CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 luglio 2012
691.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 26 luglio 2012. — Presidenza del vicepresidente Fulvio FOLLEGOT. – Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Antonino Gullo, Sabato Malinconico e Salvatore Mazzamuto.
  La seduta comincia alle 9.

Schema di decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero.
Atto n. 494.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato il 25 luglio 2012.

  Francesco Paolo SISTO (PdL) chiedendo di integrare l'intervento svolto ieri, ribadisce come il mantenimento dei presidi contro la criminalità organizzata rappresenti un postulato che deve anticipare ogni forma di intervento in materia di geografia giudiziaria. La soppressione di questi presidi costituirebbe infatti un errore storico.
  Osserva quindi come alla base del provvedimento manchi quella analisi che deve Pag. 16necessariamente porsi alla base di un corretto e razionale bilanciamento tra efficienza e risparmio. Manca, in particolare, una riflessione analitica che, ufficio giudiziario per ufficio giudiziario, consenta di valutare la concreta fattibilità di una soppressione e di un accorpamento, considerando i costi, l'impatto sull'efficienza e ogni altro dato utile, in ragione della densità criminale dei diversi territori.
  Esprime forti dubbi che la criminalità, come qualcuno ha sostenuto, possa essere combattuta con l'informatica, per così dire «a distanza», anche perché appare ormai chiaro come lo Stato sia in genere dotato si strumenti tecnologici di livello inferiore rispetto a quello della criminalità informatica.
  Ribadisce la natura di insopprimibile presidio di giustizia del tribunale di Lucera. Precisa quindi come analoghe considerazioni possano essere svolte per il tribunale di Paola, in considerazione della forte presenza della criminalità organizzata nel relativo territorio e di altri fattori ambientali, economici e geografici. Ritiene che una razionale valutazione dei criteri di delega e delle esigenze concrete della giustizia dovrebbe inevitabilmente condurre a preferire il mantenimento del Tribunale di Paola, presso il quale pendono otto rilevantissimi processi con duecento imputati per reati di criminalità organizzata, piuttosto che altri uffici giudiziari presso il quale pende un numero molto maggiore di cause in materia, ad esempio, di proprietà fondiaria.

  Angela NAPOLI (FLpTP) premette di ritenere errata la legge di delega, che peraltro è stata inserita nel disegno di legge di conversione di un decreto legge relativo ad altra materia e approvata senza che il Parlamento abbia avuto la possibilità di esaminarla. Dà atto al Governo di voler rispettare il termine di esercizio della delega ma rileva come, per rispettare questo termine, siano state compiute scelte discutibili delle quali si vorrebbe fare ricadere la responsabilità sulla politica e come la politica, talvolta, non possa esimersi dal cadere nella tentazione del campanilismo. Si produce pertanto un circolo vizioso che non appare proficuo per nessuno.
  Osserva come, tra i vari criteri di delega, non ne siano stati presi in considerazione alcuni fondamentali: si riferisce ai criteri relativi alle peculiarità territoriali, alle infrastrutture e alla presenza della criminalità organizzata. Sottolinea inoltre come il cosiddetto «criterio del tre» impatti negativamente su tutto il meccanismo della delega, producendo conseguenze arbitrarie e irragionevoli. Il risultato di tutto questo è che gli effetti del provvedimento risultano drammatici, specie per una regione come la Calabria, dove vengono soppressi 4 tribunali con annesse procure e 9 sezioni distaccate, oltre ai 60 uffici del giudice di pace oggetto del distinto schema di decreto legislativo sempre all'esame di questa Commissione. Si tratta nel complesso della soppressione di ben 73 presidi di giustizia: numero che in altre regioni potrebbe essere sostenibile, ma non certamente in Calabria che è la «madre» dell'organizzazione criminale maggiormente potente e pervasiva del Paese e, comunque, una regione nella quale ogni giorno si evidenzia una forte richiesta di giustizia e verità, non essendovi solo il problema della criminalità organizzata.
  Ritiene sia vero, come sostengono anche il Ministro Severino e i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, che i reati di criminalità organizzata continuerebbero ad essere perseguiti come prima, rientrando nella competenza delle Direzioni distrettuali antimafia, ma evidenzia come non si possa certamente pensare di devolvere lo svolgimento di tutti i relativi processi al solo tribunale del capoluogo di provincia senza creare disfunzioni gestionali, rallentamenti dei tempi processuali e quindi, indirettamente, benefici ai malavitosi.
  Esprime una forte critica nei confronti dei dati numerici forniti al Ministro dal comitato ministeriale, che sembrano creati e definiti artatamente per mantenere in vita determinati uffici giudiziari a discapito di altri. Pag. 17
  Si sofferma quindi sulla situazione della provincia di Cosenza, nella quale è prevista la soppressione di tre tribunali su quattro, facendo presente come non si sia tenuto presente che la sede di Cosenza dal punto di vista strutturale e infrastrutturale non può sostenere il conseguente accorpamento il quale, peraltro, richiede il reperimento di immobili e strutture che comporterà solo un costo e nessun risparmio di spesa. Richiamandosi all'audizione dell'Associazione nazionale magistrati, rileva come simili operazioni di soppressione e accorpamento non potranno che ridurre l'efficienza del servizio, se non accompagnati dalla revisione delle piante organiche.
  Dopo avere evidenziato le peculiarità territoriali e le difficoltà dei trasporti nella regione Calabria, si sofferma sulla natura di presidi insopprimibili dei tribunali di Rossano, Paola e Castrovillari. Ricorda inoltre come quest'ultimo, che inaugurerà a settembre una nuova struttura edilizia, sia dotato di un'aula bunker e si trovi nei pressi di un importante istituto penitenziario. La soppressione del tribunale di Castrovillari pertanto appare ancora più irrazionale alla luce di queste circostanze.
  Si sofferma quindi sulla situazione di Lamezia Terme, sottolineando come anche in questo caso, tenuto conto della situazione territoriale, della forte presenza della criminalità organizzata e di specifici problemi di sicurezza pubblica, la soppressione del tribunale sarebbe estremamente dannosa.
  In conclusione, chiede al Governo di tenere conto di tutti i criteri previsti dalla delega e di considerare le oggettive e notorie peculiarità che caratterizzano la regione Calabria. Più in generale ritiene che una valutazione del complesso dei criteri di delega possa migliorare il provvedimento e salvaguardare l'efficienza della giustizia.

  Doris LO MORO (PD) esprime preliminarmente un giudizio critico nei confronti del lavori svolti dal comitato tecnico ministeriale ed osserva come il criterio della presenza di forme di criminalità organizzata, come la ’Ndrangheta, che oggi è la più potente e pervasiva, sia assolutamente centrale per la definizione di una razionale revisione della geografia giudiziaria.
  I presidi di giustizia in territori come quello della Calabria, peraltro, sono indispensabili per contrastare non solo i reati associativi, ma anche tutti quei reati che impediscono lo sviluppo di un'economia sana come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici, la bancarotta fraudolenta, il riciclaggio.
  In Calabria, pertanto non solo non si devono sopprimere uffici giudiziari, ma è necessario potenziare quelli che già esistono.
  A tal fine ritiene che un'applicazione razionale e omogenea di tutti, e non solo di alcuni, criteri previsti dalla delega potrebbe condurre il Governo ad un ripensamento in ordine alla scelta di sopprimere il tribunale di Lamezia Terme ed i tre tribunali della provincia di Cosenza.

