CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 luglio 2012
684.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 154

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 17 luglio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 14.

Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011.
C. 5357 Governo, approvato dal Senato.
Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012.
C. 5358 Governo, approvato dal Senato.
Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
C. 5359 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Sandro GOZI (PD), relatore, illustra i contenuti dei tre disegni di legge di ratifica all'esame della Commissione, che concernono l'attuazione di due pilastri essenziali del nuovo sistema di governance economica europea tuttora in via di definizione. In particolare, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal compact) costituisce l'architrave – soprattutto in senso politico più che giuridico – delle misure volte a ripristinare la sostenibilità delle finanze pubbliche nazionali e a garantire una più stretta osservanza dei vincoli e dei parametri fissati a questo scopo. La revisione dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'UE e il Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità – che ne costituisce attuazione – sono invece volti all'introduzione di uno strumento permanente per erogare un sostegno finanziario agli Stati dell'eurozona al fine di salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri. La scelta di seguire un iter congiunto per la ratifica dei tre provvedimenti – comune anche ad altri Stati dell'area euro, tra cui la Germania – è dunque quanto mai appropriata in quanto, sul piano politico, sottolinea come il rafforzamento dei vincoli e dei controlli sulle politiche economiche e di bilancio sia giustificato anche dalla creazione di meccanismi di solidarietà e, sia pure ridotta, condivisione dei rischi tra i membri dell'area euro.
  La necessità e l'urgenza della ratifica dei tre provvedimenti sono indiscutibili alla luce dell'attuale situazione nei mercati Pag. 155e nei rapporti in seno all'area euro. Per un verso, occorre rendere immediatamente operativo il meccanismo di stabilità permanente in modo da cumularne sino alla metà del 2013 la capacità di prestito con quella residua del meccanismo transitorio (ESFS). Ciò anche alla luce della possibilità che, come concordato dal Consiglio europeo del 28-29 giugno e dall'Eurogruppo del 9 luglio, i due strumenti interventi intervengano sui mercati per stabilizzare il differenziale dei tassi di interesse sulle emissioni di debito pubblico.
  Per altro verso, la ratifica del Fiscal compact, al di là della portata effettiva delle disposizioni introdotte, può dare un segnale positivo ai mercati e ai partner europei più scettici sull'impegno strutturale dell'Italia.
  Al tempo stesso, l'esame da parte del Parlamento dei disegni di legge ratifica non può e non deve costituire un passaggio formale ma al contrario presenta una grande rilevanza sotto almeno tre profili. Il primo attiene ad una verifica, in stretto raccordo con il Governo, dell’’impatto che l'applicazione del Fiscal compact e l'attuazione del MES potrebbero avere per il nostro Paese, con particolare riferimento alla «quantificazione» dei vincoli di finanza pubblica e dell'impegno finanziario del nostro paese per la partecipazione al meccanismo. Il secondo attiene alla esigenza di porre in rilievo, sia sul piano del metodo che dei contenuti, le lacune e le asimmetrie del Fiscal compact e del meccanismo di stabilizzazione e, più in generale, del sistema di governance sinora costruito. Ciò anche al fine di contribuire, partendo da una posizione chiara e forte, alle prossime ed importanti scadenze legate alla presentazione nel prossimo autunno delle proposte della Commissione europea e del Quartetto coordinato dal Presidente Van Rompuy relative alla unione fiscale e alla unione bancaria. Il terzo concerne l'opportunità di rendere chiari all'opinione pubblica i contenuti e la natura degli impegni e dei benefici che il nostro Paese acquisirà con l'entrata in vigore dei Trattati oggi in esame, colmando le evidenti lacune nell'informazione al riguardo.
  Pertanto, la presente relazione si concentrerà, dopo una breve illustrazione dei contenuti dei tre provvedimenti oggetto di ratifica e rinviando alla documentazione degli uffici per maggiori dettagli, sull'impatto potenziale e sugli aspetti problematici di ciascuno di essi.
  Con riferimento in primo luogo alla modifica all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE) e al Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES) ricorda che è stata approvata con decisione del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, secondo la procedura semplificata di revisione dei Trattati (che richiede l'unanimità in seno al Consiglio e l'approvazione da parte di tutti gli Stati membri). La decisione prevede l'aggiunta all'articolo 136 di un nuovo paragrafo che autorizza gli Stati la cui moneta è l'euro ad istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme e soggetto a una rigorosa condizionalità. La proposta di adottare tale modifica era stata avanzata dalla relazione finale della task force sulla governance economica, presieduta dal Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, accogliendo una richiesta del Governo tedesco. La Germania aveva infatti segnalato l'esigenza – anche alla luce del suo assetto costituzionale e, soprattutto, dei principi enunciati dalla sentenza del Tribunale costituzionale del 30 giugno 2009 sulla ratifica del Trattato di Lisbona – di introdurre un'apposita base giuridica nei Trattati per consentire agli Stati membri di assumere in via permanente l'impegno a contribuire alla stabilità finanziaria dell'area euro. Sottolinea che il testo dell'articolo 136 si presta a forti critiche in quanto autorizza gli Stati membri ad istituire un meccanismo di stabilità su base interamente intergovernativa. Non è previsto, infatti, alcun potere di proposta e/o di consultazione per la Commissione europea e per il Parlamento europeo ed alcun intervento diretto del bilancio dell'UE. Pag. 156Si è imposta, in altri termini, per la costituzione dell'ESM la via di un trattato internazionale – quale quello sottoposto alla nostra ratifica – elaborato di fatto al di fuori del quadro istituzionale europeo, con le conseguenze in termini di controllo democratico e trasparenza che evidenzierò nel prosieguo.
  Il procedimento di approvazione della modifica dell'articolo 136 del TFUE – che, va ribadito, richiede l'approvazione di tutti gli Stati membri – si è perfezionato in 12 Stati membri, mentre in altri 9 Paesi è intervenuta l'approvazione in sede parlamentare, senza tuttavia che la relativa legge sia entrata in vigore. Il Trattato istitutivo del MES, firmato dagli Stati membri della zona euro, nella versione attuale, il 2 febbraio 2012, prevede la costituzione del meccanismo quale organizzazione finanziaria, nel quadro del diritto pubblico internazionale, con sede in Lussemburgo. Il meccanismo è destinato prima ad affiancare a poi a sostituire gli strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria (European financial stabilisation mechanism, EFSM, e European financial stability facility, EFSF) istituiti originariamente per 3 anni (fino al 31 dicembre 2012), e poi prorogati fino al 30 giugno 2013. Lo strumento avrà un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro (80 miliardi di capitale versato fornito dagli Stati membri della zona euro e 620 miliardi mediante una combinazione di capitale richiamabile impegnato e di garanzie degli Stati della zona euro). La ripartizione dei contributi di ciascuno Stato membro al capitale sottoscritto totale dell'ESM sarà basata sulla partecipazione al capitale versato della BCE, modificata secondo una chiave di conversione.
  L'Italia sarà conseguentemente il terzo contributore con il 17,8 per cento (pari in valori assoluti a 125,3 miliardi di euro, a fronte del 27,6 per cento della Germania e del 20,3 della Francia). Va peraltro sottolineato come tale contributo rappresenti per l'Italia, a dati 2010, l'8 per cento circa del PIL a fronte del 7,6 della Germania, del 7,3 della Francia e del 7,8 per cento della Spagna. Singolarmente i Paesi «rigoristi», quali Finlandia e Paesi bassi, concorreranno, rispettivamente, per l'1,92 per cento e il 6,12 per cento al capitale, pari ad appena il 6,9 e il 6,7 per cento del rispettivo PIL.
  In base ai dati del Documento di economia e finanza 2012, entro il 2014 l'Italia verserà nel capitale dell'ESM 14 miliardi di euro (5,6 miliardi per ciascuno degli anni 2012 e 2013 e 2,8 miliardi per il 2014). Il versamento per la capitalizzazione dell'ESM, a differenza dell'EFSF, è classificato nel bilancio dello Stato come «acquisizione di un'attività finanziaria», cioè la partecipazione al capitale del fondo. Questo tipo di registrazione, come partita finanziaria, nei conti nazionali non dovrebbe determinare alcun impatto sull'indebitamento netto (a differenza di quanto avviene per l'EFSF).
  La capacità effettiva di prestito sarà pari a 500 miliardi di euro e soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni. Si cercherà di integrare la capacità di prestito dell'ESM attraverso la partecipazione del FMI alle operazioni di assistenza finanziaria, mentre gli Stati membri che non fanno parte della zona euro potranno anche partecipare su una base ad hoc. L'accesso all'assistenza finanziaria sarà offerto sulla base di una rigorosa condizionalità politica nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un'analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione insieme al Fondo monetario internazionale (FMI) e di concerto con la Banca centrale europea (BCE).
