CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 giugno 2011
500.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 22 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 14.25.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone di invertire l'ordine del giorno e di procedere all'esame dello schema decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni (atto n. 365).

La Commissione concorda.

Schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni.
Atto n. 365.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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Donato BRUNO, presidente, ricorda che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di svolgere, sullo schema in esame, alcune audizioni di approfondimento della materia. Invita pertanto i gruppi che non l'abbiano fatto a comunicare alla presidenza i nomi degli esperti di cui intendono chiedere l'audizione.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, avverte che, essendo previste audizioni sullo schema in esame sia presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, sia presso questa Commissione, attenderà lo svolgimento delle stesse prima di svolgere osservazioni sul merito del provvedimento, limitandosi pertanto oggi a illustrarne il contenuto.
Ciò premesso, ricorda che il provvedimento in esame - sul quale non è stata raggiunta l'intesa in sede di Conferenza unificata - costituisce, come sottolineato dalla relazione illustrativa, il testo di «chiusura» sistematica delle innovazioni introdotte nell'ordinamento con l'attuazione del federalismo fiscale.
Chiave di volta di questa sistematizzazione viene ad essere l'imputazione precisa delle responsabilità, a garanzia della responsabilizzazione e della trasparenza ed effettività del controllo democratico da parte degli elettori, nei confronti degli eletti nei livelli di governo comunale, provinciale e regionale, secondo i principi stabiliti dall'articolo 1 della legge di delega e in base ad un sistema di premi e sanzioni che trova il suo fondamento nelle previsioni della stessa legge di delega, contenute nell'articolo 2, comma 2, lettere b), d) e z), nonché negli articoli 17, comma 1 lettera e) e 26, comma 1, lettera b).
Il Capo I del provvedimento è dedicato ai meccanismi sanzionatori.
È istituito l'inventario di fine legislatura a livello regionale dall'articolo 1 e l'inventario di fine mandato a livello comunale e provinciale dall'articolo 4, con l'intento di rendere disponibile per gli elettori una dichiarazione pubblica di rendicontazione che, rendendo trasparente la spesa dei vari livelli di governo, consente l'esercizio della funzione di controllo da parte degli elettori.
Gli articoli 2 e 6 disciplinano il fallimento politico rispettivamente del presidente della regione e del presidente della provincia e del sindaco.
In particolare l'articolo 2 introduce la fattispecie del grave dissesto finanziario riferito al disavanzo sanitario, definita grave violazione di legge ai fini dell'applicazione dell'istituto della rimozione del presidente della regione di cui al primo comma dell'articolo 126 della Costituzione. A tale rimozione l'articolo 2 collega l'interdizione dello stesso presidente da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per 10 anni, nonché una decurtazione del 30 per cento di rimborsi di spese elettorali per campagne di rinnovo di consigli regionali in caso di candidatura del soggetto che ha subito la rimozione a qualsiasi altra carica pubblica elettiva prima che siano decorsi 10 anni dalla rimozione.
Ai sensi dell'articolo 3, per i direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell'assessorato regionale competente la fattispecie del grave dissesto finanziario riferito al disavanzo sanitario comporta la decadenza dalla funzione e l'interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo da 7 a 10 anni.
L'articolo 5 prevede la facoltà di attivazione da parte del Ministero dell'economia di verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile e l'articolo 6, come già anticipato, disciplina la fattispecie del fallimento politico del presidente della provincia e del sindaco che siano ritenuti responsabili di una situazione di dissesto finanziario, in base all'articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000. A tal fine si introduce in tale articolo una specifica disposizione: in particolare si stabilisce per i suddetti soggetti la ineleggibilità, per un periodo di dieci anni, a tutte le cariche pubbliche elettive (sindaco, presidente di provincia, presidente di regione, nonché membro di consiglio comunale, di consiglio provinciale,

