CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 marzo 2011
451.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 10 marzo 2011. - Presidenza del presidente Enrico LA LOGGIA. - Interviene il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli.

La seduta comincia alle 12.25.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Atto n. 317.

(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno rinviato, da ultimo, nella seduta del 9 marzo 2011.

Enrico LA LOGGIA, presidente, avverte che è pervenuta la richiesta da parte di alcuni componenti della Commissione di sottoporre il testo dello schema di decreto al parere del Comitato per la legislazione, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento della Camera. In proposito si riserva di effettuare i necessari approfondimenti.

Il deputato Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) prima di procedere ad una disamina puntuale dei profili problematici relativi ad alcune norme dello schema in esame, reputa utile una riflessione di carattere generale sullo stesso, sottolineando come la sua portata innovativa sia di fatto estremamente modesta. Come emerso anche nel corso delle audizioni, il carattere conservativo del provvedimento si deduce da due elementi essenziali, quali il ridotto livello di autonomia fiscale attribuito alle regioni, la cui quota di entrate tributarie rispetto alle entrate totali risulterebbe sensibilmente inferiore all'attuale, e la limitata efficacia di conseguire l'efficientamento del sistema attraverso i costi standard. Su tale ultimo punto, precisa che l'aver costruito l'indicatore di costo standard non come un vincolo ma come un moltiplicatore rischia, in assenza di meccanismi

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di tutoraggio e valutazione, di sortire l'effetto negativo di sostituire la spesa cosiddetta «buona» con quella «cattiva», non ottenendo quindi alcun risparmio, ma cristallizzandola ai livelli attuali.
Nel rammentare che la legge delega sancisce il carattere verticale della perequazione delle capacità fiscali, invita ad una riflessione sui possibili profili di costituzionalità del decreto in merito al meccanismo perequativo prefigurato dall'articolo 11, che appare ispirato a criteri di riequilibrio di tipo orizzontale. Inoltre, con la previsione di escludere le regioni a statuto speciale dall'applicazione delle norme del provvedimento si rischia, da un lato, di costruire un federalismo squilibrato e iniquo e dall'altro, per effetto della presenza in talune delle citate regioni di scostamenti rispetto ai valori ottimali anche molto elevati, di drenare risorse che potrebbero essere diversamente destinate a fini perequativi.
In merito ai criteri di ripartizione delle risorse sanitarie, ritiene che la loro distribuzione sulla base di un indicatore di costo pro-capite standardizzato debba essere affiancata ad una perequazione infrastrutturale, dal momento che gli investimenti assumono un ruolo essenziale nel processo di riqualificazione della spesa nell'ambito dell'attuazione del federalismo. Non concorda, a tale proposito, con l'inserimento nel procedimento di calcolo dei costi e fabbisogni standard nel settore sanitario di indicatori di deprivazione, che potrebbero esser oggetto di estenuanti trattative in sede politica, reputando al contrario preferibile che tali parametri siano determinati sulla base di elementi oggettivi e qualitativi della spesa.
Relativamente poi all'invarianza della pressione fiscale complessiva evocata nelle proposte della Conferenza Unificata, rileva che non è chiarito a quale pressione fiscale debba farsi riferimento né se tale parametro possa essere suscettibile di diminuzione. Propone a tal fine di costruire un indicatore di pressione fiscale cui far riferimento e di verificarne il rispetto attraverso un monitoraggio periodico, da affidare alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. La verifica del rispetto del vincolo di invarianza della pressione fiscale rappresenta, a suo avviso, un elemento essenziale al fine di garantire che l'autonomia fiscale delle regioni non pregiudichi i diritti dei cittadini e non sia destinata alla copertura di inefficienze di spesa.
Ulteriori profili di criticità riguardano la variabilità delle aliquote Irpef, la cui manovrabilità è suscettibile di produrre una forte differenziazione della pressione fiscale, a parità di reddito, incidendo sull'unitarietà e sulla progressività dell'imposta, anche alla luce della preannunciata riforma fiscale. Non condivide inoltre la limitazione prevista dal provvedimento circa la flessibilità delle aliquote dell'addizionale Irpef e dell'Irap, ritenendo che la clausola di salvaguardia ivi stabilita dovrebbe essere estesa anche agli altri tipi di redditi e non limitata ai soli redditi da lavoro dipendente e da pensione. Premesso che la concorrenza fiscale tra territori è insita nella logica federalista, propone che l'attribuzione alle regioni del potere di ridurre o azzerare l'Irap sia posticipata al termine del periodo di convergenza, ossia nel momento in cui dovrebbe essere realizzata la parità delle condizioni di partenza.
In ordine infine ai livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni diverse dalla sanità, sottolinea, da un lato, la minore esperienza maturata in tali settori, che richiede di intraprendere un percorso di conoscenza e valutazione, e dall'altro la complessità che attiene l'erogazione dei servizi di assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale, la cui allocazione non è concentrata solo a livello regionale, come avviene per la sanità, ma è suddivisa tra i diversi livelli di governo ed è caratterizzata dall'estrema eterogeneità dei modelli di gestione adottati da ciascun ente.