  Per quanto riguarda la governance del MES, essa sarà assicurata da un consiglio dei governatori, da un consiglio di amministrazione e da un direttore generale. Il consiglio dei governatori sarà composto da un componente per ciascuno degli Stati membri del MES responsabile delle finanze, nonché, in qualità di osservatori, dal Commissario europeo agli affari economici, dal Presidente e dell'Eurogruppo ed dal Presidente della BCE. Il consiglio di amministrazione svolgerà invece i compiti specifici delegati dal consiglio dei governatori. Ogni governatore nomina un amministratore Pag. 157e un supplente, tra persone dotate di elevata competenza in campo economico e finanziario. Il membro della Commissione europea responsabile degli affari economici e monetari ed il presidente della BCE possono nominare ciascuno un osservatore. Il consiglio dei governatori e il consiglio di amministrazione decidono «di comune accordo» (senza contare le astensioni), a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice, conformemente alle disposizioni del Trattato. In particolare, il consiglio dei governatori delibera all'unanimità su questioni di particolare rilevanza relative alla concessione dell'assistenza finanziaria, alle modalità e le condizioni dell'assistenza finanziaria, alla capacità di prestito del MES, alle variazioni della gamma degli strumenti utilizzabili, alla la delega di compiti al consiglio di amministrazione. Tuttavia, in base all'articolo 4, paragrafo 4, del Trattato, nei casi in cui la Commissione europea e la BCE concludano che la mancata adozione di una decisione urgente circa la concessione o l'attuazione di un'assistenza finanziaria minacci la sostenibilità economica e finanziaria della zona euro, si ricorre a una procedura di votazione d'urgenza, nell'ambito della quale è sufficiente una maggioranza qualificata pari all'85 per cento dei voti espressi.
  Sebbene le decisioni del consiglio dei governatori abbiano una forte componente tecnica è innegabile il fortissimo rilievo politico ed economico che esse assumeranno per gli Stati interessati e per i mercati. Al tempo stesso, l'attività dell'organismo non sarà sottoposta ad alcuna forma diretta di indirizzo e controllo democratico. Per un verso il Parlamento europeo potrà essere informato dell'attività del consiglio dei governatori solo attraverso il commissario europeo per gli affari economici e finanziari; per altro verso, i parlamenti nazionali potranno esercitare poteri di indirizzo e controllo nei confronti dei rispettivi ministri dell'economia e delle finanze senza tuttavia beneficiare dei flussi informativi previsti dalla normativa nazionale e dai Protocollo 1 e 2 allegati al Trattato di Lisbona. Si pone pertanto l'esigenza di attivare in ciascun ordinamento strumenti di raccordo efficaci tra Parlamento e Governo, sul modello di quelli consolidatisi in Germania anche alla luce delle recenti pronunce del Tribunale costituzionale federale, che ha ricondotto le questioni relative al Trattato ESM, sebbene stipulato fuori dal quadro istituzionale UE, alle regole generali previste dalla legge che disciplina il raccordo tra Governo e Bundestag.
  La Camera ha compiuto un primo passo in questa direzione con l'approvazione di un articolo aggiuntivo al disegno di legge comunitaria 2012 (C.4925) che impegna il Governo ad acquisire il preventivo parere delle competenti Commissioni parlamentari qualora il Governo intenda votare a favore di progetti normativi o aderire ad accordi o intese in materia economica e finanziaria tra gli Stati membri dell'Unione europea o tra quelli che hanno aderito alla moneta unica che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di vincoli di finanza pubblica e di politica economica ovvero la partecipazione a meccanismi di stabilizzazione che comportino l'erogazione di prestiti o la prestazione di garanzie.
  Il Trattato istitutivo entrerà in vigore non appena gli Stati membri che rappresentano il 90 per cento degli impegni di capitale lo avranno ratificato. Il Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 ha auspicato una accelerazione dell'entrata in vigore della modifica dell'articolo 136 e del Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità, in modo operativo il MES già nel luglio 2012, cumulandone la capacità di intervento con quella dell'EFSF nella seconda metà del 2012 (per un totale di 700 miliardi di euro). Alla data del 12 luglio 2012 il Trattato ESM è stato ratificato da 6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), che rappresentano il 26,55 per cento del capitale; in altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l'iter di ratifica parlamentare e si è in attesa della firma del Capo dello Stato. Come è noto il perfezionamento Pag. 158della ratifica tedesca è subordinato alla pronuncia del Tribunale costituzionale federale su alcuni ricorsi che dovrebbe essere emessa il 12 settembre.
  Quanto al Trattato c.d. Fiscal compact – firmato in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri dell'UE ad eccezione di Regno Unito e Repubblica ceca – incorpora ed integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa, tra cui: il cd. Patto di bilancio, che contempla l'impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall'entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo; l'impegno, qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la misura del 60 per cento, a ridurlo mediamente di 1/20 all'anno per la parte eccedente tale misura. Il ritmo di riduzione, tuttavia, dovrà tener conto di alcuni fattori rilevanti, quali la sostenibilità dei sistemi pensionistici e il livello di indebitamento del settore privato; l'obbligo per gli stati membri di riferire preventivamente alla Commissione e al Consiglio sui piani di emissione dei titoli di debito; la legittimazione di una parte contraente che consideri un'altra parte contraente inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio ad adire la Corte di giustizia dell'UE, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea, per accertare l'inadempimento ed ottenere, eventualmente, una condanna pecuniaria; l'impegno delle parti contraenti a fare ricorso alle cooperazioni rafforzate nei settori che sono essenziali per il buon funzionamento dell'eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno; il riconoscimento delle riunioni dell'Euro Summit, cui partecipano i Capi di Stato e di Governo delle parti contraenti la cui moneta è l'euro con il Presidente della Commissione europea, senza peraltro assumete decisioni formali; il rinascimento del ruolo dei parlamenti, demandano al Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti, come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE), l'organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE, al fine di dibattere le questioni connesse al ordinamento delle politiche economiche.
  Il Trattato si presta a numerosi rilievi critici che sono stati già avanzati, sin dal momento della sua gestazione, in diversi atti di indirizzo della Camera. Il primo attiene alla scelta stessa del ricorso ad un trattato internazionale, negoziato e stipulato al di fuori del quadro istituzionale dell'Unione europea e delle procedure previste per la modifica dei Trattati. Tale scelta è stata come è noto giustificata dalla mancanza di unanimità tra gli Stati membri dell'UE necessaria per le modifiche ai trattati vigenti. Il rapporto presentato dal Presidente Van Rompuy nell'ottobre 2011 prospettava invece, più correttamente, l'adozione delle misure poi confluite nel Fiscal compact in parte mediante la modifica del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE), in parte con la modifica del Protocollo n. 12 allegato al TFUE, relativo alla procedura per i disavanzi eccessivi, da adottare mediante una decisione unanime del Consiglio dell'UE, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo (senza necessità di ratifica da parte dei Paesi membri). La Camera, nelle mozioni approvate il 25 gennaio scorso in vista del Consiglio europeo del 30 gennaio, ha sottolineato come il ricorso ad un trattato internazionale sia accettabile solo come soluzione transitoria e fermo restando l'impegno a ricondurre la materia al quadro istituzionale. Questa posizione è stata opportunamente riflessa nell'articolo 16 del Trattato il quale stabilisce che entro cinque anni dall'entrata in vigore, sulla base di una valutazione della sua attuazione, verranno fatti i passi necessari, in conformità con le disposizioni dei Trattati UE, allo scopo di incorporare Pag. 159le norme del trattato intergovernativo nella cornice giuridica dell'UE.