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delle assemblee e dei consigli regionali, membro del Parlamento e del Parlamento europeo), nonché un'ipotesi di incompatibilità successiva, che consiste in un'inibitoria a svolgere per un periodo di dieci anni qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Lo stesso articolo dispone una sanzione per i componenti del collegio dei revisori di cui la Corte dei conti abbia accertato gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio stesso, o ritardata o mancata comunicazione delle informazioni in base alla normativa vigente. Questi, infatti, non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, da graduarsi a seconda della gravità accertata.
L'articolo 7 disciplina i meccanismi sanzionatori - sostanzialmente analoghi - da applicare nei confronti delle regioni e degli enti locali nelle ipotesi di mancato rispetto del patto di stabilità interno, a decorrere dall'anno 2014. Le sanzioni corrispondono, peraltro, a quelle già previste dalla vigente disciplina del patto di stabilità interno per gli anni 2011-2013, recata dalla legge finanziaria per il 2011 (legge n. 220 del 2010), con l'introduzione di alcune novità: alle regioni è stata estesa la sanzione, attualmente prevista per i soli enti locali, della riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta regionale; agli enti locali è stata, invece, estesa la previsione dell'obbligo di versamento all'entrata del bilancio dello Stato dell'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico - attualmente vigente per le sole regioni -, in sostituzione della sanzione consistente nella riduzione dei trasferimenti erariali, prevista dalla normativa vigente, in conseguenza della soppressione dei trasferimenti a seguito dei provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.
Il Capo II disciplina i meccanismi premiali.
L'articolo 8 disciplina i meccanismi da applicare, a decorrere dall'anno 2014, nei confronti delle regioni e degli enti locali virtuosi che hanno rispettato gli obiettivi finanziari imposti dal patto di stabilità interno. Il meccanismo consente agli enti virtuosi di ridurre, nell'anno successivo a quello di riferimento, l'obiettivo di saldo ad essi assegnato di un importo determinato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
L'articolo 9 integra l'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, stabilendo il criterio per la valutazione dell'adempimento volontario ivi previsto di contenimento da parte delle regioni dei compensi dei consiglieri regionali. Il premio comporta una redistribuzione tra le regioni a statuto ordinario del 10 per cento dei trasferimenti per il cosiddetto «federalismo amministrativo»,
L'articolo 10 attribuisce alle province quota del gettito derivante dalla partecipazione all'accertamento dei tributi.
L'articolo 11 stabilisce le forme di collaborazione nella gestione organica dei tributi tra le province e l'Agenzia delle entrate, in particolare attraverso le direzioni regionali delle entrate.
L'articolo 12 affida a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la determinazione annuale delle modalità per la determinazione del livello di evasione fiscale relativo ad ogni singola Regione, nonché la fissazione delle modalità di accesso al fondo perequativo regionale, disciplinato dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Tale decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è emanato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42, istituita dall'articolo 33 del citato decreto legislativo n. 68 del 2011.
Infine, l'articolo 13 stabilisce che l'applicazione delle disposizioni contenute nel testo alle regioni a statuto speciale (la rubrica dell'articolo le definisce «regioni speciali») e agli enti locali dei rispettivi territori, deve avvenire nelle procedure e

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nei tempi stabiliti dall'articolo 27 della legge delega, cioè in maniera concordata con ciascuna autonomia. Infatti, l'articolo 27 della legge n. 42 del 2009 adatta alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale ed elenca i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi.
Occorre tener presente che tutte le regioni a statuto speciale hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione. Inoltre, ricordo che sono state emanate norme recanti disposizioni di attuazione del federalismo fiscale per le regioni a statuto speciale per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano con la legge finanziaria 2010 (Legge n. 191 del 2009 articolo 2 commi 106-125) e per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la Regione autonoma Valle d'Aosta dalla legge di stabilità 2011 (Legge n. 220 del 2010 articolo 1, rispettivamente commi 151-159 e commi 160-164).

Pierluigi MANTINI (UdCpTP), nel riservarsi di intervenire eventualmente in modo più diffuso dopo lo svolgimento delle previste audizioni, invita fin d'ora a riflettere su alcuni punti del testo che presentano questioni di rilevanza costituzionale. Si riferisce, in particolare, alla necessità di valutare con cura il confine tra la responsabilità dei funzionari amministrativi e quella degli organi politici, elettivi. È infatti condivisibile l'intento rigorista che ispira su questo punto il testo del Governo, come pure l'obbligo di rendere conto della propria gestione alla fine del mandato, ma si deve tenere presente che l'incandidabilità per dieci anni è una sanzione molto forte, tale da incidere in modo significativo sugli attuali equilibri costituzionali.

