CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 maggio 2012
656.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 53

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 24 maggio 2012. — Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

  La seduta comincia alle 13.15.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/78/UE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità bancaria europea, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.
Atto n. 478.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Walter VERINI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/78/UE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità bancaria europea, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Atto n. 478).
  Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2010/78/UE (cosiddetta direttiva Omnibus), essa interviene in alcuni settori della disciplina comunitaria rientranti nell'attività delle Autorità europee di vigilanza (AEV).
  La direttiva intende migliorare il funzionamento del mercato interno, assicurando un livello elevato, efficace e coerente della regolamentazione e della vigilanza prudenziale; proteggere i depositanti, gli investitori e i beneficiari, e in tal modo le imprese e i consumatori; tutelare l'integrità, l'efficienza e il regolare funzionamento dei mercati finanziari; mantenere la stabilità e la sostenibilità del sistema finanziario, preservare l'economia reale e salvaguardare le finanze pubbliche; rafforzare il coordinamento internazionale in materia di vigilanza. Essa ha introdotto una prima serie di modifiche agli atti Pag. 54normativi comunitari che regolamentano il settore mobiliare, bancario e assicurativo, allo scopo di definire l'ambito di applicazione dei poteri delle nuove Autorità europee e assicurare il regolare funzionamento delle stesse nell'ambito del Sistema europeo delle Autorità di vigilanza finanziaria.
  L'articolo 13 della direttiva ne fissa il termine per il recepimento al 31 dicembre 2011.
  Per quanto riguarda la delega legislativa in forza della quale è stato predisposto lo schema di decreto legislativo, essa è contenuta nell'articolo 15 della legge n. 217 del 2011 – Legge comunitaria 2010.
  I princìpi e criteri direttivi della delega prevedono, tra l'altro: l'obbligo di tenere conto dell'integrazione del sistema di vigilanza nazionale nel nuovo assetto di vigilanza del settore finanziario dell'Unione; la previsione di sistemi di cooperazione tra le Autorità nazionali e quelle europee, nonché di metodi volti a consentire l'esercizio della delega di compiti tra Autorità nazionali competenti, e tra le stesse e le Autorità europee; la previsione di modalità attraverso le quali le Autorità nazionali tengano conto, nell'esercizio delle loro funzioni, della convergenza in ambito europeo degli strumenti e delle prassi di vigilanza; la disciplina delle ipotesi in cui le Autorità europee possono chiedere informazioni direttamente ai soggetti vigilati dalle Autorità nazionali.
  Inoltre, la norma specifica che, nell'esercizio della delega, si deve tenere conto della natura direttamente vincolante delle norme tecniche di attuazione e delle norme tecniche di regolamentazione adottate dalla Commissione europea in conformità ai regolamenti istitutivi delle Autorità di vigilanza europee, nonché delle raccomandazioni formulate nelle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del 14 maggio 2008, affinché le Autorità di vigilanza nazionali, nell'espletamento dei loro compiti, prendano in considerazione gli effetti della loro azione in relazione alle eventuali ricadute sulla stabilità finanziaria degli altri Stati membri, anche avvalendosi degli opportuni scambi di informazioni con le Autorità di vigilanza europee e degli altri Stati membri.
  Per quel che concerne il contenuto dello schema di decreto legislativo, esso si compone di 8 articoli, volti, rispettivamente, a modificare: il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB); il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF); il decreto legislativo n. 210 del 2001, in materia di definitività degli ordini immessi in un sistema di pagamento o di regolamento titoli; il decreto legislativo n. 142 del 2005, relativo alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario; il Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005; il decreto legislativo n. 252 del 2005, che disciplina le forme pensionistiche complementari; alcune disposizioni antiriciclaggio di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007.
  L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo reca alcune novelle al TUB.
  In particolare, integrando l'articolo 1 del TUB, il comma 1 inserisce, tra le definizioni ivi contenute, i riferimenti al Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF) e alle Autorità di vigilanza di cui esso si compone (Autorità bancaria europea – ABE; Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali – AEAP; Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – AESFEM), nonché al Comitato congiunto delle Autorità europee di vigilanza e al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS).
  Il comma 2 adegua l'articolo 4, comma 3, del TUB al disposto della legge n. 262 del 2005 (cosiddetta legge sul risparmio), che affida alla competenza del direttorio della Banca d'Italia gli atti aventi rilevanza esterna precedentemente emanati dal Governatore, salve le decisioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.
  Al riguardo osserva come la disposizione, incidendo – sia pure con finalità di Pag. 55coordinamento formale – sulle competenze interne degli organi della Banca d'Italia, sembrerebbe esulare dall'ambito individuato dalla direttiva 2010/78/UE e dalla relativa norma di delega.
  Il comma 3 sostituisce l'articolo 6 del TUB, allo scopo di aggiornare e disciplinare in dettaglio le modalità di integrazione dell'attività delle Autorità creditizie con il nuovo sistema del SEVIF.
