CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 settembre 2011
528.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 8 settembre 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 138/11: Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.
C. 4612 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Enrico COSTA (PdL), relatore, per quanto attiene alle parti di competenza della Commissione giustizia, segnala in primo luogo che il maxiemendamento del Governo ha sostituito l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 138/2011, inserendo una delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (commi da 2 a 5 dell'articolo 1).
Analiticamente, il comma 2 delega il Governo a emanare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, uno o più decreti legislativi per «riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza», con l'osservanza dei principi e criteri direttivi indicati nelle lettere da a) a q) del medesimo comma.
In particolare, nell'esercizio della delega il Governo dovrà, ai sensi della lettera a), ridurre gli uffici giudiziari di primo grado mantenendo comunque sedi di tribunale nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011.
Il principio di delega fa dunque salvi i tribunali ordinari attualmente esistenti nei comuni capoluogo di provincia, e elimina ogni collegamento tra la revisione delle circoscrizioni giudiziarie ed il processo di riduzione del numero delle province avviato dall'articolo 15 del decreto-legge in esame.
La lettera b) invita il Governo a ridefinire la geografia giudiziaria, ovvero l'assetto territoriale degli uffici giudiziari, eventualmente anche trasferendo territori dall'attuale circondario a circondari limitrofi,

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anche al fine di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane. Nel compiere questa attività il Governo dovrà tener conto di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendano i seguenti parametri: estensione del territorio; numero degli abitanti; carichi di lavoro; indice delle sopravvenienze; specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; presenza di criminalità organizzata.
Il legislatore delegato provvederà inoltre, in base alla lettera c) a ridefinire l'assetto territoriale degli uffici requirenti. Tale operazione dovrà rispettare i seguenti principi: la ridefinizione dell'assetto territoriale non dovrà riguardare le procure distrettuali, ovvero le procure della repubblica presso i tribunali dei capoluoghi dei distretti di corte d'appello; la ridefinizione non dovrà comportare la soppressione delle procure presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011; possibilità di accorpare più uffici di procura indipendentemente dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali. In tali casi, l'ufficio di procura accorpante dovrà poter svolgere le funzioni requirenti in più tribunali. Tale riorganizzazione dovrà consentire una migliore organizzazione delle risorse e dei mezzi, e una più agevole trattazione dei procedimenti.
In base alla lettera d), nell'esercizio della delega il Governo potrà procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, tenendo conto dei criteri delineati dalla lettera b).
La successiva lettera e) individua quindi come principio e criterio direttivo di carattere generale quello di assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione di quanto previsto dalle precedenti lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni, mentre la lettera f) impone di garantire che, all'esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d'appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di 3 degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica.
Le successive lettere g), h) ed i) disciplinano la destinazione del personale di magistratura e amministrativo in servizio presso uffici giudiziari di primo grado soggetti alla riorganizzazione territoriale.
In particolare, la lettera g) stabilisce che i magistrati e il personale amministrativo dei tribunali e delle procure soppresse transitino automaticamente negli organici degli uffici cui sono trasferite le funzioni, anche in eventuale sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze.
La lettera h) afferma che la suddetta assegnazione dei magistrati e del personale ai nuovi organici non dovrà essere interpretata come assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, né dovrà costituire trasferimento ad altri effetti.
Infine la lettera i) dispone che, con successivi decreti del ministro della giustizia, saranno disposte le conseguenti modificazioni delle piante organiche.
Le lettere da l) a p) dettano principi e criteri direttivi per la riorganizzazione territoriale degli uffici del giudice di pace.
In particolare, la lettera l) invita il Governo a prevedere la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale (per circondario giudiziario si intende l'ambito territoriale di competenza di un tribunale e dunque la sede circondariale è il comune ove ha sede il tribunale). Nell'operare tale riduzione il Governo dovrà tener conto dei criteri delineati dalla lettera b) ed operare un'analisi dei costì rispetto ai carichi di lavoro.
Il personale amministrativo in servizio presso l'ufficio del giudice di pace soppresso dovrà, in base alla lettera m), essere così rassegnato: almeno il 50 per cento dovrà essere assegnato alla sede di