Il ministro Roberto CALDEROLI sottolinea che il mancato raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza unificata sullo schema di esame è dipeso unicamente da un problema di organizzazione dei tempi: infatti se lo schema fosse stato trasmesso alle Camere più tardi il Governo non si sarebbe potuto avvalere della proroga di 90 giorni del termine di scadenza della delega, sulla base del meccanismo previsto dalla legge sul federalismo fiscale. Ciò ha impedito di completare il lavoro in corso con gli altri livelli di governo, che nel giro di qualche giorno avrebbe ragionevolmente portato all'intesa. Peraltro, il Governo ritiene che molte delle richieste delle regioni possano essere accolte e confida che nel corso dell'esame parlamentare dello schema di atto si terrà conto di tali richieste.
Con riferimento, poi, alle questioni sollevate dal deputato Mantini, ritiene che esse debbano certamente essere approfondite, per tenere conto dell'effettivo coinvolgimento dell'amministratore eletto nella eventuale cattiva gestione, anche alla luce del fatto che spesso i cattivi risultati di una gestione dipendono dalle scelte degli amministratori precedenti.
In conclusione, ritiene che le prossime due settimane potrebbero essere utilizzate per le audizioni, successivamente i relatori presso la Commissione di merito potrebbero presentare una proposta di parere nella quale tenere conto anche delle richieste delle regioni, in modo che le Commissioni affari costituzionali e bilancio possano pronunciarsi sul nuovo testo elaborato dai relatori, prima della definitiva espressione del parere da parte della Commissione di merito.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, ritiene che il programma di lavoro auspicato dal ministro sia condivisibile. Rivolgendosi al deputato Mantini, assicura che, in qualità di relatrice, sta esaminando tutti gli aspetti di competenza della Commissione, compresa la questione cui lui ha fatto cenno.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 22 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Sonia Viale.

La seduta comincia alle 14.45.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), e la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.
COM(2011)118 def.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 giugno 2011.

Jole SANTELLI (PdL), relatore, presenta una proposta di documento finale (vedi allegato), che illustra, soffermandosi in modo particolare sulle tre osservazioni conclusive. La prima osservazione tende a chiedere una migliore delimitazione dell'ambito della delega conferita alla Commissione europea per quanto concerne l'adozione delle misure complementari di sorveglianza alle frontiere: in particolare si chiede di individuare meglio la portata e gli obiettivi della delega stessa e di definirne la durata, in modo che essa non si traduca nell'esercizio di un potere troppo ampio e indeterminato.
Con la seconda osservazione si chiede alle autorità europee di riconsiderare la decisione di abrogare l'obbligo, per i cittadini di Paesi terzi in posizione regolare, di dichiarare la propria presenza: l'abrogazione di questo obbligo potrebbe infatti essere di ostacolo al contrasto dell'immigrazione clandestina, in quanto farebbe venire meno un importante strumento di monitoraggio delle presenze. Al riguardo fa presente che anche altri paesi europei sono contrari alla soppressione del predetto obbligo, senza contare che un obbligo simile è previsto anche per i cittadini italiani, che, se ospitano in casa propria altre persone, anche italiane, devono darne comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza.
Quanto alla terza osservazione, essa ripropone un punto sul quale il Parlamento italiano è unanime: occorre che nell'ambito dell'ulteriore sviluppo della strategia per la gestione integrata delle frontiere, le istituzioni europee tengano conto delle pressioni particolari cui è sottoposta l'Italia. È necessario, in altre parole, che le frontiere nazionali dei paesi di confine dell'Unione europea siano considerate frontiere comuni. Non è accettabile che l'Italia sia accusata in sede europea di non saper garantire il controllo dei passaggi alle sue frontiere da parte di stranieri provenienti in particolare dai paesi del nord Africa, quando poi le sue richieste di aiuto all'Unione europea e di adozione di adeguate misure normative restano inascoltate.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) dichiara che il suo gruppo condivide la prima e la terza osservazione. Quanto alla seconda, invita a riflettere sul fatto che la dichiarazione di presenza sul territorio italiano rischia di essere soltanto un onere burocratico in capo allo straniero, senza comportare alcun concreto vantaggio alle autorità italiane ai fini del contrasto all'immigrazione clandestina. Fa presente infatti che la dichiarazione di presenza è compiuta dai soli stranieri regolari, non certo dagli irregolari; senza contare che l'obbligo di dichiarazione grava su tutti gli stranieri extracomunitari, quindi non solo su quelli che provengono da paesi di forte emigrazione, anche clandestina, verso l'Italia, ma anche su quelli che provengono da paesi come gli Stati uniti o il Giappone.

