CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 febbraio 2011
439.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 16 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI.

La seduta comincia alle 9.45

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Atto n. 317.

(Deliberazione dell'indagine).

Giancarlo GIORGETTI, presidente, avverte che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta del 15 febbraio 2011, ha deliberato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, di

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svolgere un'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. Il programma prevede che nell'ambito dell'indagine, che dovrà concludersi entro l'11 marzo 2011, termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto, si proceda alle audizioni dei seguenti soggetti:
rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato;
rappresentanti del Dipartimento della qualità del Ministero della salute;
Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale;
rappresentanti della Corte dei conti;
esperti e rappresentanti di altre amministrazioni pubbliche.

Rileva che, avendo sottoposto la bozza di programma al Presidente della Camera, e acquisita l'intesa prevista dall'articolo 144, comma 1, del Regolamento, la Commissione è nelle condizioni di procedere alla formale deliberazione dell'indagine. Pone quindi in votazione la proposta di svolgimento dell'indagine sulla base del programma concordato.

La Commissione delibera lo svolgimento dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317).

La seduta termina alle 9.50.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 16 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 9.50.

Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2011 e abb.-A.
(Parere all'Assemblea).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento e delle proposte emendative ad esso riferite, rinviato, da ultimo, nella seduta del 15 febbraio 2011.

Il sottosegretario Luigi CASERO fa presente che il Ministero della giustizia non ha ancora trasmesso una relazione tecnica che consenta di superare le criticità emerse nel corso dell'esame del provvedimento.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, preso atto della dichiarazione del rappresentante del Governo, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.55.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 16 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 9.55.

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Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, trasmesso ai sensi dell'articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Atto n. 317.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

Maria Teresa ARMOSINO (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo del quale la Commissione oggi avvia l'esame è il quinto schema trasmesso dal Governo in attuazione delle deleghe legislative di cui alla legge n. 42 del 2009.
Segnala che lo schema reca, in primo luogo, nei primi tre capi, disposizioni in materia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, integrando in tal modo le disposizioni riferite all'autonomia impositiva dei comuni, contenute nello schema di decreto in materia di federalismo fiscale municipale, esaminato negli scorsi giorni dalla Commissione bilancio e dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. Il quarto capo reca invece una disciplina determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, volta a superare i criteri di riparto della spesa sanitaria risultanti dalla normativa vigente.
Ritiene prematuro avviare un esame puntuale ed articolato delle numerose questioni applicative della nuova disciplina e delle sue implicazioni di carattere finanziario. Nel rinviare, sin d'ora, alla documentazione predisposta dagli uffici della Camera per le richieste di chiarimento in ordine alle conseguenze finanziarie del provvedimento, si riserva di formulare eventuali osservazioni e richieste di chiarimento a seguito dello svolgimento dell'indagine conoscitiva sul provvedimento che prenderà avvio nel pomeriggio di oggi con l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello stato e del Ministero della salute.
Quanto alla prima direttrice di intervento, rileva che l'articolo 1 illustra l'oggetto del provvedimento, che è teso ad assicurare l'autonomia di entrata e di spesa delle regioni a statuto ordinario e a sopprimere conseguentemente i trasferimenti statali. In particolare, si indica che le entrate di tali regioni, il cui gettito è senza vincolo di destinazione; sono costituite dalla compartecipazione al gettito di tributi erariali, dai tributi regionali e dal gettito di meccanismi perequativi predisposti al fine di riequilibrare la differente capacità fiscale per abitante esistente nelle diverse regioni.
Segnala che l'articolo 2 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio da adottarsi entro il 30 giugno di quest'anno, sia rideterminata, a decorrere dall'anno 2012, l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF e che vengano corrispondentemente ridotte, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo, le aliquote IRPEF di competenza statale. La nuova aliquota dovrà compensare tanto la soppressione dei trasferimenti statali, prevista dall'articolo 6, quanto della soppressione della compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina. L'articolo 2 determina, inoltre, il fabbisogno sanitario nazionale standard, stabilendo che esso, nell'anno 2012, corrisponda al livello vigente del finanziamento del Servizio sanitario nazionale al quale ordinariamente concorre lo Stato. Rileva come fino all'anno 2013 concorrano al finanziamento della spesa sanitaria le entrate proprie delle Regioni, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno 2010, e le ulteriori risorse, previste da specifiche disposizioni, ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato.
Con riferimento all'articolo 3, che stabilisce che alle Regioni a statuto ordinario competa una compartecipazione all'IVA, segnala che essa è calcolata fino al 2013 sulla base della normativa vigente, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse dell'Unione europea.

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A decorrere dall'anno 2014, invece, la compartecipazione verrà determinata con le modalità previste dal successivo articolo 11. Osserva che, in attuazione del principio di territorialità, dal 2013 la compartecipazione verrà attribuita in base al luogo di effettivo consumo. I criteri di attuazione della disposizione saranno definiti con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni.
Per quanto concerne l'articolo 4, che riconosce alle Regioni, a decorrere dall'anno 2014, la facoltà di ridurre, nel rispetto della normativa e degli orientamenti giurisprudenziali comunitari, l'IRAP fino al suo totale azzeramento, fermo restando, in ogni caso, il potere di variazione della relativa aliquota previsto dal decreto legislativo n. 446 del 1997. In ogni caso, le conseguenze finanziarie derivanti dell'eventuale riduzione dell'imposta sono poste a carico del bilancio della Regione. Segnala come non sono, comunque, alterati gli automatismi fiscali operanti nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, né sono modificate le disposizioni relative all'applicazione degli incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari. La riduzione dell'IRAP non potrà, comunque, essere disposta qualora la Regione abbia incrementato l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF in misura superiore allo 0,5 per cento, in quanto tale circostanza rappresenterebbe una traslazione del carico fiscale dalle attività produttive alle persone fisiche.
Segnala che l'articolo 5 reca una nuova disciplina in materia di addizionale regionale all'IRPEF, attribuendo alle regioni il potere di aumentare o diminuire l'aliquota della menzionata addizionale, la cui aliquota base è attualmente pari allo 0,9 per cento. La maggiorazione non potrà essere superiore allo 0,5 per cento fino al 2013; all'1,1 per l'anno 2014 e, infine, al 2,1 per cento a decorrere dall'anno 2015. Si prevede, inoltre, che in caso di maggiorazione dell'addizionale superiore allo 0,5 per cento, i contribuenti titolari di redditi da lavoro dipendente o da pensione debbano essere sottratti, in relazione a tali redditi e relativamente ai primi due scaglioni di reddito, agli effetti di tale incremento per la parte eccedente lo 0,5 per cento, secondo le modalità che verranno definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Rileva che in caso di riduzione dell'addizionale, l'aliquota deve essere determinata in modo tale da garantire un gettito non inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali ai comuni, soppressi in attuazione dell'articolo 8. Gli effetti finanziari della riduzione sono comunque posti a carico del bilancio della Regione. Alle regioni è riconosciuto il potere di diversificare le aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF in relazione a diversi scaglioni di reddito, che dovranno corrispondere, per ragioni di razionalità del sistema tributario e per garantire il rispetto del principio di progressività cui lo stesso è informato, a quelli stabiliti nel testo unico delle imposte sui redditi. Le Regioni possono inoltre disporre, a proprio esclusivo carico, riduzioni dell'imposta mediante la maggiorazione delle detrazioni per carichi di famiglia contenute ovvero l'introduzione di specifiche detrazioni di imposta volte a sostituire l'erogazione di sussidi o altre forme di sostegno sociale. Anche in questo caso, le detrazioni non possono essere applicate dalle Regioni impegnate nei piani di rientro dai deficit sanitari.
Segnala che l'articolo 6 dispone la soppressione di tutti i trasferimenti erariali destinati al finanziamento della spesa corrente alle Regioni a statuto ordinario, fatta eccezione per i trasferimenti relativi al fondo perequativo di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, della legge n. 549 del 1995, e che la puntuale individuazione dei trasferimenti soppressi è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Osserva che l'articolo 7 dispone ulteriori soppressioni di tributi regionali, prevedendo