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tribunale o di procura limitrofa; la restante parte dovrà essere riassegnata all'ufficio del giudice di pace presso cui sono trasferite le funzioni delle sedi soppresse.
Le successive lettere prevedono un particolare procedimento per la soppressione degli uffici del giudice di pace: 1) sul bollettino ufficiale e sul sito internet del Ministero della giustizia dovranno essere pubblicati di elenchi degli uffici che il Governo intende sopprimere e accorpare (lettera n)); 2) entro 60 giorni da tale pubblicazione, gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, potranno richiedere e ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia (in concreto l'ente locale dovrà garantire le strutture, provvedere all'indennità del giudice di pace, individuare il personale amministrativo e retribuirlo). Il ministero continuerà ad occuparsi esclusivamente del reclutamento dei giudici di pace e della formazione del personale amministrativo (lettera o)). Trascorsi i suddetti 60 giorni, in assenza di richieste specifiche da parte degli enti locali, le sedi del giudice di pace saranno soppresse; 3) nei successivi 12 mesi gli enti locali, anche consorziati tra loro, potranno decidere di sostenere gli oneri del servizio e dunque chiedere al ministro della giustizia l'istituzione di nuovi uffici del giudice di pace (lettera p)).
La lettera q) stabilisce infine che dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 3 prevede quindi che la riforma realizzi il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
Il comma 4 delinea il procedimento per l'esercizio della delega e prevede che gli schemi dei decreti legislativi siano adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi al Consiglio Superiore della Magistratura e al Parlamento ai fini dell'espressione dei pareri.
Il comma 5 stabilisce infine che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi.
Con il maxiemendamento del Governo approvato dal Senato è stato inserito nel decreto-legge l'articolo 1-ter, che novella l'articolo 81-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, frutto della recente riforma del processo civile operata dalla legge n. 69 del 2009.
In particolare, si richiede che il calendario delle udienze sia maggiormente dettagliato: ispirato dal principio di ragionevole durata del processo; il giudice dovrà programmare e specificare le attività che saranno compiute in ogni udienza, compresi gli inviti alle parti a specificare le conclusioni davanti al giudice istruttore prima della rimessione della causa al collegio (ex articolo 189 codice procedura civile, primo comma).
Il successivo comma vincola tutti i soggetti processuali (giudice, avvocato o consulente tecnico) al rispetto del calendario, affermando che eventuali violazioni dello stesso potranno essere imputate ai singoli a titolo di responsabilità disciplinare. In particolare, per quanto riguarda il giudice, il mancato rispetto dei tempi processuali definiti dal calendario potrà essere valutato negativamente ai fini della valutazione di professionalità e dell'accesso agli uffici direttivi e semidirettivi.
Il comma 4 dell'articolo 2 interviene sull'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007 riducendo da 5.000 a 2.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore. La predetta modifica è realizzata al fine di adeguare le disposizioni adottate in ambito comunitario dirette a prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Il comma 4-bis dell'articolo 2, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che le sanzioni previste dall'articolo 58 del decreto legislativo n. 231 del 2007 non si applichino per le violazioni delle disposizioni in tema di divieto dell'utilizzo

