Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: Doc. 226: Regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica
Riferimenti:
SCH.DEC 226/XVI     
Serie: Scheda di analisi    Numero: 125
Data: 01/07/2010
Descrittori:
ENTI LOCALI   SERVIZI PUBBLICI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Analisi degli effetti finanziari

 

 

 

 

Regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge  n. 112 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica

 

 

(Schema di decreto del Presidente della Repubblica n. 226)

 

 

 

 

 

N. 125 – 1° luglio 2010

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Estremi del provvedimento

 

 

DOC:

 

226

Natura dell’atto:

 

Schema di decreto del Presidente della Repubblica

Titolo breve:

 

Regolamento di attuazione dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica

 

 

Riferimento normativo:

 

Art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e art. 23-bis, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

 

Vanalli

Gruppo:

 

Relazione tecnica:

 

 

 

Assegnazione

 

 

Alla

 

ai sensi

 

 

(termine per l’esame: 16 luglio 2010)

 

Alla Commissione Bilancio

ai sensi

 

 

(termine per l’esame: 1° luglio 2010)

 



INDICE

 

 

ARTICOLI 1-4. 5

Misure in materia di liberalizzazione dei servizi pubblici locali5

ARTICOLO 3, comma 3, lettera e) e ARTICOLO 8, comma 8. 8

Disposizioni inerenti le procedure di gara per l’affidamento.. 8

ARTICOLO 5. 8

Assoggettamento degli affidatari in house al patto di stabilità interno.. 8



PREMESSA

Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in esame reca il regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Con il comma 10 il Governo è stato autorizzato a emanare regolamenti di delegificazione per la disciplina delle attività di servizio pubblico locale, sulla base di specifiche finalità indicate dalla norma[1].

Il testo non è corredato di relazione tecnica, al pari del citato articolo 23-bis del DL 112/2008 e delle disposizioni che hanno apportato modificazioni allo stesso, alle quali non sono stati a suo tempo ascritti effetti finanziari.

Di seguito si esaminano le disposizioni rilevanti sotto il profilo degli effetti finanziari.

 

ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI

ARTICOLI 1-4

Misure in materia di liberalizzazione dei servizi pubblici locali

Le norme, in attuazione del citato articolo 23-bis del DL n. 112/2008, prevedono procedure per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, fatte salve alcune esclusioni[2]. Agli enti locali è attribuito il compito di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale, circoscrivendo l’attribuzione di diritti di esclusiva ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità. Nel caso di obblighi di servizio pubblico, gli enti locali prevedono le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti, tenendo conto dei proventi delle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo (articolo 2).

Nell’ambito delle procedure di affidamento è prevista l’acquisizione del parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per i servizi di valore economico superiore a 200.000 euro e per i casi in cui la popolazione interessata sia superiore alle 50.000 unità. Nel motivare, in sede di richiesta di parere, l’eventuale affidamento in house dei servizi relativi al settore idrico, l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la modalità di gestione prescelta non distorsiva della concorrenza, con particolare riferimento ai seguenti criteri:

a)      chiusura del bilancio in utile, escludendo qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimenti da parte dell’ente affidante o da altro ente pubblico;

b)      reinvestimento nel servizio di almeno l’80 per cento degli utili per l’intera durata dell’affidamento;

c)       applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore;

d)      raggiungimento di costi operativi medi annui con un’incidenza sulla tariffa al di sotto della media di settore.

 

Al riguardo, pur non potendosi attribuire alle misure in esame effetti finanziari diretti per la finanza pubblica[3], si segnala l’opportunità di acquisire chiarimenti in merito ai possibili riflessi di carattere indiretto per i bilanci degli enti locali.

Si osserva innanzitutto che le norme non prevedono che, fra i criteri in base ai quali dovrà valutarsi l’opportunità di liberalizzare la gestione dei servizi, rientrino anche i riflessi sui bilanci degli enti locali degli effetti della liberalizzazione stessa, limitandosi ad indicare valutazioni inerenti la realizzabilità di una gestione concorrenziale.

Sembra pertanto esclusa, ad esempio, la possibilità di deliberare il mantenimento della gestione in house di un servizio in base a mere considerazioni di convenienza economica per i bilanci degli enti locali, rendendosi invece necessario il passaggio ad una gestione concorrenziale del servizio ogni qualvolta ne sussista la possibilità.

Appare pertanto opportuno che sia chiarito se da tale obbligo di carattere generale possano discendere effetti finanziari negativi con riferimento all’esternalizzazione di servizi economicamente redditizi per i bilanci degli enti.

Andrebbe inoltre chiarito se, nell’ambito del procedimento di liberalizzazione, potranno realizzarsi per gli enti locali incassi di tipo mobiliare, ad esempio in relazione alla cessione di quote azionarie di società attualmente possedute dagli enti stessi. In tal caso, non sussistendo per gli enti in questione un obbligo di utilizzo dei proventi di tipo mobiliare ai fini dell’ammortamento del proprio debito, andrebbe chiarito se l’eventuale utilizzo dei predetti proventi per finalità di spesa possa determinare effetti negativi sul saldo di indebitamento netto.

Si ricorda infatti che gli incassi di tipo mobiliare sono classificati, in base ai criteri di contabilizzazione europei, fra le partite finanziarie e quindi non possono incidere in senso positivo sul saldo di indebitamento netto della p.a.. Di conseguenza un loro eventuale utilizzo per finalità di spesa si tradurrebbe in un effetto negativo – sull’indebitamento netto – di pari importo.