Jole SANTELLI (PdL), relatore, sottolinea che non si tratterebbe di introdurre un nuovo obbligo per gli stranieri, ma di mantenere un obbligo già previsto. Ribadisce,

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inoltre, che la legislazione italiana prevede obblighi simili anche per i cittadini italiani. È necessario quindi tenerne conto per armonizzare la disciplina valida per gli italiani a quella relativa agli stranieri che si fermano in Italia per periodi relativamente lunghi. Aggiunge che la dichiarazione di presenza da parte degli stranieri è utile anche ai fini del monitoraggio delle presenze degli stranieri in generale. Infine, ricorda che la richiesta di riconsiderare la soppressione dell'obbligo di dichiarazione non viene soltanto dall'Italia.

Il sottosegretario Sonia VIALE ricorda che l'obbligo, per gli stranieri, di dichiarare la propria presenza viene assolto in diversi modi: per gli stranieri che giungono in Italia da paesi non appartenenti all'area dell'accordo di Schengen, la rilevazione della presenza avviene ai valichi di frontiera e comporta l'apposizione di un timbro sul passaporto; se non c'è passaggio per i valichi di frontiera, la presenza viene dichiarata dagli albergatori. Per quanto riguarda, invece, gli stranieri che giungono in Italia da paesi appartenenti all'area dell'accordo di Schengen, sussiste l'obbligo di dichiarare la propria presenza alle autorità di pubblica sicurezza, se il soggiorno previsto supera gli otto giorni.
Ciò premesso, chiarisce che il Governo auspica il mantenimento delle regole vigenti e condivide quindi l'osservazione contenuta nella proposta di documento finale della relatrice, anche perché la Direzione centrale della Polizia dell'Immigrazione e delle frontiere ha confermato che l'obbligo di dichiarazione di presenza è utile per ragioni info-investigative.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) rileva che sarebbe utile capire meglio le considerazioni sulla base delle quali la Direzione centrale della Polizia dell'Immigrazione e delle frontiere ritiene che la permanenza dell'obbligo in questione possa essere utile e invita il rappresentante del Governo a fornire chiarimenti in merito, eventualmente nella prossima seduta. È a suo avviso necessario capire se l'utilità della misura valga il sacrificio in termini di oneri burocratici per lo straniero che viene in Italia regolarmente.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sulla mancata presentazione, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, della relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi.

Roberto ZACCARIA (PD) interviene per porre la questione del mancato adempimento di un obbligo di legge da parte di un'Autorità amministrativa indipendente e di quali iniziative il Parlamento possa intraprendere in un caso di questa specie. Si riferisce in particolare alla mancata presentazione al Parlamento, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, della relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi, prevista dall'articolo 8, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215, la legge Frattini. Risulta infatti che l'ultima relazione presentata, riguardante il secondo semestre 2006, sia stata trasmessa alla Presidenza della Camera nel maggio del 2007. Le relazioni annuali sulla propria attività presentate al Parlamento dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non riportano, peraltro, informazioni sullo stato delle attività di controllo e vigilanza dell'Autorità in materia di conflitti di interessi. Al contrario, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rispettato l'obbligo di presentazione della relazione semestrale.
Sottolinea la rilevanza dell'argomento, dato che l'articolo 7 della medesima legge Frattini pone in capo all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di accertamento affinché in campagna elettorale non sia fornito, da parte di imprese operanti nel settore delle comunicazioni, un sostegno privilegiato a titolari di cariche di governo.
La questione è, però, più generale. Si chiede come possa il Parlamento controllare

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l'attività di un'Autorità indipendente. Proprio a tal fine la legge crea collegamenti tra Autorità indipendente e Parlamento con la previsione dell'obbligo della presentazione di una relazione periodica. C'è da chiedersi quali siano gli strumenti a disposizione del Parlamento nel caso in cui un'Autorità indipendente non adempia a tale obbligo. Ricorda che anche il collega Tassone, nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti, ha posto più volte la questione su quale sia il soggetto istituzionale a cui le medesime Autorità rispondono.
Chiede, infine, al Presidente se sia possibile prevedere che la Commissione svolga un'audizione del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla questione da lui sollevata.

Mario TASSONE (UdCpTP) rileva come la questione posta dall'onorevole Zaccaria sollevi un problema fondamentale del quadro legislativo sulle autorità amministrative indipendenti in generale: quello della loro responsabilità. Sottolinea come la normativa preveda l'obbligo delle autorità indipendenti di riferire al Parlamento senza però prevedere sanzioni in caso di inadempimento: fa presente che, mentre, ad esempio, la mancata presentazione di una relazione al Parlamento da parte di una Commissione d'inchiesta può portare a una sanzione politica, nessuna sanzione del genere può raggiungere le autorità amministrative indipendenti.
È quindi utile, a suo parere, che la Commissione affronti questo problema, come gli altri emersi nel corso dell'indagine conoscitiva fin qui svolta sulle Autorità amministrative indipendenti, con una iniziativa che possa portare alla elaborazione di specifiche proposte, anche al fine di rivedere la normativa in questione.

