CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 marzo 2012
629.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 27 marzo 2012. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.05.

Variazioni nella composizione dei Comitati permanenti.

Mario PESCANTE, presidente, comunica che i deputati Massimo Pompili e Pierluigi Castagnetti sono entrati a far

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parte del Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE mentre ha cessato di farne parte il deputato Giovanni Dell'Elce. Comunica altresì che il deputato Massimo Nicolucci ha cessato di far parte del Comitato permanente per l'esame dei progetti di atti dell'UE.

DL 21/2012: Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
C. 5052 Governo.
(Parere alle Commissioni V e VI).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, ricorda che il provvedimento in esame si colloca nell'ambito di alcuni interventi legislativi adottati negli ultimi anni al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e d'interesse nazionale, attraverso l'introduzione di poteri speciali di governance societaria e di strumenti di difesa dalle scalate ostili.
In particolare, il decreto-legge interviene sulla disciplina della c.d. golden share, riformulando le condizioni e l'ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato sulle società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
La normativa italiana sulla golden share è stata oggetto di ricorso presso la Corte di giustizia delle Comunità europee, la quale, da ultimo, con sentenza del 26 marzo 2009, ha condannato l'Italia per le disposizioni dell'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2004, recante definizione dei criteri di esercizio dei poteri speciali. A tal proposito, la Corte riconosceva che la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali possono essere limitate da provvedimenti nazionali giustificati in base agli articoli 43 e 56 del Trattato istitutivo della Comunità europea (ora, rispettivamente, articoli 49 e 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea: si tratta degli articoli che stabiliscono proprio i principi della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali) o da ragioni imperative di interesse generale, ma soltanto qualora le limitazioni siano proporzionate all'obiettivo perseguito e non esista una normativa europea di armonizzazione che indichi i provvedimenti necessari per garantire la tutela degli interessi fondamentali dello Stato.
In particolare, per quanto riguarda la violazione dell'articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea la Corte ricorda che i poteri di intervento di uno Stato membro come i poteri di opposizione le cui condizioni di esercizio sono determinate dai criteri in esame, non subordinati ad alcuna condizione ad eccezione di un riferimento alla tutela degli interessi nazionali formulato in modo generico e senza che vengano precisate le circostanze specifiche e obiettive in cui tali poteri verranno esercitati, costituiscono un grave pregiudizio alla libera circolazione dei capitali. Infine, in relazione alla violazione dell'articolo 43 del TCE, la Corte statuisce che il decreto del 2004 non contiene precisazioni sulle circostanze concrete in cui può essere esercitato il potere di veto e i criteri da esso fissati non sono dunque fondati su condizioni oggettive e controllabili.
Da ultimo, il 24 novembre 2011 la Commissione europea ha deliberato di presentare, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2009/2255, un nuovo ricorso alla Corte di Giustizia dell'UE contro l'Italia in quanto ritiene che alcune disposizioni della normativa italiana che conferisce poteri speciali allo Stato nelle società privatizzate operanti in settori strategici come le telecomunicazioni e l'energia, siano incompatibili con gli articoli 63 e 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE

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(TFUE) riguardanti rispettivamente la libera circolazione dei capitali e il diritto di stabilimento. Il ricorso non risulta ancora depositato in quanto la Commissione europea, in base a contatti informali con il Governo italiano, avrebbe preso atto dell'impegno a conformare a breve la normativa nazionale al diritto dell'UE, rimandando pertanto l'effettiva presentazione del ricorso alla Corte.
Il decreto-legge ridefinisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio dei poteri speciali, quali la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni.
Rispetto all'assetto previgente, che si riferiva specificamente all'esercizio dei poteri speciali da parte dell'azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione operanti nei settori dei servizi pubblici - tra i quali il decreto-legge n. 332/94 indicava espressamente la difesa, i trasporti, le telecomunicazione e le fonti di energia -, i poteri speciali definiti dal provvedimento in esame non sono più legati in maniera esclusiva alla partecipazione azionaria pubblica, bensì riferiti alle società, pubbliche e private, operanti in determinati settori e svolgenti attività di rilevanza strategica (e non più genericamente operanti nei settori dei servizi pubblici).
L'articolo 1 del decreto in esame reca la nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale. La principale differenza con la normativa vigente si rinviene nell'ambito operativo della nuova disciplina, la quale consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le persone giuridiche che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate.
In sintesi, per effetto delle norme in commento, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri) saranno affidate le seguenti funzioni: individuazione di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali; concreto esercizio dei poteri speciali; individuazione di ulteriori disposizioni attuative.
Le norme fissano puntualmente il requisito per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuato nella sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. L'esecutivo potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. Sono puntualmente disciplinati gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione. I decreti che individueranno le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale - in relazione alle quali potranno essere attivati i poteri speciali - dovranno essere aggiornati almeno ogni tre anni.
L'articolo 2 del decreto in esame reca la disciplina dei poteri speciali nei comparti dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Con disposizioni simili a quelle previste dall'articolo 1 del provvedimento per il comparto sicurezza e difesa, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) sono affidate le seguenti funzioni: individuazione degli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (comma 1); esercizio dei poteri speciali (commi 3 e 6);individuazione di ulteriori disposizioni attuative della nuova disciplina (comma 9).
I poteri speciali esercitabili nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni

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consistono nella possibilità di far valere il veto dell'esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni; di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'UE in società che detengono attivi «strategici» e, in casi eccezionali, opporsi all'acquisto stesso. Le norme in esame, in rapporto alle tipologie di poteri esercitabili e alle loro modalità di esercizio, ripropongono - con alcune differenze - la disciplina prevista dall'articolo 1 in relazione alle società operanti nel comparto difesa e sicurezza.
L'articolo 3 reca le norme generali e transitorie nonché le abrogazioni derivanti dal provvedimento. Segnala, al comma 1, la previsione di una condizione di reciprocità operante per l'acquisto, da parte di un soggetto estraneo all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono attivi di rilevanza strategica. È quindi abrogata la disciplina dei poteri speciali indicata dall'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332. L'abrogazione ha luogo a decorrere dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti attuativi ella nuova disciplina. Gli amministratori senza diritto di voto nominati ai sensi della vigente disciplina e in carica alla data della sua abrogazione cessano alla scadenza del mandato. Cessano, altresì, di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei citati decreti, le disposizioni attributive dei poteri speciali contenute nei D.P.C.M. di attuazione del decreto-legge n. 332 del 1994, nonché le clausole statutarie incompatibili con la nuova disciplina in materia di poteri speciali. Sono apportate modifiche all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, al fine di ricomprendere le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni tra quelle che possono comunque introdurre nello statuto un limite massimo di possesso azionario. È infine modificato il codice del processo amministrativo al fine di estendere il rito abbreviato del processo amministrativo e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio) ai provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali nei settori disciplinati dal presente decreto-legge.
L'articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 5 prevede l'entrata in vigore del provvedimento.
Al riguardo, rileva che potrebbe risultare opportuno richiamare nel testo degli articoli 1, comma 3, e 2, comma 7, tra i criteri per l'esercizio dei poteri speciali la cui disciplina è demandata a DPCM, i principi della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla necessità di «ragioni imperative di interesse generale», di «limitazioni proporzionate all'obiettivo perseguito» e di assenza di «normativa europea di armonizzazione» (merita comunque rilevare che già il testo dell'articolo 1, comma 3, richiama «i principi di proporzionalità e ragionevolezza»).
Inoltre, con riferimento alle abrogazioni di cui all'articolo 3, andrebbe valutata l'opportunità di procedere all'abrogazione esplicita, o eventualmente al coordinamento con la nuova disciplina, dei commi 228-231 dell'articolo 4, della legge n. 350/2003, nonché del D.P.C.M. del 10 giugno 2004, come modificato dal successivo D.P.C.M. del 20 maggio 2010. Occorre, infatti, tenere presente che nel parere motivato espresso dalla Commissione europea in data 16 febbraio 2011 sono indicati - quale oggetto di censure - anche i citati commi 228-231, sebbene non sia chiaro se, in sede di ricorso, peraltro ancora non formalizzato, alla Corte di Giustizia UE, il suddetto parere sia stato integralmente riproposto.

Sandro GOZI (PD) anche alla luce della relazione svolta dall'onorevole Gottardo, sottolinea l'opportunità di acquisire dal Governo - come peraltro previsto dall'articolo 15-bis, comma 3-ter, della legge n. 11 del 2005 - i necessari elementi di conoscenza relativi alla procedura di infrazione n. 2009/2255, che il provvedimento è inteso a risolvere, senza i quali appare difficile valutare la piena rispondenza

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delle disposizioni in esame alle contestazioni mosse all'Italia dalla Commissione europea.

