico di «no». Come sempre: troppo poco e troppo tardi questa Europa. Troppo poco e troppo tardi la politica economica europea di questi anni. Troppo poco e troppo tardi la risposta dell'Europa alla crisi.
  Mi ero imposto di rimanere nell'alveo delle risultanze del Consiglio del 14-15 marzo, ma siccome lei ha spaziato, raccontando un po’ la storia di questi anni, del suo Governo, mi permetterò anche io di spaziare, senza tirare in ballo Deauville e gli errori di Deauville, Sarkozy, Merkel, senza tirare in ballo il troppo poco e troppo tardi della crisi greca. Mi permetterei di partire da quella estate del 2011 in cui scoppia la speculazione finanziaria e le istituzioni europee, ivi compresa la Banca centrale europea, sono, si dimostrano del Pag. 13tutto impreparate. Ma si dimostrano del tutto impreparate non solo ad affrontare la crisi, ma anche a capire la crisi.
  Ma di che crisi si è trattato ? Era solo speculazione ? Era solo il portare agli estremi effetti il rapporto tra cicale e formiche all'interno dell'Unione europea ?
  Le ricordo, signor Presidente, che intorno agli anni 2000 la mitica Germania non rispettava il Patto di stabilità e ha dovuto fare riforme, in quegli anni, ma non rispettando il Patto di stabilità.
  Bene, in quella estate molte decisioni sono state prese: decisioni sbagliate. Per prima, quella di imporre al nostro Paese l'anticipo del pareggio di bilancio al 2013, quando poche settimane prima il Consiglio europeo di giugno l'aveva definito e accettato pienamente al 2014; un'imposizione, dunque, coerente e conseguente, di manovre correttive che inizieranno la stagione del «sangue, sudore e lacrime», prescindendo da qualsiasi analisi sulla natura della crisi, sulla natura dello spread, sulla natura della tripartizione dello spread, come poi ci è stato spiegato dalla letteratura più attenta: una parte dello spread derivava dalla crisi sistemica dell'euro, una parte dall'incapacità di rispondere alla speculazione, e solo una parte ha il merito di credito dei singoli Paesi. L'Europa o non ha agito o, quando ha agito, ha agito sbagliando. Troppo poco e troppo tardi, come ha fatto per la Grecia.
  Ci ricordiamo quell'autunno del 2011, ci ricordiamo anche sull'onda di quale pathos siamo arrivati alla crisi di Governo ed alla nascita del suo Governo. Abbiamo fatto un passo indietro e qualcuno su questo passo indietro ha giocato in maniera opportunistica una propria rivincita per via di spread rispetto alla sconfitta politica di tre anni prima, e qualcun altro vi ha basato la sua credibilità.
  Lei al Senato ha detto ancora una volta una cosa non vera, ovvero che eravamo sull'orlo del baratro. Qui non ha avuto il coraggio di dirlo. Al Senato l'ho sentita: «Eravamo sull'orlo del baratro». Falso ! In quel novembre non eravamo sull'orlo del baratro, i fondamentali della nostra economia erano migliori di quelli di oggi (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Avevamo un tasso di crescita dello 0,2 per cento e il fatto di non pagare gli stipendi e le pensioni è semplicemente una falsità.
  Per questo, signor Presidente del Consiglio dimissionario in carica per gli affari correnti, mi permetto di ricordarle non solo il fallimento del suo Governo ma anche il fallimento dell'Europa, coerente e sincronico rispetto al fallimento del suo Governo. L'Europa ci chiedeva riforme e sono state realizzate riforme sbagliate. L'Europa, anche su suo impulso – ce lo ricordiamo tutti il Consiglio di giugno –, ha messo in piedi, anzi ha tentato di mettere in piedi, il cosiddetto scudo antispread, ma, come lei onestamente ha detto oggi (forse l'opinione pubblica non lo sa), quello scudo antispread non ha sparato un solo colpo e non è intervenuto, ma non perché non ce ne è stato bisogno, ma perché non può intervenire, mancando l'unione bancaria che è la premessa voluta dalla Germania per far funzionare quello scudo. Anzi quello scudo – forse neanche questo si sa – con le sue risorse ingenti in questo momento sta comprando titoli di Paesi con la tripla A.
  Questo è il segno del fallimento dell'Europa, questo è il segno del fallimento del suo Governo. E i risultati si vedono: il nostro sistema produttivo, il nostro sistema sociale, i nostri giovani. Non è mettere in contrapposizione rigore di bilancio e crescita. Non è questo il punto. Abbiamo dovuto aspettare il Fondo monetario internazionale ad ottobre perché ci spiegasse che le medicine adottate dall'Europa erano sbagliate anche alla luce della più recente letteratura e che non si poteva andare avanti così. E adesso ci si vorrebbero fare passare le risultanze dell'ultimo Consiglio europeo come un grande successo ? Ma di che cosa ? Dov’è quel patto per la crescita, che sarebbe stato approvato in quel mitico giugno del 2012 assieme allo scudo antispread ? Dov’è ? In cosa si è concretizzato ? Forse in quelle banalità o in quei balbettamenti di Olli Rehn, nella sua lettera, in cui in una riga e mezzo dice: sì, forse si potrebbe adottare Pag. 14una qualche flessibilità in più, dopo avere lo stesso Olli Rehn, in maniera improvvida e scorretta, oltreché scientificamente sbagliata, imposto sangue, sudore e lacrime ?

