Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (c.d. Carta blu UE) Schema di D.Lgs. n. 450 (art. 21 e 24, comma 1, L. 217/2011) Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 450/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 401
Data: 12/04/2012
Descrittori:
EXTRA COMUNITARI   L 2011 0217
LAVORO   PERMESSO DI SOGGIORNO
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

12 Aprile 2012

 

n. 401/0

 

 

Condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (c.d. Carta blu UE)

Schema di D.Lgs. n. 450
(art. 21 e 24, comma 1, L. 217/2011)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto legislativo

450

Titolo

Attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati

Norma di delega

Art. 21, L. 217/2011

Numero di articoli

2

Date:

 

presentazione

22 marzo 2012

assegnazione

27 marzo 2012

termine per l’espressione del parere

6 maggio 2012

termine per l’esercizio della delega

17 aprile 2012

Commissione competente

I e XIV

Rilievi di altre Commissioni

V

 

 


Contenuto

Lo schema di decreto legislativo è stato predisposto in base all'articolo 21 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, entro il 17 aprile 2012, per l’attuazione della direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009 (d’ora in avanti, direttiva), sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (c.d. Carta blu UE).

In attuazione della delega, lo schema in esame, composto di due articoli, interviene con la tecnica della novellazione del quadro normativo vigente, rappresentato dal T.U. immigrazione, di cui al D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni (d’ora in avanti, TU immigrazione).

In particolare, l’articolo 1 introduce nel testo unico i nuovi articoli 27-quater (Ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati. Rilascio della Carta blu UE) e 9-ter (Status di soggiornante di lungo periodo-CE per i titolari di Carta blu UE).

 

L'articolo 27-quaterconsente ai lavoratori altamente qualificati l'ingresso al di fuori delle "c.d. quote d'ingresso" ex art. 3, comma 4, del T.U. immigrazione, analogamente a quanto già previsto per gli ingressi a titolo di ricerca scientifica.

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale, il decreto annuale sui flussi, il decreto sull’ingresso degli studenti universitari.

Ai sensi dell’art. 27 del TU immigrazione, possono essere assunti fuori quota lavoratori appartenenti a specifiche categorie, tra cui: dirigenti; professori universitari; traduttori ed interpreti; artisti e personale artistico e tecnico per spettacoli; sportivi professionisti; giornalisti corrispondenti; infermieri professionali.

Per approfondimenti si veda la pagina del sito del Ministero del lavoro dedicato ai casi particolari di ingresso al di fuori delle quote:

http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaSociale/Immigrazione/extracomunitari/casifuoriquota.htm

Per lavoratori altamente qualificati, s’intendono gli stranieri che sono in possesso (co. 1):

a) del titolo di studio rilasciato dalla competente autorità del Paese dove è stato conseguito, che attesti il completamento di percorsi di istruzione superiore almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore;

Si ricorda che l’art. 2 della direttiva 2009/50/CE definisce come “titolo di istruzione superiore”: qualsiasi diploma, certificato o altro titolo di formale qualificazione rilasciato da un’autorità competente che attesti il completamento di un programma di istruzione superiore post-secondaria, ossia di un insieme di corsi offerti da un istituto di istruzione riconosciuto come istituto di istruzione superiore dallo Stato in cui è situato. Tale titolo di istruzione superiore è preso in considerazione a condizione che gli studi necessari per acquisirlo abbiano durata almeno triennale (lett. h).

Per “qualifiche professionali superiori” s’intendono, invece, le qualifiche attestate da titoli di istruzione superiore o, a titolo di deroga, se previsto dalla normativa nazionale, attestate da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli di istruzione superiore e pertinente nella professione o nel settore specificati nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro (lett. g).

La disposizione prevede che la qualifica professionale superiore, attestata dal Paese di provenienza, deve essere riconosciuta in Italia e rientrare nei “livelli 1 e 2 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011. Il requisito del riconoscimento, pertanto, è richiesto solo per la qualifica professionale e non anche per il titolo di studio.