Il deputato Rolando NANNICINI (PD) nell'evidenziare come l'impianto complessivo dello schema di decreto in esame fornisca un quadro dell'attuale sistema dei rapporti tra Stato e regioni, sottolinea, con specifico riferimento al settore sanitario,

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gli aspetti innovativi rappresentati da una definizione delle fonti di finanziamento a carattere fiscale piuttosto che legate al fondo sanitario nazionale.
Rileva come, dopo oltre trent'anni di studio del comparto sanitario, appaia finalmente possibile discutere sul tema della valutazione dell'impatto del medesimo sui saldi di finanza pubblica e, in particolare, sul deficit che deriva dalle spese degli enti sanitari locali, per i quali non risulta agevole l'esame del rapporto tra domanda e offerta e, di conseguenza, dell'evoluzione della spesa a carico del bilancio dello Stato.
Citando alcuni elementi informativi tratti dalla documentazione depositata dalla COPAFF evidenzia come dal confronto dei dati relativi ai disavanzi, pur con i noti limiti dovuti alla mancanza di uniformità contabile, risulti che alcune regioni che presentano valori assoluti di disavanzo più elevati di altre facciano poi registrare deficit pro-capite più contenuti. Ne consegue che il comparto sanitario risulta fortemente differenziato dal punto di vista organizzativo, anche con riferimento agli ulteriori servizi offerti, e che, come è emerso nel corso delle audizioni, i dati possano variare considerevolmente in base alla distribuzione della popolazione per classi di età, finendo per favorire le regioni con residenti che in media presentano un'età più ridotta, grazie ad un minore consumo sanitario. Tuttavia, è necessario assicurare che le prestazioni siano distribuite in modo uniforme sul territorio nazionale, garantendone i livelli essenziali rispetto a parametri di equità. Se da un lato, pertanto, appare possibile ridurre la spesa di parte corrente, non sarebbe corretto distribuire i risparmi di risorse per finanziare altra spesa corrente, ma occorrerebbe elaborare un piano che individui i fabbisogni dei servizi infrastrutturali sanitari.
Concordando inoltre con quanto espresso dalla collega Lanzillotta, invita il Governo a prestare maggiore attenzione ai parametri socio-economici, individuando uno stretto rapporto tra la sfera sociale e quella sanitaria, in quanto è verosimile che livelli eccessivi di disagio sociale alla lunga possano scaricarsi sulla spesa sanitaria.
Segnalando conclusivamente che i tagli lineari effettuati dal decreto-legge 78 del 2010 hanno inciso profondamente su molti dei capitoli di spesa destinati alle regioni, rileva come tale metodo non sia in armonia con il principio di autonomia degli enti territoriali e che occorra pertanto ripristinare le risorse in questione.

Il deputato Roberto SIMONETTI (LNP) osserva che lo schema di decreto delinea una complessa ed efficace ridefinizione del sistema di finanziamento delle regioni e delle province, nonché dei contenuti e delle procedure per un miglior controllo della spesa nel settore sanitario, che appare nel suo complesso da valutare con favore e che risulta particolarmente condivisibile in alcuni aspetti, quali ad esempio quelli concernenti la manovrabilità fiscale dell'Irpef prefigurata per le regioni. In tale quadro il proprio gruppo riterrebbe tuttavia utili alcune correzioni ed integrazioni, talune delle quali anche di carattere testuale, la cui compiuta e specifica ricognizione è contenuta, anche per una miglior chiarezza, in un documento cui rinvia e che chiede di allegare al resoconto della seduta (vedi allegato 1).