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in primo luogo che a decorrere dal 2014 siano soppressi i seguenti tributi: la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale; l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo; l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile; la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali; le tasse sulle concessioni regionali; l'addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica. La conseguente riduzione delle entrate regionali potrà essere compensata, ove la Regione non si avvalga della facoltà di istituire tributi regionali propri ai sensi del successivo articolo 25, con la riduzione di spese ovvero con il gettito derivante dall'eventuale aumento dell'addizionale regionale all'IRPEF ai sensi dell'articolo 5. A decorrere dal 2012 è inoltre soppressa la compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina. Alle Regioni spettano, inoltre, i tributi regionali propri derivati, rappresentati da quei tributi riconosciuti loro dalla vigente legislazione, nonché le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali previste in loro favore.
Con riferimento all'articolo 8, che stabilisce che ciascuna regione sopprima, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei comuni, sostituendoli contestualmente con una compartecipazione al gettito della addizionale regionale all'IRPEF, rileva che la percentuale di compartecipazione potrà essere successivamente adeguata in ragione di eventuali mutamenti attinenti alle funzioni dei comuni ovvero di ulteriori soppressioni di trasferimenti regionali. Rileva che si prevede, inoltre, l'istituzione da parte delle singole Regioni di un fondo sperimentale di riequilibrio regionale, alimentato dal gettito derivante dalla compartecipazione comunale all'addizionale regionale all'IRPEF, da distribuire tra i comuni in modo tale da assicurare un passaggio graduale al nuovo sistema di finanziamento locale.
Osserva che l'articolo 9 ribadisce l'esclusiva competenza statale nella definizione delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, che dovrà avvenire nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede europea, nonché della specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali. Fino alla loro nuova determinazione, si considerano i livelli di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.
L'articolo 10 esplicita la tipologia delle spese regionali considerate ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni, conformemente alla classificazione contenuta nell'articolo 8, comma 1 lettera a), della legge n. 42 del 2009. In particolare, rileva che sono riconducibili alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) le spese nella materia della sanità, dell'assistenza sociale, dell'istruzione scolastica, del trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale). Altre materie possono essere individuate dalla legge dello Stato ai sensi dell'articolo 20, comma 2 della legge n. 42 del 2009. Non rientrano, invece, in tale categoria le spese diverse da quelle precedentemente elencate nel comma 1 e le spese finanziate con contributi speciali, con i finanziamenti dell'Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali previsti dall'articolo 16 della legge delega, in attuazione del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione sociale e per rimuovere gli squilibri economici e sociali. Le due diverse tipologie di spese sono, infatti, finanziate attraverso diverse tipologie di entrate regionali e soggette ad una diversa forma di perequazione.
Rileva che l'articolo 11 disciplina la fase a regime, a decorrere dal 2014, del nuovo sistema di finanziamento delle regioni e che, per ciascuna delle due categorie di spese, quelle riferite ai LEP e quelle non riconducibili a tali livelli, sono elencate le fonti di finanziamento e disciplina il fondo perequativo.
Le spese per le funzioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni sono finanziate,

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a decorrere dal 2014, dalle seguenti entrate: la compartecipazione all'IVA; l'addizionale all'IRPEF; l'IRAP fino alla data della sua sostituzione con altri tributi; quote del fondo perequativo di cui al successivo comma 5; entrate proprie, nella misura stabilita convenzionalmente nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno 2010. Il fondo perequativo, che dovrà garantire in ogni Regione il finanziamento integrale delle spese riconducibili ai LEP, è alimentato dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell'IVA. Segnala che nel primo anno di funzionamento del fondo perequativo le suddette spese sono computate anche in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni devono gradualmente convergere verso i costi standard, secondo modalità che verranno stabilire con un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L'aliquota della compartecipazione IVA verrà anch'essa determinata con un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nella misura sufficiente a coprire la parte mancante per il finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni nella regione in cui questa misura risulta essere minore. Rileva che il fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni per il primo anno è determinato sulla base della spesa storica. Per garantire la copertura del fabbisogno relativo ai livelli essenziali in tutte le altre regioni in cui l'aliquota così determinata non risulta essere sufficiente, interviene il fondo perequativo, alimentato da una ulteriore quota di compartecipazione all'IVA, determinata a posteriori sulla base della parte di fabbisogno che residua coprire. È inoltre ripresa la disposizione recata dall'articolo 9, comma 1, lettera c) della legge n. 42, secondo la quale ai fini delle perequazione, il gettito regionale dei tributi destinati al finanziamento delle spese riferibili ai livelli essenziali è determinato con l'esclusione delle variazioni di gettito introdotte dalle leggi regionali e con l'esclusione dell'eventuale emersione di base imponibile a seguito dell'attività regionale di recupero fiscale.
Le spese non riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni sono invece finanziate dal gettito delle entrate relative a: tributi propri derivati, disciplinati con legge dello Stato il cui gettito è attribuito alle regioni; tributi propri istituiti con legge regionale in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale; quote dell'addizionale IRPEF, comprese le eventuali variazioni apportate con legge regionale; quote del fondo perequativo di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo in esame. destinata alle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni, con lo scopo di ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale. Conformemente a quanto indicato nella legge delega, questa parte del fondo è alimentata dal gettito dell'addizionale all'IRPEF. In particolare, alimentano il fondo le regioni in cui il gettito pro capite risulti maggiore della media nazionale, mentre sono destinatarie delle risorse le regioni in cui il gettito pro capite dell'addizionale IRPEF risulti al di sotto della media nazionale. Sulle modalità della perequazione la norma riprende i criteri direttivi indicati dalla legge delega e rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del presidente del Consiglio dei ministri. La perequazione - nel caso del finanziamento delle spese non essenziali - dovrà ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale, senza tuttavia annullarle del tutto e senza alterare l'ordine delle capacità fiscali per abitante dei diversi territori. Per il primo anno di applicazione delle norme in esame, le spese non essenziali dovranno essere computate sulla base della spesa storica per poi convergere, progressivamente nei quattro anni successivi, verso le capacità fiscali.
Segnala che, con l'articolo 12, si apre il Capo del provvedimento relativo alle entrate delle province delle Regioni a statuto speciale, le quali sono individuate dagli