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  RENATO BRUNETTA. Per questa ragione, signor Presidente del Consiglio, mi permetto di giudicare in maniera assolutamente negativa non solo le risultanze dell'ultimo Consiglio, ma il lavoro tutto del suo Governo.
  Un'ultima cosa: noi le abbiamo votato 55 fiducie, fino al punto in cui abbiamo deciso che non avremmo votato più le fiducie al suo Governo, e lei risponde con la sua lettera al Corriere della Sera di questa mattina, vantando la sua salita in campo con l'obiettivo di non far vincere la nostra coalizione. Questo mi sembra di una scorrettezza assoluta, che non giustifica e che mi fa pentire di quelle 55 fiducie (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signora Presidente, Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, credo che questo sia un passaggio molto significativo per quest'Aula: fino ad oggi ci siamo occupati doverosamente della nostra organizzazione interna e anche dell'immagine che noi vogliamo dare ai cittadini; oggi ci occupiamo dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e delle comunità locali, delle loro attese e anche delle loro sofferenze; è giusto ascoltare queste attese e queste sofferenze, è giusto condividerle perché il cinismo non è buona politica. Tuttavia, noi siamo classe dirigente e quindi è giusto indicare la rotta nella nebbia.
  Due rotte noi non possiamo assolutamente perdere. La prima è quella della verità sulle condizioni del Paese e della responsabilità. Noi ringraziamo il Presidente del Consiglio e il Governo per i risultati conseguiti al Consiglio europeo, dei quali ci ha dato conto. Ma soprattutto vogliamo dare atto al Presidente del Consiglio, al Governo e alle forze politiche che, con fasi alterne e con alterne intensità, hanno sostenuto il suo Governo, del percorso duro e impopolare di miglioramento dei conti pubblici e di recupero della credibilità e dell'autorevolezza del nostro Paese. Credibilità ed autorevolezza che, fino al novembre del 2011, erano ridotte ai minimi termini, certamente non per colpa del Suo Governo. E vorrei, anzi, cogliere l'occasione per dire all'onorevole Brunetta che, se fossi il capogruppo di un partito che ha retto le sorti del nostro Paese fino al novembre del 2011, anziché il ricorso alla dote del masochismo, farei ricorso piuttosto alla dote dell'umiltà e magari anche dell'assunzione di responsabilità verso il Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia, Partito Democratico e Misto-Centro Democratico).
  In realtà il percorso che è stato fatto fin qui è stato fondamentale, perché senza di esso noi non saremmo qui oggi ad iniziare a discutere di nuovi strumenti, certo ancora parziali ma importanti, per la crescita e per il lavoro.
  Noi pensiamo che verità e responsabilità non siano il contrario ma il presupposto per una speranza che non sia effimera. E pensiamo che siano i due paletti del percorso che il nostro Paese non può assolutamente eludere neanche nelle discussioni che avremo nei prossimi giorni.
  La seconda rotta che non possiamo abbandonare è quella dell'Europa. Per noi l'Europa è la casa comune, non è il nemico, è la cornice dentro la quale disegnare quel nuovo profilo dell'economia sociale di mercato altamente competitiva, ciò di cui parlano i documenti europei. È la casa comune con la quale superare le difficoltà e costruire prospettive di futuro nel nuovo contesto globale; è una casa che va certamente migliorata ma non additata ai cittadini come minacciosa e ostile perché fuori di essa c’è solo solitudine, nazionalismo, marginalità e conflitto.
  Una casa comune nella quale sarà in ogni caso, dobbiamo essere consapevoli, Pag. 15sempre più inutile andare a chiedere politiche nuove se il Paese che le chiede non è credibile e non è affidabile.
  Dicevo prima dei positivi esiti del Consiglio europeo, frutto di un lungo e difficile negoziato che il nostro Governo ha condotto. Mi riferisco in particolare innanzitutto ai punti 2 e 3 delle conclusioni, dove si delinea effettivamente una sorta di svolta nella politica europea: conferma certamente degli obiettivi di stabilità finanziaria, ma anche introduzione di un principio di flessibilità in ordine agli investimenti pubblici produttivi, in particolare riferiti ai fondi strutturali europei nonché a politiche per i giovani, per le donne e per la competitività, certo nell'ambito dei margini di equilibrio finanziario che il nostro Paese in questo momento rispetta. In secondo luogo, mi riferisco anche all'attuazione rapida degli strumenti del Patto per la crescita e l'occupazione, quel patto stabilito nel Consiglio europeo del giugno del 2012 proprio anche su forte iniziativa del Governo italiano.
  Noi chiediamo al Governo un impegno, un impegno forte, pur in questa fase che vede nel Governo in carica il disbrigo degli affari correnti, ma chiediamo un impegno forte per una rapida definizione dei dettagli operativi di queste conclusioni sia per quanto riguarda la ridefinizione del Patto di stabilità per lo Stato e gli enti locali, sia per le misure dirette al lavoro e alla crescita. In sintonia con i risultati del Consiglio europeo, salutiamo anche con viva soddisfazione la dichiarazione dei commissari europei, Tajani e Rehn, circa i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese. Ne diamo atto e soprattutto ne diamo atto al Governo italiano, posto che il negoziato avviato dal nostro Governo un anno fa verteva proprio in modo particolare anche su questo punto. L'Italia, del resto, ha adottato con tre mesi di anticipo la direttiva europea che impone 30 giorni per i pagamenti della pubblica amministrazione. Questa direttiva è oggi in vigore, dal 1o gennaio di quest'anno, ma si poneva proprio il problema dello stock del debito accumulato. Il negoziato impostato dal Governo ha creato le condizioni per la citata comunicazione dei commissari in quanto ha ottenuto che si introducesse la possibilità una tantum di finanziare la restituzione anche con nuovo debito, soluzione che a tutti gli effetti non sarebbe comunque stata ipotizzabile in un quadro di finanza pubblica non sotto controllo.
  Riteniamo che tutto questo sia molto importante. Ora il nostro gruppo accoglie molto positivamente le comunicazioni del Governo e accoglie anche l'apertura da parte del Presidente del Consiglio volta a verificare la possibilità di misure e modalità ancora più intense rispetto a quanto comunicato in precedenza dal Governo. Il documento del Governo indica in 20 più 20 miliardi il primo stock di risposta a questo problema. Ci rendiamo conto che esistono problemi di competenza e di cassa e che esistono criticità rispetto ai mercati. Tuttavia, auspichiamo che si possa approfondire questo tema, si possa definire magari anche un programma graduale per il pagamento dell'intero importo stimato da Bankitalia e che si possano affinare meccanismi certi e rapidi di rimborso diretto ai titolari del credito. Da parte nostra, assicuro piena disponibilità a procedure veloci, anche straordinarie, come indicato dalla Presidenza della Camera e anche la piena disponibilità a verificare se è possibile la parziale modifica dei saldi netti rispetto a quanto ipotizzato in prima istanza dal Governo.
  In ogni caso, signor Presidente, colleghe e colleghi, riteniamo che quanto oggi comunicato dal Governo sia un passo molto positivo, soprattutto un passo positivo per valorizzare i sacrifici fatti dagli italiani nella prospettiva della coesione, del lavoro e della ripresa (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vendola. Ne ha facoltà.

