CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 5 giugno 2012
660.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 212

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 5 giugno 2012. — Presidenza del vicepresidente Cosimo VENTUCCI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vieri Ceriani.

  La seduta comincia alle 14.

Programma di lavoro della Commissione europea per il 2012.
COM(2011)777 def.

Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2012.
Doc. LXXXVII-bis, n. 2.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Cosimo VENTUCCI, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare congiuntamente, ai fini dell'espressione del parere alla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea, la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2012 (Doc. LXXXVII-bis, n. 2) e il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2012 (COM(2011)777 definitivo).
  Segnala innanzitutto come l'esame del Programma di lavoro della Commissione europea e della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea si svolga, per la seconda volta, secondo la procedura stabilita dalla Giunta per il regolamento della Camera Pag. 213nel parere del 14 luglio 2010, facendo seguito all'introduzione, per effetto di apposita modifica all'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, di due distinte relazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea:
   una, di natura programmatica, da presentare entro il 31 dicembre di ogni anno, recante indicazione di obiettivi, priorità e orientamenti che il Governo intende seguire a livello europeo nell'anno successivo;
   l'altra, consuntiva, da presentare entro il 31 gennaio di ogni anno, delle attività svolte dal Governo nell'anno precedente con indicazione del seguito dato agli indirizzi del Parlamento.