  Federico PALOMBA (IdV) premesso che depositerà un documento dettagliato, afferma che l'Italia dei Valori è sempre stata favorevole alla revisione della geografia giudiziaria, avendo presentato progetti di legge ed emendamenti in proposito. Ciò non impedisce di svolgere considerazioni propositive alla proposta del Ministero basate su criteri oggettivi.
  In primo luogo ricorda quello del tasso di impatto della criminalità organizzata. Alla luce di questo criterio sono inadeguate le soppressioni automatiche praticate per i distretti di Catanzaro, Catania, Caltanissetta e Palermo, territori e regioni infestate dalle organizzazioni i criminali della mafia e della ’ndrangheta. In quei territori i presidi giudiziari vanno potenziati, e non già smantellati. Perciò la proposta del Ministro deve essere fortemente riveduta al fine di non lasciare lo Stato e le popolazioni prive della presenza della giustizia e dei servizi connessi.
  Venendo al distretto di Messina, riferisce che il sindaco di Mistretta, comune ove insiste un tribunale, ha ieri depositato alla commissione un corposo studio dell'Università di Palermo, dal quale risulta Pag. 18che l'applicazione automatica della regola del «3», che prevede appunto la soppressione di quel tribunale, lascerebbe scoperto di presidio giudiziario un ampio territorio comprendendo il triangolo che ha come punti estremi Patti, Enna e Palermo, territorio di grande ampiezza che necessità a sua volta della presenza di una struttura giudiziaria. Affida al Governo ed ai relatori la verifica dell'opportunità di una diversa ridistribuzione più razionale alla luce del criterio della territorialità.
  Sempre sul piano dei criteri, segnala che il tribunale di Cassino, da sopprimere secondo la proposta, riveste ampiamente tutti i parametri previsti dalla proposta stessa, e pertanto ne sarebbe assurda la soppressione. Rinvia in merito alla esauriente documentazione depositata al riguardo e ne sollecita caldamente il mantenimento.
  Supera, infine, le questioni dei criteri per passare ad una che investe la delega, trascurando la quale si rischiano censure di incostituzionalità per difetto della stessa. Ricorda che la lettera a) dell'articolo 2 della delega fa salvo il mantenimento dei tribunali presso capoluoghi di provincia la 30 giugno 2011. fa presente che a quella data in Sardegna esistevano otto province con sei tribunali, tutti fatti salvi. Rammenta, però, che in diversi capoluoghi di provincia si trovano sedi staccate di tribunale, di cui la proposta del ministro prevede la soppressione. La regola del mantenimento riguarda non solo i tribunali, ma a maggior ragione le sezioni staccate, la cui soppressione andrebbe contro il dettato della delega. Questa situazione riguarda, in particolare, le sezioni staccate di Olbia (il terzo tribunale della Sardegna per volume di affari), le sezioni di Carbonia e di Iglesias e quella di Sanluri (si tratta in tutti i casi di capoluoghi di provincia alla data suindicata). Segnala questa situazione all'attenzione del Governo e dei relatori perché sul punto la proposta deve essere rivista, a pena di illegittimità. Lo stesso vale per Urbino, capoluogo della provincia Pesaro-Urbino, come segnalato dal collega onorevole Favia.
  Segnala, infine, che sull'isola di La Maddalena esiste una sezione staccata del tribunale di Tempio. Quelle popolazioni insulari non sempre riescono a raggiungere la terraferma per avverse condizioni atmosferiche; e comunque i loro spostamenti sono assai più gravosi se devono imbarcare le loro autovetture. Un presidio giudiziario è, dunque, necessario mantenerlo, essendo l'insularità una delle condizioni da considerare quando si ridefinisce la geografia giudiziaria. Se fosse ritenuto eccessivo mantenere la sezione staccata lo Stato dovrebbe comunque quantomeno assumere l'onere di mantenere l'ufficio del giudice di pace, affinché almeno per le questioni bagatellari gli isolani non siano costretti ad affrontare grandi disagi.

  Marilena SAMPERI (PD) preliminarmente ricorda che da anni si è in attesa della riforma della geografia giudiziaria al fine di organizzare la giustizia sul territorio in maniera tale che siano bilanciati gli interessi di una giustizia rapida con quelli dei cittadini ad avere pari opportunità nell'accedere al servizio giustizia. Osserva che tra i principi di delega che il provvedimento in esame è diretto ad attuare vi sono alcuni, come quello della specificità territoriale, che sono proprio diretti a garantire tale bilanciamento di interessi. In particolare si prevede che nella revisione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari si debba tener conto della specificità territoriale del bacino di utenza anche con riguardo alla situazione infrastrutturale ed al tasso di impatto della criminalità organizzata. Tuttavia il Governo nell'adottare il provvedimento in esame ha preferito applicare unicamente criteri oggettivi lasciando al Parlamento, in occasione dell'espressione del parere di competenza, il compito di svolgere le valutazioni relative alle diverse specificità territoriali. In sostanza il Governo ha preferito presentare alle Camere uno schema astratto di riforma della geografia Pag. 19giudiziaria che volutamente non tiene conto di tutte le peculiarità che esprime ciascun territorio. Ora spetta al Parlamento calare questo schema nella realtà concreta delle diverse situazioni locali. In quest'ottica la Commissione giustizia, seguendo le indicazioni dei relatori, ha svolto una approfondita istruttoria attraverso sia un'indagine conoscitiva nell'ambito della quale sono stati sentiti procuratori distrettuali relativamente a particolari situazioni, associazioni di magistrati e di avvocati nonché i rappresentanti dell'ANCI sia attraverso l'acquisizione di osservazioni da parte dei consigli giudiziari. Ritiene in particolare che la scelta di chiedere elementi informativi e valutazioni ai consigli giudiziari abbia consentito alla Commissione di prendere direttamente conoscenza delle diverse questioni riguardanti il territorio filtrando comunque tutte quelle istanze campanilistiche che sono naturalmente rivolte al Parlamento ogni qualvolta si toccano interessi territoriali rilevanti. A tale proposito ritiene importante sottolineare come i consigli giudiziari abbiano sempre dato delle risposte caratterizzate da un grande equilibrio senza quindi mai eccedere in rivendicazioni particolaristiche.
  Rileva che tanto dall'indagine conoscitiva quanto dalle osservazioni trasmesse dai consigli giudiziari è emerso che in molti casi vi sono delle difficoltà di carattere organizzatorio spesso insormontabili da parte degli uffici giudiziari accorpanti nell'accogliere nelle proprie strutture il personale e l'ingente mole di faldoni degli uffici giudiziari accorpati. Per tale ragione in molti casi, cioè quando vi è una stretta continuità territoriale, è preferibile la scelta di conservare le strutture esistenti degli uffici accorpati, costituendo comunque un tribunale unico. Ritiene comunque che la questione relativa agli spostamenti di personale e materiale connessa alla soppressione di tribunali o sezioni distaccate sia estremamente delicata specialmente alla luce della disposizione della legge delega secondo la quale tali spostamenti debbano avvenire senza alcun onere finanziario. A suo parere il Governo non ha proceduto ad una adeguata analisi di impatto territoriale, tanto sotto il profilo infrastrutturale che quello relativo alla criminalità organizzata, in merito alle scelte compiute, rendendo in tal modo ancora più gravoso il lavoro che spetta al Parlamento in occasione dell'espressione del parere sullo schema di decreto in esame.
  Vi è inoltre un vizio di origine della legge delega che rischia di inficiare le scelte che dovranno essere fatte in merito ai tribunali da sopprimere, trattandosi di principi di delega irrazionali ai quali il legislatore delegato deve comunque attenersi. La si riferisce in particolare al principio secondo il quale deve essere garantita la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011 e al principio conosciuto come «regola del tre» secondo il quale deve essere garantito per ciascun distretto di Corte di appello un numero non inferiore a tre degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica. Osserva come questi principi hanno fortemente condizionato le scelte del Governo nonostante che non rispondano a motivazioni ragionevoli: il primo si riferisce ad una entità territoriale quale la provincia che, oltre ad essere un istituto in forte crisi, non presenta omogeneità nel territorio nazionale; il secondo è del tutto irrazionale in quanto non tiene in alcun modo conto delle diverse realtà territoriali determinando il mantenimento di tribunali di piccole dimensioni a discapito di tribunali che invece meriterebbero di essere salvati, ma che invece sono sacrificati proprio per salvare tribunali ai quali si applica la regola del tre.
  Sottolinea l'incongruenza di una serie di scelte del Governo che hanno finito per sacrificare territori privi di collegamenti con gli uffici giudiziari mantenuti, nonostante che in quei territori vi siano oggi degli uffici giudiziari che svolgono il proprio ruolo in maniera del tutto soddisfacente. Ancora più grave è a suo Pag. 20parere la mancata applicazione del criterio relativo all'impatto sul territorio della criminalità organizzata, che in alcune regioni determinerà forti disservizi anche relativamente all'attività di polizia giudiziaria e delle procure distrettuali.
  Dopo aver richiamato alcune scelte del tutto irrazionali operate dal Governo, come ad esempio quella di accorpare tribunali appartenenti a province se non addirittura a regioni diverse, sottolinea l'esigenza dimentica dal Governo di trovare un punto di equilibrio tra i tribunali di grandi dimensioni e quelli minori, secondo quanto previsto dalla stessa legge delega in considerazione del fatto che i primi hanno un crollo di produttività nel momento in cui si supera una determinata soglia del bacino di utenza.