  NICHI VENDOLA. Signor Presidente del Consiglio, qualche giorno fa, a Palazzo Chigi, il Ministro Fabrizio Barca ha incontrato tutte le regioni italiane sia quelle Pag. 16dell'obiettivo convergenza sia quelle dell'obiettivo competitività per sottoporre a tutti noi, in quanto amministratori pubblici, le linee fondamentali di programmazione del prossimo ciclo di spesa comunitaria 2014-2020. Una discussione importante che parte soprattutto dalla capacità di far tesoro dell'analisi degli errori compiuti nel passato, di guardare in profondità ciò che inibisce o impedisce la spesa di quelle importanti risorse che dovrebbero essere soprattutto per le regioni meridionali finanza aggiuntiva e non surrogato di finanza che manca dai trasferimenti dello Stato centrale.
  In quell'occasione è capitato a me, non certo per scortesia nei confronti del Ministro Barca, di manifestare l'intenzione di disertare quel genere di riunioni perché la condizione che noi stiamo oggi vivendo, misurando empiricamente di giorno in giorno l'impoverimento della società italiana, è la condizione di una crisi acutissima che assedia i palazzi delle pubbliche amministrazioni. Era per me impossibile non manifestare un disagio che non è più soltanto culturale, ma che è un disagio operativo, rispetto ad un ascolto retorico per quanto riguarda il tema del Patto di stabilità. I vincoli del Patto di stabilità sono un cappio al collo che si è stretto progressivamente e che ora sta soffocando i territori, sta soffocando le pubbliche amministrazioni. Noi non siamo più in grado di permanere dentro una commedia degli equivoci per la quale veniamo messi sul banco degli imputati perché rischiamo il definanziamento, rischiamo di restituire a Bruxelles le risorse comunitarie e, tuttavia, non siamo in grado di spenderle perché dovremmo attivare quelle quote di cofinanziamento che ci fanno uscire fuori dai vincoli del Patto di stabilità.
  La dimensione soggettiva e non solo psicologica, ma anche politica in cui vive chi vi parla è quella di chi deve scegliere qual è la corda con cui impiccarsi; devo decidere ogni anno se pagare il prezzo dello sforamento del Patto di stabilità per poter spendere le risorse comunitarie. E la mia regione è al primo posto tra le regioni centro-meridionali; abbiamo una percentuale di spesa del 42 per cento, siamo appaiati alla regione Toscana, sembriamo una virtuosa regione del nord, non siamo una pubblica amministrazione di quelle che permanentemente falliscono gli obiettivi. Il Ministro Barca potrebbe, con dati alla mano, documentare quello che sto dicendo. Per noi è diventato difficile aspettare e i segnali di considerazione non sono sufficienti a farci salvare una realtà che barcolla paurosamente di giorno in giorno. È veramente con emozione che intendo trasferire direttamente a lei questo problema. Ovviamente, considero importante lo sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni nei confronti di chi oggi muore perché lo Stato non dà il dovuto.
  Penso che sia importante concentrarsi naturalmente a vincolare soprattutto questa liberazione di risorse relativamente a tutto ciò che è spesa per investimento, anche relativamente ai famosi 40 miliardi di euro. Attenzione, perché noi dobbiamo mettere in moto una dinamica virtuosa, quella che consente di riaprire i cantieri e di dare posti di lavoro, perché questa è l'urgenza e la necessità di questo momento. Ma credo che la risposta fondamentale, non solo di comprensione, ma di operatività, debba venire sul tema del Patto di stabilità. Su questo tema ormai penso che è matura una svolta. Il Patto di stabilità è il segno – se posso permettermi, non sto parlando di lei, Presidente del Consiglio, dico in generale – dell'ottusità ideologica delle politiche dell’austerity, di quanto esse abbiano applicato con un certo cinismo schemi scolastici di analisi e di superamento della crisi alla carne viva delle nostre società. Ciò che non c'era nella sua relazione, signor Presidente del Consiglio, è la percezione del fatto che il tema che noi dobbiamo affrontare è la crisi dell'Europa, è il rischio che finisca l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), il rischio che deflagri in maniera irrimediabile quello che il collega Speranza ha chiamato il sogno. Chi le parla è critico nei suoi confronti per eccesso, per esuberante europeismo e non certo per indulgenza nei confronti delle tante correnti o dei tanti Pag. 17filoni antieuropeistici o micronazionalistici che sorgono in ogni parte del vecchio continente. Ma non ci si accorge che le politiche di austerity hanno aggravato drammaticamente la situazione e sono responsabili del fatto che la crisi sociale sta sempre di più diventando crisi democratica.
  Quello che ci dice la Grecia o l'Ungheria o tante altre parti del Vecchio Continente, il ritorno di vecchi fantasmi che sembrano aver scoperchiato il sarcofago della memoria: nazionalismo, razzismo, violenza, cultura dell'intolleranza dicono che rischia di fallire il cuore del progetto dell'Unione europea e ci fanno riflettere ancora di più sul disincanto con cui il fondatore dell'Unione europea Altiero Spinelli accolse il cattivo prosaico esordio di questa straordinaria avventura. L'Europa ha bisogno di più politica, ha bisogno di ricordare quali siano i fondamentali che tengono in piedi questo non come semplicemente una metafora geografica, ma come un punto di riferimento della civiltà, come di una necessità per un mondo multipolare.
  Lei ha detto, signor Presidente del Consiglio, che noi paghiamo le conseguenze di anni e anni in cui non vi è stata misura nella spesa pubblica e altre volte ha detto che paghiamo il prezzo di decenni e decenni di buonismo sociale. Io che pure sono molto critico nei confronti di come in passato si possa aver gestito la cassa dello Stato, sono molto critico nei confronti della dissipazione, degli sprechi, della corruzione, devo dire che questa analisi la trovo abbastanza di maniera e poco convincente. Penso che la crisi di cui parliamo è frutto di uno straordinario spostamento della ricchezza e dei poteri dal mondo della cittadinanza delle classi subalterne verso la speculazione e la rendita finanziaria (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle), penso che qui c’è la ragione fondamentale della crisi del mondo e, badate, lei ha dedicato pochi cenni alla crisi di Cipro, ma è una crisi emblematica del rischio di effetto domino, di un rapido sfaldamento, di uno smontaggio di questa faticosa costruzione che è l'Unione europea. Per me non c’è neanche la battaglia politica della mia parte, se non c’è l'Europa. Io sono un militante della sinistra, signor Presidente del Consiglio, non c’è semplicemente la sinistra nella mia testa e nella mia prospettiva se non c’è l'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia), se non c’è questa straordinaria vicenda che è straordinaria per una ragione che è storica e culturale insieme e ho finito...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  NICHI VENDOLA. ... l'Europa si è costruita come il punto di sintesi ed equilibrio dei diritti di libertà e dei diritti sociali, e la grande invenzione con cui ha replicato alla guerra e alle dittature è stato il welfare. Pensare che si possa uscire da questa crisi dimagrendo in maniera coatta il welfare riducendolo ai minimi termini o usando la sussidiarietà per abdicare nei confronti del mercato rispetto a ciò che appartiene ai doveri e alle prerogative del pubblico e dello Stato significa, secondo me, minare alle fondamenta il progetto di Unione europea. Per questo siamo, diciamo, insoddisfatti anche dell'esito del Consiglio europeo perché è troppo poco, perché flebili segnali di autocritica e di riconsiderazione delle politiche di austerity rischiano di essere luci veramente fioche che accompagnano l'inevitabile e fatale declino del meraviglio sogno degli Stati Uniti d'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, senatore Monti, per vent'anni siamo stati coerentemente all'opposizione rispetto a un impianto europeo che mostra oggi, ma non solo oggi, da tempo, tutti i suoi limiti rispetto alle necessità che i singoli Paesi, le singole regioni, i singoli popoli che lo compongono richiedono senza una soluzione Pag. 18che possa dirsi soddisfacente. Oggi, notiamo, fortunatamente, come