  In particolare, rispetto alla vigente formulazione del predetto articolo 6, che si compone del solo comma 1 e si limita ad imporre alle Autorità creditizie di esercitare i propri poteri in armonia con le disposizioni europee, di applicare i regolamenti e le decisioni della Comunità europea e di provvedere in merito alle raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria, il nuovo comma 2 dell'articolo 6 precisa che gli obblighi di comunicazione a carico delle Autorità creditizie nazionali si riferiscono alle autorità ed ai comitati che compongono il SEVIF, nonché alle altre Autorità ed istituzioni indicate dalla normativa dell'Unione europea.
  Il comma 3 del novellato articolo 6 esplicita l'appartenenza della Banca d'Italia al SEVIF, in qualità di Autorità di vigilanza, mentre il comma 4 autorizza l'Autorità – secondo casi e modi previsti dalle disposizioni dell'Unione – a sottoscrivere accordi con l'ABE e le altre Autorità di vigilanza degli Stati membri, anche in relazione al riparto dei compiti e la delega di funzioni, e prevede il ricorso all'ABE secondo la citata disposizione in materia di controversie con altre Autorità nazionali in situazioni transfrontaliere.
  Il comma 4 dell'articolo 1 apporta modifiche di carattere sostanziale e formale all'articolo 7 del TUB, in materia di collaborazione tra Autorità.
  In particolare, la lettera a) del comma espunge il riferimento all'Ufficio Italiano Cambi – UIC dal novero delle Autorità che collaborano tra loro, al fine di agevolare le rispettive funzioni, a seguito del sopravvenuto assorbimento dell'UIC all'interno della struttura della Banca d'Italia, la lettera b) specifica che la collaborazione riguarda, oltre che le Autorità, anche i comitati che compongono il SEVIF, mentre la lettera c) apporta una correzione di carattere lessicale al comma 10 dell'articolo 7.
  Il comma 5 e il comma 6 modificano, rispettivamente, l'articolo 53, comma 2-bis, e l'articolo 67, comma 2-bis, del TUB, che disciplinano il potere della Banca d'Italia di dettare norme in materia di adeguatezza patrimoniale delle banche e del gruppo bancario.
  In dettaglio, sono integrate le norme procedurali relative all'adozione di decisioni in materia di autorizzazione all'uso di sistemi interni di misurazione di rischi da parte di banche o gruppi bancari sottoposti alla vigilanza di un'Autorità di altri stati membri: fermo restando che la decisione è di competenza della medesima Autorità estera, qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta con la Banca d'Italia, si introduce un inciso che fa salva la possibilità di rinviare all'ABE la questione, per attivare la specifica procedura di risoluzione delle controversie.
  Il comma 7, modificando l'articolo 69, comma 1-ter, del TUB, introduce l'ABE e il CERS quali destinatari degli obblighi informativi relativi alle situazioni di emergenza, potenzialmente lesive della liquidità e della stabilità del sistema finanziario (italiano e di un altro Stato membro) riscontrate durante l'esercizio della vigilanza consolidata.
  Il comma 8 elimina dall'articolo 79 del medesimo TUB la previsione secondo cui la Banca d'Italia è tenuta a comunicare all'Autorità del Paese d'origine i provvedimenti adottati nei confronti della banca comunitaria che abbia violato le disposizioni in materia di succursali e prestazioni di servizi in Italia, in quanto tale obbligo di comunicazione è già previsto, in via generale, dal comma 2 del novellato articolo 6 del TUB.
  L'articolo 2 dello schema di decreto novella invece il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998. Pag. 56
  Con una norma analoga a quella di cui al comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto, il comma 1 introduce nelle definizioni del TUF, contenute nell'articolo 1, gli opportuni riferimenti alle Autorità europee di vigilanza, analoghi a quelli introdotti dall'articolo 1 dello schema di decreto nel TUB.
  Analogamente, il comma 2, sostituendo l'articolo 2 del TUF, dà conto del nuovo contesto europeo in cui si troveranno a operare il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia e la CONSOB.
  In particolare si esplicita, al comma 1 del novellato articolo 2, che la Banca d'Italia e la CONSOB sono parte del SEVIF, e che prendono parte alle attività che esso svolge.
  Al nuovo comma 2 si stabilisce inoltre espressamente che la Banca d'Italia e la CONSOB devono tenere conto, in tale contesto, della convergenza e delle prassi di vigilanza in ambito europeo.
  Si prevede altresì, al nuovo comma 3, l'obbligo per la Banca d'Italia e la CONSOB di tenere conto, nei casi di crisi o di tensioni sui mercati finanziari, degli effetti dei propri atti sulla stabilità del sistema finanziario degli altri Stati membri interessati.
  Il comma 3 modifica l'articolo 4 del TUF, in materia di collaborazione tra Autorità.