Al riguardo, tuttavia, si evidenzia che la relazione illustrativa richiama esplicitamente – oltre all’art. 1 del Testo unico sull’istruzione superiore – il DPR 30 luglio 2009, n. 189, con il quale è stato emanato il regolamento concernente il riconoscimento dei titoli di studio accademici. Peraltro, l’ambito applicativo del regolamento è limitato ai soli titoli di studio accademici rilasciati dagli istituti di istruzione superiore (stranieri e non) dei Paesi aderenti alla Convenzione per il riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore fatta in Lisbona l’11 aprile 1997, ratificata dall’Italia con L. n. 148 del 2002.

Sembrerebbe opportuno, pertanto, un chiarimento al riguardo.

Da ultimo, per completezza, si ricorda che con il D.lgs. n. 17 del 2008[1] è stata introdotta, in recepimento della direttiva 2005/71/CE, una procedura agevolata per l’ingresso di stranieri per lo svolgimento di attività di ricerca, a tal fine introducendo l’art. 27-ter al già citato D.lgs. n. 286 del 1998.

 

b) dei requisiti previsti dal d.lgs. 206/2007, limitatamente alle professioni regolamentate.

 

Il riferimento di cui alla lett. b, ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 206 del 2007 (di attuazione della cd. direttiva qualifiche), concerne i lavoratori stranieri in possesso di un diploma che attesti una formazione post-secondaria tra quelle incluse nell'allegato II (nei diversi settori professionali) allo stesso D.Lgs. n. 206; si tratta di una formazione “a struttura particolare” equivalente a quella assicurata da insegnamento post-secondario di durata almeno annuale (o di una durata equivalente a tempo parziale) di cui una delle condizioni di accesso è, di norma:

-          il completamento del ciclo di studi secondari richiesto per accedere all'insegnamento universitario o superiore;

-          il completamento di una formazione scolastica equivalente al secondo ciclo di studi secondari;

-          la formazione professionale eventualmente richiesta oltre al ciclo di studi post-secondari.

Ulteriore condizione per l’applicazione della disciplina in esame è che l’ingresso dei lavoratori stranieri sia finalizzato all’esercizio di lavoro retribuito per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica.

Sul punto, l’attuazione appare conforme alla direttiva che restringe l’ambito di applicazione all’ingresso diretto al fine di esercitare un lavoro reale ed effettivo per conto o sotto la direzione di un’altra persona, nonché retribuito (art. 2, lett. b).

I commi 2 e 3 definiscono il campo di applicazione della nuova disciplina. In positivo, questa riguarda:

- sia gli stranieri in possesso dei requisiti citati, regolarmente soggiornanti in Italia o in altro Stato membro dell’UE,

- sia i lavoratori altamente qualificati, titolari della Carta blu rilasciata in altro Stato membro,

In negativo, la disciplina non trova applicazione nei confronti degli stranieri che:

- soggiornano a titolo di protezione temporanea;

- sono beneficiari di protezione internazionale ex direttiva 2004/83/CE;

- chiedono di soggiornare in qualità di ricercatori;

- sono familiari di cittadini dell’UE che esercitano il diritto alla libera circolazione;

- beneficiano dello status di soggiornante di lungo periodo ex art. 9-bis del TU immigrazione per motivi di lavoro;

- fanno ingresso in uno Stato membro in virtù di accordi internazionali che agevolano il soggiorno temporaneo di alcune categorie di persone fisiche connesse al commercio e agli investimenti;

- soggiornano in qualità di lavoratori stagionali ovvero di lavoratori distaccati;

- beneficiano di diritti di libera circolazione analoghi a quelli previsti per i cittadini UE in virtù di specifici accordi tra l’Unione ed il Paese terzo di appartenenza.

Le cause di esclusione richiamate sono previste esplicitamente dall’art. 3, co. 2, della direttiva. Non appare recepita la clausola che esclude dalla richiesta di Carta Blu i cittadini di Paesi terzi la cui espulsione sia stata sospesa per motivi di fatto o di diritto (lett. i).

I commi 4-10 del nuovo art. 27-quater disciplinano le procedure relative alla richiesta e al rilascio del nulla osta al lavoro.