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del denaro contante e dei titoli al portatore commesse dal 13 agosto (giorno di entrata in vigore del decreto in esame) al 31 agosto 2011 oltre la soglia massima modificata dal comma 4 (2.500 euro) ed entro la soglia precedentemente in vigore (5.000 euro).
Si dispone, inoltre che dal 1o settembre 2011 le sanzioni relative alle violazione dei limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore, previste dall'articolo 58 del decreto legislativo n. 231/07, sono applicate attraverso gli uffici territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze.
Infine sono abrogati i commi 18 e 19 dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 231/07, i quali prevedono limiti speciali al trasferimento di contante per il tramite di esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento dei fondi nonché di agenti in attività finanziaria dei quali gli stessi esercenti si avvalgono (cosiddetto money transfer).
Il comma 35-bis apporta modifiche alla disciplina del contributo unificato, di cui all'articolo 13 del Testo Unico spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115). Le novelle introdotte riguardano gli importi del contributo nel processo civile, amministrativo e tributario che, per semplicità, vengono anzitutto descritte attraverso un testo a fronte.
In sintesi, attraverso la lettera a) il provvedimento eleva da 450 a 600 euro l'importo del contributo unificato per i processi amministrativi di valore indeterminabile (è infatti eliminato il richiamo a tali processi contenuto nella lettera d) del comma 1 con conseguente applicazione della lettera e) del comma 6-bis; con la lettera b) si specifica che la sanzione dell'incremento della metà del contributo unificato si applica, anche in caso di processo tributario, alla fattispecie di mancata indicazione, da parte del difensore, dell'indirizzo di posta elettronica certificata; con la lettera c) si aumenta il contributo unificato dovuto nel processo tributario in caso di omissione della dichiarazione sul valore della controversia: tale contributo passa da 1.466 a 1.500 euro; le lettere d) ed e) vanno considerate unitamente in quanto affermano con maggior precisione che l'importo del contributo unificato nel processo amministrativo è aumentato della metà se il difensore omette la comunicazione della posta elettronica certificata e del fax. Le stesse disposizioni precisano che l'onere del contributo grava sulla parte soccombente anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche nel caso in cui la stessa non si sia costituita in giudizio. Si esplicita, altresì, che il contributo unificato nei processi amministrativi è dovuto anche per i ricorsi incidentali e in caso di proposizione di motivi aggiuntivi che introducono nuove domande; la lettera f) colma una lacuna della normativa fissando in 120 euro la misura del contributo unificato dovuto per le controversie tributarie di valore indeterminabile.
L'articolo 2, comma 35-ter modifica gli articoli 125 e 136 del codice di procedura civile relativi, rispettivamente, alla sottoscrizione degli atti di parte ad opera del difensore e alle modalità di comunicazione alle parti.
In particolare, lettera a) reca modifiche al primo comma dell'articolo 125 codice procedura civile obbligando il difensore ad indicare anche il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax.
La lettera b) reca modifiche all'articolo 136 codice procedura civile disponendo che tutte le comunicazioni alle parti siano effettuate a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi.
Il comma 35-quater, introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, modifica le disposizioni che regolano il processo tributario, a tale scopo novellando gli articoli 18 e 22 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
In particolare, le disposizioni in esame: obbligano il soggetto ricorrente a indicare, nel ricorso introduttivo del processo,