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articoli da 13 a 16 del provvedimento e che sono attribuite senza vincolo di destinazione.
Rileva come l'articolo 13 individui i tributi propri delle province connessi al trasporto su gomma, rappresentati dall'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a moto e dall'imposta provinciale di trascrizione A decorrere dal 2012, l'imposta sulle assicurazioni costituisce un tributo proprio derivato delle province. L'aliquota della predetta imposta viene fissata al 12,5 per cento, con possibilità per le province, a partire dall'anno 2014, di manovrare la stessa aliquota, in aumento o in diminuzione, in misura non superiore a 2,5 punti percentuali. L'imposta provinciale di trascrizione continua ad essere attribuita alle Province e disciplinata secondo la normativa vigente.
Con riferimento all'articolo 14, che introduce, dal 2012, una compartecipazione all'accisa sulla benzina da attribuire alle Province, rimettendo la determinazione della misura dell'aliquota ad un futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che dovrà comunque garantire un gettito pari ai trasferimenti statali alle province aventi carattere di generalità e permanenza che verranno soppressi dal 2012 e alle entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all'IRPEF e dall'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, anch'esse soppresse a decorrere dall'anno 2012. I trasferimenti da sopprimere saranno individuati, entro novanta giorni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L'articolo 15 dispone la soppressione, dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese delle province. Corrispondentemente, viene prevista l'istituzione da parte di ciascuna regione a statuto ordinario di una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale, destinata a compensare la perdita di risorse imputabile alla menzionata soppressione dei trasferimenti regionali. Rileva come la Regione possa, inoltre, modificare l'aliquota di compartecipazione a seguito dell'adozione di disposizioni legislative regionali che interessano le funzioni delle Province e può anche incrementarla in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione.
Rileva che l'articolo 16 fa salve le altre disposizioni vigenti in materia di attribuzione delle province del gettito di tributi e che l'articolo 17 istituisce, a decorrere dall'anno 2012, un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale che ha la finalità di realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l'attribuzione alle province dell'autonomia di entrata ed è alimentato dalle entrate derivanti dalla compartecipazione all'accisa sulla benzina. Il Fondo cessa di esistere a decorrere dall'attivazione del fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009. Le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio sono stabilite, previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato - città ed autonomie locali, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard.
Ricorda che l'articolo 18 dispone che, fino all'individuazione dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali delle province, si applichi, ai fini del finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard, la disciplina riferita alle spese relative alle funzioni fondamentali delle province contenuta nell'articolo 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009.
Segnala che l'articolo 19 reca la disciplina del Fondo perequativo per le province e i comuni, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 42 del 2009, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali. Il comma 1 ne prevede l'istituzione nel bilancio dello Stato a decorrere dall'anno 2016, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Segnala che le modalità di alimentazione

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e di riparto del fondo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali e che la norma sottolinea che le modalità in questione devono garantire la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato.
Rileva che il comma 2 dispone che ciascuna Regione a Statuto ordinario istituisca nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo di cui al comma 1. La costituzione dei due Fondi perequativi regionali, alimentati dal Fondo perequativo statale, corrisponde all'impianto delineato dall'articolo 13 della legge delega. L'entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite attraverso accordi conclusi in sede di Conferenza Unificata, in conformità con quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera b), della legge delega (comma 3). Osserva che anche per l'aggiornamento periodico dei fondi perequativi, nell'Intesa Governo e Autonomie si propone di sostituire gli accordi conclusi in sede di Conferenza unificata con apposite intese concluse in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
I criteri per la ripartizione del Fondo perequativo tra i singoli enti sono indicati ai commi 4-6, per la parte afferente alle funzioni fondamentali, e al comma 7, per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali.
In particolare, per il finanziamento delle funzioni fondamentali, la ripartizione del Fondo tra i singoli enti avviene sulla base di due tipi di indicatori di fabbisogno, uno di carattere finanziario, relativo al finanziamento della spesa corrente, ed un altro relativo al fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale.
Segnala che, coma già indicato all'articolo 13, comma 1, lettera c), della legge delega: il primo indicatore di fabbisogno finanziario misura la differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente, al netto della spesa per interessi, e il valore standardizzato del gettito dei tributi e delle entrate proprie «di applicazione generale» ed il calcolo della spesa e delle entrate standard è definito dai due successivi commi 5 e 6; gli altri indicatore di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale, vanno stabiliti in coerenza con la programmazione regionale di settore e devono tener conto dell'entità dei finanziamenti dell'Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti.
Segnala che il comma 5 detta le modalità per la definizione della spesa corrente standardizzata, necessaria per la valutazione dell'indicatore di fabbisogno finanziario, ai fini di cui al comma precedente. Tale spesa è computata sulla base di una quota uniforme pro capite, corretta con una serie di parametri atti a valutare la diversità della spesa da ente a ente. Tali parametri correttivi sono relativi: all'ampiezza demografica; alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane; alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti. Rileva che il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.
Il comma 6 definisce le entrate da considerare ai fini della standardizzazione, per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti: esse sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard ed il comma 7 concerne i criteri di riparto del fondo perequativo per i comuni e le province per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali. L'intervento del fondo perequativo, in tale ambito, è basato sulla capacità fiscale