  Laura FRONER (PD) dichiara di voler esprimere in primo luogo alcune considerazioni generali sul provvedimento per poi soffermarsi sulle conseguenze che avrebbero le soppressioni di uffici giudiziari nel circondario del Tribunale di Trento con riferimento alle sedi distaccate del medesimo tribunale.
  In merito alle considerazioni di ordine generale, ritiene di sottolineare che un eccesso di delega caratterizza l'intero provvedimento.
  Condivide pienamente le finalità dell'attività di riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari ossia: realizzazioni di risparmi di spesa e incremento di efficienza.
  Il legislatore delegante ha dettato «principi e criteri direttivi» per la sua concreta applicazione. Ciò ci permette di desumere che i «principi e criteri direttivi» sono già stati valutati dal legislatore idonei a conseguire le due finalità di «economia» e di «efficienza». Al legislatore delegato rimane quindi l'applicazione di quei criteri direttivi per decidere se sopprimere o ridurre il numero di uno od alcuni uffici Giudiziari.
  Invece il Ministro della Giustizia anziché attenersi alla disposizione della legge delega (articolo 1, lettera d)), che richiama i criteri di cui alla lettera b) per procedere alla riduzione o soppressione delle Sedi distaccate di Tribunale, decide un taglio lineare di tutte le 220 sedi distaccate dei tribunali italiani ritenendo che i suddetti uffici giudiziari siano per definizione diseconomici ed inefficienti senza operare alcun confronto con gli enti locali e con i responsabili apicali degli unici giudiziari di quei territorio oggetto d'intervento soppressivo.
  Un legislatore delegato che rispetti la delega avrebbe invece dovuto, caso per caso e sentiti quantomeno i Presidenti di Corte d'appello ed i Procuratori Generali, verificare se sussistevano i requisiti richiamati dalla lettera b) del citato articolo 1 ed in modo particolare della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale.
  È conseguentemente evidente in modo clamoroso che si è in presenza di un eccesso di delega che il legislatore delegante, seppur in un parere, deve rilevare ed evidenziare con la censura sul punto dello schema di decreto.
  La questione ulteriore che pone e che le sta molto a cuore quale componente del direttivo del Gruppo Interparlamentare Amici della Montagna è quella relativa alla mancata attenzione alle peculiarità delle zone montane. Rileva che è noto che il Parlamento abbia sempre dimostrato una particolare attenzione ai territori montani ed a chi vive in quei territori. Infatti qualora non vi dovesse essere questa attenzione, considerato che le condizioni di vita in montagna sono particolarmente difficili per i noti problemi climatici, di orografia del territorio e di qualità dei servizi, si contribuirebbe ad incentivare il già esistente processo di spopolamento della montagna. Per cercare di rallentare, quantomeno, tale fenomeno si è voluto garantire che lo Stato prima di procedere alla razionalizzazione o chiusura dei propri presidi si confrontasse con la Comunità Locale: infatti l'articolo 22 della legge n. 97 del 1994 testualmente recita: «Gli uffici statali esistenti nei comuni montani possono essere accorpati previo parere dei loro sindaci e dei presidenti delle comunità montane. I provvedimenti adottati in Pag. 21contrasto con i pareri resi ai sensi del comma 1 devono contenere le ragioni che hanno indotto a discostarsene».
  Dichiara di aver cercato qualche riferimento giustificativo nella relazione allo schema di decreto legislativo in esame, ma nulla ha trovato. Si chiede perché sia stata disattesa tale norma che grande importanza ha per la salvaguardia di una vita dignitosa nei comuni definiti montani dalla legge. L'unica risposta che so darmi è quella della selvaggia razionalizzazione che tanti guasti produrrà in un territorio, quello montano, già penalizzato di suo.
  Dichiara che l'intervento governativo sia stato sbrigativo e superficiale lo ha potuto constatare anche leggendo la relazione Ministeriale, relativa all'istituzione delle Sezioni Distaccate di tribunale in occasione della riforma del Giudice Unico, che sottolineava che «l'eventuale trasferimento di servizi pubblici dalle aree montane sia soggetto ad una serie di particolari attenzioni» proseguiva la relazione «la obiettiva peculiarità della realtà montana e la volontà espressa dalla legge n. 97 del 1994 debbono essere considerate non in via autonoma ed esclusiva ma unitamente alle difficoltà concrete che le popolazioni incontrano ed incontrerebbero nel fruire dei servizi giudiziari. L'insieme di queste considerazioni impongono al legislatore delegato di valutare con particolare elasticità gli indici di riferimento fissati in via generale per tutti gli uffici Giudiziari».
  Non vi è alcuna attenzione, alcuna elasticità solo un taglio di tutte le sedi distaccate senza alcuna giustificazione se non quella apodittica che sono inefficienti per definizione ! !
  È evidente che si è in presenza di una violazione di legge che deve essere censurata nel parere che questa Commissione formulerà al Governo.
  Esprime delle considerazioni puntuali sull'organizzazione territoriale del Tribunale di Trento, affrontando la questione del Libro Fondiario.
  L'articolazione della geografia giudiziaria della Corte di Appello di Trento e Bolzano vede la presenza di tre tribunali (Rovereto, Trento e Bolzano) con 8 sezioni distaccate (4 ciascuna il Tribunale di Trento e di Bolzano) e di 22 Uffici del Giudice di Pace (2 nel circondario del Tribunale di Rovereto e 10 ciascuno nei Circondario di Trento e Bolzano). Se combiniamo gli interventi soppressivi dei due schemi di decreto legislativo in esame per i relativi pareri, ossia quello relativo ai Giudici di Pace e dei Tribunali e sedi distaccate, avremmo che da 36 uffici giudiziari ne rimarrebbero sei ossia il tribunale di Rovereto con il relativo giudice di pace, quello di Trento con relativo giudice di Pace ed idem per il tribunale di Bolzano, I giornali locali hanno parlato di «macelleria giudiziaria». Non sa se quella aggettivazione può essere usata in questa sede, ma sicuramente rende perfettamente l'idea: da 36 uffici a 6. Pensa che qualsiasi persona con buon senso, anche se non è un addetto ai lavori, possa ritenere che qualcosa non ha funzionato, perché il risultato è paradossale e quindi sicuramente da rivedere.
  D'altronde che vi sia stata assoluta ignoranza del legislatore delegato nell'usare la mannaia nel sopprimere le sedi giudiziarie risulta anche dal fatto che non vi è alcun riferimento nella relazione allo schema di decreto e neppure una norma di coordinamento con riferimento ad una peculiarità normativa del Distretto della Corte di Appello di Trento e Bolzano con riferimento alla normativa concernente il sistema del libro fondiario. Questo sistema si differenzia dal catasto ordinario, in uso sul rimanente territorio della Repubblica, per le modalità di conservazione e per il diverso rilievo giuridico delle sue risultanze, che hanno efficacia costitutiva oltre che probatoria, per i trasferimenti del diritto di proprietà e degli altri diritti reali. Più precisamente, a differenza della normativa nazionale nel diritto relativo li catasto tavolare vigente ha carattere probatorio e le risultante tavolati hanno valore costitutivo dei diritti. Sancisce infatti il Regio Decreto 28 marzo 1929 n. 499 all'articolo 2: «A modificazione di quanto disposto dal codice civile italiano, il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni Pag. 22immobili non si acquistano per atto tra vivi se non con l'iscrizione del diritto nel libro fondiario». Secondo l'articolo 75 del Nuovo Testo della Legge generale sui libri fondiari, allegato al Regio Decreto 28 marzo 1929, n. 499, presso ogni Tribunale e sede distaccata di tribunale è costituito un ufficio Tavolare, incaricato della conservazione del Libro Fondiario, cui è preposto un giudice (giudice Tavolare) designato dal presidente del Tribunale. Ogni ufficio è competente alla conservazione dei libri fondiari riguardanti gli immobili che sono situati nella rispettiva circoscrizione. Sopprimere le 4 sezioni distaccate del Tribunale di Trento significa concentrare presso il Tribunale tutto il lavoro che ogni giudice assegnato alla Sezione Distaccata svolgeva, anche come giudice Tavolare. Nel solo 2011 nelle 4 sezioni distaccate del Tribunale sono stati emessi dai Giudici 20.000 decreti tavolari che sarebbero concentrati presso il Tribunale di Trento con il relativo conseguente caos e con alti costi capo ai cittadini. Altro che risparmio di spesa ed efficienza, si otterrebbe l'esatto contrario.
  Ricorda di aver già riflettuto sulla questione relativa all'evidente eccesso di delega del legislatore delegato nello stendere le norme contenute nello schema di decreto legislativo per mancata verifica della sussistenza dei requisiti di cui alla lett. b) dell'articolo 1 comma 2 della legge 148 del 2011.
  La questione assume tutta la sua evidenza se la si considera con riferimento alle 4 sezioni distaccate del Tribunale di Trento. Ha voluto approfondire la questione andando a leggermi l'analisi dell'Ufficio delle Statistiche del Ministero della Giustizia in occasione dell'istituzione del Giudice unico di Primo Grado. Quell'ufficio, con riferimento alla revisione delle circoscrizioni, individuava come necessari i criteri di estensione del territorio e dei collegamenti esistenti tra le varie zone e la sede centrale, cioè i sistemi di mobilità di un territorio (ora richiamati nella legge delega come deficit strutturale). Ne dimostrava l'estrema rilevanza per i casi del circondari del Tribunale di Trento. In quell'occasione, infatti, anche con riferimento ai parametri di cui alla legge n. 97 del 1994 sulla montagna, erano state accorpate le sedi giudiziarie «collegate in modo sufficientemente agevole» (entro un'ora di viaggio) mentre per le sedi distaccate esistenti si precisava che non potevano essere aggregate «in quanto appartengono ciascuna ad una vallata montana diversa, non direttamente collegate tra loro e gravanti su Trento».
  Anche il Presidente del Tribunale di Trento con sua lettera dd. 15 marzo 2012 indirizzata al Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria del Ministero di Giustizia precisava che in termini di efficienza le sezioni distaccate di Tione, Cles, Cavalese e Borgo Valsugana del Tribunale di Trento si erano contraddistinte per rapidità nell'erogazione del servizio al cittadino, contribuendo allo smaltimento di un terzo del carico di lavoro che altrimenti ricadrebbe sul tribunale di Trento; hanno altresì fornito rilevanti servizi agli utenti in materia di competenza del Giudice Tavolare (oltre 20.000 decreti nel solo 2011) e nella materia della volontaria giurisdizione di competenza del Giudice Tutelare. In termini di spesa di servizio ha consentito agli utenti notevoli risparmi relativi alla necessità, altrimenti, di raggiungere Trento, con riferimento ai tempi di spostamento assolutamente elevati in considerazione delle caratteristiche montane dell'intero territorio. L'eventuale accorpamento delle funzioni e del personale nella sede centrale di Trento comporterebbe un maggior costo in termini di spesa complessiva ed una risposta al cittadino meno efficiente e celere. Aggiungeva ancora il Presidente del Tribunale che nel caso si volesse comunque procedere alla riduzione delle 4 sedi distaccate, quelle da non sopprimere assolutamente sono quelle di Tione di Trento e di Borgo Valsugana per l'evidente maggior deficit strutturale che comporta un elevato impiego di tempo per gli utenti del servizio giustizia per raggiungere la sede centrale (oltre 100 Km di distanza dal tribunale per alcuni Comuni ed anche per la mancanza totale di ogni collegamento Ferroviario per Tione Pag. 23e parziale per Borgo Valsugana) e dall'adeguatezza anche attuale dell'organico per il loro funzionamento.
  A queste considerazioni, che condivide, del Presidente del tribunale di Trento aggiunge, conoscendo quel territorio che si onora di rappresentare, che i risparmi di spesa per lo stato per le 4 sezioni distaccate ammontano ad una esigua somma di meno di 90.000 Euro. Questa sua affermazione sarebbe comprovata dalla documentazione inviatale dai 4 Comuni sedi delle 4 Sezioni distaccate. Vi è di più. In termini di efficienza il sistema funziona in modo ottimale e l'intervento preventivato di soppressione lo metterebbe in seria discussione. È noto che nel Tribunale di Trento non si prescrivono neppure i reati contravvenzionali e che i riti alternativi in materia penale definiscono il 90 per cento dei procedimenti penali.
  La relazione allo schema di decreto legislativo ed in modo particolare quella Ministeriale dell'autunno scorso affermano che non vi sarebbe più necessità del giudice di prossimità perché con lo sportello informatico e con l'uso dei sistemi informatici si sono annullate le distanze ed i disagi ambientali e territoriali. Ha il massimo rispetto per i redattori di questi atti ma si chiede che reale conoscenza abbiano della realtà della giustizia italiana. È noto che per fare quello che dicono, lo Stato dovrebbe effettuare un ingentissimo intervento finanziario per il sistema giustizia quantomeno per i prossimi 10 anni; cosa che non solo non avviene, anzi, assistiamo all'esatto contrario, ossia continui tagli anche a quel Ministero. Vi sono uffici giudiziari anche di Tribunali importanti che hanno difficoltà a funzionare con il fax quando dovrebbe essere ormai consolidato il sistema della posta certificata, per non parlare di altro.
  Conclude con una raccomandazione ai relatori ed ai colleghi componenti della Commissione affinché permettano che quei territori, che, per loro fortunate circostanze o per la qualità degli operatori, stanno dando un efficace, efficiente ed economico servizio di giustizia ai propri concittadini, continuino a farlo. Per far ciò bisogna assolutamente modificare alcune parti di quello schema di decreto legislativo che tratta tutti allo stesso modo, senza distinguere ciò che funziona solo perché non si vuole entrare nel merito delle questioni e dei singoli territori.
  È per questo motivo che confida che il Governo accolga i suggerimenti contenuti nella mia riflessione ed i relatori che tengano in debita considerazione le osservazioni svolte.