  In dettaglio, la lettera a) del comma espunge il riferimento all'UIC, mentre alla lettera b) si prevede che la Banca d'Italia e la CONSOB collaborino con le Autorità europee di vigilanza al fine di agevolare le rispettive funzioni, adempiendo agli obblighi di comunicazione previsti dalla normativa europea.
  La lettera c) sostituisce il comma 2-bis dell'articolo 4, introducendo il meccanismo della ripartizione di compiti tra autorità, giuridicamente sancito nel regolamento istitutivo dell'AESFEM, nonché il meccanismo della cosiddetta binding mediation (vale a dire, di poteri di mediazione cogenti, da utilizzare tuttavia solo quale estremo rimedio in caso non si riesca a giungere ad un accordo fra le Autorità nazionali e nei limiti strettamente definiti dalla legislazione settoriale).
  L'articolo 3 dello schema modifica il decreto legislativo n. 210 del 2001, che ha attuato nell'ordinamento italiano la direttiva 98/26/CE sulla definitività degli ordini immessi in un sistema di pagamento o di regolamento titoli.
  In particolare, il comma 1 introduce, tra le definizioni contenute nell'articolo 1 del predetto decreto legislativo n. 210, i riferimenti all'AESFEM e al CERS.
  Il comma 2 novella l'articolo 3, comma 6, del richiamato decreto legislativo n. 210, al fine di stabilire l'obbligo, a carico della Banca d'Italia, di informare, oltre che la CONSOB e i sistemi italiani, anche l'AESFEM e il CERS, relativamente all'apertura in Italia di una procedura di insolvenza nei confronti di un partecipante ad un sistema di pagamento o di regolamento.
  Il comma 3 apporta alcune modifiche all'articolo 10, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 210, necessarie per recepire gli obblighi di notifica all'AESFEM dei sistemi di pagamento italiani designati come sistema (cioè come insieme di disposizioni di natura contrattuale o autoritativa, in forza del quale vengono eseguiti, secondo regole comuni e accordi standardizzati, la compensazione, attraverso una controparte centrale o meno, o gli ordini di trasferimento fra i partecipanti).
  Attualmente la normativa nazionale prevede che tali sistemi siano notificati dagli Stati membri alla Commissione europea, mentre la disposizione integra tale previsione, stabilendo l'obbligo di notificarli anche all'AESFEM.
  Il comma 4 inserisce nel decreto legislativo n. 210 un nuovo articolo 11-bis, il quale stabilisce, in armonia col dettato delle norme europee, l'obbligo, per la Banca d'Italia e la CONSOB, di collaborare, anche attraverso scambi informativi, con l'AESFEM.
  L'articolo 4 modifica il decreto legislativo n. 142 del 2005, che ha attuato nell'ordinamento nazionale la direttiva 2002/Pag. 5787/CE, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, nonché all'istituto della consultazione preliminare in tema di assicurazioni.
  In particolare, analogamente a quanto rilevato con riferimento ai precedenti articoli dello schema di decreto, il comma 1 integra le definizioni recate dall'articolo 1 del predetto decreto legislativo n. 142 del 2005 con i riferimenti alle Autorità di vigilanza europee, al Comitato congiunto e al CERS.
  Il comma 2 modifica l'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 142, relativa agli obblighi dell'autorità denominata «coordinatore».
  Al riguardo ricorda come la normativa vigente in materia preveda che tra le Autorità competenti, comprese quelle del Paese dove ha la sede principale la società di partecipazione finanziaria mista, sia individuata l'autorità di vigilanza responsabile per il coordinamento e l'esercizio della vigilanza supplementare, denominata per l'appunto «coordinatore», il quale ha, tra l'altro, obblighi informativi nei confronti della Commissione europea.
  In tale ambito le modifiche recate dal comma 2 stabiliscono che destinatario degli obblighi informativi sia il Comitato congiunto, al quale è comunicata l'individuazione del conglomerato finanziario e l'Autorità nazionale designata come coordinatore.
  Il comma 3 apporta modifiche all'articolo 6 del decreto legislativo n. 142, in materia di cooperazione e scambio di informazioni tra le Autorità competenti.
  In particolare, la lettera b) del comma introduce, al comma 1 del predetto articolo 6, l'obbligo, a carico delle Autorità competenti per la vigilanza sulle imprese regolamentate appartenenti a un conglomerato finanziario, di cooperare con il Comitato congiunto e di fornirgli tutte le informazioni necessarie all'espletamento dei suoi compiti, mentre la lettera c) recepisce la facoltà, per le autorità competenti, di scambiare informazioni con il CERS.
  La lettera d), novellando il comma 9 del medesimo articolo 6, contempla la possibilità, per i destinatari della vigilanza supplementare, di scambiarsi informazioni reciproche, oltre che con le tre Autorità europee e con il Comitato congiunto.
  Il comma 4 modifica il comma 2 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 142, in materia di procedure di gestione del rischio poste in essere da parte delle imprese facenti parte di un conglomerato, prevedendo, in particolare, che tra tali procedure sia prevista anche la conclusione di accordi, da aggiornarsi regolarmente, per contribuire a sviluppare, ove necessario, adeguati regimi e piani di risanamento e di risoluzione delle crisi.