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anche l'indirizzo di posta elettronica certificata, precisando al contempo che la mancata o incerta indicazione dell' indirizzo di posta elettronica non è causa di inammissibilità del ricorso; obbligano il ricorrente a depositare, presso la segreteria della commissione tributaria adita, all'atto della costituzione in giudizio, la nota di iscrizione a ruolo contenente l'indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso.
La norma inoltre novella il comma 4 dell'articolo 18, che disciplina i requisiti per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e precisa che la mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata non rende inammissibile il ricorso.
Il secondo punto del comma 35-quater modifica la disciplina della costituzione in giudizio del ricorrente nel processo tributario, disciplinata dall'articolo 22 del decreto legislativo 546/1992. Il comma in esame obbliga il ricorrente a depositare presso la segreteria della commissione tributaria adita, all'atto della costituzione in giudizio, la nota di iscrizione a ruolo contenente l'indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell'atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso.
L'articolo 2, comma 35-quinquies - introdotto del corso dell'esame del provvedimento in Senato - modifica alcune disposizioni del recente decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, tra le quali quelle relative ai termini per la redazione del programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti da parte dei capi degli uffici giudiziari e quelle per l'indizione di concorsi per i magistrati della giustizia tributaria.
In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 37 del suddetto decreto-legge (rubricato «Disposizioni per l'efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie»), ai sensi del quale i capi degli uffici giudiziari, sentiti i presidenti dei rispettivi consigli dell'ordine degli avvocati, devono entro il 31 gennaio di ogni anno redigere un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti.
Attraverso tale programma si determinano: a) gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell'anno in corso; b) gli obiettivi di rendimento dell'ufficio, tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno, l'ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonché della natura e del valore della stessa.
Il comma 3 dell'articolo 37 prevede attualmente che il primo programma venga adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 98; tale termine - evidentemente scaduto in questi giorni - viene posticipato dalla disposizione in commento al 31 ottobre 2011.
La lettera a) interviene anche sul comma 7 dell'articolo 37 - relativo al campo d'applicazione delle modifiche alla disciplina del contributo unificato operate dalla manovra finanziaria di luglio - per sostituirvi l'espressione «controversie instaurate» con la più corretta «procedimenti iscritti a ruolo».
La lettera b) modifica l'articolo 39 dello stesso decreto-legge n. 98/2011, che reca «Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria». In particolare, viene aggiunto un periodo al comma 4, il quale dispone che al fine di coprire, a decorrere dal 1o gennaio 2012, i posti vacanti alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria provvede ad indire, entro due mesi dalla predetta data, apposite procedure per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie. I concorsi sono riservati ai soggetti appartenenti alle categorie di cui all'articolo

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4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, in servizio, che non prestino già servizio presso le predette commissioni.
La disposizione in esame integra la previsione dell'articolo 39 stabilendo che ai fini del periodo precedente, si intendono in servizio i magistrati non collocati a riposo al momento dell'indizione dei concorsi.
L'articolo 2, comma 35-sexies, interviene sulla c.d. mediaconciliazione disciplinata dal decreto legislativo n. 28 del 2010, per sanzionare la parte che, senza giustificato motivo, si rifiuta di partecipare al tentativo di conciliazione.
In particolare, si prevede che il giudice deve condannare la parte costituita che non ha partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Il comma 35-septies dell'articolo 2, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, modifica la disciplina delle incompatibilità con la carica di componente delle commissioni tributarie.
In particolare, la lettera a) specifica che l'incompatibilità del personale dipendente, nonché dei soggetti iscritti in ruoli ed albi che consentono l'assistenza tecnica innanzi alle commissioni tributarie, opera se i predetti soggetti svolgono attività di consulenza, assistenza o di rappresentanza nei confronti di contribuenti e/o di enti impositori o preposti alla riscossione di tributi. La lettera b) stabilisce che non possono essere componenti di commissioni tributarie i coniugi, i conviventi o i parenti fino al secondo grado - in luogo del terzo grado previsto dal testo vigente - di coloro che, iscritti in albi professionali, esercitano le predette attività di consulenza, assistenza e rappresentanza tributaria.
L'articolo 2, comma 36-vicies semel, novella il decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, concernente la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e IVA.
Si illustrano in primo luogo le modifiche volte, in generale, ad eliminare disposizioni di favore o ad abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali.
In questa direzione vanno le seguenti novelle: all'articolo 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) viene soppressa la disposizione che attualmente riduce l'entità della reclusione (da 6 mesi a 2 anni anziché da un anno e 6 mesi a 6 anni) se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a 154.937,07 euro (lettera a)); all'articolo 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) viene ridotta la soglia di imposta evasa che fa scattare la sanzione penale da 77.468,53 euro a 30.000 euro e, analogamente, la soglia relativa all'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione da 1.549.370,70 euro a 1.000.000 di euro (lettere b) e c)); all'articolo 4 (dichiarazione infedele) le suddette soglie vengono ridotte rispettivamente da 103.291,38 euro a 50.000 euro e da 2.065.827,60 euro a 2.000.000 di euro (lettere d) ed e)); all'articolo 5 (omessa dichiarazione) la soglia di imposta evasa che fa scattare la sanzione penale è ridotta da 77.468,53 euro a 30.000 euro (lettera f)); all'articolo 8 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) viene soppressa la disposizione che riduce l'entità della reclusione (da 6 mesi a 2 anni anziché da un anno e 6 mesi a 6 anni) se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 (lettera g)).
Ulteriori novelle al decreto legislativo n. 74 del 2000 riguardano le circostanze del reato, il procedimento applicabile e le pene accessorie.
In particolare, con la lettera h) è aggiunto un comma all'articolo 12 (pene accessorie) del decreto legislativo. Tale disposizione è volta ad escludere l'applicazione dell'istituto della sospensione condizionale della pena (di cui all'articolo 163 codice penale) qualora nella commissione di uno dei delitti previsti dagli articoli da