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per abitante ed è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti.
Rileva che, per gli enti locali con minor popolazione, la cui soglia sarà individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, si deve tener conto: del fattore della dimensione demografica in relazione inversa e della loro partecipazione a forme associative.
La norma in esame conferma, dunque, secondo quanto già previsto nella legge delega, che la perequazione per le spese «non essenziali» è - a parità di altre condizioni - maggiore per gli enti con minor popolazione nonché per gli enti che più partecipano a forme associative.
Segnala che i commi 8 e 9, ricalcando le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettere g) ed h), della legge delega, definiscono un sistema alternativo di riparto della perequazione, che le Regioni hanno la possibilità di attivare e che tale riparto alternativo si sostanzia in una diversa definizione dei parametri, sulla base di criteri risultati da accordi sanciti in sede di Conferenza unificata e previa intesa tra le Regioni e gli enti locali ai sensi del comma 8. Rileva che, sul presupposto di tale collaborazione infraterritoriale, le Regioni, tenuto conto del complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di perequazione ai comuni e alle province che sono inclusi nel territorio regionale, possono procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture e che il riparto sarà pertanto effettuato sulla base dei parametri così definiti.
Segnala che il comma 9 fissa un termine di venti giorni per il trasferimento dei fondi perequativi dalle Regioni agli enti locali, decorrenti dal momento in cui le Regioni ricevono tali fondi dallo Stato e che è entro tale termine che le Regioni possono eventualmente ridefinire i diversi parametri e quindi la diversa distribuzione delle quote del Fondo perequativo, secondo quanto previsto al comma precedente, altrimenti, si applicano comunque i criteri di riparto del fondo stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e finanze, che reca le modalità applicative dell'articolo in esame di cui al comma 10. Rileva come l'eventuale ridefinizione - da parte delle Regioni - della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate non possa quindi comportare ritardi nell'assegnazione delle risorse perequative agli enti locali. Nel caso in cui la regione non ottemperi alle descritte disposizioni, e non provveda nei termini previsti al trasferimento delle risorse perequative, il comma 9 prevede l'esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Ricorda che l'attivazione del potere sostitutivo nei confronti di regioni e province autonome fa capo alle disposizioni dell'articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 e che la disciplina generale prevede che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.
Fa presente che il capo IV (articoli 20-24) si apre con l'articolo 20 che ne definisce l'ambito: esso è diretto a disciplinare, a decorrere dall'anno 2013, le modalità per la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standard per le Regioni e per le Province autonome di Trento e Bolzano nel settore sanitario. La standardizzazione viene quindi estesa anche alle Regioni a statuto speciale. Rileva che, mentre la definizione del fabbisogno sanitario nazionale standard è disciplinata dal successivo articolo 21, la procedura per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali è stabilita dall'articolo 22. Osserva che i nuovi parametri definiti assicureranno il graduale e definitivo superamento degli attuali criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale di cui all'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come integrati dagli Accordi tra Stato e Regioni

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in materia sanitaria, ai sensi del comma 1. Fa presente che l'Intesa Governo-Autonomie propone di modificare il comma in esame al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario e che viene poi stabilito che i costi e i fabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal Capo IV, costituiscano il riferimento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria e, successivamente, a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica ai sensi del comma 2.
Con riferimento all'articolo 21, che attiene alla fissazione, a decorrere dall'anno 2013, del fabbisogno sanitario nazionale standard, determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo del Paese e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, sono distinte, in sede di determinazione, la quota destinata complessivamente alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano - comprensiva delle risorse per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale - e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni ai sensi del comma 1. Sottolinea che l'Intesa tra il Governo e le Autonomie propone di modificare il comma in esame precisando che la fissazione del fabbisogno avvenga tramite Intesa coerentemente con quello derivante dalla determinazione dei livelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza, e al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario.
Rileva che il comma 2 prevede che per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento già stabilito dalla normativa vigente.
Passa ad esaminare l'articolo 22, che disciplina la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali: il comma 1 attribuisce la definizione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, ovvero il riparto fra le regioni del fabbisogno complessivo nazionale, a una determinazione annuale del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della stessa Conferenza. Segnala che la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard si basa sugli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute di cui al comma 2.
Sottolinea che il comma 3 stabilisce che le risorse disponibili per il finanziamento della sanità vengano ripartiti secondo i tre macrolivelli già definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 e in base alle percentuali previste dall'Intesa del 3 dicembre 2009, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera a): assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, ovvero prevenzione (5 per cento); assistenza distrettuale (51 per cento); assistenza ospedaliera (44 per cento). Segnala che i suddetti livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l'attuazione del federalismo fiscale e che il loro rispetto da parte delle regioni è oggetto quindi delle valutazioni dei Tavoli di verifica degli adempimenti. Il comma 12 conferma tale impostazione, esplicitando per le regioni l'obiettivo di adeguarsi alle percentuali per livello di assistenza stabilite in sede di programmazione sanitaria nazionale.
Il comma 4 costituisce la premessa di quanto illustrato nei successivi commi dal 5 al 10. Il fabbisogno regionale standard viene determinato in fase di prima applicazione a decorrere dall'anno 2013, utilizzando per tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni prese a riferimento (c.d. regioni benchmark). A tale proposito, il successivo comma 10 stabilisce che il processo di convergenza definito dalla legge n. 42 del 2009, ovvero il finanziamento dei servizi erogati dalle Regioni non più in base alla spesa storica ma secondo valori standard di costo e fabbisogno, si compia nell'arco di cinque anni e con le modalità illustrate al comma 1 dell'articolo in commento.

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Fa altresì presente che l'Intesa tra il Governo e le Autonomie propone di modificare il comma 4 al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario.
Rileva che il comma 5 stabilisce la modalità di individuazione delle regioni benchmark. In proposito, Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, individua cinque regioni, secondo i criteri di seguito indicati, da sottoporre per la scelta definitiva alla Conferenza Stato-Regioni. Fra le cinque regioni, la Conferenza ne seleziona tre, tra cui obbligatoriamente la prima delle cinque, che divengono le regioni di riferimento per il calcolo dei costi standard. Il medesimo comma 5 ed il successivo comma 7 forniscono anche i criteri per l'individuazione delle regioni di riferimento, che sono essenzialmente l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico, i risultati per la valutazione delle regioni sono quelli del secondo esercizio precedente a quello di riferimento e l'appropriatezza, efficienza e qualità dei servizi erogati.
Il comma 11 introduce una clausola d'eccezione: qualora nelle condizioni di equilibrio, di cui al comma sopra illustrato, si trovino un numero di regioni inferiori a cinque, le regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato economico ottenuto nell'anno di riferimento, sottraendo ai costi la quota eccedente rispetto a quella necessaria a garantire l'equilibrio.
Rileva che l'Intesa tra il Governo e le Autonomie propone di modificare il comma 5, aggiungendo la previsione per cui nell'individuazione delle regioni benchmark «si dovrà tener conto dell'esigenza di garantire una rappresentatività in termini di appartenenza geografica al Nord, al Centro e al Sud, con almeno una regione di piccola dimensione geografica».
Il comma 6 reca la definizione dei costi standard. Per ciascuno dei tre macrolivelli, l'assistenza collettiva, quella distrettuale e quella ospedaliera, il costo standard è pari alla media della spesa pro-capite rapportata alla popolazione pesata registrata a livello aggregato nelle tre regioni benchmark. Ai fini della standardizzazione, il livello della spesa delle tre macroaree (leggi macrolivelli) delle regioni benchmark è calcolato al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale, non tenendo conto delle maggiori entrate regionali e della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali e scorporando le quote di ammortamento.
Il comma 6, lettera e), e i commi da 7 a 9 definiscono i passaggi per la definizione dei fabbisogni regionali e le relative quote di riparto del finanziamento annuale. In particolare, il livello del costo standard, come sopra calcolato, è moltiplicato per ciascun macrolivello per la popolazione pesata di ogni singola regione, con criteri di pesatura che tengano conto anche di indicatori utili a definire i bisogni sanitari relativi a particolari situazioni territoriali, il fabbisogno regionale così ottenuto è rapportato al fabbisogno totale, tale percentuale è quindi applicata al fabbisogno sanitario standard nazionale, determinando la quota di accesso al finanziamento di ciascuna regione. La lettera e) del comma 6 dispone che i criteri di pesatura sono stabiliti con un'Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Lo schema di decreto, pertanto, non definisce la regola di riparto, ovvero la definizione dei pesi assegnati ai livelli e sottolivelli di assistenza sanitaria, da applicare a regime, rinviandone la fissazione ad una successiva Intesa. Fino al raggiungimento dell'intesa si applicano i criteri adottati per il riparto delle annualità 2010-2012, ovvero i criteri transitori coincidono con quelli adottati dal Nuovo patto per la salute del 3 dicembre 2009, basati, come precedentemente illustrato, su un criterio misto popolazione assoluta/popolazione pesata.
Fa presente, tuttavia, che l'Intesa Governo-Autonomie propone di sopprimere la lettera e) del comma 6 dell'articolo in esame.
Il comma 7 precisa che le pesature sono effettuate con i pesi per fasce di età