  Daniela SBROLLINI (PD) in primo luogo dichiara di condividere pienamente gli interventi precedenti che hanno criticato fortemente la scelta del Governo di sopprimere apoliticamente tutte le sezioni distaccate di tribunale senza tener conto in alcun modo delle diverse specificità territoriali. Dichiara di concentrare il proprio intervento sulle scelte fatte dal Governo relativamente alla provincia di Vicenza ed in particolare alla ingiustificabile soppressione del tribunale di Bassano del Grappa. A tale proposito ricorda che questo tribunale è il punto di riferimento di circa venti mila imprese o categorie economiche di diverso tipo oltre ad avere un bacino di utenza di circa trenta comuni. La scelta di sopprimere il tribunale di Bassano del Grappa non trova alcuna giustificazione se poi si tiene conto che si tratta di un tribunale particolarmente efficiente ubicato nella nuova cittadella giudiziaria, che è costata circa dodici milioni di euro ed appena inaugurata. Vi è poi da considerare che il tribunale di Vicenza, già congestionato dall'attuale carico di lavoro, non è attualmente in grado di assorbire anche le competenze del tribunale di Bassano del Grappa. Tutto ciò a suo parere determinerà notevoli disservizi a danno tanto dei cittadini appartenenti all'attuale bacino di utenza del tribunale di Bassano del Grappa quanto di coloro che rientrano in quello del tribunale di Vicenza, i cui procedimenti giudiziari subiranno ulteriori ritardi.
  Tiene a precisare che il suo intervento non è volto a chiedere che rimanga per sempre immutato l'assetto territoriale del circondario di Vicenza e quindi di Bassano Pag. 24del Grappa, quanto piuttosto a sottolineare l'esigenza di modificarlo solo dopo che siano state assicurate le condizioni affinché il tribunale di Vicenza possa accorpare quello di Bassano del Grappa senza creare danni ai cittadini ed alle imprese interessate. Conclude invitando il Governo ad adottare una soluzione da tempo prospettata dal gruppo del PD secondo la quale si dovrebbe prevedere in tutte le sezioni distaccate di tribunale che si sopprimono un presidio giudiziario, quale la sede dell'ufficio del giudice di pace che costituirebbe in tal modo attuazione del principio irrinunciabile della giustizia di prossimità.

  Gian Pietro DAL MORO (PD) dopo essersi associato alle critiche espresse da tutti i deputati in merito ai «tagli lineari» delle sezioni distaccate, si sofferma sull'irragionevole inserimento nel circondario del tribunale di Rovigo di alcuni comuni che hanno come naturale punto di riferimento Verona. Si tratta di comuni che sono stati sottratti all'area di competenza del tribunale di Verona con l'unico fine di rendere più corposo il bacino di utenza del tribunale di Rovigo che non potendo essere soppresso deve comunque raggiungere una certa dimensione. L'irrazionalità di questa scelta è resa ancora più evidente dalla assenza pressoché totale di collegamenti dei predetti comuni con il comune di Rovigo.