  La scelta di esaminare la relazione programmatica congiuntamente agli strumenti di programmazione legislativa e politica delle Istituzioni europee, ha consentito di delineare una apposita sessione parlamentare di fase ascendente dedicata alla valutazione e al confronto, per ciascun anno, tra le priorità politiche e legislative delle Istituzioni dell'Unione europea, da un lato, e quelle del Governo, dall'altro.
  Rileva, tuttavia, come le potenzialità di questa nuova procedura siano fortemente ridotte dalla tardiva trasmissione alle Camere della relazione programmatica (il 4 maggio scorso, oltre cinque mesi dopo la scadenza del termine del 31 dicembre previsto dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005; un analogo ritardo si era peraltro registrato lo scorso anno, quando la Relazione programmatica relativa al 2011 fu presentata il 19 maggio).
  Tale ritardo priva, in sostanza, di interesse l'esame del Programma di lavoro della Commissione, presentato nel novembre 2011 ed in buona parte già attuato, pregiudicando le finalità stesse della procedura stabilita dalla Giunta per il regolamento. Al riguardo ricorda che nella risoluzione Pescante ed altri n. 6-00091, approvata dall'Assemblea della Camera in esito all'esame della Relazione programmatica e del Programma di lavoro della Commissione per il 2011, si sottolineasse con forza l'esigenza di una piena ottemperanza da parte del Governo dei termini previsti dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005 ai fini della presentazione della relazione.
  Alla luce di queste considerazioni preliminari, rileva l'opportunità di concentrare l'esame soprattutto sulla Relazione programmatica, che reca numerose indicazioni sugli orientamenti che il Governo ha seguito o intende seguire su materie di competenza della Commissione Finanze, segnatamente per quanto riguarda la politica fiscale e i mercati finanziari.
  La Relazione programmatica fornisce, ai sensi del già citato articolo 15 della legge n. 11 del 2005, gli orientamenti programmatici e le priorità dell'Esecutivo in materia di integrazione europea, di gestione delle fasi ascendente e discendente delle politiche europee, nonché in merito agli sviluppi attesi per il 2012 delle politiche dell'Unione europea.
  La Relazione si articola in tre capitoli: il Capitolo I affronta le questioni legate al processo di integrazione ed al quadro finanziario pluriennale dell'Unione, il Capitolo II si occupa delle singole politiche dell'Unione, mentre il Capitolo III attiene alle iniziative ed agli adempimenti relativi alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, segnatamente per quanto riguarda le procedure di infrazione, la tutela degli interessi finanziari e le strategie di comunicazione.
  Passando ai singoli aspetti di merito della Relazione, con particolare riferimento a quelli che investono i profili di competenza della Commissione Finanze, il Capitolo I segnala come il 2011 abbia visto le istituzioni europee definire una serie di interventi di riforma per far fronte alla grave crisi economico-finanziaria, al fine di stabilizzare la zona dell'euro e rilanciare la crescita economica. In tale ambito l'Italia annette in particolare rilievo ai temi della riforma della governance economica europea. A tale riguardo il Governo ritiene fondamentale conciliare gli obiettivi del rigore e della disciplina fiscale con le esigenze della solidarietà e del Pag. 214rilancio della crescita e dell'occupazione, che faccia leva sulle potenzialità del mercato interno.
  In tale ambito si inscrivono la recente conclusione del Trattato su stabilità, coordinamento e governance nell'Unione economica e monetaria (cosiddetto Fiscal Compact), nonché il dibattito in corso sull'introduzione degli Euro bonds e dei Project bonds. Il primo strumento consentirebbe di pervenire ad una maggiore stabilizzazione dei mercati finanziari europei, mentre il secondo potrebbe rivestire un ruolo fondamentale per il finanziamento di grandi infrastrutture europee e per sostenere la dinamica economica attraverso progetti di investimento di notevole impatto.
  In prospettiva, l'Esecutivo sottolinea la necessità di affiancare al già citato Fiscal Compact un accordo in materia di coordinamento delle politiche economiche (Economic Compact), che coniughi le esigenze di stabilità con quelle di benessere economico dei cittadini europei. Un primo passo in avanti in questo senso è stato compiuto attraverso l'adozione del cosiddetto Six Pack, vale a dire il pacchetto di sei atti legislativi entrati in vigore nel dicembre 2011 e contenente una serie di misure per il rafforzamento della governance economica dell'Unione.
  Il Capitolo I illustra anche i risultati dell'interlocuzione tra il Governo italiano e le istituzioni europee nel quadro del Semestre europeo, rilevando come il Consiglio europeo abbia ribadito per l'Italia la necessità di ridurre il rapporto tra deficit e PIL sotto il 3 per cento entro il 2012 e di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013.
  Per quanto attiene alle complesse problematiche concernenti il quadro finanziario pluriennale dell'Unione nel periodo 2014-2020, la Relazione illustra lo stato del negoziato in corso, evidenziando la contrarietà del Governo italiano rispetto all'approccio, finora adottato, di definire il bilancio dell'Unione partendo dall'individuazione di un tetto complessivo di spesa (cosiddetto approccio top-down), laddove sarebbe invece preferibile verificare caso per caso i meccanismi delle singole politiche di spesa sulla base di parametri qualitativi piuttosto che quantitativi.
  In tale contesto il Governo sottolinea comunque l'intenzione di vigilare affinché le proposte in materia avanzate a livello comunitario non penalizzino gli interessi nazionali.
  Specifica attenzione è poi dedicata dalla Relazione ai temi delle entrate destinate al finanziamento del bilancio UE, evidenziando il significativo impatto che potranno avere le proposte per la revisione del sistema IVA avanzate dalla Commissione europea, nonché le conseguenze derivanti dalla introduzione, anch'essa ipotizzata dalla Commissione, di una tassa sulle transazioni finanziarie. A tale ultimo proposito l'Esecutivo sottolinea l'esigenza di valutare con attenzione la configurazione di tale nuova tassa, in particolare per quanto riguarda l'uniformità della sua applicazione in tutti gli Stati membri.
  Passando all'analisi delle specifiche politiche di settore, contenute nel Capitolo II, appare innanzitutto rilevante, per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il paragrafo relativo alla politica fiscale.
  In tale ambito rileva innanzitutto come la normativa della UE lasci ampia discrezionalità agli Stati nella definizione dei propri sistemi tributari in materia di imposizione diretta, ma come il miglior funzionamento del mercato interno richieda un maggiore coordinamento delle politiche di tassazione.
  A tale proposito richiama la proposta di direttiva per la creazione di una base imponibile comune consolidata per l'imposta sulle società, sulla quale non si registra, tuttavia, alcun significativo passo avanti sul piano politico.
  Una specifica novità che è emersa nel 2011 riguarda la proposta della Commissione europea per l'introduzione di un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicare a tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti finanziari in cui almeno una controparte sia stabilita nel territorio della UE, con esclusione delle transazioni con Pag. 215la BCE, le banche centrali nazionali, l'EFSF e le organizzazioni internazionali riconosciute, nonché dei titoli di Stato. Tale imposta, oltre ad armonizzare le diverse tipologie di imposte nazionali vigenti in materia, dovrebbe consentire di disincentivare le transazioni finanziarie e speculative, oltre a rappresentare un utile strumento per contrastare l'evasione fiscale internazionale.
  A tale riguardo il Governo italiano, pur sostenendo gli obiettivi della proposta, ritiene opportuno approfondire l'impatto economico della nuova imposta, in particolare per quanto riguarda i costi di finanziamento dei governi, delle famiglie e delle imprese. Inoltre si sottolinea l'esigenza che tale imposizione dovrebbe essere adottata da tutti e 27 Stati membri.
  Altro tema di grande rilievo è rappresentato dalla tassazione dei redditi da risparmio, la cui revisione è oggetto di una proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea nel 2008, volta sostanzialmente ad ampliare l'ambito di applicazione, soggettivo ed oggettivo, della direttiva 2003/48/CE, attualmente vigente in materia. A tale proposito segnala come la stessa Commissione europea abbia richiesto il mandato negoziale per rivedere gli accordi stipulati dalla UE con i Paesi terzi in materia. In tale ambito la Relazione evidenzia la posizione del Governo italiano, il quale ha segnalato l'esigenza di rafforzare i sistemi di controllo e sanzionatori, nonché di prevedere, negli accordi con i Paesi terzi, una clausola concernente lo scambio d'informazioni.
  Per quel che concerne i temi della fiscalità indiretta, la Relazione dà innanzitutto conto del dibattito in corso sulla riforma dell'IVA, oggetto di un Libro Verde redatto dalla Commissione europea.
  I principali aspetti delle proposte avanzate in materia dalla Commissione riguardano, in particolare: il trattamento delle transazioni intra-UE; l'adozione del principio di tassazione a destinazione; l'ampliamento della base imponibile dell'imposta attraverso la riduzione delle esenzioni; la riduzione delle aliquote ridotte e di talune deroghe; la riduzione degli oneri amministrativi, nonché il miglioramento dei metodi di riscossione dell'imposta, al fine di contrastare più efficacemente il sempre più preoccupante fenomeno dell'evasione.
  Rispetto a tali proposte il Governo italiano, pur apprezzando, in linea generale, le misure delineate dalla Commissione europea, in particolare per quanto riguarda l'eliminazione in taluni Stati membri delle agevolazioni, ha rilevato l'esigenza di mantenere il principio di tassazione all'origine del bene o del servizio, ritenendo che tale sistema risulti più funzionale per il mercato interno e più semplice per gli operatori.
  La Relazione richiama quindi il Documento finale approvato il 18 ottobre 2011 dalla Commissione Finanze sul predetto Libro Verde, nel quale si invita il Governo ad adoperarsi per estendere il meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetta reverse charge) a tutti i settori ad alto valore aggiunto e ad elevato rischio di frode, nella consapevolezza di come la molteplicità dei passaggi che intervengono nella commercializzazione di beni e servizi costituisca una delle circostanze che maggiormente dà adito a fenomeni fraudolenti.
  In merito la Relazione segnala che nel corso del 2012 sarà svolto un monitoraggio dell'applicazione a livello nazionale del meccanismo del reverse charge, a seguito della deroga concessa in materia, rilevando inoltre la decisione europea che ha autorizzato l'Italia, la Germania e l'Austria ad applicare il meccanismo del reverse charge sui prodotti elettronici, al fine di contrastare fattispecie elusive ed evasive.
  Specifiche questioni in materia di IVA all'attenzione delle istituzioni europee riguardano inoltre la discussione delle proposte di direttiva e di regolamento sui servizi finanziari assicurativi, che intendono chiarire le definizioni di tali tipologie di servizi esenti dall'IVA, nonché della proposta della Commissione europea di rivedere il Regolamento 282/2011, relativamente al regime speciale dello sportello unico per i soggetti passivi IVA non stabiliti nell'Unione europea che forniscono Pag. 216servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o servizi elettronici a persone non soggetti passivi IVA.
  Sempre per quanto riguarda la fiscalità indiretta, la Relazione richiama la proposta della Commissione europea di rivedere la direttiva 2003/96/CE sulla tassazione energetica, proponendo di distinguere più nettamente tra tassazione collegata alle emissioni di CO2 e tassazione basata sul contenuto energetico dei prodotti, di rivedere i livelli minimi di imposizione delle diverse fonti di energia, nonché di eliminare la facoltà per gli Stati membri, di applicare un trattamento tributario differenziato per il gasolio usato come carburante per usi commerciali. In tale ambito il Governo italiano ha espresso riserve in merito alla rigidità del nuovo meccanismo di calcolo della tassazione basato sulla componente CO2 e sulla componente energetica, nonché circa l'abolizione di talune agevolazioni vigenti in materia.
  Con riferimento al settore doganale, la Relazione rileva come, a partire dal 2013, siano previste misure di semplificazione volte a facilitare le transazioni operate da quegli operatori che presentino requisiti di affidabilità, nonché ad armonizzare a livello europeo i controlli doganali. Tali misure incideranno anche sulla riscossione dell'IVA sulle importazioni, tenendo presente l'orientamento della Commissione europea secondo il quale il regime dell'IVA all'importazione deve tendere verso un allineamento del regime doganale e verso la realizzazione di un sistema centralizzato per lo svolgimento degli adempimenti relativi e la liquidazione dell'imposta.
  Nel medesimo contesto si segnala la possibile approvazione, nel corso del 2012, della proposta di regolamento che istituisce il nuovo Programma d'azione per la dogana e l'imposizione fiscale europea nel periodo 2014-2020, denominato FISCUS, che dovrebbe riunire i due programmi europei di cooperazione attualmente esistenti nei due settori, denominati Customs 2013 e Fiscalis 2013.
  Ulteriori temi evidenziati in materia tributaria riguardano la riforma del regolamento 2073/2004, in materia di cooperazione amministrativa nel settore delle accise, che dovrebbe adeguare la disciplina al sistema informatizzato dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS), nonché di allineare la legislazione alle disposizioni recentemente adottate in materia di cooperazione nel settore e dell'imposizione diretta.
  Per quanto riguarda la regolamentazione dei mercati finanziari, la Relazione sottolinea la grande attenzione che il Governo intende dedicare all'intensa attività normativa in materia, già avviata nel 2011 e che proseguirà nel 2012 al fine di pervenire alla stabilizzazione dei mercati finanziari, nonché al fine di assicurarne il buon funzionamento.
  In particolare si segnala l'avanzato stato dei lavori per quanto riguarda la proposta di regolamento sugli strumenti derivati, che intende assicurare che tutti i contratti in strumenti derivati over the counter (OTC) siano compensati facendo ricorso ad una controparte centrale, oltre che segnalati nei repertori di dati sulle negoziazioni.
  Inoltre è in corso la revisione della direttiva 2004/39/CE (cosiddetta direttiva MIFID), al fine di eliminare le opacità che attualmente caratterizzano alcuni settori del sistema finanziario, rafforzando la posizione degli investitori e limitando la discrezionalità lasciata agli Stati membri in sede attuativa.