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utilizzati per la determinazione del fabbisogno sanitario del secondo esercizio precedente quello di riferimento.
Infine, rileva che l'Intesa Governo-Autonomie, propone di aggiungere un nuovo comma 13 per stabilire che eventuali risparmi ottenuti nella gestione del SSN da parte delle singole Regioni dovrebbero restare nella disponibilità delle stesse.
Per quanto concerne l'articolo 23, riguardante la revisione a regime dei fabbisogni standard, che consente di modificare i criteri per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale definito all'articolo 21, rileva come, in particolare, la norma in esame stabilisca che le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
L'articolo 24 specifica che, in fase di prima applicazione, restano ferme le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanziamento della mobilità sanitaria; nonché le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto. È disposto, altresì, che resta fermo quanto previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria erogata. La norma in esame prevede, altresì, l'emanazione di un decreto legislativo integrativo per la determinazione dei costi standard delle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10.
Segnala come, ai sensi dell'articolo 25, le regioni, oltre ai poteri riconosciuti dalle disposizioni di cui al Capo I del provvedimento in esame, possano con legge istituire tributi regionali e locali con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, in ossequio al principio del divieto di doppia imposizione; con riferimento ai tributi locali istituti con propria legge, determinare le variazioni delle aliquote o le agevolazioni che comuni e province possono applicare nell'esercizio della propria autonomia. In tal modo, si ripete uno dei principi di delega previsti dalla legge n. 42 del 2009, specificando che tali poteri possono essere esercitati solo a partire dal 2013. La norma, invece, non prevede alcun riferimento alla potestà impositiva delle regioni con riferimento alle città metropolitane.
Rileva che la norma di cui all'articolo 26, comma 1, prescrive che gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto, nonché i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel decreto ovvero da esso istituiti sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Il comma 2 dell'articolo 26 affida alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica - non ancora istituita - il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dallo schema di decreto in esame, al fine di valutarne i riflessi sul livello della pressione fiscale. Nello svolgimento di tale attività la Conferenza si avvale del supporto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale. Alla suddetta Conferenza è altresì attribuito il potere di proposta al Governo delle eventuali misure correttive atte a garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva, in coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. In linea generale, la legge n. 42 del 2009 prevede che, in sede di attuazione della delega, dovrà essere salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nel corso della fase transitoria.

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Il comma 2 reca, al secondo periodo, di cui tuttavia l'intesa raggiunta tra Governo ed autonomie locali propone l'abrogazione, una ulteriore disposizione di salvaguardia della pressione fiscale stabilendo che l'esercizio dell'autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente, fatti salvi gli automatismi previsti dalla legislazione vigente nel settore sanitario per i casi di squilibrio economico e di applicazione di incrementi di aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari.
L'articolo 27 reca la clausola di copertura finanziaria, ai sensi della quale dal decreto in esame non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.

COMITATO DEI NOVE

Mercoledì 16 febbraio 2011.

Disposizioni in favore dei territori di montagna.
C. 41 e abb.-A.

Il Comitato si è riunito dalle 10.15 alle 10.20.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 16 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 10.20.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi.
COM(2011)11 definitivo.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL), relatore, fa presente che la Commissione europea, il 12 gennaio 2011, ha pubblicato l'analisi annuale della crescita tenendo conto della trasmissione, da parte degli Stati membri, dei progetti di Programmi nazionali di riforma, in vista dell'avvio del primo semestre europeo. Ricorda che la Commissione bilancio si è espressa sul progetto di Programma nazionale di riforma con la risoluzione 8-00095, approvata nella seduta del 12 novembre 2010. Rileva che, l'indagine, che costituirà la base sulla quale il Consiglio europeo di marzo stabilirà gli orientamenti per le politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, si compone di quattro parti: una parte generale, recante l'indicazione delle dieci azioni ritenute prioritarie per l'economia europea; una relazione sui progressi compiuti per quanto riguarda la Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020 (allegato 1); una relazione macroeconomica, che illustra le prospettive macroeconomiche e indica le misure più atte a produrre effetti positivi favorevoli alla crescita (allegato 2); un progetto di relazione comune sull'occupazione, che esamina la situazione occupazionale e le politiche connesse al mercato del lavoro (allegato 3).
Osserva che la prima parte, dopo una breve analisi della situazione macroeconomica dell'UE, indica i requisiti e le misure ritenute necessarie per rispondere alla crisi e attuare gli obiettivi della Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020. In particolare, la Commissione prospetta dieci azioni relative a tre aspetti principali: prerequisiti fondamentali per la crescita