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2 a 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000, l'imposta evasa (o non versata) sia superiore a 3 milioni di euro. Peraltro, il successivo periodo della disposizione in commento - inserito in sede di maxiemendamento dal Governo - aggiunge che per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (dunque in parte per le medesime fattispecie), affinché non si applichi la sospensione condizionale della pena occorre la contemporanea presenza di due requisiti: imposta evasa superiore a 3 milioni di euro; imposta evasa superiore al 30 per cento del volume d'affari.
Le lettere i) ed m) intervengono sull'articolo 13 (circostanza attenuante e pagamento del debito tributario) prevedendo: la riduzione sino ad un terzo (anziché sino alla metà) delle pene stabilite per i delitti previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento (lettera i)); l'applicabilità del c.d. patteggiamento per i reati previsti dal decreto legislativo solo se ricorrono le circostanze attenuanti (dell'aver estinto il debito prima del dibattimento e dell'aver pagato anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie).
La lettera l) novella l'articolo 17 (interruzione della prescrizione) elevando di un terzo i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del decreto legislativo n. 74/2000.
Infine, con disposizione di chiusura, la norma specifica che le modifiche apportate dal comma 36-vicies semel si applicano ai fatti successivi all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
L'articolo 3, comma 5, interviene in materia di professioni.
La norma prevede che, fatto salvo l'esame di Stato prescritto per l'abilitazione all'esercizio professionale dal quinto comma dell'articolo 33 della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, nonché alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti.
La disposizione stabilisce quindi che gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge per recepire i principi elencati nelle successive lettere da a) a g) del medesimo comma 5.
La lettera a) prescrive che la riforma degli ordinamenti professionali dovrà assicurare che l'accesso alla professione sia libero e che il suo esercizio sia fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, potrà essere consentita soltanto se motivata da ragioni di interesse pubblico e non dovrà produrre una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, sulla sede legale della società professionale.
La lettera b) prevede che gli ordinamenti professionali riformati debbano prevedere l'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM). La violazione dell'obbligo di formazione continua costituirà un illecito disciplinare e come tale sarà sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione.
La lettera c) stabilisce quindi che la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione debba conformarsi a criteri

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che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare l'accesso al mondo del lavoro, la durata del tirocinio non potrà essere complessivamente superiore a tre anni e potrà essere svolto, in presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i Consigli Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Per le professioni sanitarie, ai fini della disciplina dell'attività di tirocinio, resta peraltro confermata la normativa vigente.
La lettera d) prevede che il compenso spettante al professionista debba essere pattuito per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali. Sarà peraltro ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe. Il professionista resta comunque tenuto a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione del medesimo. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi si applicheranno le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia.
La lettera e) dispone che, a tutela del cliente, il professionista sarà tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista dovrà rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative potranno essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti.
La lettera f) stabilisce che gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione a livello territoriale di organi (terzi), diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali saranno specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina.
Viene inoltre prevista l'incompatibilità della carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Per le professioni sanitarie resta confermata la normativa vigente.
La lettera g) prevede infine che la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni fornite dovranno essere trasparenti, veritiere, corrette e non dovranno essere equivoche, ingannevoli, o denigratorie.
L'articolo 12 inserisce nel codice penale gli articoli 603-bis e 603-ter.
L'articolo 603-bis codice penale introduce nell'ordinamento il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro la cui fattispecie è rappresentata dallo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione, esercitata «mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori». L'attività può consistere nel reclutamento della manodopera o nell'organizzazione di attività lavorativa contraddistinta da sfruttamento. Per il delitto in esame si prevede la reclusione da 5 a 8 anni, nonché la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato (primo comma).
La stessa norma penale individua (secondo comma) alcune circostanze che costituiscono «indice di sfruttamento» mentre il terzo comma identifica alcune circostanze aggravanti, che comportano un aumento della pena da un terzo alla