Mario PESCANTE, presidente, prende atto di tale richiesta, che si riserva di trasmettere al Governo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Nuove norme in materia di animali d'affezione, di prevenzione e controllo del randagismo e di tutela dell'incolumità pubblica.
Testo unificato C. 1172 Santelli e Ceccacci Rubino e abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL), relatore, ricorda che la proposta di legge in esame detta disposizioni sulla prevenzione del randagismo e sul trattamento degli animali di affezione, disponendo la sostituzione della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo).
Con riferimento agli aspetti del provvedimento di interesse della XIV Commissione, si sofferma su alcune disposizioni.
Richiama innanzitutto l'articolo 21 che, nel disporre che il trasporto degli animali d'affezione debba avvenire nel rispetto delle esigenze fisiologiche ed etologiche della specie, evitando ogni sofferenza, fa salve le disposizioni di cui al regolamento CE n. 1/2005, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate. Tale regolamento disciplina il «trasporto di animali per eliminare gli ostacoli tecnici agli scambi di animali vivi e consentire il buon funzionamento delle organizzazioni di mercato» (considerando 2): esso prevede, tra le altre cose, che «nessuno è autorizzato a trasportare o a far trasportare animali in condizioni tali da esporli a lesioni o a sofferenze inutili» (articolo 3) e prevede altresì la necessità di una documentazione di trasporto (articolo 4); obblighi di pianificazione per il trasporto degli animali (articolo 5); l'ispezione previa ed omologazione dei beni di trasporto (articolo 7).
L'articolo 22, nel consentire a soggetti pubblici e privati, di realizzare cimiteri per gli animali di affezione, fa salve le disposizioni del regolamento (CE) n. 1069/2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano. Tale regolamento definisce i «corpi interi» di «animali che non sono né animali d'allevamento né animali selvatici, come gli animali da compagnia, gli animali da giardino zoologico e gli animali da circo» come «materiale di categoria 1» (articolo 8), disponendo che tale materiale sia «smaltito come rifiuto mediante incenerimento», ovvero «recuperato o smaltito mediante coincenerimento», «smaltito attraverso il processo di sterilizzazione sotto pressione»; «smaltito attraverso sotterramento in una discarica autorizzata» (articolo 12). In deroga a tale procedura però «l'autorità competente può consentire lo smaltimento tramite sotterramento di animali da compagnia e di equidi morti» (articolo 19).
L'articolo 22 prevede altresì che il trasporto delle carcasse degli animali di affezione sia eseguito a cura dei proprietari e nel rispetto dei principi del regolamento (CE) n. 1069/2009. In proposito, si ricorda che il regolamento (CE) n. 1069/2009 definisce la carcassa, attraverso il richiamo all'allegato I al regolamento (CE) n. 853/2004, come «il corpo di un animale dopo il macello e la toelettatura» (articolo 3), classificandola come «materiale di categoria 3» (articolo 10) e disponendo che sia «smaltita come rifiuto mediante incenerimento»; «recuperata o smaltita mediante coincenerimento»; «smaltita in una discarica autorizzata», trasformata, a determinate condizioni, e destinata a vari usi (articolo 14). Analogo richiamo al regolamento n. 1069/2009 è contenuto nell'articolo 6 del provvedimento in esame, che disciplina gli obblighi di segnalazione del

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decesso di un animale di affezione ed i casi in cui è possibile procedere alla sua soppressione. consente anche la sepoltura nelle carcasse nei cimiteri degli animali di affezione o in terreni di privati cittadini. Anche con riferimento alle carcasse degli animali di affezione vale comunque la deroga di cui all'articolo 19 del regolamento, già sopra richiamata.
Alla luce di tali considerazioni, ritiene che il provvedimento non presenti profili problematici per quello che attiene la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea e formula pertanto una proposta di parere favorevole.

Enrico FARINONE (PD) osserva come il provvedimento in esame sia volto a sostituire la legge quadro in materia di randagismo (legge 281/1991), ormai datata, e rappresenti un punto di mediazione tra diverse istanze. Il provvedimento è tuttavia ben lontano da offrire una soluzione adeguata al problema rappresentato dai cani pericolosi, di particolare rilievo e gravità, come testimoniano i più recenti episodi di cronaca. Si tratta di tematiche che potranno più opportunamente essere affrontate nel corso dell'esame in Assemblea del provvedimento; non si profilano questioni problematiche in ordine alla compatibilità delle disposizioni con la normativa europea.

Marco MAGGIONI (LNP) sottolinea a sua volta il rilievo del provvedimento, di particolare attualità, e ritiene che in Assemblea si svolgerà un ampio dibattito, anche con la partecipazione di componenti che si possono definire «animaliste».
Preannuncia quindi l'astensione del gruppo della Lega sulla proposta di parere formulata dal relatore, in ragione delle numerose incombenze che il provvedimento determina a carico degli enti locali e dei sindaci in particolare, già sommersi da un ingente carico di lavoro.

Gaetano PORCINO (IdV) preannuncia a sua volta l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

Antonio RAZZI (PT) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

Isidoro GOTTARDO (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

Sandro GOZI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche per una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale.
Testo unificato C. 278 e abb./A.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL), relatore, rileva che il testo unificato in esame riguarda diverse proposte di legge (A.C. 278 ed abb.) in tema di governo delle attività cliniche, allo scopo di garantire una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale.
In linea generale, con il termine clinical governance ci si riferisce ad un modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e di tutti i professionisti impegnati nel SSN, attraverso una integrazione degli aspetti clinico-assistenziali e di quelli gestionali implicati nell'assistenza al cittadino-malato. Il governo delle attività cliniche consiste pertanto nella programmazione, organizzazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie da garantire mediante il diretto coinvolgimento del collegio di direzione delle aziende sanitarie locali. Il provvedimento, già all'esame dell'Assemblea della Camera, è stato rinviato in Commissione nel giugno 2010. Nel novembre 2011 il relatore in XII Commissione ha presentato

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una nuova proposta di testo unificato che ha subito diverse modifiche nel corso della fase emendativa presso la Commissione medesima.
Illustra quindi sinteticamente il contenuto del provvedimento, che si compone di 11 articoli, come risultante dalle modifiche approvate.
L'articolo 1 affida alle regioni il compito di disciplinare il governo delle attività cliniche nel rispetto dei principi fondamentali della legge, assicurando la partecipazione del Collegio di direzione e garantendo soluzioni efficienti, eque e rispettose di standard di qualità.
L'articolo 2 riafferma in sede legislativa i principi dell'autonomia e responsabilità dei medici e dei professionisti sanitari nell'esercizio delle loro funzioni dirette alla tutela della salire degli individui e della collettività.
L'articolo 3 rimette alle regioni il compito di istituire e disciplinare il collegio di direzione come organo dell'azienda, in modo da rafforzarne il ruolo e la funzione.
L'articolo 4 interviene in tema di pubblicità e trasparenza delle procedure per la copertura delle vacanze dei posti di direttore generale e di requisiti necessari per l'accesso alla predetta carica.
L'articolo 5 dispone in tema di procedure per l'attribuzione di incarichi per i dirigenti medici, disciplinate dalle regioni nel rispetto di alcuni princìpi. In particolare, per l'attribuzione degli incarichi di direzione di struttura complessa, la selezione è effettuata da una commissione presieduta dal direttore sanitario e composta da due direttori di struttura complessa individuati mediante sorteggio da elenchi predisposti dalla regione.
Viene demandato alle regioni (articolo 6) il compito di identificare gli strumenti necessari alla valutazione dei dirigenti, sulla base di specifiche linee guida.
L'articolo 7 detta alcune indicazioni in ordine ad una nuova organizzazione dei dipartimenti sanitari all'interno delle aziende sanitarie locali.
L'articolo 8 detta norme in merito al collocamento a riposo dei dirigenti medici e sanitari del servizio sanitario nazionale.
Sono poi stabiliti dall'articolo 9 alcuni principi sulla programmazione e gestione delle tecnologie sanitarie da parte delle regioni, allo scopo di assicurare il rispetto di criteri di sicurezza, efficienza ed economicità.
L'articolo 10 prevede la pubblicità delle verifiche di competenza del collegio sindacale e l'articolo 11 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
Con riferimento alla normativa dell'Unione europea, ricordo che in materia sanitaria è stata recentemente approvata la direttiva 2011/24/UE, la quale disciplina i diritti dei pazienti riguardo all'assistenza sanitaria transfrontaliera e il rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l'assistenza di base che per le cure ospedaliere.
La delega per il recepimento della direttiva è contenuta nell'allegato B al disegno di legge comunitaria 2012 (C. 4925).

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.25.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 27 marzo 2012. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/17/UE relativa all'abrogazione di alcune direttive in materia di metrologia.
Atto n. 442.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

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La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Mario PESCANTE, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, onorevole Formichella, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame intende attuare la delega legislativa recata dall'articolo 9, comma 1, della legge comunitaria 2010, per recepire la direttiva 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga alcune direttive in tema di metrologia.
Si tratta, in particolare, delle direttive 71/317/CEE (pesi parallelepipedi e cilindrici), 71/347/CEE (misurazioni del peso ettolitrico dei cereali), 71/349/CEE, 74/148/CEE (pesi da 1 mg a 50 kg di precisione superiore alla precisione media), 75/33/CEE (contatori di acqua fredda), 76/765/CEE (alcolometri e densimetri per alcole), 76/766/CEE (tavole alcolometri che) e 86/217/CEE (manometri per pneumatici degli autoveicoli).
Le direttive abrogate risultano tecnicamente superate e riferite a strumenti di misura sempre meno utilizzati, per cui tale disciplina europea, ormai datata, può essere completamente surrogata dalla coesistente disciplina metrologica nazionale, oltre che dall'inserimento di eventuali nuove norme più adeguate in materia nella direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004, che regola attualmente, nell'ambito europeo, gli strumenti di misura secondo il nuovo approccio.
La direttiva 2011/17/UE prevedeva all'articolo 5 il recepimento da parte degli Stati membri, entro il 30 giugno 2011, dell'articolo 1 (abrogazione della direttiva 71/349/CEE concernente la stazzatura delle cisterne natanti), mentre per le restanti disposizioni il termine di recepimento è più ampio (1 dicembre 2015). Essendo tale termine scaduto, la Commissione, il 29 settembre 2011 ha aperto la procedura d'infrazione n. 2011/1078 ai sensi dell'articolo 258 TFUE, per mancata attuazione del provvedimento, come meglio specificato più avanti.
Il presente provvedimento mira, pertanto, al superamento della suddetta procedura di infrazione.
Contestualmente, si provvede all'immediato recepimento dell'intero contenuto della direttiva 2011/17/UE nell'ordinamento interno, abrogando anche le norme di recepimento delle altre direttive, con decorrenza dal dicembre 2015.
Le disposizioni recate dallo schema di decreto legislativo corrispondono alle specifiche disposizioni della direttiva, naturalmente riformulando i riferimenti alle direttive abrogate come riferimenti alle corrispondenti disposizioni nazionali di recepimento.
L'articolo 1, i cui commi 1, 2 e 3 corrispondono, rispettivamente, agli articoli 1, 2 e 3 della direttiva, fissa le decorrenze di abrogazione delle norme interne di attuazione delle direttive abrogate. In particolare, il comma 1 provveda ad abrogare con decorrenza immediata il decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1982, n. 867, di attuazione della direttiva 71/349/CEE, relativa alla stazzatura delle cisterne di natanti, per superare la procedura d'infrazione.
L'articolo 2, i cui commi 1, 2 e 3 corrispondono rispettivamente ai paragrafi 1, 2 e 3 dell'articolo 6 della direttiva, riguarda la residua validità transitoria degli adempimenti effettuati sulla base delle predette norme interne, fino alla data di abrogazione individuata dal precedente articolo 1.
L'articolo 3 tiene conto delle disposizioni dell'articolo 4 della direttiva, che prevedono una specifica procedura di revisione dei termini di abrogazione e delle disposizioni transitorie della direttiva. All'eventuale recepimento delle modifiche della direttiva, si provvede mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico.
L'articolo 4 contiene la clausola di salvaguardia finanziaria. La relazione illustrativa precisa che, non essendo prevista l'introduzione di nuovi adempimenti, ma solo l'abrogazione di norme vigenti già in gran parte in disuso, la disposizione non comporta né nuovi o maggiori oneri

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né minori entrate, e non richiede specifiche valutazioni di impatto. Tuttavia, per maggior garanzia, è stata comunque introdotta la rituale disposizione secondo cui le amministrazioni interessate provvedono agli eventuali adempimenti conseguenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, in conformità con la disposizione già contenuta al comma 5 dell'articolo 9 della legge comunitaria 2010.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16, di attuazione delle direttive 2006/17/CE e 2006/86/CE, che attuano la direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani nonché per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.
Atto n. 444.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Benedetto Francesco FUCCI (PdL), relatore, evidenzia che lo schema di decreto legislativo in esame è diretto modificare il decreto legislativo n. 16/2010 che ha recepito contestualmente due direttive tecniche della Commissione europea, la 2006/17/CE e la 2006/86/CE, che attuano la direttiva 2004/23/CE del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani. Il provvedimento è adottato in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 88/2009 (Legge comunitaria 2008) che disciplina la procedura per adottare schemi di decreto legislativi correttivi di quelli precedentemente emanati in attuazione di direttive comunitarie.
Il provvedimento si compone di 9 articoli, tutti modificativi del decreto legislativo n. 16/2010.
L'articolo 1 introduce, nell'articolo 1, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 16/2010, uno specifico riferimento alle competenze dell'Istituto superiore di sanità previste dall'articolo 11 della L. 40/2004 , in materia di registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Gli articoli 2 e 5 del provvedimento, modificando gli articoli 3, comma 12, e l'articolo 15 del decreto legislativo 16/2010, specificano che, nelle more della definizione del codice unico europeo, nell'ambito delle norme sull'approvvigionamento di tessuti e cellule, si deve applicare il codice unico di identificazione nazionale.
Gli articoli 3 e 4 modificano ed integrano gli articoli 10 e 11 del decreto legislativo 16/2010, dedicati alla notifica di reazioni ed eventi avversi gravi. In particolare, si sopprime l'obbligo di alcune comunicazioni all'Istituto superiore di sanità e si prevede, in via sostitutiva, che a tale Istituto vengano inoltrate, da parte del Centro nazionale trapianti, le informazioni relative alle cellule riproduttive ed agli embrioni. Tali informazioni saranno inserite nel registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Le novelle di cui agli articoli 6 e 7 modificano alcune prescrizioni relative alla donazione, da parte del partner, di cellule riproduttive ed ai correlati test sui campioni di sangue, poste dagli allegati III e IV del decreto legislativo 16/2010.
L'articolo 8 modifica l'allegato V del decreto legislativo 16/2010, al fine di precisare che gli Istituti dei tessuti devono sottoporre in ogni caso - e non in via eventuale - ad un sistema adeguato di osservazioni, vigilanza ed allarmi le attrezzature

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ed i materiali che incidono su parametri critici di lavorazione o stoccaggio.
L'articolo 9 dello schema prevede, infine, che gli eventuali successivi adeguamenti degli allegati al decreto legislativo 16/2010 siano operati con regolamenti governativi.
Con particolare riferimento alla normativa dell'Unione europea, ricorda che - come già detto - lo schema di decreto legislativo in esame è diretto modificare il decreto legislativo n. 16/2010 che ha recepito contestualmente due direttive tecniche della Commissione europea, la 2006/17/CE e la 2006/86/CE che attuano la direttiva 2004/23/CE del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.
Per prevenire la trasmissione di malattie attraverso tessuti e cellule umane destinati ad applicazioni sull'uomo e garantire un adeguato livello di qualità e sicurezza, la direttiva 2004/23/CE prevede la fissazione di prescrizioni tecniche specifiche per ciascuna delle fasi del procedimento di applicazione di tessuti e cellule umani, comprese le indicazioni relative a un sistema di qualità per gli istituti dei tessuti.
Poiché, in attuazione della citata direttiva del 2004, gli Stati membri sono tenuti ad istituire un sistema di accreditamento, designazione o rilascio di licenza per gli istituti dei tessuti e per i relativi procedimenti di preparazione, è stata adottata la direttiva 2006/86/CE della Commissione, del 24 ottobre 2006, che definisce le prescrizioni tecniche per la realizzazione di tale sistema. Più nel dettaglio, la nuova direttiva concerne la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo (sempre che tali prodotti non siano disciplinati da altre direttive). Inoltre, le norme relative alla rintracciabilità e alla notifica di reazioni o eventi avversi gravi, si applicano anche alla donazione, all'approvvigionamento e al controllo di tessuti e cellule umani. L'allegato I stabilisce le prescrizioni per l'accreditamento, la designazione, l'autorizzazione o il rilascio di licenza agli istituti dei tessuti, ossia alle strutture che effettuano attività di lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani. L'allegato II reca le prescrizioni per l'autorizzazione di procedimenti di preparazione di tessuti e cellule negli istituti summenzionati.
La direttiva in esame, inoltre, definisce una procedura di notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e reca prescrizioni specifiche in materia di rintracciabilità (articoli 9 e 10). La direttiva definisce inoltre gli elementi informativi che devono essere oggetto delle citate notifiche e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, nonché tra gli Stati membri e l'Unione europea. Infine, per agevolare la rintracciabilità e l'accesso alle informazioni sulle caratteristiche e le proprietà fondamentali di tessuti e cellule, si prevede per tutti i materiali donati agli istituti dei tessuti un codice unico europeo d'identificazione, i cui elementi necessari sono definiti dall'allegato VII (tale sistema di codifica non si applica alla donazione di cellule riproduttive da parte del partner). Infine, l'allegato VI concerne la rintracciabilità delle cellule e dei tessuti ricevuti dagli istituti dei tessuti o da essi distribuiti.
Quanto alla direttiva 2006/17/CE, dell'8 febbraio 2006, anch'essa si pone in attuazione della direttiva 2004/23, per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani. In particolare, definisce le prescrizioni relative all'approvvigionamento di tessuti e cellule umani, i criteri di selezione dei donatori, gli esami di laboratorio per essi richiesti, le procedure di donazione e di approvvigionamento dei tessuti ovvero delle cellule, e la ricezione presso l'istituto dei tessuti, i requisiti di distribuzione diretta al ricevente dei tessuti e delle cellule specifiche.
In merito alla compatibilità con il diritto dell'Unione europea della disciplina

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introdotta dal provvedimento in esame, va osservato che vi è uno scostamento tra lo schema di decreto e la disciplina comunitaria, in materia di termini temporali per il prelievo dei campioni di sangue per l'effettuazione dei test. La direttiva 2006/17/CE stabilisce infatti all'Allegato III - che individua i criteri di selezione e gli esami di laboratorio richiesti per i donatori di cellule riproduttive - che «I campioni di sangue vanno prelevati al momento della donazione» (paragrafo 4.2). Lo schema di decreto stabilisce invece, al comma 2 dell'articolo 6, che «I campioni di sangue vanno prelevati non oltre 90 giorni prima del prelievo/raccolta dei gameti e ripetuti ogni 6 mesi durante il trattamento. Nel caso di crioconservazione dei gameti e degli embrioni, non è necessaria la ripetizione dei test ogni 6 mesi». Sottolinea come occorra comprendere la portata di tale diversa disposizione, anche a tal fine acquisendo gli opportuni chiarimenti da parte del Governo.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.35.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 27 marzo 2012. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.35.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e la libera circolazione di tali dati.
COM(2012)10 final.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati).
COM(2012)11 final.

(Ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà).
(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

Sandro GOZI (PD), relatore, osserva che il pacchetto di proposte all'ordine del giorno dell'odierna seduta costituisce il risultato di un complesso lavoro svolto dalla Commissione europea allo scopo di definire in maniera tendenzialmente organica l'assetto giuridico della protezione dei dati personali nell'Unione europea.
Il pacchetto si compone di una proposta di regolamento volta a sostituire la disciplina attualmente contenuta nella direttiva 95/46/CE, e di una proposta di direttiva diretta a sostituire la decisione quadro 2008/977/GAI.
Attraverso il ricorso a questi due strumenti la Commissione europea ha inteso, per un verso, definire in termini più compiuti la disciplina da applicare in maniera uniforme in tutti i paesi membri dell'Unione europea, in modo da ridurre la frammentazione che si registra in proposito e, per altro verso, stabilire una disciplina comune anche per quanto riguarda i profili penali.
Complessivamente, quindi, si prospetta un rafforzamento della strumentazione giuridica per tradurre più efficacemente l'obiettivo di procedere a un'armonizzazione della materia a livello europeo, comunque riconoscendo agli Stati membri, relativamente agli aspetti che investono i profili penali, la discrezionalità necessaria ad assicurare un minimo di flessibilità.
Il ricorso a strumenti giuridici più «stringenti», ha comportato, in particolare per quello che riguarda la proposta di regolamento, una notevole crescita delle dimensioni della disciplina prospettata, comparata con quella contenuta nella direttiva

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95/46/CE, al punto che dai 34 articoli vigenti si passerebbe a ben 91 articoli.
Va comunque segnalato che nelle intenzioni della Commissione la crescita delle dimensioni della normativa non graverebbe i soggetti destinatari della stessa di ulteriori adempimenti ma intenderebbe, anzi, rispondere all'obiettivo di ridurre gli oneri attualmente a loro carico, oneri derivanti in larga parte proprio dalla coesistenza di regimi difformi.
Le rilevanti differenze tra gli ordinamenti dei diversi Stati membri penalizzerebbero in particolare le piccole e medie imprese le quali, dovendosi confrontare con regimi assai differenziati, rinuncerebbero a svolgere la loro attività anche nel territorio di altri Stati rispetto a quello di residenza.
Venendo più in particolare ai contenuti della proposta di regolamento COM(2012)11, merita sottolineare alcune specifiche disposizioni, in ragione del carattere innovativo delle stesse.
In particolare, all'articolo 4 si precisa che il consenso dell'interessato per l'utilizzo dei propri dati personali deve essere manifesto ed esplicito, in tal modo escludendosi l'eventualità di un consenso tacito. Particolari garanzie sono previste quando si tratti di dati personali che riguardino minori.
Carattere fortemente innovativo hanno anche le disposizioni volte a rafforzare il diritto alla cancellazione dei dati personali, quando siano venute meno le ragioni che ne consentivano l'utilizzo. In proposito, la proposta fa anche riferimento a un non meglio precisato diritto d'oblio.
Vengono comunque rafforzati gli obblighi e, contestualmente, i divieti, posti a carico dei responsabili del trattamento dei dati.
Sempre a tutela dell'interessato, la proposta di regolamento disciplina anche il diritto dello stesso alla portabilità dei dati, vale a dire il diritto di trasferire i propri dati tra diversi sistemi elettronici senza che il responsabile del trattamento possa impedirlo.
Fortemente innovative sono anche le disposizioni volte a dettagliare in termini più accurati il diritto di non essere sottoposto a «profilazioni», tecnica quest'ultima che è largamente utilizzata nelle attività commerciali realizzate in via informatica ma che rischia di incidere pesantemente sulla sfera giuridica dei soggetti interessati.
In materia di limitazioni dei diritti relativi al trattamento dei dati personali, la proposta di regolamento individua talune fattispecie ritenute particolarmente meritorie. I casi previsti risultano in larga parte rispondenti a situazioni giuridiche e tipologie ampiamente normate. Non mancano tuttavia casi (si vedano, per esempio, le attività volte a prevenire la violazione della deontologia delle professioni regolamentate, ovvero lo svolgimento di funzioni di controllo anche occasionalmente connesse all'esercizio di pubblici poteri) in cui la definizione non appare sufficientemente precisa e tale da risultare inequivoca.
Potrebbe, quindi, evidenziarsi la necessità di una disciplina più dettagliata onde evitare il rischio di incertezze in sede di attuazione, ovvero di difformi orientamenti da parte dei diversi Stati membri.
Contenuto innovativo hanno anche le disposizioni volte a sostituire l'obbligo di notifica alle autorità di controllo previsto indiscriminatamente dalla disciplina vigente con un obbligo di notifica e comunicazione più opportunamente mirata alle sole operazioni di trattamento che presentino rischi particolari per la sfera giuridica del soggetto interessato.
Rispondono all'obiettivo di rafforzare la tutela di quest'ultimo anche le norme volte a disciplinare l'obbligo di notificazione e comunicazione entro termini prestabiliti delle eventuali violazioni dei dati personali.
Qualche approfondimento potrà risultare opportuno con riferimento all'istituzione della figura obbligatoria del responsabile della protezione dei dati personali per il settore pubblico e per le imprese che abbiano almeno 250 dipendenti. Si tratta,

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in particolare, di valutare se tale obbligo non possa comportare adempimenti e oneri aggiuntivi.
Assai puntuali sono anche le disposizioni volte a disciplinare il trasferimento dei dati personali verso paesi terzi od organizzazioni internazionali. Al riguardo merita segnalare che l'Italia aveva evidenziato la necessità di pervenire a un regime tendenzialmente uniforme.
La proposta di regolamento prevede che il trasferimento debba essere subordinato alla preventiva adozione, da parte della Commissione, di una decisione che verifichi l'adeguatezza del livello di protezione accordato dallo Stato destinatario delle informazioni. È peraltro previsto che anche in assenza di una decisione della Commissione si possa procedere al trasferimento purché si verifichino talune circostanze che nella proposta di regolamento sono puntualmente indicate.
Tra le competenze attribuite alle autorità di controllo, vi è anche l'irrogazione di sanzioni amministrative nel caso di violazione degli obblighi previsti. In proposito occorre valutare se le misure prospettate quando si tratti di imprese (fino al 2 per cento del fatturato annuo), siano proporzionate e sostenibili.
Si dispone, inoltre, l'istituzione del Comitato europeo per la protezione dei dati composto dai responsabili delle autorità di controllo dei diversi Stati membri e dal Garante europeo della protezione dei dati. L'istituzione di questo organismo, che subentrerebbe al cosiddetto gruppo «articolo 29», risponde all'obiettivo di rafforzare il coordinamento tra i diversi Stati membri.
Nell'ottica del perseguimento di una tendenziale uniformità dei criteri si inquadrano anche le disposizioni volte a istituire il cosiddetto meccanismo di coerenza in base al quale le attività di trattamento dei dati che coinvolgano soggetti di diversi Stati membri verrebbero ricondotte a una tendenziale uniformità.
La proposta di direttiva COM(2012)10 è diretta a disciplinare la materia del trattamento dei dati personali a fini di prevenzione e indagine, accertamento e perseguimento di reati ovvero di esecuzioni e sanzioni penali.
I contenuti della proposta di direttiva corrispondono in larga parte a quelli della proposta di regolamento di cui si è detto in precedenza, fatto salvo il minor dettaglio derivante dalla natura dello strumento giuridico prescelto che implica quasi inevitabilmente l'attribuzione a ciascuno Stato membro di un certo margine di discrezionalità per la definizione di alcuni specifici profili.
In entrambi i casi la base giuridica è costituita dall'articolo 16 del TFUE in base al quale ogni persona ha diritto alla protezione dei dati a carattere personale che la riguardano (paragrafo 2). Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale da parte delle istituzioni e degli organismo dell'Unione, nonché da parte degli Stati membri nell'esercizio di attività che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell'Unione, e le norme relative alla libera circolazione di tali dati. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di autorità indipendenti (paragrafo 2).
Per quanto concerne i profili di sussidiarietà, oggetto specifico dell'odierno esame in Commissione, merita segnalare che la Commissione europea evidenzia la necessità di garantire il medesimo livello di protezione dei dati in tutta l'UE e di assicurare l'uniformità nell'applicazione del diritto dell'UE in materia attraverso una sempre più stretta cooperazione tra gli Stati membri e le autorità nazionali competenti.
La Commissione europea si è quindi orientata nel senso di prospettare una modernizzazione del quadro normativo vigente volta ad armonizzare ulteriormente le norme sostanziali. Le argomentazioni della Commissione appaiono sotto questo profilo ampiamente convincenti.
È innegabile che la pregnanza delle situazioni giuridiche coinvolte richieda una sostanziale uniformità del livello di

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protezione e il progressivo superamento delle difformità di regimi vigenti nei diversi Stati membri.
Vi sono tuttavia alcuni aspetti che meritano una ulteriore riflessione e sui quali sarebbe opportuno acquisire una valutazione da parte del Governo.
Si sofferma in primo luogo sulle disposizioni recate dall'articolo 21 in tema di limitazioni, rilevando che a fronte del carattere dettagliato delle norme in materia di diritti dell'interessato contenute nella proposta di regolamento, il dettato della disposizione in questione non presenta lo stesso livello di definizione, prefigurando la possibilità di interpretazioni assai ampie dei casi di limitazioni, con la possibilità di determinare significative difformità tra i regimi applicati dai diversi Stati membri e il conseguente rischio di incidere negativamente sul rafforzamento della protezione dei dati personali, obiettivo prioritario della proposta di regolamento in esame.
Un ulteriore aspetto problematico è costituito dalla creazione dello sportello unico per il controllo della protezione dei dati, di cui all'articolo 51 dello schema di decreto, che rischia di privare gli interessati della possibilità di rivolgersi all'autorità di controllo nazionale dello Stato membro in cui risiedono e produrrebbe situazioni estremamente complesse in ragione della asimmetria tra i ricorsi amministrativi presentati presso l'autorità di controllo straniera e i ricorsi giurisdizionali contro il responsabile del trattamento presentati presso il giudice nazionale. Segnala che sul punto il Senato francese ha adottato un parere motivato per violazione del principio di sussidiarietà.
Con riferimento quindi al diritto all'oblio, l'elevato numero di deleghe conferite alla Commissione europea sembrerebbe andare al di là della natura stessa degli atti delegati come definita nell'articolo 290 TFUE. Occorrerebbe, a suo avviso, definire più chiaramente i principi legislativi generali in base ai quali la Commissione dovrà poi definire la specifica disciplina.
Riterrebbe infine utile sottolineare l'opportunità che, io generale, siano fatte salve tutte quelle disposizioni recate dalle legislazioni nazionali che garantiscono una tutela più ampia rispetto alle disposizioni europee.
Auspica che su tali aspetti si possa svolgere un utile confronto con il Governo, anche al fine di una più compiuta valutazione circa la conformità degli atti con il principio di sussidiarietà.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.45 alle 15.