  Un secondo rilievo attiene al fatto che larga parte delle disposizioni contenute nel Trattato riproducono o specificano obiettivi, vincoli o parametri già previsti dalla legislazione approvata l'8 novembre scorso (cd. six pack), dalle proposte legislative presentate dalla Commissione il 23 novembre 2011 (c.d. two pack) o dal Patto europlus. Si è creata conseguentemente una confusione tra fonti di diritto internazionale e del diritto primario dell'Unione, parzialmente stemperata dalla previsione – fortemente voluta dal Parlamento europeo e dal Governo italiano – di cui all'articolo 2 in base al quale il nuovo Trattato si applica e si interpreta in conformità con i Trattati su cui si fonda l'UE, in particolare con il principio di leale cooperazione tra Stati membri e Unione, rispettando le procedure vigenti ogni qual volta si richiede l'adozione di una legislazione secondaria. Le disposizioni del trattato, inoltre, si applicano se e nella misura in cui sono compatibili con i Trattati e con il diritto dell'UE e non pregiudicano le competenze dell'UE nell'ambito dell'unione economica e monetaria.
  Il terzo concerne il ricorso diretto di uno stato membro alla Corte di giustizia per accertare la violazione da parte di un altro stato membro degli obblighi previsti in materia di disavanzo e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. Tale previsione potrebbe dar luogo ad una palese contraddizione: uno stato contraente, pur non essendo oggetto di un rapporto di valutazione negativo da parte della Commissione europea, potrebbe essere oggetto di una sentenza di condanna della Corte e della relativa, eventuale sanzione, mentre un altro Stato, pure oggetto di accertamento da parte della Commissione secondo la procedura per i disavanzi eccessivi, potrebbe non essere condotta in giudizio e condannata.
  Va altresì sottolineata l'esigenza di avviare una riflessione sull'attuazione dell'articolo 13 del Protocollo relativo alla creazione di una conferenza interparlamentare, definendone la composizione, la frequenza delle riunioni e le modalità di funzionamento. Alcune iniziative e proposte al riguardo sono già state formulate in seno alla COSAC, con l'obiettivo di attribuire competenze specifiche in materia alla COSAC stessa. Appare tuttavia opportuno che decisioni a questo riguardo siano assunte dalla conferenza dei Presidenti dei parlamenti dell'UE, trattandosi di aspetti che trascendono la competenza di singole Commissioni e che attengono all'organizzazione generale della cooperazione interparlamentare.
  Al tempo stesso va sottolineato come la formulazione definitiva dell'articolo 13 non preveda la partecipazione alla nuova Conferenza dei rappresentanti delle Commissioni bilancio dei Parlamenti nazionali, demandando più correttamente a ciascuna assemblea la designazione dei propri rappresentanti.
  Andrà in questo contesto affermata con forza la partecipazione di rappresentanti della XIV Commissione alla delegazione della Camera, in ragione della rilevanza ordinamentale della governance economica, che eccede le competenze delle commissioni di settore, e segnatamente delle commissioni bilancio. Sarà altresì necessario che la riflessione sul tema eviti la sterile contrapposizione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali che ha caratterizzato il dibattito sulla creazione della Conferenza per il controllo sulla PESC e la PESD.
  Il Fiscal Compact entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito del dodicesimo strumento di ratifica di una Parte contraente la cui moneta è l'euro. Alla data del 12 luglio 2012, il trattato è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia); in due 2 Stati (Austria e Germania) è stato completato l’iter parlamentare della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati dal Presidente della Repubblica. Come già ricordato la ratifica tedesca è subordinata alla pronuncia del Tribunale costituzionale federale. Osserva pertanto al riguardo che, diversamente da quanto annunciato questa mattina da un Pag. 160importante quotidiano nazionale, l'Italia non è affatto in ritardo nel processo di ratifica.
  La ratifica dei tre provvedimento è l'occasione per una riflessione più generale sulle modalità secondo cui si è sviluppato sinora il nuovo sistema di governance economica.
  In primo luogo, appare evidente come sia stato inappropriato intervenire su Trattati, peraltro con la procedura di revisione semplificata, esclusivamente al fine di modificare l'articolo 136 anziché intraprendere immediatamente un processo di riforma complessiva dell'intero Titolo relativo all'Unione economica e monetaria. Purtroppo gli eventi hanno dimostrato – come la Camera aveva tempestivamente segnalato negli atti di indirizzo approvati in materia – che se si fosse intervenuti già nel 2010, con modifiche organiche ai Trattati, sull'impianto complessivo della governo dell'area euro, si sarebbero probabilmente evitate o limitate le pressioni speculative successive. Si sarebbe dato, in altri termini un segnale inequivocabile ai mercati sulla intenzione di creare una reale unione economica e monetaria dotata degli strumenti di reazione necessari alle pressioni dei mercati.
  Invece, è prevalso un approccio minimalista e a breve termine che ha imposto continui aggiustamenti ed integrazioni al quadro di governance comune, non rispondenti ad un disegno unitario ed ispirati più ad una logica emergenziale che ad un'analisi accurata dei problemi dell'area euro. Il mancato adeguamento della disciplina dei Trattati ha poi imposto l'adozione di strumenti di diritto internazionale – come il Trattato ESM e il Fiscal compact – negoziati in modo opaco e frettoloso in gruppi di lavoro a livello intergovernativo e senza il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo che avrebbe invece consentito il ricorso alla Convenzione previsto nell'ambito della procedura di revisione ordinaria dei Trattati.
  Si sono così operati trasferimenti di sovranità che, sebbene pienamente giustificata nella logica di un'unione economica, avrebbero richiesto una più adeguata informativa ed una più consapevole riflessione in seno ai legislatori nazionali, come sottolineato dal Tribunale costituzionale federale. Andrà pertanto ribadito, anche nel parere della XIV Commissione ed eventualmente in ordini di giorno da approvare in Assemblea, che il ricorso a trattati internazionali va considerato come un caso eccezionale e non ripetibile e che qualsiasi innovazione in materia di governance economica andrà operata nell'ambito del quadro istituzionale previsto dai Trattati, con il ricorso alla procedura di revisione ordinaria.
  Andrebbe inoltre sottolineata la necessità che tutte le decisioni relative all'attuazione del Fiscal compact e del Trattato MES siano oggetto di un'informazione costante da parte del Governo verso le Camere. L'intervento dei parlamenti nelle nuove procedure di governance economica, soprattutto quando l'unione fiscale si sarà consolidata, costituisce infatti la sfida più significativa che le assemblee elettive devono affrontare nel contesto dell'integrazione europea.
  Un secondo rilievo generale sui provvedimenti in esame concerne la loro idoneità a risolvere la crisi della zona euro. Il Trattato ESM e il Fiscal compact, considerati in sé, sono volti a curare i sintomi della crisi ma non sono idonei a porre rimedio alle cause strutturali delle difficoltà odierne, che risiedono nella esistenza di una moneta senza un governo economico. Il Vertice dell'Eurozona e il Consiglio europeo del 28-29 giugno hanno compiuto un passo importante in questa direzione, riconoscendo la necessità di elaborare una tabella di marcia verso un'unione fiscale ed un'unione bancaria. Occorre ora che il Consiglio europeo di dicembre adotti le proposte che saranno predisposte da parte del «quartetto» coordinato dal Presidente Van Rompuy e, auspicabilmente, della Commissione europea, assicurando un percorso graduale ma simultaneo per la realizzazione, da un lato, di una unione fiscale e di un sistema centralizzato di vigilanza e di garanzia del sistema creditizio e, dall'altro, di strumenti Pag. 161di mutualizzazione del debito, quali gli stability bond o quanto meno un fondo europeo di redenzione. Andrà quindi sottolineato nel parere della XIV Commissione che l'introduzione di meccanismi per prevenire e correggere le politiche di bilancio, che comprimeranno ulteriormente le sovranità nazionali, sarà infatti accettabile politicamente e sostenibile giuridicamente ed economicamente solo se giustificata dalla effettiva condivisione dei rischi, mediante l'emissione in comune di debito. Il Consiglio europeo di dicembre dovrà inoltre porre le basi per un progetto di integrazione politica in senso federale, che parta dalla istituzione di un Ministro europeo dell'economia e di un dipartimento del tesoro europeo.
  Resta infine la questione del rilancio della crescita: il Patto sulla crescita e l'occupazione, approvato dal Consiglio europeo del 28-29 novembre è significativamente un accordo politico, privo di valore vincolante a differenza dei Trattati al nostro esame. Il Patto indubbiamente prospetta misure importanti, come l'aumento del capitale della BEI e delle emissioni di project bond sin dal 2012-2013, ma almeno la metà dei 120 miliardi di euro «mobilizzati» a livello europeo per la crescita consistono in realtà in stanziamenti già esistenti (in particolare i 55 miliardi di fondi strutturali da riprogrammare). È evidente la necessità di reperire risorse ulteriori per la crescita e l'ammodernamento del sistema economico europeo che impone in prospettiva di considerare anche l'emissione di titoli europei di debito per il finanziamento di grandi progetti a forte potenziale di crescita.
  Formula, in conclusione, tre distinte proposte di parere favorevole (vedi allegati 1, 2 e 3), di identico contenuto, che sottopone alla valutazione dei colleghi ai fini di una loro approvazione già nella seduta di domani.