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metà. Si tratta: dell'aver reclutato più di tre lavoratori; dell'aver reclutato minori in età non lavorativa; dell'aver commesso il fatto «esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro».
L'articolo 603-ter codice penale reca le pene accessorie sia per il nuovo delitto sia per quello di cui all'articolo 600 codice penale (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), per il caso in cui quest'ultimo tipo di sfruttamento abbia ad oggetto prestazioni lavorative.
La disposizione prevede le seguenti pene accessorie: interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese; divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti; esclusione per 2 anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell'Unione europea; tale esclusione opera per 5 anni quando il fatto è commesso da soggetto recidivo.
Ricorda, inoltre, che al nuovo delitto di cui all'articolo 603-bis si applicano anche le disposizioni di cui al successivo articolo 604 del codice penale. In base ad esso, il reato è punibile anche qualora il fatto sia commesso all'estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano. In quest'ultima ipotesi, lo straniero è punibile quando si tratti di delitto per il quale sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (come nel caso in esame) e quando vi sia stata richiesta del Ministro della giustizia.
Formula quindi una proposta di parere favorevole.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che sono state presentate due proposte alternative di parere contrario, una dal gruppo del PD (vedi allegato 1) e l'altra dal gruppo dell'IdV (vedi allegato 2).

Mario CAVALLARO (PD) nel riportarsi integralmente a quanto illustrato nella proposta alternativa di parere del gruppo del PD, si sofferma in particolare sulle disposizioni relative alla razionalizzazione della geografia giudiziaria, esprimendo la propria contrarietà alle soluzioni adottate nel provvedimento, che appaiono sostanzialmente inefficaci sul piano del risparmio di spesa e controproducenti, soprattutto laddove sembra che determinino la soppressione degli uffici giudiziari con il minore carico di arretrati.

Federico PALOMBA (IdV) illustra la proposta alternativa di parere del proprio gruppo (vedi allegato 2) esprimendo un giudizio radicalmente contrario sul provvedimento nel suo complesso. Sottolinea, in particolare, come le disposizioni volte ad accorpare e ridurre le procure nascondano il reale intento del Governo, che è quello di avere un maggiore controllo sulle stesse. Preannuncia quindi il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere favorevole del relatore.

Guido MELIS (PD) sottolinea come, pur comprendendo che quella in esame è una «manovra di guerra», varata sulla spinta di una grave situazione economico-finanziaria, non siano tuttavia assolutamente condivisibili le soluzioni e gli indirizzi adottati dal Governo, che si concretizzano in un insieme di disposizioni disorganiche e inefficaci, se non addirittura dannose.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione giustizia segnala, in primo luogo, come le disposizioni in materia di professioni si pongono in netta contrapposizione rispetto a quelle in esame presso questa Commissione. Sulla delicata materia della geografia giudiziaria, inoltre, manca un disegno complessivo e razionale che tenga conto, tra l'altro, delle differenze territoriali e regionali. L'accorpamento delle procure suscita poi le preoccupazioni già evidenziate dall'onorevole Palomba. Inoltre il provvedimento, a suo giudizio, sarebbe dovuto intervenire anche in materia di incompatibilità e corruzione.