unico dato positivo, nei commenti alla sua relazione, che in tanti danno ragione a quei segnali di allarme che noi, in questi vent'anni, abbiamo dato e cioè: la mancanza di democraticità all'interno delle istituzioni europee, il rischio che le rigidità su elementi come il fiscal compact possano e stanno, di fatto, determinando disastri non solo sul piano finanziario ma anche sul piano sociale, il fatto che questa Europa sia stata fatta, in qualche modo, senza i popoli, anzi, addirittura, in certi casi, contro i popoli. Ringrazio il collega Vendola di aver portato, per quello che gli compete come ruolo istituzionale – se non altro unico, oltre a noi – la voce di una regione, la voce del popolo pugliese, che è la stessa voce che grida allarme, che grida aiuto in tutte le realtà territoriali d'Europa. Questa Europa, come le dicevo, mostra, soprattutto, tutti i segni di una carenza di democraticità; una carenza di democraticità, lo ripeto, e una carenza, anche, di conoscenza della necessità di compensare la cessione di sovranità popolare da parte degli Stati membri nei confronti dell'Europa che, naturalmente, per scelta, è stata fatta, certe volte, in maniera un po’ forzata, e che doveva, però, in qualche modo, essere compensata con una maggiore partecipazione da parte dei popoli. Questo non è assolutamente avvenuto e oggi siamo qui, in realtà, a verificare ancora una volta di più, il fatto che si è tolta la partecipazione democratica e invece si è dato tutto in mano, in qualche modo, ai cosiddetti eurocrati, se mi passa questo neologismo.
  Vede, al di là delle posizioni politiche e partitiche ben note, le ho appena citato, ma lei la conosce bene, la nostra storia che non è di antieuropeisti come siamo sempre stati tacciati di essere, ma è di neoeuropeisti proprio per un coinvolgimento diretto dei popoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), un coinvolgimento fatto non da scelte prese in stanze oscure o da qualche gruppo molto ristretto di persone che mai hanno preso un voto in vita loro, che mai si sono presentate davanti ai cittadini per chiedere conto, in qualche modo, se hanno fatto scelte giuste o invece scelte sbagliate. Noi quello che contestiamo e contesteremo sempre in Europa è questa impostazione. Io sono venuto qui ad ascoltarla senza pregiudizi, glielo garantisco, perché avrei voluto, in qualche modo, percepire che tutta quella sbandierata credibilità che nell'ultimo anno e mezzo lei ci ha propinato – non penso per vanità personale, ma credo per un impegno istituzionale che lei si è preso, anche se in una maniera che noi non abbiamo assolutamente concordato – ci avesse portato a un qualche risultato. Tuttavia, se lei parte già con una bugia, io faccio fatica a crederle perché se viene qui a vendere il fatto che questo dibattito è in virtù di una innovazione che lei ha portato o di una concessione, o ancora di più, come dicevano nella Francia della monarchia octroyée, qualcosa di gentilmente concesso, non lo è, perché, come ha citato prima una collega, questo è un obbligo di legge che esiste dal 2005 e che abbiamo rafforzato, contro il vostro parere, nella legge n. 234 del 2012, cioè nella riforma della legge che il Ministro Moavero Milanesi conosce benissimo, quella per gli adempimenti derivanti dagli obblighi che ogni Stato membro ha nei confronti dell'Unione europea. Quindi, se parte raccontandoci una favola come faccio io a credere che tutto quello che ci viene a raccontare sull'operazione che è stata svolta da questo Consiglio europeo la settimana scorsa, senza nemmeno, alla fin fine, citare dei numeri o delle cifre che siano a sostegno di questo tipo di impegni, non sia semplicemente una semplice innovazione lessicale e niente di più ?
  Perché noi, purtroppo, siamo stati abituati al fatto che, in tutti i vari Consigli europei, vi è sempre stata un'enorme vaghezza negli impegni; sono sempre stati vaghi. Sono sempre state spese, in qualche modo, delle parole alle quali, però, difficilmente si è avuto un riscontro oggettivo. Lei ci viene a dire adesso che è stato preso in considerazione il fatto – cito le sue parole – che il risanamento di bilancio è stato finalmente modulato rispetto alla Pag. 19crescita. Sa qual è, senatore Monti, l'unico Stato membro che, contrariamente a tutti gli altri, e grazie all'impegno di questo gruppo parlamentare, nella riforma costituzionale cosiddetta di pareggio di bilancio non ha scritto «pareggio di bilancio» ma ha scritto «equilibrio», proprio per un motivo che è lo stesso che stiamo cercando adesso per avere una via di uscita (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ? Perché la rigidità e l'ottusità dell'Europa ci stanno portando a fondo.
  Allora, quello che non ci torna nel suo intervento molto lungo, molto specifico e molto dettagliato, però molto vuoto in termini di contenuti, è che lei ci viene a dire che, adesso, senza alcun tipo di riformulazione dei trattati, senza nessuna decisione formale che modifichi in qualche modo le varie norme di contabilità che ci impone l'Europa, possiamo allentare finalmente il Patto di stabilità. Peccato che glielo abbiamo chiesto per anni e anni. Lei ci dice che si tratta di un fatto di credibilità: faccio fatica a crederle, per un motivo semplicissimo, perché queste possibilità di sforamento sono state attivate per la Germania e per altri Paesi semplicemente con una valutazione assolutamente soggettiva da parte della Commissione europea, e a noi è sempre stato detto che non lo si poteva fare perché non avevamo credibilità. Bene, lei è stato messo lì – ripeto – contro la nostra volontà, per riacquisire credibilità, però solo adesso che se ne deve andare improvvisamente la riacquistiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). È una barzelletta ! Questa è una presa in giro ! È una presa in giro, come la questione dell'allentamento del Patto di stabilità. Vogliamo vedere le cose concrete. Comunque, anche fosse, finalmente – questa è una cosa che voteremo domani mattina a prescindere da quella che sarà, se sarà, la formazione di un Governo – sa benissimo che ciò incide per, 7 più 2, 9 miliardi di euro, rispetto a quegli 80 che lei ha promesso – solo la metà – ed in due anni. Come ? Creando ulteriore debito. Non è questo il meccanismo. Fra l'altro, lei ha citato un aspetto che nelle comunicazioni formali che ha dato alla stampa non avevo trovato – l'ho sentito adesso e, quindi, fortunatamente sono stato molto attento al suo discorso –, cioè la questione dei fondi rotativi. Vorrei capire da dove prende queste risorse per i fondi rotativi, perché forse finalmente si è convinto anche lei, come le abbiamo sempre suggerito, in qualche modo, di andare ad attingere all'enorme liquidità della Cassa depositi e prestiti, che era enorme prima della strana operazione Snam, a dir la verità, adesso un pochettino si è abbassata. Dobbiamo capire se va a prenderli lì o se ha intenzione eventualmente di proporre ulteriori tasse, perché le spiego subito che qui «siamo a livello». È assolutamente inconcepibile quello che lei ha detto, cioè pagare un debito creando un ulteriore debito, semplicemente spostando in avanti. Non funziona assolutamente in questa maniera. Sa il grossissimo errore che lei ha fatto, perdendo veramente un'occasione storica ? L'aver messo in un cassetto l'unica riforma vera, importante, che nella scorsa legislatura si era fatta, in maniera anche molto condivisa, ampiamente condivisa, quella del federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), laddove c'era una spesa standard e non storica. Lì, veramente, poteva andare ad incidere sul risparmio della spesa della pubblica amministrazione. Non l'ha voluto fare, ci dirà, una volta esaurito il suo mandato istituzionale, magari in qualche libro di memorie, perché non l'ha voluto fare, perché sembrava partito con le migliori intenzioni di tagliare, tagliare e tagliare. Il problema è che qui l'unica cosa che si continua a tagliare è – ripeto – la possibilità di incidere direttamente come popoli dell'Europa e tagliare sempre più la rappresentanza democratica. Questo è un atteggiamento che a noi non sta bene e non starà mai bene. Ci fa piacere che anche altri gruppi oggi se ne siano resi conto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