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(attuazione di un risanamento di bilancio rigoroso, correzione degli squilibri macroeconomici, garanzia della stabilità del settore finanziario); mobilitare i mercati del lavoro, creare opportunità occupazionali (rendere il lavoro più attraente, riformare i sistemi pensionistici, reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro, conciliare sicurezza e flessibilità); accelerare la crescita (sfruttare il potenziale del mercato unico, attrarre capitali privati per finanziare la crescita, creare un accesso all'energia che sia efficace in termini di costi). Rileva che la relazione sui progressi compiuti per quanto riguarda la Strategia UE 2020 esamina la situazione relativa agli obiettivi principali dell'Unione europea, i progetti di programmi nazionali di riforma e le riforme previste dagli Stati membri. In particolare, fa presente che la Commissione osserva che i progetti di Programma nazionale di riforma presentati dagli Stati membri non tengono pienamente conto delle pressioni sulla crescita potenziale e sull'occupazione. Gli scenari macroeconomici risultano eccessivamente ottimistici rispetto alla valutazione della Commissione europea, mentre gli scenari occupazionali sono troppo pessimistici, perché influenzati da fattori negativi a breve termine. Da un esame preliminare dei progetti di Programma nazionale di riforma la Commissione europea evince sostanzialmente che la maggior parte degli Stati membri incontra seri problemi di bilancio per ridurre i disavanzi strutturali, migliorare il rapporto tra debito e PIL, spesso elevato, e contenere i costi dell'invecchiamento della popolazione; la maggior parte degli Stati membri ha evidenziato un livello di indebitamento eccessivo delle famiglie e la necessità di garantire una vigilanza normativa efficace del settore bancario; tutti gli Stati membri (in particolare quelli dell'Eurozona) rilevano la necessità di migliorare condizioni della domanda interna, mediante l'adeguamento dei salari e dei prezzi relativi, una maggior flessibilità salariale e la riallocazione delle risorse tra il settore dei beni non commerciabili nei mercati internazionali e il settore dei beni commerciabili; tutti gli Stati membri hanno riconosciuto la necessità di migliorare la partecipazione al mercato del lavoro o le condizioni di occupazione; la maggior parte degli Stati membri ha riconosciuto le sfide legate al miglioramento della produttività, che consistono nell'aumentare gli investimenti di capitale, nel garantire l'efficienza del contesto normativo in cui opera le imprese e l'efficienza amministrativa nonché nel promuovere livelli di concorrenza più elevati; gli Stati membri riconoscono infine che occorre promuovere la capacità di innovazione e potenziare gli investimenti nel capitale umano. Sottolinea che la Commissione europea osserva inoltre che, sebbene siano stati forniti maggiori particolari in merito alle misure di risanamento di bilancio, è stata riservata scarsa attenzione alle riforme strutturali che potrebbero rilanciare la crescita a medio-lungo termine. Molti progetti di Programma nazionale di riforma, infatti, indicano le misure previste dagli Stati membri per raggiungere gli obiettivi nazionali, ma si tratta spesso di misure già attuate o a uno stadio piuttosto avanzato. L'azione strategica prevista viene spesso illustrata in modo alquanto vago, con poche precisazioni circa la natura esatta delle misure, il calendario di attuazione, l'impatto previsto, il rischio di attuazione parziale o di insuccesso, il costo per il bilancio e l'uso dei Fondi strutturali dell'Unione europea. Fa presente che, dopo l'adozione di questa analisi annuale della crescita, la Commissione europea si rimetterà in contatto con gli Stati membri a livello bilaterale per discutere del completamento dei loro Programma nazionale di riforma alla luce di tali indicazioni e della loro situazione specifica. Evidenzia come, parallelamente, si dovranno portare a termine le consultazioni nazionali, a cui dovrebbero partecipare soggetti politici (Parlamenti nazionali, autorità regionali e locali), le parti sociali e altre parti interessate ai preparativi. Solo in pochi casi, infatti, i progetti di Programma nazionale di riforma sono già stati oggetto di consultazioni ai diversi livelli. Secondo quanto indicato dalla Commissione, alcuni Stati membri hanno

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annunciato che avrebbero avviato consultazioni prima di dare veste definitiva ai propri Programma nazionale di riforma, ma la maggior parte di essi non ha fornito informazioni sul processo di consultazione. Rileva che la relazione sulla situazione macroeconomica illustra le prospettive e indica le misure più idonee a produrre effetti positivi favorevoli alla crescita. Il documento è diviso in quattro sezioni: la prima è relativa al contesto generale, a analizza gli squilibri e le carenze emersi prima della crisi. La seconda evidenzia la necessità di rimettere ordine nelle finanze pubbliche: ad avviso della Commissione, il ritmo previsto del risanamento dei bilanci dovrebbe essere ambizioso e, nella maggior parte degli Stati membri, andare ben oltre il parametro dello 0,5 per cento annuo del PIL in termini strutturali. Gli Stati membri con un fortissimo disavanzo di bilancio strutturale, con livelli molto elevati di debito pubblico o con gravissime difficoltà finanziarie devono intensificare gli sforzi già nel 2011. Tutti gli Stati membri devono adeguare in via prioritaria la spesa pubblica, tutelando però la spesa atta a favorire la crescita, ad esempio in materia di infrastrutture pubbliche, istruzione, ricerca e innovazione. I sistemi tributari dovrebbero essere riveduti al fine di favorire maggiormente l'occupazione, la tutela dell'ambiente e la crescita, ad esempio mediante «riforme fiscali verdi». La Commissione, infine, incoraggia gli Stati membri a migliorare i quadri di bilancio nazionali a livello di sistemi nazionali di contabilità pubblica e statistiche. La terza sezione illustra i motivi che impongono un rapido risanamento del settore finanziario. Ad avviso della Commissione, occorre compiere progressi verso la creazione di un meccanismo permanente per risolvere le crisi del debito sovrano in modo da garantire certezza e stabilità sui mercati finanziari. Le banche, da canto loro, dovranno potenziare gradualmente la propria base patrimoniale per poter resistere meglio agli shock negativi, in linea con il quadro di Basilea III di recente adozione. La quarta ed ultima sezione sottolinea il carattere urgente delle riforme strutturali necessarie per correggere gli squilibri macroeconomici e risanare i fattori di crescita deteriorati. In particolare, secondo la Commissione, negli Stati membri con forti disavanzi delle partite correnti o con livelli elevati di indebitamento, le riforme riguardanti i sistemi di fissazione dei salari e i mercati dei servizi daranno un contributo fondamentale, al miglioramento dell'adattabilità dei prezzi e delle retribuzioni. D'altro canto, gli Stati membri con forti eccedenze delle partite correnti devono individuare ed eliminare le cause della debolezza della domanda interna mediante strategie volte a liberalizzare ulteriormente il settore dei servizi. È indispensabile, inoltre, adottare una normativa sulla tutela dell'occupazione che non ostacoli la riallocazione delle risorse fra i diversi settori, maggiori incentivi finanziari al lavoro e l'adeguamento delle politiche attive del mercato del lavoro in favore delle categorie più vulnerabili.
Rileva che la Relazione comune sull'occupazione costituisce l'ultima sezione dell'analisi predisposta dalla Commissione europea e sarà adottata congiuntamente dalla Commissione europea medesima e dal Consiglio europeo, a norma dell'articolo 148, paragrafo 5, del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE). Osserva che l'analisi tiene conto della situazione dell'occupazione in Europa, dell'attuazione degli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione nonché della valutazione dei programmi nazionali di riforma effettuata dal Comitato per l'occupazione per ciascun Paese. Fa presente come, dalla lettura del documento oggi all'esame, emergono talune questioni che ritengo debbano essere al centro del dibattito che la Commissione avvia oggi e che mi auguro possa essere svolto in maniera approfondita e con un'attiva partecipazione di tutti i gruppi e del Governo, in vista del dibattito sui documenti previsti nell'ambito del semestre europeo. In particolare, il documento della Commissione europea enuclea una serie di tematiche su cui si giocherà nei prossimi anni la definitiva uscita dalla