  Per quanto riguarda le agenzie di rating, la Relazione segnala la recente entrata in vigore di un regolamento che aggiorna il precedente regolamento vigente in materia, al fine di assegnare all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFM) potere di vigilanza diretta e di sanzione sulle agenzie.
  In tale ambito è stata altresì presentata una proposta di direttiva che intende limitare l'affidamento delle istituzioni finanziarie sui giudizi di rating emessi dalle agenzie, che consente agli investitori di azionare gli strumenti civilistici per far valere la responsabilità delle agenzie di rating per dolo o colpa grave nel caso di danni all'investitore che si sia affidato ad un giudizio di rating non corretto e che Pag. 217introduce elementi di maggiore trasparenza nei meccanismi di remunerazione delle agenzie. Sempre rispetto a tale tematica la Relazione evidenzia come nella proposta iniziale della Commissione europea fosse anche previsto il potenziamento delle attività di rating svolte direttamente dalle Banche centrali, nonché la creazione di un'agenzia di rating europea indipendente, proposta, quest'ultima, che è contenuta nella risoluzione n. 7-00649 Bernardo, approvata dalla Commissione Finanze il 27 luglio 2011, a sua volta richiamata dalla stessa Relazione.
  A tale ultimo riguardo, ricorda inoltre che la Commissione Finanze aveva approvato, il 19 ottobre 2010, un Documento finale sulla proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating, evidenziando, tra l'altro, l'esigenza di rafforzare i meccanismi di regolamentazione e controllo sull'operatività di tali agenzie, attribuendo uno specifico potere sanzionatori all'Autorità europea di vigilanza dei mercati e strumenti finanziari (ESMA), nonché di rivedere il ruolo assegnato ai rating espressi dalle agenzie stesse dalla normativa finanziaria. In tale ottica appare pertanto condivisibile l'orientamento, emerso in sede europea, di superare il precedente regime di autoregolamentazione delle agenzie, nonché di assegnare direttamente all'ESMA il compito di vigilare sul settore.
  È altresì in fase di revisione la direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato, al fine di aggiornare e rafforzare il vigente quadro normativo per la tutela dell'integrità del mercato e degli investitori.
  La Relazione segnala altresì le proposte di regolamento presentate dalla Commissione europea in materia di fondi di investimento europeo di venture capital.
  A tale proposito si intendono introdurre previsioni uniformi per i gestori dei fondi al fine di eliminare la frammentarietà delle diverse discipline nazionali e di rafforzare la funzione del venture capital, che potrebbe svolgere un ruolo molto positivo in favore delle piccole e medie imprese, attualmente eccessivamente dipendenti dal credito bancario.
  A tale proposito rammenta che la Commissione Finanze, nel Documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari approvato il 19 luglio 2011, abbia evidenziato, tra gli obiettivi prioritari da perseguire in tale ambito, quello di estendere e diversificare maggiormente i canali e gli strumenti attraverso cui le risorse finanziarie affluiscono al sistema delle imprese, affiancando alle tradizionali forme del finanziamento bancario altri meccanismi che prevedano un più ampio ricorso al mercato dei capitali, tra i quali assume specifica rilevanza, segnatamente per le piccole e medie imprese, appunto quello del venture capital.
  Complementare a tale proposta di regolamento è il regolamento sui fondi di investimento europei per l'imprenditoria sociale, che intende introdurre previsioni uniformi per le società di gestione di fondi comuni di investimento operanti nel settore dell'imprenditoria a carattere sociale, al fine di sostenere un settore in forte crescita nell'Unione europea.
  Nell'attuale crisi economico-finanziaria assumono altresì particolare rilevanza le iniziative normative concernenti i meccanismi di gestione delle crisi finanziarie, nonché di indennizzo degli investitori.
  Sotto il primo profilo il Consiglio ECOFIN ha impegnato la Commissione europea a presentare una proposta di direttiva volta a rafforzare gli strumenti di prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi in tale settore.
  In particolare, si ritiene di introdurre meccanismi che consentano operazioni di ristrutturazione o liquidazione delle banche senza ricorrere ad interventi di salvataggio pubblico, salvo i casi in cui sia a rischio la stabilità complessiva dei sistemi finanziari. A tal fine, si considera particolarmente importante il trattamento dei gruppi transfrontalieri, nonché l'introduzione di misure di coordinamento tra le diverse autorità nazionali coinvolte Pag. 218nella vigilanza di tali gruppi e per la soluzione di eventuali contrasti tra le predette autorità.
  Sotto il secondo profilo la Relazione segnala la presentazione, da parte della Commissione europea, di una proposta di revisione della direttiva sui sistemi di indennizzo degli investitori, volta a incrementare e armonizzare i livelli di indennizzo nonché ad armonizzare i metodi di finanziamento dei sistemi di indennizzo dell'Unione.
  A tale proposito evidenzia come un aspetto particolarmente delicato riguardi le nuove modalità di finanziamento dei predetti sistemi, rilevando come il sistema creditizio italiano abbia espresso il timore che le modifiche sul punto possano determinare un notevole incremento degli oneri posti a carico del sistema stesso, risolvendosi in un ulteriore vantaggio competitivo rispetto ad altri sistemi nazionali. Infatti, dato che il livello di probabilità circa l'applicazione in Italia di tale meccanismo di indennizzo risulta notevolmente più basso di quello rilevabile in altri paesi, dove si sono effettivamente verificate crisi di intermediari creditizi, stabilire un'aliquota di finanziamento uguale in tutti gli Stati, senza tenere conto delle differenze nei diversi livelli di rischio, equivale, in sostanza, a scaricare oneri aggiuntivi sui sistemi nazionali più virtuosi.
  Ancora con riferimento ai temi del credito, la Relazione dà conto delle discussioni in merito alla proposta di modifica delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, relativamente alla revisione dei requisiti patrimoniali delle banche e delle imprese d'investimento. Tale proposta intende in particolare coordinare le disposizioni nazionali in materia, rafforzare i poteri delle autorità di vigilanza, nonché il relativo sistema sanzionatorio, oltre che migliorare i meccanismi di governo societario e ridurre l'affidamento sui rating esterni.
  A tale ultimo proposito ricorda come la Commissione Finanze, nell'ambito del già citato Documento finale sulla proposta di regolamento recante modifica del regolamento relativo alle agenzie di rating, avesse appunto segnalato l'esigenza di ridimensionare il ruolo delle stesse agenzie di rating, in particolare eliminando o circoscrivendo significativamente l'uso a fini regolamentari dei rating emessi dalle agenzie.
  Altresì connessa alle tematiche creditizie è la proposta di regolamento in materia di sequestro conservativo dei depositi bancari, volta ad istituire un procedimento uniforme europeo di natura cautelare che consenta al creditore di ottenere un ordinanza di sequestro conservativo sui conti bancari del debitore, aggiungendosi ai rimedi già previsti in merito dai diritti nazionali.
  Un ulteriore profilo rilevante in tale ambito riguarda il negoziato in corso sulla proposta di direttiva concernente i contratti di credito relativi ad immobili residenziali, finalizzata a delineare un quadro normativo comune per quanto riguarda i requisiti prudenziali e di supervisione sugli intermediari attivi in tale comparto del mercato creditizio, che, come è noto, ha rivestito un ruolo cruciale come elemento scatenante dell'attuale crisi economico-finanziaria.
  La Relazione segnala inoltre le iniziative normative in corso di elaborazione per quanto riguarda la disciplina dei depositari centrali di titoli (vale a dire le entità, ancora non regolamentate a livello europeo, che sono poste a livello più alto tra le strutture che detengono titoli per conto di terzi), nonché in materia di detenzione in amministrazione e disposizione di valori mobiliari. A tale proposito il Governo italiano ritiene in particolare necessario assicurare che l'approccio normativo sia neutro, disciplini in particolare l'autorizzazione delle attività e la ripartizione di competenze tra le Autorità di vigilanza, oltre a garantire l'integrità dell'immissione dei titoli e favorire la dematerializzazione completa dei titoli stessi.
  Con riferimento alle problematiche del diritto societario, la Relazione evidenzia la rilevanza di tale disciplina ai fini della realizzazione del mercato interno, segnalando le evoluzioni che si sono riscontrate Pag. 219in materia nella legislazione dell'UE, le quali hanno consentito di armonizzare alcuni aspetti delle normative nazionali per quanto riguarda la tutela degli azionisti e dei terzi, la costituzione del capitale delle società per azioni, le offerte pubbliche di acquisto, la disciplina delle fusioni e scissioni, la rendicontazione finanziaria e le norme contabili. In tale contesto si rileva, tuttavia, come negli ultimi anni sia emersa una difficoltà sempre maggiore a compiere ulteriori passi in avanti in questo campo, che sono invece sempre più auspicabili in considerazione dell'aumento delle attività transfrontaliere delle imprese.
  Proprio al fine di rimuovere gli ostacoli nel processo di armonizzazione, nel 2011 la Commissione europea ha presentato un Libro Verde sulla disciplina delle società quotate, contenente una serie di proposte, sottoposte a consultazione pubblica, che non hanno tuttavia dato luogo alla formulazione di vere e proprie proposte legislative.
  Inoltre la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva in materia di contabilità societaria, la quale intende: ridurre i costi amministrativi tramite la semplificazione degli adempimenti, nonché dei principi e criteri valutativi delle società di capitali; aumentare il livello di confrontabilità tra i bilanci delle società europee; definire un particolare regime di informative per società operanti nei settori estrattivo e/o dello sfruttamento delle risorse forestali. Al riguardo il Governo italiano segnala l'esigenza di avvantaggiare soprattutto le imprese di piccole dimensioni, le quali tra l'altro costituiscono il nerbo del sistema economico italiano, nonché la necessità di coniugare l'esigenza di ridurre i costi con quella di assicurare comunque un'effettiva e trasparente informativa in favore dei soci e dei soggetti terzi.
  Con riferimento alle iniziative nel settore dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, assume rilevanza per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze il tema del contrasto al terrorismo ed alla criminalità organizzata, segnatamente per quanto riguarda il potenziamento degli strumenti volti ad intercettare e «congelare» le fonti di finanziamento dei gruppi terroristici e delle organizzazioni criminali, attraverso le misure in materia di antiriciclaggio. Tale problematica è oggetto dell'azione del Comitato sulla prevenzione e il riciclaggio del finanziamento al terrorismo (CPMLTF), il quale svolge un ruolo propulsivo per il processo di revisione della direttiva sulla prevenzione del riciclaggio.
  Per quanto riguarda il Capitolo III, la Relazione evidenzia come, nonostante i progressi evidenziatisi negli ultimi anni il numero di procedure d'infrazione pendenti contro l'Italia alla fine del 2011, pari a 136, risulti ancora troppo elevato, in particolare per quanto riguarda i casi giunti ad uno stato molto avanzato della procedura, pari al 20 per cento del totale, per i quali sussiste il concreto rischio che l'Italia sia condannata al pagamento di sanzioni pecuniarie.
  In tale ambito il Governo intende intensificare l'azione di vigilanza e stimolo nei confronti delle amministrazioni per verificare preliminarmente la conformità delle normative nazionali al diritto europeo. Inoltre, un'analoga azione di stimolo sarà svolta anche per quanto riguarda la gestione delle procedure d'infrazione pendenti, anche attraverso l'uso più sistematico di riunioni congiunte con i competenti servizi della Commissione europea, nonché attraverso riunioni che coinvolgano le singole amministrazioni nazionali coinvolte nei casi di rispettiva competenza.
  Il Documento affronta inoltre il tema della tutela degli interessi finanziari dell'Unione, rilevando come le frodi in questo campo, determinato mancati introiti o l'illecita percezione di fondi europei, costituiscano, oltre che un problema per il bilancio dell'Unione, anche un onere diretto per tutti gli Stati membri.
  In tale ambito il Governo sottolinea l'esigenza di contrastare l'evasione fiscale e le frodi, richiamando a tale riguardo le rigorose misure di contrasto adottate in merito. Pag. 220
  Con specifico riferimento alle frodi in materia IVA, il Documento segnala l'adozione, alla fine del 2011, di un regolamento della Commissione europea che intende rafforzare la cooperazione amministrativa, facilitando lo scambio automatico di informazioni tra i diversi Stati membri per quanto riguarda le operazioni IVA transfrontaliere. In particolare, il provvedimento disciplina la trasmissione di informazioni relative alle norme, vigenti nei diversi ordinamenti, in materia di fatturazione e di aliquote IVA, nonché informazioni relative ai rimborsi IVA in favore di soggetti passivi stabiliti in uno Stato membro diverso da quello di rimborso.
  In conclusione, con riferimento ai settori di competenza della Commissione Finanze, la Relazione programmatica appare, nel suo complesso, conforme alle previsioni della legge n. 11 del 2005 e costituisce un apprezzabile progresso rispetto alla relazione dello scorso anno.
  Il Documento indica, infatti, sia pure in termini a volte generici, gli orientamenti generali del Governo e mostra una maggiore attenzione all'attività delle Camere nella fase di formazione delle politiche e della normativa europea: sono infatti richiamati, sebbene con alcune lacune, gli atti di indirizzo approvati dalle Camere in relazione a specifici progetti legislativi o ad altri documenti dell'Unione europea.
  Al tempo stesso sottolinea come, fatte salve rare eccezioni, il Governo non dia conto del seguito dato ai medesimi atti di indirizzo nel negoziato in seno al Consiglio, come richiesto peraltro espressamente dalla legge n. 11 del 2005.
  In ogni caso, rileva come la Relazione evidenzi la sostanziale coerenza della posizione seguita dal Governo rispetto gli indirizzi formulati in sede parlamentari, evidenziando come ciò costituisca un risultato di grande rilevanza, che conferma la forte crescita del ruolo del Parlamento nella formazione delle politiche europee nella legislatura in corso.
  Si riserva, quindi, di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 14.10.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 5 giugno 2012. — Presidenza del vicepresidente Cosimo VENTUCCI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vieri Ceriani.