Con riferimento ai servizi relativi al settore idrico, andrebbe chiarito se le condizioni poste dall’articolo 4, ai fini del mantenimento della gestione in house, possano eventualmente determinare una riduzione degli utili percepiti dall’ente locale proprietario del soggetto affidatario del servizio. Tale circostanza si pone in relazione all’obbligo, previsto dalla norma per il soggetto affidatario in house, di realizzare investimenti almeno pari all’80% degli utili e di ridurre le tariffe a livello inferiore alla media del settore.

Con riferimento all’articolo 2, in base al quale gli eventuali oneri di servizio pubblico vanno remunerati ai soggetti affidatari, si osserva che il trasferimento di tali obblighi sulle aziende esercenti, con il contestuale riconoscimento di contropartite economiche, sembrerebbe configurarsi in sé come una previsione ricognitiva[4] di modalità contrattuali già esistenti. Sul punto appare tuttavia opportuno acquisire una conferma, al fine di escludere che dalla disposizione  in esame possa derivare sia una modifica del quadro dei vincoli che sono generalmente ascrivibili alla gestione dei servizi pubblici sia, conseguentemente, una modifica degli effetti finanziari connessi all’affidamento. In secondo luogo, anche ipotizzando che nel caso in esame la previsione di “compensazioni economiche” abbia essenzialmente un carattere ricognitivo, come sopra ipotizzato, va comunque sottolineata la possibilità – esplicitata nel testo - che le compensazioni vadano a gravare su disponibilità di bilancio degli enti locali: in tal caso, esse andrebbero a costituire una voce di costo che andrebbe necessariamente considerata nell’ambito delle procedure di affidamento previste dal provvedimento.

 

 

ARTICOLO 3, comma 3, lettera e) e ARTICOLO 8, comma 8

Disposizioni inerenti le procedure di gara per l’affidamento

Le norme, nel definire le modalità di espletamento delle procedure competitive ad evidenza pubblica, prevedono, tra l’altro:

-         che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia (articolo 3, comma 3, lettera e);

-         che, nel caso in cui alla gara concorra una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possano essere né dipendenti né amministratori dell’ente locale stesso.

 

Al riguardo si segnala che la disposizione in esame, prevedendo che la commissione di gara sia composta da figure professionali che potrebbero non essere presenti nell’organico degli enti locali - con l’esplicita esclusione della possibilità che della commissione facciano parte dipendenti degli enti locali -, sembra porre a carico di questi ultimi l’attuazione di procedure di gara aventi carattere oneroso. In termini più generali appare opportuno che sia chiarito se, nella prima fase del processo di liberalizzazione, gli oneri connessi all’attuazione delle procedure competitive ad evidenza pubblica – relativi sia all’impiego di risorse interne sia all’utilizzo di figure professionali esterne rispetto all’organico degli enti – possano essere sostenuti dagli enti locali senza pregiudizio per il necessario rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno.

Analogamente, per quanto riguarda gli enti locali di piccole dimensioni, non soggetti al patto di stabilità interno, andrebbe fornita assicurazione che i predetti oneri non siano suscettibili di determinare effetti negativi sugli equilibri dei rispettivi bilanci.

 

ARTICOLO 5

Assoggettamento degli affidatari in house al patto di stabilità interno

La norma dispone che gli affidatari in house di servizi pubblici locali siano assoggettati al patto di stabilità interno, sotto la responsabilità degli enti locali che partecipano al capitale dei soggetti affidatari. Le modalità e la modulistica per l’applicazione della norma in esame sono rimesse alla normativa secondaria.

 

Al riguardo andrebbero acquisiti chiarimenti in merito ai criteri cui dovrà attenersi la normativa secondaria nella definizione delle modalità per l’estensione agli affidatari in house del patto di stabilità interno. Si segnala infatti che, ove i predetti soggetti affidatari non risultassero inclusi nel perimetro delle pubbliche amministrazioni[5], l’applicazione agli stessi del patto di stabilità interno – qualora essa avvenisse ad invarianza degli obiettivi di manovra complessivamente attribuiti a ciascun comparto di enti territoriali – potrebbe determinare una riduzione degli effetti di miglioramento dei saldi di finanza pubblica attesi dal patto di stabilità interno. Infatti, qualora fosse possibile per ciascun ente territoriale computare, ai fini del raggiungimento dei propri obiettivi di manovra, anche i risparmi conseguiti da società esterne al comparto della PA[6], risulterebbe corrispondentemente ridotta la quota di manovra direttamente realizzata dai soggetti inclusi nel predetto comparto.



[1] Fra le quali si ricordano: l’assoggettamento dei soggetti affidatari in house di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno; la distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali; l’individuazione di norme applicabili in via generale per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua; la limitazione dei casi di gestione in regime di esclusiva; la previsione di una durata degli affidamenti proporzionale ai tempi di recupero degli investimenti.

[2] Previste dall’articolo 1, che definisce l’ambito di applicazione della norma.

[3] Tali misure sono infatti attuative di disposizioni cui non era ascritto alcun effetto finanziario.

[4] Nel senso che tale adempimento potrebbe considerarsi vincolante, anche in assenza della norma in esame, nell’ambito dell’individuazione delle condizioni contrattuali.

[5] Nel caso, ad esempio, in cui i soggetti affidatari coprano una quota superiore al 50% dei propri costi di gestione mediante proventi di mercato.

[6] Tali risparmi non sarebbero computabili ai fini dei saldi di finanza pubblica.