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situazione di crisi economica e un'adeguata ripresa dei livelli di crescita, indicando anche le priorità su cui concentrarsi per superare le criticità. Nell'esaminare l'analisi della Commissione europea, avendo ben presente le peculiarità della situazione italiana, fa riferimento alla questione del debito ed in generale alla finanza pubblica. Fa presente che dalle elaborazioni della Commissione europea, si evince che il debito pubblico dei paesi europei ha raggiunto circa l'80 per cento in rapporto al PIL, con un consistente aumento rispetto ai livelli del 2008, ed è in crescita in assenza di misure strutturali. Per correggere tale tendenza si è calcolato che occorrerebbe adottare manovre almeno pari allo 0,5 per cento del PIL in termini strutturali, anche se le proiezioni dimostrano che l'entità della correzione necessaria sarebbe almeno dell'1 per cento del PIL in media. A tal proposito, ritiene opportuno che il Governo chiarisse quale potrebbe essere l'entità della correzione annuale che l'Italia si dovrà impegnare a realizzare nei prossimi anni, atteso anche che il livello di debito è superiore alla media europea. Considera questa come la sede per avviare un confronto anche sulle modalità attraverso le quali conseguire obiettivi di risanamento della finanza pubblica così impegnativi. Correttamente, la Commissione europea richiama gli Stati membri all'opportunità di realizzare la prospettata riduzione del livello del debito attraverso una riduzione in termini strutturali della spesa pubblica, soprattutto di quella improduttiva, piuttosto che agire attraverso la leva fiscale, che rischierebbe di introdurre elementi distorsivi ed ulteriormente depressivi dell'economia. Ritiene, peraltro, che questa sia la linea fin qui rigorosamente adottata dal Governo e dalla maggioranza, che ha evitato, in questi difficili anni di crisi economica, l'introduzione di nuove tasse. In proposito, la Commissione europea raccomanda, nel caso in cui fosse necessario comunque azionare la leva fiscale, di agire aumentando la base imponibile, riducendo esenzioni e crediti di imposta, piuttosto che aumentando i livelli di tassazione. In tal senso, anche i recenti dati sulla lotta all'evasione fiscale possono senz'altro fornire un incoraggiamento e credo che potranno ulteriormente migliorare attraverso l'applicazione delle misure introdotte dal Governo con il decreto-legge n. 78 del 2010. Sottolinea che la Commissione europea ammonisce inoltre gli Stati membri ad evitare tagli alle spese per investimento ed innovazione che possono essere un fattore moltiplicatore della crescita. Con riferimento al tema degli investimenti in ricerca ed innovazione, ritiene opportuno che il Governo chiarisca i suoi intendimenti in ordine alle strategie in materia per i prossimi anni, atteso che l'obiettivo considerato realizzabile dal Governo, rispetto agli impegni previsti nell'ambito della Strategia UE 2020, vede l'Italia, anche per la scarsa compartecipazione del settore privato, molto lontana dall'obiettivo del 3 per cento sul PIL. Ritiene che su tale tema occorrerebbe riflettere attentamente, poiché, come dimostra anche la recente e meno recente esperienza di taluni paesi scandinavi, forti investimenti in ricerca ed innovazione sono stati assolutamente determinanti per uscire da periodo di forte recessione. In proposito, ricorda anche l'azione, già iniziata da questo Governo, volta ad una digitalizzazione della Pubblica amministrazione, che potrà portare, a fronte di investimenti modesti, come dimostrano tutti gli studi più recenti e l'esperienza delle amministrazioni che hanno già intrapreso questa strada, risparmi enormi per la finanza pubblica, stimati da Confindustria nell'ordine di diversi miliardi di euro. Fa presente che gli investimenti nella banda larga potranno essere quindi non solo un fattore di risparmio per la pubblica amministrazione, ma anche un fattore di rilancio e di sviluppo delle imprese, soprattutto nel Mezzogiorno, liberando risorse ingenti per il risanamento del debito pubblico e per politiche in sostegno della crescita. Con riferimento alla settore finanziario, in considerazione dell'importanza di un sistema creditizio sano a sostegno dell'economia, rileva che l'Italia non ha avuto problemi particolari rispetto

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al settore bancario, per la minore propensione all'indebitamento delle famiglie e per la maggiore solidità complessiva del sistema. Ritengo comunque opportuno che il Governo chiarisca quali azioni intende promuovere, anche in occasione del prossimo semestre europeo, con riferimento soprattutto ai temi dell'armonizzazione del sistema delle garanzie e rispetto alle speculazioni finanziarie. Particolare attenzione va quindi dedicata al tema dell'occupazione. La crisi economica ha provocato la perdita di milioni di posti di lavoro in Europa, con un tasso di disoccupazione a livello europeo pari al 9,6 per cento, a fronte di un dato italiano attestatosi al 7,8 per cento. In tale contesto, le sfide che ci si presentano per conseguire gli obiettivi indicati nella Strategia UE 2020, che vorrebbe un tasso di occupazione pari al 75 per cento, sono difficili ed implicano riforme di natura strutturale. Appare fondamentale investire in competitività e produttività, favorendo processi sempre più efficienti, spostando risorse nel settore dei beni e servizi oggetto di scambi internazionali. È quindi strategico un investimento nella formazione e nella qualificazione sempre più elevata dei lavoratori ed occorre anche riflettere sul fenomeno del contemporaneo aumento della disoccupazione e dell'offerta di lavoro. Questa, che solo a prima vista potrebbe apparire come una contraddizione, è invece dovuta evidentemente alla non corrispondenza tra i settori in cui si perdono posti di lavoro e quelli in ripresa. Per colmare questo gap occorre evidentemente investire nella formazione dei disoccupati al fine di ottenere un più facile reinserimento nel mercato del lavoro. Al contempo, fa presente che la stessa Commissione ha sottolineato il ruolo avuto dal sistema degli ammortizzatori, peraltro potenziati dal Governo italiano, per attutire i costi sociali della crisi. Giudica opportuno quindi che il Governo chiarisca quali ulteriori azioni intende adottare in questo strategico settore. Sottolinea che l'esame del documento, soprattutto se effettuato, secondo quanto auspicato dall'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione di ieri, con il concorso delle altre Commissioni, potrà consentire di fare il punto sul procedimento volto alla stesura definitiva del Programma nazionale di riforma in merito al quale, come ho ricordato, la Commissione si è espressa nel novembre scorso con una risoluzione. Ritiene che l'analisi annuale della crescita predisposta dalla Commissione europea offra, infatti, un primo raffronto tra i diversi Programmi nazionali di riforma, formulando alcune considerazioni, procedurali e di merito, sui relativi contenuti, alla luce delle quali potranno essere meglio valutate anche le scelte da effettuare a livello nazionale. Concludendo, sottopone anche alla valutazione del Presidente e dell'intera Commissione l'opportunità di procedere, anche al fine di avere un quadro organico degli interventi in ordine alle diverse questioni sollevate, ad un ciclo di audizioni dei soggetti direttamente coinvolti nell'attuazione delle scelte politiche conseguenti.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, concorda con l'onorevole Toccafondi sull'opportunità di dedicare un tempo adeguato all'esame del documento, che costituisce un passaggio di grande rilevanza nell'ambito del semestre europeo. In proposito, ricorda che, come già ha avuto modo di osservare nel corso della riunione di ieri dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ritiene utile il pronunciamento in sede consultiva anche delle altre Commissioni interessate dal provvedimento, nonché una discussione in merito al documento anche in Assemblea. Rinvia quindi il seguito dell'esame del documento ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.30.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 16 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 16.25.