  La seduta comincia alle 14.10.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo.
C. 5108 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Amato BERARDI (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 5108, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003.
  La Convenzione, costituita da 31 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, ricalca sostanzialmente gli schemi più moderni di convenzioni in materia accolti sul piano internazionale dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE), ed intende rappresentare un indispensabile elemento giuridico di riferimento per gli Pag. 221operatori economici italiani che intrattengono rapporti commerciali e d economici con la Mongolia.
  La sfera soggettiva di applicazione della Convenzione è costituita, ai sensi dell'articolo 1, dalle persone residenti in uno o in entrambi gli Stati contraenti; quanto alla sfera oggettiva di applicazione, definita dall'articolo 2, essa concerne, per la Mongolia, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e l'imposta sui beni immobili, mentre per l'Italia le imposte considerate sono l'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'imposta sul reddito delle persone giuridiche, anche se riscosse mediante ritenuta alla fonte. La disposizione specifica che la Convenzione si applicherà anche alle imposte di natura analoga o identica che saranno istituite successivamente alla firma della Convenzione.
  Gli articoli 3, 4 e 5 contengono le definizioni delle espressioni utilizzate nella Convenzione; in particolare l'articolo 4 reca la definizione di soggetto residente di u no Stato contraente, mentre l'articolo 5 definisce il concetto di stabile organizzazione, ricalcando sostanzialmente quella già utilizzata negli accordi stipulati dopo la riforma tributaria del 1973, nonché utilizzando alcuni elementi ispirati al modello ONU in materia richiesti dai Paesi in via di sviluppo.
  La tassazione dei redditi immobiliari, di quelli agricoli e forestali spetta, in base all'articolo 6, al Paese in cui sono situati gli immobili (come definiti ai sensi della legislazione dello Stato in cui si trovano), mentre per quanto riguarda gli utili d'impresa l'articolo 7 attribuisce il diritto esclusivo di tassazione allo Stato dell'impresa stessa, fatto salvo il caso in cui questa svolga attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata; in quest'ultima ipotesi, lo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione ha il potere di tassare gli utili attribuibili a tale stabile organizzazione. Nella determinazione degli utili della stabile organizzazione, da effettuarsi anno per anno con lo stesso metodo, si deducono le spese sostenute per gli scopi dell'organizzazione, comprese le spese di direzione e le spese generali di amministrazione, e non possono essere computati come utili le sole spese sostenute per l'acquisto di beni o merci per l'impresa.
  In linea con quanto raccomandato in ambito OCSE, gli utili derivanti dall'esercizio, in traffico internazionale, della navigazione marittima o area sono tassati, secondo l'articolo 8, esclusivamente nel Paese dove ha luogo la sede dell'impresa di navigazione: tale previsione si applica anche agli utili derivanti dalla partecipazione a un fondo comune, a un esercizio in comune o ad un organismo internazionale di esercizio.
  L'articolo 9 regola la tassazione degli utili prodotti da imprese associate, nelle ipotesi in cui un'impresa di uno Stato contraente partecipi direttamente o indirettamente alla direzione, al controllo o al capitale di un'impresa dell'altro Stato, e nelle ipotesi in cui imprese dei due Stati contraenti sono dirette o controllate, in modo diretto o indiretto, dalle medesime persone, prevedendo in tali casi rettifiche nell'imputazione degli utili ed aggiustamenti dell'imposta prelevata.
  Il trattamento convenzionale riservato ai dividendi, disciplinato dall'articolo 10, prevede che, fermo restando il principio generale della loro definitiva tassazione nello Stato di residenza del percipiente, lo Stato della fonte possa prelevare un'imposta che non ecceda il 5 per cento del loro ammontare lordo, se il beneficiario è una società che ha posseduto almeno il 10 per cento del capitale della società che distribuisce i dividendi nei 12 mesi precedenti la distribuzione, ovvero un'imposta del 15 per cento del loro ammontare lordo, in tutti gli altri casi.
  Tuttavia, qualora il beneficiario effettivo eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nello Stato dal quale provengono i dividendi, e la partecipazione generatrice dei dividendi stessi sia connessa effettivamente a tale organizzazione o base, essi saranno tassabili da parte di detto Stato, Pag. 222in accordo con la propria legislazione, con un'imposizione aggiuntiva che non può però eccedere il 5 per cento di tali utili.
  Per quanto riguarda la tassazione sugli interessi, ai sensi dell'articolo 11, si applica il principio generale della loro definitiva tassazione nello Stato di residenza del percipiente. Tuttavia gli interessi possono essere tassati anche dallo Stato da cui provengono, in conformità alla legislazione di tale Stato, comunque in misura non superiore al 10 per cento dell'ammontare lordo. Tale possibilità è peraltro esclusa quando: a) il debitore o il beneficiario è il Governo di uno degli Stati contraenti o un suo ente locale; b) gli interessi sono pagati al Governo dell'altro Stato, a un suo ente locale o a altri enti o organismi interamente di proprietà di tale Stato contraente o di un suo ente locale; c) gli interessi sono corrisposti in relazione a finanziamenti concessi in applicazione di accordi conclusi tra gli Stati contraenti.
  Inoltre, qualora il beneficiario dei predetti interessi sia residente di uno Stato contraente ed eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situata nell'altro Stato dal quale provengono gli interessi, ed il credito generatore degli interessi sia connesso a tale organizzazione o base, essi saranno tassabili da parte di detto Stato, in accordo con la propria legislazione.
  Nel caso in cui l'ammontare degli interessi effettivamente pagati ecceda, in forza di particolare relazioni tra il debitore, il beneficiario effettivo e terzi, quanto sarebbe stato convenuto tra debitore e beneficiario, le previsioni dell'articolo 11 si applicano solo alla parte corrispondente a quanto sarebbe stato stabilito in assenza delle predette particolari condizioni, mentre la quota eccedente è imponibile in conformità alla legislazione di ciascuno Stato, tenuto conto delle altre disposizioni della Convenzione.
  In materia di canoni, l'articolo 12 stabilisce il principio di tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario effettivo, salva la possibilità, per lo Stato della fonte, di applicare un'imposizione, in misura comunque non superiore al 5 per cento dell'ammontare lordo dei canoni pagati.
  Inoltre, qualora il beneficiario dei cespiti sia residente di uno Stato contraente ed eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato dal quale provengono i canoni, ed il diritto o bene generatore dei canoni sia connesso a tale organizzazione o base, essi saranno tassabili da parte di detto Stato, in accordo con la propria legislazione.
  Nel caso in cui l'ammontare dei canoni effettivamente pagati ecceda, in forza di particolare relazioni tra il debitore, il beneficiario effettivo e terzi, quanto sarebbe stato convenuto tra debitore e beneficiario, le previsioni dell'articolo si applicano solo alla parte corrispondente a quanto sarebbe stato stabilito in assenza delle predette particolari condizioni, mentre la quota eccedente è imponibile in conformità alla legislazione di ciascuno Stato, tenuto conto delle altre disposizioni della Convenzione.
  Si specifica inoltre che i corrispettivi per servizi tecnici provenienti pagati da uno Stato contraente ad un residente nell'altro Stato sono imponibili nel primo Stato, in misura non superiore al 5 per cento del loro ammontare lordo.
  Per quanto concerne il trattamento degli utili da capitale, l'articolo 13 prevede il criterio di tassazione raccomandato dall'OCSE, con la previsione della tassabilità nel Paese dove è situato il bene, nel caso di utili derivanti dall'alienazione di immobili, ovvero nel Paese dove è situata una stabile organizzazione o una base fissa, nel caso di utili derivanti dall'alienazione di beni mobili facenti parte dell'attivo di detta stabile organizzazione o base fissa.
  Per quanto riguarda invece gli utili derivanti dall'alienazione di navi o aeromobili impiegati in traffico internazionale, o di beni mobili connessi all'esercizio di Pag. 223dette navi o aeromobili, essi sono imponibili solo nello Stato dove è situata la direzione effettiva dell'impresa.
  In tutti gli altri casi gli utili sono imponibili nello Stato di residenza del soggetto alienante.
  Il trattamento fiscale dei redditi derivanti dall'esercizio di una professione indipendente o di lavoro subordinato è contenuto rispettivamente negli articoli 14 e 15. L'articolo 14 stabilisce che i redditi derivanti dall'esercizio di libere professioni o di attività indipendenti analoghe sono tassabili nello Stato di residenza del percipiente, salvo che il professionista disponga di una base di lavoro fissa nell'altro Stato, nel qual caso i redditi sono tassabili nel Paese di prestazione dell'attività, nella misura in cui essi siano imputabili a tale base fissa, oppure salvo che il professionista soggiorni nell'altro Stato per oltre 183 giorni totali lungo un arco di dodici mesi, nel qual caso sono imponibili nell'altro Stato i redditi derivanti dall'esercizio dell'attività in detto altro Stato.
  L'articolo 15 prevede invece, per i redditi di lavoro subordinato, che essi siano tassati nello Stato di residenza del lavoratore, salvo il caso in cui l'attività dipendente sia svolta nell'altro Stato contraente e ricorra una delle seguenti condizioni: a) il beneficiario soggiorni per più di 183 giorni nell'anno fiscale nello Stato di prestazione dell'attività; b) il pagamento delle remunerazioni sia effettuato da o per conto di un datore di lavoro residente in quest'ultimo Stato; c) l'onere delle remunerazioni gravi su una stabile organizzazione o una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato di svolgimento dell'attività.
  Per quanto riguarda invece le remunerazioni erogate in corrispettivo di lavoro subordinato svolto a bordo di navi o aeromobili impiegati in traffico internazionale, essi sono imponibili nello Stato dove è situata la direzione effettiva dell'impresa.