Pag. 20

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, considero questo dibattito molto utile, perché ormai fuori dalla campagna elettorale, anche se qua e là se ne sono sentiti degli echi. Credo che sia necessario il rilancio del valore dell'Europa. È significativo il fatto che è il primo dibattito di questo nuovo Parlamento. Noi non abbiamo bisogno di nuovi scetticismi, ma di un nuovo realismo appassionato. Senza l'Europa non si va da nessuna parte. Guai a far credere che vi può essere un ritorno a nazionalismi o a monete nazionali.
  Questo non è un omaggio ai Padri fondatori. È la constatazione che non c’è futuro per nessun Paese europeo singolarmente preso, neppure per la Germania, ma per l'Europa sì. Basta guardare le dinamiche demografiche per capire di cosa stiamo parlando. Casomai si tratta di spingere verso l'Europa federale (in questo senso il riferimento fatto a Spinelli mi sembra del tutto pertinente) proprio per recuperare il gap politico. Al Presidente Monti diamo volentieri atto del lavoro svolto in Europa. È forse quello che gli è riuscito meglio.
  In questo senso, i risultati del Consiglio europeo segnano un passo in avanti e c’è anche la nostra valutazione positiva. Ci sono aperture che vanno colte ed elasticità che vanno utilizzate sul Patto di stabilità per meglio sostenere lo sviluppo: i fondi strutturali, le reti transeuropee, il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, politiche di investimenti pubblici sulle opere degli enti locali, rimborsi fiscali pregressi.
  Ho trovato a questo proposito molto misurato il discorso dell'onorevole Speranza. Mi pare sia una base molto seria, che mette insieme idealità europea, concretezza nella difesa del lavoro e dell'inclusione sociale. Anche l'onorevole Lombardi mi ha tranquillizzato in qualche senso recuperando i valori di trasparenza, di crescita e di solidarietà. Debbo dire che non mi era piaciuto nelle settimane scorse che si facesse riferimento a quella parte del debito in mano ad istituzioni finanziarie o a risparmiatori esteri, come se si potesse non farvi fronte. Era un richiamo assolutamente inquietante e credo che il suo riferimento storico non intendesse preconizzare una tale eventualità.

  PRESIDENTE. Deputato Tabacci, la prego di concludere.

  BRUNO TABACCI. Concludo, signor Presidente, rilevando, invece, come l'intervento dell'onorevole Brunetta mi è parso inutilmente polemico: un Governo che ci ha spiegato continuamente – il suo – a partire dall'autunno del 2008, che il fattore della crisi era psicologico, non può farci una lezione, perché è una lezione insopportabile. Semplicemente così (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico, Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e Scelta Civica per l'Italia) !
  E allora, signor Presidente, noi la ringraziamo per il lavoro che ha fatto, e crediamo che in Europa si debba fare molto, ma che quell’àncora non sia prescindibile da nessuna politica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico, Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, è così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Per richiami al Regolamento (ore 19,30).