  Il comma 5 modifica l'articolo 15, comma 3, del più volte citato decreto legislativo n. 142, in materia di vigilanza supplementare equivalente, che si applica nel caso in cui l'impresa madre del conglomerato ha sede principale in un Paese non appartenente all'Unione europea; in tal caso le imprese-figlie sono sottoposte a vigilanza supplementare secondo i limiti e le modalità indicate dalla legge.
  Per effetto delle modifiche proposte, nella valutazione di equivalenza della vigilanza a cui sono sottoposte le imprese regolamentate extra-UE è fatto obbligo di tenere conto degli orientamenti emanati dal Comitato congiunto e si inserisce inoltre la facoltà di ricorrere al meccanismo della cosiddetta binding mediation per la soluzione delle controversie tra Autorità nazionali insorte con riferimento a situazioni transfrontaliere.
  L'articolo 5 apporta modifiche al Codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005.
  In particolare il comma 1 integra le definizioni contenute nell'articolo 1 del Codice in termini analoghi a quanto operato dagli articoli 1, 2 e 4 dello schema.
  Il comma 2 esplicita l'appartenenza dell'ISVAP al SEVIF e la sua partecipazione alle relative attività, disponendo inoltre che l'Istituto tenga conto, nei casi Pag. 58di crisi o tensioni sui mercati, dell'impatto delle proprie azioni sulla stabilità del sistema finanziario degli altri Stati membri e prevedendo altresì un opportuno flusso informativo con l'Autorità europea di settore (AEAP), con il Comitato congiunto ed il CERS, oltre che con le Autorità nazionali di settore.
  Il comma 3 modifica l'articolo 8 del Codice, recante la disciplina generale dei rapporti delle Autorità nazionali con le disposizioni e decisioni europee, al fine di apportare alcune modifiche di natura formale.
  Il comma 4 novella l'articolo 10 del Codice, relativo alla collaborazione tra Autorità.
  In particolare, per effetto delle modifiche apportate, la lettera a) del comma esplicita gli obblighi di collaborazione tra l'ISVAP e le Autorità di vigilanza europee, il Comitato congiunto e CERS, nonché i relativi flussi informativi previsti dalle disposizioni europee.
  Analogamente alle modifiche apportate in ambito creditizio e mobiliare dagli articoli 1 e 2 dello schema, la lettera b) consente all'ISVAP la stipula di accordi con l'AEAP e con le Autorità di vigilanza nazionali di altri Stati membri e la delega di compiti, introducendo inoltre il meccanismo di risoluzione di controversie con le Autorità di vigilanza di altri Stati membri, relativamente a situazioni transfrontaliere.
  L'articolo 6 apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 252 del 2005, che disciplina le forme pensionistiche complementari.
  In particolare, il comma 1 integra le definizioni recate dall'articolo 1, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 252, in termini analoghi agli articoli 1, 2, 4 e 5 dello schema.
  Il comma 2 dispone che la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) informi l'AEAP circa l'avvenuto rilascio dell'autorizzazione a fondi pensione per lo svolgimento di attività transfrontaliera.
  Il comma 3 prevede che la COVIP informi l'AEAP circa le disposizioni di diritto della sicurezza sociale e di diritto del lavoro, delle norme in materia di trasparenza e di limiti all'investimento che si applicano ai fondi pensione comunitari operanti in Italia.
  Il comma 4 apporta modifiche formali e sostanziali all'articolo 15-quater del decreto legislativo n. 252, relativo alla cooperazione e scambio di informazioni tra le Autorità competenti.
  In primo luogo i nuovi commi 1, 1-bis e 1-ter del predetto articolo 15-quater disciplinano gli aspetti in tema di segreto d'ufficio dei dati ed informazioni acquisiti dalla COVIP nell'esercizio delle sue competenze, in parte riprendendo disposizioni già contenute nel decreto legislativo n. 252.
  Inoltre i nuovi commi da 1-quater a 1-septies dell'articolo specificano le forme di collaborazione della COVIP con l'ISVAP, la Banca d'Italia, la CONSOB, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le Autorità di vigilanza europee, il SEVIF, le Autorità nazionali di altri Stati e le istituzioni della UE.
  Il nuovo comma 1-quater esplicita gli obblighi di collaborazione tra la COVIP e le altre Autorità italiane di vigilanza, nei confronti delle quali non è opponibile il segreto d'ufficio.
  Al riguardo osserva come la disposizione, incidendo – sebbene con finalità di coordinamento formale – sui rapporti tra Autorità di vigilanza italiane, sembrerebbe esulare dall'ambito individuato dalla direttiva 2010/78/UE e dalla relativa norma di delega.