  L'articolo 16 prevede che i compensi e gettoni di presenza attribuiti in qualità di membro del consiglio di amministrazione o di altro organo analogo di una società residente nello Stato diverso da quello della persona che li percepisce, siano tassati nello Stato di residenza della società.
  L'articolo 17 stabilisce, per i redditi di artisti dello spettacolo, musicisti e sportivi, la loro imponibilità nello Stato contraente di prestazione dell'attività, anche nel caso in cui i redditi siano attribuiti a persona diversa dall'artista o dallo sportivo. La disposizione specifica che i redditi sopra indicati non sono tassati nello Stato in cui è prestata l'attività, ma nello Stato di residenza dell'artista o dello sportivo, qualora tali attività siano prestate nel quadro di un programma di scambi culturali o sportivi convenuto tra gli Stati contraenti.
  L'articolo 18, paragrafo 1, prevede che le pensioni e le remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente sono tassabili solo in tale Stato. Il paragrafo 2 specifica che qualora il residente di uno Stato contraente divenga residente dell'altro Stato, le somme ricevute da questa persona all'atto della cessazione dell'impiego sono tassabili solo nello Stato di residenza originario. Inoltre il paragrafo 2 dell'articolo 19 disciplina il caso in cui la pensione sia corrisposta da uno Stato o da una sua articolazione per corrispettivi resi dalla persona fisica nei confronti dello Stato stesso o della sua articolazione, prevedendo in tale ipotesi che le somme corrisposte siano tassabili nello Stato che le eroga, a meno che il beneficiario abbia la nazionalità solo dell'altro Stato e vi sia residente.
  In base all'articolo 19, paragrafo 1, le remunerazioni, i salari e gli stipendi, diversi dalle pensioni, pagati da uno Stato contraente o da una sua articolazione a una persona fisica in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o articolazione, sono imponibili soltanto nello Stato da cui provengono i redditi, salvo il caso in cui i servizi siano resi nell'altro Stato e la persona che li percepisce sia residente in quest'ultimo Stato, ne abbia la nazionalità e non sia divenuto residente di detto Stato solo per rendervi i servizi. Pag. 224
  L'articolo 20, paragrafo 1, prevede che le remunerazioni corrisposte a professori o insegnanti i quali soggiornino temporaneamente, per un periodo non superiore a due anni, nello Stato diverso da quello di residenza, allo scopo di insegnare o svolgere ricerche presso università, collegi, scuole, o altri istituti di istruzione, siano esenti dalla tassazione dello Stato presso il quale vengono svolte tali attività, limitatamente alle remunerazioni derivanti dalle medesime attività. Tale previsione si applica, ai sensi del paragrafo 2, anche nel caso in cui l'attività di ricerca sia svolta dalla persona fisica nel pubblico interesse e non principalmente nell'interesse di una o più persone determinate.
  Al fine di non penalizzare gli scambi culturali, l'articolo 21, paragrafo 2, prevede che le remunerazioni e le somme corrisposte per il mantenimento e le spese di istruzione o formazione professionale a studenti o apprendisti, i quali soggiornino per motivi di studio in uno Stato diverso da quello di residenza, siano esenti dalla tassazione dello Stato presso il quale viene svolta l'attività di studio, a condizione che tali somme provengano da una fonte esterna a tale Stato. Ai sensi del medesimo paragrafo 2 sono altresì esenti, per un periodo di cinque anni, le remunerazioni che lo studente o apprendista riceva in corrispettivo di servizi resi nello Stato diverso da quello di residenza, a condizione che tali servizi siano collegabili alla sua istruzione, mantenimento o formazione professionale.
  Ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, gli elementi di reddito diversi da quelli trattati esplicitamente negli articoli della Convenzione sono imponibili, di norma, solo nello Stato di residenza del percipiente. Il paragrafo 2 specifica che i redditi non immobiliari derivanti dall'esercizio di attività industriale, commerciale o professionale mediante una stabile organizzazione o una base fissa situata nello Stato diverso da quello di residenza del beneficiario, sono tassabili, secondo la sua legislazione, dallo Stato ove è situata tale stabile organizzazione o base fissa.
  Per quanto riguarda la tassazione sul patrimonio, l'articolo 23 dispone, al paragrafo 1, che il patrimonio costituito da beni immobili è imponibile nello Stato in cui sono situati i beni, mentre il paragrafo 2 stabilisce che i beni mobili facenti parte dell'attivo di una stabile organizzazione, ovvero appartenenti ad una base fissa, che un residente di uno Stato possegga nell'altro Stato, sono imponibili in quest'ultimo. Ai sensi del paragrafo 3 il patrimonio costituito da navi o aeromobili utilizzati nel traffico internazionale esercitato da un'impresa sono imponibili nello Stato dove è situata la direzione effettiva dell'impresa stessa, mentre in base al paragrafo 4 tutti gli altri elementi patrimoniali sono imponibili solo nello Stato di residenza del proprietario.
  Quanto al metodo per eliminare la doppia imposizione internazionale, disciplinato dall'articolo 24, per quel che riguarda l'Italia, sarà detratto dalle imposte l'ammontare dell'imposta sui redditi pagata in Mongolia. Tuttavia l'ammontare della detrazione non potrà comunque essere superiore alla quota di imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito, nella proporzione in cui essi concorrono al reddito complessivo. Inoltre, sempre in Italia, non sarà accordata alcuna detrazione qualora il reddito sia sottoposto, su richiesta del beneficiario, ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta.
  Per quel che riguarda la Mongolia si prevede che, per i residenti di tale Stato che posseggano redditi o elementi patrimoniali imponibili in Italia, la Mongolia debba detrarre dall'imposta sul reddito o sul patrimonio un ammontare corrispondente all'imposta pagata in Italia in relazione a tali elementi di reddito, in misura non eccedente la quota dell'imposta calcolata, per i medesimi elementi, prima che venga concessa la detrazione.
  Il paragrafo 4 specifica che quando l'imposta su dividendi, interessi o canoni provenienti da uno Stato contraente non è prelevata o è ridotta, in forza della legislazione di detto Stato, tale imposta si considera pagata: per il 5 per cento dell'ammontare Pag. 225lordo dei dividendi, se il beneficiario è una società che ha posseduto almeno il 10 per cento del capitale della società che distribuisce i dividendi nei 12 mesi precedenti la distribuzione; per il 15 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi; per il 10 per cento dell'ammontare lordo degli interessi; per il 5 per cento dell'ammontare lordo dei canoni.
  L'articolo 25 sancisce il principio di non discriminazione, prevedendo che i cittadini e le imprese di uno Stato contraente non possano subire nell'altro Stato un trattamento tributario più gravoso o peggiorativo di quello cui sono assoggettati cittadini e imprese di tale ultimo Stato. La disposizione precisa comunque, al paragrafo 6, che tali previsioni non pregiudicano l'applicazione di disposizioni per prevenire l'evasione e l'elusione fiscale.
  Le disposizioni convenzionali relative alla procedura amichevole per la composizione delle controversie relative all'applicazione della Convenzione (articolo 26) ed allo scambio di informazioni tra le Autorità competenti ad applicare la Convenzione (articolo 27), risultano formulate sostanzialmente in maniera analoga alle corrispondenti disposizioni degli altri accordi della medesima specie conclusi dal nostro Paese.
  In particolare, per quanto attiene allo scambio di informazioni, si prevede che le rispettive autorità competenti si scambieranno le informazioni necessarie all'applicazione della Convenzione, quelle relative all'applicazione delle norme interne concernenti le imposte di ogni genere, nonché quelle per prevenire l'evasione fiscale. Le informazioni ricevute dall'altro Stato contraente saranno sottoposte allo stesso regime di segretezza previsto dalla legislazione interna, e saranno comunicate solo alle persone o autorità incaricate dell'accertamento o riscossione delle imposte e del relativo contenzioso, le quali potranno utilizzarle solo a tali fini.
  L'articolo 28 fa salvi i privilegi tributari accordati dalle norme generali del diritto internazionale o da accordi particolari agli agenti diplomatici ed ai funzionari consolari.
  L'articolo 29, paragrafo 1, esclude che uno Stato contraente applichi ad un soggetto residente dell'altro Stato riduzioni o esenzioni fiscali previste dalla Convenzione qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della costituzione o dell'esistenza di tale soggetto, o di persona a questo collegato, sia di ottenere agevolazioni non altrimenti fruibili. La disposizione specifica inoltre, al paragrafo 2, che la Convenzione non pregiudica l'applicazione delle norme interne volte a prevenire l'evasione, l'elusione e le frodi fiscali, concernenti la limitazione di spese o altre deduzioni derivanti da transazioni tra imprese di uno Stato contraente ed imprese dell'altro Stato, qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della costituzione di tali imprese o di tali transazioni, sia di ottenere agevolazioni non altrimenti fruibili.
  L'articolo 30 regola l'entrata in vigore della Convenzione, stabilendo in particolare che essa entrerà in vigore alla data dello cambio degli strumenti di ratifica, che deve avvenire il più presto possibile. Le disposizioni della Convenzione si applicheranno per la prima volta alle imposte prelevate a decorrere dal 1o gennaio dell'anno solare successivo a quello di entrata in vigore della Convenzione, ovvero a decorrere dal periodo d'imposta che inizia il 1o gennaio dell'anno solare successivo a quello di entrata in vigore.
  L'articolo 31 disciplina le modalità di denuncia della Convenzione.
  Alla Convenzione è allegato un Protocollo aggiuntivo, il quale contiene disposizioni integrative convenute tra le Parti contraenti, che fanno parte integrante della Convenzione, le quali recano interpretazioni di talune disposizioni o termini contenuti nella Convenzione stessa. In tale ambito si chiarisce che nessuna delle norme della Convenzione pregiudica comunque l'applicazione della normativa nazionale degli Stati contraenti volta a prevenire l'evasione o l'elusione fiscale.Pag. 226
  Propone, quindi, di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.15.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 5 giugno 2012. — Presidenza del vicepresidente Cosimo VENTUCCI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vieri Ceriani.