Il senatore Giuliano BARBOLINI (PD) ritiene necessario svolgere alcune considerazioni sullo schema di decreto, la prima delle quali attiene alla totale assenza di riferimenti ai livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per i settori diversi dalla sanità: assenza che a suo avviso potrebbe costituire un effetto dei tagli alle risorse regionali effettuati dal decreto legge n. 78 del 2010. Benché sia senz'altro consapevole della difficoltà di individuare i Lep per tali settori, ed in particolare per quello dell'assistenza, in cui le prestazioni dipendono anche dai comportamenti e dalla qualità degli operatori, considera tuttavia necessario che nel provvedimento venga almeno prefigurato - ed in tal senso rinvia alle proposte emendative del proprio gruppo - un percorso di costruzione dei

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livelli in questione, per il quale, osserva, potrebbe essere utile conoscere i primi risultati dell'attività che sta effettuando la SOSE sulla base di uno dei decreti legislativi approvati.
Per quanto concerne la sanità, condivide l'approccio conservativo riportato nel provvedimento all'esame, anche perché il criterio della distribuzione pro-capite della spesa pesata costituisce un metodo ormai consolidato; non può tuttavia ignorarsi il problema delle esternalità sociali ed economiche che hanno effetti negativi sulla spesa, che, peraltro, ritiene vada affrontato sul piano della perequazione infrastrutturale del settore. Considera inoltre necessario precisare che la presenza di uno stanziamento di risorse, per il fabbisogno sanitario, che viene stabilito a monte sulla base delle compatibilità economiche, non deve far venir meno l'urgenza di individuare i costi standard delle prestazioni, mediante i quali si arriverebbe a cifrare l'importo del fabbisogno sanitario teoricamente necessario, rimettendo in tal modo ad una trasparente decisione politica la individuazione delle risorse effettivamente stanziabili nell'osservanza dei vincoli di finanza pubblica.
Una ulteriore considerazione attiene al rischio che il sovraccarico che questo decreto opera sull'Irpef, ampliandone sia la discrezionalità che la manovrabilità, produca un effetto distorsivo sulla struttura stessa dell'imposta, ritenendo che al fine di intervenire su tale questione potrebbe risultare utile sapere a che punto sono i lavori sulla riforma fiscale annunciata dal Ministro dell'economia. Sul fondo perequativo sottolinea l'importanza delle proposte di modifica avanzata dal proprio gruppo, finalizzate a prevedere una disciplina sulla fase transitoria che è inspiegabilmente assente nel provvedimento. Conclude segnalando come le risorse assegnate alle province vengano basate principalmente su una imposta di carattere assicurativo che però potrebbe avere nel tempo andamenti decrescenti, con conseguenti effetti sull'autonomia fiscale effettiva dell'ente provinciale.
Segnala infine che il gruppo del Partito Democratico ha depositato le proposte emendative derivanti dal documento presentato dal gruppo medesimo nella seduta di ieri (vedi allegato 2).

Enrico LA LOGGIA, presidente, nel segnalare che si farà carico di dare gli opportuni impulsi propositivi ai lavori della Commissione, sulla base di alcune delle segnalazioni ora svolte dal collega Barbolini, lo invita, qualora lo ritenga utile, ad eventuali integrazioni in tal senso delle proposte emendative finora presentate dal gruppo del Partito Democratico.