  ELIO VITO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signora Presidente, intervengo per un richiamo all'articolo 5 del Regolamento, premettendo subito che lo faccio affinché ci sia un elemento di chiarezza e di consapevolezza della Camera rispetto alla questione che sto per porre. È una questione che, d'altra parte, lei conosce essendo stata posta alla Conferenza dei presidenti di gruppo.Pag. 21
  Premetto anche che, alla base di questa mia richiesta di chiarimenti, non vi è alcuna motivazione sui costi della politica, perché io ritengo che i costi della rappresentanza dei gruppi parlamentari e dei gruppi parlamentari negli organismi parlamentari, siano costi della politica, ma siano anche costi della democrazia e, quindi, non solleverò questo argomento nel richiamo al Regolamento che sto per farle.
  Il richiamo è molto semplice, Presidente: l'articolo 5, che lei conosce, prevede che nell'Ufficio di Presidenza debbano essere rappresentati tutti i gruppi parlamentari esistenti all'atto della sua elezione. A questo fine, prima di procedere alle votazioni a norma del comma 2, il Presidente promuove le opportune intese tra i gruppi. Qualora, a seguito delle votazioni di cui al comma 2, uno o più gruppi non risultino rappresentati, si procede all'elezione di un corrispondente numero di Segretari, che ha luogo in una successiva seduta.
  Il senso del mio richiamo al Regolamento riguarda il fatto che questa successiva seduta è stata fissata dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, proprio per domani mattina, per procedere all'elezione di alcuni segretari di Presidenza, in rappresentanza dei gruppi non rappresentati. Cito l'espressione «alcuni» perché è l'espressione che per la prima volta è stata utilizzata nel resoconto stenografico di giovedì 21 marzo, perché nei precedenti casi – non me ne voglia Presidente – sempre queste intese fra i gruppi non sono riuscite a fare in modo che tutti i gruppi fossero rappresentati in prima battuta nell'Ufficio di Presidenza, e quindi non c’è alcun elemento polemico né nei suoi confronti, né nei confronti dei gruppi parlamentari, né nei confronti di quel gruppo di maggioranza che ha inteso un po’ intendere in maniera estensiva questa necessità di prendere queste intese.
  Ma il punto qual è, Presidente ? È che nella scorsa seduta di giovedì 21, non a caso non furono analiticamente indicati i gruppi che non erano rappresentati nell'Ufficio di Presidenza, come era accaduto in passato, perché vi era già chiaro un problema che lei ha posto correttamente nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, ma sul quale io vorrei avere un attimo di consapevolezza, perché l'unico precedente che è stato richiamato è quello del 2001, quando l'allora Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, si iscrisse al gruppo Misto, e si diede luogo automaticamente, in maniera non contestata, all'elezione di un ulteriore segretario di Presidenza, in rappresentanza del gruppo Misto. Questo avvenne in maniera incontrastata, tant’è vero che fu annunciato nella stessa seduta in cui, al termine delle votazioni, si verificò la non elezione di un rappresentante del gruppo Misto. Per la peculiarità della composizione del gruppo Misto e per le ragioni, anche costituzionali, che richiedono che all'interno delle minoranze linguistiche, che fanno parte del gruppo Misto, vi siano delle particolari garanzie, e per il fatto che, ovviamente, il Presidente Casini si iscrisse al gruppo Misto in maniera simbolica, uti singuli, e che non poteva, quella sua iscrizione, privare le componenti politiche del gruppo Misto, diverse dal suo partito di elezione, di una propria rappresentanza nell'Ufficio di Presidenza, per questa ragione quel caso fu incontrastato, annunciato nella stessa seduta e si procedette effettivamente all'elezione di un segretario di Presidenza aggiuntivo in rappresentanza del gruppo Misto.
  Ora le ripeto, signor Presidente, senza alcun intento polemico nei confronti del caso che stiamo trattando, che questo precedente – poiché alla Camera i precedenti vengono molto utilizzati, perché ci sono giustamente le norme scritte, le prassi ed i precedenti – è però diverso dal caso attuale, e non può essere quindi richiamato. Quindi vorrei consapevolezza da parte sua e di tutti i colleghi, che stiamo per creare un nuovo precedente, che inciderà – secondo me – profondamente sulla natura e sulle funzioni, limitandole, del Presidente della Camera all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
  Il nuovo precedente consiste nel fatto che anche nel caso in cui il Presidente della Camera eletto faccia parte di un Pag. 22gruppo parlamentare politico – come è perfettamente nel suo diritto – qualora dalle elezioni non risulti eletto un altro rappresentante dell'Ufficio di Presidenza del gruppo parlamentare di appartenenza del Presidente, si dà luogo all'elezione suppletiva. È questa, mi pare, la decisione che è stata presa nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, che non so nemmeno se sia la sede idonea per una decisione del genere.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ELIO VITO. Mi avvio a concludere, Presidente. L'argomento che in quella sede è stato utilizzato, è che in questo modo si toglierebbe l'onere al Presidente della Camera di dover votare all'interno dell'Ufficio di Presidenza, senonché questa regola non è scritta; questa regola di potere e dover partecipare alle votazioni è stata ampiamente utilizzata dai Presidenti delle Camere, anche successivamente al cosiddetto precedente del 2001 – ricordo che giustamente il Presidente Bertinotti nel 2006 sostenne il suo diritto a partecipare alle votazioni all'interno del Ufficio di Presidenza e lo fece in un caso in cui c'era una situazione di contrasto e di parità – e quindi se noi ora decidiamo che il Presidente della Camera, pur essendo iscritto a un suo gruppo parlamentare, comunque non conta e, facendo parte dell'Ufficio di Presidenza, non conta nell'attribuzione a quel gruppo di un proprio rappresentante all'interno dell'Ufficio di Presidenza, è come se collocassimo il Presidente della Camera non a presiedere l'Ufficio di Presidenza, ma è come se lo collocassimo al di fuori dell'Ufficio di Presidenza. Questo non è scritto nel nostro Regolamento, che prevede invece che l'Ufficio di Presidenza è composto dal Presidente della Camera, dai vicepresidenti, dai questori e dai segretari e che tutti i gruppi ne devono far parte.
  Ora lei, Presidente, è legittimamente iscritta al suo gruppo, e credo che abbia ragione di rivendicarne con orgoglio l'appartenenza, ma, a mia modesta ragione, la lettera del Regolamento e anche la lettura dell'unico precedente diverso esistente, perché relativo alle componenti del gruppo Misto, non consentirebbero alla Camera domani di procedere all'elezione di un segretario suppletivo per il gruppo degli amici di Sinistra Ecologia Libertà, rispetto ai quali – lo ripeto – non c’è alcuna acrimonia, c’è il massimo rispetto, ma quanto dico è solo per dare consapevolezza alle cose che facciamo perché, altrimenti, domani creiamo un precedente, che impedirebbe poi ai Presidenti futuri di poter partecipare alle decisioni dell'organo che devono presiedere, cosa che avrebbe, secondo me, un impatto non corrispondente alla lettera, al senso, allo spirito del Regolamento e ai precedenti che ci sono. Dico questo con il massimo rispetto per lei e per il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà. Ripeto che non vi è alcun intento polemico: c'era la possibilità di risolvere la questione prima, con le votazioni che sono state fatte la settimana scorsa, ma si capisce chiaramente che questo non si è inteso farlo anche dal numero dei segretari non eletti, scorrendo i gruppi di appartenenza dei segretari non eletti, ed è nostra opinione, Presidente, che questa interpretazione del Regolamento non si fondi sul precedente che è stato richiamato, e possa creare, invece, degli scompensi proprio nell'attribuzione delle competenze del Presidente all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
  Per questo, prima che lei legga l'ordine del giorno della seduta di domani, che prevederebbe l'elezione di tre segretari di presidenza, la invito ad avere un momento di riflessione, perché è incontrastato che il gruppo Misto ed il gruppo della Lega Nord e Autonomie non sono rappresentati, e devono avere un loro rappresentante all'interno dell'Ufficio di Presidenza, mentre, a mio giudizio, una riflessione sulla decisione di assegnare al gruppo di Sinistra, Ecologia Libertà un ulteriore segretario di presidenza, sarebbe necessaria, ripeto, perché creerebbe il caso che il Presidente della Camera, pure iscritto a quel gruppo, sarebbe poi collocato fuori dall'Ufficio di Presidenza o non conteggiato. Credo che prima di procedere a tale interpretazione Pag. 23innovativa, sarebbe opportuna una riflessione. Ripeto che segnalo ciò solo per ragioni di rispetto del Regolamento e di richiamo a precedenti che, se richiamati, devono essere però effettivamente analoghi al caso di specie. La ringrazio e mi scuso con l'Assemblea se ho fatto perdere un po’ di tempo.