  Il nuovo comma 1-quinquies riprende norme già contenute nel decreto legislativo n. 252 del 2005 in materia di accordi di collaborazione tra COVIP e le Autorità, anche straniere, preposte alla vigilanza dei soggetti gestori delle risorse dei fondi pensione e delle banche depositarie.
  Il nuovo comma 1-sexies amplia la platea dei soggetti con i quali la COVIP può scambiare informazioni, tra cui le Autorità e i comitati che compongono il SEVIF.
  Il nuovo comma 1-septies disciplina il potere della COVIP di sottoscrivere accordi di collaborazione con l'AEAP e con Pag. 59le altre Autorità degli Stati membri, con il consueto riferimento alla delega di compiti. Si prevede altresì, anche in questo caso, il ricorso della COVIP al meccanismo di risoluzione delle controversie insorte con Autorità di vigilanza di altri Stati membri in situazioni transfrontaliere.
  Il comma 5 inserisce nel decreto legislativo n. 252 un nuovo articolo 18-bis che, con disposizioni analoghe a quelle introdotte nei settori finanziario, bancario e mobiliare, disciplina, al comma 1, i rapporti con il diritto dell'Unione e, al comma 2, prevede l'integrazione della COVIP nel SEVIF.
  Il comma 6 reca le opportune modifiche di coordinamento all'articolo 19 del predetto decreto legislativo n. 252, in materia di compiti della COVIP, conseguenti alle modifiche all'articolo 15-quater del medesimo decreto legislativo apportate dal comma 4.
  In dettaglio, la lettera a) introduce nel predetto articolo 19 un nuovo comma 1-bis, con il quale si pone in capo alla COVIP l'obbligo di fornire all'AEAP informative in ordine ai fondi iscritti all'apposito Albo e alle cancellazioni.
  La lettera b) riformula il comma 5 dell'articolo 19 espungendovi le previsioni in materia di segreto d'ufficio ora contenute nel novellato articolo 15-quater.
  Inoltre, la lettera c), sostituendo il comma 6 dell'articolo 19, prevede che la COVIP tenga in considerazione le ripercussioni della sua azione di vigilanza sulla stabilità finanziaria degli altri Stati membri.
  La lettera d) attribuisce ai dipendenti ed esperti della COVIP la qualifica di incaricati di pubblico servizio.
  L'articolo 7 modifica le disposizioni antiriciclaggio di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007.
  In particolare, il comma 1 integra le definizioni contenute dall'articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 231, con riferimento alle nuove Autorità di vigilanza europee, mentre il comma 2, inserendo un nuovo comma 2-bis nell'articolo 7, stabilisce l'obbligo, per le Autorità di vigilanza di settore, di cooperare con le Autorità di vigilanza europee e di fornire loro tutte le necessarie informazioni per l'espletamento dei relativi compiti.
  L'articolo 8 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.
  Si riserva, quindi, di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito.

  Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.25.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 24 maggio 2012. — Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

  La seduta comincia alle 13.25.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione.
C. 5058, approvata dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Massimo MARCHIGNOLI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla Commissione Affari esteri, la proposta di legge C. 5058 Li Gotti (IdV), approvata dal Senato, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, segnalando innanzitutto come la Convenzione di cui si dispone la ratifica sia stata sottoscritta dall'Italia il 27 gennaio 1999, ma non sia stata tuttavia ancora ratificata dal nostro Paese, e sia entrata in vigore a livello internazionale dal 1o luglio 2002.
  Per quanto riguarda il contenuto della Convenzione, essa si compone di 42 articoli, Pag. 60raggruppati in 5 capitoli, ed è volta a coordinare la penalizzazione di un pluralità di pratiche di corruzione: essa prevede inoltre misure complementari di diritto penale e mira al miglioramento della cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati di corruzione.
  In particolare, il Capitolo I, che costa del solo articolo 1, contiene una serie di definizioni dei termini utilizzati nel testo della Convenzione.
  Il Capitolo II è dedicato ai provvedimenti da adottare a livello nazionale, e comprende gli articoli da 2 a 23.
  Gli articoli da 2 a 15, in particolare, riguardano l'impegno di ciascuna Parte della Convenzione a configurare come reati penali, secondo il proprio diritto interno, una serie di fattispecie, tra i quali segnala innanzitutto, in quanto rilevante per i profili di competenza delle Commissione Finanze, il reato di riciclaggio dei proventi derivanti dai reati di corruzione elencati dagli articoli da 2 a 12, contemplato dall'articolo 13.
  Inoltre sono contemplati i reati di: corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali nazionali (articoli 2 e 3); corruzione di membri di assemblee pubbliche nazionali (articolo 4); corruzione di pubblici ufficiali stranieri (articolo 5); corruzione di membri di assemblee pubbliche straniere (articolo 6); corruzione attiva e passiva nel settore privato (articoli 8 e 9); corruzione di funzionari internazionali (articolo 9); corruzione di membri di assemblee parlamentari internazionali (articolo 10); corruzione dei giudici o funzionari di cancelleria di Corti internazionali (articolo 11); traffico di influenza (cioè capacità reale o millantata di condizionare determinate decisioni dietro pagamento di un compenso) (articolo 12); qualsiasi atto di complicità in uno dei reati penali definiti dalla Convenzione (articolo 15).