  Mario PESCANTE, presidente, richiama l'attenzione dei colleghi sui dati relativi alla ripartizione delle quote di ciascuno Stato membro al capitale del MES: le quote più elevate sono quelle sostenute dal Portogallo (10,1 per cento del Pil), dalla Grecia (8.5 per cento del Pil) e dall'Italia (8 per cento del Pil).
  Ricorda quindi, come già segnalato dal relatore, che in Germania i tre provvedimenti, già approvati dal Bundestag e dal Bundesrat, saranno sottoposti all'esame del Tribunale costituzionale tedesco il prossimo 12 settembre.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Interventi per il sostegno dell'imprenditoria e dell'occupazione giovanile e femminile e delega al Governo in materia di regime fiscale agevolato.
Testo unificato C. 3696 Antonino Foti e abb.
(Parere alle Commissioni X e XI).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del testo unificato in oggetto, rinviato nella seduta dell'11 luglio 2012.

  Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, preso atto del dibattito svoltosi lo scorso 11 luglio, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Sandro GOZI (PD) ringrazia il relatore per aver accolto le osservazioni formulate e preannuncia il voto favorevole del suo gruppo.

  Massimo NICOLUCCI (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

  Marco MAGGIONI (LNP) preannuncia l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

  Rocco BUTTIGLIONE (UdCpTP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

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  Antonio RAZZI (PT) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Nuovo testo unificato C. 4662 Valducci e abb.
(Parere alla IX Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Nunziante CONSIGLIO (LNP), relatore, ricorda che la XIV Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del parere sulla compatibilità comunitaria, le proposte di legge C.4662 e abbinate che prevedono una delega di al Governo per la revisione generale del codice della strada.
  Ricorda che la IX Commissione trasporti ha iniziato ad esaminare le proposte di legge C. 4662 e abbinate nella seduta del 19 ottobre 2011. Nella seduta del 19 giugno 2012 è stato adottato come testo base il testo unificato elaborato nel corso dei lavori del Comitato ristretto, successivamente emendato nella seduta del 4 luglio 2012.
  L'articolo 1 reca una delega al Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi di modifica e riordino del codice della strada. Sugli schemi di decreto legislativo è previsto il parere parlamentare.
  L'articolo 2 reca, ai commi 1 e 2, i principi e criteri direttivi della delega, tra i quali si segnalano:
   riorganizzazione delle disposizioni del codice secondo criteri di coerenza e di armonizzazione delle stesse con le altre norme di settore, con quelle dell'Unione europea e quelle derivanti da accordi internazionali;
   delegificazione della disciplina riguardante le procedure e la normativa tecnica;
   revisione dell'apparato sanzionatorio, anche modificando l'entità delle sanzioni secondo principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione nell'ambito dell'Unione europea, con particolare riferimento alla gradazione delle sanzioni in funzione della gravità, della frequenza e dell'effettiva pericolosità del comportamento e all'inasprimento delle sanzioni per comportamenti particolarmente lesivi dell'incolumità e della sicurezza degli utenti della strada;
   revisione del sistema degli accertamenti degli illeciti amministrativi, prevedendo anche la notifica degli atti di accertamento anche mediante posta elettronica certificata, nonché di disposizioni volte a consentire il pagamento immediato, o entro i cinque giorni successivi, della sanzione, anche mediante mezzi di pagamento elettronico, con conseguente riduzione della sanzione medesima;
   revisione del sistema dei ricorsi amministrativi e semplificazione delle procedure per il ricorso al prefetto;
   riordino dei compiti della polizia stradale e potenziamento del ricorso ai servizi ausiliari di polizia stradale;
   definizione delle norme di circolazione per i veicoli atipici;
   predisposizione, da parte del Ministero della salute, di linee guida cogenti per garantire uniformità nell'operato delle commissioni mediche locali per il conseguimento o il rinnovo della patente di guida;
   disciplina generale delle modalità di sosta dei veicoli adibiti al servizio di invalidi;
   introduzione di disposizioni per favorire l'installazione di sistemi telematici ed elettronici applicati ai trasporti ai fini della sicurezza della circolazione;Pag. 163
   attribuzione all'ente proprietario o al concessionario di autostrade del potere di imporre, nel periodo invernale in presenza di manifestazioni atmosferiche di particolare intensità, l'utilizzo di pneumatici invernali;
   riassetto della disciplina concernente la classificazione, costruzione e tutela delle strade, delle fasce di rispetto, degli accessi e diramazioni, della pubblicità e di ogni forma di occupazione del suolo stradale;
   introduzione di disposizioni volte a favorire l'installazione facoltativa sui veicoli a due ruote di sistemi di sicurezza e frenata avanzati;
   predisposizione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di linee guida per le amministrazioni locali concernenti la progettazione e la costruzione di infrastrutture stradali ed arredi urbani;
   semplificazione delle procedure di modifica delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione.