  PRESIDENTE. Grazie, sullo stesso tema ha chiesto di parlare il deputato Migliore; ne ha facoltà.

  GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare la Presidente, Laura Boldrini, anche pubblicamente, per aver scelto di iscriversi al gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, che è il partito politico nel quale ella è stata eletta. A partire da questa considerazione, che per quanto ci riguarda è prioritaria e preliminare, vorrei esibire non tanto e non solo, un ragionamento sulla base del senso del Regolamento, ma del senso e dei poteri che sono ascritti al Presidente della Camera, in questo caso alla Presidente della Camera.
  La rappresentanza all'interno dell'Ufficio di Presidenza è legata indissolubilmente al potere di rappresentanza dei singoli gruppi parlamentari nella dialettica che si manifesta in questo importante organo di autogoverno della Camera dei deputati. Pertanto, io – che non avrei alcun problema e anzi avevo auspicato anche nelle sedi opportune, a partire dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, che vi fosse una composizione che tenesse rigidamente conto della lettera del Regolamento, ossia che non si eccedessero gli otto segretari di Presidenza – faccio sommessamente notare che, per quanto ci riguarda, come gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, non interverremmo mai, in nessuna occasione, nel richiedere un comportamento legato alla posizione del nostro gruppo, alla Presidente della Camera.
  È questo il motivo per il quale ritengo che debba essere rappresentato il nostro gruppo: perché noi ci autoinibiamo, da questo punto di vista, ogni richiesta alla funzione che, per sua natura, deve essere terza e deve avere anche la capacità di compensare, persino quando è costretta a votare – come nell'unica occasione in cui ha votato, in un caso di parità, il Presidente Bertinotti nella XV legislatura (è stata l'unica occasione) – perché, in questo senso, lederemmo la sua prerogativa di terzietà che, per quanto ci riguarda, è più importante.
  Per questo motivo – e in breve sintesi – voglio dire che noi ovviamente ci rimettiamo, per questa interpretazione, alle sedi competenti e che riteniamo che politicamente sia giusto e necessario a salvaguardia e a tutela, perché nessuno mai, dai suoi banchi o da altri banchi di questo emiciclo, possa dire che la Presidente Boldrini parla per nome e per conto di Sinistra Ecologia Libertà. Nessuno deve dire questo e nessuno lo dirà mai, perché io premetto in questa sede che mai chiederò alla Presidente Boldrini di esprimersi a nome e per conto del nostro gruppo. Pertanto, io credo che la sanzione di un principio di questo genere necessiti il fatto che venga eletto anche un rappresentante per il nostro gruppo, solo per questo e facendo fatica anche in relazione a temi ben noti come quelli dei costi perché noi, nel corso della precedente discussione, avevamo sottolineato come fosse importante, da parte di tutti i gruppi, trovare un accordo sugli otto segretari. Faccio notare, peraltro, che questa sua argomentazione avrei preferito ascoltarla anche in sedi precedenti, compresa la Conferenza dei presidenti di gruppo dove non era stata riportata.
  Quindi, ringrazio ancora una volta la Presidente Boldrini e mi rimetto, ovviamente, a chi deve interpretare il Regolamento, dichiarandomi immediatamente disponibile a qualsiasi soluzione ella vorrà adottare.

  PRESIDENTE. A questo riguardo, la questione può essere affrontata sotto due aspetti: uno di carattere sistematico e l'altro relativo ai precedenti.
  Sotto il primo aspetto va, infatti, segnalato che il Presidente della Camera non può essere considerato rappresentante, in Pag. 24Ufficio di Presidenza, del gruppo cui è iscritto, dal momento che ciò sarebbe in contrasto con il ruolo ad esso attribuito, che non è mai di manifestazione degli orientamenti della propria parte politica ma un ruolo terzo, che si declina nel compito di convocare e dirigere le riunioni dell'organo.
  In questo senso è la prassi consolidata che esclude, coerentemente, la partecipazione del Presidente alle votazioni in Ufficio di Presidenza, prassi che altrimenti non avrebbe alcun fondamento. Anche da un punto di vista normativo va rilevato che la disciplina della composizione dell'Ufficio di Presidenza, compresa la norma sull'obbligo di rappresentanza di tutti i gruppi esistente all'atto delle elezioni, è nel Regolamento distinta (articolo 5) rispetto a quella relativa all'elezione del Presidente della Camera (articolo 4). Ne discende, su un piano logico-normativo, che la valutazione dell'effettiva rappresentanza di tutti i gruppi sembra da valutare con riferimento alla composizione risultante dall'elezione dei vicepresidenti, questori e segretari, senza considerare il Presidente, eletto nella seduta precedente.
  Quanto ai precedenti, come da lei ricordato, lo stesso caso di oggi si è già proposto all'inizio della XIV legislatura, quando, a seguito della votazione per l'elezione dell'Ufficio di Presidenza, svoltasi nella seduta del 6 giugno 2001, il gruppo Misto, cui era iscritto il Presidente della Camera, l'onorevole Casini, risultò privo di un suo rappresentante, come anche il gruppo CCD-CDU Biancofiore. Il Presidente annunciò, pertanto, esattamente come nelle attuali circostanze, che «poiché nell'Ufficio di Presidenza testé eletto non sono presenti rappresentanti del gruppo CCD-CDU Biancofiore e del gruppo Misto, occorrerà procedere alla necessaria integrazione, ai sensi del comma 4 dell'articolo 5 del Regolamento». La Camera procedette, quindi, all'elezione di due segretari suppletivi nella seduta del 13 giugno 2001, in cui furono eletti gli onorevoli Rotondi (CCD-CDU Biancofiore) e Pistone (Misto).
  Non posso, quindi, che confermare la correttezza della procedura che è stata indicata per l'elezione dei segretari suppletivi, che non dà luogo ad un'innovazione ma all'applicazione del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,42).