In particolare, la domanda di nulla osta al lavoro deve essere inoltrata dal datore di lavoro allo sportello unico per l’immigrazione, istituito in ogni provincia presso la prefettura-UTG.

In proposito, si rinvia alla disciplina già prevista dall’art. 22 TU immigrazione per la domanda di nulla osta al lavoro subordinato.

Oltre ai dati previsti dalla disciplina generale (art. 22, co. 2, TU), la domanda in questione deve contenere alcuni requisiti specifici (co. 5), a pena di rigetto della stessa:

- la proposta di contratto o l’offerta vincolante di lavoro altamente qualificato di durata almeno annuale;

Secondo la relazione illustrativa, la formulazione adottata (proposta di contratto o offerta) è funzionale a ricomprendere prestazioni non direttamente riconducibili ad un rapporto di lavoro subordinato, in attuazione della direttiva che, come evidenziato, fa riferimento a lavori sotto la direzione di un’altra persona.

- il titolo di istruzione e la relativa qualifica professionale superiore posseduti dallo straniero;

- l’importo dello stipendio annuale lordo che deve risultare non inferiore al triplo del minimo salariale minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.

Si fa riferimento al livello minimo previsto dall’art. 8, co. 16, terzo periodo, L. 537/1993 per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per i disoccupati ed i loro familiari. In base alla relazione tecnica, si richiede dunque di dimostrare un reddito da lavoro pari a 24.789 euro lordi annui.

Si ricorda che sul punto la direttiva richiede che lo stipendio annuale lordo non sia inferiore alla soglia stabilita da ciascuno Stato membro, il cui ammontare corrisponde ad almeno una volta e mezza lo stipendio medio annuale lordo nel medesimo Stato (art. 5, par. 3). Al tempo stesso, si consente il mantenimento di misure più favorevoli (art. 4, par. 2).

Tra i criteri di ammissione, la disposizione in esame non richiama espressamente la dimostrazione da parte dello straniero di aver fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria, criterio previsto dalla direttiva (art. 5, par. 1, lett. e). E tuttavia, si ricorda che l’art. 34 TU immigrazione prevede a carico di tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia l’obbligo di iscrizione al SSN e la piena equiparazione con i cittadini quanto all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata e alla sua validità temporale.

Il nulla osta al lavoro deve essere rilasciato entro novanta giorni dalla presentazione della domanda, previo espletamento delle procedure innanzi al centro per l’impiego tese a verificare la disponibilità di lavoratori già presenti sul territorio italiano.

Sul punto la direttiva (art. 11, par. 1) richiede che gli Stati membri disciplinino le conseguenze della mancata adozione della decisione nel termine prescritto: si segnala che nulla dispone al riguardo lo schema di decreto in esame. In via analoga, non sembrano richiamate le altre garanzie procedurali previste dall’art. 11, par. 2 e 3, della direttiva.

 

Il nulla osta può essere sostituito da una comunicazione del datore di lavoro della proposta di contratto od offerta vincolante, qualora questi abbia sottoscritto con il Ministero dell’interno, sentito il Ministero del lavoro, un apposito protocollo di intesa con cui il datore garantisce la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per il nulla.

Si replica al riguardo quanto già previsto dall’articolo 27, co. 1-ter, TU per alcune particolari categorie di lavoratori (dirigenti, professori universitari, lavoratori di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano con compiti specifici per un periodo limitato).

I casi di rifiuto del nulla osta attengono alle seguenti ipotesi:

a) qualora i documenti richiesti a pena di rigetto in sede di domanda (v. co. 5) siano stati ottenuti mediante frode o siano stati falsificati o contraffatti;

b) qualora lo straniero non si rechi presso lo sportello unico per l’immigrazione per la firma del contratto di soggiorno entro otto giorni dall’ingresso in Italia, salvo che il ritardo dipenda da cause di forza maggiore;

c) qualora il datore di lavoro sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva (compresa quella adottata a seguito di patteggiamento della pena), per una serie di reati, indicati dal co. 10 (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, intermediazione illecita del lavoro, ecc.).

E’ così recepito il motivo di rifiuto che la direttiva individua nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale (art. 8, par. 5).