Donatella FERRANTI (PD) illustra la proposta alternativa di parere contrario

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presentata dal suo gruppo sottolineando come la contrarietà al testo trasmesso dal Senato riguardi sia il contenuto dello stesso che il metodo con il quale il Governo e la maggioranza hanno gestito la manovra finanziaria. Limitandosi alle questioni di competenza della Commissione giustizia, rappresenta l'inopportunità di inserire nel testo anche il tema della riforma della geografia giudiziaria, che, considerata la complessità della medesima, avrebbe richiesto un approfondimento sicuramente maggiore di quello che il Parlamento farà su un testo del tutto eterogeneo e sul quale è stata anche posta la fiducia. Ritiene che anche l'inasprimento delle disposizioni penali inerenti alla lotta all'evasione fiscale siano prive di una reale efficacia oltre ad essere in alcuni casi anche irrazionali. Del tutto inaccettabile è la compressione del diritto di difesa derivante dalle disposizioni che accentuano l'obbligatorietà della mediazione. Del tutto inaccettabile a suo parere sono anche i tagli al settore della giustizia che già si trovava in grave sofferenza proprio per carenza finanziaria.

Lorenzo RIA (UdCpTP) preliminarmente esprime un giudizio complessivamente negativo sulla manovra finanziaria considerata nel suo insieme, ritenendo invece condivisibili alcune delle disposizioni in materia di giustizia previste dalla medesima. Per tale ragione annuncia il voto di astensione del suo gruppo in merito alla proposta di parere favorevole del relatore. Si sofferma in particolare sulla revisione della geografia giudiziaria rilevando come vi sia una concreta esigenza di razionalizzare la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio. Tuttavia, ritiene non del tutto condivisibili i criteri di delega previsti dal provvedimento in esame in quanto non sembrano essere sufficientemente oggettivizzati. Esprime forte preoccupazione per l'ipotesi di un accorpamento delle procure non ispirato da criteri oggettivi, ritenendo che in tal modo possano rimanere scoperti interi territori compresi quelli più delicati. Non condivide neanche i principi di delega relativi ai magistrati non essendo regolato adeguatamente il trasferimento dei magistrati con funzioni direttive e semidirettive che svolgono le loro funzioni in uffici giudiziari che saranno soppressi. Un'ulteriore carenza del testo è data dalla mancanza di una specifica disciplina transitoria volta a disciplinare i processi già instaurati al momento della soppressione dell'ufficio giudiziario ove gli stessi si svolgono.
Dichiara invece di condividere le disposizioni relative al calendario dei processi civili. Esprime fortissime perplessità sui criteri previsti dalla disposizione relativa alla sospensione condizionale della pena per i reati tributari.
Conclude ribadendo la propria astensione sulla proposta di parere del relatore.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) dichiara il voto favorevole della Lega alla proposta di parere del relatore, ritenendo condivisibili le disposizioni in materia di giustizia contenute nella manovra finanziaria in esame. Esprime sorpresa per gli interventi critici degli onorevoli Cavallaro, Melis e Ferranti relativamente alla riforma della geografia giudiziaria, ricordando a tale proposito che comunque non vengono in alcun modo toccate le direzioni distrettuali antimafia. Sottolinea pertanto che il nuovo assetto della geografia giudiziaria in alcun modo pregiudicherà il contrasto alla criminalità, essendo piuttosto diretto a chiudere quegli uffici giudiziari che non hanno carichi di lavoro apprezzabili. Ritiene che il provvedimento sia comunque da considerare in tutto il suo complesso ragionevole.

Giulia BONGIORNO, presidente, non essendovi altri iscritti a parlare pone in votazione la proposta di parere favorevole del relatore, ricordando che qualora questa dovesse essere respinta saranno messe in votazione le proposte alternative di parere presentate dai gruppi Italia dei valori e Partito democratico.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.15.