  Segnala altresì, sempre con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, l'articolo 14, il quale riguarda i reati contabili.
  A tale proposito la norma prevede che ciascuna Parte adotti misure legislative o di altra natura per rendere passibili di sanzioni penali o di altra natura gli atti volti a emettere o utilizzare una fattura, un documento o una scrittura contabile contenente informazioni false o incomplete, ovvero a omettere illecitamente la contabilizzazione di un versamento, laddove tali atti o omissioni siano commessi intenzionalmente per compiere, nascondere o mascherare i reati indicati dagli articoli da 2 a 12 della Convenzione.
  L'articolo 16 contiene una clausola di salvaguardia delle disposizioni di qualsiasi altro strumento internazionale, ovvero dei rispettivi testi applicativi, in ordine alla revoca dell'immunità.
  L'articolo 17, paragrafo 1, riguarda le misure legislative e di altra natura che ciascuna Parte dovrà adottare in ordine alla sua competenza nei confronti di un reato penale collegato alle fattispecie illustrate in precedenza, e ciò in tre casi particolari:
   quando il reato è commesso interamente o parzialmente sul territorio della Parte interessata;
   se l'autore del reato è un cittadino, un pubblico ufficiale o un componente di un'assemblea pubblica nazionale della Parte interessata;
   se il reato coinvolge un pubblico ufficiale, un membro di un'assemblea pubblica nazionale oppure qualsiasi altra persona che rivesta la qualifica di funzionario internazionale, di membro di assemblee parlamentari internazionali, di giudice o funzionario di corti internazionali, e in tutti questi casi la persona interessata sia cittadino della Parte in questione.

  Il paragrafo 2 prevede che ciascuno Stato possa dichiarare al Segretario generale del Consiglio d'Europa, il quale è depositario della Convenzione, che si riserva di non applicare o di applicare soltanto in casi specifici le regole di competenza prima enunciate – ad eccezione di quella collegata al territorio.
  Ai sensi del paragrafo 3, se una Parte si avvale della possibilità di riserva prevista dal paragrafo 2 dovrà adottare le Pag. 61misure necessarie relative alla sua competenza rispetto ai reati penali definiti dalla Convenzione, quando il presunto autore di essi si trova sul suo territorio e non può essere estradato verso un'altra Parte contraente solo in ragione della sua cittadinanza.
  Il paragrafo 4 salvaguarda la competenza penale di ciascuna Parte, conformemente al proprio diritto interno, anche nei confronti dei reati oggetto della Convenzione.
  L'articolo 18 disciplina la responsabilità delle persone giuridiche e prevede, al paragrafo 1, che ciascuna Parte debba adottare le necessarie misure legislative e di altra natura, per garantire che le persone giuridiche possano essere ritenute specificamente responsabili in relazioni ai reati di corruzione attiva, di traffico di influenza e di riciclaggio di capitali quali previsti dalla Convenzione, nell'eventualità che tali reati siano commessi per conto delle persone giuridiche medesime da qualsiasi persona fisica che agisca sia a titolo individuale, sia quale componente di un organo della persona giuridica, esercitando un potere direttivo in qualità di rappresentante della persona giuridica, come anche un potere decisionale o una potestà un controllo sempre nell'ambito della persona giuridica, o, infine, quando la persona fisica partecipi alla commissione dei reati richiamati a titolo di complice o istigatore.
  Inoltre, ai sensi del paragrafo 2 ciascuna Parte dovrà adottare le misure necessarie per garantire la responsabilità di una persona giuridica anche nei casi di assenza di vigilanza o di controllo da parte della persona fisica, tale da rendere possibile la commissione dei reati menzionati da parte di un'altra persona fisica comunque sottoposta all'autorità della prima.
  Il paragrafo 3 precisa che la responsabilità della persona giuridica, come stabilita dai paragrafi 1 e 2, non esclude il perseguimento penale delle persone fisiche autrici, istigatrici o complici dei reati in questione.
  L'articolo 19 riguarda le sanzioni e le misure collegate ai reati penali definiti nella Convenzione, che dovranno colpire sia le persone fisiche sia le persone giuridiche, comprendendo sanzioni penali e non penali, e, nel primo caso, prevedendo pene di entità tale da ricadere nelle fattispecie che rendono possibile richiedere l'estradizione della persona incriminata. Ciascuna Parte è inoltre tenuta ad adottare le misure normative necessarie per rendere possibile la confisca degli strumenti e dei proventi dei reati penali perseguiti ai sensi della Convenzione, ovvero l'acquisizione di beni per un valore corrispondente a tali proventi.