  Anna ROSSOMANDO (PD) preliminarmente sottolinea come il compito della Commissione debba essere oramai quello di verificare se le scelte compiute dal Governo nell'attuare una delega ispirata a principi non sempre condivisibili possano essere considerate razionali ed omogenee sul territorio nazionale, tenendo conto delle diverse specificità territoriali. Si tratta di un compito estremamente delicato attraverso il quale si può sanare un grave errore compiuto dal Governo che nel corso del procedimento di formulazione dello schema di decreto in esame non ha dato ascolto alle esigenze che emergono dal territorio delle quali sono portatori i rappresentanti degli enti locali. Per poter fare delle scelte adeguate in una materia come quella relativa all'assetto territoriale degli uffici giudiziari si deve adottare a suo parere il metodo della concertazione, ritenendo che in tal modo colui che deve effettuare delle scelte possa farlo tenendo conto di tutti gli interessi coinvolti procedendo quindi ad una loro sintesi.
  Ritiene del tutto errato riportare, come fanno alcuni, la riforma della geografia giudiziaria nell'ambito della spending review, in quanto non si tratta unicamente di dover procedere ad una riduzione di spese pubbliche. A questo proposito rileva come è parimenti errato riportare qualsiasi obiettivo di risparmio di spese e di sviluppo economico in una ottica di breve distanza, come sembra fare in alcuni casi il Governo quando giustifica il taglio di alcuni tribunali con l'esigenza di ridurre le spese. Non si tiene conto che spesso ciò che è una riduzione di spesa in un tempo breve rappresenta invece un aggravio delle stesse se si tiene conto del lungo termine, come avviene nella materia della geografia giudiziaria. Rileva inoltre che proprio in occasione della rimodulazione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari è parsa in tutta evidenza la fondatezza delle proposte del gruppo del PD in materia di informatizzazione della giustizia, volte tutte ad abbandonare il metodo attuale della sperimentazione locale. Qualora il processo di informatizzazione si fosse sviluppato in maniera adeguata sicuramente oggi ne trarrebbero beneficio i cittadini che vedono allontanarsi gli uffici giudiziari dal loro territorio.
  Si sofferma quindi sul nuovo assetto territoriale degli uffici giudiziari di Torino e provincia. In primo luogo sottolinea come la provincia di Torino abbia un bacino di utenza pari ad oltre la metà della popolazione della regione Piemonte, rilevando pertanto l'incongruità della scelta di sopprimere un tribunale come quello di Pinerolo che ha un bacino di utenza di oltre duecento mila persone. Non appare comprensibile la scelta del Governo di sopprimere il tribunale di Pag. 25Pinerolo, che è il secondo della provincia, prevedendo che oltre la metà della popolazione residente in Piemonte sia ripartita su due soli uffici giudiziari, di cui uno di dimensioni eccezionali (Torino) che nella sede centrale vedrebbe confluire un incremento di contenzioso relativo ad un bacino di utenza aggiuntivo di circa cinquecento mila abitanti. Inoltre una corretta attuazione della delega avrebbe dovuto comportare il potenziamento del tribunale submetropolitano di Pinerolo mediante l'equilibrio della competenza territoriale e della popolazione rispetto al tribunale di Torino. Una scelta in tal senso sarebbe peraltro senza costi aggiuntivi considerati i notevoli investimenti strutturali fatti anche ultimamente a favore del tribunale di Pinerolo. Osserva inoltre che la soppressione del tribunale di Pinerolo è in contrasto con la necessità evidenziata per il resto d'Italia di mantenere gli uffici giudiziari submetropolitani e subprovinciali per le finalità di decongestionamento dei grandi tribunali anche con l'eventuale ampliamento dei relativi territori.
  In sostanza a suo parere nella provincia di Torino si sarebbe dovuto mantenere tanto il tribunale di Pinerolo quanto quello di Ivrea, evitando una scelta come quella effettuata dal Governo che rischia di creare disagi ai cittadini appartenenti ai diversi bacini di utenza interessati. Osserva peraltro che, per quanto non paragonabile ad altre realtà territoriali, anche il territorio della provincia di Torino subisce un impatto da parte della criminalità organizzata del quale il Governo dovrebbe tenerne conto. Ricorda a tale proposito come nel corso della sua audizione il procuratore aggiunto presso il tribunale di Torino, dott. Vittorio Nessi, abbia riportato le preoccupazioni del procuratore distrettuale di Torino, dott. Giancarlo Caselli, circa la sottrazione dei comuni di Leini e Rivarolo e dell'area dell'aeroporto di Caselle dalla competenza del tribunale di Torino, determinandosi così il rischio di pregiudicare l'attività sia della procura che della polizia giudiziaria relativamente a tali realtà. Con particolare riferimento all'area dell'aeroporto di Caselle, osserva che questa rientrerebbe nell'ambito di competenza di Ciriè che rientrerebbe nella competenza del tribunale di Ivrea, quando invece sarebbe stato opportuno, anche per ragioni infrastrutturali, ricondurre Ciriè a Torino.
  Altra scelta del tutto irrazionale è quella di ricondurre il comune di Carmagnola, che si trova nella cintura della città di Torino dalla quale dista circa trenta chilometri, nell'ambito di competenza del tribunale di Asti, dalla quale dista sessanta chilometri senza adeguati collocamenti ferroviari.
  Si sofferma quindi sulla provincia di Cuneo, criticando la scelta del Governo di eliminare tutti i tribunali oggi ivi esistenti, sopprimendo quelli di Alba, Saluzzo e Mondovì. Si tratta di una scelta del tutto irrazionale che non tiene conto della particolare estensione territoriale di tale provincia che è più grande addirittura della Liguria.
  In relazione alla provincia di Alessandria, invita il Governo a tenere conto che il tribunale di Casal Monserrato sarà a breve sede di una serie di processi relativi all'amianto, volti ad accertare fatti di estrema rilevanza per l'opinione pubblica.
  Conclude invitando il Governo a valutare di prevedere l'istituzione di sedi distaccate presso tutti quei comuni i cui tribunali verranno soppressi, ritenendo che in tal modo si possa garantire il principio della giustizia di prossimità.

  Cinzia CAPANO (PD) in primo luogo osserva che il provvedimento in esame non è volto a rivedere l'assetto territoriale degli uffici giudiziari per garantire una maggiore efficienza del servizio giustizia a favore dei cittadini, rappresentante piuttosto un intervento del Governo da collocare nell'ambito della spending review. Collocato in tale ottica si comprende per quale ragione molte delle scelte effettuate non rispondono alle reali esigenze sia della giustizia che dei cittadini. Osserva che nella relazione illustrativa del Governo viene fatto riferimento ad un tribunale modello sulla base di Pag. 26parametri inerenti al bacino di utenza, all'estensione territoriale del circondario ed al numero di magistrati che sarebbe servito da parametro per le scelte effettuate dal Governo in merito ai tribunali da salvare. Chiede quindi al rappresentante del Governo quanti siano i tribunali salvati dal provvedimento in esame che rispondano ai parametri del cosiddetto tribunale modello e, qualora ve ne siano, in quale parte di Italia si trovino. Ritiene che questa risposta sia importante in quanto consentirebbe a lei ed agli altri deputati di spiegare a coloro che ne facciano richiesta le ragioni per le quali i tribunali appartenenti ai loro territori siano stati soppressi, mentre altri siano stati invece mantenuti. Purtroppo il Governo non ha compiuto delle scelte razionali, come in astratto lo sarebbero state quelle volte a salvaguardare unicamente i tribunali corrispondenti ai parametri del tribunale modello e, pertanto, non è possibile controbattere a coloro che, sia pure spinti da interessi localistici e corporativi, criticano le scelte del Governo lamentando la soppressione di tribunali situati nei loro territori. A tale proposito porta come esempio la soppressione del tribunale di Lucera che da anni si era ritenuto di sopprimere accorpandolo a quello di Foggia. Tale scelta è oggi incomprensibile se, anche a causa della irragionevolezza di alcuni principi di delega, non subiscono alcun taglio i tribunali di Campobasso, Isernia e Larino, il cui bacino complessivo di utenza è di circa duecento mila abitanti a fronte dei seicento mila del bacino di Foggia e di Lucera.
  Ritiene che saranno estremamente utili alla Commissione le osservazioni che sono state chieste ai consigli giudiziari, in quanto attraverso esse sarà possibile effettuare in parte quella valutazione delle specificità territoriali che il Governo non ha voluto fare. Richiama pertanto le osservazioni fatte dal consiglio giudiziario di Bari, dalle quali emergono diverse incongruità nelle scelte del Governo, come ad esempio quella di sopprimere il tribunale di Lucera che, tralasciando qualsiasi considerazione sull'impatto della criminalità organizzata sul suo territorio, ha nelle proprie vicinanze il carcere. La vicinanza tra tribunale e carcere dovrebbe essere a suo parere un criterio di valutazione da utilizzare nell'individuare i tribunali da sopprimere, considerato che uno dei tanti problemi che affligge la giustizia italiana è quello della carenza di personale di polizia penitenziaria da utilizzare per accompagnare i detenuti ai tribunali. Ricorda che questa carenza viene oggi colmata sottraendo personale alle forze di polizia.
  Ritiene del tutto incongrua anche la scelta di sopprimere indistintamente tutte le sezioni distaccate senza fare alcun distinguo e senza tenere conto delle difficoltà organizzative derivanti, come ad esempio quelle relative al trasporto e conservazione dei fascicoli di udienza. Si sofferma quindi sulla questione relativa all'edilizia giudiziaria, disciplinata dall'articolo 7 dello schema di decreto. Si tratta di una questione estremamente delicata che si sostanzia nelle difficoltà logistiche derivanti dai maggiori oneri gravanti sulle strutture destinate ad accorpare gli uffici soppressi. Ritiene che sia estremamente grave che, secondo quanto riportato espressamente nella relazione illustrativa del Governo, si intenda derogare la disciplina che regola il trasferimento ai comuni del servizio dei locali e dei mobili degli uffici giudiziari di cui alla legge n. 392 del 1941 ed in particolare la disposizione che prevede che le spese di gestione degli uffici giudiziari sono a carico esclusivo dei comuni nei quali gli stessi hanno sede. In virtù di tale deroga il ministro della giustizia potrebbe, per un periodo non superiore a cinque anni, utilizzare a servizio del tribunale che ha accorpato gli uffici soppressi gli immobili di proprietà comunali già adibito a servizio dei tribunali o delle sezioni giudiziarie soppresse. A suo parere in tal modo si finisce per addossare le spese di una inadeguata riforma giudiziaria ai comuni, che già spesso si trovano in situazione di grave dissesto. Pag. 27
  Ritiene che per poter effettuare una riforma della geografia giudiziaria realmente efficace e che sia nell'interesse dei cittadini si debba preliminarmente intervenire su alcuni dei principi di delega che non rispondono ad alcun criterio di razionalità, come quelli che impongono comunque la salvezza dei tribunali aventi sede in capoluoghi di provincia e la regola del tre. In un secondo momento si dovrebbe tener conto di tutte le osservazioni che pervengono dal territorio ed in particolare dai consigli giudiziari, al fine di poter valutare congruamente la cosiddetta specificità territoriale.
  Conclude invitando la Commissione a svolgere, con l'ausilio dei relatori, il compito di correggere un testo che così come ora formulato non sembra rispondere alle reali esigenze dei cittadini e delle diverse realtà territoriali.