  Il comma 3 prevede invece l'adozione di regolamenti di delegificazione nelle materie concernenti le caratteristiche dei veicoli eccezionali e dei trasporti in condizioni di eccezionalità; la disciplina della massa limite e della sagoma limite dei veicoli adibiti all'autotrasporto di carichi sporgenti; l'aggiornamento della segnaletica stradale; la disciplina della manutenzione delle segnalazioni stradali luminose, con particolare riguardo all'esigenza di ridurre i consumi energetici; l'introduzione e definizione, nella classificazione dei veicoli, dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e persone; la classificazione e utilizzazione dei veicoli in relazione all'uso cui sono adibiti; i procedimenti di ammissione, immatricolazione e cessazione della circolazione dei veicoli a motore, nonché di produzione delle targhe automobilistiche; la disciplina della patente di guida BS, prevedendo che i possessori di tale patente possano guidare anche un veicolo con un rimorchio di massa superiore a 750 chilogrammi; la disciplina per la tutela dell'utenza debole sulle strade, con particolare riguardo alla visibilità notturna dei ciclisti; l'utilizzo di targhe sostitutive per motoveicoli in occasione di competizioni sportive.
  L'articolo 3, infine, prevede la possibilità di adottare, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi (comma 1) e reca la clausola di invarianza finanziaria (comma 2).
  Esaminando il provvedimento in relazione alla normativa comunitaria, fa rilevare che il comma 3 dell'articolo 2, tra le altre cose, inserisce tra le materie da normare con regolamenti di delegificazione anche la «disciplina della patente di guida di categoria BS (B speciale), prevedendo che i possessori di tale patente possano conseguire anche la patente di guida per il traino di un rimorchio di massa superiore a 750 chilogrammi». In tal senso, si affida al regolamento il compito di modificare la disposizione del Codice della strada dell'articolo 116, comma 4, che, nel testo applicabile dal 19 gennaio 2013 prevede che «mutilati ed i minorati fisici, anche se affetti da più minorazioni, possono conseguire la patente speciale delle categorie AM, A1, A2, A, B1, B, C1, C, D1 e D, anche se alla guida di veicoli trainanti un rimorchio la cui massa massima autorizzata non superi 750 kg».
  Al riguardo, al fine della coerenza della disposizione con il diritto dell'Unione europea, appare opportuno precisare nel testo che rimangono in ogni caso fermi i limiti complessivi di massa del veicolo più il rimorchio consentiti in generale per le patenti B che lo stesso articolo 116, in coerenza con l'articolo 4 della direttiva 2006/126/CE, fissa in 4.250 kg.
  Inoltre, nell'attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 2, nonché nell'emanazione dei regolamenti di delegificazione di cui all'articolo 2, comma 2, assume rilievo il rispetto della disciplina dell'Unione europea di cui alla direttiva 96/53/CE in materia di dimensioni e peso massimo dei veicoli; alla direttiva 2000/30/CE relativa ai controlli relativa ai tecnici Pag. 164su strada dei veicoli commerciali circolanti nella Comunità; alla già ricordata direttiva 2006/126/CE in materia di patente di guida; alla direttiva 2009/40/CE concernente il controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi.
  Tra i documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea sul tema della sicurezza stradale, ricordo che il 20 luglio 2010 la Commissione ha adottato un piano d'azione (COM(2010)389) valido per il periodo 2011-2020 inteso a favorire la creazione di uno spazio comune europeo della sicurezza stradale. Per favorire l'adozione di standard di sicurezza stradale più severi al fine di dimezzare entro il 2020, rispetto al 2010, il numero delle vittime della strada nell'UE, viene proposto un approccio basato su una maggiore partecipazione di tutte le parti interessate e su una più stretta collaborazione con gli Stati membri. Questi ultimi, nel pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità, dovranno elaborare piani e obiettivi nazionali specifici concentrando gli interventi nei settori nei quali si registrano risultati meno soddisfacenti. Si dovrà inoltre tenere conto delle sinergie con altri obiettivi politici a livello locale, nazionale, europeo ed internazionale e con altre politiche dell'UE (ambiente, energia, gioventù, istruzione, occupazione, salute pubblica, ricerca, innovazione, assicurazione e giustizia).
  Al fine di perseguire i suddetti obiettivi si prospettano interventi volti a migliorare il comportamento degli utenti della strada, con particolare riferimento ai giovani conducenti, sulla base di un approccio che concepisca l'educazione e la formazione come un processo globale e di formazione continua, anche dopo il conseguimento della patente; a rafforzare il controllo dell'applicazione della normativa mediante una strategia comune basata su scambi transfrontalieri di informazioni e specifiche campagne di informazione e sensibilizzazione; a migliorare la sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese le strade secondarie rurali ed urbane dove si registra il maggior numero di decessi (rispettivamente 56 per cento e 44 per cento nel 2008 a fronte del 6 per cento sulle autostrade) e garantire che solo le infrastrutture conformi ai requisiti UE in materia di sicurezza possano beneficiare del sostegno finanziario europeo; a rafforzare la sicurezza dei veicoli, con particolare riferimento a quelli che utilizzano sistemi di propulsione alternativi, quali i veicoli elettrici; a promuovere l'utilizzo delle nuove tecnologie (sistemi di trasporto intelligente – ITS) al fine di controllare il traffico e fornire agli utenti informazioni in tempo reale, accelerando nel contempo la diffusione di eCall, il sistema di chiamata di emergenza basato su un numero unico europeo; a migliorare i servizi di emergenza e assistenza a seguito di incidenti considerato che il numero dei feriti resta elevato e rappresenta un serio problema di salute pubblica; a proteggere gli utenti più vulnerabili della strada, tra l'altro adeguando le infrastrutture stradali al traffico non motorizzato, migliorando la visibilità e la gestione della velocità, separando i flussi di traffico nel caso in cui il traffico misto sia pericoloso, estendendo ai motocicli la normativa UE esistente sui controlli tecnici ed infine intensificando i controlli sulla velocità, la guida in stato di ebbrezza o senza patente, l'uso del casco e le manomissioni dei motocicli.
  Ricorda che il piano d'azione è stato esaminato dal Parlamento europeo che il 27 settembre 2011 ha approvato una risoluzione nella quale, al fine di conseguire l'obiettivo «zero vittime», si sollecita tra l'altro l'integrazione delle considerazioni legate alla sicurezza stradale in tutti i campi politici pertinenti, quali l'educazione, la salute, l'ambiente, la politica sociale e la cooperazione giudiziaria e di polizia. Si invita inoltre la Commissione europea a: designare, entro il 2014, un coordinatore europeo per favorire l'applicazione delle misure in materia di sicurezza stradale negli Stati membri; creare un forum di cooperazione di pubblici ministeri, autorità di polizia, associazioni di vittime della strada e osservatori della sicurezza stradale per migliorare l'applicazione dei codici della strada; commissionare Pag. 165uno studio sull'impatto socioeconomico dei decessi e delle lesioni dovuti agli incidenti stradali.
  Il rafforzamento della sicurezza stradale costituisce una delle priorità del Libro bianco sulla politica europea dei trasporti (COM(2011)144) che riconferma l'obiettivo di dimezzare il numero delle vittime entro il 2020, avvicinandosi all'obiettivo «zero vittime» entro il 2050. A tal fine si sottolinea la necessità di armonizzare le tecnologie (es. sistemi di assistenza alla guida e limitatori di velocità), migliorare i controlli tecnici e la formazione, con particolare attenzione agli utenti della strada più vulnerabili, rafforzare la pubblica sicurezza nei trasporti, collaborare con gli Stati membri in particolare nel campo della sicurezza urbana, aumentare il livello di sicurezza lungo tutta la catena logistica anche attraverso l'elaborazione di certificati sulla sicurezza «da punto a punto».
  Da ultimo, il 31 maggio 2012 la Commissione europea ha adottato un documento di lavoro sulla sicurezza dei trasporti secondo il quale si registrano ancora notevoli lacune per quanto riguarda la sicurezza del trasporto pubblico (tram, bus e metro), ferroviario, stradale e per via navigabile interna. La Commissione ha deciso pertanto di istituire, con la decisione n. 2012/286/UE, un gruppo di esperti per la sicurezza del trasporto terreste che dovrà essere affiancato da un gruppo consultivo delle parti in causa per consentire anche all'industria di partecipare all'elaborazione delle misure in questo settore.
  Le istituzioni europee stanno inoltre esaminando ulteriori documenti riguardanti il diverso aspetto dei controlli tecnici dei veicoli. Al riguardo segnala che i difetti tecnici dei veicoli sono una delle principali cause di incidenti stradali (il 6 per cento per gli incidenti automobilistici e l'8 per cento per quelli in cui sono coinvolti motocicli), e che la normativa dell'UE vigente in materia (direttive 1999/37/CE, 2000/30/CE e 2009/40/CE) risale al 1977. Il 13 luglio 2012 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure volte a rendere più rigorosi i controlli tecnici mediante l'adozione di norme minime comuni a livello UE, ferma restando la facoltà degli Stati membri di imporre regole più severe. La Commissione prospetta in particolare controlli tecnici obbligatori a livello UE per scooter e motociclette; controlli tecnici periodici più frequenti per i veicoli vecchi, nonché per automobili e furgoni con chilometraggio particolarmente elevato; controlli tecnici obbligatori per i componenti elettronici di sicurezza; lotta alle falsificazioni del chilometraggio grazie alla registrazione delle letture del contachilometri.
  Ricorda, in conclusione, che la XIV Commissione si atterrà, nell'esame del provvedimento, ai profili di propria competenze e su tale base si riserva di formulare una proposta di parere.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 17 luglio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/60/UE che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale.
Atto n. 470.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 5 giugno 2012.

Pag. 166

  Massimo POMPILI (PD), relatore, richiama brevemente i contenuti del provvedimento e formula quindi una proposta di parere favorevole.

  Isidoro GOTTARDO (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere.

  Enrico FARINONE (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere.

  Marco MAGGIONI (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere.

  Gaetano PORCINO (IdV) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
Atto n. 479.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 27 giugno 2012.

  Mario PESCANTE, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, onorevole FUCCI, e richiamati brevemente i contenuti del provvedimento, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole.