Nelle ipotesi sub a) e b), è altresì prevista la revoca, qualora il nulla osta al lavoro fosse stato già rilasciato.

Subordinatamente alla stipula del contratto di soggiorno per lavoro e alla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, il Questore rilascia al lavoratore altamente specializzato che ha ricevuto il nulla osta un permesso di soggiorno rubricato “Carta blu UE” (co. 11 e 12).

Tale permesso di soggiorno ha durata biennale nel caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato. Viceversa, avrà una durata pari a quella del rapporto di lavoro instaurato più tre mesi.

La direttiva, sul punto, rende facoltativa per gli Stati la scelta di un periodo standard di validità della Carta blu, compreso tra uno e quattro anni. Qualora il contratto di lavoro abbia una durata inferiore all’anno, la Carta è rilasciata per un periodo pari alla durata del rapporto di lavoro più tre mesi (art. 7, par. 2).

Sono causa di rifiuto del rilascio o di mancato rinnovo del permesso Carta blu UE, nonché causa di revoca:

a) l’ottenimento del permesso di soggiorno in modo fraudolento o la sua falsificazione o contraffazione;

b) la mancata soddisfazione delle condizioni d’ingresso e di soggiorno previste dal TU immigrazione o il soggiorno per finalità diverse da quelle per le quali il lavoratore è stato autorizzato;

c) il mancato rispetto delle condizioni limitative previste per i primi due anni di soggiorno (v. infra, co. 13);

d) l’insufficienza delle risorse a disposizione dello straniero per il proprio mantenimento e quello dei familiari, senza ricorrere al regime di assistenza sociale nazionale, fatta eccezione per il periodo eventuale di disoccupazione.

Il novero delle ipotesi di revoca o mancato rinnovo appare più ristretto di quello previsto dall’art. 9 della direttiva, che offre la possibilità di prevedere la revoca o il rifiuto altresì per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica; ovvero qualora la persona interessata non abbia comunicato il suo indirizzo; ovvero qualora il titolare di Carta blu chieda l’assistenza sociale.

Il comma 13 introduce, per i primi due anni di ingresso in Italia del lavoratore con permesso Carta blu alcune limitazioni sia all’esercizio di attività lavorative diverse da quelle altamente qualificate, sia ai cambiamenti del datore di lavoro. Nel primo caso è previsto un divieto assoluto; nel secondo, i cambiamenti devono essere autorizzati in via preliminare dalle competenti direzioni territoriali del lavoro.

Si prevede in questo caso un’ipotesi di silenzio-assenso, decorsi quindici giorni dalla ricezione da parte della direzione territoriale della documentazione relativa al nuovo contratto o offerta di lavoro.

Un’ulteriore limitazione è stabilita dal comma 14, ai sensi del quale i titolari di Carta blu non possono svolgere, anche occasionalmente, attività che comportino l’esercizio di pubblici poteri, ovvero che attengono alla tutela dell’interesse nazionale, ovvero attività che, secondo la legge nazionale o la normativa europea, sono riservate ai cittadini nazionali, europei o dello Spazio economico europeo.

Le limitazioni di cui ai commi 13 e 14 appaiono conformi alle ipotesi previste dall’art. 12 della direttiva. In particolare, per quanto concerne il comma 14, il divieto di accesso a tali attività in base alla nazionalità si giustifica per il rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello Stato, in conformità all’interpretazione che la Corte di giustizia ha fornito dell’art. 45 TFUE (si cfr., ex multis, Commissione contro Granducato del Lussemburgo, in C 473/93).

Fatta eccezione per queste limitazioni all’accesso al mercato del lavoro per il primo periodo, il comma 15 stabilisce il principio di parità di trattamento dei titolari di Carta blu UE con i cittadini italiani.

L’estensione del principio appare integrare una condizione più favorevole di quanto disciplinato dall’articolo 14 della direttiva che prevede la possibilità di introdurre altre limitazioni alla parità di trattamento.

Agli stessi è consentito ottenere il ricongiungimento familiare, indipendentemente dalla durata del periodo di soggiorno, alle condizioni previste in generale dall’art. 29 TU immigrazione ed ai familiari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari (co. 16).