Il senatore Marco STRADIOTTO (PD) invita il presidente a richiedere alla COPAFF l'elaborazione di alcune proiezioni dei dati di finanza pubblica relativi agli effetti delle decisioni che sono state sinora adottate sul federalismo fiscale, sottolineando che la COPAFF è istituita nella legge n. 42 quale strumento tecnico di supporto al Governo e al Parlamento. Osservando che nel corso del dibattito le spese delle regioni spesso sono state poste a raffronto con quelle delle regioni a statuto speciale, ricorda che la normativa sul federalismo in realtà si applica alle sole regioni a statuto ordinario ed invita, quindi, a non creare nei cittadini false illusioni circa la riduzione delle spese delle autonomie speciali, che appaiono essere in una posizione di vantaggio in termini di risorse rispetto alle altre regioni. Evidenzia come nel corso degli ultimi trent'anni la spesa dei comuni in rapporto al PIL sia diminuita, quella delle province sia aumentata di circa l'1 per cento a seguito dell'attribuzione di nuove competenze, mentre, a causa della spesa sanitaria, sia esplosa la spesa delle regioni. Ritiene che tali dati stiano a significare che, fermo restando la presenza di sprechi ad ogni livello di governo, è fondamentale che venga effettuata una attenta determinazione dei LEP, anche per i servizi non sanitari, auspicando che possa pervenirsi ad una soluzione migliore rispetto a quella sui fabbisogni standard dei comuni. Peraltro una errata determinazione del fabbisogno

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non potrà non generare ricorsi da parte di quegli enti che si vedranno ridurre sensibilmente le risorse assegnate. Infine auspica che il lavoro della Commissione possa determinare maggiore autonomia finanziaria per le regioni e le province, al fine di far comprendere effettivamente al cittadino dove vanno a finire i suoi tributi ed evitare ulteriore confusione in un sistema fiscale assai complesso.

Il ministro Roberto CALDEROLI nel confermare l'approccio necessariamente conservativo del decreto in materia di spesa sanitaria, come rilevato dal senatore Barbolini, sottolinea che l'obiettivo del Governo non sia tanto incidere sull'ammontare delle risorse destinate alla sanità, quanto sulla spesa complessiva, con l'ambizioso obiettivo di conseguire un risparmio. Come emerge dalle analisi di settore, infatti, la questione non riguarda tanto l'attribuzione delle risorse, per le quali in effetti non si registra un forte variabilità in termini di quota capitaria, quanto l'offerta dei servizi, che non appaiono adeguati agli standard prefissati.
Evidenziando la portata della definizione percentuale di ripartizione della spesa sanitaria tra macrolivelli di assistenza (collettivo, distrettuale e ospedaliero) in termini di programmazione delle risorse, prospetta la necessità di una riduzione della spesa corrente, accompagnata dalla perequazione infrastrutturale che consenta di incrementare il livello di investimenti nel settore sanitario. In particolare segnala come l'aver stabilito espressamente nel decreto le quote percentuali di spesa per i tre diversi macrolivelli cui dovranno adeguarsi le regioni costituisca un elemento destinato a dare un primo segnale che sostanzia l'obiettivo del superamento della spesa storica.
Evidenzia come lo sforzo del Governo sia di procedere, senza ledere l'autonomia a livello regionale, alla individuazione del costo standard nel settore sanitario, nel quale si registra una forte differenziazione della spesa tra regioni non solo rispetto al personale - che andrebbe comunque ridimensionato in base a rapporti di equivalenza tra macrolivelli - ma anche con riferimento ad altre prestazioni come i servizi di pulizia e ristorazione. Tale definizione è tanto più urgente se si considera che manovre di contenimento della spesa sanitaria complessiva insistono soprattutto sul settore farmaceutico, che attualmente è l'unico per il quale sono stati individuati costi che consentono un'esatta riduzione dei margini di spesa.
Per tale motivo, in assenza di una esatta definizione del costo standard nel settore sanitario, si prevede l'introduzione di parametri oggettivi di controllo della spesa, come ad esempio misure premiali per le regioni che si dotino di una centrale unica per gestire le gare di appalto al fine di contenere le spese per servizi. Con riferimento alla definizione dei fabbisogni, inoltre, rileva la necessità che gli stessi derivino da elementi oggettivi, anche di tipo numerico, e non da una valutazione che poi diviene necessariamente oggetto di negoziazione.
Conclusivamente conviene su molte delle proposte emerse negli interventi, come ad esempio quella di non inserire nel testo l'indice di deprivazione, al fine di migliorare complessivamente le disposizioni del provvedimento, mettendo in guardia dalla tentazione di non sostituire al centralismo statale quello delle regioni, soprattutto con riferimento alla definizione delle norme relative ai fondi perequativi.

Enrico LA LOGGIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.50.