  L'articolo 20 impegna le Parti a garantire l'esistenza di personale e di enti specializzati nella lotta alla corruzione, prevedendo che essi dispongano della necessaria indipendenza, ma anche di una formazione e di risorse finanziarie adeguate.
  L'articolo 21 disciplina la cooperazione tra le autorità nazionali, e mira ad assicurare che le autorità preposte al perseguimento dei reati penali di cui alla Convenzione in oggetto ricevano la necessaria collaborazione dalle autorità pubbliche e dai pubblici ufficiali del proprio Paese, che dovranno informare anche spontaneamente le autorità giudiziarie o di polizia in caso di sospetto circa la commissione di qualche reato previsto dalla Convenzione, e comunque dovranno fornire su richiesta tutte le informazioni necessarie alle autorità interessate.
  L'articolo 22 riguarda la protezione dei collaboratori di giustizia e dei testimoni, prevedendo l'adozione, da parte di ciascuna Parte, delle necessarie misure legislative o di altra natura volte a proteggere in modo efficace le persone che forniscono informazioni sui reati penali di interesse della Convenzione, o in altro modo collaborino con le autorità preposte al loro perseguimento, nonché i testimoni che siano chiamati a deporre in merito a siffatti reati.
  L'articolo 23 riguarda le misure volte a facilitare l'assunzione di prove e la confisca dei proventi di reato: a tale scopo il paragrafo 1 prevede che ciascuna delle Parti adotti le necessarie misure legislative o di altra natura, non escluse speciali Pag. 62tecniche investigative, che portino all'individuazione e possibilmente alla confisca degli strumenti e dei proventi dei reati di corruzione, ovvero consentano l'acquisizione di beni per un valore corrispondente a quei proventi.
  Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala i paragrafi 2 e 3.
  Il paragrafo 2 prevede che ciascuna delle Parti adotti le necessarie misure legislative o di altra natura per permettere alle proprie autorità competenti di acquisire senz'altro documenti bancari, finanziari o commerciali nell'ambito del perseguimento dei reati di corruzione.
  Il paragrafo 3 stabilisce invece che il segreto bancario non costituisce ostacolo all'attuazione delle misure previste dall'articolo.
  Il Capitolo III contiene il solo articolo 24, in base al quale il controllo sull'attuazione della Convenzione spetta al Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO).
  Il Capitolo IV concerne i temi della cooperazione internazionale nell'attuazione della Convenzione, la quale costituisce anche lo strumento di tale cooperazione, in mancanza di norme nazionali o internazionali previgenti.
  In particolare, l'articolo 25 detta princìpi generali sulla cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati di cui nella Convenzione: se tra le Parti non vige alcuno strumento pattizio di cooperazione in campo penale, saranno applicabili gli articoli da 26 a 31 della Convenzione, i quali sono altresì applicabili se più favorevoli alla cooperazione rispetto agli strumenti internazionali o intese eventualmente vigenti.
  L'articolo 26 riguarda l'assistenza giudiziaria, che deve essere la più ampia possibile nei confronti dei reati previsti dalla Convenzione. Tuttavia, l'assistenza giudiziaria può essere negata se la Parte richiesta ritenga che il fornirla possa compromettere alcuni interessi fondamentali quali la sua sovranità nazionale, ovvero la sua sicurezza o l'ordine pubblico.
  In tale ambito segnala, per quanto riguarda i profili di interesse della Commissione Finanze, il paragrafo 3, il quale esclude che le Parti possano eccepire il segreto bancario quale giustificazione del rifiuto di prestare assistenza giudiziaria, consentendo, al massimo, che una Parte possa esigere che una domanda mirante a superare il segreto bancario sia autorizzata da un giudice o da altra autorità giudiziaria competente in materia penale.
  L'articolo 27, concernente i diversi profili legati all'estradizione, prevede che i reati penali previsti dalla Convenzione si considerino inclusi in ogni trattato di estradizione già in vigore tra le Parti, e le Parti stesse si impegnano ad includere tali reati in tutti i trattati di estradizione che concluderanno. La Convenzione potrà essere altresì considerata come base legale per concedere l'estradizione per tutti i reati da essa previsti, qualora non vi sia tra le Parti interessate alcun trattato di estradizione in vigore. La norma precisa comunque che l'estradizione è subordinata alle condizioni previste in materia dal diritto della Parte richiesta o da eventuali trattati di estradizione applicabili, e ciò ricomprende gli eventuali motivi di diniego dell'estradizione.
  L'articolo 28 prevede che una Parte possa fornire di propria iniziativa informazioni su determinati fatti ad un'altra Parte, se ritenga che la loro divulgazione possa giovare al perseguimento di reati definiti in virtù della Convenzione.