Sono richiamate in proposito le previsioni di cui ai commi 2, 3 e 6 dell’art. 30 TU immigrazione, in base alle quali il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione ai corsi di studio o di formazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo. La durata del permesso è la stessa di quella del titolare della Carta blu UE e contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria.

Il comma 17 – in recepimento degli articoli 18 e 19 della direttiva – disciplina l’ipotesi di ingresso in Italia dei titolari di Carta blu UE rilasciata da altro Stato membro. Questo è possibile, purchè siano decorsi almeno diciotto mesi di soggiorno legale in altro Stato membro, senza necessità di visti per lo svolgimento di lavori altamente qualificati alle condizioni previste dall’art. 27-quater.

In tal caso, la domanda di nulla osta al lavoro deve essere presentata dal datore di lavoro entro 60 giorni dall’ingresso in Italia e l’eventuale permesso di soggiorno, in caso di accoglimento della domanda, è rilasciato con le modalità previste dal medesimo articolo.

In caso di rifiuto o revoca o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, lo straniero viene espulso e l’allontanamento è effettuato verso lo Stato che per primo ha rilasciato la Carta blu, anche nell’ipotesi in cui questa sia scaduta o revocata. Anche ai familiari dl titolare di Carta blu UE rilasciata da altro Stato può essere rilasciato dall’autorità italiana permesso di soggiorno per motivi di famiglia.

Infine, il comma 18 dell’art. 27-quater, in esame, contiene una clausola residuale di applicabilità, in quanto compatibili, di tutte le disposizioni contenute nel citato articolo 22 TU immigrazione, che disciplina il permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Peraltro, tale clausola appare congrua al fine di attuare alcune disposizioni della direttiva che non trovano immediato riscontro nel dettato dell’art. 27-quater. Così, ad esempio, l’art. 13 della direttiva (relativa alla disoccupazione temporanea) trova applicazione nell’art. 22, co. 11, TU immigrazione.

 

L’articolo 9-ter, introdotto dalla lettera b) dell’articolo 1 dello schema di decreto in esame allo scopo di regolare lo status di soggiornante di lungo periodo CE per i titolari di Carta blu UE, disciplina le modalità di richiesta, rilascio e revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo in favore dei titolari di Carta blu UE rilasciata da un altro Stato membro, nonché le deroghe al D.Lgs. n. 3/2007 che recepisce la Direttiva 2003/109/CE.

Si ricorda che l’Unione europea assegna uno status europeo ai cittadini di Paesi terzi residenti legalmente e ininterrottamente per un periodo di cinque anni sul territorio di un Paese dell’UE. La direttiva 2003/109/CE disciplina lo status dei cittadini provenenti da Paesi terzi che soggiornano da lungo periodo nell’Unione europea, stabilendo alcune norme relative alle condizioni e alle procedure per il riconoscimento giuridico di tale status, e ai diritti ad esso connessi.

In Italia la direttiva 2003/109/CE, di cui all’Allegato B della L. 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004), è stata attuata dal D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), che ha modificato l’art. 9 del D.Lgs. n. 286/1998 (T.U. immigrazione) concernente le norme per il rilascio della carta di soggiorno.

L’art. 9 del T.U. immigrazione prevede come requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo:

§          il possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità;

§          un reddito minimo non inferiore all’assegno sociale annuo.

Il permesso di soggiorno può essere richiesto dallo straniero, oltre che per sé, per i familiari dei quali lo straniero può chiedere il ricongiungimento in base ai più elevati requisiti di reddito fissati, ai fini del ricongiungimento, dal comma 3, lett. b), dell’art. 29 del T.U. nonché in presenza del requisito della disponibilità di un alloggio. Il permesso di soggiorno che, non diversamente dalla carta di soggiorno, è a tempo indeterminato, è rilasciato entro 90 giorni dalla data della richiesta.