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 4 aprile 2010, n. 58, di attuazione della direttiva 2007/23/CE relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici.
Atto n. 490.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Massimo NICOLUCCI (PdL), relatore, evidenzia che lo schema di decreto legislativo in esame contiene una serie di modifiche e integrazioni al decreto legislativo n. 58 del 4 aprile 2010, recante l'attuazione della direttiva 2007/23/CE relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici.
  L'articolo 1, comma 1, alla lettera a) novella l'articolo 4 del decreto legislativo 58/2010 introducendo il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze nel caso di adozione del decreto di applicazione delle tariffe aggiornate a cadenza triennale (punto 1). Aggiunge, altresì, un nuovo comma 1-bis ai sensi del quale, rinviando al DM di cui al comma 1, si prevedono dei corsi di formazione iniziale e di aggiornamento anche per i direttori di fabbriche e stabilimenti di fuochi artificiali nonché per gli altri operatori (punto 2).
  L'articolo in esame, alla lettera b), intervenendo sull'articolo 6 del decreto, con particolare riferimento al comma 4, espunge il riferimento alle vigenti norme di pubblica sicurezza e inserisce il richiamo alla sola normativa vigente in materia di etichettatura. A detta della relazione illustrativa, la modifica è volta a corrispondere alle richieste della Commissione europea a parere della quale le norme armonizzate, che prevedono l'obbligo di etichettare gli articoli pirotecnici, già ottemperano al rispetto degli essenziali requisiti di sicurezza.
  Con la lettera c) viene modificato l'articolo 7; al comma 1 s'introduce la comunicazione al Ministro dello sviluppo economico anche nell'ambito della procedura Pag. 167di notifica comunitaria degli «organismi notificati». La ratio dell'intervento, come sottolineato dalla relazione illustrativa, tiene conto di quanto rilevato nella fase di prima applicazione del decreto di cui si discute, rispondendo all'esigenza di armonizzare alcune disposizioni concernenti la disciplina degli organismi notificati con quelle corrispondenti relative alla disciplina prevista per gli esplosivi per uso civile dal D.Lgs. 7/1997. La novella, analogamente a quanto previsto per gli esplosivi per uso civile, investe anche il comma 2 dell'articolo 7, precisando che l'autorizzazione agli organismi notificati è rilasciata previo motivato parere del Comitato tecnico di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 7/1997. Ai sensi del menzionato articolo 4, il Ministero dell'interno si avvale di un comitato tecnico per vigilare sull'attività degli organismi notificati. Il comitato, nel riscontrare che l'organismo notificato non soddisfa più i requisiti richiesti o nell'accertare gravi irregolarità nello svolgimento delle procedure di valutazione di conformità degli esplosivi, ne informa il Ministro dell'interno, il quale provvede con proprio decreto al ritiro dell'autorizzazione a svolgere i compiti di organismo notificato e può disporre, con propria ordinanza, la sospensione immediata delle procedure di valutazione di conformità per le quali l'organismo era stato autorizzato. Del ritiro o della sospensione dell'autorizzazione viene data immediata notizia agli altri Stati membri ed alla Commissione dell'Unione europea.
  La lettera d), novellando il comma 2 dell'articolo 11, sopprime il riferimento sull'etichetta alla presa d'atto ministeriale nonché all'indicazione delle corrispondenti categorie nazionali in materia di depositi e mantiene solo il riferimento all'indicazione del numero di registrazione attribuito al prodotto dell'organismo notificato. La novella, come specificato dalla relazione illustrativa, ottempera a quanto osservato dalla Commissione europea con particolare riferimento alle procedure di semplificazione in materia di etichettatura dei prodotti pirotecnici al fine di non ostacolarne la libera circolazione.
  La lettera f) sostituendo l'articolo 13, in ordine alla identificazione univoca dei fuochi e l'adozione di un sistema informatizzato per la loro tracciabilità, elimina il richiamo all'identificazione univoca dei prodotti pirotecnici, prevedendo la possibilità di istituire un sistema informatico di raccolta dei dati contenuti nei registri anche informatici previsti per l'importazione e la commercializzazione degli articoli pirotecnici. La modifica di cui sopra, come messo in evidenza dalla relazione illustrativa, è volta a superare il rilievo della Commissione europea, secondo cui la vigente previsione sarebbe in contrasto con la Dir. 2007/23/CE.
  La lettera g) introduce due modifiche all'articolo 17 (Disciplina sanzionatoria). L'articolo 17 attribuisce, infatti, all'autorità di pubblica sicurezza l'ulteriore potere di adottare provvedimenti limitativi della libera circolazione dei prodotti esplodenti, in aggiunta ai casi già disciplinati dal TULPS, conferendo al prefetto il potere di sospendere i trasferimenti di articoli pirotecnici o d'imporre particolare prescrizioni tese a prevenire la detenzione o l'uso illecito di tale materiale. In aggiunta a ciò, viene attribuita al Ministro dell'interno la facoltà di disporre ulteriori provvedimenti coercitivi relativamente a fabbricazione, vendita, cessione o consegna per la custodia in deposito degli articoli pirotecnici che, pur marcati CE, risultino pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica oltre che per la salute, l'ambiente e la pubblica incolumità. Viene, infine, modificato anche il comma 7 dell'articolo 17 del decreto, concernente l'applicazione di una sanzione amministrativa in caso di omissione totale dell'etichetta, anche su un singolo pezzo del prodotto pirotecnico comunque detenuto, aggiungendo la locuzione riferita a ciascuna confezione ancora integra, quando singoli pezzi non etichettati siano in essa contenuti.
  La lettera h) prevede anche al comma 2 dell'articolo 18, la soppressione del riferimento ai fini della sicurezza fisica dei depositi.Pag. 168
  In conclusione, ai sensi dell'articolo 2 dello schema in esame, l'esercizio della delega non deve comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
  La relazione illustrativa dello schema di decreto sottolinea che l'intervento di modifica del decreto legislativo 58/2010 è necessario per evitare l'apertura formale di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia.
  Il 7 febbraio 2012, nell'ambito del sistema EU PILOT, la Commissione europea ha infatti inviato all'Italia richieste di informazioni (progetto pilota 2744/11/ENTR) sull'attuazione della direttiva 2007/23/CE relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici. In particolare, nell'ambito delle questioni oggetto della richiesta di chiarimento, la Commissione europea osserva che:
   l'articolo 53 del Regio decreto n. 773 del 18 giugno 1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), prevedendo che ciascun articolo pirotecnico immesso sul mercato debba ottenere il permesso/autorizzazione del Ministero dell'interno, sembrerebbe imporre un requisito supplementare che potrebbe eccedere quanto disposto dalla direttiva in questione;
   l'articolo 11 del decreto legislativo n. 58/2010 – laddove prevede che le categorie 3 e 4 e gli articoli pirotecnici e teatrali delle categorie T2 e P2 devono rispondere a requisiti specifici di registrazione e notifica – nonché l'articolo 12 comma 5 – in base al quale ai fini della sicurezza dei depositi, l'etichetta esterna apposta all'imballaggio di articoli pirotecnici per autoveicoli deve essere integrata da informazioni supplementari (estremi della presa d'atto o del decreto ministeriale di iscrizione nell'allegato A al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635) – parrebbero introdurre requisiti ulteriori che, eccedendo il contenuto della direttiva, ostacolerebbero la libera circolazione degli articoli pirotecnici. A giudizio della Commissione europea tali requisiti supplementari non appaiono peraltro giustificati dai motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza incolumità delle persone e protezione ambientale, previsti dall'articolo 6, paragrafo 2 della direttiva per limitare o vietare la vendita o il possesso di prodotti pirotecnici;
   l'articolo 11, comma 2 del decreto legislativo n. 58/2010, laddove stabilisce che l'articolo pirotecnico deve riportare, oltre alla classificazione UE, anche la classificazione definita a livello nazionale conformemente alle leggi di pubblica sicurezza, mantiene in vigore il sistema tradizionale italiano di categorie; ciò potrebbe configurare un mancato recepimento dell'articolo 3 della direttiva 2007/23/CE (classificazione), creare confusione tra i due sistemi di classificazione (UE e nazionale) e ostacolare quindi l'accesso al mercato da parte degli operatori economici di altri Stati membri. Anche in questo caso la Commissione europea non ritiene che si possano evocare le esenzioni previste dall'articolo 6, paragrafo 2 della direttiva, per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, incolumità delle persone e protezione ambientale;
   l'articolo 15 del decreto legislativo 272/2002, laddove prevede licenze per l'importazione e l'esportazione di fuochi d'artificio delle categorie 1 e 2 destinati al pubblico e che presentano un rischio basso, anche nel caso di scambi all'interno dell'UE, costituirebbe un ostacolo alla libera circolazione degli articoli pirotecnici, come stabilita dall'articolo 6 paragrafo 1 della direttiva 2007/23/CE e non sarebbe giustificato dalle esenzioni previste dal già citato articolo 6 paragrafo 2.
   l'articolo 13 del decreto legislativo, n. 58/2010, laddove prevede che il fabbricante proceda all'identificazione univoca di ogni singolo articolo pirotecnico e all'utilizzo di un sistema informatico di gestione che ne permetta la tracciabilità, potrebbe rappresentare un onere eccessivo, rispetto a quanto previsto dall'articolo 18 paragrafo 2, lettera a) della direttiva. Rigorosi requisiti di identificazione e tracciabilità sono in effetti richiesti, nell'ambito della normativa europea, dalla direttiva 93/15/CE per gli esplosivi per uso Pag. 169civile che potrebbero essere oggetto di furti o uso improprio per attività terroristiche. La Commissione sottolinea tuttavia che per quanto riguarda i fuochi di artificio destinati al pubblico, un sistema che ne permetta la tracciabilità dal distributore/fabbricante/importatore italiano al consumatore finale potrebbe risultare sproporzionato poiché tali fuochi di artificio presentano una pericolosità inferiore agli esplosivi commerciali;
   il Decreto 9 agosto 2011 e le relativa circolari, per quanto riguarda l'attuazione delle norme transitorie per lo smaltimento delle scorte dei prodotti già etichettati, potrebbero influenzare negativamente gli scambi commerciali, laddove limitano a 25 kg il quantitativo di scorte che è consentito detenere.