  La seduta comincia alle 14.15.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/24/UE sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure.
Atto n. 480.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cosimo VENTUCCI, presidente, avverte che sullo schema di decreto legislativo in esame, recante attuazione della direttiva 2010/24/UE sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure (Atto n. 480), non è ancora pervenuto il parere della Conferenza Stato-Regioni: pertanto il parere sul provvedimento, il cui termine scadrà il 25 giugno prossimo, non potrà essere espresso fino a che non sarà stato acquisito il parere della Conferenza su di esso.

  Laura RAVETTO (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/24/UE sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure (Atto n. 480).
  Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2010/24/UE, essa disciplina le modalità di assistenza reciproca tra Stati membri per il recupero dei crediti derivanti da determinate imposte e altre misure, sia nazionali che dell'Unione Europea.
  Essa concerne infatti il recupero:
   delle imposte e dazi, di qualsiasi tipo, riscossi da uno Stato membro o dalle sue ripartizioni territoriali o amministrative, o per conto di essi, comprese le autorità locali, ovvero per conto dell'Unione;
   delle restituzioni, gli interventi e le altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), ivi compresi gli importi da riscuotere nel quadro di queste azioni;
   dei contributi e gli altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

  La direttiva si applica a:
   penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti per i quali l'assistenza reciproca può essere chiesta, irrogate dalle autorità amministrative competenti per la riscossione delle imposte o dei dazi interessati o l'effettuazione di indagini amministrative al riguardo, o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta di tali autorità amministrative;
   tasse per il rilascio di certificati o documenti analoghi in relazione a procedure amministrative che riguardano dazi o imposte;
   interessi e spese relativi ai crediti per i quali può essere chiesta l'assistenza reciproca.

  Per quanto riguarda le procedure di recupero, l'articolo 4 vincola ciascuno Stato ad individuare e comunicare alla Pag. 227Commissione europea l'autorità nazionale competente alle relative attività, presso la quale viene designato un Ufficio centrale di collegamento, responsabile principale dei contatti con gli altri Stati membri nel settore dell'assistenza reciproca.
  Ai sensi degli articoli 5 e 8, l'autorità destinataria della richiesta di assistenza è tenuta a fornire tutte le informazioni che possono prevedibilmente aiutare a recuperare i crediti, disponendo della facoltà di effettuare tutte le indagini amministrative necessarie per ottenerle, oltre a quella di notificare al debitore tutti gli atti provenienti dallo Stato membro richiedente relativi a tali misure. L'articolo 10 prevede che l'autorità adita può procedere alla riscossione di crediti sorti con esecuzione nello Stato richiedente, mentre, in base all'articolo 16, paragrafo 1, essa può anche adottare misure cautelari, in presenza specifiche condizioni. A tale ultimo scopo si richiede, tra l'altro, che l'adozione di misure cautelari sia possibile, in una situazione analoga, anche in base alla legislazione nazionale e alle prassi amministrative dello Stato membro richiedente.
  Al fine di assicurare una procedura omogenea e risolvere i problemi di riconoscimento e traduzione degli strumenti provenienti da un altro Stato, gli articoli 12 e 21 della direttiva disciplinano l'adozione di un titolo uniforme che consenta l'adozione di misure esecutive nello Stato adito, nonché la predisposizione di un modulo standard per la notifica degli atti e delle decisioni relativi al credito.
  L'articolo 14 disciplina la risoluzione di eventuali controversie concernenti il credito, la procedura di recupero, la notifica o il titolo che consente l'esecuzione.
  L'articolo 20, prevede, a tutela del principio di assistenza reciproca e per incoraggiare gli Stati membri a stanziare risorse per il recupero dei crediti, che lo Stato adito è posto nelle condizioni di recuperare le spese sostenute presso il debitore.
  Ricorda che il termine per recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è scaduto il 31 dicembre 2011.
  Con riferimento alla delega legislativa in forza della quale è stato predisposto lo schema di decreto legislativo, essa è contenuta nell'articolo 8 della legge n. 217 del 2011 – Legge comunitaria 2010, il quale non fissa principi e criteri direttivi specifici, fatti salvi i principi generali stabiliti per tutte le direttive di cui si prevede il recepimento.
  Passando al contenuto dello schema di decreto legislativo, che si compone di 19 articoli, rileva, in via generale, come esso superi le disposizioni attualmente vigenti in materia, contenute nel decreto legislativo n. 69 del 2003, che aveva recepito nell'ordinamento la precedente disciplina comunitaria sull'assistenza reciproca in materia di recupero di crediti in attuazione della direttiva 2001/44/CE, introducendo una disciplina più articolata e dettagliata.
  L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo fissa l'ambito oggettivo di applicazione della mutua assistenza amministrativa.
  In base al comma 2, che riprende il contenuto della direttiva 2010/24/CE, l'assistenza è applicabile:
   ai tributi ed ai dazi, di qualsiasi tipo, riscossi da uno Stato membro o dalle sue ripartizioni territoriali o amministrative, o per conto di essi, comprese le Autorità locali, o per conto dell'Unione;
   alle restituzioni interventi e altre misure facenti parte del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEOGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
   ai contributi e dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati dello zucchero;
   alle penali, sanzioni, tasse e sovrattasse relative ai crediti appena indicati;
   ai corrispettivi per il rilascio di certificati o documenti in specifiche ipotesi;
   agli interessi e spese relative ai predetti crediti.