  Il sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO replica all'onorevole Capano evidenziando come dall'articolo 7 dello schema di decreto in esame non possano derivare nuovi ed ulteriori oneri finanziari a carico dei comuni.

  Andrea ORLANDO (PD) precisa come il gruppo del PD sostenga la delega anche se non ne condivide integralmente il contenuto, per una ragione politica, ritenendo in particolare che, a differenza di altre riforme in un recente passato definite «epocali», quella delle circoscrizioni giudiziaria sia una riforma realmente prioritaria.
  Rileva come non sussistano le condizioni per un intervento correttivo della delega e per cominciare un iter che condurrebbe ad un nuovo schema di decreto legislativo prima della fine della legislatura. Pertanto ritiene che l'unica strada percorribile sia quella di attuare quanto di buono è contenuto in questa delega indicando dei correttivi per evitare sperequazioni, con particolare riguardo al ruolo della cosiddetta «regole del tre» e al quadro amministrativo delle province che è in corso di trasformazione.
  Osserva come questo percorso implichi una capacità di ascolto dei territori. Capacità peraltro dimostrata dalla Commissione, che ha svolto un ciclo di audizioni e chiesto, con un'iniziativa pienamente condivisibile, dati e informazioni dai consigli giudiziari. Ritiene, infatti, che i rilievi formulati dai consigli giudiziari siano particolarmente qualificati in quanto frutto del confronto interno fra magistratura e avvocatura. Per quanto concerne le audizioni, sottolinea come sia emersa una indicazione sostanzialmente univoca nel senso di attribuire la dovuta rilevanza al criterio della presenza della criminalità organizzata sul territorio: il che non significa che nei territori caratterizzati da questa peculiarità non si possa operare una riduzione degli uffici giudiziari, ma che non si può non tener conto di tale criterio nella ridefinizione della geografia giudiziaria. Sottolinea, inoltre, come occorra evitare contraddizioni, arrivando al paradosso di sopprimere tribunali il giorno dopo la loro inaugurazione.
  A suo giudizio, anche per la transitorietà del percorso occorrerebbe trovare una soluzione diversa da quella indicata dall'articolo 10, comma 2: si potrebbe pensare di attuare subito la parte della riforma relativa alle sezioni distaccate, mentre il superamento dei tribunali storici potrebbe richiedere tempi più lunghi, comunque mantenendo adeguati presidi sul territorio.
  Ritiene comprensibile ma al tempo stesso ingestibile la discussione sulle situazioni relative a singoli territori: il parere dovrà dare, infatti, indicazioni di carattere generale che forniscano un contributo al corretto esercizio della delega, anche al fine di eliminare sperequazioni. Si tratta quindi di portare avanti un lavoro che salvi la direzione di marcia e non costituisca il presupposto per mettere in discussione l'intera struttura del provvedimento, rischiandosi altrimenti una situazione di stallo, senza con ciò disconoscere che vi sono stati errori nell'esercizio della delega, nell'interlocuzione con i territori ed i soggetti interessati, nel dialogo con il Parlamento. La vera questione da tenere Pag. 28presente, a suo giudizio, è che se la riforma non si fa oggi sarà molto difficile farla in futuro.

  Tino IANNUZZI (PD) condivide l'obiettivo di riorganizzare sul territorio la distribuzione degli Uffici Giudiziari, attraverso decisioni ben ponderate e motivate.
  Tuttavia questo obiettivo non è raggiunto dallo schema di decreto legislativo, che, è stato adottato nell'esercizio di una pessima legge di delega, voluta dal Governo Berlusconi e votata dalla maggioranza di centro-destra. I criteri direttivi sono stati fissati in modo sbagliato e lacunoso, con confusione e superficialità. Gravissimo è stato l'errore di non coinvolgere e non confrontarsi con le rappresentanze istituzionali dei mondi professionali interessati e dei territori. Significativa è la valanga di critiche puntuali e argomentate, che con chiarezza e preoccupazione sono state rese nelle audizioni.
  I tre obiettivi, alla base dello schema di decreto legislativo, non vengono conseguiti: la crescita dell'efficienza del sistema Giustizia e la più marcata specializzazione delle funzioni giudiziarie appaiono molto più una astratta ed indimostrata petizione di principio che non un progetto concreto, ben delineato e con scelte incisive. Il presunto risparmio di spesa (50 milioni nel triennio 2012-2014) è francamente infondato. Non si sono computate le maggiori e forti spese che saranno legate al trasferimento di fascicoli e dotazioni strumentali verso gli Uffici incorporanti, che, inoltre, in tanti casi sono ubicati in immobili insufficienti, con ulteriori e ingenti costi per acquisire nuove sedi.
  Il provvedimento espressamente applica tre soli criteri direttivi (abitanti, indici di sopravvenienza e di produttività) e non tiene conto degli altri criteri, come la situazione infrastrutturale e l'impatto della criminalità per la cui applicazione il Ministro intende attendere i pareri del CSM e delle Commissioni parlamentari. Si è realizzata una arbitraria ed illegittima gerarchia da parte del Ministero fra i diversi criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 2, legge n. 148 del 2011, che non prevede, invece, la possibilità di trascurarne alcuni. È molto grave che non sia stata valutata la specificità territoriale del bacino di utenza, di cui alla lett. b). Non è stata così considerata la situazione concreta dei territori, con l'analisi accurata delle condizioni effettive e delle peculiarità.
  Anche per le sezioni distaccate è stata assunta una scelta radicale di principio con la soppressione tout court, laddove la delega parla di soppressione o riduzione anche con accorpamenti. Invece di esaminare bene le diverse fattispecie, si è preferita la soppressione di tutte le Sezioni, senza così valutare alcune realtà di assoluta rilevanza per il funzionamento della giustizia.
  Per quanto attiene alla provincia di Salerno, ingiustificata e illegittima è la scelta di accorpare il Tribunale di Sala Consilina (Salerno), che serve la comunità del Vallo di Diano, del Bussento e del Tanagro, con quello di Lagonegro (Potenza): due Tribunali che appartengono a due province diverse, a due regioni diverse, a due Corti di Appello diverse. Viene violato il criterio direttivo prioritario e sovraordinato posto dal legislatore nella lett. e): riequilibrare le attuali competenze fra Uffici limitrofi della stessa provincia, caratterizzati da differenza di dimensioni. Si travolge e travalica questo criterio fondamentale, con una normativa che suscita fondate censure di costituzionalità, come hanno rilevato il Consiglio Giudiziario di Salerno e la ANM. È irragionevole accorpare il tribunale più esteso (Sala Consilina) con quello di più ridotte dimensioni (Lagonegro). Basta considerare una serie di dati univoci: numero di giudici addetti (11 a Sala Consilina, 8 a Lagonegro), invece delle sopravvenienze medie 2006-2010 (a Sala Consilina 4147, a Lagonegro 3751), carichi pendenti (a Sala Consilina più di 13.000 affari), dati tutti più positivi e rilevanti per l'Ufficio di Sala Consilina. Inoltre 6 Comuni (Buccino, Sicignano degli Alburni, Ottati, Postiglione, Romagnano al Monte, Bellosguardo) Pag. 29rientranti nella competenza territoriale del Tribunale di Salerno, hanno deliberato di essere ricompresi nel perimetro del Tribunale di Sala Consilina, che ricomprende un bacino già superiore ai 100.000 abitanti.
  La popolazione della provincia di Salerno – 1.109.705 abitanti – legittima la salvaguardia del Tribunale di Sala Consilina e complessivamente la presenza di 4 Tribunali nel salernitano.
  In provincia di Potenza (383.791 abitanti) è più strategica la conservazione del tribunale di Melfi e non già quello di Lagonegro, considerando il numero di giudici addetti, l'indice di sopravvenienza, l'idoneità delle attuali sedi, le funzioni complessive assolte dai due Uffici.
  L'accorpamento di Sala Consilina – sede anche di istituto carcerario – a Lagonegro sarebbe assurdo anche perché il Vallo di Diano continuerebbe, invece, a gravitare su Salerno per la sede del TAR, delle Commissioni Tributarie, della Prefettura, della CCIAAC per il registro delle imprese.
  Il Tribunale di Sala Consilina assicura un funzionamento soddisfacente e positivo del Servizio giustizia ed è stato interessato da importanti innovazioni. Infatti, con decreto del Ministero di Giustizia del 5 luglio scorso, è stato autorizzato ad attivare, fra i pochissimi in Italia, il processo civile telematico: un riconoscimento di grande rilievo. Tale Tribunale, quindi, può riequilibrare ed alleggerire il carico e la mole di giudizi, attualmente assai rilevanti ed ingenti, di competenza del Tribunale di Salerno.
  Fra le sezioni distaccate più importanti in Italia e, quindi, da conservare, vi è sicuramente quella di Eboli, con un bacino assai ampio di utenza di circa 203.000 persone, con ben 34 Comuni, con sopravvenienza media di più 11.000 giudizi e con oltre 30.000 cause pendenti. Tutti dati estremamente significativi: inoltre si tratta di un territorio nel quale vi sono preoccupanti fenomeni di infiltrazioni della criminalità organizzata.
  Il Governo deve verificare, con procedura urgente e stringente, entrando nel cuore delle questioni, le effettive situazioni regione per regione, caso per caso, per adottare così, attraverso un confronto vero ed una indagine approfondita, scelte giuste ed adeguate che rispettino la peculiarità dei territori con Uffici Giudiziari, che alla prova dei fatti si dimostrano efficienti e produttivi.