Donato BRUNO, presidente, data la rilevanza delle questioni poste dall'onorevole Zaccaria, ritiene che queste debbano essere affrontate in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per essere poi eventualmente portate all'attenzione del Presidente della Camera. Riguardo alle questioni poste dall'onorevole Tassone, osserva come queste potranno essere proficuamente affrontate in sede di discussione del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti.

La seduta termina alle 15.15.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 22 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 15.15.

Attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
C. 244 Maurizio Turco, C. 506 Castagnetti, C. 853 Pisicchio, C. 1722 Briguglio, C. 3809 Sposetti, C. 3962 Pisicchio e C. 4194 Veltroni.

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 7 giugno 2011.

Maurizio TURCO (PD) ricorda che nella precedente seduta era stata posta la questione dell'organizzazione dei lavori della Commissione relativi alle proposte in titolo. Invita pertanto la presidenza a chiarire quale sia il programma di lavoro, stabilendo un termine per la discussione di carattere generale.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che la presidenza non è in condizione di organizzare i lavori dal punto di vista temporale finché non sa quali e quanti deputati intendono intervenire sul provvedimento. Invita pertanto i gruppi a comunicare le iscrizioni a parlare.

Giuseppe CALDERISI (PdL) chiede alla presidenza di verificare se la materia delle elezioni primarie sia oggetto dei disegni di legge in materia elettorale attualmente all'esame del Senato. Si riserva, quindi, di far sapere quali deputati del suo gruppo intendono parlare.

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Donato BRUNO, presidente, assicura che procederà alla verifica chiesta dall'onorevole Calderisi. Raccoglie quindi le richieste di iscrizione a parlare dei gruppi della Lega Nord Padania e del Partito democratico.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) sottolinea come quella affrontata dai provvedimenti in titolo sia una materia di grande rilievo nazionale e costituzionale e di preminente interesse politico. Secondo l'articolo 49 della Costituzione, tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La dottrina ha lungamente dibattuto se l'obbligo di metodo democratico valga soltanto per l'operato pubblico dei partiti o anche per la loro vita interna. Ancora oggi questa è la questione di fondo. Al momento i partiti sono soltanto associazioni di fatto, non soggette ad alcuna disciplina di legge, il che è anomalo, dal momento che molte forme associative private, anche di rilevanza pubblica decisamente minore di quella dei partiti, sono soggette a penetranti discipline di legge.
Premesso quindi che il suo gruppo condivide l'iniziativa legislativa per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione e si riserva di contribuire ad essa con emendamenti o, se possibile, con una proposta di legge, osserva che, se si vuole arrivare all'approvazione di una legge in materia, occorre a suo avviso limitare il campo di intervento. Ad esempio, ritiene che si debba riflettere attentamente sulla introduzione di sanzioni a valere sui rimborsi elettorali, in quanto il meccanismo dei rimborsi non è uniforme, ma varia a seconda del tipo di elezione. Lo stesso può dirsi per le elezioni primarie, che alcune proposte di legge vorrebbero rendere obbligatorie. Le elezioni primarie hanno però senso a condizione che il sistema elettorale sia maggioritario uninominale; in un sistema proporzionale, le primarie non servono, a meno che le si voglia utilizzare per selezionare i candidati da inserire nelle liste.
A suo avviso, introdurre l'obbligo di registrazione dei partiti politici e prescrivere alcuni contenuti essenziali degli statuti sarebbe già un risultato soddisfacente. A volere di più, si rischia di non arrivare a nulla. Personalmente, ritiene in ogni caso importante anche disciplinare i diritti degli iscritti e le garanzie interne in caso di violazione di diritti statutari o di legge.
Si dichiara infine favorevole a disciplinare l'esistenza delle fondazioni politiche come soggetti collegati ma distinti dai partiti politici, come nel modello tedesco. L'elaborazione concettuale e la formazione del personale politico sono infatti compiti essenziali di un partito, ma possono utilmente essere «esternalizzate» ad enti autonomi, come le fondazioni politiche.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.