Pag. 228

  In merito ricorda che attualmente, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 69 del 2003, l'assistenza riguarda solo le imposte sul reddito e sul capitale, le imposte sui premi assicurativi, i dazi doganali, l'imposta sul valore aggiunto, le accise ed altri prelievi.
  Ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 sono esclusi dall'ambito di applicazione dello schema di decreto: i contributi previdenziali obbligatori; i corrispettivi diversi da quelli per il rilascio di certificati o documenti analoghi relativi a procedure in materia di dazi o tributi; i diritti di natura contrattuale pagati come corrispettivo di pubblici servizi; le sanzioni pecuniarie di natura penale.
  L'articolo 2 reca le definizioni di termini rilevanti utilizzati dallo schema di decreto.
  In particolare, in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva 2010/24/UE, le lettere f) e g) definiscono due nuovi strumenti introdotti rispetto alla vigente normativa in materia: il titolo uniforme (UIPE) e il modulo standard di notifica (UNF).
  Il primo è il titolo che riporta il contenuto del titolo iniziale emesso dallo Stato membro richiedente e che consente l'esecuzione nello Stato membro adito. Tale atto è l'unica base per le misure di recupero e le misure cautelari adottate nello Stato membro adito; non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione in detto Stato membro.
  Per «modulo standard di notifica» si intende invece il modulo che accompagna la richiesta di notifica formulata da uno Stato membro ad un altro Stato membro e che contiene le informazioni sui documenti da notificare.
  La lettera i) definisce altresì la rete CCN, ovvero quella piattaforma europea comune basata su una rete comune di comunicazione, al fine di assicurare la trasmissione di dati tra le autorità richiedenti e quelle adite.
  L'articolo 3 dello schema reca le norme di organizzazione, individuando, al comma 1, l'autorità centrale competente per l'Italia nel Direttore Generale delle finanze.
  Il comma 2 abilita invece alla ricezione/formulazione delle domande di assistenza gli uffici di collegamento delle Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio, nonché il Dipartimento delle finanze, laddove il decreto legislativo n. 69 del 2003 si limita attualmente a demandare, in termini più generici, l'attività di assistenza al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Il comma 3 specifica le rispettive competenze degli Uffici di collegamento istituiti presso le Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio, nonché presso il Dipartimento delle finanze.
  In particolare, per l'Agenzia delle entrate la competenza riguarda le entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla competenza di altre agenzie, amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, enti od organi; per l'Agenzia delle dogane la competenza si riferisce ai diritti doganali, alla fiscalità interna negli scambi internazionali, e alle accise sulla produzione e sui consumi, escluse quelle sui tabacchi lavorati; per l'Agenzia delle dogane si tratta delle imposte di registro ed ipocatastali, nonché dei diritti sugli immobili; al Dipartimento delle finanze spetta la competenza sui tributi locali.
  Ai sensi del comma 4 il Direttore Generale delle finanze designa l'Ufficio centrale di collegamento e l'Ufficio di collegamento del Dipartimento.
  In base al comma 5, a fini di contenimento della spesa, sia l'Ufficio centrale di collegamento sia i singoli Uffici di collegamento sono compresi nell'ambito degli uffici già esistenti presso il Dipartimento delle finanze e le Agenzie fiscali.
  L'articolo 4 dello schema si occupa della procedura di assistenza per la richiesta di informazioni tra Stati membri.
  A tal fine il comma 1 prevede che gli Uffici di collegamento nazionali forniscano all'autorità richiedente di altri Stati membri le informazioni utili per il recupero dei crediti, utilizzando i dati e le notizie acquisiti ai sensi delle disposizioni che Pag. 229regolano l'anagrafe tributaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973. Nello svolgimento di tale attività essi si avvalgono di specifici poteri di accertamento in materia di imposte sui redditi e di IVA, ovvero del potere di richiedere a soggetti operanti nel settore bancario, finanziario e assicurativo i dati, le notizie e i documenti relativi ai rapporti e alle operazioni con i clienti, nonché alle garanzie prestate.
  Ai sensi del comma 4 le richieste di informazioni da avanzare agli altri Stati devono essere presentate agli Uffici di collegamento secondo le competenze rispettivamente definite dall'articolo 3, comma 3.
  Il comma 2 prevede, in ottemperanza all'articolo 5 della direttiva 2010/24/UE, che le informazioni non siano fornite quando possono rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale o quando la loro divulgazione possa pregiudicare esigenze di tutela della sicurezza o dell'ordine pubblico, ovvero quando non possano essere ottenute per il recupero di crediti analoghi sorti sul territorio nazionale. In tale contesto il comma 3 stabilisce che gli Uffici di collegamento informino l'autorità richiedente dell'altro Stato delle ragioni che ostano al soddisfacimento della domanda di informazioni.
  L'articolo 5 dispone in ordine alle informazioni fornite senza preventiva richiesta di altro Stato, prevedendo, nel caso di rimborsi di dazi o imposte diverse dall'imposta sul valore aggiunto riguardanti persona residente o stabilita in altro Stato, che gli Uffici di collegamento possano informare del rimborso tale altro Stato.
  L'articolo 6 disciplina la presenza in Italia di funzionari stranieri durante le indagini e i procedimenti giurisdizionali, finalizzata a rendere più efficace l'assistenza tra gli Stati, stabilendo che tale presenza debba essere autorizzata e che i predetti funzionari debbano poter produrre in qualsiasi momento un mandato scritto indicante identità e qualifica ufficiale.
  L'articolo 7 dello schema disciplina le procedure di assistenza per le richieste di notifica formulate da uno Stato membro a un altro Stato membro.
  In particolare, il comma 1 indica, innovando la normativa di cui al decreto legislativo n. 69 del 2003, che è possibile accedere alla procedura per l'assistenza alla notifica solo qualora l'autorità richiedente non sia in grado di provvedere direttamente alla notifica, ovvero incontri difficoltà eccessive ad effettuare la notifica stessa.
  Il comma 2, anche in questo caso superando, in ottemperanza alle prescrizioni della direttiva 2010/24/UE, il dettato del decreto legislativo n. 69 del 2003, specifica che tale richiesta deve essere accompagnata dal modulo standard di notifica, invece che indicare gli elementi della domanda di notifica.
  Ai sensi del comma 3 l'effettuazione delle notifiche ai destinatari è affidata agli Uffici di collegamento nazionali, secondo le proprie competenze e mediante le proprie articolazioni territoriali; ai sensi del comma 7 gli Uffici di collegamento informano l'autorità richiedente circa il seguito dato alla domanda di notifica, nonché circa la data della notifica stessa.
  Secondo il comma 8 gli Uffici o organi nazionali competenti procedono alle notifiche secondo le norme di legge nazionali.
  Il comma 4 prevede invece, che l'Ufficio di collegamento del Dipartimento delle finanze (sostanzialmente competente per le domande di assistenza relative ai tributi locali) si avvalga degli agenti della riscossione del Gruppo Equitalia S.p.a., i quali eseguono l'attività di notifica secondo le norme sulla notifica delle cartelle di pagamento nel procedimento di riscossione tramite ruolo.
  Il comma 5 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, compresa tra 100 e 1.000 euro, in caso di omessa o tardiva notifica, salve specifiche ipotesi indicate dal comma.
  Ai sensi del comma 6 le spese di notifica sono a carico del debitore nella misura definita dall'articolo 17, comma 7-ter, del decreto legislativo n. 12 del 1999 Pag. 230(attualmente 5,88 euro, secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa dello schema), mentre l'attività degli agenti della riscossione è remunerata con un compenso, a carico dell'Erario, pari a 12,81 euro per ciascuna notifica effettuata, importo aggiornabile con decreto del Ministri dell'economia e delle finanze.
  L'articolo 8 riguarda le attività di assistenza per il recupero dei crediti.
  In conformità alla direttiva, il comma 1 stabilisce le condizioni per formulare la domanda di recupero, le quali risultano più articolate rispetto a quelle richieste dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 69 del 2003.
  In particolare la lettera a) conferma la previsione, già recata dal citato decreto legislativo n. 69, secondo cui la procedura di recupero prende avvio se il credito – o il titolo che ne permette l'esecuzione – non sono contestati nello Stato membro in cui l'autorità richiedente ha sede, salva richiesta motivata di procedere anche in caso di contestazione.
  Inoltre la lettera b) prevede che si proceda al recupero anche l'autorità richiedente ha avviato, nello Stato membro in cui ha sede, le procedure di recupero, salvo che:
   non vi siano beni utili al recupero nello Stato membro richiedente, o le procedure di recupero non porteranno al pagamento integrale del credito e l'autorità richiedente è in possesso di specifiche informazioni secondo cui l'interessato dispone di beni nel territorio nazionale;
   il ricorso alle procedure di recupero nello Stato membro richiedente sarebbe eccessivamente difficoltoso.