  Rita BERNARDINI (PD) precisa preliminarmente di non avere territori da rappresentare ma rileva come, in base a quanto riferito dai colleghi, sembrerebbe che il provvedimento debba essere integralmente rigettato. Ritiene peraltro che vi sia un provvedimento da esaminare nel suo insieme, a prescindere da particolarismi, e dubita che, seguendo i rilievi particolaristici, sia possibile operare tagli. Precisa quindi come i rilievi particolaristici, in sé ragionevoli, nel loro complesso impediscono di attuare la riforma. Riterrebbe quindi opportuno che, accanto ai predetti rilievi, fossero anche prospettate dai colleghi anche proposte alternative di riforma della geografia giudiziaria nel suo complesso.

  Giorgio MERLO (PD) osserva preliminarmente come le audizioni svolte dalla Commissione siano state estremamente importanti e come i suggerimenti emersi non possano essere trascurati. Dalle audizioni, segnatamente, è emerso un generale richiamo al rispetto dei criteri di delega, tendenzialmente disattesi. Occorre pertanto far sì che, proprio tramite la corretta ed omogenea applicazione di tutti i criteri di delega, siano corrette quelle deroghe e quelle corsie preferenziali che viziano il provvedimento in esame.
  In tale contesto, ritiene che il Governo dovrebbe riconsiderare con attenzione la situazione del tribunale di Pinerolo, la cui soppressione con accorpamento a quello di Torino, appare difficilmente giustificabile, atteso che tale ufficio giudiziario risponde appieno ai criteri indicati nella delega per numero di abitanti, per produzione specifica e per la sua conformazione territoriale.

Pag. 30

  Salvatore MARGIOTTA (PD) interviene con riferimento alla soppressione del tribunale di Melfi ed al conseguente accorpamento al tribunale di Potenza. Illustra in particolare le ragioni per le quali è necessario mantenere il tribunale in questione, soffermandosi in particolare sul ruolo di insopprimibile presidio contro la criminalità organizzata e sulle peculiarità dell'area di competenza territoriale, anche in considerazione della presenza della FIAT e del suo indotto. Evidenzia inoltre come il tribunale di Potenza non sia in grado di assorbire l'accorpamento se non con ingenti spese e comunque con una significativa perdita di efficienza del servizio giustizia. In conclusione, invita il Governo a verificare se tutti i criteri della delega siano stati applicati alla Basilicata e se tale regione sia stata effettivamente trattata come tutte le altre.

  Mario LOVELLI (PD) rileva come dalle audizioni e dal dibattito in Commissione si possano trarre conferme del fatto che il Ministero non ha approfondito molti aspetti dei territori e degli uffici giudiziari sui quali intende incidere con il provvedimento in esame e sull'opportunità che la delega sia esercitata sino in fondo. Ritiene inoltre che il principale obiettivo dovrebbe essere il miglioramento dell'efficienza del servizio giustizia, poiché solo dall'efficienza possono derivare risparmi effettivi.
  Sottolinea quindi come in Piemonte vi sia una situazione peculiare, trattandosi di un territorio sul quale insistono 1.200 comuni, circa due terzi dei quali situati in zone montane, e come tale peculiarità influenzi fortemente l'organizzazione della giustizia. Si sofferma in particolare sulla provincia di Alessandria, nella quale il tribunale di Alessandria assorbirebbe i tribunali di Acqui Terme, Casale Monferrato e Tortona, ritenendo come le modalità di riorganizzazione dovrebbero superare la logica dei tagli lineari indiscriminati ed operati in un'ottica di risparmio e tendere all'efficienza ed alla razionalizzazione. Nella provincia in i quattro tribunali rappresentano una presenza significativa di presidi di giustizia sul territorio sui quali occorre ragionare, approfondire e quindi intervenire con gradualità, anche prevedendo una riorganizzazione in rete degli uffici giudiziari esistenti.
  Invita quindi il Governo a compiere questi approfondimenti ed a fornire chiarimenti su come intenda realizzare dei risparmi, tenuto conto anche dell'aspetto dell'edilizia giudiziaria, poiché quelli che dovrebbero derivare dal provvedimento in esame sembrerebbero meramente teorici.

  Sandro BRANDOLINI (PD) rileva come l'esecuzione della delega spesso vada ben oltre i principi di delega, come nel caso della soppressione di tutte le sedi distaccate, quando invece il criterio di delega ne consente anche la «riduzione». Ritiene necessario riorganizzare la giustizia anche con l'obiettivo del contenimento della spesa, purché tale obiettivo sia conseguito tramite l'efficienza del servizio e non aumentando costi e disagi per i cittadini.
  Il provvedimento in esame pone in seria difficoltà chi sia chiamato a dare spiegazioni su una serie di scelte del tutto irrazionali che, non essendo conformi ai criteri di delega e non essendo fondate su una specifica istruttoria sul singolo ufficio giudiziario e sul relativo territorio, finiscono per creare gravi sperequazioni.
  Si sofferma quindi sulla situazione della provincia di Forlì-Cesena che conserva il tribunale di Forlì, mentre la sezione distaccata di Cesena è soppressa, così come previsto per gli uffici del giudice di pace di Bagno di Romagna e Cesena. Tutti gli uffici giudiziari si concentreranno a Forlì e questo comporterà maggiori difficoltà per i cittadini senza la certezza di un miglioramento del servizio, poiché già adesso la sede del tribunale di Forlì risulta insufficiente ad accogliere tutti gli uffici che dovrebbero esservi trasferiti. Alla luce dei dati relativi agli uffici giudiziari in questione e della corretta interpretazione ed applicazione dei criteri di delega, non ritiene che sussistano i presupposti Pag. 31per la soppressione degli uffici giudiziari di Cesena. Invita quindi il Governo a riconsiderare tale decisione.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali.
Atto n. 488.
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto, rinviato l'11 luglio 2012.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, avverte che i relatori, onorevoli Siliquini e Cassinelli, hanno presentato una proposta di parere (vedi allegato 1) e che gli onorevoli Di Pietro e Palomba, a nome del gruppo IdV, hanno presentato una proposta alternativa di parere (vedi allegato 2).