  La Commissione ha recentemente ritenuto non soddisfacenti le informazioni fornite dalle autorità italiane in relazione alla imminente adozione di norme volte a modificare le disposizioni contestate. Tale valutazione potrebbe effettivamente preludere all'apertura di una procedura d'infrazione nei confronti dello Stato italiano, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  In particolare, con riguardo alla necessità di un permesso/autorizzazione del Ministero dell'interno per tutti gli articoli pirotecnici, la Commissione, replicando alle informazioni ricevute, ha ribadito che dovrebbe essere sufficiente il certificato di omologazione CE per tipo. In merito alle disposizioni relative al rilascio di licenze di importazione/esportazione, ritenute necessarie dalle autorità italiane per garantire la sicurezza dello stoccaggio, la Commissione ha sottolineato che tale motivazione non pare giustificare l'estensione dei controlli alle esportazioni/importazioni e al commercio intra UE in quanto tali. La Commissione ha espresso inoltre perplessità per il ritardo nell'aggiornamento del sistema nazionale di classificazione, nonché per la mancata indicazione di scadenze certe per gli interventi correttivi delle norme relative alla registrazione, notifica, etichettatura e al sistema di identificazione e tracciabilità e ha ribadito le sue preoccupazioni per le conseguenze negative che le disposizioni transitorie sullo smaltimento dei scorte potrebbero avere sugli operatori.
  Ricorda che le misure italiane di recepimento della direttiva 2007/23/CE erano state notificate alla Commissione europea nel gennaio 2010. In quella occasione la Commissione europea aveva formulato un parere circostanziato, sottolineando la necessità che le disposizioni nazionali in materia di etichettatura, identificazione e tracciabilità dei prodotti pirotecnici non costituissero un ostacolo alla libera circolazione delle merci (SG(2010)D/50034).
  In base alla procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE gli Stati membri devono notificare alla Commissione ogni progetto di regola tecnica o di modifica, indicando i motivi che lo rendono necessario e, se del caso, il testo delle disposizioni legislative e regolamentari di modifica; la Commissione deve comunicare agli altri Stati membri il progetto notificatole in modo che, nella stesura definitiva della regola tecnica, si tenga conto, per quanto possibile, delle osservazioni degli altri Stati membri. Qualora gli Stati membri e/o la Commissione formulino un parere circostanziato, secondo il quale la misura proposta potrebbe creare ostacoli alla libera circolazione delle merci; lo Stato membro è tenuto a rinviare di sei mesi l'adozione di un progetto di regola tecnica. Lo Stato membro è successivamente tenuto a riferire alla Commissione il seguito che intende dare al parere prima di adottare il testo definitivo del provvedimento.
  Da un raffronto tra i rilievi espressi dalla Commissione europea nell'ambito del progetto pilota e il tenore delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame, si evidenzia come alcune norme intervengano puntualmente sulle materie oggetto della richiesta di chiarimenti della Commissione europea, con particolare riguardo ai requisiti della etichettatura (articolo 1, lett. b) e d)) e alla identificazione univoca dei prodotti pirotecnici e tracciabilità (articolo 1, lett. f). Pag. 170
  Su altre specifiche questioni, ed in particolare, in merito alle licenze per l'importazione e l'esportazione, come disciplinate dal D.Lgs. 272/2002, e sul permesso/autorizzazione del Ministero dell'Interno, previsto dal R.D. 773/1931, parrebbe invece opportuno che il Governo fornisca ulteriori chiarimenti sulla idoneità delle norme contenute nello schema di decreto legislativo in esame a rispondere pienamente ai rilievi della Commissione europea, nell'ambito del progetto pilota 2744/11/ENTR.
  Quanto ai documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, ricorda che la direttiva 2007/23/CE è attualmente oggetto di riesame da parte delle istituzioni europee. Tale intervento è motivato da alcune carenze e incoerenze nell'attuazione e applicazione della normativa vigente, che, secondo la valutazione operata dalla Commissione europea, avrebbero determinato:
   la presenza sul mercato di prodotti non conformi o pericolosi e quindi una certa mancanza di fiducia nella marcatura CE;
   svantaggi competitivi per gli operatori economici che rispettano la normativa rispetto a quelli che eludono le regole;
   disparità di trattamento nel caso di prodotti non conformi e distorsioni della concorrenza tra operatori economici a causa delle diverse pratiche in materia di applicazione;
   pratiche divergenti per quanto riguarda la designazione degli organismi di valutazione della conformità da parte delle autorità nazionali;
   problemi relativi alla qualità di alcuni organismi notificati.

  In tale quadro, il 21 novembre 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2011)764), concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici, che attua la rifusione della direttiva 2007/23/CE, abrogandola. Per tutti gli operatori economici (fabbricanti, importatori e distributori), la proposta introduce obblighi rafforzati in materia di rintracciabilità: gli articoli pirotecnici dovranno recare il nome e indirizzo del fabbricante e un numero che consenta di identificare un articolo e collegarlo alla sua documentazione tecnica. Sugli articoli pirotecnici importati dovranno figurare anche il nome e l'indirizzo dell'importatore. Inoltre ogni operatore economico dovrà essere in grado di identificare di fronte alle autorità l'operatore economico che gli abbia fornito o al quale abbia fornito un articolo pirotecnico. La proposta introduce inoltre disposizioni specifiche per le autorità di notifica e modifica la procedura di notifica degli organismi notificati, prevedendo in particolare, che le competenze di un organismo notificato siano dimostrate da un certificato di accreditamento. La proposta opera infine una revisione della vigente procedura della clausola di salvaguardia, introduce una fase di scambio di informazioni tra gli Stati membri e precisa i provvedimenti che devono essere presi dalle autorità interessate qualora venga scoperto un articolo pirotecnico non conforme.
  La proposta dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo nella seduta plenaria dell'11 dicembre 2012, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria.
  Da ultimo segnala che la Commissione UE ha approvato la Direttiva 2012/4/UE del 22 febbraio 2012 volta a modificare la direttiva 2008/43/CE, relativa all'istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile. Per quanto interessa in tale sede, il provvedimento, tra le diverse disposizioni, reca norme relative alle micce (comprese quelle di sicurezza) nonché agli inneschi a percussione, disciplinati dalla direttiva 93/15/CEE, che vengono utilizzati più per fini pirotecnici che esplosivi. La Direttiva mira a considerare le potenziali ripercussioni di un loro utilizzo abusivo, probabilmente simili agli effetti di un uso improprio degli Pag. 171articoli pirotecnici, che presentano un basso livello di rischio, comunque ripercussioni molto meno gravi rispetto agli altri tipi di esplosivi. In definitiva, per motivi di proporzionalità si ritiene opportuno che le micce (comprese quelle di sicurezza) nonché gli inneschi a percussione non siano soggetti al sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile.

  Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 17 luglio 2012. — Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

  La seduta comincia alle 15.

Proposta di regolamento recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune.
COM(2011)625 def.

Proposta di regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (regolamento OCM unica).
COM(2011)626 def.

Proposta di regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
COM(2011)627 def.

Proposta di regolamento sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune.
COM(2011)628 def.

Proposta di regolamento recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.
COM(2011)629 def.

Proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CE) n. 73/2009 in ordine all'applicazione dei pagamenti diretti agli agricoltori per il 2013.
COM(2011)630 def.

Proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 in ordine al regime di pagamento unico e al sostegno ai viticoltori.
COM(2011)631 def.

(Parere alla XIII Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto, rinviato nella seduta dell'11 luglio 2012.

  Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, richiama i contenuti del parere favorevole formulato nella seduta dell'11 luglio scorso.