L’art. 9 individua, poi, le ipotesi in cui il permesso di soggiorno non può essere richiesto (permanenza del personale diplomatico, titolarità di permessi soggiorno per motivi di carattere temporaneo, soggiorno per motivi di carattere umanitario, soggiorno dei rifugiati e dei richiedenti asilo, soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale). Viene, inoltre, escluso il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La disposizione precisa (e delimita) anche le ipotesi in cui è possibile disporre l’espulsione dello straniero titolare di permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo, per motivi in ogni caso attinenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza. Tali previsioni, introdotte per adeguarsi alla normativa comunitaria, innovano fortemente la disciplina oggi vigente, introducendo un elemento di valutazione discrezionale, finora assente, dato che sia nel caso di espulsione che di diniego del rilascio, gli organi competenti sono tenuti a prendere in considerazione ulteriori elementi descritti ex lege. Si prescrive, infine, che lo straniero espulso da altro Stato membro e titolare di permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo può essere riammesso sul territorio nazionale, se non costituisce un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 9-bis del T.U., introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 3/2007, elenca i casi e le modalità con cui uno straniero in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo rilasciato da un altro Stato membro può essere ammesso a soggiornare in Italia.

In particolare, ai sensi del comma 1, lo straniero titolare di Carta blu UE rilasciata da un altro Stato membro che sia autorizzato a soggiornare in Italia alle condizioni previste dal suesposto art. 27-quater, può chiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all’art. 9.

Con riferimento ai requisiti necessari all’applicazione di quanto sopra previsto, il comma 2 prescrive che gli stranieri devono dimostrare:

a) di aver soggiornato, legalmente ed ininterrottamente, per cinque anni nel territorio dell'Unione in quanto titolari di Carta blu UE;

b) di essere in possesso, da almeno due anni, di un permesso Carta blu UE ex art. 27-quater.

Si prevede, altresì, che le assenze dello straniero dal territorio dell'Unione non interrompono la durata del periodo di cui sopra e che le stesse sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a dodici mesi consecutivi e non superano complessivamente i diciotto mesi nell’ambito del quinquennio.

Con particolare riferimento alla norma in esame, si segnala che il nuovo art. 9-ter appare conforme all’articolo 16 della Dir. 2009/50/CE (Status di soggiornante di lungo periodo-CE per i titolari di Carta blu UE) il quale afferma che la direttiva 2003/109/CE trova applicazione con le deroghe di seguito indicate.

In particolare, in deroga all'art. 4, par. 1 della direttiva 2003/109/CE, il titolare di Carta blu UE che si è avvalso della possibilità prevista all'art. 18 della medesima direttiva (concernente la possibilità per gli Stati membri di respingere le domande di soggiorno da parte di soggiornanti di lungo periodo o di loro familiari se l'interessato rappresenta una minaccia per la sanità pubblica), è autorizzato a cumulare periodi di soggiorno in diversi Stati membri al fine di soddisfare il requisito relativo alla durata del soggiorno, se sono rispettate le seguenti condizioni:

a) cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto nel territorio della Comunità in quanto titolare di Carta blu UE;

b) soggiorno legale e ininterrotto per i due anni immediatamente precedenti alla presentazione della pertinente domanda quale titolare di Carta blu UE nel territorio dello Stato membro nel quale è stata presentata la domanda di permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo- CE.

Ai fini del calcolo del periodo di soggiorno legale e ininterrotto nella Comunità e i periodi di assenza dal territorio della Comunità non interrompono la durata di cui alla lett. a) se sono più brevi di dodici mesi consecutivi e se non superano complessivamente i diciotto mesi.

Si evidenzia come una ulteriore deroga, prevista dalla direttiva 2009/50, prevede per gli Stati membri la possibilità di estendere a ventiquattro mesi consecutivi il periodo di assenza dal territorio della Comunità concesso al soggiornante di lungo periodo-CE titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo e ai suoi familiari che abbiano ottenuto lo status di soggiornanti di lungo periodo-CE.

Le suddette deroghe possono, comunque, essere limitate ai casi in cui il cittadino del Paese terzo interessato possa dimostrare che è stato assente dal territorio della Comunità per esercitare un'attività economica subordinata o autonoma, o per svolgere un servizio volontario, o per studiare nel paese di origine.