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Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2011 e abb.-A.
(Parere all'Assemblea).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione - Parere su emendamenti).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento e delle proposte emendative ad esso riferite, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana.

Il sottosegretario Luigi CASERO fa presente che è pervenuta una relazione tecnica da parte del Ministero della giustizia, che deposita agli atti della Commissione, positivamente verificata dalla Ragioneria generale dello Stato.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (PdL), relatore, precisa che vi è stato, al fine di consentire una sollecita definizione dell'esame del provvedimento, in deroga alla prassi, un confronto, per le vie brevi, con la Ragioneria generale dello Stato, a recepimento delle quali viene subordinata la positiva verifica della relazione tecnica. Formula quindi la seguente proposta di parere:

«La V Commissione,
esaminato il progetto C. 2011 e abb.-A, recante disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, nonché le proposte emendative ad essa riferite, contenute nel fascicolo n. 1;
considerato che:
nella seduta del 22 dicembre 2010 la Commissione ha deliberato di richiedere al Governo la trasmissione di una relazione tecnica sul provvedimento entro trenta giorni, ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della legge n. 196 del 2009;
con lettera in data 26 gennaio 2011 è stato richiesto al Governo di voler far pervenire la relazione tecnica nel più breve tempo possibile, anche in considerazione dell'inserimento del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dall'8 febbraio 2011;
in data 16 febbraio 2011, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha trasmesso la relazione tecnica verificata positivamente;
nella relazione tecnica:
viene indicata, sulla base delle statistiche dell'ultimo quinquennio, la platea dei potenziali beneficiari delle disposizioni di cui all'articolo 1;
l'unico istituto a custodia attenuata già esistente è stato ceduto in uso dalla Provincia di Milano senza nuovi o maggiori oneri per l'Amministrazione penitenziaria;
agli oneri derivanti dall'impiego del personale della Polizia penitenziaria e delle altre figure professionali attualmente in servizio nel suddetto istituto può farsi fronte nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio;
dalle intese per la cessione di altri immobili presso le sedi di Torino, Venezia, Firenze, Roma, Villarosa di Enna e Cagliari non deriveranno nuovi o maggiori oneri a carico dell'amministrazione penitenziaria;
l'applicazione dell'istituto della custodia cautelare anche ai padri, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, potrà avvenire destinando a tali soggetti il 10 per cento dei posti disponibili;
la spesa complessiva derivante dalla costruzione di tre nuove strutture ammonta a 11,7 milioni di euro;
agli ulteriori oneri di gestione relativi al mantenimento delle detenute e delle strutture si farà fronte con le ordinarie dotazioni di bilancio;
alle case famiglie protette si ricorrerà, ove istituite d'intesa con la Conferenza Stato-città e con le autonomie locali, nei limiti dei posti disponibili presso le

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strutture esistenti degli enti locali senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
esprime
sul testo del provvedimento elaborato dalla commissione di merito

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
all'articolo 1, sostituire il comma 4 con il seguente: 4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1o gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata.

all'articolo 3, comma 2, lettera b), capoverso comma 1-bis, secondo periodo, sostituire le parole: allo scopo realizzate, con le seguenti: ove istituite

sostituire l'articolo 4, con il seguente:
Art.4. - (Individuazione delle case famiglia protette). - 1. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare, entro centoottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono determinate le caratteristiche tipologiche delle case famiglie protette introdotte dagli articoli 1, comma 2, e 3.
2. Il Ministro della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, può stipulare convenzioni con gli enti locali volte ad individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case famiglie protette.

all'articolo 5, comma 1, sostituire le parole da: dall'attuazione fino alla fine del comma, con le seguenti: dalla realizzazione di istituiti di custodia attenuata di cui all'articolo 1, pari a 11,7 milioni di euro, si provvede a valere sulle disponibilità di cui all'articolo 2, comma 219, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, compatibilmente con gli effetti stimati in termini di indebitamento netto.
sugli emendamenti trasmessi dall'assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 3.2, 3.3, 3.5, 3.6 e sugli articoli aggiuntivi 4.010 e 4.011 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti».

Il sottosegretario Luigi CASERO concorda con la proposta di parere formulata dal relatore.

Amedeo CICCANTI (UdC) esprime perplessità in ordine alle modalità di copertura della spesa, quantificata in 11,7 milioni di euro, per la costruzione delle tre nuove strutture prevista dal provvedimento. In particolare, chiede se tali oneri saranno coperti a valere sul FAS. In tal caso, rileva che andrebbe comunque rispettata la quota di ripartizione delle relative risorse a tal fine prevista.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (PdL), relatore, precisa che la condizione relativa alla disposizione di copertura pone, coerentemente con le finalità del provvedimento, i relativi oneri a carico delle risorse previste per il piano carceri e che non saranno quindi sottratte al FAS.

Amedeo CICCANTI (UdC) ribadisce le sue perplessità anche in ordine alla destinazione delle richiamate somme agli oneri relativi alla gestione ed al personale da destinare agli istituti, come nel caso di Milano.

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Donatella FERRANTI (PD) fa presente che il caso di Milano è particolare, poiché è già disponibile una struttura per la custodia attenuata, presso la quale opera personale dell'amministrazione penitenziaria, mentre le risorse previste saranno utilizzate esclusivamente per la costruzione dei nuovi istituti a custodia attenuata.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 16.35.