  Enrico FARINONE (PD) si sofferma in particolare su tre aspetti cui gli atti fanno riferimento.
  La prima questione è quella relativa al prossimo quadro finanziario pluriennale, ove la Commissione europea propone di lasciare invariata in termini nominali, e pertanto di ridurre in termini reali, la dotazione finanziaria della PAC rispetto ai livelli del 2013 e la sua articolazione in due pilastri (aiuti diretti e sviluppo rurale). Si tratta a suo avviso di una scelta inevitabile alla luce della esigenza di riservare risorse adeguate ai settori a più elevato potenziale di crescita (innovazione, ricerca, istruzione, infrastrutture) connessi alla Strategia 2020. Ciò detto, come rilevato dall'osservazione di cui alla lettera b) formulata dal relatore, appaiono assai discutibili i criteri per la distribuzione degli stanziamenti relativi al primo pilastro, laddove si propone che gli aiuti diretti vengano erogati in base alla superficie agricola utilizzabile anziché in base ai criteri storici della produzione, allo scopo di equilibrare il sostegno finanziario tra vecchi e nuovi Stati membri. In tal modo Pag. 172non si terrebbe conto degli altri fattori intrinseci della produzione che caratterizzano le diverse realtà agricole e l'applicazione dei meccanismi proposti dalla Commissione penalizzerebbe fortemente e in misura inaccettabile l'Italia, chiamata a contribuire in modo più che proporzionale all'esigenza di perequazione fra Stati membri.
  Il secondo tema che merita di essere richiamato – opportunamente evidenziato dal relatore nella osservazione di cui alla lettera d) – è quello del fondo per lo sviluppo rurale, che sarebbe soggetto a tre tipologie di condizionalità: ex ante, ex post e legate ai parametri macroeconomici. Forte preoccupazione destano, in particolare, le condizionalità macroeconomiche che risultano estranee alle finalità proprie della politica di coesione essendo intese essenzialmente ad assicurare il rispetto del Patto di stabilità e degli altri parametri e vincoli definiti nell'ambito del nuovo sistema di governance economica. Ricorda in proposito che la XIV Commissione ha approvato un parere motivato, sostenendo che le condizionalità in questione non rientrano nell'ambito della base giuridica della politica di coesione. Si tratta di una questione che meriterebbe di essere evidenziata nella proposta di parere.
  Un ulteriore profilo di criticità attiene alla conferma, nei termini della disciplina vigente, della regola del disimpegno automatico in base alla quale la Commissione procede al disimpegno della parte degli stanziamenti non utilizzati effettivamente per il pagamento entro il 31 dicembre del secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'impegno di bilancio nell'ambito del programma operativo. Nella sostanza, la regola si traduce nella potenziale perdita degli stanziamenti destinati al nostro Paese che vengono ridistribuiti tra regioni con migliore capacità di spesa anche appartenenti ad altri Stati membri. Sebbene occorra avere consapevolezza della responsabilità che, in proposito, pesa sul Paese, appare opportuno – tenuto conto delle difficoltà di molte regioni italiane nella gestione dei fondi strutturali – stabilire che, in caso di disimpegno automatico, le risorse non utilizzate siano destinate ad altri programmi, regionali o nazionali, già avviati nell'ambito dello stesso Stato membro, operando una redistribuzione a livello nazionale.

  Mario PESCANTE, presidente, richiama l'attenzione dei colleghi su un fatto, che giudica sconcertante: in Sicilia solamente il 18,72 per cento dei fondi strutturali europei viene effettivamente impiegato, rispetto al 32 per cento della vicina Calabria. Sono dati estremamente preoccupanti, tenuto conto del fatto che tali risorse rischiano di essere sottratte al Paese. Si tratta di una questione a suo avviso sottovalutata, sulla quale ricorda che la XIV Commissione aveva già tentato di organizzare, senza alcun riscontro da parte dei soggetti contattati, l'audizione di tre presidenti di Regione nell'ambito dell'esame, avviato nel febbraio 2011, della Comunicazione della Commissione europea «Conclusioni della Quanta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: il futuro della politica di coesione» (COM(2010)642 def.). Occorre che la Commissione assuma nuovamente iniziative al riguardo.

  Marco MAGGIONI (LNP) condivide la preoccupazione del Presidente sul punto e esorta la Commissione ad una approfondita analisi del problema, che appare doverosa, anche alla luce dei dati esposti.
  In ordine alla proposta formulata dal relatore, rileva a nome del suo gruppo le perplessità relative ad un insufficiente finanziamento dell'agricoltura nell'ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale dell'UE; si richiede al comparto una sempre maggiore qualità senza poi sostenerlo con risorse adeguate.
  Valuta in conclusione positivamente la proposta di parere, che potrebbe essere utilmente rafforzata trasformando in condizioni le osservazioni di cui alle lettere a) e b).

  Sandro GOZI (PD) interviene a sostegno e specifica di quanto evidenziato dal collega Farinone e ricorda che già nel Pag. 173documento finale approvato il 28 marzo 2012 dalle Commissioni riunite V e XIV si era ribadita la contrarietà ad un collegamento tra fondi strutturali e condizionalità macroeconomiche.
  Osserva quindi che sebbene si confermi, con riferimento alla PAC, l'opportunità – al fine di garantire flessibilità e snellezza delle decisioni – di proseguire su un modello di intervento che fa ampio ricorso a atti esecutivi e delegati della Commissione europea per l'adozione di misure dettagliate di attuazione e per la gestione concreta della politica agricola, occorre tuttavia garantire maggiore informazione al Parlamento da parte del Governo, come opportunamente sottolineato dal relatore laddove si sottolinea la necessità di assicurare la «massima trasparenza e informazione al Parlamento da parte del Governo e d'intesa con le istituzione europee sulle suddette misure» delegate.
  Rileva infine che occorrerebbe, nella proposta di parere, fare più correttamente riferimento agli atti di indirizzo invece che alle note delle Assemblee legislative regionali.

  Rocco BUTTIGLIONE (UdCpTP) condivide quanto detto dall'onorevole Maggioni in ordine al problema drammatico rappresentato dalla scarsa capacità di spesa, in Italia, dei fondi europei. Non sempre le amministrazioni regionali sono adeguatamente preparate sulla materia e a ciò si associa un deficit della capacità politica di unità progettuale. Occorrerebbe al riguardo avanzare proposte forti, che vadano nella direzione di una gestione unitaria, a livello nazionale, dei fondi, sul modello della vecchia Cassa del Mezzogiorno, agendo magari sotto l'impulso di una commissione dei presidenti delle regioni. Solo una gestione accentrata consentirebbe di dare vita a progetti di ampie dimensioni, capaci di rilanciare lo sviluppo.
  Riterrebbe inoltre opportuno richiamare, nel parere, il fatto che le risorse europee destinate all'agricoltura, da molti ritenuti eccessive, sono l'unica fonte di finanziamento del settore. Anche il tema dell'autosufficienza alimentare, peraltro richiamato dai Trattati, dovrebbe essere nuovamente affrontato, in una situazione come quella attuale, nella quale non vi è più come un tempo una sovrabbondanza di produzione agricola ma anzi una domanda crescente di risorse alimentari.

  Mario PESCANTE, presidente, ritiene che il tema dell'utilizzo dei fondi strutturali europei meriti adeguato approfondimento e preannuncia che porrà la questione all'ordine del giorno dell'ufficio di presidenza della Commissione convocato per domani, al quale invita a partecipare tutti i membri della Commissione interessati.

  Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, ricorda che tra le critiche alla PAC ormai tradizionali vi è quella che attribuisce a tali politiche la colpa di premiare la superficie coltivata a scapito della qualità delle produzioni. Sottolinea tuttavia in proposito che le specificità del territorio italiano non si riscontrano in nessun altro Stato membro e appare oggettivamente difficile che politiche che valgono per 27 paesi possano essere modellate su una situazione unica, qual è quella italiana. A ciò si potrebbe aggiungere che il valore aggiunto di una produzione agricola di qualità non è alimentato dalla PAC ma dal mercato, e che occorre che ciascun Paese, Italia inclusa, faccia la sua parte, in agricoltura come con riferimento all'impiego dei fondi strutturali. Ricorda in proposito una audizione del Ministro delle politiche agricole Catania, per il quale nutre grande stima, svoltasi lo scorso 11 aprile dinnanzi alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. In quella occasione il Ministro disse chiaramente che, in materia di utilizzo effettivo dei fondi non era in grado di intervenire in alcun modo, né sull'attuale situazione né sui disastri precedenti, frutto della concertazione tra Governo e regioni, che hanno sempre preteso – peraltro legittimamente, sulla base del dettato costituzionale – di adottare venti distinti piani regionali anziché un unico fondo nazionale, che avrebbe consentito interventi di riprogrammazione. Pag. 174
  Condivide pienamente la posizione assunta in quella sede dal Ministro e ritiene anch'egli che nulla si possa fare senza riforme istituzionali profonde sulla governance del settore. Ciononostante, recepirà integralmente le proposte di integrazione del parere formulate dai colleghi, salvo la trasformazione in condizioni delle osservazioni a) e b), che ritiene non possa produrre, realisticamente, effetti concreti.
  Formula quindi una nuova proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 5).

  Rocco BUTTIGLIONE (UdCpTP) preannuncia il voto favorevole sulla proposta di parere del relatore, come da ultimo riformulata.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la nuova proposta di parere favorevole con osservazioni formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 15.30.

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