Il comma 3 stabilisce che, ai titolari di Carta blu UE, in possesso dei requisiti sopra esposti, è rilasciato dal Questore un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, recante la dicitura, nella rubrica annotazioni, “Ex titolare di Carta blu UE”.

Ai sensi del comma 4, il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato nel caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo pari a ventiquattro mesi consecutivi nonché nelle seguenti ipotesi:

- se è stato acquisito fraudolentemente;

- in caso di espulsione;

- quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio;

- in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di un altro Stato membro, previa comunicazione da parte di quest'ultimo, e comunque in caso di assenza dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.

Le suddette ipotesi, per espresso richiamo della norma in esame, sono quelle disciplinate dal TU immigrazione all'art. 9, comma 7, lettere a), b), c) ed e). Si segnala come non risulti espressamente citato il caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi di cui alla lett. d), il che, si ritiene, sia superato da quanto specificamente previsto dal medesimo comma 4.

Il comma 5 concerne il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia ai familiari di stranieri titolari di permesso per soggiornanti di lungo periodo.

Il comma 6 prevede il rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ai familiari di stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo già concesso ai sensi dell’introducendo art. 9-ter, purché in possesso dei requisiti di cui al predetto comma 2.

 

L’articolo 2 dello schema di decreto in esame reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che i soggetti pubblici interessati all’attuazione del presente decreto debbano provvedere agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto è accompagnato dalle relazioni illustrativa e tecnica, nonché dalle relazioni sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e sull’analisi tecnico-normativa (ATN).

Conformità con la norma di delega

L’articolo 24, co. 1, L. 217/2011 prevede che nell’esercizio della delega di cui all’art. 21, si applichino, in quanto compatibili, gli articoli 1 e 2 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (legge comunitaria 2009), che disciplinano, in via generale, il procedimento di adozione dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe contenute nella medesima legge (art. 1) e recano i principi e criteri direttivi generali della delega legislativa (art. 2). In particolare, questi ultimi paiono complessivamente rispettati dallo schema di decreto in esame.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto dello schema di decreto è riconducibile alla materia “immigrazione” di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. b), Cost.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Si rinvia, supra, alle annotazioni in sede di esame del contenuto.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 27 ottobre 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) per mancato recepimento della direttiva 2009/50/CE (termine per il recepimento 19 giugno 2011). Il parere motivato fa seguito alla lettera di messa in mora del 18 luglio 2011 (procedura di infrazione 2011/0843).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il testo della direttiva 2009/50/CE del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati è stato approvato all’unanimità nella riunione del Consiglio giustizia e affari interni del 25 maggio 2009. Al testo approvato è stata allegata una dichiarazione nella quale il Consiglio rammenta che le politiche in materia di migrazione di manodopera, compresa la direttiva in questione, dovrebbero essere attuate nel pieno rispetto dell'acquis comunitario e della preferenza comunitaria, come risulta in particolare dalle pertinenti disposizioni degli Atti di adesione del 16 aprile 2003 e del 25 aprile 2005 che gli Stati membri sono tenuti a rispettare. In questo quadro, la dichiarazione del Consiglio sottolinea che gli Stati membri dovrebbero attuare la direttiva tenendo conto del potenziale di risorse umane in seno all'Unione europea e utilizzando i mezzi più adeguati, tra l'altro favorendo la mobilità all’interno dell’Unione dei lavoratori altamente qualificati che sono cittadini dell’UE.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Lo schema interviene sul quadro normativo vigente rappresentato dal T.U. immigrazione (D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) introducendo, con la tecnica della novellazione, i nuovi articoli 27-quater  e 9-ter.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che il disegno di legge comunitaria 2012 (AC 4925), presentato il 1° febbraio 2012 in prima lettura alla Camera, all’art. 6, reca uno specifico principio direttivo volto al recepimento della direttiva 2011/51/UE in materia di protezione internazionale la quale, modificando la direttiva 2003/109/CE, estende il diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

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File: ac0794_0.doc



[1] D.lgs. 9 gennaio 2008, n. 17, Attuazione della direttiva 2005/71/CE relativa ad una procedura specificamente concepita per l'ammissione di cittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica.