CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 ottobre 2011
545.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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Mercoledì 12 ottobre 2011. - Presidenza del Presidente Gianfranco FINI.

La seduta comincia alle 10.

Comunicazioni del Presidente.

Gianfranco FINI, Presidente, ricorda che nella seduta di ieri la Camera ha respinto, a parità di voti, l'articolo 1 del disegno di legge n. 4621, di rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010, che testualmente recita: «il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato e i rendiconti delle Amministrazioni e delle Aziende autonome per l'esercizio 2010 sono approvati nelle risultanze di cui ai seguenti articoli».
La disposizione reca dunque:
1) l'approvazione del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato;
2) l'approvazione dei rendiconti delle amministrazioni e aziende autonome;
3) il rinvio, quanto ai contenuti contabili, alle risultanze specificate negli articoli successivi.
Il disegno di legge è composto di complessivi diciotto articoli e di un allegato.
Subito dopo la votazione, ha convocato la Conferenza dei capigruppo a seguito della quale, in ordine alle conseguenze della deliberazione sul piano procedurale, ossia rispetto all'iter del provvedimento nel suo complesso, ha ravvisato l'opportunità di un approfondimento in sede di Giunta per il Regolamento, anche in considerazione del fatto che non risultano precedenti di reiezione di articoli del disegno di legge di rendiconto consuntivo, né del provvedimento nel suo complesso.
Per valutare la questione occorre considerare che la formulazione dell'articolo 1 del rendiconto, in particolare nella parte che contempla l'approvazione del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato e dei rendiconti delle Amministrazioni e delle Aziende autonome per l'esercizio 2010 rivela un contenuto deliberativo autonomo e sostanziale, in quanto recante appunto l'approvazione dei rendiconti, mentre i successivi articoli espongono, per lo più attraverso dati contabili di sintesi, le risultanze di gestione richiamate espressamente dall'articolo 1 in relazione all'approvazione dei rendiconti. Mancando questa disposizione, l'effetto di approvazione dei rendiconti non potrebbe farsi discendere dalla eventuale approvazione di tutti i successivi articoli, né dal voto finale sul disegno di legge. Non sembra possibile, in sostanza, ritenere che la votazione dell'articolo 1 - per come il disegno di legge è stato strutturato dal Governo - sia una deliberazione meramente ricognitiva di un contenuto che si declina analiticamente negli articoli successivi, e dunque in sé priva di un autonomo significato deliberativo.

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Va considerato al riguardo, in via generale, che il rendiconto, nella sistematica costituzionale fondata sull'articolo 81, costituisce atto fondamentale di controllo sull'operato del Governo. Atto che, proprio nell'articolo 1, trova la sua formale esplicitazione laddove gli articoli successivi attengono alle risultanze dei diversi aspetti di gestione. Anche sotto questo profilo, l'articolo 1 costituisce l'architrave del provvedimento e il presupposto logico - procedurale rispetto alle disposizioni successive.
Ne deriva che dalla reiezione dell'articolo 1 del disegno di legge di rendiconto non può che discendere la preclusione dei restanti articoli e la reiezione del provvedimento nel suo complesso, con conseguente conclusione del suo iter parlamentare.
Aggiunge un'ulteriore considerazione. Dalla natura stessa della legge di approvazione del rendiconto discende, nella prassi parlamentare, la sua sostanziale inemendabilità. In questo senso si veda la seduta della Camera del 15 giugno 1982 nella quale il Presidente precisava che «La prassi confortata dalla dottrina esclude ...senza eccezioni l'ammissibilità di emendamenti al rendiconto generale dello Stato, la cui redazione spetta esclusivamente al Governo e con il quale le Camere sono chiamate a manifestare un giudizio - favorevole o contrario - sulla sintesi della gestione amministrativa dello Stato». Nello stesso senso richiama anche le sedute della IV Commissione del 16 luglio 2002, della XIII Commissione del 25 luglio 2006 e della XI Commissione del 17 luglio 2008: da tali precedenti emerge univocamente come il disegno di legge di approvazione del rendiconto sia sostanzialmente inemendabile, «essendo ammissibili soltanto gli emendamenti volti ad apportare modifiche di carattere meramente formale o tecnico». Ne discende, quindi, che è precluso anche al Governo presentare emendamenti al testo se non nei ristrettissimi limiti individuati dalla prassi; in particolare, nel caso di specie, non sarebbe comunque consentito al Governo di modificare con emendamenti le risultanze contenute negli articoli successivi al primo, né presentare, anche se sotto forma lessicale diversa, il contenuto dell'articolo respinto.
Anche sotto questo aspetto quindi non può che considerarsi concluso l'iter parlamentare del disegno di legge di rendiconto.
Per completezza ricorda che la prassi conosce precedenti in cui, con riferimento a fattispecie diverse ed a diverse tipologie di progetti di legge, la reiezione del primo articolo di un provvedimento ha comportato, come chiarito dalla Presidenza, la reiezione del provvedimento nel suo complesso, in ragione del contenuto fondamentale dell'articolo 1 rispetto al resto del provvedimento (in questo senso richiama i precedenti del 3 novembre 1998, sulla legge istitutiva della Commissione d'inchiesta su Tangentopoli, del 13 ottobre 1999, sull'abolizione dell'imposta sulle successioni, del 1o dicembre 1999, sulle vendite sottocosto e del 6 marzo 2001, sul demanio marittimo).
Da tutto ciò deriva anche l'impossibilità di proseguire nell'esame del disegno di legge di assestamento per il 2011, il cui iter resta pertanto sospeso. Ciò alla luce del disposto dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento (introdotto nel 1983), secondo il quale «il disegno di legge di approvazione del rendiconto generale dello Stato è esaminato, con il disegno di legge che approva l'assestamento degli stanziamenti di bilancio per l'esercizio in corso». Ma ciò anche dal punto di vista contabile, sussistendo una connessione di carattere sostanziale tra i due documenti. Attraverso il rendiconto viene determinato in via definitiva l'ammontare dei residui che è successivamente posto a base della ridefinizione delle previsioni di cassa operate dall'assestamento. In altri termini, l'accertamento dei residui operato dal rendiconto attraverso il giudizio di parificazione della Corte dei conti costituisce la base contabile sulla quale effettuare le variazioni di bilancio proprie dell'assestamento.
Nella prassi, del resto, il rendiconto è stato generalmente sempre approvato prima dell'assestamento, salvo taluni precedenti che risalgono, quanto alla Camera,

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al 1983 (peraltro nella fase transitoria che ha seguito l'approvazione dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento) ed al 1991 al Senato. Da allora - e cioè negli ultimi 20 anni - il disegno di legge di rendiconto è sempre stato esaminato congiuntamente all'assestamento, rispetto al quale è stato considerato il necessario presupposto.
Su tale questione chiede ai componenti della Giunta di esprimere il proprio avviso, disponendo una brevissima sospensione della seduta.

La seduta, sospesa alle 10.08, è ripresa alle 10.12.

Antonio LEONE, in via preliminare, rileva come l'estrema delicatezza della questione all'esame della Giunta renda, a suo avviso, imprescindibile concedersi il tempo necessario per un approfondimento delle considerazioni svolte dal Presidente, anche in ragione del fatto che le conclusioni cui questi è giunto appaiono a suo avviso viziate da una qualche contraddizione giuridica.
Ritiene infatti che, assumendo che il rendiconto sia una legge meramente formale e priva quindi di un contenuto normativo, appare tutto da dimostrare l'assunto per cui dalla reiezione dell'articolo 1 discenderebbe la reiezione dell'intero provvedimento e quindi la conclusione dell'iter di esame dello stesso da parte della Camera. Esattamente come è necessario interrogarsi su quali potrebbero essere gli effetti procedurali derivanti dalla reiezione di uno o più articoli successivi al primo. Potrebbe forse giungersi ad affermare che, anche in questo caso, con ciò si determina la reiezione del provvedimento nel suo complesso? Oppure si dovrebbe ritenere che, trattandosi della reiezione di un articolo recante mere risultanze contabili, non ne discenderebbe alcuna preclusione, con l'esito paradossale che si finirebbe per approvare un rendiconto incompleto?
Dalla qualificazione del rendiconto come legge meramente formale, e quindi sostanzialmente come atto di controllo parlamentare sull'operato del Governo, si ricava, a suo avviso, la necessità di mettere in discussione proprio la strutturazione in articoli del provvedimento (nel caso di specie sono diciotto) - tipica, invece, di uno strumento legislativo in senso proprio - e rimarcare la evidente contraddittorietà di tale struttura formale con la suddetta natura. Sarebbe infatti a suo avviso più corretto - e niente impedirebbe al Governo di farlo - che un documento di questo genere venga strutturato in un articolo unico e che le risultanze contabili siano contenute in un allegato cui l'articolo dovrebbe fare riferimento.
La necessità di svolgere ulteriori approfondimenti deriva, a suo avviso, anche dalla questione relativa alla inemendabilità - non solo formale ma anche sostanziale - del disegno di legge di rendiconto, che si fa discendere dal fatto che l'accertamento dei residui e la verifica delle risultanze contabili hanno formato oggetto del giudizio di parificazione da parte della Corte dei conti. Da ciò non può che discendere che l'esame parlamentare, lungi dall'essere una valutazione politica dell'operato del Governo, si limita ad una mera verifica delle risultanze contabili, la cui correttezza le Commissioni potrebbero accertare. In questo senso sono da ricordare quei precedenti degli inizi degli anni 80, richiamati anche dal Presidente, in cui i rendiconti sono stati approvati anche a distanza di quattro anni dalla loro presentazione alle Camere, nonché quei precedenti in cui il Senato, agli inizi degli anni 90, approvò la legge di assestamento in un momento antecedente rispetto al rendiconto.
Conclusivamente, nel fare richiamo ai precedenti di contenuti di decreti-legge soppressi in una Camera e poi riproposti o i cui effetti sono stati fatti salvi, ritiene che si dovrebbe percorrere la strada della prosecuzione dell'esame parlamentare sui rimanenti articoli del disegno di legge, il quale, una volta approvato dalla Camera, potrebbe poi essere modificato dal Senato al fine di reintrodurvi la disposizione respinta alla Camera.
Ciò posto, ritiene indefettibile una sospensione dei lavori della Giunta, al fine

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del richiesto approfondimento delle questioni; fermo restando che non è compito della Giunta quello di interferire con l'esercizio di prerogative che non le appartengono e che la complessiva vicenda è all'attenzione anche di altri organi costituzionali dello Stato.

Gianfranco FINI, Presidente, pur convenendo sul fatto che non è nella disponibilità della Camera il potere di interferire con l'esercizio di funzioni che appartengono alla sfera di competenza di altri organi costituzionali, precisa, tuttavia, di non poter accogliere la richiesta di sospensione dei lavori della Giunta in ragione del fatto che, come preannunciato nella riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo di ieri, le sue conclusioni sono propedeutiche alle decisioni sull'organizzazione dei lavori dell'Assemblea, che la stessa Conferenza, convocata al termine di questa seduta, dovrà assumere.

Giuseppe CALDERISI pone in via preliminare la questione - già sollevata nella riunione della Giunta del 24 marzo scorso - concernente la composizione della Giunta per il Regolamento (come anche di altri organi della Camera), con particolare riferimento al rispetto della proporzione dei Gruppi e, conseguentemente, del rapporto numerico maggioranza-opposizioni. L'attuale composizione della Giunta, infatti, non garantisce un'adeguata rappresentatività e dunque non appare conforme alle norme regolamentari che disciplinano la composizione dell'organo, espressamente finalizzate ad assicurarne la proporzionalità anche attraverso lo strumento dell'integrazione successiva.
Richiamato incidentalmente quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento dell'altro ramo del Parlamento nella riunione di ieri, a proposito della composizione degli organi parlamentari, chiede alla Presidenza di procedere immediatamente alla suddetta integrazione, cioè prima che essa esamini nel merito il tema all'ordine del giorno. Ciò anche in ragione del fatto che, a suo avviso, se la Presidenza non procedesse alla dovuta integrazione ciò avverrebbe solo per ragioni politiche e in ragione di una commistione di ruoli che ritiene dovrebbe essere superata. In questo senso si associa alla richiesta di una sospensione, temporalmente limitata, dei lavori.

Gianfranco FINI, Presidente, in via preliminare, precisa che la mancata integrazione della composizione della Giunta non può certo essere imputata a una valutazione di carattere politico ascrivibile alla Presidenza ma deriva al contrario da una decisione fondata sulle norme del Regolamento.
La questione che, ricorda essere già stata posta nelle sedute del 24 e del 29 marzo 2011, era stata oggetto di precisazioni da parte della Presidenza in tale ultima occasione, che richiama integralmente. Ribadisce quindi quanto affermato in tale sede, e cioè che l'articolo 16, comma 1, del Regolamento prevede che «la Giunta per il Regolamento della Camera è composta di dieci deputati nominati dal Presidente non appena costituiti i Gruppi parlamentari. Essa è presieduta dallo stesso Presidente della Camera, il quale, udito il parere della stessa Giunta, può integrarne la composizione ai fini di una più adeguata rappresentatività tenendo presenti, per quanto possibile, criteri di proporzionalità tra i vari Gruppi». All'inizio della legislatura, la Giunta è stata nominata tenendo conto del criterio di proporzionalità, compatibilmente con il ridottissimo numero di componenti dell'organo: ne risultava escluso il solo Gruppo Misto. La composizione è stata quindi integrata, previo parere favorevole della Giunta medesima (21 maggio 2008), con un rappresentante di tale formazione, ritenendosi, anche alla luce del limitato numero di gruppi costituiti nella legislatura, di consentire la rappresentanza nell'organo di tutti i Gruppi.
La situazione attuale vede tuttora rappresentati tutti i Gruppi, compresi quelli formatisi in corso di legislatura; ma risultano sottorappresentati quelli del Popolo della libertà e del Partito democratico. Quindi, se si volesse intervenire ora sulla

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composizione della Giunta, al fine di una maggiore aderenza della sua composizione alla proporzione fra i Gruppi, occorrerebbe assegnare un seggio in più al Popolo della libertà ed al Partito democratico. Non sarebbe invece possibile un ulteriore incremento numerico della rappresentanza dei Gruppi di maggioranza (al fine di giungere ad una prevalenza numerica rispetto alle opposizioni), poiché ciò altererebbe considerevolmente la proporzionalità ossia un requisito che, sia pure tendenzialmente, il Regolamento e la prassi prevedono espressamente.

Linda LANZILLOTTA, dopo aver precisato che il voto contrario dell'Assemblea della Camera sull'articolo 1 del disegno di legge di assestamento, passaggio di per sé grave e delicato, non può essere considerato un fatto irrilevante, né può essere aggirato con qualche escamotage - e ciò anche al fine di tutelare le prerogative del Parlamento - desidera svolgere alcune considerazioni sulla natura del rendiconto.
Al riguardo, rileva che il rendiconto - come peraltro sottolineato dal Presidente della Camera nel suo intervento introduttivo - è un atto privo di natura normativa, attraverso il quale si esercita la funzione di controllo da parte delle Camere. Questa è la ragione per la quale esso non può essere emendato, in quanto è privo di un contenuto dispositivo che possa essere modificato: la sola norma di carattere sostanziale in esso contenuta è proprio quella recata dall'articolo 1 che, appunto dispone l'approvazione del rendiconto generale dello Stato e dei rendiconti delle Amministrazioni e delle aziende autonome per l'esercizio di riferimento, nelle risultanze indicate negli articoli successivi. Il contenuto dei suddetti articoli appare dunque privo di portata normativa autonoma, consistendo in mere risultanze contabili, che potrebbero formare oggetto, non necessariamente di articoli di legge, ma anche di tabelle o allegati.
Dalla natura del rendiconto e dal fatto che su di esso il Parlamento è chiamato ad esercitare essenzialmente una funzione di controllo, ne discende che il Governo non potrebbe su di esso porre la questione di fiducia.
Quanto poi alle considerazioni svolte dal collega Leone con riferimento ai disegni di legge di conversione dei decreti legge, a parte la discutibile prassi di consentire al Senato di approvare emendamenti dichiarati inammissibili alla Camera, ricorda che l'articolo 77, terzo comma, della Costituzione, in ogni caso, consente espressamente alle Camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni dei decreti legge che non siano state convertite; percorso che non è previsto, né dunque ipotizzabile, per il rendiconto.
Si sofferma quindi sul fatto che il rendiconto è un atto che costituisce premessa indispensabile per l'approvazione della legge di assestamento. L'estrema gravità della situazione attuale dipende, a suo avviso, dal fatto che la mancata approvazione del rendiconto finisce in qualche modo per paralizzare l'attività dello Stato, in quanto il rendiconto certifica l'ammontare dei residui che sono poi utilizzati con la legge di assestamento. A sua volta, la mancata approvazione della legge di assestamento, che registra i principali effetti delle manovre di finanza pubbliche adottate nel corso dell'anno, finirebbe per determinare conseguenze gravissime sul funzionamento dello Stato.
Dalle considerazioni svolte, ritiene quindi che si possano ricavare diverse conclusioni: in primo luogo, che dalla reiezione dell'articolo 1 del disegno di legge di rendiconto discende la reiezione del rendiconto nel suo complesso, in quanto l'articolo 1 reca l'unica disposizione tipica e di natura sostanziale; in secondo luogo che, dalla peculiare natura del rendiconto discende l'impossibilità di apporvi la questione di fiducia; infine, poiché non potrebbe essere reintrodotta nel corso dell'esame parlamentare una disposizione che abbia già formato oggetto di voto contrario - pena l'irrilevanza delle deliberazioni del Parlamento - e poiché il voto contrario esprime una valutazione politica sulla gestione delle finanze dello

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Stato, si rende necessario che un nuovo disegno di legge di rendiconto, la cui approvazione appare indispensabile, sia presentato da una diversa compagine governativa che abbia la fiducia del Parlamento.

Gianclaudio BRESSA, convenendo su questo punto con l'onorevole Leone, giudica la situazione verificatasi certamente non semplice e gravida di ripercussioni sulla prospettiva politica.
Il punto di partenza ineludibile per affrontare il tema è offerto, senza ombra di dubbio, dall'articolo 81 della Costituzione, che stabilisce un parallelismo assoluto tra il bilancio ed il rendiconto, e ne rende del tutto peculiare la natura. La votazione del disegno di legge di rendiconto poi, pacificamente secondo la dottrina, è atto fondamentale di esercizio della funzione di controllo del Parlamento sul Governo, avente ad oggetto specificamente il cruciale aspetto della gestione del bilancio. Al riguardo richiama in particolare i contributi di autori, quali l'attuale presidente della Consob, Vegas, convergenti nell'assegnare alla mancata approvazione del rendiconto dello Stato il significato di rottura del rapporto fiduciario che lega il Parlamento al Governo.
Quanto alla struttura del rendiconto, appare evidente come il cuore del provvedimento sia costituito dall'articolo 1 con il quale si dispone l'approvazione dei rendiconti indicati, nelle risultanze esposte agli articoli successivi: è evidente che il contenuto degli articoli successivi al primo potrebbe essere esposto in una tabella, con valore chiaramente accessorio rispetto al contenuto dell'articolo 1, che racchiude quindi il vero contenuto dispositivo del disegno di legge. Ma ciò non muta in alcun modo la sostanza delle cose: ossia che, respinto proprio l'articolo 1, si determina la reiezione del provvedimento nel suo complesso.
Connessa alla natura del rendiconto è l'ovvia inemendabilità del medesimo, dal momento che esso costituisce un atto dalla valenza attestativa inconfutabile di quanto in esso esposto, anche per effetto del giudizio di parificazione operato dalla Corte dei conti.
Accanto a questo significato, va poi ricordato che, dal punto di vista contabile la reiezione del rendiconto determina una paralisi del funzionamento dello Stato, essendo i successivi documenti contabili fondati sul presupposto giuridico della sua approvazione: mancando questa non possono essere compiuti i successivi passaggi nell'approvazione dei documenti di bilancio.

David FAVIA aderisce pienamente all'esaustiva ricostruzione della questione esposta dal Presidente della Camera, cui desidera aggiungere alcune ulteriori considerazioni. In particolare sottolinea la natura di atto dovuto del rendiconto, la cui approvazione è oggetto di una legge formale, non rientrante, ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione, nel novero delle leggi sottoponibili a referendum abrogativo. Dalla bocciatura del rendiconto consegue l'impossibilità di approvare il disegno di legge di assestamento e, a cascata, l'effetto inibente sull'approvazione del bilancio preventivo e di ulteriori interventi sui conti pubblici. Ma anche sul complesso dei lavori parlamentari.
Quanto al significato politico-costituzionale della decisione di reiezione del rendiconto, verificatasi nella giornata di ieri con la bocciatura dell'articolo 1 del disegno di legge, rinvia ad autori già evocati dal collega Bressa, quali Vegas ed il manuale di diritto costituzionale scritto dai professori Bin e Pitruzzella che esplicitamente assegnano a tale voto negativo il significato di un voto di sfiducia al Governo. Stante questa condizione, il Governo attualmente in carica non è quindi nella condizione giuridica di poter ripresentare il disegno di legge recante il rendiconto; ovviamente il rendiconto, stante la sua natura di atto dovuto, dovrà essere ripresentato da un altro Governo, essendo del tutto irrilevante la circostanza che sia un Governo diverso da quello che ha concretamente operato le scelte nell'esercizio finanziario in questione, come dimostrano

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anche i casi passati in cui il rendiconto è stato approvato a distanza di più anni da quello cui si riferiva lo specifico esercizio finanziario.

Giuseppe CALDERISI, richiamata l'innegabile rilevanza politica della vicenda scaturita tuttavia da fatti del tutto occasionali, dissente radicalmente sulle conseguenze procedurali prospettate dalla Presidenza - che ritiene errate - e sulle quali alcuni colleghi hanno convenuto. In particolare si sofferma sull'inemendabilità del disegno di legge di approvazione del rendiconto, inemendabilità da riconoscersi senz'altro sul piano sostanziale, ma non su quello formale. Il Governo, infatti, potrebbe presentare, a suo avviso, in forma diversa quegli stessi dati - non evidentemente modificabili - configurandoli diversamente dal punto di vista della struttura del provvedimento: non si può considerare quindi che la reiezione dell'articolo 1 determini la preclusione dei restanti articoli e del complesso del provvedimento, preclusione che peraltro può operare solo rispetto agli emendamenti e non agli articoli; questi, lungi dall'essere preclusi, potrebbero al più risultare fra loro contraddittori. Del resto, l'effetto di approvazione o reiezione del rendiconto si può desumere non certo dalla votazione dell'articolo 1 del provvedimento, ma dalla votazione finale sul complesso del provvedimento: questa soltanto può determinare quell'effetto di reiezione del rendiconto, che in questa sede si vuol desumere invece dalla reiezione del solo primo articolo.
Ma anche a voler ammettere che quella verificatasi sia effettivamente la reiezione del rendiconto, essa non determina quella paralisi sulle altre decisioni relative ai documenti contabili che è stata qui evocata, come è confermato dal fatto che in passato - in particolare agli inizi degli anni '80 - la mancata approvazione del rendiconto per più anni (fino a quattro) non ha certo impedito l'approvazione annuale delle leggi di bilancio e finanziaria. Dunque, con riferimento al caso di specie, se pure volesse attribuirsi al voto l'effetto della reiezione dell'intero rendiconto - cosa che, per quanto detto, non ritiene assolutamente ipotizzabile - se un effetto preclusivo potrebbe ipotizzarsi sull'assestamento, certamente non lo si potrebbe configurare in ordine alle decisioni sulle leggi di stabilità e di bilancio.
In conclusione, dunque, con riferimento allo specifico aspetto procedurale del disegno di legge di approvazione del rendiconto, ritiene che ci siano senz'altro dei rimedi che consentono di proseguire oltre nell'esame, così come sul piano squisitamente politico potranno essere adottate le iniziative politiche necessarie a fornire una risposta all'interrogativo sollevato con la reiezione dell'articolo 1.

Dopo che Gianclaudio BRESSA ha fatto presente come i casi cui ha fatto riferimento l'on. Calderisi di mancata tempestiva approvazione del rendiconto si siano verificati prima dell'introduzione della procedura di esame congiunto disegnata dal Regolamento con le modifiche del 1983 e come successivamente a tale data l'approvazione del rendiconto abbia sempre preceduto le successive deliberazioni sui documenti di bilancio, Armando DIONISI, nel dichiarare preliminarmente la sua piena adesione alle tesi esposte dal Presidente, desidera sottolineare la portata dell'articolo 81 della Costituzione che, al primo comma, stabilisce che «le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo». Da questa disposizione derivano tre elementi, necessari e conseguenti.
La legge di bilancio e il rendiconto consuntivo sono provvedimenti costituzionalmente necessari; la loro eventuale reiezione parlamentare non è un fatto occasionale, tecnico o di mera schermaglia politica: la reiezione con voto dell'Assemblea dell'articolo 1 del rendiconto è un fatto di eccezionale portata costituzionale che chiama in causa esplicitamente e direttamente il rapporto tra Parlamento e Governo. Infatti, ed è questo il secondo elemento, il primo comma dell'articolo 81 prevede una riserva espressa di iniziativa

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legislativa sul bilancio preventivo e sul rendiconto consuntivo in capo al Governo.
Il terzo elemento è che, conseguentemente, il voto contrario dell'Assemblea su un atto che può essere proposto solo dal Governo ha un significato fiduciario intrinseco. Tanto più che - se fosse respinto il bilancio preventivo - sarebbe ancora possibile l'esercizio provvisorio ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 81. Invece, rigettato il consuntivo, viene data un'esplicita valutazione negativa della condotta del Governo, in sostanza censurandolo e, dunque, sfiduciandolo. A questo occorre aggiungere che - dopo le riforme regolamentari del 1988, che hanno significativamente limitato il voto segreto e lo hanno esplicitamente escluso per le votazioni di carattere finanziario - il profilo pubblico e fiduciario dei voti in materia economica e finanziaria è ulteriormente accresciuto.
È per questo che l'unico possibile sviluppo procedurale della votazione di ieri sono le immediate dimissioni del Governo, il quale, prima di tornare a formulare una proposta costituzionalmente dovuta alle Camere, deve essersi dimesso nelle mani del Capo dello Stato e averne ottenuto un nuovo mandato di ricercare la fiducia del Parlamento. Sono quindi del tutto oziose tutte le discussioni in ordine alla natura e all'emendabilità del provvedimento di cui si tratta. L'articolo 1 del resto è chiarissimo, richiamando implicitamente, ma anche esplicitamente, tutti i contenuti degli articoli successivi: la sua reiezione rende in via preliminare impossibile la prosecuzione parlamentare dell'iter di quel documento, in cui si incarnava il rapporto fiduciario necessario tra Esecutivo e Legislativo.

Italo BOCCHINO, nel sottolineare l'ampiezza e la completezza delle argomentazioni illustrate dalla Presidenza a sostegno della posizione comunicata alla Giunta, che condivide, desidera, in particolare, soffermarsi su due aspetti che ritiene di fondamentale importanza.
Il primo riguarda l'incontrovertibile, a suo avviso, constatazione che la reiezione dell'articolo 1 determina la reiezione complessiva del provvedimento e quindi la bocciatura del rendiconto, da intendere quale sostanziale bocciatura del modo in cui il Governo ha gestito la finanza pubblica. Dalla constatazione di questo effetto, stante il valore da riconoscersi al voto sul rendiconto, deriva che - come anche sostenuto in dottrina da alcuni autori (come Vegas e Pitruzzella) non certo sospettabili di pregiudizio nei confronti del Governo in carica - con la sua reiezione si è operata una sostanziale votazione di sfiducia del Parlamento nei confronti del Governo. L'atto di approvazione del rendiconto è atto di controllo del Parlamento sulla gestione del denaro pubblico da parte del Governo, ossia dei soldi dei cittadini, gestione che è indirizzata dal Parlamento nella fase preventiva e verificata nella fase successiva: ridurre ad un mero accidente procedurale - o ad una distrazione, come pure è stato detto - la mancata approvazione del rendiconto significa, a suo avviso, sostanzialmente svilire la fondamentale funzione di controllo che la Costituzione assegna al Parlamento e, con essa, il complessivo ruolo e dignità delle Assemblee elettive nei rapporti con gli altri organi e poteri dello Stato. Di questa funzione, di questo ruolo e di questa dignità devono a suo avviso farsi carico il Presidente della Camera, la Giunta per il Regolamento e la Camera intera.

Nicola MOLTENI desidera sottolineare due caratteri della vicenda oggi all'attenzione della Giunta, e cioè da un lato l'assoluta gravità del fatto e dall'altro la sua straordinarietà ed eccezionalità, priva di precedenti: entrambi questi caratteri evidenziano come la questione dell'effetto della reiezione dell'articolo 1 sui restanti articoli e sul voto finale del provvedimento sia in sé alquanto controversa e complessa e che possano apparire opinabili tutte le chiavi di lettura offerte.
Nel condividere quindi la richiesta di un rinvio della decisione, al fine di consentire un ulteriore approfondimento, anche in vista delle determinazioni di competenza della Conferenza dei capigruppo,

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fa presente di essere giunto alla conclusione, anche dopo aver avuto un confronto con il Presidente della Commissione Bilancio, che dalla reiezione dell'articolo 1 non possa farsi discendere la reiezione dell'intero disegno di legge di rendiconto. Infatti, se da un lato il carattere fondamentale e sostanziale del contenuto dell'articolo 1 non può essere disconosciuto, dall'altro tuttavia la sua reiezione non sembra precludere la possibilità di proseguire nei successivi articoli e di pervenire all'approvazione finale. Ne risulterà, senza dubbio, un provvedimento incompleto e non esaustivo della funzione ad esso assegnata dalla Costituzione, ma a colmare tale incompletezza potrebbe procedere il Senato, al quale il provvedimento dovrebbe essere nuovamente trasmesso: esso potrebbe riparare alle innegabili lacune che al momento il provvedimento presenta, nei modi che saranno individuati, anche eventualmente all'esito di una nuova votazione fiduciaria che confermi l'esistenza del vincolo fiduciario tra Camera e Governo.

Antonio MILO constata, innanzitutto, che nella giornata di ieri la maggioranza ha dato prova di una grave disattenzione. Ciò premesso, conviene con la posizione espressa dall'on. Leone, circa la possibilità che la Camera prosegua nell'esame del provvedimento, non ritenendo che gli articoli successivi al primo possano essere dichiarati preclusi dalla reiezione verificatasi: ferma restando la rilevanza dell'articolo 1, la concreta definizione del contenuto del provvedimento è infatti rinvenibile negli articoli da 2 a 18 del disegno di legge che, a suo avviso, potranno essere oggetto di esame e di approvazione.

Marina SERENI si associa integralmente alla posizione espressa dal Presidente ed alle argomentazioni illustrate dal collega Bressa. Posta la configurazione concreta del provvedimento, e senza invocarne altre ipotetiche e virtuali, e posto che su quella - ed in specie sull'articolo 1 - si è registrato il voto negativo della Camera, non si può certo svilire il significato del voto effettuato, che, dato il contenuto dell'articolo, comporta la reiezione complessiva del disegno di legge di approvazione del rendiconto. A ciò si aggiunga che la reiezione del rendiconto si riflette negativamente sulle successive decisioni contabili, che a questo sono indissolubilmente collegate, a cominciare dal disegno di legge di assestamento, che a sua volta incorpora interventi sul bilancio dello Stato di natura sostanziale fondati proprio sulla asseverazione dei risultati del rendiconto, che è venuta qui, invece, a mancare. Insomma, si è determinata una situazione di paralisi, sanabile con la presentazione di un nuovo disegno di legge da parte di un nuovo Governo.

Gianfranco FINI, Presidente, constata che la maggioranza dei componenti della Giunta ha espresso l'avviso che l'iter del disegno di legge di rendiconto non possa proseguire in quanto dalla mancata approvazione dell'articolo 1 discende la preclusione dei restanti articoli e la reiezione del provvedimento nel suo complesso, con conseguente conclusione dell'iter parlamentare; e che ciò comporta, altresì, la sospensione dell'iter del disegno di legge di assestamento che, a norma dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, è esaminato con il disegno di legge di approvazione del rendiconto.
Tali conclusioni saranno oggetto di comunicazione nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata a conclusione della riunione della Giunta, nella quale saranno assunte le ulteriori determinazioni sui lavori dell'Assemblea.

La seduta termina alle 11.