  MARIO MARAZZITI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di portare alla vostra attenzione una piccola questione urgente, che ha a che fare con questo inizio della XVII legislatura. È una questione altamente simbolica e quindi di sostanza. Ha a che fare con la necessità di trasparenza e di accessibilità, con il bisogno di accorciare le distanze tra i cittadini e la politica, che questo Parlamento forse più di altri ha la responsabilità e l'opportunità di incoraggiare, promuovere e ristabilire. Una politica alta e vera ha tutto da guadagnare da una forte partecipazione dei cittadini ad informazioni qualificate e dirette dell'attività del Parlamento. Ora si dà il caso, come abbiamo appreso, che dal 15 marzo 2013, con l'inizio di questa legislatura, la rassegna stampa della Camera dei deputati non è più accessibile ai cittadini per una decisione dell'Ufficio di Presidenza precedente. Mi permetto di chiedere all'Ufficio di Presidenza di riconsiderare questa decisione. Abbiamo piena contezza della necessità di sostenere il mondo dell'informazione, la libertà di stampa, la difesa del diritto d'autore, la stabilità delle aziende editoriali. Sono un elemento fondamentale nel funzionamento della nostra Repubblica e democrazia. Comprendo le ragioni che hanno indotto la pregressa decisione per non danneggiare in alcun modo la normale circolazione degli organi di stampa, ma esistono altre strade capaci di non penalizzare la trasparenza dei lavori del Parlamento, la leggibilità da parte dei cittadini e in questo Pag. 25modo avvicinare i cittadini alla politica. Chiedo pertanto che nel prossimo Ufficio di presidenza si riveda questa decisione. Mi permetto di suggerire strade di soluzioni possibili – vedrete voi quali – la creazione di aree mirate della rassegna stampa esistente ai cittadini, ovvero l'accessibilità integrale ma a partire da una certa ora del giorno, nel pomeriggio, tale da permettere a tutti gli italiani di seguire il lavoro del Parlamento, della Camera dei deputati, al meglio delle notizie, se lo vogliono, senza danni possibili per la libera circolazione dei giornali. Altre soluzioni possono essere trovate, ma è auspicabile che proprio questa legislatura non inizi con questa limitazione alla trasparenza e all'accessibilità già in atto, senza che noi abbiamo potuto deciderlo assieme. Mi permetto quindi di concludere ringraziandovi dell'ascolto anche, visto che oggi è il 25 marzo, facendo a nome mio personale e delle colleghe Schirò e Santerini di Scelta Civica e di tutto il gruppo di Scelta Civica, l'augurio per le comunità ebraiche italiane per le festività di Pesach che cominciano domani (Applausi). Sono certo che a questo augurio per le festività che iniziano, per questa importante parte della nostra comunità nazionale e che aprono otto giorni della Pasqua 5773, si unisce l'intero Parlamento (Applausi).

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Marazziti, sono molto sensibile a questo tema. Già oggi abbiamo avviato dei primi incontri con la FIEG, quindi sicuramente lo riproporrò all'Ufficio di Presidenza.

Modifica nella composizione degli uffici di presidenza di gruppi parlamentari e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettere pervenute in data 22 marzo 2013, ha reso noto che sono stati nominati vicepresidenti del gruppo il deputato Ricardo Antonio Merlo, in rappresentanza della componente politica MAIE – Movimento Associativo Italiani all'Estero, il deputato Aniello Formisano, in rappresentanza della componente politica Centro Democratico, e il deputato Daniel Alfreider, in rappresentanza della componente politica Minoranze Linguistiche.
  Comunico altresì che il presidente del gruppo parlamentare Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che sono stati nominati vicepresidente vicario la deputata Maria Stella Gelmini e vicepresidente il deputato Simone Baldelli. Al deputato Simone Baldelli è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,48).

  PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di domani, alle ore 10, avrà luogo la votazione per l'elezione di tre segretari di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 4 e 6, del Regolamento, appartenenti ai gruppi Misto, Lega Nord e Autonomie e Sinistra Ecologia Libertà.
  Nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si è convenuto di inserire all'ordine del giorno della seduta di domani, dopo tale votazione, la proposta di istituzione di una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento.
  La Commissione sarà composta da 40 deputati designati dai gruppi in proporzione alla loro consistenza numerica e procederà all'esame dei seguenti atti del Governo, per i quali sono state ravvisate ragioni di urgenza: relazione al Parlamento ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre n. 196, del Pag. 262009, secondo la procedura prevista dall'articolo 118-bis del Regolamento; schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche e integrazioni al regolamento n. 76 del 1998, in materia di criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devolute alla diretta gestione statale (termine per l'espressione del parere al Governo: 20 giorni dall'assegnazione); schema di decreto del Ministro del lavoro di attuazione del comma 231 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di requisiti di accesso alla pensione per i lavoratori cessati dal lavoro (esodati) (termine per l'espressione del parere al Governo: 20 giorni dall'assegnazione).
  Sempre domani, alle ore 15, avrà luogo un'informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India.

Ordine del giorno
della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 26 marzo 2013, alle 10:

  1. – Votazione per l'elezione di tre Segretari di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 4 e 6, del Regolamento.

  2. – Istituzione di una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento.

  (ore 15)

  3. – Informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India.

  La seduta termina alle 19,50.