  Maria Grazia SILIQUINI (PT), relatore, illustra la proposta di parere che è stata da lei formulata insieme all'onorevole Cassinelli tenendo conto anche delle audizioni svoltesi, dalle quali è emersa una posizione fortemente critica dei rappresentanti degli ordini professionali bei confronti del testo in esame, che in più di un punto appare accedere la delega o, nel caso in cui ciò non avvenga, essere il frutto di scelte sbagliate che non tengono conto delle reali esigenze dei professionisti e dei rispettivi ordini. Richiama a tale proposito il parere del Consiglio di Stato, che individua una serie di questioni che devono trovare soluzione. A titolo esemplificativo della scarsa attenzione nei confronti dei professionisti, ed in particolare dei più giovani, richiama l'articolo 5 che non prevede alcuna applicazione differita della norma che impone l'obbligo immediato dei professionisti di assicurarsi. Ritiene che questa disposizione possa determinare gravi danni economici per i professionisti più giovani che vedono accrescere le loro spese a fronte di guadagni spesso modesti. Le stesse disposizioni sul tirocinio sono a suo parere dannose per i giovani.

  Mario CAVALLARO (PD) pur apprezzando lo sforzo dei relatori che hanno cercato di enucleare tutti gli aspetti critici del provvedimento, dichiara che non potrà votare a favore della proposta di parere, in quanto ritiene opportuno formulare alcuni rilievi critici senza che ciò debba comportare un giudizio totalmente contrario sul testo. Del tutto errata è il richiamo nella proposta di parere alle singole professioni, così come peraltro viene fatto anche nello stesso schema di regolamento.
  In via generale osserva che il dato normativo primario da cui si è partiti appare ancora insufficientemente coordinato e sistematico, per cui è prioritariamente necessario richiamare l'opportunità di un intervento normativo-quadro realmente unitario a cui poi far riferimento incontrovertibile al fine di esercitare la potestà di attuazione mediante delegificazione da parte del Governo, secondo lo schema di affidare alle stesse organizzazioni professionali la potestà statutaria e regolamentare e di affidare al governo poteri di indirizzo e controllo, nel quadro di una visione ispirata ai principi di competizione e di concorrenza anche nei servizi professionali e di rispetto del principio costituzionale sancito dall'articolo 33 Cost. di richiedere il possesso di speciali requisiti e di forme organizzative proprie nel caso di necessità dovute alla specifica qualità professionale e contraddistinte da asimmetrie informative e cognitive.
  Si sofferma quindi sulle diverse questioni toccate dalla proposta di parere evidenziando come in alcuni casi siano eccessivamente apodittiche nel formulare un giudizio negativo sul testo del governo ed altre del tutto infondate. Preannuncia la presentazione di una proposta alternativa di parere qualora il relatore non dovesse accogliere le osservazioni da lui formulate sulla proposta di parere la stessa non si trasformi in un parere favorevole, sia pure sottoposto a condizioni.

Pag. 32

  Angela NAPOLI (FLpTP) concorda con l'onorevole Cavallaro sull'esigenza di trasformare uno sterile parere contrario in un propositivo parere favorevole con condizioni. Inoltre non ritiene assolutamente opportuno mantenere una posizione di conflittuale chiusura nei confronti del Governo.

  Il sottosegretario Antonino GULLO assicura che il Governo prenderà comunque atto di tutte le osservazioni e condizioni che dovessero essere espresse sul testo, valutando di accoglierle in tutte le ipotesi che si dimostrassero migliorative del testo. La massima attenzione verrà naturalmente prestata anche nei confronti del parere del Consiglio di Stato.

   Maria Grazia SILIQUINI (PT), relatore, replica all'onorevole Cavallaro rappresentando la propria contrarietà a modificare la proposta di parere.

  Donatella FERRANTI (PD), parlando a nome del suo gruppo, dichiara che non voterà a favore della proposta di parere qualora la stessa non dovesse essere modificata tanto nella premessa che nel dispositivo. Rileva inoltre che solo nell'imminenza della votazione i relatori hanno ritenuto di dover presentare una proposta di parere che, invece, avrebbe richiesto maggior approfondimento. Chiede quindi alla Presidenza una breve sospensione dei lavori al fine di consentire tanto alla relatrice che agli altri deputati di presentare ulteriori proposte di parere ovvero di trovare un accordo su una proposta condivisa.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, prendendo atto del dibattito e della richiesta dell'onorevole Ferranti, sospende la seduta fino alle ore 14.30

  La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 14.30.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, avverte che l'onorevole Cavallaro ha presentato una proposta alternativa di parere (vedi allegato 3).

  Mario CAVALLARO (PD) dichiara che è disposto a ritirare la propria proposta alternativa qualora sia fatta propria dai relatori.

  Maria Grazia SILIQUINI (PT), relatore, prendendo atto di quanto emerso nel dibattito e sottolineata la necessità che il Parlamento assuma una posizione unitaria in materia di professioni, dichiara di essere disposta a recepire integralmente la proposta alternativa dell'onorevole Cavallaro, per quanto ribadisca la fondatezza della proposta di parere già presentata. Tuttavia, non può rinunciare alle parti di proposte di parere inerenti alle singoli professioni, ritenendo che in esse siano formulati rilievi di estrema rilevanza. Presenta quindi, anche a nome del correlatore onorevole Cassinelli, una nuova proposta di parere che riproduce integralmente la proposta alternativa dell'onorevole Cavallaro e le parti della sua precedente proposta di parere relative alle singole professioni (vedi allegato 4).

  Mario CAVALLARO (PD) dichiara di apprezzare lo sforzo fatto dalla relatrice in vista di un voto unanime sulla proposta di parere, tuttavia dichiara di non condividere la parte relativa alle singole professioni. Per tale ragione ritira la sua proposta alternativa di parere e chiede che la nuova proposta di parere dei relatori sia votata per parti separate votando separatamente i capoversi da a) a g) da quelli da h) a m).

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, accogliendo la richiesta dell'onorevole Cavallaro pone in votazione prima i capoversi da a) a g) e successivamente i capoversi da h) a m), ciascuno insieme alla parte del dispositivo connessa.

  La Commissione approva i capoversi da a) a g) e la parte del dispositivo connessa a tali capoversi.

  Mario CAVALLARO (PD) dichiara a nome del suo gruppo di astenersi in merito Pag. 33alla votazione dei capoversi da h) a m) relativi alle singole professioni.

  La Commissione approva i capoversi da h) a m) e la parte del dispositivo connessa a tali capoversi.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, avverte che a seguito dell'approvazione della nuova proposta di parere dei relatori non verrà messa in votazione la proposta alternativa presentata dall'onorevole Di Pietro.

  La seduta termina alle 14.50.

INTERROGAZIONI

  Giovedì 26 luglio 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Antonino Gullo.

  La seduta comincia alle 14.50.

5-06727 Bernardini: Sul tentativo di suicidio di un detenuto presso il carcere di Porto Azzurro.

  Il sottosegretario Antonino GULLO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

  Rita BERNARDINI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta. Ritiene inoltre che il Governo non possa seriamente affermare di «agevolare» i detenuti per quanto concerne la cosiddetta «territorializzazione» della pena, atteso che vi sono almeno 22.000 detenuti lontani dalle famiglie a causa dei continui sfollamenti dalle carceri maggiormente sovraffollate. Rileva che non vi è una risposta sul tema del supporto psicologico, sostanzialmente azzerato dai tagli di spesa, con evidenti conseguenze sul numero di suicidi e di atti auto lesivi. Quanto alla questione dell'assistenza medico-psichiatrica, rileva che il trasferimento delle funzioni al Servizio sanitario nazionale non esime l'amministrazione penitenziaria e il Ministero dal dovere di chiedere un'assistenza adeguata per i detenuti che ne abbiano bisogno.

5-06784 Bernardini: Sul suicidio di un detenuto in stato di custodia cautelare nell'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena.

  Il sottosegretario Antonino GULLO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Rita BERNARDINI (PD), replicando, prende atto della risposta del Governo, rilevando come evidentemente la forma di piantonamento del detenuto disposta dal magistrato fosse troppo blanda ed inadeguata.

5-06785 Bernardini: Sulle disfunzioni e carenze degli istituti penitenziari e sulle strutture carcerarie non utilizzate in Puglia.

  Il sottosegretario Antonino GULLO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 7).

  Rita BERNARDINI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta, nella quale il Ministero si ostina a fare riferimento alla «capienza tollerabile», concetto questo che non esiste nella legge e, in particolare, nell'ordinamento penitenziario. Per quanto concerne la questione dell'assenza di acqua calda e di riscaldamento, rileva come il Governo ammetta di avere realizzato risparmi proprio lesinando le spese su questi essenziali servizi. Quanto ai casi di scabbia, sottolinea come sia irrilevante se la fonte dell'infezione venga dall'esterno del carcere: ciò che conta è che non si diffonda nel carcere, il che appare piuttosto difficile se mancano gli strumenti igienici basilari.

  Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.

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AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace.
Atto n. 455.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia.
Atto n. 483.

SEDE REFERENTE
Delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
C. 5019 Governo, C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini, C. 3291-
ter Governo, C. 2798 Bernardini e C. 3009 Vitali.

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