FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:
come riferito da numerosi quotidiani, agenzie di stampa e siti internet il 29 dicembre 2011 la signora Valeria Lembo, è deceduta dopo una settimana di agonia;
la signora Lembo, di 34 anni, era affetta da linfoma di Hodgkin;
il tumore era al primo stadio, e i medici avevano assicurato che esistevano parecchie possibilità di guarigione;
durante il quarto ciclo di chemioterapia al policlinico di Palermo sarebbero state iniettate alla signora Lembo 90 milligrammi di vinblastina, invece di 9;
la dose eccessiva si è trasformata in veleno che, dopo un'agonia durata una settimana, ha condotto la signora Lembo alla morte;
in particolare, secondo il resoconto del giornalista Felice Cavallaro sul Corriere della Sera dell'8 gennaio 2012, che «il primario del reparto di oncologia professor Sergio Palmeri, che aveva in cura la giovane donna, era assente quando un'infermiera, davanti a quel foglio con la prescrizione dei 90 milligrammi di vinblastina, sorpresa, dubbiosa, ha chiesto l'intervento del medico di guardia, uno specializzando. Un neo-laureato, evidentemente incapace di valutare un dato così importante, gli occhi smarriti sul foglietto e su quel «90» senza la virgola fra il «9» e lo «0»;
l'articolo prosegue raccontando che «...deciso a non chiedere lumi e a "non disturbare" il professore, il neo-laureato avrà pensato che se così è scritto così s'ha da fare. Verdetto ripetuto a una seconda domanda dell'infermiere che mai in vita sua aveva iniettato 15 fiale di quel farmaco tutte insieme nel boccione della flebo, nel cosiddetto cocktail della chemio. Come ha poi fatto su indicazione del neo-laureato nei panni di un praticante con foglio rosa lasciato alla guida di un TIR in autostrada»;
sarebbero occorsi diversi giorni per comprendere il guaio che era stato combinato in un reparto definito «famoso per quel sottoscala dove si praticavano le chemio, fra le proteste di pazienti seguiti anche dalla dottoressa Maria Rosa Valerio coinvolta in un'altra inchiesta su tre cliniche private di Palermo, dove si risparmiava evitando di somministrare l'antivomito ai malati di tumore»;
secondo quanto si legge nella cronaca del quotidiano La Repubblica, dopo il trattamento la signora Lembo si è sentita subito male; il giorno successivo è stata richiamata dal personale del Policlinico. I medici - ha riferito a Repubblica la madre della donna - l'hanno ricoverata col «pretesto» di una gastroenterite. Solo qualche giorno dopo avrebbero ammesso l'errore. A quel punto i familiari hanno deciso di trasferirla all'ospedale Cervello, dove è stata ricoverata in camera sterile nel reparto di ematologia;
la cronaca pubblicata dal Corriere della Sera è accompagnata da un commento di Mario Pappagallo, il contenuto del quale, per la sua gravità, si riporta integralmente: «Uccisa da uno zero di troppo e, secondo la ricostruzione, dal solito "vizio" italiano di lasciare uno specializzando, un medico neolaureato, di guardia in un reparto dove si praticano terapie «velenosissime». E come fa un giovane uscito da una Scuola di medicina dove continua a prevalere la teoria, e la pratica è l'ultima delle preoccupazioni, a sapere se quel numero sulla cartella clinica è assurdo? Lui è lì per specializzarsi e al suo fianco dovrebbe avere sempre qualcuno che sa ciò che lui deve ancora apprendere. Invece, oltre a essere lasciato solo, è pure terrorizzato dall'idea di disturbare al telefono il suo primario per avere lumi. Poi ci scappa il morto, volano tante parole... e nulla cambia» -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze intenda promuovere o adottare al riguardo e, in particolare, in relazione a quanto scritto nel commento da Mario Pappagallo, quali iniziative per contrastare quello che viene definito il «solito vizio italiano». (5-05881)