  L'articolo 29 stabilisce che le Parti designino una o più autorità centrali cui compete di inviare le domande di cooperazione giudiziaria, oppure di rispondere ad esse e di curarne il trattamento e la trasmissione alle autorità nazionali competenti. A tale riguardo segnala come l'articolo 3 della proposta di legge di autorizzazione alla ratifica designi, quale autorità centrale, per l'Italia, per quanto attiene ai profili di cooperazione internazionale regolati dal Capitolo IV della Convenzione, il Ministro della giustizia.
  L'articolo 30 contempla diverse fattispecie di collaborazione. La disposizione prevede in particolare che le autorità centrali comunichino direttamente tra loro, ma che ad esempio, qualora le richieste Pag. 63non implichino misure coercitive, esse possano essere trasmesse direttamente tra le due autorità competenti delle Parti. Le domande possono inoltre essere presentate per il tramite dell'INTERPOL. In base all'articolo 31 la Parte richiesta è tenuta ad informare con sollecitudine la Parte richiedente dei seguiti dati a una qualsiasi richiesta, come anche su qualsiasi circostanza che ne renda impossibile l'esecuzione, o che ne richieda un notevole differimento.
  Il Capitolo V contiene le disposizioni finali: in base all'articolo 32 la Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione. Sulla scorta dell'articolo 33, peraltro, dopo l'entrata in vigore della Convenzione il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, previa consultazione degli Stati fino a quel momento contraenti della Convenzione, può invitare la Comunità europea e qualsiasi Stato non membro del Consiglio d'Europa, che non abbia partecipato all'elaborazione della Convenzione, ad aderire alla medesima.
  L'articolo 34 riguarda l'applicazione territoriale della Convenzione, mentre l'articolo 35 concerne le relazioni della Convenzione con altri strumenti internazionali, prevedendo in particolare che la Convenzione non incide su diritti e obblighi scaturenti da Convenzioni internazionali multilaterali stipulate su particolari questioni. Inoltre, le Parti della Convenzione potranno concludere talora accordi bilaterali o multilaterali su questioni già disciplinate dalla Convenzione allo scopo di rafforzare disposizioni della medesima o di facilitarne l'applicazione.
  Se due o più Parti hanno già concluso un accordo su una questione disciplinata dalla Convenzione, esse potranno applicarlo, in vece della Convenzione, qualora la cooperazione internazionale ne risulti agevolata.
  Gli articoli 36, 37 e 38 riguardano, rispettivamente, la possibilità di presentare dichiarazioni e apporre riserve, nonché le condizioni di validità di tali pronunciamenti. Il tale ambito il paragrafo 3 dell'articolo 37 prevede che ogni Stato, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica o di adesione, può dichiarare che si riserva la possibilità di negare l'assistenza giudiziaria se la domanda riguarda un reato che la Parte richiesta considera alla stregua di reato politico.
  L'articolo 39 riguarda il meccanismo di emendabilità alla Convenzione. Le modifiche, possono essere proposti da ciascuna delle Parti ed il Segretario generale del Consiglio d'Europa, depositario della Convenzione, comunica le proposte agli Stati membri e agli Stati non membri aderenti alla Convenzione stessa o che siano stati invitati ad aderire ad essa.
  Gli emendamenti sono inoltre comunicati al Comitato europeo per i problemi criminali del Consiglio d'Europa, che esprime un parere, sottoposto al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. L'emendamento adottato è quindi trasmesso alle Parti per l'accettazione, ed entra in vigore il trentesimo giorno successivo al momento in cui tutte le Parti hanno informato il Segretario generale del Consiglio d'Europa di aver accettato l'emendamento.
  L'articolo 40 disciplina la risoluzione di eventuali controversie in merito all'attuazione della Convenzione, e prevede anzitutto che il Comitato europeo per i problemi criminali sia costantemente informato sull'interpretazione e sull'applicazione della Convenzione medesima: in caso di controversia le Parti ricorreranno al negoziato o a qualsiasi altro mezzo di loro scelta, ma potranno anche sottoporre la controversia al Comitato europeo per i problemi criminali, a un tribunale arbitrale o alla Corte internazionale di giustizia.
  L'articolo 41 è dedicato alle modalità di denuncia della Convenzione, che può avvenire in qualsiasi momento mediante notifica al Segretario generale del Consiglio d'Europa, e ha effetto il primo giorno del mese successivo a un periodo di tre mesi dalla data di ricevimento della notifica da parte del Segretario generale. Pag. 64
  L'articolo 42, infine, specifica le funzioni del depositario della Convenzione nei confronti delle Parti.
  Per quanto riguarda invece il contenuto della proposta di legge di autorizzazione alla ratifica, gli articoli 1 e 2 recano le usuali clausole di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione della Convenzione ratificata, mentre l'articolo 3, in precedenza richiamato, indica il Ministro della giustizia come autorità centrale per l'Italia ai fini della cooperazione internazionale di cui al Capitolo IV della Convenzione e l'articolo 4 prevede che dall'attuazione della legge non debbano derivare nuovi i o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Poiché il provvedimento non presenta disposizioni recanti aspetti problematici per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, propone di esprimere su di esso parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.30.