  In base al comma 2 le domande di recupero sono accompagnate dal citato «titolo uniforme» che costituisce la principale novità del provvedimento in esame, rispetto alla disciplina attuale (in ottemperanza a quanto disposto dalla Direttiva).
  Il titolo ha efficacia immediatamente esecutiva, senza necessità di previo riconoscimento diretto del titolo esecutivo. Di conseguenza è sufficiente il titolo (senza preventiva notifica di cartella di pagamento o altra forma di intimazione) perché l'agente della riscossione proceda ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.
  Ai sensi del comma 6, sulla base dello stesso titolo uniforme e senza preventiva notifica della cartella di pagamento, l'agente della riscossione può procedere ad espropriazione forzata con le modalità previste dai meccanismi di riscossione a mezzo ruolo, e può iscrivere ipoteca sui beni immobili del debitore, laddove il decreto legislativo n. 69 del 2003 prevedeva invece l'equiparazione al ruolo dei titoli esecutivi esteri e la riscossione dei crediti esteri previa notifica della cartella di pagamento. A tali fini il comma 7 specifica che l'esibizione dell'estratto del titolo uniforme tiene luogo, a tutti gli effetti, dell'esibizione dell'atto stesso, qualora l'agente della riscossione ne attesti la provenienza; inoltre il comma 9 indica che i riferimenti contenuti nelle norme nazionali al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati al titolo uniforme, rinviando, per quanto non regolato dallo schema di decreto, alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), ed ai decreti legislativi nn. 46 e 112 del 1999 (recanti, rispettivamente, il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo e il riordino del servizio nazionale della riscossione).
  In base al comma 3, gli Uffici di collegamento, secondo le proprie competenze, affidano le somme da recuperare in carico agli agenti della riscossione, con modalità la cui definizione è demandata ad un provvedimento del Direttore Generale delle finanze e dei Direttori delle Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio, di concerto con il Ragioniere Generale dello Stato. Ai sensi del comma 5 l'agente della riscossione informa con raccomandata il debitore di aver preso in carica le somme ai fini della riscossione, allegando il titolo uniforme.Pag. 231
  Secondo il comma 4, se il titolo uniforme riguarda crediti diversi, rientranti nella competenze di più Uffici di collegamento, la riscossione avviene mediante un unico affidamento all'agente della riscossione, individuato dal predetto provvedimento di normativa secondaria.
  I commi 8 stabilisce che all'agente della riscossione spettino: il rimborso dei costi fissi, interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, come previste da legislazione vigente; inoltre il comma 11 specifica che, a decorrere dalla data di ricevimento della domanda di recupero, si applicano gli interessi di mora.
  Il comma 12 riconosce la possibilità di rateizzare i pagamenti, nei limiti ed alle condizioni previste dalle vigenti disposizioni nazionali.
  L'articolo 9 regola le ipotesi di contestazione da parte dell'interessato della pretesa avanzata da parte di uno Stato membro.
  Il comma 1 disciplina il caso del debitore che intende contestare il credito, il titolo iniziale o il titolo uniforme, ovvero la notifica effettuata dall'autorità competente dello Stato membro richiedente, prevedendo che si debba adire l'organo competente di quest'ultimo Stato membro, in conformità alle leggi ivi vigenti.
  In tale ipotesi, secondo i commi 2 e 3 l'avvio della contestazione ai sensi del comma 1 comporta l'obbligo di informarne l'Autorità adita, prevedendosi la sospensione della procedura esecutiva instaurata presso lo Stato adito, salva domanda contraria dell'autorità richiedente, fino alla decisione dell'organo cui compete la risoluzione della controversia.
  Ai sensi del comma 4, su domanda dell'autorità richiedente e, comunque qualora lo si ritenga necessario, gli Uffici di collegamento richiedono anche l'adozione di misure cautelari.
  In base al comma 5, se il recupero è stato avviato – a seguito della richiesta motivata dell'autorità richiedente – e l'esito della contestazione è favorevole al debitore, l'autorità richiedente restituisce l'importo recuperato ed ogni somma dovuta secondo la legislazione dello Stato adito.
  Se oggetto di contestazione è invece la validità di una notifica effettuata dallo Stato membro adito e gli atti della procedura esecutiva adottata dallo stesso Stato membro, il comma 6 prevede che il debitore adisca l'organo competente di detto Stato, secondo le disposizioni normative in esso vigenti.
  Un'ulteriore ipotesi di sospensione del recupero è prevista dal comma 7 nel caso in cui sia in corso, con l'autorità competente dello Stato membro richiedente, una procedura amichevole avviata ai sensi della normativa convenzionale in materia di doppia imposizione sui redditi, e l'esito di tale procedura possa influire sull'ammontare e sull'esistenza del credito per il quale sia stata richiesta l'assistenza (salvo il caso di estrema urgenza per frode o insolvenza).
  L'articolo 10 disciplina le ipotesi di modifica o di ritiro della domanda di assistenza al recupero, prevedendo, al comma 1, che gli Uffici di collegamento ne diano immediata comunicazione all'autorità adita, precisando i motivi della modifica o del ritiro.
  Ai sensi del comma 2, se la modifica della domanda dipende da una decisione dell'organo competente a decidere sulle controversie relative al credito, gli Uffici di collegamento trasmettono all'autorità adita la decisione ed il nuovo titolo uniforme, nonché una nuova richiesta di assistenza, se l'importo del credito è aumentato.
  In base al comma 3, se la modifica comporta una riduzione del dell'importo del credito, gli Uffici devono proseguire l'azione intrapresa nei limiti dell'importo residuo, sulla base del nuovo titolo uniforme, mentre qualora la modifica comporti un aumento del credito, gli Uffici di collegamento procedono, sempre sulla base del nuovo titolo uniforme, alla riscossione dell'ulteriore importo.
  Per quanto riguarda l'adozione di misure cautelari per garantire il recupero delle somme, l'articolo 11, comma 1, affida Pag. 232agli Uffici di collegamento il compito di richiedere, ai sensi delle norme interne (si tratta dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 472 del 1997), l'adozione delle misure cautelari, su domanda dell'Autorità richiedente di altro Stato membro e sulla base di precise condizioni.
  Tali condizioni sussistono nel caso in cui il credito o il titolo sia contestato al momento della presentazione della domanda, ovvero se il credito non è ancora oggetto di un titolo che consente l'esecuzione nello Stato membro richiedente, purché l'adozione di misure cautelari sia consentita, in una situazione analoga, anche dalla legislazione nazionale e dalle prassi amministrative vigenti nello Stato membro richiedente.
  Conformemente a quanto disposto dalla direttiva 2010/24/UE, il comma 2 prevede che le domande di misure cautelari siano accompagnate dal titolo che consente l'esecuzione nell'altro Stato membro richiedente o dal documento redatto ai fini dell'adozione delle misure cautelari in detto altro Stato, che ha diretta ed immediata efficacia nell'ordinamento interno.
  Ai sensi dei commi da 4 a 6 gli Uffici di collegamento, sono tenuti a ad effettuare la richiesta di adozione delle misure cautelari, allegando il titolo esecutivo ovvero il provvedimento o la sentenza relativa, a inviare all'autorità adita ogni informazione utile, nonché a informare quest'ultima del seguito dato alla domanda di adozione delle misure.
  Il comma 7 contiene una clausola secondo cui ogni credito per cui è stata presentata domanda di misure cautelari deve essere trattato come un credito nazionale, salva diversa previsione dello schema di decreto.
  Ai sensi dell'articolo 12, comma 1, le procedure di assistenza si attivano solo se il periodo intercorrente tra il momento in cui il credito è diventato esigibile nello Stato richiedente e la data in cui viene fatta la domanda di assistenza sia inferiore o pari a superiore a cinque anni; in caso di contestazione, tale periodo decorre dalla data in cui nello Stato membro richiedente il credito o il titolo esecutivo non possono essere più oggetto di controversia.
  Il comma 2 fissa altresì la decorrenza di tale periodo nel caso di dilazioni di pagamento o di piani di rateizzazione del debito, prevedendo che esso decorra dalla scadenza del termine dell'intero pagamento: in tal caso non si procede all'assistenza qualora sia intercorso un periodo superiore a dieci anni tra la data di esigibilità del credito e la data di presentazione della domanda di assistenza.
  Tra le innovazioni rispetto alla legislazione vigente, segnala la previsione di cui al comma 3, che introduce, in ossequio all'articolo 18 della direttiva 2010/24/UE, una nuova ipotesi di esclusione della procedura, qualora i crediti siano di importo totale inferiore a 1.500 euro.
  In base al comma 4 gli Uffici di collegamento sono tenuti a informare l'autorità richiedente dell'altro Stato circa i motivi che impediscono l'accoglimento della domanda di assistenza.
  L'articolo 13 reca una serie di disposizioni di coordinamento relative ai flussi informativi, alla trasmissione telematica di dati e atti tra autorità competenti.
  In particolare, il comma 1 prevede che le richieste di assistenza ed ogni altra comunicazione siano effettuate di norma in via elettronica, secondo moduli standard; devono altresì essere inviati con modalità elettroniche il titolo uniforme che consente l'esecuzione del credito nello Stato adito, il documento che consente l'adozione di misure cautelari e gli altri documenti relativi al credito. Ai sensi del comma 2 da tale prescrizione sono esenti le informazioni e la documentazione ottenute tramite la presenza negli Uffici dell'Amministrazione nazionale di funzionari dello Stato richiedente.
  Il comma 4 disciplina la prescrizione dei crediti e la sospensione o interruzione dei relativi termini, prevedendo che tali aspetti siano regolati dalle disposizioni vigenti nello Stato membro in cui sono sorti. Pag. 233
  Il comma 7 fa salvi gli obblighi derivanti da accordi o convenzioni che prevedano forme di assistenza reciproca più ampia.
  Il comma 8 affida al Dipartimento delle finanze il compito di comunicare annualmente alla Commissione europea il numero delle domande di informazioni, di notifica, di recupero e di misure cautelari in viale e ricevute nel corso dell'anno, l'importo dei crediti e l'ammontare di quelli recuperati.
  L'articolo 14 disciplina il regime linguistico, prevedendo, al comma 1, che le domande di assistenza, i moduli standard di notifica e i titoli uniformi sono redatti o tradotti nella lingua ufficiale dello Stato adito, salvo diverso accordo tra gli Stati e salva la possibilità, per gli Uffici di collegamento, di chiedere, ai sensi del comma 3, la traduzione di in italiano di eventuali altri documenti trasmessi assieme alla richiesta.
  Il comma 2 specifica che i documenti oggetto di notifica ai sensi dell'articolo 7 possono essere trasmessi all'autorità adita in lingua italiana.
  L'articolo 15 regolamenta il regime di segreto d'ufficio e gli scambi informativi tra gli Stati, in particolare prevedendo, al comma 1, che le informazioni trasmesse in qualsiasi forma dagli altri Stati membri ai sensi delle procedure disciplinate dallo schema di decreto siano coperte dal segreto d'ufficio, godano della protezione accordata, alle informazioni di analoga natura, dalla legislazione interna e possano essere utilizzate per l'applicazione di misure esecutive o cautelari, nonché per l'accertamento e il recupero di contributi previdenziali obbligatori.
  In base al comma 3 l'utilizzo delle informazioni trasmesse per uno scopo diverso da quelli indicati dal comma 1 può essere autorizzato dall'Autorità competente nazionale, se previsto dall'ordinamento interno.
  Il comma 4 contempla la possibilità che le informazioni siano trasmesse ad uno Stato terzo, informandone lo Stato di origine e fatta salva la possibilità per tale Stato di opporsi: in tal caso il comma 5 prevede che l'uso a scopo diverso di tali informazioni può essere autorizzato solo dallo Stato di origine di queste ultime.
  Il comma 6 specifica che le informazioni ricevute ai sensi dello schema di decreto possono essere utilizzate dalle autorità amministrative o giudiziarie nazionali nello stesso modo in cui possono essere utilizzate informazioni analoghe acquisite nell'ordinamento interno.
  L'articolo 16, comma 1, stabilisce che gli agenti della riscossione recuperino i crediti dal debitore e trattengano ogni spesa connessa con la procedura di recupero, attenendosi alle disposizioni vigenti nell'ordinamento interno.
  Il comma 2 stabilisce, qualora il recupero dei crediti presenti una difficoltà particolare o l'importo delle spese sia molto elevato o l'operazione rientri nell'ambito della lotta contro le organizzazioni criminali, che l'autorità richiedente e l'autorità adita possono convenire, caso per caso, modalità specifiche di rimborso.
  Il comma 3 mantiene comunque ferma la responsabilità, già prevista dal decreto legislativo n. 69, dello Stato richiedente nei confronti dello Stato dove ha sede l'autorità adita, per eventuali spese o perdite conseguenti ad azioni di recupero dimostratesi infondate sotto il profilo dell'esistenza del credito o della validità del titolo esecutivo.
  Gli articoli 17 e 18 disciplinano gli aspetti di diritto transitorio.
  In particolare, l'articolo 17 stabilisce che le disposizioni del decreto legislativo si applichino a decorrere dal 1o gennaio 2012 e che le richieste di assistenza inviate da tale data le nuove disposizioni si applichino anche se si riferiscono a crediti oggetto di un titolo esecutivo emesso in data anteriore.
  L'articolo 18 specifica che la previgente disciplina, di cui al citato decreto legislativo n. 69 del 2003, continua ad applicarsi alle procedure di recupero e di adozione delle misure cautelari avviate anteriormente alla predetta data, mentre per le richieste di recupero per le quali non sia stata avviata la procedura di riscossione al Pag. 23431 dicembre 2011 si prevede che gli Uffici di collegamento possano invitare l'autorità richiedente a rinnovare la richiesta ovvero possono provvedere a formare direttamente un titolo uniforme, su autorizzazione dell'autorità richiedente.
  In tale ambito non si prevede, peraltro, alcuna abrogazione esplicita del predetto decreto legislativo n. 69.
  L'articolo 19 reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione del decreto legislativo non derivino nuovi o maggio tiri oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le pubbliche amministrazioni interessate devono provvedere con risorse disponibili a legislazione vigente.
  Si riserva, infine, di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito.

  Cosimo VENTUCCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la seduta di giovedì 7 giugno prossimo.

  La seduta termina alle 14.25.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 658 del 30 maggio 2012, a pagina 83, seconda colonna, trentaduesima riga, la parola: «rinvio» è sostituita dalle seguenti: «conclusione – Parere favorevole con osservazioni».